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Sentinelle In Piedi

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    00 26/03/2014 23:05
    video di presentazione
    fonte: http://www.youtube.com/watch?v=urcbxNgyKg4

    [Modificato da GMU 26/03/2014 23:13]
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    00 26/03/2014 23:07
    video intervento dell'avv. Cerelli a Bergamo
    Conferenza tenuta dall'avv. Giancarlo Cerrelli, Vicepresidente Nazionale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani a Bergamo, il 27 febbraio 2014 su:" La legge contro l'omofobia: progetto ideologico, o vera necessità?". Presentazione Umberto Reniero di Alleanza Cattolica; introduzione prof. Silvio Troilo,Presidente Unione Giuristi Cattolici di Bergamo.
    Ottimo per iniziare

    [Modificato da GMU 26/03/2014 23:21]
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    00 26/03/2014 23:16
    Francia – Sciopero dei genitori contro la cultura GLBT a scuola


    fonte: http://www.notizieprovita.it/notizie-dal-mondo/francia-sciopero-dei-genitori-contro-la-cultura-glbt-a-scuola/


    Francia – Sciopero dei genitori contro la cultura GLBT a scuola

    sciopero_genitori_scuola
     

    Sciopero a scuola. Ma questa volta sono i genitori a tenere a casa i propri figli per protesta nei confronti dei piani di indottrinamento gay friendly voluti dal Ministro Najat Belkacem-Vallaud.

    L’associazione cattolica Civitas organizza e coordina questa forma di dissenso a livello nazionale il 31 marzo: centinaia di classi in tutta la Francia sono sottoposte a sperimentazioni particolari in cui vengono inoculati scientificamente le basi della cultura gender sin dalle scuole d’Infanzia. Tramite libri, film, giochi, percorsi per così dire “didattici”, si intende convincere i bambini a rinunciare alla propria identità sessuale a favore di una che potranno costruire da soli, a loro piacimento, e modificare quando vogliono. La massima forma di deresponsabilizzazione collettiva  e destabilizzazione individuale.

    Non paghi di ciò, vengono inseriti negli orari curricolare interventi di esponenti omosessuali, transessuali e bisessuali. Tutto ciò, ovviamente, senza contraddittorio: secondo il Ministero evidentemente la cultura di normalizzazione del mondo GLBT è talmente ovvia che non necessita di alcun contraltare.

    Dov’è finito il diritto della famiglia di educare i propri figli? Ed il rispetto dell’integrità dei bambini? La loro dignità? Concetti che lasciano il passo alla massificazione degli istinti, all’esaltazione degli eccessi.

    Alain Escada, presidente di Civitas, non solo richiede una sferzata di coraggio a tutti, aderendo a questo sciopero ma crede che l’impegno sia anche quello di comunicare a più persone possibili quanto è contenuto i questi piani ministeriali. È responsabilità di tutti farci carico di questo dovere.

    Ciò che accade in Francia non è né più né meno di quello che anche nella nostra nazione vuole essere posto in essere da governatori ed amministratori. È giusto perciò mostrare che non tutto è perduto, che non si può e non si deve accettare imposizioni così tendenziose senza batter ciglio.

    Ci sono gli strumenti per far fronte a questo attacco. Ed il primo passo è informarsi ed informare.

    Redazione


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    00 26/03/2014 23:21
    Varese, sabato veglia delle Sentinelle in Piedi: no al reato di omofobia

    fonte: http://www.varesereport.it/2014/03/24/varese-sabato-veglia-delle-sentinelle-in-piedi-no-al-reato-di-omofobia/


    Varese

    Varese, sabato veglia delle Sentinelle in Piedi: no al reato di omofobia

    Ivan Scalfarotto

    Ivan Scalfarotto

    Sabato 29 marzo a Varese, a partire dalle ore 17:30 in piazza Monte Grappa si terrà la prima veglia “Sentinelle in Piedi” varesine. Una manifestazione contro la proposta di legge Scalfarotto, approvata alla Camera e ora in Commissione Giustizia al Senato, che introduce il reato penale di omofobia.

    Come dicono gli organizzatori, “il provvedimento viene presentato come necessario per fermare atti di violenza nei confronti di persone omosessuali, ma il nostro ordinamento giuridico punisce già qualunque atto di aggressione e la Costituzione tutela già tutte le persone in quanto tali”.

    Per gli organizzatori “questo testo è invece liberticida e incostituzionale in quanto non specifica che cosa si intende per reato d’omofobia e dunque potrebbe essere denunciato: chiunque affermi pubblicamente che la famiglia naturale è fondata sull’unione tra uomo e donna; chiunque si esprima pubblicamente come contrario al matrimonio tra persone dello stesso sesso; chiunque affermi pubblicamente che un bambino per crescere ha bisogno di un papà e di una mamma e dunque sia contrario alle adozioni da parte di coppie omosessuali”.

    Modello di riferimento per le “Sentinelle in Piedi” sono i Veilleurs debout francesi, che si sono opposti alla legge Taubira sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.

    Le Sentinelle in Piedi veglieranno per un’ora in silenzio con un libro in mano.


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    00 26/03/2014 23:23
    Bagnasco: «Dittatura gender. Si vuole trasformare la scuola in “campi di rieducazione”? I genitori non si facciano intimidire»

    Bagnasco: «Dittatura gender. Si vuole trasformare la scuola in “campi di rieducazione”? I genitori non si facciano intimidire»

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    marzo 24, 2014 Angelo Bagnasco

    Nella sua prolusione al Consiglio episcopale permanente il cardinale ha avuto parole durissime contro l’ideologia del gender

     
     

    bagnasco-parla-jpg-crop_displayDi seguito riportiamo la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al Consiglio episcopale permanente in corso a Roma. In uno dei suoi passaggi più significativi, l’arcivescovo di Genova ha parlato delle recenti polemiche sulla cosiddetta ideologia di genere e della sua introduzione nelle scuole.
    Bagnasco ha usato queste parole: «In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga».

    beck-unarEcco il testo completo:

    Venerati e Cari Confratelli,
    ha inizio il Consiglio Permanente nel giorno dei “missionari martiri”, ormai nel cuore della Quaresima, e ci lasciamo quindi guidare dalla vivente memoria di quanti hanno dato la vita per la predicazione del Vangelo fino ai confini del mondo. Ma anche dal Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato alla Chiesa in preparazione alla Pasqua, vertice e fonte dell’Anno liturgico.
    Siamo grati al Papa che ha onorato la nostra Conferenza con un nuovo membro del Collegio Cardinalizio, S.Em. il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve e Vice Presidente della CEI: al neo porporato, del quale apprezziamo la “sapientia cordis”, esprimiamo la nostra  gratitudine, e assicuriamo la nostra preghiera perché – con l’intero Collegio – possa coadiuvare più da vicino il Successore di Pietro nella sollecitudine “omnium ecclesiarum”. Il nostro ricordo orante è anche suffragio per S.E. Mons. Giuseppe Agostino, Arcivescovo emerito di Cosenza – Bisignano e già Vice Presidente della CEI, che quest’oggi ha concluso il suo pellegrinaggio terreno.

    1.  Quaresima, tempo di grazia
    Cristo “si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor8,9): è questo il titolo del Messaggio quaresimale. Il Santo Padre subito ci ricorda che queste parole indicano innanzitutto con quale stile Dio opera nella storia: “Dio non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà” (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2014). A questo stile divino la Chiesa deve continuamente guardare in quel percorso mai concluso di conversione del suo modo di essere tra gli uomini. È con tale spirito che anche noi continueremo il compito di revisione dello Statuto, dopo la prima tappa dell’ultimo Consiglio Permanente di gennaio. In quei giorni abbiamo sperimentato ancora una volta la passione e la responsabilità per la nostra amata Conferenza, ed abbiamo esaminato con puntuale attenzione e metodo il ricco materiale pervenuto dalle Conferenze Episcopali Regionali. Così come affronteremo due Note di rilievo, rispettivamente per la Scuola Cattolica, vero patrimonio del Paese, e per l’Ordo Virginum, nuovo carisma per la Chiesa.
    L’amore per gli uomini peccatori conduce Dio a rivestirsi della nostra povertà – Lui, senza peccato – ma non per fermarsi ad essa, bensì per arricchirci: se la povertà di Cristo è “il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano”, la sua ricchezza è l’affidarsi a Dio Padre in ogni momento fino al culmine della croce. È qui, sul Calvario, il punto in cui la povertà di Gesù s’incontra con la sua ricchezza, e ci salva dal peccato della superbia e dell’autosufficienza. In altre parole, “la ricchezza di Gesù è il suo essere Figlio”.
    In questa prima parte del Messaggio siamo ricondotti salutarmente al cuore del Vangelo, alla sorgente della gioia cristiana: Dio non è solamente Creatore, ma anche Padre, e nessuno quindi è orfano. Se in tempi recenti forse vi era il rifiuto del “padre” – categoria che esprime ogni legame di riferimento e di valore – oggi la situazione sembra rovesciata: a tutti i livelli e età pare che vi sia la ricerca del “padre”, cioè di punti di riferimento veri e credibili, che aiutino l’orientamento dentro ad una nuova Babele. Ritorna l’invito ad “uscire” da piccoli porti e a prendere il largo, perché il bene tende a espandersi e la gioia a condividersi perché sia più grande. È la missionarietà a cui il Santo Padre continua ad incoraggiare l’intera Chiesa.
    Nella seconda parte, il Messaggio riflette sulla testimonianza: infatti “Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri” (id). E affronta tre tipi di povertà umane: la miseria materiale, quella morale e infine quella spirituale. Tra queste miserie vi è, non di rado, una rete più o meno evidente di relazioni causali e di reciproco rafforzamento.

    2. Miseria materiale
    “La miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana” (id). Ci portiamo – come sempre – in mezzo alla nostra gente, di cui condividiamo le speranze e le ansie in questo tempo particolarmente pesante. Ormai, sono passati più di sei anni dall’inizio della grave crisi economica, che chiede un prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione. In modo speciale, si riversa come una tempesta impietosa sui giovani che restano, come una moltitudine, fuori della porta del lavoro che dà dignità e futuro. Essi, a dire il vero, anche di recente mostrano una grande pazienza, e danno prova d’intraprendenza grazie alla genialità che spesso caratterizza l’età giovanile. Ma ciò non è sufficiente se non vi è un tessuto industriale pronto a riconoscerne i pregi, a recepirne i risultati e a metterli in circolo su scala. Senza dimenticare quanti – non più in giovane età – hanno perso il lavoro e spesso si trovano esclusi da ogni circuito lavorativo e con la famiglia sulle spalle. Come su un binario parallelo e virtuoso, è necessario incentivare i consumi senza ritornare nella logica perversa del consumismo che divora il consumatore. Ma è altresì indispensabile sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione in Italia, semplificando anche le inutili e dannose burocrazie. Se non si velocizzano i processi e non si incentiva, si scoraggia ogni intrapresa vecchia e nuova. Bisogna ripensare e rimodulare anche la concezione del lavoro: il vecchio schema di dura contrapposizione è superato e rischia di danneggiare i più deboli. È necessario promuovere sempre più una mentalità partecipativa e collaborativa dentro ai luoghi di lavoro, una visione per cui i diversi ruoli sono distinti ma non separati, perché tenuti insieme da un comune senso di appartenenza e di responsabilità verso il proprio lavoro, la famiglia, l’azienda, la società e il Paese. Con la responsabilità accorata di Pastori, auspichiamo che il nuovo Governo – con la partecipazione convinta e responsabile del Parlamento – riesca a incidere su sprechi e macchinosità istituzionali e burocratiche, ma soprattutto a mettere in movimento la crescita e lo sviluppo, in modo che l’economia e il lavoro creino non solo profitto, ma occupazione reale in Italia.
    La povertà – ci dice il Rapporto 2014 della nostra Caritas sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia intitolato “False partenze”, di imminente presentazione – è in rapido e preoccupante aumento: sembra di essere in prima linea su una trincea più grande di noi, anche se sappiamo che la Chiesa non è chiamata a risolvere tutti i problemi sociali, ma a contribuire al meglio nello spirito di Cristo buon Samaritano. Comunque, gli sforzi delle 220 Caritas diocesane e degli 814 Centri di ascolto si sono moltiplicati, e le iniziative sono in quattro anni raddoppiate registrando un aumento impressionante di italiani che bussano alla porta, così come di gruppi sociali che fino ad oggi erano estranei al disagio sociale. I fondi diocesani di solidarietà aumentano dell’11%, e gli sportelli, per aiutare la ricerca del lavoro o della casa, sono giunti a 216. Si registrano anche gravi e crescenti difficoltà derivanti purtroppo dalla rottura dei rapporti coniugali, sia a livello occupazionale che abitativo. Il 66,1 % dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. A questi dati di ordine materiale si devono aggiungere quelli di tipo relazionale tra padri e figli: il 68% dichiara che la separazione ha inciso negativamente su tale rapporto. Come Vescovi, vogliamo incoraggiare il servizio delle nostre Caritas e dei Centri di ascolto, come di tutte le 25.000 Parrocchie e delle molte Aggregazioni: è uno spiegamento di persone e di risorse che umilmente affronta un’onda sempre più grande e minacciosa. Il prossimo Convegno Nazionale a Cagliari sarà l’occasione per scambiare esperienze e speranze, ma soprattutto per rinnovare motivazioni e fiducia alla luce dei sentimenti di Cristo.

    3. Miseria morale e spirituale
    “La miseria morale (…) consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato (…) Questa forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento” (id).
    La religione è un “legame” con Dio, un vivere riferiti a Lui, un camminare nella sua Parola di amore e di vita, altrimenti si riduce a sentimento e emozione. L’autosufficienza è la forma sostanziale di ogni peccato, da quello originale a quelli personali: i diversi peccati non sono che rivestimenti   della stessa radice che è il porsi con alterigia davanti a Dio, anziché porsi con fiducia con Dio. Per questa ragione bisogna che, sia il primo annuncio che la catechesi, abbiano al cuore il Kerygma: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti” (Papa Francesco, Evangelii gaudium, 164). Gesù dice le parole di Dio, capaci di rispondere all’uomo che desidera la felicità. Per questo si offrono come “regola di vita”: non come norma esterna ed estranea, ma come ciò che dà voce e corpo all’uomo nel suo essere universale, una freccia incandescente puntata verso l’infinito. E per questo perennemente inquieta! Non è forse questa la ragione più plausibile per cui le parole di Dio risuonano corrispondenti al “cuore universale” oltre latitudini, tempi, situazioni?

    4. Violenza accattivante delle ideologie
    Le ideologie deformano la comprensione che la ragione e il cuore hanno della realtà; facendo di un’idea particolare un assoluto, piegano forzosamente ogni principio, cosicché esso fatica ad essere riconosciuto come  un valore. Ne abbiamo un chiaro esempio in Occidente dove – se in decenni passati si poteva parlare di tramonto delle ideologie – oggi dobbiamo riconoscerne il ritorno, magari sotto vesti diverse, ma con la medesima logica e arroganza. Tra gli altri, un segno sta nel fatto chel’obiezione di coscienza è ormai sul banco europeo degli imputati: non è più un diritto dell’uomo? E l’Europa dà al mondo un esempio di comunità di Popoli, ciascuno con un proprio volto e storia? E perché accade che in Europa alcune serie  “raccomandazioni” sono tranquillamente disattese, mentre altre – non senza ideologismo – vengono assunte come vincoli obbliganti?
    L’occidente non è più il centro del mondo! E il Sud della Terra preme alla tavola della dignità e della giustizia. Altri continenti e culture ne apprezzano tecnologia e benessere, ma guardano all’occidente con sospetto e fastidio per quella specie di neocolonialismo culturale, che  vuole imporre con mezzi spesso ricattatori: finanziamenti in cambio di leggi immorali, contrari alle identità di popoli e nazioni che vogliono mantenere le proprie radici. È questo il cammino della civiltà? Sarebbe una strada che rinnova o genera sordi rancori, e che prima o poi presenterebbe il conto. Se l’umanesimo plenario ha avuto la sua origine nel grembo europeo, e ha ispirato le grandi Carte internazionali, non è detto che trovi ancora in quel ceppo, tagliato dalle sue origini cristiane, la linfa ispiratrice. Se l’occidente vuole corrompere l’umanesimo, sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’occidente e troverà – come già succede – altri lidi meno ideologici e più sensati. Il Vangelo è per tutti ma non è incatenato a nessuno, è storico e metastorico. L’erosione sistematica dell’impianto culturale umanistico, usando come grimaldello l’impazzimento dell’individuo con le sue pretese solipsiste, è una espressione triste di quella miseria morale e spirituale di cui parla il Santo Padre. Chiudere gli occhi sarebbe far finta di non vedere, come fece il levita sulla via di Gerico. È in questa prospettiva e con questo spirito che “i Pastori, accogliendo gli apporti delle diverse scienze, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone, dal momento che il compito della evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può più affermare che la religione deve limitarsi nell’ambito del privato” (id. 182).

    5. Iperindividualismo
    Come è grande e antica la presenza operosa della Chiesa accanto a tutte le povertà materiali della gente e dei popoli, così è grande e convinta la sua attenzione a tutto ciò che corrompe la mente e il cuore, rende smarrita e confusa la persona sulla sua identità, sul valore della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale: “La difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. (…) Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno” (id. 213). Seminare e codificare errori su queste realtà fa incerti e fragili i rapporti, alimenta diffidenze in chi si trova nel bisogno e nella dipendenza, rende individualista la società.
    Tutto ciò è la premessa – forse prevista e voluta – perché i più forti e senza scrupoli possano manipolare e piegare persone e Nazioni ai propri interessi. Bisogna andare contro la corrente di un individualismo scellerato che – applicato ai vari campi dell’esistenza privata e pubblica – porta a camminare sulla pelle dei poveri, a non aver tempo di fermarsi accanto alle moltitudini ferite sulla via di Gerico. È una visione iperindividualista all’origine dei mali del mondo, tanto all’interno delle famiglie quanto nell’economia, nella finanza e nella politica. Ma il sentire profondo del nostro popolo è diverso. Come Pastori, che hanno la grazia di vivere con la gente, ne conosciamo l’impegno nei doveri quotidiani, il senso profondo della famiglia, la solidarietà nelle relazioni, l’autentico eroismo nella dedizione ai malati e agli anziani, la passione responsabile nell’educazione dei figli. È questa rete virtuosa che sostiene il Paese e la speranza nel futuro.
    La ripresa, giustamente invocata, sarà un’illusione senza una rinascita morale e spirituale; e ciò sarebbe tanto più grave perché la dura lezione della crisi sarebbe stata vana, pagata soprattutto dai deboli. Bisogna accelerare la conversione dall’io al noi e dal mio al nostro: non certo nel senso che non esistono più l’io e il mio, ma nel senso che mai più dovranno essere intesi come degli assoluti, cioè slegati dal resto del mondo fatto di “altri”: persone, istituzioni, aziende, Paesi. Un mondo fatto da stagioni diverse, come l’efficienza dell’età adulta, l’infanzia e la giovinezza, la malattia e la vecchiaia. Un mondo fatto di aree diverse di sviluppo e risorse, di ricchi e di poveri, di giustizia e di ingiustizia, di diritti umani proclamati e di fatto violati, come ad esempio i diritti del bambino, oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma di guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia. Ciò grida vendetta al cospetto di Dio. O anche la tratta delle donne, la violazione – a volte fino alla morte – della loro dignità.
    In un mondo che si definisce evoluto e civile, quante sono ancora le forme di violenza e di barbara criminalità che assume anche forme organizzate e mafiose, come è stato ricordato nei giorni scorsi dal Santo Padre incontrando i familiari delle vittime nella Parrocchia romana di San Gregorio! Anche la libertà religiosa è ancora perseguitata in troppe regioni del mondo, e da non poche parti del pianeta continuano a salire rumori di conflitto che devono essere affrontati con le armi della preghiera e del dialogo onesto senza altri interessi. A tanti nostri fratelli e sorelle in umanità e spesso nella fede, che sono anche vicinissimi perché parte del nostro Continente – come il popolo ucraino – da questa simbolica sede vogliamo far pervenire la nostra vicinanza di Pastori, perché le ansie e le sofferenze, i diritti e le speranze di tutti trovino casa nella giustizia e nella pace. Anche per questo, la comunità cristiana ha aderito con gratitudine all’iniziativa di Papa Francesco, per 24 ore di adorazione e riconciliazione in tutte le Diocesi.

    6. Educare intelligenza e cuore
    Come sappiamo, l’annuncio di Cristo è fondamento e criterio dell’educazione delle intelligenze e dei cuori, una educazione integrale che la scuola è chiamata a offrire: “Il compito educativo è una missione chiave”, affermava recentemente il Santo Padre (Discorso ai Superiori Generali degli Istituti maschili di vita religiosa, 29.11.2013). E noi, Vescovi Italiani, con rinnovato impegno camminiamo nella via del decennio che abbiamo dedicato a questa missione. Per questo, con tutte le persone di buona volontà e di retto sentire, guardiamo all’appuntamento del 10 maggio prossimoin piazza San Pietro con il Papa.
    Davanti a Lui e con Lui, riaffermeremo l’urgenza del compito educativo; la sacrosanta libertà dei genitori nell’educare i figli; il grave dovere della società – a tutti i livelli e forme – di non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi; il diritto ad una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte; la preziosità irrinunciabile e il sostegno concreto alla scuola cattolica. Essa è un patrimonio storico e plurale del nostro Paese, offrendo un servizio pubblico seppure in mezzo a grandi difficoltà e a prezzo di sacrifici imposti dall’ingiustizia degli uomini: ingiustizia che i responsabili fanno finta di non vedere pur  sapendo – tra l’altro – l’enorme risparmio che lo Stato accantona ogni anno grazie a questa peculiare presenza. È in questo orizzonte che riaffermiamo il primato della persona, e quindi la tutela che si deve ad ogni persona specialmente se in situazione di fragilità – contro ogni forma di discriminazione e violenza. E nello stesso tempo non possiamo non ricordare il grave pericolo che deriva dallo stravolgere o disattendere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione.
    La preparazione alla grande Assise del Sinodo sulla Famiglia, che si celebrerà in due fasi nel 2014 e nel 2015, nonché il recente Concistoro sul medesimo tema, hanno provvidenzialmente riposto l’attenzione su questa realtà tanto “disprezzata e maltrattata”, come ha detto il Papa: commenterei, “disprezzata” sul piano culturale e “maltratta” sul piano politico. Colpisce che la famiglia sia non di rado rappresentata come un capro espiatorio, quasi l’origine dei mali del nostro tempo, anziché il presidio universale di un’umanità migliore e la garanzia di continuità sociale. Non sono le buone leggi che garantiscono la buona convivenza – esse sono necessarie – ma è la famiglia, vivaio naturale di buona umanità e di società giusta.
    In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga.
    Anche il fenomeno dell’“alcol estremo” – cioè di bere fino allo sfinimento o peggio – non può lasciare indifferente nessuno, tranne chi si arricchisce sul male degli altri. Si dovrebbe, invece, sprigionare nell’intera società un brivido di rifiuto e di seria preoccupazione, tale da provocare investimenti seri di risorse umane, economiche e valoriali, ben più meritorie rispetto a iniziative ideologiche e maldestre.

    Cari Confratelli, mentre rinnoviamo la nostra lode al Signore della vita e della gioia, ci disponiamo ai lavori che ci attendono con generosità e fiducia. San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, del quale abbiamo appena celebrato la solennità, ci guardi e ci guidi. Egli ci assicura, come nella casa di Nazaret, la presenza calda e rassicurante della Sacra Famiglia.


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    00 30/03/2014 22:35
    Nel suo libro "Voglio la mamma", Mario Adinolfi spiega come l'opposizione all'aborto, all'eutanasia e al matrimonio omosessuale possa essere una batta


    Un "libretto rosso" a difesa della vita e della famiglia naturale


    Nel suo libro "Voglio la mamma", Mario Adinolfi spiega come l'opposizione all'aborto, all'eutanasia e al matrimonio omosessuale possa essere una battaglia "di sinistra"


    Roma, (Zenit.org) Luca Marcolivio | 170 hits


    Un libro politicamente scorrettissimo, ma di grande successo. A poco più di una settimana dalla pubblicazione è già al terzo posto della classifica dei più venduti su Amazon. Scritto da un autore di sinistra, peraltro ex parlamentare, questo singolare pamphlet sta già provocando mal di pancia in più di un salotto radical-chic.
    Stiamo parlando di Voglio la mamma. Da sinistra contro i falsi miti del progresso, l’ultimo libro di Mario Adinolfi, che ieri sera ha iniziato il suo tour di presentazioni presso l’Oratorio Piccolo di Santa Maria in Vallicella a Roma.
    A fare gli onori di casa, il vicario parrocchiale, padre Maurizio Botta, C.O., ormai popolarissimo tra i giovani cattolici (e non) della Capitale. Con il ciclo dei Cinque Passi, i suoi sermoni del venerdì sera, vere e proprie esplorazioni a tutto campo nel senso profondo della vita umana nel mondo d’oggi, padre Maurizio insiste costantemente sull’assoluta “laicità” dei principi non negoziabili di ratzingeriana memoria.
    Se da un lato non è necessario indossare l’abito talare per sostenere razionalmente l’illiceità dell’aborto, dell’eutanasia e del matrimonio omosessuale, per la medesima ragione non dovrebbe esserci nulla di sorprendente che a condividere le medesime posizioni, sia un uomo che viene da una non rinnegata militanza nella sinistra italiana.
    Mario Adinolfi ne è convintissimo: il 42enne giornalista, scrittore e blogger, due figlie di 17 e 3 anni, nate da due matrimoni diversi, è stato infatti deputato del Partito Democratico durante la scorsa legislatura (2008-2013). La decisione di non ricandidarsi alle ultime elezioni è stata una scelta assolutamente autonoma e libera, un’occasione per una pausa di riflessione di carattere culturale.
    Approfittando di questo ‘momento sabbatico’ Adinolfi ha scritto e dato alle stampe nel giro di poche settimane Voglio la mamma, un breve saggio assolutamente divulgativo ed anti-accademico sui fondamenti della vita umana: nascere, amare, morire.
    Come spiegato dallo stesso Adinolfi, bisogna evitare l’errore di trattare tali tematiche ‘a compartimenti stagni’, in quanto c’è un filo rosso che unisce l’argomento della difesa della vita, con quello della difesa della famiglia naturale e della libertà di educazione e per vincere la battaglia su questo fronte, è essenziale recuperare la ragione, imparare a riflettere al di là delle apparenze e delle distorsioni ideologiche.
    “Non è una battaglia da bigotti ma un invito a ragionare”, ha sottolineato l’autore, ricordando come l’obiettivo del mainstream sia proprio quello di plasmare un ‘pensiero unico’ artificiale ed omologata in cui il ragionamento viene escluso a priori e viene imposta la “dittatura dei sentimenti”.
    Una riflessione scevra da atteggiamenti faziosi e isterismi, ci permette di scoprire la realtà quasi sempre deteriore che si nasconde dietro il volto sorridente del ‘progresso’.
    Si scoprirà, ad esempio, che in Belgio almeno la metà dei deceduti per eutanasia, non hanno dato affatto il loro consenso alla ‘dolce morte’, come prevede la normativa locale.
    Leggi come quella belga vengono approvate facendo leva su un malinteso concetto di “pietà”, quando in realtà, spesso, dietro frasi come “non è giusto che mio padre soffra”, c’è il desiderio di intascare cospicue eredità. Piuttosto che investire sulle cure palliative, poi, molti sistemi sanitari nazionali, preferiscono lasciar morire i pazienti terminali e risparmiare così sulle spese di cura.
    Passando a parlare di aborto, è inquietante pensare, ha osservato Adinolfi, ai 106mila casi annui soltanto in Italia, che sovente avvengono per motivazioni esiziali. Lo scrittore, accennando a un suo amico albino, sottolinea che “quelli come lui ormai vengono tutti abortiti, eppure il mio amico conduce una vita assolutamente normale”.
    Un altro caso emblematico è quello di Elton John e del figlio da lui adottato. L’adozione del piccolo Zack è una storia drammatica – quasi un “racconto dell’orrore”, osa Adinolfi – eppure è stata dipinta dai giornali patinati come una vicenda in cui trionfa l’amore.
    Il piccolo Zack, ha raccontato Adinolfi, è stato strappato dalle braccia della madre naturale, poche ore dopo la nascita, tra strilli, pianti disperati e il visibile imbarazzo del personale infermieristico.
    Nei suoi primi due anni affianco ad Elton John e al compagno di quest’ultimo, Zack non ha fatto altro che continuare a piangere. Perché? Perché voleva la mamma… L’unico contatto che lo sventurato bimbo ha ora con la madre, è il latte materno che quotidianamente gli viene inviato con un jet privato.
    “Sono diventato di sinistra perché volevo stare vicino ai più deboli, quindi, dovendo scegliere tra un omosessuale ricco e un bambino che piange, non ho dubbi da quale parte stare, e non ditemi che la mia è omofobia”, ha detto Adinolfi.
    Di qui l’idea di un “libretto rosso” che apra un dibattito anche a sinistra, dove negli ultimi anni le opinioni sui temi della vita, della famiglia e della libertà di educazione, quantomeno a livello di élite, si sono livellate su un ormai omologato ed obsoleto “vietato vietare”.
    Ciò avviene, secondo Adinolfi, perché il crollo del comunismo e il venir meno della lotta di classe, ha determinato un vuoto che si è scelto di colmare con nuove tematiche antropologiche, dando così “un’identità a chi aveva perso l’identità”.
    Ribaltare questo circolo vizioso, è tuttavia ancora possibile, se si tenta di scardinare le costruzioni ideologiche dei media e dei ‘leader di opinione’ che niente affatto corrispondono al senso comune dell’“uomo che prende il tram tutte le mattine”, indicato da Adinolfi come la metafora della persona che, a prescindere dal livello culturale e dalla posizione occupata nella società, sa usare la ragione ed esercitare la libertà molto più dell’uomo delle élite, arroccato nelle sue false certezze e nei suoi autoreferenziali privilegi.
    Di fronte all’arroganza di tutte le nuove forme di potere, ha affermato Adinolfi, la nostra generazione è chiamata a fare come Rosa Parks, l’afroamericana che, nell’Alabama degli anni ’50, ancora impregnata di pregiudizi e di leggi palesemente razziste, si rifiutò di lasciare il sedile del bus riservato ai soli bianchi.
    Una disobbedienza civile, dunque, sempre nell’ambito della non-violenza e della razionalità, perché gli altri “non sono cattivi ma soltanto meno informati di noi”, ha concluso Adinolfi.


    [Modificato da GMU 30/03/2014 22:38]
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    00 04/06/2014 21:46
    Contestazioni e insulti. E ora il sindaco di Siena vuole pure impedirci di scendere in piazza
    fonte: http://www.tempi.it/sentinelle-in-piedi-contestazioni-insulti-sindaco-siena-scendere-piazza#.U4922uZ_BvZ

    Contestazioni e insulti. E ora il sindaco di Siena vuole pure impedirci di scendere in piazza

    Giugno 3, 2014 Sentinelle in piedi Siena

    Il primo cittadino di Siena vuole evitare veglie in piazza del Campo perché siamo «contro le nozze gay». La miglior conferma che dell’impianto ideologico del ddl Scalfarotto

     
     
     

    sentinelle-in-piedi-sienaEgregio direttore,

    nel ringraziarla sentitamente per aver dato voce, sulla versione on-line del Settimanale TEMPI, alla realtà delle Sentinelle in Piedi, che di norma incontra l’indifferenza nella cronaca nazionale e locale, provvediamo di seguito ad alcune precisazioni relativamente alla veglia del 20 maggio 2014 svoltasi a Siena.

    La veglia, organizzata nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di “eventi e manifestazioni pubbliche” rimarcando il carattere apartitico ed apolitico delle Sentinelle in Piedi, ha visto la partecipazione di 150 persone di persone di tutte le età, compresi bambini e mamme in attesa, rappresentanti tutte le estrazioni sociali.

    Come da copione, a pochi minuti dall’inizio della veglia, un gruppo “arcobaleno” con magliette e palloncini colorati, ha avviato una contromanifestazione non autorizzata.

    I contromanifestanti non autorizzati (che i giornalisti hanno detto provenire da membri del movimento pansessuale di Siena e dall’ArciGay di Arezzo) hanno rotto l’armonia geometrica delle Sentinelle inframettendosi fra chi vegliava silenziosamente leggendo orientato verso un unico orizzonte. Fortunatamente non c’è stata alcuna violenza fisica, ma sicuramente ci sono stati atteggiamenti e azioni volgari ed offensivi: non sono mancati baci saffici di fronte a minorenni che leggevano in silenzio il loro libro, esposizione di cartelli contro i manifestanti, cori dove le Sentinelle sono state chiamate “fascisti” e “razzisti”, palloncini sbattuti ripetutamente in faccia a chi leggeva in santa pace, frasi di intolleranza “anagrafica” rivolte a uomini e donne ultrasessantacinquenni che vegliavano con il loro libro, ai quali, ricordando loro di essere “vecchi e inutili”, è stato rivolto l’invito a togliersi di lì.

    Più che la volgarità aggressiva e ideologizzata dei gruppi LGBT, ha colpito e profondamente ferito

    L’atteggiamento antidemocratico dell’Amministrazione Locale di Siena che, la settimana precedente la veglia delle Sentinelle, aveva patrocinato insieme ad altri soggetti pubblici (Provincia, Regione, Università, Università per Stranieri e Comitato Siena Capitale Europea della cultura nel 2019) un’intera settimana contro omofobia, bifobia e transfobia promossa e organizzata dal Movimento Pansessuale Comitato Territoriale Arcigay in occasione della X giornata Mondiale contro l’omofobia: settimana durante la quale le Sentinelle, che veramente credono nella libertà di espressione del pensiero, che anzi combattono per essa, non hanno minimamente disturbato o recato intralcio.

    Singolarissimo come si siano trovate a Siena le energie e le disponibilità per l’argomento “omofobia” (che dal 2010 ad oggi registra appena 20 casi l’anno in tutta Italia 0 a Siena contro, per esempio 1.200.000 casi l’anno di violenze sulle donne) mentre non si ricorda riunito in questi anni un simile “parterre des rois” per affrontare pubblicamente la crisi di una città dilaniata da uno smarrimento senza precedenti, dove una delle Banche più prestigiose d’Italia è stata messa in ginocchio in un amen con pesantissime ripercussioni sociali e con fatti di cronaca tristemente noti a tutto il mondo. Eppure tutti quelli che sono stati pronti a mettere la faccia sull’hashtag #liberidallomofobia si sono dimostrati assai meno solleciti ad affrontare una discussione pubblica sulle responsabilità del sistema politico senese e i rimedi possibili in questa fase drammatica della storia cittadina.

    Il Comune, per il tramite del Gabinetto del Sindaco ha contattato gli organizzatori, la notte precedente il giorno della veglia, ponendo problemi circa la possibilità dell’utilizzo della Piazza del Campo per una non meglio documentata concomitanza di eventi e suggerendo altre piazze meno centrali. Ostacolo risultato poi inesistente tanto che la veglia è stata fatta come da programma.

    L’episodio antecedente il giorno della veglia è stato solo il primo dei dispiaceri che il Comune ha “regalato” alle Sentinelle. Dopo la veglia del 20 maggio, nel consiglio comunale del 22, una consigliera del PD ha presentato un’interrogazione urgente al Sindaco (forma di interrogazione che non prevede repliche da parte dei consiglieri ma solo del Sindaco e che pertanto ha impedito che vi fosse sull’argomento un contraddittorio fra le forze politiche presenti). La consigliera PD ha affermato che essere contro i matrimoni gay ha una valenza politica ed ideologica, oltre che discriminatoria, e che pertanto la Piazza non può essere ceduta per tali finalità essendo il simbolo della collettività, dove tutti i senesi si riconoscono.

    Sorprendente e incredibile la risposta del sindaco Valentini che, attribuendo ad un disguido di comunicazione interna la concessione della Piazza alle Sentinelle, ha promesso la revisione dei regolamenti per la concessione della Piazza del Campo, come richiesto dalla consigliera PD.

    In tal modo il Sindaco conferma che la libertà di espressione è ammessa solo nei casi in cui si sia in sintonia con il pensiero LGBT mentre il resto offende la libertà altrui. Con simili premesse è lecito supporre che ad alcuni verrà impedito di manifestare il proprio pensiero perché l’arbitrio di altri lo ritiene “politico” ovvero offensivo nei confronti di terzi. Facciamo però notare che nessuno ha mai vietato i gaypride, sebbene molte persone li ritengano offensivi della moralità e del decoro civile.

    Egregio Direttore i fatti narrati costituiscono piccoli-grandi esempi di atteggiamento assai poco neutrali delle istituzioni, che si schierano apertamente contro le Sentinelle in Piedi, senza nemmeno entrare nel merito del motivo per il quale esse manifestano, e tutto anche prima dell’approvazione del Ddl Scalfarotto contro l’omofobia, dunque con un sussiego e uno zelo sospetti se non illegittimi.

    Siamo fermamente convinti che la discriminazione omofoba non esista, basta guardare di cosa sono pieni giornali, televisioni, film e panorama politico nazionale. Crediamo invece che ci sia un atteggiamento discriminatorio nei confronti di chi sostiene che la famiglia fondata sull’unione di un uomo e di una donna vada difesa come bene fondante la società, e che la libertà di espressione di ciascuno debba essere garantita senza pelose limitazioni. E che non possa costituire reato perseguibile l’affermazione, ribadita con forza, che ogni bambino ha diritto a un padre e una madre. E per questo non ci stancheremo di vegliare.

    Il Comitato Sentinelle in Piedi Siena


    [Modificato da GMU 04/06/2014 21:48]
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    00 04/06/2014 21:52
    C'è chi ritiene sia giusto aggredire le Sentinelle in Piedi
    fonte: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-ce-chi-ritiene-sia-giusto-aggredire-le-sentinelle-in-piedi-9369.htm C'è chi ritiene sia giusto aggredire le Sentinelle in Piedi
    di Alfredo Mantovano03-06-2014


    Pressing su una Sentinella

     

    Gli Lgbt non le mandano a dire. Se hanno un pregio è di parlare chiaro. A poche ore dalla performance in quel di Lecce, su cui questa testata ha puntualmente informato ieri, giungono la rivendicazione e la giustificazione: “Partiamo dal presupposto che la nostra era una contromanifestazione, quindi viene naturale immaginare che non fosse autorizzata dalla Questura – altrimenti, che contromanifestazione sarebbe?” Così, d’esordio, l’associazione LeA-Liberamente e Apertamente, che preannuncia su Facebook un comunicato congiunto con le altre sigle di area. E poi: “Le organizzatrici della veglia leccese forse non sanno che le contestazioni alle sentinelle si sono svolte anche in altre città italiane, con diverse modalità, però tutto il caos mediatico che hanno generato qui da noi, diffondendo informazioni distorte, non era mai avvenuto prima di oggi.”

    Ancora: “la nostra manifestazione aveva come scopo la corretta informazione sul ddl Scalfarotto. Abbiamo scelto la modalità dell'azione di disturbo per smuovere le menti e le coscienze innanzitutto dei partecipanti alla veglia, molti dei quali – soprattutto i più giovani – hanno rotto lo schema del silenzio e hanno cercato il confronto con noi perché non erano ben informati del significato della veglia.” Infine, dopo aver lamentato ingiurie ricevute su Facebook (che non si capisce che cosa c’entrino i partecipanti alla veglia leccese), la conclusione: “a queste provocazioni mediatiche, rispondiamo con un invito alle organizzatrici delle sentinelle ad un confronto faccia a faccia tra noi e loro”.

    W la sincerità! Apprezzabile quanto quella dell’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Scalfarotto, quando nell’agosto 2013 non usò mezze parole per dire a L’Espresso che dopo il suo d.d.l. sarebbe stato il turno del matrimonio fra persone dello stesso sesso: come sta accadendo col testo sulle unioni civili, nella sostanza un paramatrimonio, in discussione al Senato nello stessa Commissione Giustizia in cui si tratta della legge sull’omofobia. Senza peli sulla lingua, gli Lgbt:

    -rivendicano di poter svolgere senza preavviso “contromanifestazioni”, impedendo che altri, nella specie Sentinelle in piedi, che invece alla polizia hanno dato avvisi e concordato luoghi e orari, svolgano le loro, e in tal senso parlano di “azione di disturbo” necessaria. Questo vuol dire che, in ossequio al principio di eguaglianza, le regole valgono per gli altri: noi – cioè “loro” – facciamo quello che ci pare;
    - si meravigliano di come chi ha organizzato la veglia a Lecce non gradisca la contestazione: ma come, c’è stata in tante altre città italiane, perché vi lamentate? Anzi, rispettate la prassi che si consolida di allestire manifestazioni e di vedersele disturbate dagli Lgbt!
    - trovano singolare che il loro intervento abbia generato “caos mediatico”: caos in piazza sì, animato da loro, descrizione del caos sui media no. In coerenza con le “linee-guida” per i giornalisti varate dall’Unar nel dicembre 2013, nel punto in cui prescrivevano ai fotografi che vanno ai Gay pride di non riprendere persone “luccicanti e svestite”!
    - teorizzano l’“azione di disturbo” “per smuovere le menti e le coscienze”, e in tal senso invitano le giovani organizzatrici della veglia leccese a un confronto “faccia a faccia”.

    Si chiede dal suo blog Mario Adinolfi: “E se fossero state cinquanta Sentinelle ad andare a irridere una manifestazione Lgbt? Cosa avrebbero scritto quei quotidiani? Avrebbero parlato di "flashmob"? O avrebbero raccontato una "aggressione omofoba" alla manifestazione Lgbt?” Domande retoriche: chi solo tentasse – non per un’ora, come è accaduto a Lecce – di ostacolare una manifestazione Lgbt sarebbe bloccato e portato in questura. Se si giustificasse dicendo che altrove c’erano già stati disturbi e molestie, riceverebbe una contestazione di recidiva. Se protestasse contro la pubblicazione della sua foto sui media come “mostro della settimana”, sarebbe accusato di violazione della libertà di informazione. Se aggiungesse che il suo gesto era per smuovere menti e coscienze, gli verrebbero imputati i “motivi abietti e futili”.

    Per concludere. Come si deve essere grati agli Lgbt della loro sincerità, così non si può lasciar cadere il loro invito a trattare temi delicatissimi attraverso il confronto. Chi difende le ragioni della famiglia e della libertà non chiede altro. Purché il confronto sia fondato non sulle urla, ma sull’esame delle norme esistenti e di quelle che si vorrebbero introdurre. Purché sia diretto a tutelare la dignità di ogni persona da qualsiasi discriminazione e a garantire la libertà di opinione e di educazione. Purché sia rispettoso: non c’è rispetto quando ci si vanta che per affermare le proprie tesi si impedisce una manifestazione, e che per contestare le tesi altrui si disturba chi, per il semplice fatto che è in silenzio e con un libro in mano, invita alla riflessione.


    [Modificato da GMU 04/06/2014 21:53]
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    00 19/06/2014 21:52
    Pagina Facebook di Mario Adinolfi oscurata
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    00 22/06/2014 20:25
    Modena, l'Arcigay contesta Giovanardi e le "Sentinelle"
    fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/06/21/news/giovanardi_grillini_sentinelle_in_piedi_modena-89664382/
    MODENA -
     Erano in 400, a detta del senatore Carlo Giovanardi, in piazza Grande a Modena: 400 "Sentinelle in piedi", per difendere la libertà di opinione dei cattolici che la sentono minacciata dalla legge anti omofobia già approvata alla Camera. In piedi, in silenzio, con un libro in mano

    Erano attorniati però da un folto gruppo di contestatori, che sventolavano le bandiere arcobaleno (ma ereditate dal movimento contro la guerra e con la scritta 'Pace'). C'era anche Franco Grillini (Gaynet), storico leader del movimento omosessuale italiano, 'armato' di cellulare per raccontare su Facebook la contestazione.

    "Le provocazioni e i dileggi messi in campo oggi a Modena, in piazza Grande, da una manifestazione non autorizzata promossa dall'Arcigay contro le Sentinelle in piedi è l'ennesima dimostrazione del clima di aggressione alimentato contro chiunque non si adegua alla ideologia Lgbt", commenta il senatore Carlo Giovanardi.
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    00 23/06/2014 00:25
    Vogliono abbattere le Sentinelle
    fonte: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-vogliono-abbattere-le-sentinelle-9545.htm
    Vogliono abbattere le Sentinelle
    di Vincenzo Luna
    23-06-2014

    Azioni di disturbo contro le Sentinelle

    Per il variegato mondo Lgbt e per i suoi partner istituzionali, Sentinelle in piedi sono più di un fastidio: non sono confessionali, e quindi non le si può accusare di clericalismo; non sono partitiche, e quindi non vi è nessuna strumentalizzazione da evocare; non sono estremiste (è ciò che spiace di più agli Lgbt), fanno coincidere la protesta col silenzio e con l’invito alla riflessione, rappresentato dal libro. Soprattutto non demordono: può darsi che all’inizio taluno confidasse sulla loro scarsa attrattività e sulla loro occasionalità; strada facendo le veglie si sono moltiplicate, e la quantità dei partecipanti è cresciuta. Così non può andare avanti: il fenomeno va neutralizzato, anche col ricorso alla prepotenza. 

    Dopo vari episodi di gravi disturbi e di provocazioni, le ultime due puntate della fiction politically correct anti-Sentinelle sono andate in onda sulle piazze di Siena e di Modena: urla, amplificatori, presenza dileggiante degli Lgbt a fianco delle singole Sentinelle… esattamente come nelle settimane passate a Lecce, a Perugia o a Trento. Il tutto senza l’intervento, se non addirittura con l’avallo delle forze di polizia: nel caos di Siena, la sola misura è stata adottata contro una Sentinella che adoperava il megafono nel tentativo di coprire le urla degli Lgbt: 100 euro di contravvenzione da parte di uno zelante agente della polizia municipale!

    Finora pareva che il tranquillo svolgimento delle veglie dipendesse dalla sensibilità e dalla buona volontà dei responsabili dell’ordine pubblico in ciascuna città. La successione, soprattutto nelle ultime settimane, di disturbi anche seri, con le forze di polizia o assenti, benché avvisate, o presenti ma inerti, fa sorgere qualche dubbio che sia così, e rende lecita la domanda se non vi sia stato un passa-parola, più o meno formalizzato, teso a permettere le provocazioni Lgbt, col solo limite (che qualche funzionario ha pure dichiarato) del passaggio alle vie di fatto.

    Le disposizioni in materia del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza sono inequivocabili. Chi intende manifestare in un luogo pubblico lo comunica almeno tre giorni prima all’autorità di sicurezza del posto: se non esistono ostacoli per la manifestazione, la segnalazione è sufficiente per svolgere l’iniziativa e per ottenere la tutela di essa, quando vi è il sentore che possa essere disturbata. Eventuali controindicazioni (la manifestazione è di solidarietà con le Brigate rosse o di annuncio della ricostituzione del Pnf; si citano non a caso esempi estremi) portano a vietare l’iniziativa, ovvero a farla svolgere nel rispetto di determinate prescrizioni. 

    Finora ogni veglia delle Sentinelle è stata preceduta dalla comunicazione in Questura e, soprattutto di recente, dalla illustrazione alla medesima Questura dei rischi di provocazioni e di disturbi. Se dopo Lecce, Siena, Modena… è accaduto quel che si sa, delle due l’una: o gli Lgbt hanno comunicato per tempo in ciascuna Questura la loro contromanifestazione alla stessa ora e nella stessa piazza e non hanno ricevuto alcun divieto (il che avrebbe dell’assurdo), ovvero non l’hanno comunicata, e allora andava impedita, in quanto in violazione delle norme sulla sicurezza e del diritto a manifestare di Sentinelle (e questo non è accaduto). Tertium non datur, in base alla legge. E invece il “tertium” è costituito dalla piena consapevolezza da parte delle Questure dei luoghi nei quali si sono verificati i disordini che ci sarebbero state le contromanifestazioni, e dalla tolleranza mostrata nei confronti delle stesse.

    Prima di ogni evento dal quale possano derivare problemi per l’ordine pubblico – si tratti di una partita di calcio o di un comizio o di un concerto dei Rolling Stones –, le forze di polizia (in genere la Digos) contattano i responsabili delle associazioni/movimenti fonti di possibili disordini, e concordano quel che è permesso: partendo dal presupposto che la manifestazione non va disturbata, la “trattativa” può concedere una presenza limitata e silenziosa, con l’avvertimento che il primo che dà fastidio viene preso e allontanato. Ciò è accaduto più d’una volta in passato, ma questa regola nell’ultimo mese sembra saltata.

    Il problema non è più territoriale, non può farsi coincidere con le scelte della singola Questura; interessa la realtà che ha verosimilmente dato questa indicazione, al cui vertice c’è il ministro dell’Interno, che ne ha la responsabilità politica, insieme con il governo di cui fa parte. Sarebbe utile sapere se la collaborazione con le associazioni Lgbt, oltre a esplicitarsi nelle direttive Fornero e in quelle sui giornalisti, con strascichi persistenti nelle scuole, preveda pure la riduzione al silenzio effettivo di chi non la pensa diversamente. 

    Nelle settimane passate più parlamentari hanno presentato interrogazioni al titolare del Viminale, mostrando attenzione alle vicende delle Sentinelle: con esiti finora pari a zero, stando alla cronaca – da ultimo – di sabato sera. C’è uno strumento per essere più efficaci? Se esiste, andrebbe adoperato, dentro o fuori le Aule parlamentari: il tutto perché ai Questori sia raccomandata la tutela delle veglie delle Sentinelle “in automatico”, senza permettere i disturbi che in altre circostanze non vengono mai permessi, e che soprattutto non verrebbero permessi a parti invertite (ipotetici flash-mob di gay pride). 

    Venerdì 27, a Roma, c’è il prossimo appuntamento: che, da parte di chi ha voce in capitolo, andrebbe affrontato sapendo che la partita in gioco va oltre il pur importante diritto a manifestare delle Sentinelle: riguarda il diritto a manifestare in assoluto, e in particolare quando sono in causa i principi. Ci stiamo avvicinando al trattamento riservato a Manif in Francia?


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    00 28/06/2014 13:35
    Otto validi motivi contro la legge sull’omofobia

    fonte: http://www.uccronline.it/2014/06/06/otto-validi-motivi-contro-la-legge-sullomofobia/

    legge omofobia
    Il professore emerito di Diritto Penale all’Università Firenze, Ferrando Mantovani, è intervenuto nel dibattito sul ddl Scalfarotto contro l’omofobia, che prevede la reclusione per chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione» fondati sull’omofobia o sulla transfobia. Il prof. Mantovani ha bocciato la legge anti-omofobia per 8 motivi, ben ponderati ed esposti con chiarezza.

     

    A) NON NECESSARIA: ha inizialmente osservato che «la proposta di legge è ritenuta da più parti, e non a torto, non strettamente necessaria, essendo sufficiente a tutelare ogni persona contro i deprecabili atti di violenza, di offesa, di discriminazione per ragioni di orientamento sessuale, il ricco armamentario penale dei delitti di percosse, di lesioni, di omicidio, di minacce, di violenza privata, di atti persecutori, di maltrattamenti, di ingiuria, di diffamazione, di discriminazione, in particolare in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; tutte aggravate dalla circostanza dei motivi “abietti”, di cui all’art. 61 n.1 c.p.».

    B) SI BASA SU ELEMENTI EMOZIONALI: Inoltre, «tale proposta di legge presenta un’inquietante intrinseca pericolosità, quale vulnus ad irrinunciabili principi di civiltà giuridica, in quanto incentrata non su elementi costitutivi di tipo descrittivo o naturalistico, facenti riferimento a realtà individuabili con sufficiente sicurezza. Bensì su elementi costitutivi di natura emozionale, quali l’”omofobia” e la “transfobia”, come tali del tutto vaghi, indeterminati e indeterminabili nella loro portata applicativa; nonché sulla indeterminatezza del concetto di “discriminazione”».

    C) TROPPA DISCREZIONALITA’ DEL GIUDICE: è anche a lui evidente che «la suddetta proposta di legge apre, conseguentemente, spazi estremamente ampi alla discrezionalità del giudice e ai suoi possibili soggettivismi (personologici, ideologici, caratteriali), e a possibili decisioni giurisprudenziali opposte: in violazione dei principi, costituzionalizzati, di legalità-tassatività e di eguaglianza del cittadino di fronte alla legge. E particolari inquietudini hanno già sollevato le applicazioni dell’art. 3/1a della l. n. 654/1975 da parte della stessa Corte di cassazione nelle due sentenze della Sez. I, n. 47984 del 22/11/201, e della Sez. IV, n. 41819, del 10/7/2009 (1)».

    D) INTRODUCE IL REATO D’OPINIONE: Ci sono inoltre rischi che «il prevedibile esito della proposta di legge (se approvata), stante la sua indeterminatezza, sia quello di perseguire penalmente, in quanto atti di discriminazione fondati sulla omofobia, anche il sostenere l’inammissibilità del matrimonio omosessuale, l’esigenza dei bambini di avere un padre e una madre, il divieto di adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali, il formulare giudizi di disvalore degli atti omosessuali sulla base delle Sacre Scritture, della Tradizione della Chiesa cattolica e del pensiero di altre religioni; il semplice citare pubblicamente passi evangelici sulla sodomia; il dibattere se l’orientamento sessuale sia modificabile o immodificabile e se la modificazione sia un’affermazione scientificamente fallace o meno; l’applicare a persone omosessuali, che liberamente lo richiedano, le c.d. terapie riparative per correggere l’orientamento sessuale o considerare meritevole di aiuto il disagio esistenziale di cui soffrono certi omosessuali. Con la conseguente violazione dei diritti, costituzionalizzati, della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà religiosa e della libertà di educazione dei genitori verso i figli, comprendente anche l’educazione sessuale».

    E) INCENTIVA LA STESSA OMOFOBIA: l’omofobia, ha anche osservato l’emerito giurista, «viene non contrastata, ma incentivata, e nel modo peggiore, con gli atteggiamenti di vituperio, di intimidazione, di arrogante intolleranza, di minacce o di attivazione di azioni penali verso i pensieri divergenti, di cui si ha un crescente sentore; anziché favorito attraverso un confronto ed una discussione, senza forzature, e la proposizione di modelli educativi ispirati al rispetto di ogni persona come tale, a prescindere dagli orientamenti sessuali».

    F) HA UNA FUNZIONE MORALIZZANTE: esiste anche uno scopo ideologico: «non ci troviamo di fronte ad un “diritto penale conservativo”, di tutela di specifici beni giuridici, ma ad un “diritto penale propulsivo”, usato cioè come strumento per l’imposizione da una diversa visione sociale, per creare nuova sensibilità, con una funzione c.d. di moralizzazione; finalità che sono state sempre stigmatizzate dalla dottrina penalistica liberaldemocratica e laica».

    G) E’ CONTROPRODUTTIVA: inoltre viene osservata la sua inutilità e controproduttività, «perché è quanto mai dubbia l’effettività generalpreventiva di una tale legge, come attestano i periodici ed infruttuosi inasprimenti sanzionatori in materia di violenze sessuali, di pedoprostituzione, di pedopornografia, di atti persecutori, di omicidi e di lesioni personali, causati da gelosia o da utenti della strada sotto l’effetto di sostanze stupefacenti od alcoliche, e più in generale la ininterrotta ed infruttuosa produzione legislativa penale», in quanto «esiste un rapporto di proporzione inversa tra condotta antisociale e validi controlli sociali, nel senso che il numero di coloro che pervengono al delitto cresce col decrescere di tali sistemi normativi di controllo».

     

    Di fronte a comportamenti anti-sociali come l’omofobia, qualora esista veramente, la vera alternativa è «ripristinare il primario sistema dei controlli socio-culturali, sostituendo all’attuale sistema di disvalori criminogeni un sistema di valore anticrimine, incentrato non più sulla degenerazione della “cultura dei diritti” nella “caricatura dei diritti propri”, tendenzialmente illimitati, ma sulla conversione della cultura dei diritti anche nella “cultura dei doveri”, volta a fare emergere nell’uomo la parte migliore e non la peggiore. Operazione che richiede una profonda inversione culturale, assai improbabile finché persiste la diffusa e nichilistica “inappetenza per ogni sistema di valori”». Oppure la rassegnazione ma accompagnata comunque dall’auspicio del «riposo del legislatore, preferibile ad un legiferare frenetico e scomposto, ideologico e nichilistico, frutto di una persistente confusione tra l’”agire” e l’”agitarsi”».


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    00 14/07/2014 22:56
    Nozze gay: l’APA senza credibilità, smentita dagli studi
    fonte: http://nellenote.wordpress.com/2014/07/10/nozze-gay-lapa-senza-credibilita-smentita-dagli-studi-uccr/

    Nozze gay: l’APA senza credibilità, smentita dagli studi

     

    APA

    Nel luglio 1998 l’American Psychological Association (APA) ha sostenuto, tramite uno studio scientifico, che gli abusi sessuali sui bambini non sarebbero dannosi se vengono da essi “consentiti”. Nello studio vi si legge che «le esperienze sofferte da bambini, sia maschi che femmine, che hanno avuto abusi sessuali sembrano abbastanza moderate», inoltre, «l’abuso sessuale su un bambino non necessariamente produce conseguenze negative di lunga durata». Così, si conclude,«il sesso consensuale tra bambini e adulti, e tra adolescenti e bambini, dovrebbe venire descritto in termini più positivi, come “sesso adulto-bambino” e “sesso adolescente- bambino”». L’APA ha invitato a non usare lo studio come un avvallo della pedofilia, ma non ha mai preso le distanze dalle affermazioni contenute.

    L’American Psychological Association è anche nota per essere fortemente influenzata (e alcuni dicono ricattata) dall’attivismo omosessuale, fin dagli anni ’70. Un noto ricercatore e attivista gay, Simon LeVaylo ha ammesso dopo la decisione del 1973 di cancellare l’omosessualità dal DSM (manuale diagnostico dei disturbi mentali): «l’attivismo gay era chiaramente la forza che ha spinto l’APA a declassificare l’omosessualità dai disturbi di mente». Su questa decisione (giusta o sbagliata che sia, non è questo l’argomento), presa per alzata di mano (sic!), sono intervenuti anche due ex presidenti della stessa organizzazione, ovvero Rogers H. Wright e Nicholas A. Cummings.

    Nel loro libro “Destructive Trends in Mental Health: The Well Intentioned Path to Harm” (Routledge 2005), scrivono da testimoni oculari dei fatti: «Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders della American Psychiatric Association ha ceduto improvvisamente e completamente a politiche di pressione quando nel 1973 ha rimosso l’omosessualità dalle condizioni di curabilità. Una tempesta politica era stata creata dagli attivisti gay all’interno dell’associazione e gli psichiatri fortemente contrari alla normalizzazione dell’omosessualità sono stati demonizzati e persino minacciati di morte, piuttosto che scientificamente confutati»(pag. 9). All’interno del volume si parla frequentemente dei «gruppi gay all’interno dell’APA» che ne condizionano l’attività ed i pronunciamenti pubblici. Le accuse contro l’APA di inattendibilità scientifica sulla tematica dell’omosessualità sono arrivate anche numerosi altri ex presidenti e responsabili dell’associazione, come Jack G. WigginsRobyn DawesDavid Stein e Robert Perloffche hanno supportato pubblicamente le affermazioni del libro.

    Nel 2008 sempre Nicholas A. Cummings, uno degli ex presidenti dell’APA (nonché tra i più influenti psicologi in America) ha raddoppiato la dose«L’APA ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale. Il pubblico non può più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove sull’omosessualità, piuttosto si deve basare su essa per quel che riguarda l’essere politicamente corretti. Al momento la governance dell’APA è investita da un gruppo elitario di 200 psicologi che si scambiano le varie sedi, commissioni, comitati e il consiglio dei Rappresentanti. La stragrande maggioranza dei 100.000 membri sono essenzialmente privati dei diritti civili. Alla Convenzione APA del 2006 a New Orleans, ho tenuto un discorso intitolato “Psicologia e la necessaria riforma dell’APA”, che è stato ampiamente diffuso nei listserves di psicologia ma è stato totalmente ignorato dalla leadership dell’APA».

    Come può dunque essere presa sul serio un’associazione scientifica che si lascia condizionare da forme di lobbysmo, priva di democrazia interna e che ha come nemici così tanti suoi ex presidenti? Come può essere attendibile su questa specifica tematica se la sua principale ricercatrice è Charlotte Patterson, lesbica, convivente e attivista LGBT? Eppure il quotidiano La Stampa ha dato voce ad uno degli attuali responsabili, Clinton Anderson, il quale ha speso buone parole circa le relazioni omosessuali paragonate a quelle eterosessuali, anche se -ha detto- «ancora non possiamo paragonare coppie sposate omo ed eterosessuali perché, negli Usa, il matrimonio gay è consentito solo in alcuni Stati». L’unica differenza, secondo lui, sarebbe la minor durata delle relazioni omosessuali. Peccato che sia stata solo un’intervista di chiaro intento propagandistico (che dovrebbe essere evitato dalle organizzazioni scientifiche) e non abbia potuto citare alcuno studio a suo supporto.

    Siamo tuttavia contenti che abbia taciuto sulle adozioni a persone dello stesso sesso, probabilmente consapevole che nel luglio 2012 uno studio pubblicato su “Social Science Research” ha di fatto mostrato la completa infondatezza della posizione “possibilista” dell’American Psychological Association, secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eterosessuali. E’ stato dimostrato che i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi sono inaffidabili dal punto di vista scientifico e, se interpretati correttamente, attestano notevoli differenze sussistenti tra figli adottati da coppie gay conviventi e figli naturali di coppie eterosessuali.

    Interessante infine rilevare una sorprendente dichiarazione rilasciata dallo stesso Clinton Anderson, probabilmente considerata pesantemente omofobica dalle lobby di pressione interne all’APA. Egli ha infatti affermato nel 2006«Io non penso che chiunque di noi sia in disaccordo con l’idea che le persone possano cambiare, perché noi sappiamo che eterosessuali sono diventati omosessuali, così è totalmente ragionevole che persone omosessuali diventino eterosessuali. La questione non è se l’orientamento sessuale può cambiare, ma se risultano efficaci le terapie di cambiamento dell’orientamento sessuale». E’ evidente che la frase finale non ha senso ma è unicamente giustificata da motivi di avversione ideologica. Ribadiamo le parole del dott. Nicholas Cummings, ex presidente dell’APA: «le persone non possono più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove sull’omosessualità, piuttosto ci si deve basare su essa per quel che riguarda l’essere politicamente corretti».


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    00 14/07/2014 23:22
    "Le Sentinelle vegliano non per distruggere il presente o per restaurare il passato, ma per riconciliare in forme nuove l’ordine della madre e quello del padre. Vegliano silenziosamente, perché il silenzio è la matrice dell’individuazione, ciò che rende compatta la persona, esatta antitesi dell’umanità indifferenziata promossa dalla società dei consumi. Saper reggere lo sguardo ostile e la violenza verbale senza cadere nel tranello della provocazione è incarnare la tranquillitatis ordinis, sintesi di pace e verità. Equivale a una dimostrazione di forza e maturità. È questa la terra sana, solida, su cui edificare un futuro migliore per tutti".
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    00 14/07/2014 23:35
    Vegliare per la ragione
    fonte: http://costanzamiriano.com/2014/04/15/vegliare-per-la-ragione/#more-10580


    Vegliare per la ragione

    DI ANDREAS HOFER

    sentinelleverona13042014

    di Andreas Hofer

    Il pericolo consiste in questo: che l’intelletto umano è libero di distruggersi.
    (G.K. Chesterton)

    Esistono strategie precise per avvelenare il confronto di idee. Ha imparato a conoscerle bene chi, prendendo parte alla più recente veglia veronese delle Sentinelle in piedi, si è trovato a fronteggiare la marea montante di insulti, urla, frizzi e lazzi d’ogni genere elargiti con prodigalità da uno sparuto ma chiassoso drappello di militanti LGBT.

    Dopo averli visti all’opera, viene quasi naturale pensare ai falsi ragionamenti che Aristotele vedeva legati all’uso delle parole. Sono le cosiddette «fallacie semantiche»: pseudo argomenti modulati sull’ambiguità e sull’equivoco, la materia prima dei sofisti d’ogni tempo.

    La fallacia semantica mette in circolazione una falsa moneta simbolica: consiste nel celare una non-verità facendosi scudo dei differenti significati di una stessa parola. Gli esempi potrebbero essere innumerevoli: una sola parola, “calcio” ad esempio, può significare tanto l’elemento chimico quanto il gioco; “capo” può indicare sia la testa che il datore di lavoro.

    «Zeitalter der Sophisten – unsre Zeit» («L’età dei sofisti: il nostro tempo»). La nostra è l’epoca della sofistica trionfante, scriveva nella primavera del 1870 l’insospettabile Friedrich Nietzsche. [1] E infatti è saturo, il nostro dibattito pubblico, di argomenti fondati sul sistematico avvelenamento della verità. [2] Non si sottraggono certo al campionario delle verità avvelenate anche le principali parole-talismano («riconoscimento», «diritto di cittadinanza») utilizzate dai partigiani del matrimonio omosessuale per sostanziare le proprie rivendicazioni.

    Nel suo saggio Le mariage gay Thibaud Collin ha evidenziato l’abilità dialettica con cui il movimento gay ha saputo guadagnarsi il consenso dell’opinione pubblica volgendo a proprio favore l’ambivalenza semantica della moderna «politica del riconoscimento».

    Charles Taylor, acuto indagatore del multiculturalismo, distingue infatti due accezioni contrastanti del termine «riconoscimento». Alla medesima espressione (recognition, nell’originale inglese) fanno riferimento tanto una accezione di stampo universalistico, che relega nella sfera privata le identità particolari a profitto dell’uguaglianza di diritti e doveri del cittadino, quanto una seconda accezione di matrice identitaria che, in contrasto con la prima, riflette la sollecitudine moderna per l’«autenticità» mettendo in rilievo le unicità delle singole identità. [3]

    L’uso pubblico della fallacia dell’equivocazione propizia così surrettiziamente lo slittamento semantico – che al tempo stesso è un trasbordo ideologico – da «cittadino» a «gay», identificando formalmente queste due realtà. «È certamente lo stesso individuo che può essere gay e cittadino francese – osserva Collin –, ma volersi appoggiare sul fatto di essere cittadino (che in quanto tale ha diritti uguali a quelli di tutti gli altri cittadini) per reclamare dei diritti in quanto gay significa passare al secondo senso della parola riconoscimento, centrato su una identità (particolare e minoritaria) che si cerca di far accettare all’insieme del corpo sociale». [4]

    Ma esistono anche altre tattiche per infestare il campo argomentativo.

    1. Attivazione di «frames». Vi sono espressioni che evocano concetti, predispongono orientamenti politico-ideologici. Alcune espressioni sono tipicamente “progressiste”, altre sono tipicamente “conservatrici”, e via dicendo. Nell’atto di usare una espressione come «non siamo nel medioevo!» si attiva un quadro ideologico tipicamente progressista in cui ogni difesa dei valori tradizionali risulta debole, impacciata, già perdente in linea di principio perché rinserrata nel recinto semantico dell’oscurantismo (che, si sa, per definizione è cattolico).

    I frames sono, pertanto, i quadri ideologici che plasmano un linguaggio politico. Sono strutture (frame, in inglese) di concetti legati tra loro da significati ben precisi. Danno luogo, scrive D’Agostini, a una sorta di «preorientamento del giudizio» in senso positivo o negativo.

    Un modo tipico di attivare un frame negativo è l’uso di formule definitorie ad alto contenuto evocativo. Di eccezionale violenza – e pericolosità – è il ricorso a termini come «fascista», «nazista», «omofobo». L’uso di espressioni che evocano di per sé implicazioni negative (reductio ad Hitlerum) è pratica corrente in ogni forma di terrorismo intellettuale.

    Il procedimento è sempre il medesimo. Occorre innanzitutto imprimere nell’immaginario collettivo un archetipo del male, suscitare una “figura funesta” dal senso indefinito, dai contorni alquanto vaghi, elastici. A questo punto è sufficiente assimilare il proprio avversario a questo archetipo maligno. [5]

    Spogliare il nemico della sua umanità per farne un simbolo astratto del male. Non sfuggirà la violenza immanente all’uso di certi frames negativi. Sempre l’annientamento simbolico dell’umanità del “nemico ideologico” ha preceduto il suo annientamento fisico. È grondato di sangue, questo habitus mentale capace di trasformare gli uomini in fiere. [6] Ciò basta a capire perché dietro ogni violenza verbale si stagli, in agguato, il profilo della “parola che uccide”.

    2. Provocazione. Fa parte della famiglia delle fallacie «esecutive». Qui parliamo della violazione più o meno palese delle norme di comportamento che regolano ogni dibattito. Si tratta di un’azione di disturbo che riguarda, più che i contenuti o i significati delle parole, il contegno di chi le usa e partecipa al confronto dialettico.

    Con la provocazione si vuol far degenerare la controversia spingendo l’avversario a perdere le staffe. Suscitarne la reazione violenta in maniera tale da minarne la credibilità. I modi per produrre questo effetto sono potenzialmente infiniti. A questo scopo certo sono di particolare efficacia le continue interruzioni, l’insolenza diretta o indiretta (verso cose, persone, storie, tradizioni, idee e teorie stimate dall’avversario).

    Il provocatore che si serve della parola occisiva è mosso dalla volontà maligna di procurare una scissione interiore. Vuole aprire una piaga nell’intimo di quell’organo del senso morale che è la coscienza. È fondamentale sapere, tuttavia, che la provocazione è l’arma della disperazione, l’espediente ultimo, estremo, di chi sente vacillare le proprie convinzioni.

    Occorre, pertanto, vegliare fino a quando la ragione non si desterà dal sonno, finché non desisterà dai propri sogni di distruzione. Le Sentinelle vegliano non per distruggere il presente o per restaurare il passato, ma per riconciliare in forme nuove l’ordine della madre e quello del padre. Vegliano silenziosamente, perché il silenzio è la matrice dell’individuazione, ciò che rende compatta la persona, esatta antitesi dell’umanità indifferenziata promossa dalla società dei consumi. Saper reggere lo sguardo ostile e la violenza verbale senza cadere nel tranello della provocazione è incarnare la tranquillitatis ordinis, sintesi di pace e verità. Equivale a una dimostrazione di forza e maturità. È questa la terra sana, solida, su cui edificare un futuro migliore per tutti.

    ——————————————-

    [1] http://gutenberg.spiegel.de/buch/3258/4

    [2] È utile qui la rassegna di Franca D’Agostini, Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, Bollati Boringhieri, Torino 2010.

    [3] Cfr. Charles Taylor, Multiculturalismo. La politica del riconoscimento, tr. it. Anabasi, Milano 1993.

    [4] Thibaud Collin, Le mariage gay. Les enjeux d’une revendication, Eyrolles, Paris 2005, p. 35.

    [5] «L’accusa – scrive Jean Sévillia – può essere esplicita o essere mossa con insinuazioni, spalancando la porta a un processo alle intenzioni: ogni oppositore può essere attaccato non sulla base di quel che pensa, ma sui pensieri che gli si attribuiscono. Il manicheismo ha delle conseguenze vincolanti, si fonda in ultima istanza su un’altra logica: la demonizzazione. Non è questione di discutere per convincere: si tratta di intimidire, di colpevolizzare, di squalificare». (Jean Sévillia, Le terrorisme intellectuel de 1945 à nos jours, Perrin, Paris 2000, p. 10)

    [6] La connessione tra parola omicida e disumanizzazione è lumeggiata con particolare chiarezza nell’intervista rilasciata da Silveria Russo, ex militante di Prima Linea, a Sergio Zavoli. «Allora tutto era mediato dall’ideologia e quindi dal vedere le persone come simboli. Per me quel magistrato o un’altra persone che si decideva di sopprimere era un simbolo, non era una persona». (Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, Mondadori, Milano 1995, p. 385)


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    00 14/07/2014 23:35
    L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energie rinnovate e rinnovabilie ha commentato:
    La fallacia semantica… Dai tempi del terrorismo… La connessione tra parola omicida e disumanizzazione è lumeggiata con particolare chiarezza nell’intervista rilasciata da Silveria Russo, ex militante di Prima Linea, a Sergio Zavoli. «Allora tutto era mediato dall’ideologia e quindi dal vedere le persone come simboli. Per me quel magistrato o un’altra persone che si decideva di sopprimere era un simbolo, non era una persona». (Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, Mondadori, Milano 1995, p. 385).
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    00 14/07/2014 23:40
    Sei ragioni per le quali il Tribunale di Grosseto non ha affatto riconosciuto le nozze gay
    fonte: http://www.tempi.it/lettera-di-una-sentinella-che-ha-a-cuore-la-ragione-e-non-e-disposta-a-barattare-il-sole-per-una-lucciola#.U8RN_OZ_CpN


    Sei ragioni per le quali il Tribunale di Grosseto non ha affatto riconosciuto le nozze gay 


    Non vi sono ragioni giuridiche per le quali oggi in Italia sia riconoscibile (e trascrivibile) il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ecco perché la sentenza del giudice di Grosseto è stata impugnata dal Procuratore Generale.


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    A leggere i titoloni dei giornali (soprattutto quelli progressisti), sembra che siamo arrivati a una svolta epocale sui matrimoni omosessuali. Il giudice di Grosseto ha ordinato la trascrizione di un matrimonio gay celebrato negli USA. Dunque, nell’ordinamento italiano sarebbe stato introdotto, o comunque riconosciuto, il matrimonio fra persone dello stesso sesso.


    Assolutamente falso. La prima ragione è semplicemente processuale. Il provvedimento del giudice del Tribunale di Grosseto è di primo grado, perciò può essere impugnato dal Procuratore Generale, come è effettivamente accaduto. Il che significa che per ammettere “un’innovazione” in materia (seppure in chiave interpretativa delle norme attualmente in vigore), dovremmo arrivare in Cassazione. E anche allora – ammesso che i giudici di legittimità concordino con il giudice di Grosseto – saremmo comunque davanti a un precedente giurisprudenziale che non vincola gli altri giudici, e men che meno il legislatore.


    La seconda ragione è di natura costituzionale. La nostra carta, all’art. 29 Cost., afferma che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio. Indubbiamente dal tenore letterale si evince che il matrimonio non può che essere quello celebrato tra persone di sesso diverso. Peraltro, a conferma, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 138 del 15 aprile 2010, dà atto in premessa che la nostra disciplina del matrimonio postula la diversità di sesso tra i coniugi nel quadro di “una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio“.


    La terza ragione è civilistica. Nel codice civile ove si parla di matrimonio civile, si intende chiaramente il matrimonio contratto tra persone di sesso diverso, in parte perché – per richiamare il preambolo della citata sentenza costituzionale – vi è una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio sulla quale le norme del nostro codice si fondano, è in parte perché le norme che disciplinano i diritti e i doveri dei coniugi fanno inequivocabilmente riferimento al matrimonio tra persone di sesso diverso, quando si riferiscono alla “moglie” e al “marito”. Oltremodo, l’art. 89 c.c. quando disciplina il divieto temporaneo di nuove nozze, si riferisce alla donna, rispetto alla quale potrebbe verificarsi uno stato di gravidanza che impedisce nei trecento giorni successivi allo scioglimento del matrimonio di contrarre nuove nozze.


    La quarta ragione è di diritto internazionale privato. Il matrimonio contratto dai cittadini italiani all’estero è disciplinato dal nostro codice civile in via esclusiva (art. 115 c.c.), anche quando è stato celebrato secondo le norme del paese straniero. Detto semplicisticamente, perché le norme del matrimonio sono norme imperative, per le quali lo Stato italiano non tollera interferenze della disciplina straniera. Soprattutto quando questa disciplina si pone in contrasto con l’ordine pubblico. Diversamente, sarebbe ammissibile il matrimonio poligamico (o poliandrico) contratto in un paese ove questi è previsto, e in genere ogni tipo di disciplina che regola il matrimonio (e non solo), compresa quella che contrasta palesemente con le norme del nostro ordinamento giuridico.


    Quinta ragione: la giurisprudenza della Cassazione. Il giudice di Grosseto richiama la sentenza n. 4184/2012 della Corte di Cassazione, che asserisce che le coppie dello stesso sesso hanno diritto a un trattamento omogeneo rispetto a quelle eterosessuali. Tuttavia, la stessa sentenza precisa che il trattamento comunque non è “trascrivibile”, perché ciò non è previsto nel nostro ordinamento. E in ogni caso, trattamento omogeneo non pare significhi trattamento identico.


    Sesta ragione: la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea. Con sentenza del 25 aprile 2013, nella causa C-81/12, la Corte di Giustizia che ha sede in Lussemburgo ha chiaramente affermato che il termine “matrimonio” designa un’unione fra due persone di sesso diverso non assimilabile ad altre forme di unioni, e che eventuali disparità di trattamento vanno affrontate e risolte sul piano dei diritti individuali. E precisamente, attraverso il riconoscimento di contratti civilistici che prevedano il riconoscimento di alcuni diritti tipici del matrimonio (es. diritti ereditari, diritti previdenziali).


    Insomma, asserire o ritenere che una sentenza di merito abbia introdotto nel nostro ordinamento il riconoscimento del matrimonio omosessuale, è sicuramente un’esagerazione ed è persino una forzatura; come lo è del resto, la stessa sentenza del giudice. Non a caso, il Procuratore Generale ha impugnato, e difficilmente la sentenza verrà confermata, se non in appello, quanto meno in Cassazione.





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    00 14/07/2014 23:52
    fonte: http://www.ticinolibero.ch/?p=85348

    di Luca Paltenghi, segretario generale Giovani UDC Svizzera

    Una frase scioccante, che mai vorremmo sentir uscire dalla bocca di un bimbo di quattro o cinque anni. Eppure, questa frase potrebbe ben presto essere pronunciata. Infatti, il Canton Basilea e alcuni comuni di Appenzello e San Gallo hanno deciso di introdurre nel proprio programma scolastico delle lezioni obbligatorie di educazione sessuale fin dalla scuola dell’infanzia. Gli insegnanti hanno a disposizione una “Sex-box” contenente tutta una serie di mezzi per meglio illustrare i concetti ai bambini: video ai limiti della pornografia, libri con immagini molto esplicite, peni di legno, vagine di peluche,… I bambini vengono incoraggiati a toccarsi e a scoprire che la sessualità e l’autoerotismo possono dare piacere. Uno dei libri utilizzati si intitola “Lisa und Jan” e contiene frasi e immagini molto esplicite, che lascio al lettore la briga di trovare in rete in quanto poco adatte ad essere inserite in un articolo. La Fondazione svizzera per la protezione dell’infanzia, autrice tra l’altro di un opuscolo per bambini da zero a sei anni in cui si invita a scoprire il gioco del dottore, all’autoerotismo e alla scoperta reciproca di ogni parte del corpo, considera questo libro adatto già per bambini di cinque anni!

    Le lezioni di educazione sessuale introdotte dai cantoni di Basilea, Appenzello e San Gallo sono naturalmente obbligatorie: non vi è purtroppo alcuna possibilità per un genitore di dispensare il proprio figlio da questa “materia”. Questa brutta abitudine di delegare allo stato l’educazione di un figlio equivale a togliere ad un genitore la possibilità di discutere con lui di un determinato tipo di tematiche certamente importanti, ma che non vanno trattate già a quattro anni! Tematiche poi che sicuramente sono affrontate meglio e con più tranquillità in seno alla famiglia che non in una fredda aula scolastica, tra risatine dei bambini più scafati e imbarazzi dei più timidi.

    Questa sessualizzazione precoce del bambino potrebbe prendere piede in tutta la Svizzera a partire dal 2014 mediante l’introduzione del Lehrplan 21 nella Svizzera tedesca, del Plan d’études romand in Romandia e dei Piani di studio del Ticino nel nostro cantone. Un gruppo di lavoro è attivo sulla tematica e l’introduzione delle lezioni di educazione sessuale obbligatorie fin dalla scuola dell’infanzia dovrà venire poi avallata dai direttori cantonali dell’educazione. La speranza è che essi si dimostrino responsabili e coscienziosi e non aderiscano a questo progetto.

    Parallelamente a questo progetto, l’Ufficio federale della sanità pubblica ha fatto elaborare un documento dall’Alta scuola pedagogica di Lucerna che funge da filo conduttore per l’introduzione e lo svolgimento di corsi di educazione sessuale precoce nei cantoni. In tale documento, il bambino è equiparato a un vero e proprio essere sessuale (per info è possibile consultare il sito www.amorix.ch e scaricare dal menu “Principi” il documento in francese o tedesco “Educazione sessuale e scuola”, in particolare cap. 4.1).

    Inoltre, dietro al paravento della prevenzione dell’AIDS, tramite l’introduzione della legge sulla prevenzione e sulla promozione della salute e tramite la revisione della legge sulle epidemie, la Confederazione sta creando le basi legali per i corsi di educazione sessuale obbligatori a partire dai quattro anni.

    Contro queste proposte sono state raccolte quasi 92’000 firme tramite una petizione indirizzata alla Conferenza dei direttori cantonali dell’educazione.

    Non vogliamo qui passare per moralisti; semplicemente riteniamo che vi sia un’età per ogni cosa. La prima e la seconda infanzia sono fatte per il gioco e il divertimento, per le storielle sulle api e i fiori, sui bambini nati sotto i cavoli o portati dalle cicogne. Se è vero che il mondo degli adulti è bombardato da stimoli sessuali in TV, sui giornali, al cinema o sui cartelloni pubblicitari, bisogna però avere ancora il coraggio di indignarsi e di porre un freno alla sessualizzazione precoce di un’età spensierata quale è l’infanzia.

    Luca Paltenghi, segretario generale Giovani UDC Svizzera


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    00 25/10/2014 16:19


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    Contestate le Sentinelle in piedi in diverse piazze italiane. Insulti, sputi e bestemmie. Ora dite voi chi sono i violenti

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    ottobre 6, 2014 Redazione

    Cosa è successo ieri a Bologna, Torino, Aosta, Rovereto. Città per città, la difficile giornata dei veilleurs italiani

     
     

    sentinelle-in-piedi-sienaIl ritrovo delle Sentinelle in piedi di ieri in cento piazze italiane ha subito contestazioni e aggressioni in diverse città. Le sentinelle, il movimento apartitico e aconfessionale che contesta civilmente e democraticamente il ddl Scalfarotto sull’omofobia, ha svolto le proprie veglie secondo la consueta modalità, pacifica e ordinata, ma questo ha provocato la reazione di alcuni contromanifestanti organizzatisi al solo fine di disturbare l’evento.
    Eugenia Roccella, parlamentare di Ncd, ha annunciato che presenterà un’interrogazione parlamentare su «un attacco vergognoso, oltretutto pianificato e organizzato».

    BOLOGNA. A Bologna (cui si riferisce il video qui sotto di Radio Città del Capo) durissima contestazione da esponenti delle associazioni Agedo Bologna, Arcigay “Il Cassero”, ArciLesbica Bologna, Boga Sport, Bugs Bologna, Famiglie Arcobaleno Emilia Romagna, Komos – Coro Gay di Bologna, Migrabo Lgbt, Mit, sostenute anche da esponenti dell’Aula C e del Tpo. Le Sentinelle (un centinaio) sono state costrette a cambiare piazza e a trasferirsi da piazza San Francesco a Piazza Galvani, dove, accerchiate dai contestatori, hanno proseguito faticosamente la loro veglia, protette dalle forze dell’ordine. Infiniti gli insulti («merde!», «puttane!», «andate a scopare!») e gli sputi contro i veilleurs italiani. Lanci di oggetti e bottiglie hanno rischiato di colpire anche alcuni bambini (che sono stati fatti immediatamente allontanare). 
    Ci sono state cariche delle polizia contro i contromanifestanti e scontri tra i contestatori e alcuni militanti di Forza Nuova. Le Sentinelle hanno cercato di terminare la manifestazione, pur in un clima difficile, bersagliati da bestemmie e insulti di ogni tipo. Il portavoce ha raccontato che «circa ottanta persone non hanno potuto raggiungere la piazza per il caos, mentre molte famiglie con bambini sono state costrette a uscire. Una mamma che spingeva una carrozzina con un bambino di un anno è stata coperta di insulti e sputi: questo è il fatto che più di tutti ci ha addolorato».

    TORINO. Il clima, in piazza Carignano, a Torino, è stato da subito pesante, anche per efetto della mobilitazione che le associazioni minori del mondo gay e l’extrasinistra avevano lanciato da giorni. Dapprima alcuni contromanifestanti (di una manifestazione, giova ricordarlo, non autorizzata: la piazza era stata concessa ufficialmente alle Sentinelle) hanno cercato di accostarsi alle Sentinelle con cartellli e con l’obiettivo di scimmittare la veglia con la lettura di fumetti. Quando la Polizia li ha allontanati, civilmente, sono come da copione partite le pesanti contestazioni. Senza che dal fronte delle Sentinelle si registrasse reazioni. Alcuni partecipanti alle Sentinelle, particolarmente scossi dal clima, hanno ceduto alle lacrime (rassicurati dagli agenti: «Non sanno più cosa dire, per questo vi insultano»). Va fatto rilevare che, dal fronte delle Sentinelle, protagonista l’ex consigliere regionale Giampiero Leo, s’è tentato una mediazione, anche aprendo a possibili momenti di confronto pubblico, la risposta della contromanifestazione è stato l’insulto e la delegittimazione. Pesanti le parole contro le Sentinelle, dall’invito «a tornare nelle vostre chiese vuote» fino all’accusa di essere «omofobi responsabili della cultura d’odio che porta ai suicidi di tanti ragazzi». Un paio di minuti prima dello scoccare dell’ora di veglia, intelligentemente, la polizia ha consentito a quanti premevano contro le transenne (ci sono stati diversi tentativi di sfondarle) potessero mettere in scena la “riconquista della piazza” con tanto di sventolie di bandiere arcobaleno e bandiere di Rifondazione Comunista. Il “Torino Pride”, il cartello che raccoglie le principali organizzazioni lgbt subalpine, si è dissociata dalla contromanifestazione, con parole forse più gravi, per quanto felpate: «Gli intenti delle Sentinelle sono discriminatori, ma non abbiamo voluto essere presenti per non riconoscerli come antagonisti. L’omofobia non deve avere più cittadinanza in Italia» (Marco Margrita).

    sentinelle-in-piedi-tempi-copertinaAOSTA. Ad Aosta, la veglia è stata disturbata da un flash mob di diverse associazioni arcobaleno (Arcigay, Flc-Cgil, “L’altra Valle d’Aosta”, Rifondazione comunista, ”Dora”, ”Arci VdA”,”Articolo 3″ e ”Comitato si può fare”). Come raccontano le cronache locali, «l’immagine, per chi attraversava piazza Chanoux, ha destato un po’ di sconcerto, da una parte le silenziose “Sentinelle” dall’altra gli attivisti che, animati da Francesco Lucat, segretario della Federazione della sinistra della Valle d’Aosta, “cantavano” canzoni partigiane, ma anche di Raffaella Carrà, di Rino Gaetano e Fabrizio De Andrè, facevano i girotondi, si sdraiavano per terra per poi baciarsi ed abbracciarsi collettivamente. Un’attivista, con la scusa di fotografare le “Sentinelle”, ha poi cercato di superare il limite imposto ed è stata fermata dal commissario capo della Polizia di Aosta Donato Marano, che era in borghese: la donna si è messa ad urlare, asserendo di essere stata minacciata e strattonata, ed ha rifiutato di dargli un documento per essere identificata. Gli attivisti si sono quindi avvicinati tutti insieme verso le Forze dell’ordine arrivando così a pochi metri dalle “Sentinelle”, rimaste imperturbabili: alla fine, di fronte alla prospettiva di essere accompagnata in Questura per l’identificazione, la donna ha tirato fuori la sua carta d’identità, mentre gli altri manifestanti di sinistra hanno iniziato a discutere con Marano, mentre una bimba piccola che, giocando con un palloncino, ha superato la barriera ed è finita a giocare proprio in mezzo alle “Sentinelle”. Un secondo tentativo di superare la barriera, da parte di alcuni attivisti, c’è stato quando uno dei manifestanti delle “Sentinelle” ha accusato un malore: in piazza è arrivata un’ambulanza del “118″ ma l’uomo, ripresosi, si è poi seduto insieme ai soccorritori. Durante il discorso finale delle “Sentinelle” gli attivisti hanno fischiato e fatto applausi di scherno ma sono stati mantenuti comunque a distanza da parte di Polizia e Carabinieri e non si sono così verificati scontri: ”beh, un po’ di casino lo abbiamo fatto, no?” hanno detto due manifestanti mentre lasciavano la piazza».

    ROVERETO. A Rovereto un gruppo di anarchici ha intimato alle Sentinelle di abbandonare la piazza, nonostante queste ultime avessero l’autorizzazione della questura. Dopo insulti, spintoni, minacce, lanci di uova, gli aggressori hanno rovinato il materiale con cui le sentinelle sono solite spiegare le ragioni della loro iniziativa. La polizia, arrivata solo in un secondo momento, ha potuto solo constatare i danni causati dagli aggressori. Due persone, tra cui un sacerdote, sono state condotte in ospedale dopo le aggressioni per il setto nasale fratturato.

    sentinelle-genova.JPG01GENOVA. Un folto numero di persone dei centri sociali e dell’arcigay (foto sopra) ha pesantemente e continuamente disturbato il regolare svolgersi della veglia. Mentre le sentinelle vegliavano leggendo un libro in silenzio, molti giovani si sono inseriti tra loro, disturbando la lettura, anche con cani, insultando e deridendo i veglianti, mimando scene erotiche, e creando capannelli. Un fumogeno, poi spostato dalle forze dell’ordine, è stato lanciato contro il bastone di una persona invalida che partecipava alla veglia. Una parte dell’area coperta dalle sentinelle è stata completamente invasa dai contromanifestanti. Anche in quella zona, sebbene attorniati, i partecipanti sono rimasti impassibili, senza rispondere alle provocazioni. Tutta la veglia si è svolta tra cori e rumore. Al termine, il saluto finale del portavoce è stato nuovamente coperto di cori e grida. Vari adesivi LGBT sono stati applicati sul banner manifesto delle Sentinelle, che poi è stato rotto.

    PISA. A Pisa la manifestazione è stata interrotta dalla Digos dopo 35 minuti. Appena iniziata la veglia, infatti, un gruppo di contestatori, probabilmente appartenenti ai centri sociali, hanno cominciato ha urlare slogan, insulti e bestemmie contro le Sentinelle che sono state “accerchiate” dai manifestanti mentre le forze dell’ordine, anziché intervenire, hanno chiesto alle Sentinelle di lasciare la piazza.

    NAPOLI, MILANO, TRIESTE. A Napoli, insulti, spintoni, urla, lanci di uova. È dovuta intervenire la polizia per placare gli animi. Anche a Milano e Trieste le contestazioni sono state pesanti con insulti e minacce di ogni tipo.