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Napoli - Esoterica





Napoli, nella sua storia plurimillenaria è stata sempre linea di demarcazione tra Oriente ed Occidente, tra cielo e terra, tra realtà e fantasia. Una civiltà impregnata di luce e buio e fondamentalmente ancora visceralmente pagana, che celebra i suoi riti pre cristiani in San Pietro ad Aram, al Purgatorio ad Arco e nel Cimitero delle Fontanelle. Un mondo sospeso su un dedalo inestricabile di caverne sotterranee, fantasmagorico crocevia di miti e leggende, dalla Sibilla cumana a centinaia di santi e beati.
Una città dove la frequentazione con i morti è stata quotidiana e del tutto naturale e dove vi è stata sempre una particolare attenzione per le anime abbandonate o pezzentelle.
Dove fede cattolica e ritualità arcaiche sono andate a braccetto senza che nessuno gridasse allo scandalo o al sacrilegio. Dove il dialogo con i teschi, il lucidarne amorevolmente la fronte o il chiedere consiglio sono per larga fetta della popolazione, anche colta, pratica quotidiana.


Virgilio Mago

il discorso sull’”esoterismo” a Napoli si fa molto interessante nel Medioevo normanno e angioino, quando si sviluppò, e vi trovò enorme credito la teoria di Virgilio Mago.
I rapporti del grande poeta latino con Neapolis sono moltissimi; la città che ancora ne onora la tomba nel parco di Fuorigrotta che porta il suo nome, presenta due diverse direttrici “d’amore”: quella “colta” che riguardava la sua prestigiosa opera letteraria, e quella popolare che lo venera quale Mago Salvatore della città stessa; il Liberatore da varie iatture, come ad esempio invasioni di insetti o serpenti, con l’ausilio di particolari “incantesimi”.

La testimonianza più affascinante di questa credenza resta il nome di “Castel dell’Ovo”, turrita struttura dell’isolotto di S.Salvatore, la greca Megaride, unita in seguito artificialmente alla costa dal Borgo Marinaro. A Napoli durante il Medioevo, fiorisce una grande scuola ermetica che si occupa di Alchimia. E’ confermata la presenza sull’isolotto di Monaci Alchimisti ed eremiti che occuparono le grotte naturali ed i ruderi delle costruzioni romane della “grande domus” luculliana che dalle pendici di Pizzo Falcone giungeva all’isolotto di Megaride. I Monaci Brasiliani riutilizzeranno le possenti colonne romane per ornare la sala del loro “cenobio”, come ancora si può notare visitando “Castel dell’Ovo”.

Liquefazione dei sacri grumi
IL MIRACOLO DEL SANGUE DI SAN GENNARO


Si ritiene che una pia donna avesse raccolto in due ampolle il sangue di San Gennaro per consegnare poi la preziosa reliquia al vescovo di Napoli.
Il sangue contenuto nelle ampolle di vetro di foggia antica è ancora oggi oggetto di profonda venerazione con le altre reliquie conservate nel Duomo di Napoli.
I grumi rappresi scuri e solidi spontaneamente si sciolgono. Il sangue ribolle ed assume il colore rosso vivo.

La liquefazione avviene di solito accompagnata dalle fervide preghiere ed insistenti invocazioni al Santo. Le modalità con le quali avviene lo scioglimento: tempo, intensità del sangue sono considerate di buon auspicio per la città se avvengono senza indugi, nel caso contrario sono di segno sfavorevole.
Il miracolo si ripete regolarmente altre due volte nell’anno: a maggio ed a dicembre ed in circostanze particolarmente rilevanti per Napoli come ad esempio la visita di qualche personaggio importante, la minaccia di sciagure naturali etc.
Per la prima volta fu annotata la liquefazione del sangue di San Gennaro nel 1389 sulle pagine del "Chronicon Siculum". Da quel momento in poi studiosi, scienziati e ricercatori si sono sbizzarriti nello scrivere su questo insolito fatto.

Fino ad oggi nessuno è riuscito a trovare la soluzione del mistero. Di conseguenza attorno al sangue di San Gennaro sono cresciute numerose leggende e superstizioni


Sul fenomeno della liquefazione dei “Sacri Grumi”contenuti nelle antiche ampolline,il Vaticano per verità ha sempre tenuto un atteggiamento molto prudente.Le fonti ecclesiastiche lo hanno sempre definito con termine laico “prodigio”. Non hanno mai parlato ufficialmente di miracolo,anzi nel maggio 1965,con S.Nicola di Bari, S.Luigi dei Francesi, S.Giorgio e S.Filomena,viene concesso soltanto un “Culto Locale e facoltativo”.


Parthenope

Viveva, un tempo, sulle coste ioniche della Grecia, una bellissima fanciulla di nome Parthenope, che in greco antico vuol dire vergine.Per la sua grande bellezza veniva addirittura paragonata alle dee Giunone e Minerva; aveva una bella fronte regolare, grandi occhi neri, la bocca voluttuosa, carnagione candida e un corpo dalle forme armoniose.Amava sedersi sugli scogli e guardare il mare, sognando e fantasticando di terre lontane, sconosciute.Cimone ne era innamorato e lei lo ricambiava, ma suo padre l'aveva promessa ad Eumeo e ostacolava in ogni modo il loro amore.Un giorno Cimone le chiese di fuggire lontano per potersi amare liberamente ed ella acconsentì ad abbandonare la sua terra e le amate sorelle.Dopo un viaggio lunghissimo i due innamorati approdarono finalmente sul lido che li aspetta già da mille anni e con il loro amore nascono i fiori, fioriscono milioni di nuove piccole vite.La terra nata per l'amore, che senza amore è destinata a perire, bruciata e distrutta dal suo stesso desiderio splende ora rigogliosa. Dalla Grecia giunsero, per amore di lei, il padre e le sorelle, amici e parenti che vennero a ritrovarla; la voce si sparse dovunque, fino al lontano Egitto, fino alla Fenicia, dovunque si raccontava di una spiaggia felice dove la vita trascorreva beatissima tra il profumo dei fiori e dei frutti e nella dolcezza profumata dell'aria. Su fragili imbarcazioni accorrono colonie di popoli lontani che portano con loro i propri figli, le immagini degli dei, gli averi.Si costruiscono capanne, prima sulle alture e a mano a mano fino in pianura; sorge un'altra colonia su una collina accanto e il secondo villaggio si unisce col primo; si tracciano le vie, fioriscono le botteghe degli artigiani, si costruiscono le mura.Sorgono due templi dedicati alle protettrici della città : Cerere e Venere. Parthenope è ormai donna e madre di dodici figli, è la donna per eccellenza, la madre del popolo, la regina umana e clemente, da lei si appella la città, da lei la legge, da lei il costume, da lei il costante esempio della fede e della pietà.Una pace profonda e costante è nel popolo su cui regna Parthenope, la più bella delle civiltà, quella dello spirito innamorato, il più grande dei sentimenti, quello dell'arte; la fusione dell'armonia fisica con l'armonia morale è l'ambiente vivificante della nuova città.




O' Munaciello e A' Bella Mbriana

Il personaggio esoterico più noto e temuto-amato dal popolo napoletano è "'o Munaciello", sorta di spiritello bizzarro che si comporta sempre in modo imprevedibile e sul quale sono sorte infinite leggende metropolitane e detti popolari. E' così vasta la testimonianza che riguarda questa simpatica "entità" che non vi è posto per nessun dubbio sulle sue "manifestazioni", che spesso sono oggetto di vivaci discussioni - da "basso" a "basso" - su come "onorare" questo spiritello che si mostra sotto forma di vecchio-bambino vestito col saio dei trovatelli accolti nei conventi. Scalzo, scheletrico, lascia delle monete sul luogo della sua apparizione come se volesse ripagare le persone, in genere fanciulle procaci e allegre, dello spavento provato o di inconfessate (dalle fanciulle) confidenze "palpatorie" che ama a volte concedersi. Secondo una radicata tradizione "'o Munaciello" era il soprannome dato a un trovatello - molto malato - effettivamente vissuto in un imprecisato periodo tra il primo e il secondo Rinascimento, morto in giovane età, e noto per la sua dolce vivacità nonostante una debilitante malattia, a sua volta non ben definita. Gli occultisti pensano che questa versione se la sia inventata il popolo, arricchendola via via di caratteristiche "bonarie", per non accettare la teoria - più esotericamente giusta - di una presenza demoniaca (spesso le forze del Maligno prendono l'aspetto di un frate per meglio ingannare le vittime) che tenterebbe ogni volta, con piccoli e grandi doni, di "comprarsi" un'anima. Ma si ha notizia di cospicui ritrovamenti di denaro e di situazioni divenute di colpo favorevoli, attribuiti al Munaciello, che non hanno necessariamente comportato la prevista "crusca" rendendo molto commestibile e nutriente questa "farina del Diavolo". E allora? Allora il popolino, ancora e nonostante tutto, si augura, con un tantino di sacro timore, la visita del lascivo e dispettoso Munaciello, atteso spesso inutilmente tutta una vita.
Il personaggio indicato come 'A Bella 'Mbriana, invece, rappresenta lo spirito benigno. E' una sorta di anti-munaciello. Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. E' rappresentata come una bella donna molto ben vestita paragonabile alla fata delle favole dei bambini. E' anche detta Meriana oppure 'Mmeriana.
La derivazione etimologica proviene dal latino meridiana il cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, e' molto comune a Napoli il cognome Imbriani derivante, appunto, da 'Mbriana.
Ultimo dettaglio importante: nella casa bisogna sempre lasciare una sedia libera perche' potrebbe entrare 'A bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero occupate la nostra Amica potrebbe andare via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalita'!



Don Raimondo di Sangro duca di Torremaggiore, Principe di Sansevero





Nato a Torremaggiore (Foggia)nel 1710 e morto a Napoli nel 1771. La grande Scuola Alchemica Napoletana, che coinvolse e coinvolge studiosi di provato valore scientifico ed operò importantissime ricerche riguardanti i metalli e le loro proprietà ha il più noto rappresentante in Don Raimondo di Sangro, duca di Torremaggiore e principe di Sansevero, tra i massimi scienziati napoletani, indagatore ostinato ed elegante dei più diversi segreti della natura. Le sue scoperte spaziano dalla tipografia simultanea a più colori (irrealizzabile con le cognizioni dell'epoca) alla balistica, alle proprietà dei metalli, alla decifrazione di linguaggi esoterici usati degli Indios del Perù, a preparati che indurivano le materie molli metallizzandole e pietrificandole (alcuni marmi esistenti nella sua celebre cappella sono di origine alchemica) o rendevano "a freddo" plastico il ferro e altri metalli.Grande anatomista, operò una "ricostruzione" delle reti venose del corpo umano con l'aiuto del suo allievo Salerno. Ispiratore delle sculture "esoteriche" della citata cappella, fu Gran Maestro "pentito" della Massoneria napoletana e celò sotto l'aspetto di "chimico-filosofo" la sua vera identità di iniziato ed alchimista.Raimondo di Sangro divenne principe di Sansevero molto presto, avendo ereditato il titolo, e le notevoli rendite che comportava, direttamente dal nonno Paolo, sesto principe di Sansevero, per la rinuncia al titolo del padre Antonio, vedovo, che dopo una vita alquanto dissoluta aveva rinunciato ai piaceri mondani per vestire l'abito sacerdotale, consentendo così al giovane Raimondo di divenire il settimo principe della casata di Sansevero di Sangro, che ebbe come capostipite e primo principe (1587) Gianfrancesco, "Cecco" di Sangro.L'antichissima stirpe dei conti dei Marsi e di Sangro, vantava una discendenza borgognona dallo stesso Carlo Magno; infatti lo stemma dei di Sangro è lo stemma dei discendenti dei duchi di Borgogna, che fondevano le stirpi carolingia, longobarda e normanna. Legatissima al potente Ordine Benedettino, la Casa di Sangro vanterà, oltre ad abati ed altissimi prelati, anche i santi Oderisio, Bernardo e Rosalia. Legati da vincoli di parentela con la potente casata furono quattro pontefici: Innocenzo III (1198-1216), Gregorio IX (1227-1241), che istituì la famigerata Santa Inquisizione contro l'ammissione della quale nel regno di Carlo di Borbone si battè proprio il lontano discendente Raimondo di Sangro, Paolo IV Carafa (1555-1559) e Benedetto XIII (1724-1730). Proprio attraverso S. Bernardo la Casa si legò all'Ordine Templare e ciò ci interessa per quanto riguarda il cammino iniziatico celato nella cappella di famiglia, quella Pietà dei Sangro di Sansevero, capolavoro dell'ultimo barocco napoletano, voluta dal principe che rinnovò una precedente cappella come tempio di famiglia, chiamando a Napoli gli scultori Queirolo e Corradini accanto ai napoletani Sammartino, Celebrano, Persico e i pittori F. M. Russo e C. Amalfi. Artisti che si limitarono ad eseguire la particolare iconografia ideata dal principe, che fornì anche marmi e colori "alchemici". Scrive Gennaro Aspreno Galante, fonte assolutamente attendibile nel 1872 : " ... egli costruì il cornicione ed i capitelli dei pilastri con un mastice da lui formato che parea madreperla...". Le bellissime sculture della cappella Sansevero, che ornano i sepolcri degli antenati, soprattutto dei genitori del principe, sono perfette espressioni di una simbologia massonica-templare-rosacrociana di tale pregnanza ed impatto visivo che lasciano, anche nel visitatore profano, l'impronta indelebile di un "messaggio" che se pur non recepisce, "avverte" con forza.Non tutti sanno che la zona sulla quale sorge il tempio della Pietà dei Sangro faceva parte del quartiere nilense, abitato dagli Alessandrini d'Egitto, dove, nel tempio, si venerava la statua "velata" della dea Iside. La cappella, questo fondamentale "Libro di Pietra" della conoscenza, sorge quindi sul "luogo di forze" scelto dai primi sacerdoti alessandrini custodi della tradizione egizia di Neapolis. Nel suo palazzo "legato" da un passaggio aereo (oggi purtroppo distrutto e dal quale si scendeva nella cappella) il principe volle la sua officina di alchimista-scienziato, dove sperimentò dall'impermeabilizzazione dei tessuti a quel Lume Eterno che avrebbe dovuto per sempre rifulgere nella cripta sotterranea ai piedi del Cristo morto.Tutta la simbologia del tempio desangriano si ispira all'antica simbologia del Ripa (uno studioso che aveva fissato i canoni simbolici della Fortuna, Fortezza, Sapienza, Fede, Astronomia, Matematica, ecc.. Quasi sempre figure femminili con "oggetti" simbolici come : caducei, cornucopie, fiori, cuori, fiammelle, libri, compassi, genietti, il tutto rigorosamente spiegato nel suo testo usato per secoli dagli illustratori e dagli artisti in genere) con "innovazioni" che l'antico testo iconografico non contemplava come nel caso del Cristo velato.Purtroppo di quanto era contenuto nella casa del principe di Sansevero (e che si trova minutamente descritto nelle varie edizioni della "Breve Nota di quel che si vede in casa del Principe di Sansevero Raimondo di Sangro" edite tra il 1766 e il 1769 e conservate nella Biblioteca Nazionale di Napoli, delle quali le prime due, del 1766 e del 1767, sono introvabili. La stessa famiglia del principe impaurita dalla censura papale e della "imposta" abiura del principe che consegnò alcuni elenchi di "fratelli" al pontefice e volendo far placare il gran rumore che si era fatto intorno a questa "abiura" che fece temere anche la vendetta di massoni ritenutisi traditi e abbandonati dallo stesso Gran Maestro, distrussero tutto quanto potesse collegare la memoria di Raimondo al mondo occulto. Ne fecero le spese tutte quelle realizzazioni scientifiche che avrebbero potuto di molto affrettare la scoperta di molti ritrovati odierni già ottenuti alchemicamente dal Sansevero. resta la inquietante testimonianza delle sue "macchine" anatomiche conservate dal principe in un'apposita stanza del suo palazzo dall'indicante nome di "appartamento della fenice" ed oggi in quella cripta ovale, che don Raimondo aveva prevista imitante una grotta naturale, necessaria per la meditazione degli apprendisti e poggiante su terra battuta, senza pavimentazione, per non impedire quelle vibrazioni naturali provenienti dal "luogo" isiaco sottostante e sorretta da otto ( numero fondamentale della ritualità templare che si ripete spesso nell'armonia "numerica" della cappella stessa) pilastri che dovevano definire il posto delle sepolture degli avi intorno al "mistero Magistrale" del Cristo velato. Queste due preparazioni sono un vero e proprio "testo" medico-anatomico, costruite su due scheletri (maschile e femminile) strutturando organi "induriti" da preparati distillati dal Maestro con "ricostruzioni" di sostegno ottenute e colorate con materiali "alchemici" sempre provenienti dall'officina del Sansevero.Ancora un ultimo accenno allo scomparso passaggio che il principe aveva voluto per discendere dal palazzo alla cappella, e che presentava sui due lati un orologio dotato di un particolare impianto di carillon a campane ospitato nel tempietto rituale (che ancora si trova in alcune, interessanti, costruzioni antiche), particolare "faro" per indicare "a chi aveva occhi ed orecchie" il sito iniziatico. Il tempietto era ottagonale ed otto erano le colonne che ne reggevano la cupoletta; il mirabile meccanismo ideato dal principe, che vi era nascosto, permetteva di eseguire qualsiasi motivo percuotendo col pugno una serie di grossi tasti rotondi che corrispondevano ai vari suoni delle campane. Anche questa meraviglia meccanica del genio creativo "minore" del principe fu abbattuta dai famigliari dopo la sua morte per far sedimentare l'imbarazzante ricordo della fama stregonesca del parente "grande iniziato".



Il cimitero delle "fontanelle"







Il gigantesco ossario è un’immensa cavità di tufo nel cuore del quartiere di cui porta il nome ed in esso si conservano teschi, femori, tibie e peroni accatastati nella penombra, dando luogo ad uno scenario senza eguali, che ha ispirato nei secoli un immaginario sospeso a metà tra cristianesimo e paganesimo. In questa atmosfera irreale è nato un particolare tipo di culto dei morti, presente solo nella nostra città, pieno di leggende e rituali, mistero e superstizione, in un labile confine tra mondo dei viventi e dei trapassati, dove è ipotizzabile il magico contatto tra due dimensioni che normalmente non si toccano e che da noi convivono senza problemi.
Una visita a questo luogo straordinario sospeso tra fede e magia è un’esperienza indimenticabile






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