00 17/05/2014 01:53
L’offerta saudita all’Iran, ammissione di sconfitta



Sembra che la Casa dei Saud finalmente ammetta la sconfitta nelle sue guerre terroristiche per procura regionali. Questa settimana il ministro degli Esteri saudita Saud al-Faysal bin Abdulaziz ha annunciato a sorpresa, indicandolo chiaramente, che il regno petrolifero saudita vuole migliorare le relazioni con l’Iran. I media occidentali hanno suggerito che i governanti sauditi avviano un’apertura amichevole verso l’Iran. ‘L’Arabia Saudita agisce per alleviare le tensioni regionali con l’Iran‘, si legge sul Financial Times di Londra. Per decenni, la wahhabita Casa dei Saud, con le sue credenze religiose estreme taqfire e il suo sistema monarchico repressivo, ha visto nell’Iran sciita il suo acerrimo nemico dalla rivoluzione del 1979. L’Arabia Saudita, per esempio, finanziò il dittatore iracheno Sadam Husayn lanciando l’ingiustificata guerra contro l’Iran nel 1980-1988, con l’obiettivo di distruggere la Rivoluzione iraniana. Tale guerra provocò più di un milione di morti. I governanti sauditi hanno sempre accusato l’Iran di fomentare complotti per destabilizzare il regno autocratico o i suoi alleati arabi del Golfo Persico. Sostenevano senza alcuna prova che la mano iraniana suscitasse i disordini in Bahrayn, Yemen e nelle petrolifere province orientali del regno stesso. Ora, a quanto pare, una nuova era di conciliazione appare improvvisamente, con il ministro degli Esteri saudita che questa settimana invita il suo omologo iraniano Muhammad Javad Zarif, dicendogli che è il benvenuto “quando decidesse” di visitare la capitale Riyadh. “L’Iran è un vicino, abbiamo rapporti con esso e negozieremo“, ha detto al-Faysal ai giornalisti. Si tratta di un marcato cambio di atteggiamento dei sauditi. Alla fine dello scorso anno, dopo l’accordo nucleare interinale di riferimento tra l’Iran e il gruppo P5+1 delle sei potenze mondiali, la proposta del ministro degli Esteri iraniano di visitare l’Arabia Saudita nell’ambito di un viaggio negli Stati del Golfo Persico, sarebbe stata snobbata dalla Casa dei Saud. I governanti sauditi erano irritati dal successo della diplomazia iraniana e dalla prospettiva di una svolta nella situazione di stallo nucleare, che avrebbe normalizzato le relazioni internazionali dell’Iran e migliorato notevolmente la presenza regionale del Paese. Allora, cos’è cambiato? Sembra più probabile che il fallimento della guerra terroristica segreta saudita in Siria abbia spinto tale brusca rivalutazione dell’atteggiamento di Riyadh. Questa settimana vede l’inizio della fine dell’operazione del cambio di regime filo-occidentale e filo-saudita in Siria. La guerra terroristica segreta eterodiretta è in corso da più di tre anni ed ha fatto circa 150000 morti. I governanti sauditi hanno speso miliardi di dollari finanziando i gruppi estremisti taqfiri nel tentativo di rovesciare il governo di Bashar Assad, stretto alleato dell’Iran. Ma questa settimana la base principale dei militanti, la Città Vecchia di Homs nella Siria centrale, è stata infine ripresa dalle forze governative, e migliaia di residenti rientrano reclamando le proprie case e proprietà. Ci sono state scene agrodolci con masse di civili che rientrano nelle case devastate dalla guerra. Homs, stucchevolmente spacciata dai media della disinformazione occidentale come la “culla” della cosiddetta rivoluzione, ora è il cimitero della guerra terroristica segreta eterodiretta. Con la cruciale perdita logistica di Homs per i gruppi mercenari, l’Esercito arabo siriano avanza ulteriormente nel riprendersi le ultime aree occupate dai militanti stranieri intorno la città settentrionale di Aleppo e nella provincia di Idlib. Inoltre, i cittadini siriani supportano massicciamente il presidente uscente Assad, in vista delle elezioni del 3 giugno. Assad dovrebbe avere un terzo mandato. C’è quindi il senso inequivocabile che la Siria stia lentamente ma inesorabilmente uscendo dall’incubo eterodiretto in cui il Paese era sprofondato nel marzo 2011.



Le scene della vittoriosa risposta della nazione siriana dissipano i miti della propaganda occidentali sulla “rivolta democratica”. La riconquista di Homs, nel quadro di un accordo mediato da Russia e Iran la scorsa settimana, precisa inoltre il miserabile fallimento del complotto saudita per distruggere la Siria, insieme agli altri mandanti del terrorismo occidentali, turco ed israeliano. Ecco perché il ministro saudita sembra che questa settimana cercasse di negoziare la resa con l’Iran, senza però pronunciare la parola “resa”, naturalmente. “Noi negozieremo con esso (l’Iran)“, ha detto al-Faysal, come se il semplice fatto di parlare da diplomatico sia una grande concessione al nemico. “Parleremo con loro nella speranza che se ci sono differenze, saranno chiuse con soddisfazione di entrambi i Paesi“, ha aggiunto l’anziano della Casa dei Saud. In altre parole, i governanti sauditi non avvicinano all’Iran per un autentico movente conciliante. Cercano disperatamente di limitare i danni derivati dalle guerre terroristiche per procura che hanno alimentato in Siria, Iraq, Yemen e Libano. E vogliono che l’Iran li aiuti in qualche modo a scamparla limitando i danni. “La nostra speranza è che l’Iran faccia parte del tentativo di rendere la regione più sicura possibile“, ha detto al-Faysal. L’audacia di tale affermazione implica che l’Iran sia il Paese che ha istigato violenze e conflitti, quando i sauditi hanno scatenato il caos omicida in tutta la regione contro sciiti, sunniti, alawiti, armeni, cristiani e tutti coloro che coraggiosamente affrontano il totalitarismo taqfirita. E ora i sauditi vogliono che l’Iran “renda la regione più sicura possibile“. La Casa dei Saud ha bisogno di capire che gli sconfitti non possono dettare condizioni. Soprattutto quando i vinti sono colpevoli di enormi crimini contro l’umanità.

Finian Cunningham, PressTV
14 maggio 2014

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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