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Le conseguenze della risposta missilistica dell’Iran



La risposta iraniana all’omicidio di Qasim Sulaymani avveniva nell’attacco missilistico diretto contro delle basi statunitensi in Iraq di Ayn al-Asad, nella provincia di Anbar, nell’Iraq occidentale, e di Irbil, nel Kurdistan iracheno. Nell’attacco la Forza Aerospaziale dell’IRGC impiegava 22 missili balistici Fateh-313 e Qyam, rispettivamente dalla gittata di 500 km e di 800 km; 17 sono stati lanciati su Ayn al-Asad e 5 su Irbil, secondo il comando iracheno. I missili Fateh-313 hanno una velocità così alta che i sistemi di difesa nordamericani non poterono intercettarli, mentre i missili Qyam erano dotati di sistemi di disturbo radar e testate a frammentazione. I missili sono stati lanciati dall’area di Tabriz (contro Irbil) e da Kermanshah (contro Ayn al-Asad). I funzionari iraniani riferiscono che almeno 80 militari statunitensi sono stati eliminati e 200-300 feriti dall’attacco, che distruggeva 9 hangar per aeromobili, come droni ed elicotteri. Infatti, la base aerea di Ayn al-Asad era la base più moderna dell’Iraq baathista; fu costruita dagli jugoslavi ed è dotata di 33 hangar corazzati, bunker e strutture protette; benché pesantemente attaccata durante la Guerra del Golfo, ne uscì intatta. Solo una parte di essa è oggi utilizzata dagli Stati Uniti. Nel giugno 2017, l’IRGC utilizzò i Qyam per colpire obiettivi del SIIL in Siria, ma i missili lanciati avevano testate regolari, poiché gli obiettivi erano raggruppati su una piccola area. Le testate a frammentazione dei missili Qyam lanciati su Ayn al-Asad hanno causato decine di esplosioni nella base aerea statunitense. Con questa operazione in risposta all’assassinio di Sulaymani:

1) L’Iran ha ottenuto l’adozione dal parlamento iracheno della decisione ufficiale di far ritirare le truppe statunitensi
2) L’Iran esce completamente dall’accordo nucleare liberandosi da vincoli e restrizioni sul suo programma nucleare
3) L’attacco inflitto alle basi nordamericane in Iraq, con l’Operazione “Martire Sulaymani”, ha dimostrato che l’Iran può bombardare le forze statunitensi senza che gli USA possano reagire, consolidando ufficialmente la posizione dell’Iran a potenza regionale militarmente inattaccabile
4) Sono state denunciate le azioni degli Stati Uniti e giustificate le azioni dell’Iran presso gli organismi internazionali, come il Segretario Generale delle Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
5) Gli alleati dell’Iran in Libano, Iraq e Yemen hanno adottato misure di ritorsione

Ciò muta la situazione generale in Medio Oriente, con gli USA impossibilitati a rispondere militarmente all’operazione iraniana, perché ciò significherebbe una grande guerra che Washington non può permettersi. Inoltre, non è impossibile che gli statunitensi abbiano reagito all’attacco, sia abbattendo il Boeing ucraino (e non è un caso che Teheran abbia deciso di non consegnare le scatole nere dell’aereo alla Boeing, la principale industria bellica degli USA insieme alla Lockheed-Martin), sia cercando di colpire la centrale elettronucleare di Bushehr, dove secondo l’Istituto Geologico degli USA (un ramo delle agenzie d’Intelligence elettronica NSA e NRO) vi sarebbe stata una scossa proprio nelle ore della risposta iraniana. Entrambe le azioni, essendo fallite miseramente, e con mezzo esercito statunitense in stato di probabile sommossa, avrebbero spinto Trump e i neocon a moderarsi, visti anche lo stato di debolezza degli USA, il terrore negli occhi degli alleati sionisti e sauditi e la paura di subire una sonora sconfitta militare proprio in un anno elettorale.

Alessandro Lattanzio
aurorasito.altervista.org/?p=9766