00 17/05/2008 21:42
GIULIO GIORELLO
Se il Big Bang fosse una favola

Dopo la scomparsa di Hoyle

C’era una volta, circa 14 miliardi di anni fa, una "pallina terribilmente densa" il cui "grande scoppio" avrebbe dato origine al nostro universo, con i suoi ammassi e le sue galassie, con stelle soli e pianeti; e su almeno uno di questi ultimi sarebbe un giorno comparsa la vita. Un esordio del genere sarebbe piaciuto a Sir Fred Hoyle, che per polemica aveva battezzato Big Bang lo scenario che abbiamo abbozzato, dal momento che a suo parere era "una favola", ben raccontata da George Gamow e dagli altri che l’avevano inventata (1948), ma "disperatamente lontana dal vero". Sir Fred non aveva peli sulla lingua: fedele "alla concezione sia di Newton sia di Einstein di un universo sostanzialmente statico, non amava quel "modello evolutivo" che prospettava una sorta di dispiegamento del cosmo da uno scoppio originario.
Certo, anche questo modello derivava da soluzioni delle equazioni della relatività einsteiniana - una sorta di "curiosità matematica" escogitata da un "bolscevico" degli anni Venti del ’900, Aleksandr Fridman; e bene si accordava con la scoperta (sul finire degli stessi anni) dell’americano Erwin Hubble della "deriva" delle galassie. Gamov, un altro russo, aveva ripreso l’idea una volta venuto in Occidente: "l’uomo giusto al momento giusto", diceva polemicamente Hoyle.
Intanto lui e gli altri che condividevano l’idea di un universo statico (la "teoria dello stato stazionario"), in particolare H. Bondi e T. Gold facevano i loro conti matematici, poi passavano qualche sera al cinema: fu guardando un horror movie che presero lo spunto per immaginare una sorta di "storia ciclica" dell’universo, evinta dal fatto che, visto casualmente l’ultimo episodio per primo, la trama dell’intero spettacolo manteneva una sua coerenza.

Ma forse anche questa è leggenda. "Non è che si negasse il Big Bang" spiegò poi Hoyle; "per così dire, però, lo si ridimensionava" facendone un evento locale piuttosto che globale. In particolare, proprio per salvare le leggi di conservazione della fisica e giustificare l’espansione cosmica scoperta da Hubble, Hoyle e i suoi amici introdussero una sorta di creazione continua, senza compromettersi con una "creazione" della materia tutta d’un colpo come invece sembrava esigere la teoria di Gamow. "Forse un tipo di creazione è più ostico che un altro?", chiese sarcasticamente una volta Hoyle.
Coloro che vedono nel Big Bang "l’istante" della creazione biblica "hanno già deciso la questione senza guardare all’esperienza". Evidentemente, Sir Fred non amava troppo la Genesi , per lui forse era meglio qualche principio tratto dall’induismo o dal buddhismo.
Era più "piacevole alla mente" l’idea di un cosmo nel suo complesso eterno, "qua e là" sottoposto a creazione e distruzione. Ma, riconosceva, la questione andava risolta sul piano dell’osservazione scientifica. E si sa come le cose andarono; negli anni Sessanta la scoperta da parte di Penzias e di Wilson della cosiddetta "radiazione di fondo" venne interpretata quasi subito come "il residuo cosmico del Big Bang". La teoria dello stato solido venne così relegata nell’archivio delle belle e purtroppo sbagliate. Gli stessi contributi di Hoyle alla comprensione della formazione, entro le stelle, degli elementi chimici superiori, doveva venire incorporata nella "storia ufficiale" dell’universo dei teorici del Big Bang.
"Ho amato il Big Bang - mi confidò Karl Popper - quando i suoi sostenitori andavano coraggiosamente controcorrente. Ora che è diventato la nuova ortodossia, prego per una rinascita di un vivace dissenso in cosmologia". E se a Sir Karl piacevano gli eretici nella scienza, a Sir Fred non mancavano le certezze: era sicuro che la sua "eresia" fosse la verità. Il grande astrofisico testé scomparso ha lavorato fino all’ultimo a nuove versioni della sua concezione: così è nata la teoria detta dello stato "quasi" stazionario, messa a punto insieme a uno sparuto drappello di entusiasti come G. Burbidge e J.V. Narlikar. Ma nella comunità scientifica la maggioranza era rimasta scettica. Solo l’applicazione di condizioni quantistiche al "cosiddetto Big Bang", a detta di Hoyle, aveva cambiato un po’ la situazione. Ancora un anno fa, Hoyle sottolineava come il Big Bang poteva essere una parte della verità, "ma non certo la Verità". Altre voci "dissenzienti" si erano unite al coro dei suoi sparuti seguaci: per alcuni "il Big Bang semplicemente non c’è mai stato" (come vuole H.C. Arp); per altri (come A. Linde) esso riguarda soltanto l’universo in cui viviamo "uno dei tanti che costituiscono un eterno Multiverso".
Speculazioni? Quel che contava, per Sir Fred, era non arrendersi mai. Del resto, oltre che sull’origine del cosmo, aveva opinioni eterodosse anche sulla comparsa della vita sulla Terra. Se l’era presa niente di meno che con Darwin o, meglio, con i suoi eredi. "No, la vita non è dovuta a qualche scarica elettrica nell’atmosfera di una Terra primordiale": era convinto che i primi "germi" di vita fossero giunti dalle stelle con i meteoriti. Una concezione che legava di più la Terra ai cieli, la comparsa della vita alla chimica del cosmo, l’emergere dell’intelligenza umana alle strutture base che matematicamente garantiscono "l’Armonia delle Sfere". Questa sua idea dell’"origine cosmica" della vita gli aveva naturalmente alienato non pochi settori della comunità scientifica. Ma lui aveva continuato con la consueta testardaggine, come il personaggio del suo racconto di fantascienza, La nuvola nera , che intuisce che nel nostro sistema solare è entrata una struttura perturbante capace non soltanto di sconvolgere le orbite dei pianeti ma anche di penetrare nei recessi delle nostre anime. Per ironia della sorte Sir Fred è mancato il 20 agosto, nei giorni in cui la comunità degli studiosi celebrava l’anniversario di Thomas Digges, il primo grande assertore del copernicanesimo e dell’universo infinito in Gran Bretagna, che la tradizione vuole discutesse con Bruno e con Shakespeare della possibilità che stelle e pianeti fossero abitati da spiriti e corpi.
"Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

Suor Lucia Dos Santos



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