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Storia e NWO

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    wheaton80
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    00 20/02/2019 15:09
    La CIA riscrive la storia di Bankitalia

    Ignari, marionette e complici si sono indignati nei giorni scorsi quando il governo ha espresso la volontà di intervenire sulle nomine di Bankitalia per poi fare marcia indietro, sgomento del suo stesso ardire e impaurito dalle maledizioni degli dei finanziari. Nessuno sembra ricordare o vuole ricordare che proprio la separazione tra Stato e Banca Centrale portò all’esplosione del debito pubblico e dunque anche a creare i presupposti perché gli italiani si convincessero ad aggrapparsi all’euro presentato come un salvagente. Adesso che stiamo annegando forse cominciamo ad avere sentore dell’inganno e del fatto che una moneta unica disfunzionale sul piano economico era invece un funzionale strumento di manipolazione politica e asservimento alle tesi neoliberiste. Tutto questo ci riporta a una vicenda di molti anni, fa quando probabilmente la quasi totalità dei lettori di questo blog non era nato o era in età da non interessarsi certo di tali questioni: all’incriminazione del governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e del suo vice Sarcinelli, accusati nel '79 di favoreggiamento e interesse privato in atti d’ufficio nel corso di un’inchiesta sul mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito. In realtà ciò che veniva contestato al governatore era qualcosa di molto nebuloso: il non aver trasmesso alla magistratura i risultati di un’ispezione al Credito Industriale Sardo, banca che finanziava il gruppo chimico SIR, oggetto di indagine da parte della stessa Procura.

    Oggi sarebbero bagatelle, visto che il “cieco” più illustre è stato proprio Mario Draghi, ma in ogni caso non si trattava certo di accuse che meritassero un fatto così clamoroso e inedito nella storia del Paese. La vicenda è complessa: Baffi, successore a sorpresa di Guido Carli, che avrebbe voluto per Bankitalia la nomina di un suo delfino, ovvero Ferdinando Ventriglia, implicato però nella lista dei grandi evasori di Sindona, fu il primo a rivendicare l’autonomia della Banca Centrale, la cui separazione dallo Stato avvenne tre anni dopo, sotto il regno di Ciampi. Tuttavia un rapporto della CIA declassificato da poco e diffuso da Wikileaks accende una luce completamente diversa su tutta questa vicenda e sul ruolo avuto da Baffi:

    wikileaks.org/plusd/cables/1978ROME21679_d.html

    Si pensava che la sua incriminazione, avvenuta per mano del giudice istruttore Antonio Alibrandi, di note simpatie missine, padre del terrorista nero Alessandro e del sostituto procuratore Luciano Infelisi, entrambi ritenuti vicini ai Caltagirone, allora follemente indebitati con l’Italcasse, fosse scaturita dalla DC, di cui i cementieri erano grandi amici e finanziatori. Il Ministro del Tesoro Stammati e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Evangelisti, entrambi andreottiani di ferro, avevano convocato per due volte Baffi e Sarcinelli, chiedendo di “sistemare” l’esposizione di Caltagirone nei confronti di Italcasse, ma i vertici di Bankitalia non avevano ceduto e, non paghi di avere sciolto il CDA di Italcasse, principale feudo DC nel settore bancario, avevano disposto l’ispezione presso il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e impedito il salvataggio degli istituti di Michele Sindona, il cui commissario liquidatore era Giorgio Ambrosoli.

    Insomma l’incriminazione di Baffi e Sarcinelli era la risposta di un potere politico ormai in via di degenerazione. Oggi invece il documento della CIA porta ad un’altra pista, pur senza escludere la complicità dei potenti e dei potentati appena citati, che volevano prendere parecchi piccioni con una fava sola. Il documento riporta infatti il resoconto di un colloquio tra Baffi e l’ambasciatore USA, in cui il governatore di Bankitalia si rivela quanto mai contrario all’entrata dell’Italia nel Sistema Monetario Europeo (lo SME, che è stato l’antenato dell’euro, sia pure con molti meno danni), a meno che non vi entrasse anche il Regno Unito (cosa che non avvenne se non 12 anni dopo) e non venissero previsti “sostanziosi trasferimenti” al nostro Paese. Il governatore si opponeva insomma alla visione tedesca di un “serpentone” tra le monete europee, rigidamente ancorato a tassi di cambio quasi fissi, mentre Baffi pensava che sarebbe stato utile entrare nel meccanismo solo se questo avesse previsto oscillazioni di almeno l’8 per cento: insomma la discussione è sempre quella, solo che con l’euro, all’oscillazione delle divise, si sono sostituiti i bilanci degli Stati. Ad ogni modo il colloquio avviene nel novembre del '78 e nel marzo successivo c’è l’incriminazione di Baffi su una base completamente aleatoria, tanto che sia il governatore che Sarcinelli furono prosciolti da ogni accusa, dunque nemmeno subirono un processo. Intanto però si erano dovuti dimettere e al loro posto era subentrato Ciampi, fautore sia dello SME ad ogni costo che della separazione tra la Banca d’Italia e il Tesoro.

    Insomma il documento della CIA apre prospettive del tutto diverse rispetto a quelle ormai “storiche” secondo cui fu proprio la politica e le sue manovre affaristiche a rendere opportuna la separazione tra la Banca d’Italia e il Tesoro, soprattutto alla luce di un secondo cablo venuto fuori dalla CIA che racconta di come vi fosse una sorta di rivolta di tecnici della finanza di fronte alla pretesa tedesca di entrare nel sistema monetario con cambi rigidissimi:“I tecnocrati, forti del bastione di Bankitalia, ribattono che la rigidità del tasso di cambio è la formula sicura per il disastro economico”. Insomma si aggiunge anche la pista di pressioni per entrare a tutti i costi nello SME, che in realtà prefigurava tutto ciò che è oggi dottrina consolidata dell’oligarchismo europeo: la creazione di un mercato finanziario unico, la dipendenza dei singoli Stati e dunque anche delle politiche sociali, da vincoli invalicabili determinati da quello stesso mercato, la creazione di un unione continentale non più basata su legami ideali e sociali, ma sulla finanza.

    In più vi si leggono i primi passi di una nascente egemonia tedesca, ante muro di Berlino, visto che da Bonn, la capitale tedesca di allora, si cercava attraverso la politica monetaria “comune” di sterilizzare la concorrenza di altri Paesi, costringendoli a limitare la propria competitività monetaria. Dunque in quella vecchia e terribile storia potrebbero esserci zampini fino ad ora insospettati oltre alle cause già note, vale a dire la determinazione di certi ambienti a sbaragliare le resistenze sulla via della finanziarizzazione europea, cosa non solo plausibile, ma anche probabile, visto che tra lo scopo, ossia il salvataggio di un grande daziere democristiano, e i mezzi, ovvero il clamoroso e inaudito arresto del banchiere centrale (tra l’altro notoriamente stimato dal PCI, in posizione giustamente perplessa verso questo tipo di costruzione europea), lascia pensare che dietro le quinte delle quinte vi sia stato molto di più.

    16 febbraio 2019
    ilsimplicissimus2.com/2019/02/16/laciariscrivelastoriadibankitalia/fbclid=IwAR00U8KvZQISMeE_2tri1wSvX5j7rwvCbQunP3wvwMUAMaCl7w...
    [Modificato da wheaton80 20/02/2019 15:10]
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    wheaton80
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    00 08/12/2021 12:37
    Il Watergate fu un complotto contro Richard Nixon



    Secondo l’avvocato Geoff Shepard (foto), documenti trovati negli Archivi Nazionali dimostrano che il Watergate non fu un complotto di Nixon per spiare il Partito Democratico, bensì un complotto dei democratici contro di lui. Nel libro The Nixon Conspiracy: Watergate and the Plot to Remove the President (La cospirazione Nixon: il Watergate e il complotto per destituire il presidente), uscito mercoledì scorso, Shepard afferma che per tutta la durata dello scandalo parlamentari e procuratori si riunirono in segreto per coordinarsi.



    Inoltre mette in dubbio diverse testimonianze contro il Presidente. Testimoni che, dice Shepard, sebbene condannati, non hanno fatto nemmeno un giorno di prigione. Geoff Shepard non è un avvocato qualsiasi. È stato il numero due del collegio di difesa del Presidente Nixon. Già nel 2015 menzionò i fatti citati oggi, ma all’epoca non era in possesso dei relativi documenti. Nel 2005 Vanity Fair rivelò l’identità di Gola Profonda, la fonte dei giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein: Mark Felt, vice del Direttore dell’FBI, J. Edgar Hoover. Se la versione di Shepard fosse verificata (noi non abbiamo consultato i documenti citati), getterebbe nuova luce sul ruolo dello Stato Profondo USA contro i Presidenti Richard Nixon e Donald Trump. Anche l’onestà di quest’ultimo è stata messa in dubbio da un ex Direttore dell’FBI, Robert Mueller.

    Traduzione: Rachele Marmetti
    30 novembre 2021
    www.voltairenet.org/article214875.html
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    00 28/01/2022 20:24
    Anche una mano britannica nell'omicidio di Rasputin

    Nella storia russa è difficile trovare una figura più controversa e misteriosa di Grigory Rasputin . I suoi ammiratori lo reputavano un santo, per i suoi avversari era l’ennesimo truffatore intrufolatosi nella corte reale. Sulla misteriosa morte dell’arcinoto “vecchio”, un articolo di Ria Novosti che ripubblichiamo in una traduzione non letterale (il russo è semplice e complesso allo stesso tempo), che disegna una spy story d’altri tempi, di certo interesse anche per capire dinamiche attuali:

    ria.ru/20211230/startsa-1766053301.html

    Delitto senza castigo
    La notte del 30 dicembre (il 17 secondo il vecchio giuliano allora in uso in Russia) del 1916, gli spari riecheggiarono sull’argine della Moika. Il poliziotto Stepan Vlasyuk, che era in servizio in quella zona, si precipitò nel palazzo dei principi Yusupov perché, a quanto pareva, gli spari provenivano da là. Sulla porta d’ingresso incontrò il maggiordomo, il quale gli disse con calma che i signori, per sbaglio, avevano sparato al cane, questa la banale causa delle detonazioni. Dopo aver esaminato attentamente il cortile, il poliziotto si dispose ad andar via. Ma il cameriere lo invitò a entrare. Il poliziotto fu così ricevuto dal proprietario del palazzo, Felix Yusupov, e da uno sconosciuto in uniforme militare che si presentò come Purishkevich, membro della Duma di Stato, il quale chiese all’ospite se fosse russo, se credeva in Dio e se onorava lo zar, aggiungendo:“Grigory Rasputin è appena stato ucciso in questo luogo e se Vlasyuk ama la sua patria, dovrebbe tenere il segreto”. Il poliziotto, sorpreso, si guardò intorno e pensò:“I signori devono aver bevuto troppo”. Non trovando nulla di sospetto, tornò a ispezionare la casa. Prese nota di quello che era successo sul verbale e rimase sul posto fino al mattino. Le parole di Purishkevich, tuttavia, non erano delirio da ubriaco.

    Santo o demone
    Tre giorni dopo, nella Neva ghiacciata, non lontano dal Palazzo Yusupov, fu ripescato il cadavere di un uomo. Legato mani e piedi, con la faccia sfigurata, il defunto si rivelò davvero Grigory Rasputin. Da qui iniziò un’indagine e la polizia identificò quasi immediatamente i colpevoli. Tra questi, oltre ai già citati Principe Yusupov e Purishkevich, c’erano il medico militare Stanislav Lazovert, il Tenente dell’Esercito Sergei Sukhotin e il Granduca Dmitry Pavlovich Romanov. I cospiratori non avevano nemmeno pensato di nascondersi, dichiarandosi con orgoglio “salvatori della Russia”. Essi ricevettero il plauso di tutta la società laica della capitale. Nei salotti di San Pietroburgo a quei tempi si parlava solo della “impresa del granduca” […]. Di conseguenza, il processo agli assassini non ebbe luogo. Furono semplicemente espulsi in fretta e furia dalla capitale. E, poco dopo, Nicola II ordinò personalmente di interrompere il procedimento penale. Dopotutto, nell’omicidio erano coinvolti membri della famiglia reale: Yusupov era il marito della nipote dell’imperatore e il Principe Dmitry Pavlovich [del quale scriveremo di seguito ndr.] era il cugino del monarca. Perché la congiura aristocratica rimase impunita? Per la scandalosa reputazione di Rasputin, il contadino della provincia di Tobolsk che, dopo aver a lungo vissuto come un pellegrino presso vari luoghi santi, era giunto a San Pietroburgo nel 1905. Qui iniziarono a invitarlo a eventi sociali finché, a uno di questi ricevimenti, fu presentato alla famiglia reale. In questa occasione si manifestarono le abilità insolite del ”vecchio” siberiano. Si scoprì, infatti, che egli poteva alleviare le sofferenze del giovane erede al trono, affetto da emofilia sin dalla nascita. “Prima della prima Guerra Mondiale, si può parlare di un’influenza di Rasputin più in senso psicologico che altro. Lo Zar credeva che fosse l’unica garanzia che l’erede sarebbe rimasto in vita”, spiega Alexander Puchenkov, dottore in scienze storiche e professore dell’Università Statale di San Pietroburgo. Tutto cambiò con lo scoppio della guerra. Nell’agosto 1915, l’Esercito Russo subì catastrofiche sconfitte. L’Imperatore assunse personalmente l’Alto Comando dell’Esercito e partì per Mogilev. In sua assenza, fu l’Imperatrice ad assumere la funzione di Primo Ministro, ma naturalmente non aveva alcuna esperienza di governo. Fu in quel momento che la malattia dell’erede si aggravò e l’influenza di Rasputin iniziò a crescere. “La società credeva che il Paese stesse precipitando verso il disastro. E che i responsabili di tutto ciò fossero l’Imperatrice e Rasputin, che consigliava un re dalla volontà debole”, osserva lo storico. Fu nella più alta aristocrazia che sorse un piano per eliminare il “vecchio”. La nobiltà, infatti, vedeva nel “padre Gregorio” venuto dal nulla la causa di tutti i guai della patria.

    L’invito all’esecuzione
    La versione ufficiale degli eventi della notte di dicembre è stata delineata nelle sue memorie da Felix Yusupov. Egli dichiarò di aver invitato personalmente Rasputin nel suo palazzo, promettendogli di presentarlo alla bella moglie. Mentre gli altri cospiratori, al piano di sopra, simulavano una chiassosa festa, Yusupov accompagnava Grigory nel seminterrato, dove invitava l’ospite ad assaggiare l’eccellente Madeira e i pasticcini, che Il dottor Lazavert aveva avvelenato con cianuro di potassio. Rasputin in un primo momento rifiutò, dicendo:“Non ne mangerò, sono dolci”, ma in seguito mangiò alcuni pasticcini. Il veleno però non ebbe effetto. In preda al panico, Yusupov corse di sopra, afferrò un revolver e tornò di sotto. Un colpo alla schiena e il “vecchio” senza vita giacque sul pavimento. Ma pochi minuti dopo accadde qualcosa che i cospiratori non si aspettavano affatto. "Rasputin", continua il racconto di Yusupov, "si alzò in piedi di scatto. Dalla bocca gli usciva della schiuma. Urlando con una voce cattiva e agitando le mani si precipitò verso di me. Le sue dita affondarono nelle mie spalle nel tentativo di raggiungere la gola. I suoi occhi erano schizzati fuori delle orbite. Poi dalla sua bocca iniziò a uscire sangue”… In questo stato, Rasputin sarebbe uscito dal palazzo per darsi alla fuga. Ma, una volta in strada, Purishkevich lo finì con due colpi alla schiena. Successivamente, apparve l’agente di polizia Vlasyuk. La versione di Yusupov, tuttavia, pone interrogativi. Molte testimonianze concordano sul fatto che il “vecchio” seguisse una dieta rigorosa. In particolare, non mangiava dolci, perché mangiarne, secondo la voce popolare, avrebbe recato nocumento alle sue capacità miracolose. Inoltre, secondo la testimonianza degli assassini, la vittima avrebbe ricevuto tre proiettili: uno di Yusupov e due di Purishkevich. Ed entrambi avrebbero sparato alle spalle. Ma nelle fotografie del cadavere, dove le ferite da arma da fuoco sono chiaramente visibili, una è proprio al centro della fronte. L’esperto forense Dmitry Kosorotov, che ha eseguito l’autopsia, nelle sue memorie ha ricordato dettagli interessanti. “Il primo proiettile ha colpito il lato sinistro del torace e ha attraversato lo stomaco e il fegato. Il secondo è penetrato da dietro, nel lato destro della schiena, e ha colpito il rene. Il terzo ha perforato la fronte ed è penetrato nel cervello. I tre colpi sono partiti da armi di calibro diverso”. Quindi, c’era anche un terzo tiratore.

    L’impronta britannica
    Per molto tempo, gli storici hanno creduto che il terzo assassino fosse il Principe Dmitry Pavlovich. Ma un ufficiale del reggimento di cavalleria [si fa riferimento al sunnominato Sukhotin], che aveva dato prova di eroismo nel corso delle operazioni militari condotte nella Prussia orientale del 1914, era molto più preciso nel tiro di Purishkevich, che non aveva mai prestato servizio nell’esercito. Di conseguenza [a colpire Rasputin altrove fu Sukhotin, mentre] il cugino del sovrano sparò il colpo mortale alla testa. Ma 90 anni dopo la morte di Rasputin, gli specialisti britannici, il detective di Scotland Yard, ormai in pensione, Richard Cullen e lo storico Andrew Cook, hanno svolto una loro indagine giungendo alla conclusione che nell’omicidio del “vecchio” fosse coinvolto “l’inglese Oswald Reiner”, un agente del Secret Intelligence Service, il precursore dell’MI6… “Il primo argomento a favore di questa tesi è la lunga amicizia che legava Reiner a Yusupov. I due, infatti, si conoscevano fin dai tempi in cui il principe frequentava l’Università di Oxford. In secondo luogo, l’analisi dell’unico proiettile recuperato ha dimostrato che è stato sparato da un revolver dell’esercito inglese”, scrivono Cullen e Cook… Il motivo di tale operazione, secondo gli investigatori britannici, era essenzialmente questo:“La Gran Bretagna temeva che Rasputin, usando la sua influenza su Nicola II e la moglie, persuadesse il sovrano a concludere una pace separata con la Germania”. Reiner, però, non ha mai fatto cenno a tale cospirazione. Lasciò la Russia nel 1920 e prima di morire bruciò tutti i documenti in suo possesso, portandosi nella tomba il segreto della morte di Rasputin. Uno degli omicidi più noti del XX secolo resta ancora un mistero.

    31 dicembre 2021
    piccolenote.ilgiornale.it/54033/anche-una-mano-britannica-nellomicidio-di-...
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    00 14/03/2022 13:30
    Franco Fracassi - Hitler 1945. La fuga, i segreti, le bugie

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    00 29/03/2023 17:19
    Documenti segreti canadesi: quando gli USA innescarono la guerra in Bosnia

    La scorsa settimana ricorreva l’anniversario dell’intervento NATO nell’ex Jugoslavia (24 marzo 1999), che si può considerare il primo passo di quella guerra mondiale fatta a pezzi denunciata da tempo da papa Francesco, che ora ha il suo focus in Ucraina. Tante le motivazioni di quell’intervento, ad esempio quella di rilanciare l’immagine della Presidenza Clinton, appannata dallo scandalo Lewinsky. Ma il proposito di dar vita a un intervento NATO nell’ex Jugoslavia partiva da lontano, come anche l’idea di colpire la Serbia. Ultimo residuo dell’ex impero sovietico conficcato nel cuore dell’Occidente, la Serbia era per la NATO una sfida che doveva essere affrontata. Il redde rationem contro Belgrado ha i suoi prodromi nella guerra bosniaca, nella quale, tra il 1992 e il 1995, si confrontarono gli eserciti croati, serbi e bosniaci e che si concluse con l’accordo di Dayton. Una guerra che, secondo la narrativa ufficiale, era riconducibile all’intenzione di Belgrado di dar vita a una “Grande Serbia”, annettendo parte della Bosnia (la stessa motivazione avrebbe innescato nel ’99 l’intervento NATO, asserendo che la Serbia voleva annettere il Kosovo). Kit Klaremberg e Tom Seker hanno avuto accesso ai documenti segreti delle forze di pace canadesi presenti in Bosnia nei primi anni ’90, le UNPROFOR, rivelando la faccia nascosta di quel conflitto.

    Quando gli USA sabotarono la pace
    “È un fatto poco noto”, scrivono i due cronisti su The Gray Zone, “ma alquanto riconosciuto che gli Stati Uniti hanno gettato le basi per la guerra in Bosnia, sabotando l’accordo di pace negoziato dalla Comunità Europea all’inizio del 1992 [Accordo di Lisbona, artefici Lord Carrington e José Cutileiro ndr]”. “In base all’accordo, la Bosnia sarebbe diventata una confederazione composta da tre regioni autonome divise lungo linee etniche”. Non era perfetto, scrivono i cronisti, ma le parti avrebbero ottenuto quanto poi più o meno stabilito a Dayton e avrebbero evitato la guerra. “Ma, il 28 marzo 1992, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Jugoslavia Warren Zimmerman incontrò il Presidente bosniaco musulmano Alija Izetbegovic per offrire al suo Paese il riconoscimento di Washington come Stato indipendente. E per promettere un supporto incondizionato nell’inevitabile guerra successiva, se avesse respinto la proposta della Comunità Europea. Alcune ore dopo, Izetbegovic si avviò verso un sentiero di guerra” (Doug Bandow, sul National Interest, aveva già denunciato tale nefasta ingerenza, riportando anche le accuse in tal senso dello stesso Cutileiro). Tanti analisti spiegano l’ingerenza USA come un modo per contrastare un piano di pace che avrebbe reso più forte l’Europa grazie al ruolo di mediazione. Ma “i cablogrammi UNPROFOR rivelano che c’era al lavoro un’agenda molto più oscura. Washington voleva che la Jugoslavia fosse ridotta in macerie e progettava di mettere in ginocchio i serbi prolungando la guerra il più a lungo possibile“. Secondo la versione ufficiale, a far saltare l’Accordo di Lisbona furono i serbi, ma “i documenti dell’UNPROFOR chiariscono più volte che non è andata così”, dal momento che l’ostacolo “insormontabile” per gli accordi di pace furono le richieste degli “islamici” (così venivano identificati nei cablo i bosniaci guidati da Izetbegovic). Altri passaggi dei documenti, poi, rivelano come “le interferenze esterne nel processo di pace non hanno aiutato la situazione” e “nessun accordo di pace” può essere raggiunto “se le parti esterne continuano a incoraggiare gli islamici a essere esigenti e inflessibili”. I cronisti chiariscono che tali interferenze venivano da Washington. “Incoraggiare Izetbegovic a resistere a ulteriori concessioni” e “il chiaro desiderio degli Stati Uniti di revocare l’embargo sulle armi nei confronti dei musulmani [bosniaci ndr] e di bombardare i serbi costituiscono dei seri ostacoli per la fine dei combattimenti”, registrano le forze di pace canadesi il 7 settembre 1993. Il giorno successivo, le forze canadesi riferiscono che “i serbi sono stati i più conformi al cessate il fuoco”. Mentre Izetbegovic fondava la sua posizione negoziale [irriducibile ndr] sulla “‘immagine largamente diffusa dei serbi bosniaci come cattivi”. Consolidare tale falsità ha avuto come esito quello di innescare “gli attacchi aerei della NATO sui territori serbi“. Così su un cablogramma della UNPROFOR:“Non ci saranno colloqui seri a Ginevra finché Izetbegovic crederà che i serbi subiranno attacchi aerei [NATO ndr]. I raid aerei rafforzeranno notevolmente la sua posizione e probabilmente lo renderanno meno collaborativo nei negoziati”.

    La Jihad della NATO
    Allo stesso tempo, anche i combattenti islamici venuti da tutto il mondo a supporto dei bosniaci “non stavano dando una possibilità ai colloqui di pace”, portando attacchi a tutto campo e “aiutando Izetbegovic nel raggiungere il suo obiettivo”, annotano i cronisti di The Gray Zone; infatti, per tutto il ’93, le milizie islamiche condussero “innumerevoli incursioni in territorio serbo in tutta la Bosnia, in violazione del cessate il fuoco”. I cablogrammi dell’UNPROFOR illustrano ampiamente tali azioni, e come gli attacchi serbi, denunciati come attacchi proditori e in violazione al cessate il fuoco, fossero, in realtà, “azioni difensive o in risposta alle provocazioni” delle milizie islamiche. Queste ultime sono confluite in Bosnia dalla seconda metà del 1992 dando vita a una “jihad” contro croati e serbi. “Molti di questi, si legge ancora su The Gray Zone, avevano acquisito esperienza nel teatro di guerra afghano”, altri venivano reclutati altrove. A dar corpo alla legione straniera islamica inizialmente furono turchi e iraniani, sostenuti da finanziamenti sauditi, per poi essere gestiti direttamente dall’America, che ne scaricò a migliaia in Bosnia con i suoi Hercules C-130. “Le stime sul numero dei mujaheddin bosniaci variano notevolmente, ma il loro contributo fondamentale alla guerra è chiaro. Il negoziatore statunitense per i Balcani Richard Holbrooke nel 2001 dichiarò che i bosniaci ‘non sarebbero sopravvissuti’ senza il loro aiuto, e definì il loro ruolo nel conflitto un ‘patto con il diavolo‘ da cui Sarajevo doveva ancora riprendersi”. Tali miliziani erano usi a creare false flag per incolpare i serbi di atrocità o di aver violato il cessate il fuoco. Così su un cablogramma dell’UNPROFOR:“Le milizie islamiche non disdegnano di sparare contro la loro stessa gente o contro obiettivi delle Nazioni Unite per poi dare la colpa ai serbi in modo da suscitare ulteriore simpatia [alla loro causa] nell’opinione pubblica occidentale. Spesso posizionavano la loro artiglieria in prossimità di edifici delle Nazioni Unite e di altre aree sensibili, ad esempio gli ospedali, nella speranza che i serbi, rispondendo al fuoco, colpissero tali siti sotto gli occhi dei media internazionali”. In un altro cablogramma si ipotizzava che tali milizie potessero colpire l’aeroporto di Sarajevo, dove atterravano gli aiuti umanitari, ben sapendo che i serbi sarebbero stati indicati come “ovvi” responsabili dell’attacco. Così un altro cablo:“Sappiamo che in passato i musulmani hanno sparato sui loro stessi civili e sull’aeroporto per attirare l’attenzione dei media”. E in un successivo:“Le forze islamiche al di fuori di Sarajevo, in passato, hanno piazzato esplosivi ad alto potenziale presso le loro stesse posizioni per poi farli esplodere sotto gli occhi dei media e accusare i serbi di averli bombardati”. Nell’articolo si citano altri esempi, ma noi ci fermiamo qui. Documentazione istruttiva, sia per quanto riguarda le guerre del passato, la guerra bosniaca e il successivo intervento NATO contro Belgrado, sia per quanto riguarda le attuali.

    Fonti

    - thegrayzone.com/2022/12/30/declassified-intelligence-files-bosn...
    - declassified.library.utoronto.ca/exhibits/show/unprofor-intelligence-reports/unprofor-intelligence...

    28 marzo 2023
    piccolenote.ilgiornale.it/mondo/documenti-segreti-canadesi-quando-gli-usa-innescarono-la-guerra-i...
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    00 11/04/2023 13:51
    Aleister Crowley, stregone e 007

    Alcuni lo hanno chiamato l’uomo più malvagio del mondo. Altri lo hanno plaudito come l’occultista più pericoloso di tutti i tempi. Altri ancora lo hanno bollato come una persona non grata, per via delle attività presumibilmente illecite condotte nelle sue dimore, procedendo ad espellerlo. Per i connazionali, un pò per patriottismo e un pò per il fascino del male, non è stato né malvagio né pericoloso: è stato uno dei Cento britannici più grandi di ogni tempo:

    www.theguardian.com/media/2002/aug/22/britishidentityandsociety.te...

    Il suo nome era Aleister Crowley, padre fondatore dell’occultismo contemporaneo e ispiratore di Anton LaVey e L. Ron Hubbard, e il lato più intrigante della sua esistenza è sconosciuto al grande pubblico: è stato uno dei più importanti 007 al servizio di Sua Maestà.

    Agente segreto 666
    Aleister Crowley è universalmente noto per essere stato il fondatore di Thélema e per aver scritto la pietra miliare dell’occultismo contemporaneo, Il Libro della Legge. Le biografie che lo riguardano raccontano quasi esclusivamente di rituali orgiastici, invocazioni demoniache e messe nere, contribuendo a perpetuare la fama di adoratore del maligno e di maestro del sesso magico. Ma dietro la storia dello stregone c’è (molto) di più. Il vero lato oscuro di Crowley aveva poco a che fare con la magia e molto con la politica e lo spionaggio. Un lato che lo storico Richard B. Spence ha raccontato nell’immeritatamente semisconosciuto "Secret Agent 666: Aleister Crowley, British Intelligence and the Occult", scritto attingendo agli archivi storici di quattro paesi, Francia, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, e che copre un’epoca lunga un quarantennio. Letterato, carismatico e anticonvenzionale, ma anche genuinamente interessato all’esoterismo, Crowley era l’uomo di cui avevano bisogno i Servizi Segreti della Corona per infiltrare il reame dell’occultismo britannico, fiorente e impermeabile, allo scopo di capire se potesse rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale. La missione affidatagli dai servizi segreti, completata trionfalmente, gli avrebbe spianato la strada alla gloria eterna e lo avrebbe condotto ai quattro angoli del mondo.

    Da Londra a Città del Messico
    Uno dei primi incarichi ricevuti dai servizi segreti avrebbe riguardato l’infiltrazione della più influente setta dell’età vittoriana, l’Ordine dell’Alba Dorata, della quale Londra voleva conoscere i membri, decifrare le intenzioni e monitorare il fondatore, Samuel Liddell MacGregor Mathers, sul quale circolavano voci di simpatie carliste. Crowley avrebbe scoperto che Sua Maestà aveva effettivamente ragione di temere Mathers. Perché Alba Dorata, una sorta di P2, era popolata di indipendentisti irlandesi e di nobili britannici di simpatie carliste, incluso Mathers, dotati di armi e denaro a sufficienza per destabilizzare l’Irlanda e la Spagna, sul cui trono avrebbero voluto instaurare un discendente di Don Carlos in cambio di ritorno politico ed economico. La sicurezza nazionale era appesa ad un filo chiamato Crowley. Seminando discordia, tra i membri e contro Mathers, e passando ai superiori i documenti sui piani dell’Alba Dorata, dai registri anagrafici alle comunicazioni sensibili, l’agente 666 avrebbe portato il tramonto sulle ambizioni politiche della setta, causandone successivamente l’implosione. In concomitanza con la raccolta di dati sugli esoteristi d’Inghilterra e con la piantatura di zizzania all’interno dei loro circoli, non soltanto di Alba Dorata, Crowley avrebbe trascorso buona parte degli ultimi sgoccioli dell’epoca vittoriana a viaggiare. Tante mete, una più esotica e remota dell’altra, come Cina, Giappone, India e Messico. Tante mete, troppe, per uno stregone senza entrate fisse e periodicamente in bancarotta. Il segreto di Crowley non era l’autofinanziamento, ma il suo essere un agente sotto copertura di Sua Maestà. Nessun viaggio all’estero era mai organizzato per soddisfare l’appetito di sapienza antica di Crowley. Tutti i viaggi avevano un comune denominatore: la raccolta di Intelligence. In Messico per porgere l’orecchio alle voci sulla scoperta di giacimenti petroliferi aperti agli investitori stranieri. In Cina per controllare la tratta dell’oppio. In Russia per informarsi sulle prospettive di una rivoluzione antizarista di stampo rosso.

    Crowley durante la Grande Guerra
    Bisognoso di ispirazione per la scrittura di nuovi libri e per la realizzazione di dipinti, allo scoppio della Grande Guerra, Crowley si sarebbe trasferito negli Stati Uniti. La lontananza da casa, diceva, era la musa ispiratrice della sua creatività. Quel che non disse mai, invece, è che il trasferimento momentaneo negli Stati Uniti gli fu ordinato dall’Intelligence britannica. Più che a scrivere e dipingere, scopi ufficiali del suo soggiorno a stelle e strisce, Crowley avrebbe curiosamente passato il tempo a militare nei comitati antiguerra e a frequentare i circoli filoirlandesi e filotedeschi. Tra i più importanti successi ottenuti dal Donnie Brasco dell’occulto in questo periodo figurano l’infiltrazione della diaspora irlandese di New York, funzionale a un’indagine su un presunto complotto tedesco-irlandese, e l’entrata nella redazione di The Fatherland, una popolare rivista filotedesca con sede nella Grande Mela, sfruttata per informare Londra (e Washington) dei suoi legami con Berlino e per scrivere articoli propagandistici che radicalizzassero l’opinione pubblica americana in senso antitedesco e bizzarramente entusiastici della guerra sottomarina. Più che l’entrata in Fatherland e il relativo screditamento della causa tedesca presso gli americani, ad ogni modo, il più grande risultato ottenuto da Crowley sarebbe stato l’affondamento della Lusitania. Entrato in contatto coi servizi segreti tedeschi, via Fatherland, Crowley avrebbe passato loro della falsa Intelligence sulle tendenze di opinione negli Stati Uniti e in altri Paesi, convincendoli che un siluramento eclatante avrebbe portato consensi alla causa tedesca. Accadde l’opposto. E due anni più tardi, con l’esplosione del caso Zimmermann, l’episodio sarebbe stato utilizzato dal fronte interventista per legittimare la partecipazione alla guerra.

    Alla corte del Duce e del Führer
    Nel primo dopoguerra, andata a buon fine la missione americana, a Crowley fu chiesto di fare ritorno in Europa. Erano richiesti i suoi servigi in Italia e in Germania, dove i servizi segreti avevano necessità di capire la natura di un nuovo movimento politico, il nazifascismo, e di avere un orecchio in quegli ambienti ad esso simpateticamente vicini, come l’occultismo britannico. La missione lo avrebbe condotto nella profondità dell’Italia strapaesana, Cefalù, dove rilevò una proprietà terriera per inaugurare una comune autogestita, chiusa ai profani, ufficialmente adibita a sede dell’Ordine di Thélema. L’Abbazia avrebbe rapidamente acquisito una fama maledetta tra i residenti, preoccupati dalle sparizioni di animali e dal vestiario lugubre degli inquilini, ma trattavasi in realtà, più che di un mero tempio dell’occulto, di una base del MI6 sotto mentite spoglie. Nel 1923, all’indomani della morte in circostanze misteriose dell’oxfordiano Raoul Loveday, deceduto nell’Abbazia a causa, forse, di un rituale a base di consumo di sangue animale, Benito Mussolini avrebbe dato ordine alla prefettura di Palermo di chiudere il posto e di espellerne gli inquilini. Eloquente l’accusa nei confronti di Crowley: spionaggio. La débâcle italiana, causata dagli eccessi di Crowley, avrebbe significato la fine temporanea della collaborazione con l'MI6. Ma negli anni Trenta, complice l’ascesa di Adolf Hitler, Sua Maestà lo avrebbe richiamato in servizio. I legami tra l’occultismo anglosassone e l’occultismo continentale, in particolare tedesco, avevano resistito al trauma della Grande Guerra. Mondi simbiotici, in continuo scambio di idee e uomini, che stavano adesso dialogando nel nome di convinzioni comuni, come l’Existenzkampf, l’Herrenrasse e la Rassenhygiene, provando a fare leva su congiunture dinastiche e commistioni politiche per forgiare un asse paneuropeo in funzione anticomunista e antiliberale. Il sogno della Svastica sull’Europa. La missione era ad alto rischio.

    Hitler aveva fatto dell’occulto la pietra fondativa del nazismo, lui stesso era solito circondarsi di negromanti e veggenti, come Erik Jan Hanussen, ma tra la fine del 1934 e l’inizio del 1935 avrebbe dato inizio ad una caccia al mago (e al massone) destinata a produrre 80.000 vittime, fra arrestati, internati e uccisi. Crowley avrebbe dovuto operare da casa, da Londra, utilizzando le sette britanniche per aprire un canale di comunicazione con gli occultisti ufficiali del Terzo Reich, come Heinrich Himmler e Rudolf Hess. La missione di Crowley è il contesto nel quale andrebbe letto il famigerato “volo di Hess” in Inghilterra del 1941. Ma sulla reale natura di suddetto volo, anche rifacendosi ad archivi e testimonianze, non è mai stata fatta pienamente luce. Una scuola di pensiero vorrebbe che Crowley e Hess stessero negoziando una pace tedesco-britannica su mandato dell’Internazionale dell’occultismo, poi naufragata a causa delle inconciliabilità politiche. Un’altra vorrebbe che Crowley avesse attirato ingannevolmente Hess in Inghilterra, così che l'MI6 potesse interrogarlo e scoprire i piani militari nazisti. L’unica cosa certa delle attività di Crowley durante la parentesi bellica è il contributo dato alla macchina propagandistica dell’Inghilterra. Maestro di condizionamento emotivo e operazioni psicologiche, arte affinata in anni di spettacoli e rituali, fu colui che inventò un gesto pensato per iniettare morale alla popolazione britannica e che in seguito è entrato nell’immaginario globale: le dita a V per simboleggiare la vittoria. Crowley, l’uomo che si finse l’Anticristo per ingannare i nemici di Sua Maestà. La sua carriera nell’Intelligence ha cambiato il corso delle due guerre mondiali, anche se i più lo ignorano. La sua magia antica viene utilizzata inconsapevolmente ogniqualvolta qualcuno metta le dita a V, celebrando così morte e rinascita di Osiride. Il suo soprannome era la bestia. Il suo lascito è leggenda.

    Emanuel Pietrobon
    08 aprile 2023
    it.insideover.com/storia/aleister-crowley-stregone-e-...
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    wheaton80
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    00 12/04/2023 11:36
    Alba Dorata, la società di stregoni che voleva regnare sull’Europa

    La politica è religione. E come ogni religione abbisogna di chierici, dottrine, dogmi e fedeli. Quella del 21esimo secolo è una politica laica, secolarizzata, che cerca voti più nelle piazze che nelle chiese e che, almeno in Occidente, ha espulso il sacro dalla propria piattaforma programmatica. Ma non è sempre stato così. Anzi. L’Europa primonovecentesca costituisce l’esempio più fulgido della stretta interconnessione tra sacro e profano, tra fede e potere politico, che ha storicamente caratterizzato il continente. Perché essa vide la mobilitazione delle chiese durante la Grande Guerra, le religioni in lotta durante le guerre balcaniche, il germogliare dell’orientalismo, la strumentalizzazione dell’Islam da parte delle potenze europee e ultimo, ma non meno importante, la diffusione capillare di società segrete, compagini magiche e sette esoteriche. Società segrete, compagini magiche e sette esoteriche hanno rappresentato il volto oscuro della Belle Époque, condizionando un’intera generazione di intellettuali, ricercatori e politici ed esercitando un impatto culturale notevole e duraturo. Perché queste realtà, accomunate dal rifiuto verso il cristianesimo tradizionale e dalla volontà di riscrivere ex novo l’identità dell’Europa e dell’homo europaeus, avrebbero inconsapevolmente preparato il terreno alla futura ascesa dell’ideologia nazista. E nel novero di queste entità, che è piuttosto lungo, figurano e risaltano per rilevanza e influenza nel lungo termine la Società Teosofica di Madame Blavatsky, l’Ordo Templi Orientis di Carl Kellner e soprattutto l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata.

    Le origini
    Le origini dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata sono avvolte dal mistero, esattamente come tutto ciò che ha riguardato questa piccola ma potente società segreta di natura iniziatica e paramassonica che ha plasmato l’immaginario collettivo britannico ed europeo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Tutto sembra che abbia avuto inizio con la scoperta nel 1886 di alcuni manoscritti antichi, codificati in tabula recta, da parte dell’orientalista e cercatore di tesori Kenneth Mackenzie. Dopo averli esaminati, non riuscendo a decrittarli, Mackenzie li cedette ad uno dei più influenti massoni dell’epoca, Adolphus Frederick Alexander Woodford, che a sua volta li passò al fratello muratore William Wynn Westcott. Aiutato da un altro massone, Samuel Liddell MacGregor Mathers, Westcott riuscì a decifrare l’antico manoscritto, trovandovi stralci di cabala, pillole di astrologia, insegnamenti alchemici e un’introduzione alle arti magiche e alle pratiche divinatorie. E quelle preziose informazioni, il cui valore era comprensibile soltanto da un iniziato, sarebbero state utilizzate dal trio per dare forma, nel 1887, allo scheletro ritualistico e all’insieme di conoscenze dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata. Nel 1888, con il supporto della contessa Anna Sprengel, vociferata esponente dei Rosacroce (secondo alcuni storici mai esistita), Westcott e Mathers fondarono il primo centro di ritrovo dell’Ordine, a Londra, il Tempio di Urania e Iside. Woodford non avrebbe partecipato all’inaugurazione, essendo morto di setticemia all’indomani della creazione della società esoterica.

    Gli anni d'oro
    In breve tempo, nell’arco di pochi anni, l’Ordine si sarebbe espanso in tutto il Regno Unito, da Londra a Edimburgo, aprendo templi anche nell’Europa continentale, a partire da Parigi nel 1893. Il crescendo di popolarità era dato dall’aura misterica avvolgente l’Ordine, dalla voglia di nuovo tra cattolici disincantati e agnostici alla ricerca di gnosi e dai presunti poteri che l’applicazione dei manoscritti fondanti avrebbe conferito a Westcott e Mathers. Poteri come la facoltà di comunicare con delle entità celestiali note come i capi segreti (secret chiefs), la chiaroveggenza e la psicocinesi. Il passaparola rese l’Ordine popolare tra divi e intellettuali, i quali cominciarono a richiederne l’adesione per sventolarla a mo' di status symbol. Le celebrità della società vittoriana che entrarono a far parte dell’Ordine furono numerose, appartenenti allo spettacolo come alla scrittura, e tra loro si ricordano:

    - Attori e attrici come Sara Allgood, Florence Farr e Maud Gonne
    - Banchieri e imprenditori come Annie Horniman e Gustav Meyrink
    - Cantanti come Anna de Brémont
    - Poeti come William Sharp, John Todhunter e William Butler Yeats
    - Scrittori come Arnold Bennett, Algernon Blackwood, Sir Arthur Conan Doyle (il padre di Sherlock Holmes), Arthur Machen, Sax Rohmer e Bram Stoker (l’autore del celebre Dracula)

    Il declino e l'impatto nella scena europea
    Non solo attori e scrittori affascinati dall’arcano, ma anche esoteristi e stregoni entrarono nell’Ordine, salendo uno ad uno i gradini della conoscenza e apprendendo poco a poco i segreti aperti solo agli iniziati. Tra i mistici, gli occultisti e gli stregoni che fecero ingresso nell’Ordine, credendo ciecamente nella sua missione rivelatoria, i più importanti furono indubbiamente Dario Carpaneda, Aleister Crowley, Dion Fortune, Evelyn Underhill e Arthur Edward Waite. Fortune, in seguito, avrebbe abbandonato l’Ordine per crearne uno propriom la Società della Luce Interiore, mentre il carismatico Crowley, il mago più celebre del Novecento, dell’Ordine sarebbe stato il demolitore. Dopo essere diventato il confidente di Mathers, Crowley sfruttò le proprie abilità persuasive per carpire i segreti dei manoscritti, per toccarli con mano, riuscendo laddove nessuno degli iniziati aveva avuto successo. Invidie genuine e semine di zizzania ad hoc, da parte di Crowley, avrebbero scatenato, entro il 1900, fughe di adepti, litigi e ritorsioni di una certa gravità tra le fazioni venutesi a creare. Incapace di fronteggiare la crisi, Mathers, che da tempo aveva rotto ogni legame con Westcott, assistette inerme al proliferare di emulazioni, scissioni ed autoproclamati eredi, alla fine di una breve ma intensa epopea. Entro gli anni Venti e Trenta, tanti templi dell’Alba Dorata risultavano registrati in tutto l’Occidente, dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda, ma soltanto una manciata di essi aveva a che fare con l’originale, che de facto era entrato in coma a inizio secolo a causa del gioco maligno di Crowley. Che l’Ordine fosse ancora vivo nel primo dopoguerra, oppure no, non ha comunque importanza. A contare, invero, è il destino del suo messaggio. Che sopravvisse (sopravvisse a Mathers) innestandosi con facilità nei circoli esoterici della Germania weimariana, come Vril e Thule, e perpetuando l’idea che in Europa vi fosse bisogno di un rinnovamento multidimensionale, spirituale come antropologico, e di risalire alle fonti di conoscenza antica, custodite nella Valle dell’Indo e prodotte dalla perduta razza ariana. Lungi dal morire a causa dell’inquinamento nazista, il messaggio dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata è sopravvissuto fino ai giorni nostri, in quanto raccolto e recuperato dai nuovi movimenti religiosi apparsi in tutto l’Occidente tra gli anni Sessanta e Settanta. E la (ri)lettura dei testi sacri utilizzati dall’Ordine, nonché dei libri scritti da Mathers e seguaci, sebbene i più lo ignorino, ha contribuito in maniera determinante alla formazione del pensiero New Age e alla mitologia della Wicca.

    Pietro Emanueli
    18 gennaio 2022
    it.insideover.com/schede/storia/alba-dorata-la-societa-di-stregoni-che-voleva-regnare-sull-eur...
    [Modificato da wheaton80 12/04/2023 11:37]
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    wheaton80
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    00 10/03/2024 19:54
    "Half Life - L'isola dei morti viventi" di Dennis O'Rourke



    "Half Life, documentario del 1985 di Dennis O'Rourke, tratta dei test nucleari svolti dagli Stati Uniti sulle Isole Marshall e i loro effetti sulla popolazione indigena".
    - it.wikipedia.org/wiki/Half_Life_(film)
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