00 04/05/2016 00:14
Boko Haram: è la resa per Shekau?

A circa due anni dal rapimento di 276 studentesse di una scuola superiore a Chibok, nel nord della Nigeria, da parte di Boko Haram, la CNN ha mostrato un video, risalente a dicembre, in cui appaiono alcune delle ragazze. Il gruppo jihadista ha però destato ancora più scalpore, recentemente, per la diffusione di un video in cui il leader Abubakar Shekau, insolitamente smagrito e umile, sembrava preannunciare un cambio di leadership o, secondo alcuni, annunciare la resa.

L’ascesa di Boko Haram
Boko Haram, letteralmente “l’istruzione occidentale è proibita”, è un’organizzazione fondata nel 2002 da Ustaz Mohammed Yusuf per instaurare la shari’a nel Borno (Stato della Federazione nigeriana). Il gruppo, inizialmente dedicatosi alla lotta politica – e pacifica – al governo e all’influenza occidentale, è poi passato alla militanza violenta, in particolare dopo l’Operazione Flush, condotta nel 2009 dalla polizia, che portò all’arresto di alcuni membri. Il gruppo reagì con attacchi alla polizia, innescando una spirale di violenza che causò anche un’offensiva militare, con oltre 700 morti e l’arresto del leader Yusuf, poi sostituito dal suo braccio destro Abubakar Shekau. Dal 2010 il gruppo ha commesso molti omicidi e condotto numerosi attacchi (spesso usando donne e bambini come kamikaze) tra cui uno alla base ONU di Abuja nell’agosto 2011, e ha esteso le sue attività anche in Ciad, Camerun e Niger. L’ascesa dell’organizzazione non è stata favorita solo dalle divisioni tra musulmani e cristiani all’interno del Paese, ma anche da interessi tribali e locali per le risorse, corruzione e povertà. Oggi Boko Haram compare nella blacklist delle organizzazioni terroristiche islamiste stilata dall’ONU, con conseguente embargo sulla vendita di armi e congelamento dei beni riconducibili ai suoi membri. Secondo l’Institute for Economics and Peace, Boko Haram nel 2014 è stato il gruppo terroristico che ha causato il maggior numero di morti.

Safe Corridor
Recentemente, tuttavia, sono sempre più numerosi i membri del gruppo che si arrendono, un risultato almeno in parte riconducibile all’operazione Safe Corridor, condotta dalle forze armate nigeriane nel nordest del Paese, con la collaborazione delle forze armate dei Paesi vicini. L’operazione, nata per sfruttare le divisioni interne dell’organizzazione e per far presa sui combattenti decisi a lasciare le armi, è un programma di riabilitazione e amnistia per i jihadisti che si consegnano. Un approccio completamente nuovo, dato che in passato il governo era stato accusato di imporre condizioni durissime ai nemici catturati. Almeno 800 militanti si sono consegnati nelle ultime settimane, e le autorità hanno dichiarato che molti lo hanno fatto per fame, poiché l’esercito nigeriano è riuscito a tagliare i rifornimenti al gruppo. La Nigeria ha aperto un campo di riabilitazione per favorire la reintegrazione nella società degli ex-combattenti, e altri due saranno aperti prossimamente.

Resa e smentita
In questo contesto si inserisce un video, risalente a fine marzo, in cui il leader Shekau appariva provato e sembrava prospettare un cambio di leadership all’interno del gruppo. Shekau non compariva in video da un anno, situazione che aveva dato vita a voci sulla sua morte o sostituzione. La veridicità del video, di bassa qualità, è dubbia: secondo alcuni si tratterebbe di una trappola per fare abbassare la guardia prima di sferrare un nuovo attacco. Solo una settimana dopo, il 1° aprile, è stato però diffuso un video di smentita, intitolato “Investigate”, che, oltre a riaffermare i legami con lo Stato Islamico, riafferma Shekau come leader del gruppo. Nel video, in cui compaiono 9 combattenti mascherati e armati di AK-47, viene letto un testo di 13 minuti in lingua hausa con sottotitoli in arabo, che sottolinea come Boko Haram non accetterà tregue, negoziati o rese, e in cui si propone il branding del gruppo come “ala occidentale dello Stato Islamico”. Anche se molti militanti si sono arresi, numerosi ostaggi sono stati liberati e il gruppo appare indebolito da una crisi organizzativa, logistica e alimentare, non bisogna dimenticare le decine di migliaia di morti che ha causato, o gli oltre due milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case. La situazione, se trascurata, potrebbe fornire un terreno fertile per il rifiorire di Boko Haram, o di altri gruppi del terrore.

Anna Baretta
2 maggio 2016
www.rivistaeuropae.eu/esteri/sicurezza-2/boko-haram-la-resa...