1)il sedevacantismo non presenta caratteri di “unità”, stati le sue fratture interne e le reciproche “scomuniche” tra i vari gruppi;
2)il sedevacantismo non presenta caratteri di “santità”, non essendo le elezioni dei suoi “Papi” legate a precedenti ordinazioni appartenenti ad una linea di successione apostolica valida;
3)il sedevacantismo non presenta caratteri di “universalità”, non riconoscendo una unica guida “cattolica” come “Vicarius Christi”;
4)il sedevacantismo non presenta caratteri di “apostolicità”, essendo le sue ordinazioni derivate da linee consacratorie agenti illecitamente o completamente fuori da ogni canone.
Al di là di ogni altra considerazione, basterebbe la mancanza di questi elementi per rendere ogni rivendicazione sedevacantista conclavista ecclesiasticamente impropria paradossalmente direttamente per quella “legge eterna” della Chiesa che i sedevacantisti proclamano di voler difendere.
www.instoria.it/home/papa_sedevacantismo.htm
Se il Papa non c’è...
Barbaristi, Conclavisti e Antipapi
di di Lawrence M.F. Sudbury
Indubbiamente ogni posizione di potere provoca critiche e, altrettanto indubbiamente, se il potere in questione è, come quello papale, il più importante imperium spirituale dell’umanità, tali critiche, sia da sinistra che da destra, non possono che essere, a tratti, anche spietate.
Tra le tante, però, forse quella più estrema e assoluta risulta essere il “non riconoscimento” del potere stesso. All’interno della storia della Chiesa cattolica post-conciliare tale posizione radicale è incarnata in senso totalizzante da due sottogruppi dell’ala tradizionalista che non solo vedono nei Pontefici da Paolo VI in poi guide della della Chiesa che compiono terribili errori dottrinali (come fanno, ad esempio, i Lefebvriani), non solo li vedono come usurpatori “materiali” di un Papato di cui non sono “formalmente” detentori (come fanno i Sedeprivazionisti), ma, semplicemente, non li vedono proprio come Papi, né materialmente né formalmente. Tali gruppi rispondono normalmente alle definizioni di “Sedevacantisti simpliciter” (a lungo noti anche come “Barbaristi”) e di “Sedevacantisti conclavisti”.
Tra le due posizioni, oltre a molti elementi comuni, corrono anche alcune differenze. Entrambi i gruppi, in quanto radicalmente sedevacantisti, sostengono la inaccettabilità formale e sostanziale dei vertici attuali della Chiesa cattolica sulla base della presunta “ereticità” dei prescelti postconciliari alla Sede petrina già in fase antecedente alla loro elezione (che, di conseguenza, risulterebbe nulla, come mai avvenuta), cosa che lascerebbe la Sede vuota e atta all’applicazione di quanto previsto in questi casi dal diritto canonico. La differenza più marcata tra la due posizioni (per altro poco omogenee anche al loro interno) riguarda, invece, la soluzione del problema: se, infatti, i sedevacantisti “simpliciter” si “limitano” ad invocare la necessità di restaurare il Papato in una situazione di legalità ma non ritengono i tempi ancora maturi per un’azione concreta, i “conclavisti” urgono per convocazione di un Conclave straordinario che permetta la cessazione dello scandalo della Sede usurpata e, in alcuni casi e in relazione ad alcuni gruppi, hanno attuato i loro propositi, nominando alcuni moderni “antipapi”.
Cerchiamo di analizzare più in profondità le ragioni di posizioni così estreme.
I sedevacantisti “sempliciter” sono stati a lungo chiamati anche “Barbaristi” dal nome del loro esponente più rappresentativo, Padre Nöel Barbara dell’ “Unione pour la Fidelitè”, recentemente scomparso: dunque, è proprio dagli assunti di questo Prelato, largamente pubblicati sul “Nuovo Osservatore Cattolico”, che possiamo ottenere le maggiori informazioni sulle idee del gruppo.
L’assunto centrale che fonda tutto il pensiero dell’Ecclesiastico dissidente è che, nella teologia cattolica, la Chiesa, Corpo mistico di Cristo e organismo vivente composto da tutti i credenti battezzati che hanno messo in pratica l'insegnamento di Gesù, è al tempo stesso “naturaliter” santa e infallibile nella sua unione con Dio.
Santità e infallibilità sono non privilegi ma proprietà intrinseche del Corpus Mysticum, macchiabili solo da membri infedeli. Il Papa, capo visibile della Chiesa è, per estensione, infallibile, ma la sua infallibilità non è un diritto conferitogli dal suo ufficio, quanto un privilegio concesso da Dio su richiesta del suo Figlio. Tale privilegio, se riconosciuto come tale, impone forzatamente dei limiti e, infatti, il Concilio Vaticano I, al momento di definire il dogma dell'infallibilità personale del Papa, ha previsto in termini precisi le condizioni che la garantiscono: “Pertanto, unendoci fedelmente con la tradizione tramandata fin dai primordi della fede cristiana... Noi insegniamo e definire come dogma rivelato da Dio il seguente: che il Romano Pontefice, quando si pronuncia ex cathedra, cioè, qualora soddisfino i compito a lui affidato come pastore capo e maestro di tutti i cristiani che definisce, in virtù della sua suprema autorità apostolica, che una dottrina di fede o di morale deve essere creduta da tutta la Chiesa, esercizi, con l'aiuto degli aiuti divina a lui promessa nella persona di San Pietro, che infallibilità quale il divino Redentore volle alla sua Chiesa, quando ha definito una dottrina riguardante la fede e la morale. Di conseguenza, tali definizioni formulate dal Romano Pontefice sono irreformabile di se stessi, e non in virtù di un consenso in seno alla Chiesa. Se qualcuno, che possono Dio non voglia, deve presumere di contraddire questa nostra definizione, sia anatema.”
Insomma, per essere infallibile un pronunciamento papale deve:
1)essere dato in qualità di Pastore universale;
2)essere definitorio, quindi dogmatico;
3)riguardare materia di Fede o morale;
4)valere per tutta la Chiesa.
Se anche una di queste condizioni decade, non sussiste infallibilità, così come è possibile notare dando anche solo uno sguardo alla storia della Chiesa.
è, pertanto, erroneo pensare che il Papa sia necessariamente un santo infallibile preservato dal peccato: egli, come qualunque altro essere umano, può errare nelle sue dichiarazioni ordinarie, fossero esse anche su materia religiosa, cadendo, quindi, in stato di eresia.
Purtroppo, la questione dell’eresia papale è stata poco studiata ma l’assunto è stato chiarito una volta per tutte da San Roberto Bellarmino, il quale ha chiaramente stabilito che:
1.un eretico non può essere Papa;
2.quando un Papa cade in eresia, anche se solo “in foro interno” (vale a dire nella sua mente), perde “ipso facto” l'ufficio di Pontefice;
3.se anche un Papa cade in eresia apertamente (“in foro esterno”), può accadere che non si dimetta dal suo ufficio;
4.un Papa eretico deve essere deposto da una dichiarazione formale da parte della Chiesa;
5.un Papa è, però, ipso facto deposto nel momento in cui la sua eresia diventa evidente.
Tutta la tradizione della Chiesa ricorda la presenza di Papi dichiarati eretici: da Onorio I, dichiarato eretico dal San Leone II, a Pasquale II, indotto da re Enrico V a fare concessioni inaccettabili senza mai ritrattarle neppure dopo gli avvertimenti di molti Santi (ad esempio San Bruno) a molti altri ancora. Ebbene, nel “Decretum di Graziano” si legge chiaramente il seguente canone attribuito a San Bonifacio (e successivamente confermato da Papa Innocenzo III): “Nessun uomo mortale osi pretendere di attribuire colpa al Papa [...] egli non può essere giudicato da nessuno a meno che non si allontani dalla Fede”, che ci dice che il Pontefice romano può, proprio in caso di eresia, essere oggetto di sentenza. Inoltre, dal momento che, come insegnato da Padri quali San Cipriano, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Tommaso D’Aquino, la Chiesa è fondata sulla Fede, è logico che un eretico non possa essere un membro della Chiesa e, conseguentemente, ovviamente, neppure Capo della Chiesa, tanto più che un Papa eretico nega simultaneamente Cristo e la vera Chiesa e, in questo modo, nega anche il suo ufficio, privandosene logicamente non tanto per volontà propria, quanto per volontà di Cristo stesso (cosa che non ammette una riammissione all’ufficio anche in caso di abiura dell’eresia, stante la funzione unicamente vicariale e strumentale del Pontefice stesso). Se ciò è vero per un Papa che commetta eresia anche solo mentalmente, è tanto più vero per un Papa eretico e incorreggibile che risulta per ciò stesso “naturaliter” deposto.
Insomma, riassumendo, un Papa può essere fallibile, può essere eretico e, in questo caso, non può e deve essere più considerato Papa. Se questo è il concetto di fondo, ciò che è necessario sondare è se tali dettati si applicano alla situazione attuale.
Padre Barbara analizza molto attentamente lo stato della Chiesa post-conciliare nel saggio “The Popes of Vatican II”. In esso, il Padre sedevacantista muove un numero considerevole di critiche a quella che, secondo lui, dopo il Concilio Vaticano II, non può essere più considerata una vera leadership della Chiesa per la sua incapacità di opporsi a dottine eretiche e per il suo mancato appoggio alla “causa di giustizia” che finirebbe soltanto per dimostrare l’illegittimità dell’attuale potere papale.
Il nucleo centrale risulta, naturalmente, proprio la dimostrazione dell’ereticità pontificia. Tale ereticità deriva, in primo luogo, dal disattendere al comandamento di Cristo: “Colui che crede e viene battezzato sarà salvato: colui che non crede sarà condannato”, ribadito anche da San Paolo, attraverso la proclamazione di documenti ecumenici, in secondo luogo, dalla negazione, con l’insaurazione del “Novus Ordo Missae”, di atti ex-cathedra di Papi precedenti, arrivando, corollariamente e necessariamente, a negare il dogma dell’infallibilità nello sviluppo dell’idea che un Pontefice possa dettare leggi erronee alla Cristianità. Visto che “eresia” significa negare ostinatamente Verità rivelate, i Papi che sostengono tali tesi sono eretici e, come tali, “spiritualmente morti”, quindi, pur ritenendo gli Ordini sacri, canonicamente non possono più farne uso pena il sacrilegio e perdono ogni giurisdizione, cessando, dunque, di essere Papi.
Inoltre, per il fatto stesso di insegnare errori, è logicamente presumibile che essi non siano Papi validamente ordinati (altrimenti si finirebbe per negare l’infallibilità ex-cathedra) e che, quindi, siano solo “falsi pastori” che Cristo stesso ha condannato, ordinando ai fedeli di non seguirli.
I frutti dell’eresia, secondo Padre Barbara, si sono ben presto palesati in una crisi senza precedenti della Chiesa, con un enorme perdita di vocazioni e di fedeli, con un’ansia di cambiamento che ha portato alla svendita della Chiesa stessa fino a trasformarla in qualcosa che non è più la Comunità di Gesù Cristo e degli Apostoli, ma una situazione ibrida, fondata su un Catechismo nuovo che nega i fondamenti del Cattolicesimo per trasformarsi in una sorta di nuovo Protestantesimo fondato sull’ambiguità di documenti conciliari che lasciano totale adito ad ogni genere d’interpretazione. In questo quadro, il Prelato trova un’ulteriore riprova della vacanza papale sulla base dell’evangelico “dai loro frutti li riconoscerete”: una situazione del genere non può che essere frutto di una guida eretica e di una vacanza formale e sostanziale della Sede apostolica!
Come agire in una occorrenza senza precedenti come l’attuale, con gli occupanti della Sede petrina che si sono messi al servizio del maligno? Semplicemente rendendosi conto che, sebbene eletti da Conclavi apparentemente regolari, i Papi da Paolo VI in poi, già sulla base dei loro scritti precedenti alle loro elezioni, si erano posti fuori dall Fede cattolica. Dal momento, però, che nessuno di essi era mai stato dichiarato eretico, ciò non basterebbe per invalidare la loro elezione: il vero nodo sta, dunque, nel loro insegnamento pontificio ed episcopale contrario alla Fede, che li priva dell’autorità sulla Chiesa, rendendo, di fatto, la loro figura inesistente.
Ci si è dilungati un po’ sul pensiero di Padre Barbara perché esso rappresenta piuttosto esaustivamente le basi su cui si fondano numerosi movimenti sedevacantisti che, pur rappresentando un numero davvero esiguo di Cattolici, risultano presenti in numerose Diocesi.
Tra i gruppi maggiori possiamo ricordare il “Movimento Tradizionalista Cattolico” fondato dal Reverendo Gommar A. DePauw, figura già di una certa rilevanza all’interno del nucleo dei dissidenti del Concilio Vaticano II, i “Cattolici Tradizionalisti d’America” del Reverendo Francis Fenton, gli “Schiavi del Cuore Immacolato di Maria”; la “Società Sacerdotale San Pio V”, legata ai Vescovi Kelly e Mendes, la “Congregazione del Santissimo Redentore” di Padre Sim, l’“Arcidiocesi Cattolico.Romana Tradizionalista” legata all’Arcivescovo Anthony Savage e al Vescovo Carlos Duarte Costa, la “Confraternita del Paracleto” del Vescovo Albinus e altre ancora, spesso con una “linea vescovile” che deriva da un numero ristrettissimo di alti Prelati cattolici dissidenti (in particolare dall’Arcivescovo Ngo Dinh Thuc).
Da questi gruppi si discosta leggermente la “Lega della Controriforma Cattolica”, costola di una comunità monastico-missionaria fondata nel 1958 in Francia sotto il nome di “Piccoli Fratelli del Sacro Cuore di Gesù” dall’ Abbé Georges de Nantes, Sacerdote di estrema destra già noto per la sua amicizia con Maurras e per la sua pubblicistica a favore dell’“Action Française” e del “Petainismo”, che gli era valsa un arresto nel 1962 e una sospensione “ab officio” nel 1963. In aperta condanna dell’ecumenismo e della “democrazia” (vista come istituzione anticristiana figlia della Rivoluzione francese), nel 1965 De Nantes aveva deninciato Papa Paolo VI come anticristo, venendo, ovviamente, sospeso “a divinis” l’anno seguente. Con la creazione della “Lega della Controriforma Cattolica”, nel 1969 si arriva alla rottura definitiva con Roma: de Nantes, sollevato dagli Ordini sacri, accusa formalmente il Papa di scisma, eresia e scandalo, si dedica all’attività profetica (regolarmente smentita) e accusa il Vaticano dell'omicidio di Giovanni Paolo I, venendo conseguentemente scomunicato a tutti gli effetti (1997).
Oggi la Lega, catalogata come setta da una relazione del Parlamento francese, conta un numero sempre più esiguo di fedeli ma ciò che risulta più peculiare è il suo orientamento apocalittco e la sua insistenza nell’inviare al Papa ogni anno una richiesta perché egli si “autosospenda” e si “autoprocessi” per eresia.
Al di là di quella che, non fosse per i seguaci che attrae, potrebbe essere considerata solo una posizione curiosa e al limite del ridicolo, ben altri gruppi, per quanto, lo si ripete ancora, assolutamente minoritari, sono andati, quanto ad oltrazismo anti-vaticano, persino oltre le posizioni di de Nantes.
Si tratta dei già menzionati “conclavisti”, per lo più piccoli gruppetti di credenti raccolti intorno a questo o quel Sacerdote dissidente che, in realtà in piena coerenza con l’idea di una Sede apostolica vuota, vorrebbero vedere attuate le norme previste dal Codice di Diritto Canonico e dalla Costituzione Vacantis Apostolicae Sedis di Pio XII in casi di questo genere: riunione dei Cardinali (ovviamente solo di quelli non sottomessi al “falso Pontefice” in carica) in un Conclave ed elezione di un nuovo Papa. Nella maggioranza dei casi questi gruppi si limitano alla preghiera comune perché tale Conclave possa aver luogo o perché il Cardinali “Paolisti” (quindi, da Paolo VI, eretici) possano ravvedersi.
Purtroppo, però, alcuni di loro, per lo più legati ad una idea di “elezione per illuminazione divina diretta”, hanno finito addirittura per organizzare presunti “Conclavi” o per autonominarsi Papi.
Dalla fine del Concilio Vaticano II, un certo numero di persone si sono, a titolo diverso, proclamate Papi, rientrando pienamente nella categoria degli “anti-Papi” (e, naturalmente, accusando i Papi eletti nei Conclavi romani postconciliari di essere essi stessi anti-Papi).
Proviamo a stilare un breve elenco degli antipapi più noti al fine di osservare quale grado anche solo di “regolarità canonica” possano avere le pretese di questi individui.
In ordine di tempo, il primo anti-Papa postconciliare può essere ritenuto Gregorio XVII, al secolo Jean-Gaston Tremblay, che rientra, però, in una “linea apostolica” precedente, quella della cosiddetta “Chiesa Rinnovata” fondata nel 1950 dal suo predecessore Clemente XV (Michel Collin). Brevemente, Michel-Auguste-Marie Collin (1905-1974), Sacerdote francese della Diocesi di Nancy, a quarantacinque anni, durante una notte di preghiera in una chiesa di Sorrento ritiene di ricevere una rivelazione divina che gli conferisce una “consacrazione episcopale mistica” e un'autorità paritetica a quella papale: l’anno seguente viene ridotto allo stato laicale e nel 1960 viene scomunicato ma, alla morte di papa Giovanni XXIII (1963), egli annunzia di essere stato nominato Papa da Dio e si incorona Pontefice in presenza dei suoi seguaci a Clémery con il nome di Clemente XV. Nel 1966, per ottenere l'Episcopato canonicamente, si fa consacrare dal Vescovo vagante di rito siro-antiocheno Cyprien Damgé de Lannoy e formalizza la nascita della “Chiesa del Cristo Rinnovata” che, alla sua morte, conta un “collegio cardinalizio” con quattro membri francesi, cinque italiani, cinque tedeschi, due olandesi, uno svizzero, un americano e un canadese e che, dal punto di vista dottrinale, sviluppa elementi vaneggianti che inglobano riferimenti agli alieni (Collin avrebbe compiuto viaggi a bordo di dischi volanti e, a detta di alcuni sui seguaci, era capace d'arrampicarsi sui muri), un fortissimo culto della Madonna spinto fino ad una vera e propria mariolatria e l’apertura del Sacerdozio non solo alle donne ma anche, a titolo onorifico, ai defunti.