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Nulli gli atti di Equitalia e Ag. Entrate: firmati da falsi dirigenti

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    wheaton80
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    00 22/06/2016 16:09
    Equitalia deve risarcire i danni da stress, ecco come ottenerli

    Sono molte le persone che tentano un ricorso per procedimenti illegittimi emessi da Equitalia, ma non sempre è facile ottenere un risarcimento. Spesso gli errori sono dovuti alla società di riscossione stessa che avvia procedure ed esige pagamenti, anche di crediti ormai prescritti da anni, come ha evidenziato, anche recentemente, l'associazione Deciba, che da alcuni mesi ha lanciato un dipartimento specializzato sulle pratiche Equitalia, riscontrando anomalie in moltissime cartelle esattoriali che frequentemente risultano in evidente disaccordo con le norme di legge.

    Pignoramenti ed ipoteche illegittime
    Pignoramenti, ipoteche illegittime e fermi d'auto illeciti da parte di Equitalia, pur causando incomodità, ansie o fastidi al contribuente, non danno diritto, secondo una recente sentenza emessa dalla Cassazione, ad ottenere un indennizzo. Però esistono un paio di casi nei quali, secondo il provvedimento appena emanato, sarebbe possibile ottenere un risarcimento.

    Danno grave subito per procedimento illecito
    Una delle possibilità per riuscire ad ottenere un risarcimento da parte della società pubblica, richiesto per un suo comportamento illegittimo, è quella di dimostrare di aver sofferto un danno grave. Bisognerà quindi sottoporre al giudice, insieme all'atto di ricorso, l'ammontare effettivo delle conseguenze subite, come per esempio dalla perdita di un posto di lavoro o di introiti derivanti dalla propria occupazione dovuti ad un fermo d'auto illegittimo; dalla mancata vendita di un immobile a causa di un'ipoteca, o ancora dal possibile pignoramento di un conto corrente che ha portato un'impresa al fallimento. In questi casi, i legali possono intervenire per chiedere un risarcimento.

    Responsabilità processuale aggravata
    Nel caso in cui Equitalia dovesse avviare nei confronti di un contribuente un'esecuzione forzata, come per esempio un pignoramento o un'ipoteca, senza effettuare i dovuti controlli e proseguendo comunque nell'azione anche quando gli sono stati segnalati degli errori, è possibile dimostrare al giudice la malafede o le prove di colpa grave da parte dell'ente pubblico. Prima di intraprendere un'azione legale di questo tipo, oltre a richiedere una mediazione è consigliato presentare un ricorso in autotutela all'Agente di riscossione, nel quale vengano specificate le motivazioni per cui l'atto sarebbe illegittimo e nel caso in cui Equitalia non dovesse tenerlo in considerazione, sarà soggetta alla sanzione processuale. Oppure è possibile rivolgersi ad associazioni come Deciba, che si occupano della verifica delle cartelle e delle eventuali contestazioni.

    Cartelle pazze: secondo Deciba l'85% delle cartelle contengono anomalie
    In un recente comunicato stampa, l'Associazione Deciba ha reso noto che il loro dipartimento specializzato sulle cartelle esattoriali, Dicie.it, ha analizzato 10.200 cartelle esattoriali, riscontrando anomalie in 8.700 di queste. Una percentuale pari all'85%, che ha spinto l'Associazione a chiedere che sia istituita una Commissione parlamentare d'inchiesta.

    Alessandro Raffa
    18 giugno 2016
    it.blastingnews.com/tasse/2016/06/equitalia-deve-risarcire-i-danni-da-stress-ecco-come-ottenerli-00972989.html?sbdht=_pM1QUzk3wsfRoodpbrjhUdM9_tGC9vLXdwXT8X6DB2tZi4wa...
    [Modificato da wheaton80 22/06/2016 16:10]
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    wheaton80
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    00 09/08/2016 23:19
    Agenzia delle Entrate, si cambia. Addio redditometro. Svolta Fisco-Canone RAI

    Agenzia delle Entrate sconfitta, addio al redditometro. Il sistema del Fisco per scovare gli evasori fiscali, il redditometro, potrebbe non essere più utilizzato dall'Agenzia delle Entrate a causa di una sentenza che ne vieta l'utilizzo in quanto il suo uso sarebbe illegittimo. Dopo le tante polemiche innescate alla notizia dell'applicazione del sistema per scovare anche la minore evasione fiscale e le recenti comunicazioni da parte dell'Agenzia delle Entrate in merito alla multa inerente al mancato pagamento del Canone RAI, ora l'agenzia di riscossione dovrà fare un passo indietro e tornare ai vecchi metodi.

    Tasse e Fisco nell'occhio del ciclone

    Secondo quanto dichiarato nella sentenza emessa dalla Commissione Tributaria di Catania, le modalità utilizzate per gli accertamenti fiscali attraverso il redditometro sarebbero non conformi a quello che prevede la normativa e violerebbe la privacy delle persone; nello specifico, la sentenza cita:"I decreti in materia sono stati emanati senza che la legge abbia mai attribuito al governo il potere di attuare tale materia". Il redditometro infatti, il quale attraverso un incrocio di dati sensibili di ogni singolo soggetto incrocia gli introiti con le spese e verifica la percentuale di eventuale evasione delle tasse, tratterebbe dati personali senza le giuste autorizzazioni e pertanto, secondo quanto stabilito dalla Commissione di Catania, gli accertamenti effettuati attraverso tale sistema sarebbero da ritenersi non validi e le eventuali contestazione fiscali da ritenersi nulle.

    Il redditometro KO
    Una vera e propria sconfitta dello Stato e dell'Agenzia delle Entrate che, in base a quanto deciso dai giudici tributari di Catania, potrebbero vedersi contestati gli accertamenti fiscali inviati e fare marcia indietro rispetto all'utilizzo del sistema scova-evasori. Il redditometro infatti ha le potenzialità per verificare ed incrociare una serie di dati sensibili e, qualora si verifichi un'eventuale incongruenza con criteri del 20% di anomalia, segnala il nominativo per effettuare un successivo controllo fiscale approfondito, al fine di contestare l'eventuale evasione fiscale e le successive sanzioni da pagare.

    8 agosto 2016
    www.affaritaliani.it/economia/agenzia-delle-entrate-si-cambia-addio-redditometro-svolta-fisco-canone-rai-435713.html?re...
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    wheaton80
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    00 09/08/2016 23:34
    Addio al redditometro

    I decreti ministeriali che disciplinano il redditometro, a partire dal 1992 e sino al 2012, "sono illegittimi e nulli ai sensi dell'art. 21 septies della l. n. 241/1990 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione, in quanto emanati del tutto al di fuori dei limiti individuati dalla normativa primaria e dei suoi presupposti e al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria". Con queste parole, la CTP di Catania, nella sentenza n. 473/13/16 (qui sotto allegata), ha letteralmente fatto a "pezzi" la disciplina del redditometro sotto numerosi profili, evidenziando la facoltà del giudice tributario di disapplicare i decreti che lo regolano con la consequenziale nullità degli atti impositivi basati sugli stessi. Accogliendo il ricorso di un contribuente, contro una serie di avvisi di accertamento IRPEF delle Entrate, la commissione ha spiegato come l'illegittimità vada ricercata innanzitutto nell'utilizzo di "categorie concettuali ed elaborazioni non previste dalla norma attributiva, la quale richiede l'identificazione di categorie di contribuenti". I decreti invece non individuano tali categorie ma altro, sottoponendo indirettamente, "considerata l'ampiezza dei controlli e il riferimento ai nuclei familiari, a controllo anche le spese riferibili a soggetti diversi dal contribuente e per il solo fatto di essere appartenenti al medesimo nucleo familiare".

    Ma non solo, si tratta di uno strumento discriminatorio, spiega la CTP, anche per la mancata previsione di una adeguata differenza territoriale tra cittadini che vivono in luoghi profondamente diversi in quanto a capacità di spesa (una cosa, ad esempio, è una metropoli, un'altra un piccolo centro). Lo strumento, infatti, ricolloca all'interno di ciascuna tipologia (suddivisa per cinque aree geografiche) figure di contribuenti del tutto differenti tra loro, non operando alcuna differenziazione tra cluster di contribuenti come disposto dall'art. 38 del DPR n. 600/1973 e dall'art. 53 della Costituzione. Per non parlare poi del sindacato su tipologie di spesa che attengono ad aspetti personali e delicati, privando così il soggetto "del diritto ad avere una vita privata, di potere gestire autonomamente il proprio denaro e le proprie risorse, ad essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all'invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell'utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata, quali quelli relativi alla spesa farmaceutica, al mantenimento e all'educazione impartita alla prole e alla propria vita sessuale".

    Si assiste, quindi, prosegue il giudice tributario, alla "soppressione definitiva di ogni riservatezza e dignità riguardante peraltro non solo il singolo contribuente ma in realtà tutti i componenti di quel nucleo familiare". Basta leggere le tabelle dei decreti, spiegano i giudici, per prendere atto che il Fisco può sapere di ciascuna famiglia "quante e quali calzature, pantaloni, biancheria intima ecc… utilizzano i suoi componenti; se questi preferiscono il vino, la birra o analcolici e di che tipo – o ancora – quanta acqua utilizzano". In tal modo, pertanto, ha concluso la CTP, accogliendo il ricorso e dichiarando nulli gli atti impugnati, l'Autorità Esecutiva "si autoattribuisce il potere di raccogliere e immagazzinare ogni singolo dettaglio, dal più insignificante al più sensibile della vita di ciascun componente di un nucleo familiare, conferendo all'Agenzia delle Entrate un potere che va manifestamente oltre quello della ispezione fiscale astrattamente consentito dall'art. 14, comma 3, della Costituzione – potere di cui non gode neppure l'autorità giudiziaria penale". I regolamenti infine violano il diritto alla difesa ex art. 24, il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e 38 DPR 600/1973, in quanto rendono "impossibile" fornire la prova di avere speso meno rispetto alle presunzioni utilizzate, ossia delle risultanze della media ISTAT.

    CTP Catania, sentenza n. 473/2016 (http://www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?id_notizia=22985)

    Marina Crisafi
    06/08/2016
    www.studiocataldi.it/articoli/22985-addio-al-redditometro.asp
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    wheaton80
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    00 16/09/2016 17:22
    Equitalia e comuni devono pagare le spese dei contribuenti per cartelle illegittime

    Non sempre un atto di Equitalia, quindi una cartella di pagamento per una multa, risulta essere legittima. Spesso però, anche se il contribuente ha la sensazione che sia dalla parte della ragione, soprattutto quando si ha la possibilità di pagare o le cifre richieste non sono molto alte, si sceglie la via più facile, quella del pagamento. Barcamenarsi con ricorsi, avvocati e giudici, nel 90% dei casi fa più paura della cartella stessa. La Cassazione però, con una recente sentenza del 1° settembre, ha sancito che le spese ed i risarcimenti saranno caricati in concorso al Concessionario e all’Ente che gli ha conferito mandato di incasso.

    Di cosa parla la sentenza

    Il caso a cui fa riferimento la sentenza riguarda Equitalia e Roma Capitale. I Giudici dell’Alta Corte di Cassazione hanno di fatto respinto il ricorso di Equitalia contro la condanna a collaborare con il Comune di Roma a risarcire un cittadino che si era opposto ad una multa per violazione del Codice della Strada. L’opposizione del contribuente è stata ritenuta fondata dai Giudici in quanto la notifica della cartella non aveva rispettato gli standard di legalità. In parole povere era venuta a mancare la regolarità della notifica. Equitalia non contestava la ragione del cittadino, ma la condanna inflittagli dai Giudici, cioè di pagare in solido con il Comune 700 euro di spese di giudizio, tra le quali 600 euro al cittadino ed anche il contributo unificato. La Cassazione di fatto ha sancito che il rapporto tra Ente e Concessionario alla Riscossione, in questo caso Comune di Roma ed Equitalia, è un rapporto interno a loro, cioè sono i due organismi ad organizzarsi come meglio credono. Nei confronti degli oppositori e quindi dei cittadini, la distinzione tra chi chiede il pagamento e chi deve incassarlo, non è importante, perché conta solo la causa dell’atto.

    Continuano i problemi con Equitalia
    Tempo fa il Premier Matteo Renzi aveva confermato la volontà dell’Esecutivo di eliminare Equitalia e forse non aveva tutti i torti. Le news quotidiane che riguardano l’Ente per la riscossione tanto odiato dagli italiani parlano costantemente di cartelle illegittime, atti erronei e richieste ai cittadini non legali. La storia delle firme degli atti, quelle apposte da dirigenti non autorizzati perché decaduti o illegittimi, è arcinota. Tanti sono i ricorsi che sono stati vinti dai cittadini e tanti altri aspettano l’esito che appare scontato. Ricorrere, soprattutto quanto si è dalla parte della ragione, è sempre una soluzione e, con la positività ottenuta da molti cittadini, sta diventando una moda. Secondo alcuni report del Fondo Monetario Internazionale, il 77% dei crediti vantati da Equitalia non sono incassabili. Una parte riguarda i cittadini che non possono pagare o che non vogliono pagare, ma una larga parte sono frutto di atti che il Concessionario ha sbagliato ad inviare. Vizi formali, errate notifiche o addirittura richieste illegittime sono all’ordine del giorno. Ecco che forse, riformare la riscossione, magari traslocandola da Equitalia all’Agenzia delle Entrate, che rispetto al Concessionario ha accesso ai dati finanziari dei contribuenti, sarà una soluzione che risolverà alcuni spinosi casi.

    5 settembre 2016
    it.blastingnews.com/tasse/2016/09/c-e-chi-non-aspetta-il-governo-maroni-chiude-equitalia-ma-chi-ne-trarra-beneficio-001118...
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    wheaton80
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    00 16/09/2016 17:24
    C’è chi non aspetta il Governo: Maroni chiude Equitalia, ma chi ne trarrà beneficio?

    Il 12 settembre scorso il Consiglio Regionale delle Lombardia ha licenziato Equitalia. Il Governatore Maroni è riuscito ad anticipare il disegno che tempo fa aveva preparato il Premier Renzi, quello di cambiare Concessionario per la Riscossione. Ma cosa cambierà per i cittadini della Lombardia? Una analisi dell’economista e docente universitario Antonio Maria Rinaldi è molto interessante per capire gli effetti di questa chiusura del Concessionario, anche in proiezione nazionale, quando Renzi manterrà la promessa.

    La Lombardia diventa la prima Regione ad eliminare il Concessionario

    Se non fosse per la collocazione politica di Maroni, esponente della Lega Nord, l’operazione potrebbe sembrare una specie di sperimentazione, un tentativo di verificare la fattibilità della stessa, per poi allargare il raggio di azione del provvedimento a tutto il territorio nazionale. In Lombardia, il Consiglio Regionale ha ratificato la chiusura di Equitalia, che quindi non invierà più le sue tanto temute cartelle ai cittadini della Regione. La notizia è stata rimarcata dal Governatore in persona sui social. Maroni ha dichiarato che la riscossione cambierà Concessionario dal 15 settembre, producendo risparmi per la Regione e per i contribuenti, con i quali poi si instaurerà un rapporto diverso da quello di oggi, più di rispetto e più trasparente, con un occhio alle singole situazioni.

    Ecco come sarà la riscossione a partire dal 15 settembre
    Niente più cartelle di Equitalia per i contribuenti non significa per forza di cose un miglioramento della situazione, anzi, non cambierà probabilmente niente. Ad affermarlo Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza Aziendale dell’Ateneo d’Annunzio di Pescara e Chieti. L’economista è molto chiaro sulla portata dell’operazione, che converrà alla Regione perché con un nuovo Concessionario riuscirà ad ottenere condizioni migliori rispetto ad Equitalia per quanto riguarda i costi del servizio. Per i cittadini infatti niente di diverso se si esclude il logo della cartella. Cambierà l’Ente che chiederà il pagamento, la figura del braccio armato del Fisco che fino ad oggi si chiamava Equitalia, ma gli obblighi per tasse, tributi e così via rimarrà a carico dei cittadini senza sconti.

    Quale potrebbe essere la soluzione?
    L’operazione può sembrare interessante dal punto di vista mediatico, può ottenere appeal nella speranza che qualcosa di meglio venga fuori per i contribuenti, ma finisce lì. Rinaldi spiega come nulla cambi per quanto riguarda le tasse in Italia, che poi è il motivo principale del lavoro fatto dal Concessionario in questi anni. Anzi, essendo l’Italia un Paese all’interno della Comunità Europea, non può nemmeno decidere autonomamente di ridurre la pressione fiscale sugli italiani. Tutto l’apparato fiscale italiano è appesantito dalle richieste di Bruxelles, che guardano alla quadratura dei conti dello Stato a prescindere dal prezzo caricato sulle spalle dei cittadini. Per l’economista quindi il problema è l’Europa, nonostante il Ministro Padoan abbia annunciato che in un triennio la pressione fiscale sugli italiani è scesa di un punto di percentuale. Non ci si spiega diversamente come per molti Paesi dell’Eurozona, che però non hanno l’euro, la pressione fiscale sui cittadini sia meno pesante che da noi, oppure non si spiega come nonostante il rapporto debito-PIL del Giappone sia più alto di quello nostrano, anche lì la pressione sui cittadini sia nettamente inferiore.

    14 settembre 2016
    it.blastingnews.com/tasse/2016/08/nuovo-ravvedimento-e-riammissione-decaduti-equitalia-ecco-tutti-i-termini-di-scadenza-001082...
    [Modificato da wheaton80 16/09/2016 17:24]
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    wheaton80
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    00 23/11/2016 01:31
    Cartelle Equitalia, è inutile rottamarle. Confermata la prescrizione in 5 anni

    Buone notizie per chi ha debiti con Equitalia. Non ci sarà nemmeno bisogno della rottamazione delle cartelle per evitare di pagare somme che, in molti casi, non sono dovute. La Corte di Cassazione – a Sezioni Unite – con sentenza n. 233397/16, ha chiarito il principio della prescrizione quinquennale dal momento della notifica. Come spiegato dal quotidiano Il Mattino, gli Ermellini hanno ribadito il principio di applicazione generale secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della cosiddetta “riconversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali o di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra-tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Tale sentenza – come spiegato dal sito de Il Mattino – potrebbe avere anche ripercussioni in ordine alla scelta del contribuente di aderire alla recente rottamazione delle cartelle esattoriali. Infatti, nel caso di prescrizione quinquennale, i contribuenti che non sceglieranno di accedere alla rottamazione non saranno tenuti a versare nemmeno gli importi agevolati. Al contrario, quelli che avranno aderito alla sanatoria Equitalia potrebbero non avere più la possibilità di far valere la prescrizione.

    A. Yari Siporso
    18 novembre 2016
    italiaora.retenews24.it/cartelle-equitalia-inutile-rottamarle-confermata-la-prescrizione...
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    00 14/12/2016 16:41
    Equitalia: addio cartella se non è chiara per il contribuente

    E' illegittima la cartella di pagamento emessa da Equitalia se non è chiara per il cittadino. È quanto ribadito dalla Cassazione, con la sentenza n. 24933/2016, depositata ieri e qui sotto allegata, rigettando il ricorso dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Milano, che aveva dato ragione a dei contribuenti in relazione ad una cartella esattoriale di oltre 46mila euro, emessa per interessi e compensi di riscossione. Nello specifico, il fisco, dopo aver revocato la sospensione del pagamento di un'imposta di successione, aveva iscritto a ruolo gli interessi dovuti sull'intero periodo della sospensione. I contribuenti impugnavano sostenendo omessa motivazione, posto che nella cartella non era indicato il tasso applicato per il calcolo delle somme dovute e i giudici di merito accoglievano il ricorso, ritenendo che gli stessi non fossero stati messi in condizione di verificare la correttezza dei conti eseguiti. Decisione confermata ora anche dai giudici della Cassazione, i quali ricordano innanzitutto che la cartella di pagamento, quando non è preceduta da un avviso di accertamento, "deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall'art. 3 della l. n. 241/1990 e recepiti per la materia tributaria, dall'articolo 7 della legge 212/2000 (ndr. Statuto del contribuente)". Nel caso di specie, la mancanza dell'indicazione del tasso e del metodo di calcolo degli interessi, impediva, dunque, agli interessati qualunque controllo sulla correttezza delle somme dovute. Da qui il rigetto del ricorso delle Entrate.

    Cassazione, sentenza n. 24933/2016: www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?id_notiz...

    Marina Crisafi
    07/12/2016
    www.studiocataldi.it/articoli/24286-equitalia-addio-cartella-se-non-e-chiara-per-il-contribu...
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    wheaton80
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    00 18/01/2017 21:02
    Cartella di Equitalia: la notifica per PEC non è valida

    Sono tutte nulle le cartelle di pagamento di Equitalia notificate tramite PEC: la posta elettronica certificata, infatti, non offre le garanzie tipiche della raccomandata tradizionale, in quanto non contiene l’originale della cartella, ma solo una copia informatica, priva peraltro di alcuna attestazione di conformità. È questa la rivoluzionaria sentenza da poco emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce [1], una sentenza che mina alla stabilità di tutto il nuovo sistema di notifiche appena introdotto per gli atti dell’Agente della Riscossione e che, dal prossimo 1° giugno, diventerà la regola per migliaia di contribuenti.

    La nullità della notifica via posta elettronica certificata
    Il giudice tributario pugliese offre una ricostruzione del tutto originale del sistema di notifica delle cartelle di pagamento a mezzo PEC, arrivando alla conclusione della loro completa nullità, checché ne dica la legge e il codice dell’amministrazione digitale. E ciò in quanto la posta elettronica certificata non offrirebbe le stesse garanzie della raccomandata tradizionale. Sicché, dette notifiche sarebbero non valide e il contribuente tenuto a non pagare. Vediamo gli aspetti di criticità della email certificata evidenziati dalla pronuncia in commento.

    La PEC non contiene l’originale della cartella

    Con la PEC viene trasmesso al contribuente non l’originale della cartella di pagamento, ma solo una copia informatica, peraltro priva di alcuna attestazione di conformità apposta da un pubblico ufficiale. Detta copia, quindi, non può assumere alcun valore giuridico perché non garantisce il fatto che il documento inoltrato sia identico, in tutto e per tutto, all’originale che, in questo caso, resta nelle mani di Equitalia. Invece, con la notifica a mezzo di raccomandata a.r., l’originale finisce sempre nelle mani del contribuente. Dunque, se nella fotocopia della cartella di pagamento allegata alla PEC non appare alcuna attestazione di conformità nei modi previsti dalla legge, si deve affermare che il ricorrente ha ricevuto solo una copia informale dell’originale della cartella di pagamento, al pari di una volgare fotocopia. Peraltro, è bene ricordare che – secondo la giurisprudenza consolidata – dirigenti, funzionari e dipendenti di Equitalia non sono pubblici ufficiali e, pertanto, non spetterebbe ad essi apporre l’autentica sulle copie delle cartelle di Equitalia.

    La PEC non contiene la ricevuta di avvenuta consegna al destinatario

    La seconda criticità della posta certificata – secondo la CTP – è che essa non garantirebbe la piena prova dell’effettiva consegna del documento al destinatario. Invece, con il sistema tradizionale della notifica cartacea, tale circostanza è garantita dal postino, dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore in quanto pubblici ufficiali e, come tali, capaci di dare “fede privilegiata” alla propria attestazione di consegna (sia essa la relata di notifica o il registro di consegne delle raccomandate a.r.). Nel caso della PEC, l’attestazione di spedizione e di immissione della mail nella casella del destinatario è fornita solo da un sistema informatico automatizzato, privo quindi di alcuna garanzia di certezza per il contribuente. Il gestore della posta certificata garantisce soltanto la disponibilità del documento nella casella di posta elettronica del destinatario, a prescindere da ogni possibile verifica della effettiva apertura e lettura del messaggio. Ebbene, la semplice disponibilità di un documento nella casella PEC non equivale all’avvenuta consegna del documento al destinatario, il quale potrebbe non leggerla per svariate ragioni non sempre dipendenti dalla propria volontà. Rispetto al sistema raccomandata, la PEC lascia incerto l’esito della sua ricezione oltre che la data di effettiva avvenuta conoscenza del messaggio, alterando il dies a quo per eventuali contestazioni successive.

    Corrispondenza dell’indirizzo del destinatario

    Qualora sulla cartella di pagamento non sia riportato l’indirizzo della sede legale della società o della residenza del contribuente, la spedizione via PEC non può essere eseguita proprio per la non corrispondenza dell’indirizzo di destinazione del destinatario con quello apposto sulla cartella di pagamento.

    Note
    [1] CTP Lecce sent. n. 611 del 7.07.2015.

    8 marzo 2016
    www.laleggepertutti.it/114122_cartella-di-equitalia-la-notifica-per-pec-non-...
    [Modificato da wheaton80 18/01/2017 21:03]
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    wheaton80
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    00 14/11/2017 17:38
    La Cassazione annulla i pignoramenti Equitalia

    Importantissima sentenza della Corte di Cassazione a favore dei contribuenti italiani. La Suprema Corte ha, infatti, stabilito che è nullo il pignoramento di crediti ex art. 72-bis attivato da Equitalia, se non viene indicato il dettaglio dei crediti. “Aspettavamo da tempo un intervento della Cassazione in tal senso”, tuona Carlo Claps, Presidente di AIDACON Consumatori. “Infatti la legge speciale che permette ad Equitalia, oggi Agenzia delle Entrate, di avvalersi di una particolare procedura di pignoramento di stipendi, pensioni e conti correnti, ordinando direttamente all’ente creditore di versare le somme a proprio favore, sulla base del credito vantato in relazione a cartelle esattoriali e avvisi di addebito, addirittura senza l’obbligo di adire l’Autorità giudiziaria, penalizza enormemente i contribuenti. Infatti l’atto di pignoramento di crediti verso terzi notificato dall’Agenzia Entrate spesso si limita ad intimare genericamente il pagamento di una somma complessiva per “tributi/entrate”, senza specificare a che titolo siano dovuti tali importi, perché non si precisa se si tratta di imposte, multe, contributi previdenziali e altre sanzioni amministrative”. Con la sentenza n. 26519 dello scorso 9 novembre, tutto ciò finirà: la mancata indicazione dettagliata dei crediti, della loro natura, degli importi, delle relative cartelle e delle date di notifica costituisce grave motivo di illegittimità del pignoramento, da contestare con opposizione agli atti esecutivi. Secondo la Suprema Corte, nell’esecuzione forzata esattoriale, gli unici atti che rendono edotto il debitore del contenuto del titolo esecutivo sono la cartella di pagamento ed eventualmente l’avviso di mora; pertanto è necessario almeno il riferimento a tali atti, i quali a loro volta indicano, specificandone la fonte e la natura, il credito per il quale si procede a riscossione. “In questo modo”, precisa ancora Carlo Claps (www.aidacon.it), “la Cassazione, di fatto ha dichiarato illegittimi tutti i pignoramenti di crediti verso terzi effettuati dall’Agenzia delle Entrate, con la conseguenza che moltissimi contribuenti “aggrediti” ingiustamente ora potranno opporsi per far valere i propri diritti. Pertanto, invitiamo tutti i consumatori vessati ad inviarci copie dei pignoramenti subiti da Equitalia (all’indirizzo info@aidacon.it) per attivare le procedure di verifica e di presentazione del ricorso".

    13 Novembre 2017
    www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/la_cassazione_annulla_pignoramenti_equitalia-3364...
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    wheaton80
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    00 21/01/2018 01:45
    Equitalia perde la causa ma non paga. Studio legale napoletano fa pignorare i mobili

    Contravvenzioni prescritte, uno studio legale napoletano vince le cause contro Equitalia (o Agenzia Entrate e Riscossione), ma anziché vedersi riconosciuto il diritto alle spettanze (stabilite dalla sentenza di un giudice di pace) è costretto a far pignorare le scrivanie e le sedie dell’ente riscossore. Sì, avete letto bene: scrivanie e sedie pignorate. Così come è scritto nel verbale dell’ufficiale giudiziario presentatosi nella sede romana dell’ente per esigere il credito per conto dello studio legale Lallo di Napoli. Letta così potrebbe sembrare una barzelletta, ma invece è la realtà dei fatti, contenuta in decine di verbali di pignoramento. E la cosa è ancora più emblematica se si considera che fino a qualche settimana fa, quando l’ufficiale giudiziario si presentava con un titolo esecutivo per richiedere a Equitalia quanto sancito in una sentenza di condanna, l’ente emetteva un assegno circolare per il pagamento. Ma dal 22 dicembre scorso le cose sono cambiate. Provocando non poco sconcerto.

    L’esposto contro le multe
    A questo punto è necessario spiegare tecnicamente come è la procedura. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di cause civili per la cancellazione di contravvenzioni al codice della strada prescritte contro Equitalia prima e contro Agenzia Entrate Riscossione dopo la riforma del governo Renzi. In caso di vittoria della causa, l’ente riscossore in primis deve cancellare la multa e di conseguenza la cartella che ha emesso e, se previsto dal giudice, anche provvedere al pagamento delle spese legali. E qui si mette in moto il meccanismo per richiedere le spettanze. Il primo obbligo è quello di notifica della sentenza di condanna e successivamente la richiesta bonaria del pagamento delle spese.

    I sigilli alle scrivanie
    Nella stragrande maggioranza dei casi chi ha titolo deve mettere in moto la procedura del pignoramento stante la mancata adesione a quanto disposto dal giudice. E dunque si fa ricorso all’utilizzo dell’ufficiale giudiziario che ha il compito di far pagare quanto dovuto. Fino a dicembre, quando l’ufficiale giudiziario si presentava negli uffici romani di Equitalia con il mandato, quest’ultimo provvedeva all’emissione di un assegno circolare che copriva quanto dovuto. La sorpresa è arrivata lo scorso 22 dicembre. Stessa trafila burocratica: l’ufficiale giudiziario si presenta negli uffici romani di Equitalia con un faldone di 14 titoli esecutivi: la media è di 500 euro ognuno, in tutto circa 7.000 euro. Ma stavolta nessun assegno circolare. Il dirigente del contenzioso di Equitalia ha fatto mettere a verbale «l’impossibilità al pagamento della somma indicata nel precetto e l’ufficiale giudiziario non ha potuto fare altro che procedere al pignoramento di «numero 13 scrivanie di legno chiaro con gamba in metallo, misura 1,60 per 0,80 circa, valore: 780 euro». Salvo poi aggiungere:«Si precisa che i beni sottoposti a pignoramento sono già stati oggetto di pignoramento in un’altra procedura esecutiva». Sì, è scritto proprio così. E se si scorrono i 14 verbali si leggerà la stessa identica formula. Cambia solo l’ammontare del credito dovuto allo studio legale.

    Antonio Scolamiero
    13 gennaio 2018
    corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/18_gennaio_13/equitalia-perde-causa-ma-non-paga-studio-legale-napoletano-fa-pignorare-mobili-6a2ac842-f83d-11e7-baf0-5480575fe4ca.shtml?refre...
    [Modificato da wheaton80 21/01/2018 01:48]
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    wheaton80
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    00 25/06/2019 21:03
    Como, l’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate arrestato per corruzione

    Tangenti ai dirigenti dell’Agenzia delle Entrate di Como in cambio di favori per alcune pratiche relative a tasse e ricorsi davanti alla commissione tributaria. È il quadro ricostruito dalla Guardia di Finanza di Como, che martedì mattina ha arrestato cinque persone: due commercialisti (padre e figlio), un imprenditore comasco, l’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate e un funzionario. Le accuse sono di corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio. L’operazione delle Fiamme Gialle è scattata all’alba di martedì. I militari del nucleo di polizia economico-finanziaria hanno arrestato i commercialisti Antonio e Stefano Pennestrì, l’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate di Como Roberto Leoni, che nel frattempo era stato trasferito con lo stesso incarico a Varese, e il funzionario Stefano La Verde. Ai domiciliari l’imprenditore tessile Andrea Butti, tra i titolari della Tintoria Butti, accusato, tramite i due professionisti, di aver pagato una tangente al capo team dell’ufficio legale perché accogliesse un ricorso presentato in un’udienza del 20 marzo scorso davanti alla Commissione Tributaria di Como. Per l’accusa, prima di essere trasferito a Varese, il Direttore dell’Agenzia di Como si sarebbe impegnato a chiudere la pratica con il pagamento di soli 25mila euro da parte dell’azienda tessile, accordo poi non accolto dal suo successore. In altre occasioni, i commercialisti avrebbero pagato per ottenere informazioni sui controlli dell’Agenzia delle Entrate. I due pubblici ufficiali si sarebbero anche impegnati per far ottenere indebite riduzioni del debito erariale dovuto a titolo di imposte, sanzioni ed interessi dai contribuenti di varie aziende e studi professionali. L’indagine sfociata negli arresti è partita dalla segnalazione di due funzionari dell’Agenzia delle Entrate.

    Anna Campaniello
    25 giugno 2019
    milano.corriere.it/19_giugno_25/como-ex-direttore-dell-agenzia-entrate-arrestato-corruzione-1a515146-9725-11e9-8e4d-b6b35f2a90...
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