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Ilva: societa' annuncia la chiusura dello stabilimento di Taranto

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    wheaton80
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    00 26/11/2012 19:50
    (ASCA) - Roma, 26 nov - L'Ilva ha deciso la cessazione di ogni attivita' e la chiusura dello stabilimento di Taranto. Lo annuncia la societa' in una nota diffusa ''con riferimento al provvedimento di sequestro preventivo notificato dal GIP di Taranto in data odierna''. ''Premesso che ILVA non e' parte processuale nel procedimento penale ed e' quindi estranea a tutte le contestazioni ad oggi formulate dalla Pubblica Accusa - si legge nel comunicato - premesso altresi' che lo stabilimento ILVA di Taranto e' autorizzato all'esercizio dell'attivita' produttiva dal decreto del Ministero dell'Ambiente in data 26.10.2012 di revisione dell'AIA; premesso infine che il provvedimento di sequestro emesso dal GIP di Taranto in data odierna si pone in radicale e insanabile contrasto rispetto al provvedimento autorizzativo del Ministero dell'Ambiente, la Societa' proporra' impugnazione avverso il provvedimento di sequestro e, nell'attesa della definizione del giudizio di impugnazione, ottemperera' all'ordine impartito dal GIP di Taranto''. Questo, prosegue Ilva, ''comportera' in modo immediato e ineluttabile l'impossibilita' di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attivita' nonche' la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attivita', dalle forniture dello stabilimento di Taranto''. Ilva ribadisce infine ''con forza l'assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalita' ascrivibile alla propria attivita' industriale, cosi' come le consulenze epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano''.

    it.notizie.yahoo.com/ilva-societa-annuncia-chiusura-stabilimento-172600...
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    wheaton80
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    00 26/11/2012 19:52
    Ilva, arrestati Emilio Riva e altri, Ferrante indagato

    TARANTO (Reuters) - Il patron dell'Ilva di Taranto Emilio Riva, suo figlio Fabio ed altre cinque persone sono state arrestate questa mattina con l'accusa a vario titolo di corruzione, concussione e associazione a delinquere.

    Lo riferiscono la Guardia di Finanza e la Procura di Taranto.

    Emilio Riva, che non ha più cariche operative nel gruppo, si trova agli arresti domiciliari, mentre il figlio Fabio, vicepresidente di Riva Group, è destinatario di un ordine di custodia cautelare in carcere firmato dai gip di Taranto Patrizia Todisco e Vilma Gilli su richiesta del pm Remo Epifani.

    Al momento però l'uomo, che era già ai domiciliari per l'inchiesta principale sull'Ilva - quella per disastro ambientale, che nel luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell'area a caldo dell'impianto siderurgico tarantino - risulta irreperibile e gli agenti delle Fiamme Gialle lo stanno cercando per portarlo in carcere.

    Secondo i magistrati dirigenti dell'Ilva avrebbe corrotto politici, periti ed imprenditori locali per mettere a tacere o almeno ridimensionare le attività inquinanti dell'impianto.

    Nell'inchiesta, dicono fonti giudiziarie, risultano indagati anche l'attuale presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante e l'ex presidente Nicola Riva, per il quale la procura aveva chiesto l'arresto che è stato però respinto dal gip.

    In una breve nota diffusa nel pomeriggio, Ferrante - un ex prefetto - ha detto di non avere "alcuna intenzione di rinunciare all'incarico di Presidente di Ilva", che aveva assunto nel luglio scorso, poco prima che scattasse il sequestro degli impianti.

    "Le contestazioni che mi sono state rivolte dal pm di Taranto appaiono inconsistenti e strumentali", ha detto ancora Ferrante. "Proseguirò nel mio compito nell'interesse dei tanti lavoratori e dell'Azienda, convinto sempre che è possibile e doveroso coniugare ambiente, salute e lavoro".

    TRA GLI ARRESTATI ANCHE UN POLITICO DI CENTROSINISTRA

    Tra gli altri arrestati oggi, l'ex dirigente per i rapporti istituzionali dell'Ilva Girolamo Archinà, l'ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso, entrambi già trasferiti in carcere. Poi l'ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, l'ex assessore di centrosinistra all'Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva (Pd) e l'ingegnere Carmelo Delli Santi rappresentante della Promed Engineering, tutti ai domiciliari.

    In uno tra gli episodi di corruzione sotto la lente della procura, già emerso peraltro nell'inchiesta sul disastro ambientale, Archinà avrebbe consegnato a Liberti una busta con 10mila euro in cambio di una perizia "addolcita" sull'inquinamento dell'Ilva.

    Nell'operazione di oggi, la Guardia di Finanza ha anche sequestrato tutti i rifornimenti destinati all'Ilva e il prodotto finito stoccato sulle banchine del porto di Taranto.

    Secondo una perizia epidemiologica consegnata alla procura tarantina, le emissioni del siderurgico tarantino hanno provocato in 13 anni quasi 400 morti tra la popolazione e un "eccesso di mortalità" per alcuni tumori tra i dipendenti dell'impianto.

    Il Gruppo Riva, 17esimo produttore mondiale di acciaio, ha sempre respinto le accuse sull'Ilva. L'impianto tarantino dà lavoro a circa 12.000 persone. Nelle settimana scorse l'azienda ha chiesto la cassa integrazione per un massimo di 2.000 dipendenti motivandolo con la crisi del settore siderurgico.

    Preoccupato di "salvaguardare salute e occupazione" - l'azienda ha anche minacciato di chiudere lo stabilimento se la Procura non autorizza il dissequestro degli impianti per procedere ai lavori di bonifica previsti dalla Autorizzazione integrata ambientale - oggi il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini ha chiesto al presidente del Consiglio Mario Monti di convocare "immediatamente" un incontro coi sindacati.

    it.notizie.yahoo.com/ilva-7-arresti-per-corruzione-associazione-delinquere-084151034--fina...
    [Modificato da wheaton80 26/11/2012 19:54]
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    00 14/02/2013 20:32
    Ilva,ok vendita acciaio sequestrato
    Gip di Taranto ha dato autorizzazione

    Il gip di Taranto, Patrizia Todisco, accogliendo l'istanza della Procura di Taranto, ha autorizzato la vendita dei prodotti finiti e semilavorati dell'Ilva sequestrati il 26 novembre 2012. La vendita sarà gestita dai custodi giudiziari che hanno certificato la deteriorabilità dei prodotti. Il valore dell'acciaio che giace sulle banchine del porto ammonta a circa 800mila euro: il ricavato sarà sequestrato.

    www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/puglia/articoli/1081876/ilvaok-vendita-acciaio-sequestra...

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    wheaton80
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    00 15/05/2013 19:50
    "Ilva, autorizzazioni illecite per ottenere l'Aia". 4 arresti, in manette presidente della Provincia
    Le ordinanze di custodia cautelare del gip Patrizia Todisco: in manette oltre a Florido (Pd) anche l'ex assessore all'Ambiente, Conserva. Al centro del nuovo terremoto giudiziario le manovre per ottenere l'autorizzazione della discarica all’interno dello stabilimento, funzionale all'ottenimento dei permessi ministeriali

    di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI


    Gianni Florido

    Permessi illeciti per ottenere l'Aia, l'autorizzazione ambientale con la quale la grande fabbrica di acciaio ha potuto continuare a produrre e inquinare. Queste le accuse che hanno portato a una nuova pioggia di manette a Taranto nell'ambito dell'inchiesta "ambiente svenduto", che seguono di poco l'ok al dissequestro delle tonnellate di prodotti finiti e semilavorati dell'Ilva. Tra gli arrestati anche il presidente della Provincia Gianni Florido, 61 anni, alla guida dell'amministrazione dal 2004 (eletto per il secondo mandato nel 2009 col Pd) e in passato segretario generale della Cisl ionica.


    Michele Conserva

    L'operazione è scattata alle prime luci del mattino. I militari della Guardia di Finanza hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare spiccate dal gip Patrizia Todisco. Gli arrestati sono, oltre a Florido per il quale l'accusa sarebbe di concussione; l'ex assessore all'Ambiente Michele Conserva (Pd) e l'ex segretario della Provincia di Taranto, Vincenzo Specchia, per il quale sono stati disposti i domiciliari.

    Specchia, originario di Galatina (Le), oggi è segretario generale del Comune di Lecce: appresa la notizia, l'amministrazione guidata da Paolo Perrone (Pdl) ha provveduto alla sospensione. Tra i destinatari dei provvedimenti di custodia cautelare anche Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni istituzionali del colosso siderurgico che avrebbe lavorato per agevolare l'attività della grande fabbrica accusata di disastro ambientale. Ad Archinà l'ordinanza è stata notificata in carcere, l'ex dirigente Ilva è detenuto dal 26 novembre.

    Al centro del nuovo terremoto giudiziario le manovre attivate per ottenere l'autorizzazione della discarica "Mater Gratiae", realizzata in una cava all’interno dello stabilimento Ilva. Documenti necessari all'ottenimento dell'Aia: l'autorizzazione ambientale per l'acciaieria è stato rilasciato una prima volta dal governo Berlusconi, dall'allora ministro Stefania Prestigiacomo, e recentemente da Corrado Clini, dell'esecutivo Monti. Nel sito vengono smaltiti i rifiuti industriali e le polveri prodotte dagli impianti ritenuti la fonte dell'inquinamento killer inquadrato con l’indagine per disastro ambientale. Florido e Conserva sono accusati di aver indotto, dal 2006 al 2011, dirigenti del settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto a rilasciare i permessi per la discarica gestita dall'Ilva "in carenza dei requisiti tecnico-giuridici".

    Quella procedura autorizzativa sarebbe stata viziata da una serie di passaggi sospetti e di pressioni indebite tutte fotografate dall'attività condotte dalle Fiamme Gialle del comando provinciale. In quegli uffici la pratica relativa alla discarica sarebbe stata accompagnata da pressioni illecite che hanno portato alla emissione dei provvedimenti restrittivi. Anche in questo caso regista delle operazioni condotte sottotraccia dall'Ilva sarebbe stato Girolamo Archinà, l'ex potentissimo responsabile dei rapporti istituzionali dell'azienda, in carcere dallo scorso 26 novembre. Per questo all'ex dirigente è stato notificato in cella un nuovo provvedimento restrittivo. In questo capitolo dell'inchiesta condotta dal pool della Procura della Repubblica di Taranto, guidata da Franco Sebastio, non ci sarebbero altri indagati.

    Per il gip "l'eventuale delibera all'autorizzazione all'esercizio della discarica avrebbe consentito alla società richiedente Ilva di ottenere consistenti vantaggi patrimoniali atteso che avrebbe permesso lo smaltimento di rifiuti speciali prodotti dallo stabilimento a costi inferiori a quelli che l'azienda avrebbe dovuto sopportare per smaltire all'esterno detti rifiuti". Ai quattro arrestati viene contestato un tentativo di concussione per costrizione nei confronti di un ex dirigente del settore Ecologia della Provincia, Luigi Romandini, per indurlo a firmare (cosa che non fece, nonostante la minaccia di licenziamento) autorizzazioni in favore dell'Ilva.

    A Florido, Conserva e Archinà è contestata anche la concussione per induzione per aver costretto il successore di Romandini nello stesso ufficio, Ignazio Morrone, a sottoscrivere l'autorizzazione all'esercizio di discarica per rifiuti speciali nell'area 'Cava Mater Gratiae', precedentemente richiesta dall'Ilva. Ma a far rumore è soprattutto il coinvolgimento di Florido. Tarantino, sposato e con due figlie, con alle spalle una lunga militanza nella Cisl, di cui è stato anche segretario provinciale, è stato eletto per la prima volta nel 2004 e nel 2009 è stato confermato con oltre centomila preferenze. Nel 2007, all'indomani del dissesto finanziario del Comune di Taranto, si era anche candidato sindaco di Taranto con una coalizione di centrosinistra ma al ballottaggio era stato sconfitto dall'attuale sindaco Ezio Stefano, anche lui ingato nella stessa inchiesta per abuso e omissione di atti d'ufficio.

    Negli ultimi mesi si era anche parlato di una possibile candidatura di Florido al Parlamento, tant'è che si ipotizzavano sue dimissioni anticipate dalla carica di presidente della Provincia anche in relazione al ventilato scioglimento delle stesse Province, cosa che poi non si è più verificata. E comunque la maggioranza di centrosinistra votò in aula, in Consiglio,un documento chiedendogli di restare alla guida dell'ente. Da vedere adesso che accade in Provincia perché all'indomani delle dimissioni del vice presidente Costanzo Carrieri, del Pd, eletto presidente del consorzio Asi, non sarebbe stata formalizzata la nomina di un nuovo vice presidente, mentre la delega all'Ambiente lasciata da Conserva è stata subito trasferita a Giampiero Mancarelli, del Pd, che è anche titolare del Bilancio.

    "Non ho idea di quali siano gli elementi di prova che riguardano Florido - ha commentato Michele Emiliano, sindaco di Bari e presidente regionale del Pd - ma è una cosa che mi addolora perché è un presidente di Provincia del mio partito che conosco bene". "Per mancanza di indirizzo politico - ha detto anche Emiliano sulla vicenda Ilva - non si capisce se dobbiamo andare fino in fondo senza guardare in faccia a nessuno o se bisogna trovare un punto di equilibrio sulla ragione di stato, cioè sul fatto che non ci possiamo permettere di chiudere l'Ilva senza trovare un'alternativa occupazionale".

    "In questa vicenda - ha aggiunto - è chiaro che è possibile che qualche soggetto politico che aveva il controllo dei controlli sia rimasto impigliato perché non è facile il ruolo del sindaco di Taranto, così come quello del presidente della Provincia di Taranto e del presidente della Regione". "L'arresto del presidente della Provincia - è l'opinione del leader dei Verdi Angelo Bonelli, consigliere comunale a Taranto - dimostra drammaticamente per i tarantini che un sistema politico ha lavorato per anni per nascondere la verità ai cittadini perché era colluso con chi inquinava e come dice la procura di Taranto con chi ha provocato inquinamento, malattie e morte".

    15 maggio 2013
    bari.repubblica.it/cronaca/2013/05/15/news/ilva_arresti-5...
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    00 22/05/2013 14:48
    Truffa ai danni dello Stato, indagati i fratelli Riva, proprietari dell'Ilva di Taranto
    I giudici di Milano hanno bloccato in un paradiso fiscale un miliardo e duecento milioni della famiglia

    I giudici di Milano bloccano nel paradiso fiscale di Jersey un miliardo e duecento milioni di euro dei padroni dell'Ilva di Taranmto, la famiglia Riva. Emilio e Adriano Riva sono infatti indagati per truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di beni, mentre due loro professionisti sono accusati di riciclaggio. Il sequestro, disposto oggi dal gip Fabrizio D'Arcangelo su richiesta dei pm Stefano Civardi e Mauro Clerici coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco, è in corso di esecuzione da parte della Guardia di Finanza di Milano e investe l'irregolarità di otto scudi fiscali effettuati dai Riva.

    Luigi Ferrarella Giuseppe Guastella
    22 maggio 2013
    milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_maggio_22/ilvatruffastatoriva22212675831...
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    wheaton80
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    00 25/05/2013 05:17
    Ilva, sequestrati beni per 8,1 miliardi alla famiglia Riva tra Taranto e Milano. Reati ambientali plurimi l'accusa

    TARANTO - Due giorni fa il sequestro del patrimonio personale dei Riva per 1,2 miliardi di euro perché frutto, secondo la procura e il gip di Milano, di frode fiscale, truffa allo Stato e riciclaggio. Oggi una mannaia da 8,1 miliardi di euro sui beni e le disponibilità economiche e finanziarie della Riva Fire (Finanziaria industriale Riva Emilio) spa, che controlla l'Ilva di Taranto.

    Una cifra equivalente alle somme che nel corso degli anni l'Ilva avrebbe risparmiato non adeguando gli impianti del Siderurgico, e in particolare quelli dell'area a caldo, alle normative ambientali, pregiudicando l'incolumità e la salute della popolazione. Il sequestro, tuttora in atto da parte dei militari della Guardia di Finanza a Taranto e a Milano e funzionale alla confisca, riguarda «prioritariamente» - scrive il gip Patrizia Todisco nel decreto accogliendo la richiesta del pool di magistrati coordinati dal procuratore di Taranto, Franco Sebastio - i beni nella disponibilitàdi Riva Fire spa, ovvero «dell'ente o degli enti eventualmente nati dalla sua trasformazione o fusione o scissione parziale».

    Solo «in via residuale e in caso di incapienza» dei beni sigillati a Riva Fire, saranno sequestrati «i beni immobili nella disponibilità dell'Ilva spa», ma non quelli «strettamente indispensabili all'esercizio dell'attività produttiva». Dunque, da un lato - come ha sottolineato il procuratore Sebastio parlando con i giornalisti - sono state salvaguardate le norme contenute nella legge 231/2012, che consente per 36 mesi all'Ilva di produrre e vendere i prodotti pur con gli impianti sotto sequestro senza facoltà d'uso dal 26 luglio scorso. Dall'altro lato viene applicato quanto previsto dalla legge 231/2001 sulla responsabilità di personalità giuridiche, in questo caso la Riva Fire.

    Custode e amministratore dei beni sequestrati sarà il commercialista Mario Tagarelli, uno dei quattro custodi giudiziari degli impianti dell'Ilva sotto sequestro da 10 mesi. L'Ilva ha annunciato per domani un consiglio di amministrazione per «decidere sulle iniziative conseguenti». Sono 16 (14 persone fisiche e due giuridiche, l'Ilva e la Riva Fire) gli indagati nell'inchiesta.

    A cinque di loro - Emilio Riva, i figli Nicola e Fabio, l'ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso e l'ex dirigente Ilva Girolamo Archinà - è contestata l'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati ambientali plurimi. Ma ci sono anche dirigenti ed ex dirigenti del Siderurgico e c'è il presidente del cda Ilva, Bruno Ferrante, al quale vengono contestati nuovi reati, in particolare per l'inquinamento del Mar Piccolo causato dagli scarichi dello stabilimento e il riutilizzo in produzione di fanghi di dragaggio contaminati.

    Nel decreto il gip bacchetta anche il governo. La legge 231/2012, scrive il giudice, ha consentito all'Ilva di rientrare in possesso degli impianti sequestrati e dunque continuare a produrre, senza però esigere garanzie finanziarie a sostegno degli investimenti e senza che sia stato presentato dall'azienda un piano di ripristino ambientale. Duri i giudizi sull'operato, o meglio su ciò che l'azienda non avrebbe fatto.

    La mancata attuazione di un modello organizzativo e gestionale adeguato alla complessità dell'azienda, scrive il gip riportando un passaggio della richiesta dei pm, «ha rappresentato concausa non trascurabile in relazione agli infortuni» verificatisi negli ultimi mesi in fabbrica, tre dei quali mortali. E ancora: Ilva e Riva Fire hanno ottenuto un «ingentissimo risparmio economico attraverso la intenzionale, pervicace omissione, nell'esercizio dell'attività produttiva industriale, degli onerosi interventi - misure di sicurezza, prevenzione e protezione dell'ambiente e della pubblica incolumità - che le norme dell'ordinamento, i vari Atti d'intesa stipulati con gli enti pubblici e i provvedimenti delle autorità competenti imponevano di eseguire».

    Situazione diventata così delicata, a parere del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, da indurlo a scrivere al ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, oltre che al prefetto e al Garante dell'Aia, chiedendo un provvedimento di amministrazione straordinaria dell'Ilva per non ritardare il risanamento ambientale ritenuto «improcrastinabile». Plaudono al maxi-sequestro gli ambientalisti, che vedono in quei beni sigillati un forziere economico per bonificare la città. Ma la strada è lunghissima e tutta in salita.

    Venerdì 24 Maggio 2013
    www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/itaranto_milano_lva_finanza_famiglia_riva_sequestro_beni/notizie/2834...
    [Modificato da wheaton80 25/05/2013 05:17]
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    00 25/05/2013 17:50
    Ilva nella bufera: Ferrante e Bondi si dimettono dopo il sequestro miliardario



    TARANTO - Cda dell'Ilva azzerato dopo il sequestro miliardario ordinato dal gip di Taranto. Oggi al termine del consiglio di amministrazione che si è tenuto a Milano, si sono dimessi il presidente Bruno Ferrante, l'amministratore delegato Enrico Bondi e il consigliere Giuseppe De Iure. Nella nota diffusa dall'azienda si legge: «L'ordinanza dell'autorità giudiziaria colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all'esercizio dell'attività produttiva nello stabilimento di Taranto. Per tali motivi il provvedimento ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all'attività industriale e per questo tutelati dalla legge n. 231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale.

    Vista la gravità della situazione e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva detenuta da Riva Fire, i consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche con effetto dalla data dell'assemblea dei soci che il consiglio ha convocato per il giorno 5 giugno ore 9, ponendo all'ordine del giorno la nomina del nuovo consiglio di amministrazione». Il cda ha infine dato mandato agli avvocati di impugnare l'atto del gip Patrizia Todisco che ha disposto il sequestro preventivo dei beni di Riva Fire (società capogruppo) nella misura di 8 miliardi e 100 milioni di euro. Un sequestro per equivalente, ai fini della confisca, deciso dal magistrato a fronte degli interventi che si renderanno necessari per la bonifica delle aree inquinate dall'Ilva. La cifra degli 8 miliardi scaturisce dalla perizia che i custodi giudiziari hanno consegnato alla Magistratura.

    Futuro pieno di incertezze

    E adesso che accade? È la domanda che da oggi pomeriggio prende a girare tra i lavoratori dell'Ilva, 11mila solo quelli di Taranto. «La produzione non si tocca» aveva affermato ieri il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, spiegando che il provvedimento è stato adottato in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità delle imprese, legge che dal 2011 è estesa anche ai reati ambientali, quelli per cui i Riva sono indagati a Taranto. Sebastio aveva infatti specificato che il sequestro avrebbe colpito beni mobili e immobili della Riva Fire ma tralasciato il siderurgico di Taranto in quanto tutelato dalla legge 231 (un numero che ricorre, come si vede) del 2012. E quindi niente blocco di produzione, impianti e materie prime. E quand'anche fosse stato necessario mettere i sigilli ai beni dell'Ilva di Taranto, aveva ancora spiegato il procuratore capo, si sarebbe trattato di un'operazione residuale nel senso che avrebbe toccato ciò che non era strettamente funzionale alla produzione.

    Domenico Palmiotti, 25 maggio 2013
    www.ilsole24ore.com/art/notizie/20130525/ilvadimettonoferrantebondi135252.shtml?uuid=...
    [Modificato da wheaton80 25/05/2013 17:54]
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    wheaton80
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    00 12/06/2013 04:40
    Cibo e diossina, dieci regole per mangiare in sicurezza

    Nel numero di oggi del Fatto Quotidiano Salvatore Cannavò ha realizzato un reportage sul mondo alimentare. Il Fatto si è chiesto: ma che cosa mangiamo davvero? Stimolato da questo servizio, cercherò di dare un piccolo contributo su un contaminante molto pericoloso su cui c’è tuttavia pochissima informazione: la diossina. Di diossina nel cibo si parla poco per non generare panico, ma si infila nel nostro piatto, tanto che sarebbe importante creare un marchio “dioxin free”.

    La diossina è una sostanza cancerogena. Può modificare il DNA che i genitori trasferiscono ai figli. E’ un interferente del sistema endocrino. Gli esperti dicono “diossine”, ma per semplicità usiamo il singolare. La diossina ha molto a che fare con quello che mangiano in quanto solo il 2% entra nel nostro corpo tramite la respirazione: per il 98% entra tramite l’alimentazione. Ho scoperto la diossina a Taranto nel 2005, quando nella mia città nessuno ne parlava. Da allora cerco di alimentarmi con dieci semplici regole.

    PRIMA REGOLA: BERE ACQUA
    La diossina non è solubile in acqua e quindi l’acqua la bevo a volontà. Non bevo bibite scure colorate con E150D, additivo che non contiene diossina ma che comporterebbe anch’esso un rischio cancerogeno.

    SECONDA REGOLA: DIMEZZARE I GRASSI ANIMALI

    La diossina si infiltra nei grassi animali. Mangiandoli si bioaccumula. Quando ho nel piatto qualcosa di grasso, dimezzo le porzioni e sono sicuro che accumulerò metà diossina.

    TERZA REGOLA: STOP AL BURRO

    Nei grassi animali si concentra la diossina. Ed è la percentuale di grassi a fare la differenza. Quindi il burro da tempo l’ho bandito dalla mia alimentazione.

    QUARTA REGOLA: NIENTE CARNE, NIENTE SALMONE
    Sono tendenzialmente vegetariano. Se fossi costretto a mangiare carne, sicuramente eviterei l’agnello e i “fegatini” di cui vanno ghiotti i pugliesi. Vanno secondo me limitate le carni grasse. Se mangiate una fettina di carne, abbiate cura di eliminare il grasso: lì si può annidare più diossina. I polli che razzolano in aree contaminate non sono sicuri. Attenzione quindi alle aree con industrie e inceneritori, non fanno bene ai polli ruspanti che beccano per terra le polveri potenzialmente contaminate da diossina. Le ricerche hanno dimostrato una correlazione tra alto consumo di carne e insorgenza di tumori. Quindi un consiglio ai carnivori: moderazione. Meglio tuttavia essere vegetariani. Non mangio mai salmone e neppure pesce spada. Pochissimo tonno. I pesci predatori li evito. Nella catena alimentare avviene la cosiddetta “biomagnificazione”. Per la diossina questo significa che si “moltiplica” nei pesci che mangiano pesci. Gli omega-3 cerco di prenderli altrove.

    QUINTA REGOLA: VERDURA A VOLONTA’
    Unica accortezza: va lavata bene. La diossina non entra nell’insalata, nelle carote, nel sedano, ecc. ecc. Infatti non è idrosolubile e non viene assorbita dalle radici, tranne rare eccezioni. Come mai allora le pecore a Taranto si cono contaminare se sono “vegetariane”? Perché non hanno le mani e non hanno “lavato” l’erba su cui si è depositata esternamente la diossina. Gli animali inoltre nel brucare mangiano anche un po’ di terra, che può essere contaminata.

    SESTA REGOLA: FRUTTA IN TAVOLA

    Non deve mancare. Anche la frutta, come la verdura, non è a rischio diossina. E ne mangio in quantità. Anche la frutta secca è benvenuta: noci e mandorle.

    SETTIMA REGOLA: MARMELLATE E YOGURT MAGRO

    Sulle marmellate, che contengono la frutta, nessun sospetto, e quindi a colazione la marmellata non manca, meglio se fatta in casa e senza addensanti. Mi piace metterla nello yogurt scremato biologico (quello proveniente dalle montagne è fantastico) con cereali, riso soffiato e mandorle. E soprattutto rifuggo dagli yogurt artificiosamente “cremosi” perché in passato gli addensanti hanno riservato brutte sorprese.

    OTTAVA REGOLA: PANE INTEGRALE, CEREALI E LEGUMI

    Anche il pane è un alimento che non rientra fra quelli che possono contenere diossina in quantità critiche. Evito i panini al burro, meglio l’integrale. Evito dolci e biscotti burrosi. Non evito mai invece la pasta, a cui accompagno vari cereali (ad esempio il farro) e i legumi (fagioli, ceci, lenticchie). La pasta – regina della dieta mediterranea – tiene lontana la diossina dalle nostre tavole. Avena, farro, miglio, orzo e kamut sono benvenuti sulla mia tavola. Almeno una volta alla settimana: una bella cotoletta di soia. Biologica e senza ogm.

    NONA REGOLA: OLIO BIOLOGICO E UMEBOSHI
    L’olio non dovrebbe essere a rischio. Ma se si portano al frantoio olive non lavate su cui si sono depositate polveri con diossina, allora qualche problema c’è. Quindi scelgo olio biologico proveniente da ulivi molto lontani dalle ciminiere. Accanto all’olio provate – al posto dell’aceto e del sale – l’umeboshi biologico, condimento della cucina giapponese a base di prugne.

    DECIMA REGOLA: FORMAGGIO, SEMAFORO GIALLO

    Se è fatto con latte di latte di mucca lo mangio con moderazione. Evito il pecorino di ovini che hanno pascolato vicino alle ciminiere e in generale anche la ricotta di pecora. Preferisco mangiare formaggi garantiti da marchi come il Parmigiano Reggiano, specie se è fatto lontano dagli inceneritori. Evito gli affumicati perché possono contenere gli Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici), che sono cancerogeni. In generale preferisco formaggi con basse percentuali di grassi. E quando ho di fronte una mozzarella faccio a metà: sono sicuro di aver dimezzato la potenziale diossina. Stessa regola per il latte: in quello scremato (0,1%) c’è una quantità di diossina 36 volte inferiore a quello intero (grasso 3,6%).

    Un sito molto interessante – lo potrei definire un ricettario “dioxin-free” - è “Come cucinare la nostra vita“ in cui troverete cose incredibili, come le frittate senza uova (se temete che possano contenere diossina). Ma non prendete i miei consigli per oro colato: sono solo le mie regole alimentari.

    Alessandro Marescotti | 10 giugno 2013
    www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/10/cibo-e-diossina-dieci-regole-per-mangiare-in-sicurezza...
    [Modificato da wheaton80 12/06/2013 04:40]
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    00 23/06/2013 04:26
    Ilva: fumi di notte, video Peacelink
    Su web, riprese girate ieri sera a tarda ora

    22 giugno 2013



    www.youtube.com/watch?v=LkDrOqquOGo

    TARANTO - Un video realizzato da Peacelink che documenta un'esplosione di fumi notturna nello stabilimento Ilva di Taranto e' stato diffuso sul web tramite youtube. Le riprese, girate da Luciano Manna alle 23.30 di ieri, si riferiscono alle cosiddette emissioni non convogliate. Tali emissioni, spiega il presidente di Peacelink Taranto Marescotti, ''di regola dovrebbero avvenire tramite i camini (emissioni convogliate). Per l'Ilva, invece, avvengono nella maniera in cui le potete vedere nel video''.

    www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/06/22/Ilva-fumi-notte-video-Peacelink_8912...
    [Modificato da wheaton80 23/06/2013 04:27]
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    00 07/09/2013 16:44
    Ilva, cinque arresti a Taranto: in manette il ‘governo ombra’ dei Riva in fabbrica
    Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale: con queste accuse sono finiti in carcere alcuni dipendenti del siderurgico: avrebbero imposto le logiche della proprietà ai reparti pur non avendo alcuna responsabilità

    di Francesco Casula | 6 settembre 2013

    Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Sono solo alcune delle gravissime ipotesi di reato contestate dalla procura di Taranto ad alcuni membri del “governo ombra” dell’Ilva di Taranto. Una struttura scoperta dalla Guardia di finanza che ha eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare su disposizione del gip Patrizia Todisco. In carcere sono finiti Alfredo Ceriani, fiduciario della famiglia Riva e responsabile dell’area a caldo con il compito di massimizzare la produzione, Giovanni Rebaioli, 69enne gestore dell’area parchi e impianti marittimi, Agostino Pastorino, di 60 anni con il compito responsabile dell’area Ghisa e di tutti gli investimenti nella fabbrica ed Enrico Bessone, dipendente di Riva Fire – holding che controlla Ilva spa – e responsabile dell’area manutenzione meccanica delle acciaierie.

    Agli arresti domiciliari, invece, è finito Lanfranco Legnani, considerato dagli inquirenti il direttore ombra dello stabilimento siderurgico. Dalle indagini svolte dal nucleo di Polizia tributaria delle fiamme gialle, guidate dal tenente colonnello Giuseppe Micelli, si tratta di un vera e propria governance parallela che dal 1995 a oggi avrebbe imposto le logiche della proprietà ai vari reparti pur non avendo alcuna responsabilità ufficiale. Nella sua ordinanza il gip spiega che l’impianto accusatorio è talmente solido da “non lasciare dubbi” e che ciascuno dei destinatari delle misure avrebbe innegabilmente offerto il suo contributo al disegno criminoso che ha portato nei dodici mesi scorsi a diversi provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

    Una struttura talmente necessaria alla famiglia Riva che alla nomina del direttore dello stabilimento Vincenzo Lupoli, questi durante il primo incontro a Milano con Daniele Riva, figlio di Emilio e fratello di Fabio e Nicola già indagati, avrebbe chiesto spiegazioni ottenendo come risposta che “tale presenza e il loro impiego erano scontati, senza possibilità di variazione dai compiti rispetto al passato in quanto persone di loro fiducia”. Inquietante, infine, appare la lettura della parte finale del provvedimento in cui i magistrati chiariscono che “l’obiettivo che da sempre ha accomunato i fiduciari è quello caro alla proprietà ovvero quello legato alla produzione, fulcro su cui si muove il solo ed unico interesse dei Riva”. Un obiettivo da perseguire a qualunque costo. Magari sacrificando la salute di operai e cittadini di Taranto.

    Nella richiesta di arresti il pool di inquirenti composto dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani ha spiegato che la struttura dei “fiduciari” include coloro che hanno “governato sino a poco tempo fa lo stabilimento di Taranto, dando disposizioni su tutte le iniziative e le attività adottate all’interno dello stesso che, poi, venivano eseguite o realizzate dal direttore o dai vari capi area le cui decisioni, comunque, dovevano essere sempre avallate e condivise dai primi”.

    Dai numerosi interrogatori svolti dai finanzieri di Taranto, al comando del colonnello Salvatore Paiano, è emerso che “il fiduciario rappresenta la proprietà” e che “costoro risultano inseriti in una struttura di tipo piramidale con, alla base, i dipendenti e, al vertice, la proprietà”. La procura ha poi suddiviso in quattro fasce la collocazione dei fiduciari: Lanfranco Legnani, al vertice con l’incarico di direttore ombra, poi i fiduciari “apicali” di cui facevano parte “persone molto vicine alla famiglia Riva” con la quale intrattenevano rapporti quotidiani. Tra questi Cerani, Rebaioli, Pastorino, ma anche Cesare Corti e Giuseppe Casartelli. Subito dopo ci sono i fiduciari “intermedi” con compiti tecnico-operativi destinatari di incarichi ufficiali attribuiti mediante conferimento di delega: Bessone, finito in carcere, e altri come Livio Barale, Ennio Chiolini, Mario Mazzari e Antonello Binezzi. Infine vi erano “le figure base” che comprendono tecnici destinati ai vari reparti con compiti operativi di esecutori degli ordini impartiti dagli apicali e includono Giacomo Simonetti, Francesco Forestiero e Vielmi.

    www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/06/taranto-in-manette-governo-ombra-dellilva-gip-accuse-solide-non-ci-sono-dubbi...
    [Modificato da wheaton80 07/09/2013 16:44]
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    00 10/09/2013 22:32
    Taranto, nuovo sequestro da un miliardo di euro ai danni della famiglia Riva
    Nel mirino delle fiamme gialle sono finite oltre dieci società collegate alla holding Riva Fire - che controlla Ilva spa - e di fatto riconducibili agli imprenditori lombardi

    di Francesco Casula
    10 settembre 2013

    Un nuovo maxisequestro ai danni della famiglia Riva. La guardia di finanza di Taranto ha sequestrato nelle scorse ore beni mobili, immobili e conti correnti per un ammontare di quasi un miliardo di euro. Nel mirino delle fiamme gialle sono finite oltre dieci società collegate alla holding Riva Fire - che controlla Ilva spa – e di fatto riconducibili agli imprenditori lombardi. Tra queste i finanzieri, al comando del colonnello Savatore Paiano e dal maggiore Giuseppe Dinoi, hanno apposto i sigilli ai beni di Riva Energia, Riva Commerciale e Riva Servizi Marittimi. Un altro miliardo di euro, quindi, che si aggiunge ai quello già sequestro nei mesi scorsi dopo il provvedimento firmato dal gip Patrizia Todisco. Sale così a due miliardi il tesoro bloccato dalle fiamme gialle tarantine alla capofila del Gruppo Riva, i cui vertici e proprietari sono indagati per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.

    Il lavoro degli inquirenti continua, ma appare altamente improbabile che la Guardia di finanza di Taranto riesca a raggiungere la somma di 8 miliardi disposta dal gip Todisco come totale delle somme che i Riva avrebbero dovuto investire dal 1995 a oggi nella fabbrica per rendere gli impianti ecocompatibili. Una somma stimata dai custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Mario Tagarelli al termine di una serie di controlli e sopralluoghi svolti nella fabbrica insieme ai carabinieri del Noe di Lecce, guidati dal capitano Nicola Candido. Un costo che tuttavia non comprende le bonifiche di acqua e suoli, stime che secondo la magistratura tarantina potranno essere calcolati solo dopo la valutazione dei danni reali al territorio. Il provvedimento, inoltre, su esplicita richiesta del pool di inquirenti composto dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani, prevede il sequestro di denaro, conti correnti, quote societarie nella disponibilità della società Riva Fire, ma lascia fuori la fabbrica di Taranto e i beni riconducibili alla società di Ilva spa necessari per la produzione garantita dal primo decreto “salva Ilva” voluto dall’ex ministro Corrado Clini.

    Nel decreto di sequestro per equivalente emesso a maggio, il gip Todisco spiegò che il “modello aziendale” è stata la “concausa” della morte di Claudio Marsella, Francesco Zaccaria e Ciro Moccia. I tre operai dell’acciaeria Ilva di Taranto morti nel giro di pochi mesi erano morti anche perché dal 1995 a oggi la proprietà e i vertici aziendali hanno evitato di ammodernare la fabbrica che oggi genera “malattia e morte”. Oltre 8 miliardi, secondo il magistrato, è “l’importo necessario per effettuare tutte le opere di risanamento ambientale” che ancora oggi la famiglia Riva dimostra di non voler realizzare in barba soprattutto ai numerosi protocolli di intesa firmati con le istituzioni locali e nazionali che i pm hanno definito un “colossale presa in giro”. A questi due miliardi, si aggiungono inoltre, i quasi due miliardi di euro sequestrati agli imprenditori lombardi dalla Procura di Milano, che è riuscita a scoprire un vero e proprio tesoro occultato nel paradiso fiscale dell’isola di Jersey attraverso una serie di società offshore riconducibili a Emilio Riva, al fratello Adriano e ai figli di questi.

    www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/10/taranto-nuovo-sequestro-da-miliardo-di-euro-ai-danni-della-famiglia-riva...
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    00 22/01/2014 23:35
    Ilva: sequestrati 200 milioni a indagati e Riva Fire

    Milano - La Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato 200 milioni di euro complessivi nell'ambito del nuovo filone di indagine sulla Riva Fire, la holding che controlla l'Ilva di Taranto. Secondo quanto appreso, su mandato della procura di Milano - titolare delle indagini - sono stati sequestrati 100 milioni di euro ai cinque indagati raggiunti da una ordinanza di custodia cautelare, tra cui Fabio Riva, e 100 milioni di euro alla societa' Riva Fire, indagata in virtu' della legge 231/2001 sulla responsabilita' amministrativa degli enti. Le persone fisiche indagate devono rispondere dell'accusa di associazione per delinquere e truffa aggravata.

    Il Sole 24 Ore Radiocor
    22 gennaio 2014
    www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/radiocor/finanza/dettaglio/nRC_22012014_1622_399208...
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    00 06/03/2014 19:32
    Ilva, pm di Taranto chiedono rinvio a giudizio per 50 persone: ci sono i Riva, Vendola e il sindaco Stefàno

    Processo per tutti. È la richiesta che oggi la Procura di Taranto ha depositato alla cancelleria del giudice dell'udienza preliminare per i 53 indagati dell'inchiesta sul disastro ambientale dell'Ilva. Si tratta di 50 persone e di tre societá. Il rinvio a giudizio é stato chiesto fra gli altri per il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto, Ezio Stefáno, l'ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, ma anche per gli attuali proprietari dell'Ilva, Emilio Riva e i figli Fabio e Nicola, nonché per il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano, gli ex direttori dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l'ex addetto alle relazioni istituzionali dell'Ilva di Taranto, Girolamo Archiná, il direttore dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Puglia, Giorgio Assennato, l'assessore all'Ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro, l'ex consigliere regionale della Puglia, oggi deputato di Sel, Nicola Fratoianni, e l'attuale consigliere regionale Donato Pentassuglia del Pd. Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale: pesante l'accusa verso i proprietari dell'Ilva, i cosiddetti "fiduciari", ovvero gli uomini dei Riva che costituivano il governo ombra dell'azienda, e i manager aziendali, ex e attuali. Secondo la Procura "in concorso tra loro nella gestione dell'Ilva di Taranto operavano e non impedivano con continuitá e piena consapevolezza una massiva attivitá di sversamento nell'aria-ambiente di sostanze nocive per la salute umana, animale e vegetale, diffondendo tali sostanze nelle aree interne allo stabilimento, nonché rurali ed urbane circostanti lo stesso, in particolare Ipa, benzoapirene, diossine, metalli ed altre polveri nocive, determinando gravissimo pericolo per la salute pubblica e cagionando eventi di malattia e morte nella popolazione residente nei quartieri vicino al siderurgico e ció anche in epoca successiva al provvedimento di sequestro preventivo di tutta l'area a caldo", avvenuta il 26 luglio del 2012. Vendola è invece accusato di concussione.

    La Procura gli imputa pressioni sui vertici dell'Arpa Puglia e in particolare sul suo direttore Assennato perché "ammorbidisse" l'azione di controllo verso l'Ilva, mentre il sindaco di Taranto risponde di omissione di atti d'ufficio per non aver dato corso, secondo la Procura, alle denunce fatte da lui stesso ai giudici in merito all'inquinamento causato dall'Ilva. Oltre al disastro ambientale, la Procura chiama in causa alcuni indagati anche per gli infortuni mortali accaduti nei mesi scorsi nel siderurgico. Adesso toccherá al gup fissare la data dell'udienza nella quale si deciderá se rinviare effettivamente a giudizio o meno le persone per le quali la Procura oggi ha chiesto il processo. La Procura, il 30 ottobre scorso, aveva fatto spedire agli indagati gli avvisi di conclusione delle indagini. L'inchiesta è partita nel 2009 ma ha subìto una vera e propria impennata nel 2012 con l'incidente probatorio davanti al gip Patrizia Todisco, la presentazione di due perizie in cui si evidenziava il pesante impatto dell'inquinamento dell'Ilva sulla salute dei tarantini, quindi i primi arresti e il sequestro senza facoltà d' uso degli impianti dell'area a caldo del siderurgico avvenuti a luglio 2012. Altri arresti e sequestri ci sono poi stati a novembre del 2012 gli ultimi a settembre 2013. In quest'ultimo caso hanno riguardato i cosiddetti "fiduciari" di Riva. La vicenda Ilva, accanto al percorso giudiziario, è stata, ed è tutt'ora oggetto, di attenzione di Governo e Parlamento. Lo scorso 4 giugno, infatti, il Governo Letta ha commissariato l'Ilva affidandone la responsabilità a Enrico Bondi - coadiuvato dal sub commissario Edo Ronchi -. Il Parlamento, invece, ha varato tre leggi specifiche sull'Ilva di cui l'ultima lo scorso 6 febbraio che prevede tra l'altro l'aumento di capitale da parte del commissario Bondi. Sul piano giudiziario, infine, la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi delle aziende, nello scorso dicembre ha dissequestrato senza rinvio i beni e i conti del gruppo Riva disposti dal gip Todisco a maggio 2013. Si trattava di un sequestro preventivo da 8,1 miliardi di euro, l'equivalente, secondo il gip, della mancata spesa per investimenti e ammodernamenti del siderurgico di Taranto soprattutto sotto il profilo ambientale.

    Domenico Palmiotti
    6 marzo 2014
    www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-03-06/ilva-pm-taranto-chiedono-rinvio-giudizio-50-persone-e-tre-societa-133727.shtml?uuid...
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    00 24/05/2014 00:51
    Amianto Ilva, il tribunale di Taranto condanna 28 ex dirigenti


    Fabio Riva


    Luigi Capogrosso

    Il tribunale di Taranto ha condannato 28 ex dirigenti dell'Ilva per le morti causate dall' amianto e da altri agenti cancerogeni provenienti dallo stabilimento siderurgico. Le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica (alla quale subentrò poi il gruppo Riva): tra loro spicca il nome di Giambattista Spallanzani, condannato a 9 anni. I giudici hanno inflitto sei anni di reclusione all'ex presidente dell'Ilva Fabio Riva e all'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, coinvolti anche nell'inchiesta per disastro ambientale che approda, il 19 maggio prossimo, all'udienza preliminare. Dichiarato il non doversi procedere nei confronti di Emilio Riva, morto lo scorso mese, per il quale il pm aveva chiesto la condanna a 4 anni e mezzo di carcere. Sono 31 i casi di omicidio colposo trattati nel corso del processo.

    Galletti: su Taranto abbiamo le idee chiare

    Oltre al fronte giudiziario, c'è anche un aspetto industriale che riguarda l'Ilva e di cui si sta occupando il governo. "L'esecutivo ha le idee chiare e abbiamo già approvato il piano ambientale: faremo di tutto per portarlo a termine", ha annunciato il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, ricordando che il piano prevede che l'Ilva "sia un'azienda che salvi i posti di lavoro ma, allo stesso tempo, sia ambientalizzata al 100%".

    23 maggio 2014
    www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/puglia/2014/notizia/ilvacondannati28exdirigenti_20467...
    [Modificato da wheaton80 24/05/2014 00:52]
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    00 21/07/2014 16:25
    Contributi pubblici Ilva, sei anni a Fabio Riva per truffa allo Stato

    Fabio Riva, figlio dell'ex patron dell'Ilva Emilio morto qualche tempo fa, è stato condannato a sei anni e mezzo di carcere per truffa ai danni dello Stato. I giudici del tribunale di Milano, che ha emesso la sentenza, hanno disposto anche il versamento di una provvisionale di 15 milioni al ministero dello Sviluppo Economico. L'inchiesta riguarda la creazione di una società in Svizzera per aggirare la normativa sull'erogazione di contributi pubblici. I giudici hanno poi condannato a una sanzione di 1,5 milioni di euro Riva Fire Spa, mentre cinque anni di reclusione sono stati inflitti ad Alfredo Lomonaco, ex presidente della finanziaria elvetica Eufintrade, e tre anni ad Agostino Alberti, all'epoca dei fatti consigliere delegato di Ilva Sa. Per Fabio Riva, che in Riva Fire aveva la carica di vicepresidente, i giudici della terza sezione penale hanno inoltre disposto l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, come anche per Lomonaco, mentre per Alberti è di cinque anni. La condanna di Fabio Riva è di oltre un anno più alta rispetto alla richiesta del pm Stefano Civardi. Ilva Sa, secondo il filone di indagine aperto dalla Procura di Milano sul gruppo, sarebbe stata creata in Svizzera per aggirare la normativa, la "legge Ossola", sull'erogazione di contributi pubblici per le aziende che esportano all'estero. Il Tribunale ha inoltre ordinato la confisca per equivalente della presunta truffa fino a una concorrenza di circa 91 milioni di euro di beni mobili e immobili a tutti gli imputati. Oltre alla provvisionale da versare allo Sviluppo Economico, al quale spetterà un risarcimento da definire in sede civile, tra le varie pene accessorie, il Tribunale ha applicato a Riva Fire l'esclusione dalle agevolazioni, dai contributi e dai sussidi di Stato per un anno. In più ha disposto la revoca dei contributi relativi all'export già deliberati a Ilva da Simest, la società italiana per le imprese che investono all'estero e che è al 75% della cassa Depositi e Prestiti, e la restituzione da parte di Ilva di quelli già erogati.

    21 luglio 2014
    www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/2014/notizia/ilva-6-anni-emezzoafabioriva_20586...
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    00 19/06/2015 00:39
    Ilva, Fabio Riva condannato a sei anni e mezzo in Appello

    MILANO - La Corte d'Appello di Milano ha condannato a sei anni e mezzo di reclusione Fabio Riva, figlio del defunto patron dell'Ilva Emilio Riva, confermando la condanna in primo grado per una presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata al fine di ricevere erogazioni pubbliche per 100 milioni. La corte ha dunque accolto la tesi della procura generale, che aveva chiesto la conferma della sentenza del luglio scorso per Riva, altri due imputati e la società Riva Fire. "Siamo convinti dell'innocenza, andremo in Cassazione", ha detto dopo la sentenza l'avvocato Gian Paolo Del Sasso, legale di Riva. Anche Carlo Paliero, difensore della Riva Fire, società a cui è stata confermata la sanzione amministrativa da 1,5 milioni di euro, ha annunciato ricorso alla Suprema Corte. Secondo gli inquirenti, Fabio Riva avrebbe creato insieme ad altri una società vuota con sede in Svizzera per aggirare una normativa che prevede stanziamenti pubblici in presenza di determinate condizioni. All'inizio del mese Riva, oggi presente in aula, è stato estradato da Londra, dove era latitante dall'inizio dell'inchiesta. In primo grado, i giudici avevano anche disposto una confisca per l’equivalente di 90 milioni di euro, che la Corte d'Appello oggi ha confermato.

    Ilaria Polleschi
    18 giugno 2015
    it.reuters.com/article/topNews/idITKBN0OY1PN20150618
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    00 18/05/2016 02:08
    ILVA, l’Italia va a processo alla Corte di Strasburgo. “Non ha protetto la salute dei cittadini di Taranto”

    Nel giorno in cui inizia il processo ai vertici dell’ILVA per disastro ambientale, dall’Europa arriva una nuova stangata per il nostro Paese. Lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’ILVA. La Corte di Strasburgo ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro lo Stato italiano. A rivolgersi a Strasburgo sono stati, nel 2013 e nel 2015, 182 cittadini che vivono a Taranto e nei comuni vicini. Alcuni rappresentano i congiunti deceduti, altri i figli minori malati. A febbraio, la Corte aveva accettato la domanda di trattazione prioritaria del ricorso collettivo. Nel testo, i ricorrenti affermano che lo Stato ha violato il loro diritto alla vita, all’integrità psico-fisica e al rispetto della vita privata e familiare e che in Italia non possono beneficiare di alcun rimedio effettivo per vedersi riconoscere queste violazioni. Fonti della Corte, citate dall’agenzia Ansa, precisano che la decisione di comunicare i ricorsi al governo significa che le prove presentate dai ricorrenti contro l’operato dello Stato sono molto forti. Nel ricorso, i cittadini di Taranto sostengono che “lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo e dei rapporti Sentieri”.

    Le autorità nazionali e locali, secondo l’accusa, hanno omesso di predisporre un quadro normativo ed amministrativo idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’ILVA. I ricorrenti contestano inoltre al governo il fatto di aver autorizzato la continuazione delle attività del polo siderurgico attraverso i cosiddetti decreti salva ILVA. Intanto, al Palazzo di Giustizia di Taranto ha preso il via la prima udienza del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’ILVA. Alla sbarra ci sono 44 persone fisiche e tre società: tra gli imputati eccellenti, figurano i fratelli Fabio e Nicola Riva della proprietà ILVA (oggi in amministrazione straordinaria), l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, l’ex Presidente dell’ILVA Bruno Ferrante, l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’ILVA Girolamo Archinà, l’uomo che rubò il microfono a un cronista che chiedeva conto a Emilio Riva dei morti di cancro causati dall’ILVA e ne rideva al telefono insieme a Vendola. Si sono costituite in giudizio circa mille parti civili, tra le quali la Regione Puglia, rappresentata in aula dal governatore Michele Emiliano.

    F. Q.
    17 maggio 2016
    www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/17/ilva-corte-di-strasburgo-apre-procedimento-contro-litalia-non-ha-protetto-la-salute-dei-cittadini-di-taranto/...
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    00 13/06/2016 23:28
    ILVA, traffico illecito di rifiuti: a Taranto una nuova inchiesta travolge i manager dei Riva

    Nuova bufera giudiziaria sull’ILVA dell’epoca Riva. La procura di Taranto indaga su un presunto traffico illecito di rifiuti, in particolare la loppa, una scoria realizzata durante la produzione della ghisa in altoforno, poi utilizzata in edilizia. Indagati per traffico illecito di rifiuti due ex direttori dello stabilimento, Adolfo Buffo e Luigi Capogrosso, già imputati nel maxi processo “Ambiente Svenduto”. Una nuova inchiesta travolge il siderurgico mentre è in corso la vendita della società, che il governo vorrebbe concludere dopo la presentazione della seconda trimestrale. Secondo le indagini della polizia provinciale, nel 2012 l’ILVA avrebbe effettuato “plurime spedizioni transfrontaliere di rifiuti costituiti dalla loppa d’altoforno verso il Brasile, in assenza delle garanzie e delle formalità previste dalla normativa dello Stato ricevente”. L’inchiesta riguarda in particolare quattro spedizioni, la prima da quasi 50mila tonnellate del 21 giugno 2012, solo un mese prima del ciclone giudiziario di “Ambiente Svenduto” che portò all’arresto di otto, fra proprietari e dirigenti dell’industria e al sequestro dell’intera area a caldo dello stabilimento. Dall’indagine emerge che nonostante gli arresti e le pesanti contestazioni di disastro ambientale e avvelenamento di sostanze alimentari, l’ILVA non si fermò. A settembre, con gli impianti sotto sequestro e l’intera dirigenza inquisita, partirono alla volta del Brasile altre due spedizioni, una da 50mila tonnellate e una da ben 72mila. La quarta a novembre dello stesso anno, altre 50mila tonnellate. Invitato a rendere interrogatorio di garanzia dal Pubblico Ministero Lanfranco Marazia, Buffo, direttore ILVA fino a maggio 2013, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, difeso dagli avvocati Antonio Santoro e Carlo Sassi del foro di Milano.

    Nel processo “Ambiente Svenduto” è accusato di disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, violazioni del testo unico per l’ambiente e dell’omicidio colposo di due lavoratori: Claudio Marsella, il manovratore schiacciato da un treno all’interno dell’ILVA il 30 ottobre 2012 e Francesco Zaccaria, il gruista volato in mare il 28 novembre dello stesso anno, quando il siderurgico fu colpito da una tromba d’aria. Capogrosso è accusato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e avvelenamento di sostanze alimentari insieme con Emilio (scomparso ad aprile 2014), Nicola e Fabio Riva, il factotum Girolamo Archinà, l’avvocato Perli e alcuni dirigenti “ombra” (manager non assunti in ILVA che per conto dei Riva controllavano lo stabilimento). L’ex direttore risponde anche di concorso in corruzione per una presunta bustarella consegnata da Archinà al professor Liberti per annacquare una perizia sull’inquinamento dell’ILVA. In passato Capogrosso ha già pagato numerosi conti pesanti con la giustizia per la sua attività nel siderurgico, dalla condanna nel lontano 2001 (poi prescritta) per il clamoroso caso di mobbing della palazzina LAF, una struttura fatiscente all’interno dello stabilimento in cui vennero tenuti inattivi i lavoratori che contestavano le direttive industriali dei nuovi proprietari, i Riva, fino a quella a sei anni di reclusione nel maggio 2014 (pendente in Corte d’Appello) nel processo sull’amianto killer in ILVA, con l’accusa, insieme a Fabio Riva e altri direttori dell’era di gestione pubblica e privata dello stabilimento, di aver causato la morte di diversi operai venuti a contatto con la fibra cancerogena.

    Vittorio Ricapito
    13 giugno 2016
    bari.repubblica.it/cronaca/2016/06/13/news/ilva-141910185/
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    00 25/03/2018 01:40
    Consulta, incostituzionale decreto ILVA

    È incostituzionale il 'decreto ILVA' del 2015 che consentiva la prosecuzione dell'attività di impresa degli stabilimenti, in quanto di interesse strategico nazionale, nonostante il sequestro disposto dall'autorità giudiziaria per reati inerenti la sicurezza dei lavoratori. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 58 depositata oggi. La questione nasce dall'infortunio mortale di un lavoratore dell'ILVA esposto, senza adeguate protezioni, ad attività pericolose nell'area di un altoforno dello stabilimento di Taranto. L'altoforno era stato sequestrato dall'autorità giudiziaria ma, pochi giorni dopo, il legislatore aveva disposto la prosecuzione dell'attività di impresa, alla sola condizione che entro trenta giorni la parte privata colpita dal sequestro approntasse un piano di intervento contenente "misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio", non meglio definite. La Corte Costituzionale ha fatto applicazione degli stessi principi della sentenza n. 85 del 2013 in base ai quali il legislatore, pur in presenza di sequestri dell'autorità giudiziaria, può intervenire per consentire la prosecuzione dell'attività in stabilimenti di interesse strategico nazionale, ma a condizione che vengano tenute in adeguata considerazione, e tra loro bilanciate, sia le esigenze di tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità dei lavoratori, sia le esigenze dell'iniziativa economica e della continuità occupazionale. In quell'occasione, si legge in un comunicato della Consulta, "la Corte ritenne che tali principi fossero stati rispettati; in questo caso, invece, la Corte ha ritenuto che il legislatore abbia privilegiato unicamente le esigenze dell'iniziativa economica e sacrificato completamente la tutela addirittura della vita, oltre che dell'incolumità e della salute dei lavoratori". Pertanto, "stavolta i giudici costituzionali hanno dichiarato illegittima la norma oggetto del giudizio, oltretutto introdotta e tenuta in vita con un'anomala procedura legislativa: la norma era stata infatti introdotta con un decreto-legge subito dopo il sequestro dell'impianto, poi era stata abrogata apparentemente con la legge di conversione di un altro decreto legge ma, simultaneamente, era stata trasposta in un altro articolo della stessa legge di conversione, con una clausola che manteneva per il passato gli effetti già prodotti".

    23 marzo 2018
    www.ansa.it/puglia/notizie/2018/03/23/consulta-incostituzionale-decreto-ilva_90131e76-79c5-49b2-8b90-bf492335b...
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    00 27/09/2021 20:43
    Enrico Laghi, l'ex Commissario ILVA ai domiciliari per corruzione



    L'ex Commissario dell'ILVA in Amministrazione Straordinaria Enrico Laghi è stato arrestato e posto ai domiciliari con l'accusa di corruzione in atti giudiziari in un filone dell'inchiesta della Procura di Potenza. La squadra mobile della Questura di Potenza e la Guardia di Finanza, su indicazione del Tribunale di Potenza, hanno anche eseguito il sequestro preventivo di 270mila euro. La misura cautelare è un ulteriore sviluppo delle indagini svolte dalla Procura di Potenza nel procedimento penale che a giugno aveva portato agli arresti dell'avvocato Pietro Amara, dell'ex procuratore capo di Trani e Taranto Carlo Maria Capristo, di Nicola Nicoletti, Filippo Paradiso e Giacomo Ragno.

    La Procura di Potenza:''Corruzione per incarichi e vantaggi processuali''
    Scambi di favori, utilità e vantaggi processuali sono al centro dell'ulteriore sviluppo della Procura di Potenza sull'ex ILVA di Taranto e sulla Procura Jonica, durante la guida dell'ex procuratore capo Carlo Maria Capristo, che oggi ha portato all'arresto dell'ex commissario Ilva Enrico Laghi, accusato di concorso in corruzione in atti giudiziari e posto ai domiciliari. Secondo la Procura, una volta ottenuta la nomina a Procuratore di Taranto, Capristo (ora in pensione) ''si rendeva promotore di un approccio dell'ufficio certamente più aperto, dialogante e favorevole alle esigenze dell'ILVA in Amministrazione Straordinaria, e quindi della politica aziendale, giudiziaria ed economica praticata e voluta da Enrico Laghi''. Così il Procuratore Capo di Potenza, Francesco Curcio, nell'atto di accusa nei confronti dell'ex Commissario Straordinario Enrico Laghi (dal 2015 al 2018). “Così”, sostiene ancora la Procura, “per un verso, rafforzava il prestigio professionale e la capacità di Enrico Laghi di essere considerato negli ambienti governativi ed economici, manager capace di risolvere le situazioni più complesse; per altro verso, rafforzava nell'Amministrazione Straordinaria di ILVA, e in particolare, nel Laghi Enrico, il convincimento che Amara e Nicoletti, nelle loro vesti di legale il primo e consulente 'factotum' della Amministrazione Straordinaria il secondo, potessero più agevolmente di altri professionisti interloquire con la Procura di Taranto, consentendo al Nicoletti di consolidare il suo rapporto fiduciario con i commissari di ILVA in Amministrazione Straordinaria ed ampliare in futuro il loro ruolo all'interno di tale azienda''. ''Così il Capristo”, prosegue ancora, “a fronte della garanzia di una gestione dei numerosi procedimenti ed indagini in cui era coinvolta ILVA in Amministrazione Straordinaria (sia come persona giuridica che in persona dei suoi dirigenti) complessivamente favorevole a tale azienda ed ai suoi dirigenti, otteneva in cambio, da Laghi e Nicoletti, favori materiali quali lucrosi incarichi ad amici del Capristo, segnatamente all'avvocato Giacomo Ragno'', ritenuto ''sodale'' di Capristo.

    Da Alitalia a Air Italy: chi è Enrico Laghi
    Presidente del CDA di Studio Laghi; Consigliere di Amministrazione e Presidente del CDA di Edizione, Amministratore di MilanoSesto; liquidatore di LKTS e delle società del gruppo ex Ktesios; liquidatore di Air Italy. Sono numerosi gli impegni attuali e passati di Enrico Laghi, classe '69, che oggi è agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Potenza sull'ex ILVA. Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Roma Sapienza, Laghi è stato nel passato componente del CDA o del collegio sindacale di numerose società anche quotate presso la Borsa Italiana, tra le quali: Acea, Pirelli & C., Gruppo Editoriale L'Espresso, Beni Stabili, Unicredit, Banca Finnat, Nomura Sim, TIM, Finsiel, RAI Cinema, RAISat, RAINet, Cofiri F&L, Fendi, Fiorucci. Per la sua specializzazione nel regime dell'Amministrazione Straordinaria ha assunto una lunga serie di incarichi da Commissario Straordinario: in particolare all'ILVA e all'Alitalia. E' stato anche componente del Comitato di Sorveglianza di Tirrenia Società di Navigazione S.p.A. in Amministrazione Straordinaria ed è stato Commissario Giudiziale delle procedure di concordato preventivo n. 12/ 2013 e 13/2013 Seat Pagine Gialle e Seat Pagine Gialle Italia.

    27 settembre 2021
    www.today.it/cronaca/enrico-laghi.html
    [Modificato da wheaton80 27/09/2021 20:44]