una Lezione del Rabbi per guadagnare il Regno dei Cieli

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=Foxtrott=
00mercoledì 26 agosto 2009 22:57
Il discorso di Gesù dopo che Matteo l'esattore rifiutò di prendere il pagamento della gabella per il pesce pescato da Pietro e Andrea. La scena si svolge a Cafarnao, nella piazza.

Gesù si pone addossato ad un albero, a un dieci metri da Matteo, e inizia a parlare.
Dite, o voi che mi udite: quando uno muore, porta forse seco le borse dei suoi denari? E anche se fosse così stolto da volerle seco nel sepolcro, le può forse usare nell'altra vita? No. Le monete divengono metalli corrosi sulla putredine di un corpo disfatto. Ma la sua anima altrove sarebbe nuda, più povera del Giobbe beato, priva del più piccolo quattrino, anche se qui e nella tomba essa avesse lasciato talenti e talenti. Anzi, udite, udite! Anzi in verità vi dico che con le ricchezze difficilmente si acquista il Cielo, ma anzi generalmente con esse si perde il Cielo, anche se ricchezze onestamente avute o per eredità o per guadagno, perché pochi sono i ricchi che sanno usare giustamente delle ricchezze. Che occorre allora per avere questo Cielo benedetto, questo riposo nel seno del Padre? Occorre non essere avidi di ricchezze. Non avidi nel senso di volerle ad ogni costo, anche mancando ad onestà e amore. Non avidi nel senso che, avendole, si amino più del Cielo e del prossimo, negando carità al prossimo che è bisognoso. Non avidi per quanto le ricchezze possono dare, ossia donne, piaceri, ricca mensa, vesti di sfarzo che sono offesa a chi ha freddo e fame. Vi è, sì, vi è una maniera per cambiare le monete ingiuste del mondo in valuta che vale nel Regno dei Cieli. Ed è la santa furbizia di fare delle ricchezze umane, sovente ingiuste o causa di ingiustizia, delle ricchezze eterne. Ossia guadagnare con onestà, rendere ciò che ingiustamente si ebbe, usare dei beni con parsimonia e distacco, sapendosense separare, perché prima o poi essi ci lasciano-oh! pensare questo!- mentre il bene compiuto non mai più ci lascia. Tutti vorremmo esser detti "giusti" e tali esser creduti, e come tali premiati da Dio. Ma come può Dio premiare chi solo ha nome di giusto ma non ha le opere? Come può dire: "Ti perdono", se vede che il pentimento è solo verbale, ma non accompagnato da vero mutamento di spirito? Non vi è pentimento finché dura l'appetito per l'oggetto per cui peccammo. Ma quando uno si umilia, quando uno si mutila del membro morale di una mala passione, che può chiamarsi donna o oro, dicendo:"Per Te, Signore, non più di questo", ecco allora che veramente è pentito. E Dio lo accoglie dicendo: "Vieni, mi sei caro come un innocente ed un eroe">

tratto da: Maria Valtorta - L'Evangelo come mi è stato rivelato

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