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Patti scellerati dei Papi conciliari

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    gladiator67
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    00 29/10/2009 00:08
    Patti scellerati dei Papi conciliari
    Daniele Arai
    26/01/2007
    Angelo Giuseppe Roncalli e Giovanni Battista MontiniIl titolo
    dell'articolo di Antonio Socci dell' 11.10. 2006 su Libero, era il
    seguente: «Promemoria per il convegno ecclesiale di Verona… Mentre i
    giornali annunciano che il nostro stupendo Papa Benedetto XVI sta
    per firmare il decreto che permette di celebrare la millenaria
    liturgia della Chiesa vergognosamente proibita dopo il Concilio
    dall'inquisizione progressista».
    Quest'articolo di Socci, alla vigilia del «Convegno di Verona 2006»,
    ha fatto scalpore.
    Ma qui importa far riconoscere dai cattolici la radice modernista
    dei patti «ecumenisti», già condannati dai Papi, patti che
    continuano però a tradire la missione della Chiesa, contando sempre
    più su complicità clericali, poiché esortati dalla chiesa conciliare.
    L'idea principale del modernismo è quella di sottrarre alla storia
    il suo aspetto soprannaturale, cioè dell'intervento divino nel mondo
    degli uomini.
    In tale «fede», aperta al naturalismo delle ideologie, dello
    scientismo e del deismo massonico, tutti si potrebbero ritrovare
    insieme per risolvere «i bisogni dei tempi» senza dover fare i conti
    con il Verbo divino.
    Eppure, la religione rivelata è la storia alla luce del disegno
    divino.
    Il pensiero segreto del modernismo si fonda sulla ricerca ad
    oltranza del compromesso sotto banco: col comunismo come con
    l'americanismo, con la Trilaterale come col B'nai B'rit, col
    Teosofismo come col «New Age», ecc. Insomma, «la religione del Dio
    che si è fatto Uomo s'è incontrata con la religione (perché tale è)
    dell'uomo che si fa Dio», secondo il sogno di Paolo VI e di altri,
    espresso nell'inconcepibile discorso di chiusura del Vaticano II.
    Per capire il percorso di questo processo scellerato, del piano di
    pace «umanitarista» che fa a meno di Gesù Cristo, torniamo ad
    un'iniziativa clericale intrapresa già durante il pontificato di Pio
    XII.
    A questo scopo è utile riprendere un articolo pubblicato su «Si si
    No no», (numero 11, anno X, del 15/9/1984).
    «Accordo Montini-Stalin»: sotto questo titolo si intendeva
    smascherare la trama dell'«accordo» segreto Roma - Mosca degli anni
    sessanta, preceduto da una iniziativa di monsignor Montini durante
    la II Guerra Mondiale, che ha guidato la tenebrosa «ostpolitik»
    conciliare.
    Sulla gravità e le responsabilità dell'accordo Roma - Mosca hanno
    scritto in molti.
    A più riprese la rivista francese «Itinéraires» (numero 70, febbraio
    1963, numero 72, aprile 1963, numero 84, giugno 1964).
    Così la rivista cattolica inglese «Approaches» (supplemento al
    numero 79).
    Più recentemente, la medesima rivista, «Itinéraires» (numero 280,
    febbraio 1984) sotto il titolo «L'accord Rome-Moscou», ha riassunto
    la storia del vergognoso accordo.



    Nell'occasione, il direttore Jean Madiran, ha scritto del cardinale
    Tisserant: «Ho sempre avuto l'impressione che fosse 'un fourbe'».
    In difesa del cardinale è intervenuto allora monsignor Roche, che ne
    fu intimo collaboratore per 25 anni, con la lettera pubblicata nel
    numero 285 di «Itinéraires», sotto il titolo «L'accord Rome-Moscou -
    Confermation de Mgr Roche».
    Di questa lettera riportiamo, in una nostra traduzione, quanto
    interessa per l'argomento in questione: […] «Voi commentate non
    senza ragione questo accordo [Roma - Mosca] che data, voi dite, dal
    1962. In questo modo, mostrate di ignorare un accordo precedente che
    si colloca durante l'ultima guerra mondiale, nel 1942 per essere più
    precisi, e del quale furono
    protagonisti monsignor Montini e lo stesso Stalin. Quest'accordo del
    1942 mi sembra di considerevole importanza. Ma voglio, per ora,
    seguirvi unicamente nel vostro commento sull'accordo del 1962. Tutti
    sanno […] che questo accordo fu negoziato tra il Cremlino e il
    Vaticano nel più alto vertice. Monsignor Nikodim e il cardinale
    Tisserant non furono che i
    portavoce, l'uno del capo del Cremlino, l'altro del Sommo Pontefice
    allora regnante. Se monsignor Nikodim desiderò incontrare come
    interlocutore idoneo il cardinale Tisserant fu per delle ragioni
    evidenti che tutti conoscono. Anzitutto il cardinale Tisserant
    parlava russo.
    Inoltre egli fu, dal 1936 al 1959, segretario della Sacra
    Congregazione per la Chiesa orientale. Infine i due si conoscevano
    […]. Ma io vi posso assicurare, signor direttore, che la decisione
    d'invitare gli osservatori russi ortodossi al Concilio Vaticano II è
    stata presa personalmente da Giovanni XXIII, con l'aperto
    incoraggiamento del cardinale Montini, che fu il consigliere del
    patriarca di Venezia al tempo in cui egli era arcivescovo di Milano.
    Di più: era il cardinale Montini che dirigeva segretamente la
    politica della Segreteria di Stato durante la prima sessione del
    Concilio, dal posto clandestino che il Papa gli aveva procurato
    nella famosa Torre San Giovanni, nella cinta stessa della Città del
    Vaticano. Il cardinale Tisserant (1) ha ricevuto ordini formali,
    tanto per negoziare l'accordo quanto per sorvegliarne durante il
    Concilio l'esatta esecuzione. Perciò, ogni volta che un vescovo
    voleva affrontare la questione del comunismo, il cardinale, dal
    tavolo del consiglio di presidenza, interveniva per ricordare
    [imporre ai vescovi ignari] la consegna del silenzio voluta dal
    Papa».



    Qui ci interessa rilevare quanto monsignor Roche conferma circa le
    responsabilità di monsignor Montini, fautore di un accordo con Mosca
    fin dal lontano 1942.
    Monsignor Roche si rivela buon conoscitore dei fatti.
    Lo dimostra anche la sua opera «Pie XII devant l'Histoire» (edizioni
    du Jour).
    Egli sa che Montini, come sostituto alla Segreteria di Stato di Pio
    XII, manovrò a sinistra, in armonia con le simpatie nutrite fin
    dalla giovinezza (confronta Fappani-Molinari: «Montini giovane»,
    edizioni Marietti), ma all'insaputa e in netta antitesi con il
    pensiero e le direttive di Pio XII, il Papa che avrebbe dovuto
    rappresentare, ma che, evidentemente, giudicava non dotato quanto
    lui di una illuminata visione della politica.
    Su tale linea Montini stabilì, all'insaputa di Pio XII, contatti con
    i sovietici durante l'ultima guerra, come monsignor Roche ricorda;
    contatti di cui Pio XII fu informato dall'arcivescovo protestante di
    Uppsala, che, nella sua qualità, riceveva informazioni corredate di
    prove dal servizio segreto svedese, aggiornatissimo sulle manovre
    nell'Est europeo.
    «Il 'tradimento' di Montini è storia vera e autentica!» (monsignor
    Luigi Villa, «Paolo VI beato?», edizioni Civiltà Brescia, 1998,
    pagina 204).
    Si era nel 1954, quando Pio XII era già provato dalla malattia e
    indebolito dalla vecchiaia.
    Il colonnello Arnould, del Deuxième Bureau francese (il Brigadiere
    Generale dell'Intelligence Service) fu il «James Bond» di Pio XII.
    «Ufficiale di carriera, quindi, ma soprattutto di rigidi costumi e
    cattolico praticante... Pio XII lo chiamò a Roma e gli offerse di
    diventare il Suo agente personale, dipendente solo da Lui, perché -
    gli disse - 'un diplomatico è costretto ad osservare alcune regole e
    ad essere molto prudente; un agente, no!'. Il colonnello accettò,
    prestò giuramento al Pontefice e iniziò la sua nuova missione. Per
    preparare il suo giro nell'Est, entrò in relazione con il vescovo
    luterano di Uppsala, primate di Svezia, che, avendo molta stima di
    Pio XII, non esitava a rendergli preziosi servizi, come l'aiuto ai
    membri del clero, detenuti, e come l'introduzione clandestina nella
    Russia di Bibbie, ecc.
    Nel corso di uno di questi suoi incontri (verso l'estate '54),
    l'arcivescovo di Uppsala, improvvisamente, disse al colonnello: 'Le
    autorità svedesi sanno benissimo che il Vaticano ha relazioni con i
    sovietici'!... e gli consegnò una busta sigillata, indirizzata a Pio
    XII, pregandolo di rimetterla nelle sue mani, senza farla conoscere
    a nessun altro in Vaticano.
    Gli disse: 'Questa busta contiene le prove delle relazioni che il
    Vaticano ha con i sovietici'.
    Giunto a Roma, il colonnello consegnò la busta a Pio XII, che la
    lesse in sua presenza, sbiancando in volto.
    In breve: l'ultimo testo ufficiale, firmato dal pro-Segretario di
    Stato Montini, era datato 23 settembre '54.
    Il 10 novembre '54, Pio XII allontanava dalla Segreteria di Stato
    Montini».


    Pio XII durante un comunicato e alle sue spalle un giovane Montini



    Pio XII nell'autunno 1954 aveva pure saputo che il suo pro-
    Segretario di Stato, Montini, gli aveva nascosto i dispacci relativi
    allo scisma dei vescovi cinesi, caso che si andava aggravando.
    Inoltre, nell'ottobre del 1954, Pio XII venne a conoscenza di un
    rapporto segreto dell'arcivescovo di Riga, incarcerato dai
    sovietici, il quale affermava che «c'erano stati in suo nome [di Pio
    XII] contatti coi persecutori da parte di un'alta personalità della
    Segreteria di Stato» (confronta «Courrier de Rome», giugno 1975,
    numero 145).
    Anche il bollettino della «Contrereforme Catholique» (numero 97,
    pagina 15), parla della questione: «L'inchiesta fece scoprire nella
    cerchia di monsignor Montini un traditore, il gesuita Alighiero
    Tondi, il quale nel corso di un drammatico confronto col cardinale
    N., riconobbe di aver dato ai sovietici i nomi dei preti inviati
    clandestinamente in URSS e che [a seguito della delazione] erano
    stati tutti arrestati ed uccisi. E' noto che il Tondi sposato [prima
    civilmente e poi] religiosamente [con l'attivista comunista Zandi,
    dopo varie vicissitudini e la morte della moglie] ritroverà 'lavoro'
    a Roma nel 1965, con il favore di Montini, ormai Paolo VI.
    Per il tradimento di Montini, scrive monsignor Roche, 'l'amarezza
    [di Pio XII] fu così viva che la sua salute ne risentì ed egli si
    rassegnò a governare da solo l'andamento degli affari esteri
    vaticani».
    Che monsignor Montini sia stato allontanato dalla Segreteria di
    Stato perché caduto in disgrazia presso Pio XII (che lui «tradiva»)
    lo sapeva anche Jean Guitton che nel suo libro: «Paul VI secret»,
    scrive: «Non si è mai saputo, non si saprà mai perché Pio XII,
    avendolo fatto arcivescovo di Milano, non l'aveva creato cardinale,
    il che gli toglieva la possibilità di
    essere eletto Papa».
    Come si vede Montini esercitava già dagli anni quaranta la
    sua «Ostpolitik», e i suoi patti in opposizione alla posizione del
    Papa regnante.
    Montini stranamente nominato arcivescovo di Milano, non fu creato
    cardinale finché visse Pio XII [benché quella sede fosse
    cardinalizia], ma alla morte di Papa Pacelli, lui e la sua «cerchia»
    manovrarono abilmente nel Conclave per l'elezione del Papa «di
    transizione» adatto allo scopo - Roncalli - di età avanzata,
    ma «illuminato» dall'allora arcivescovo di Milano, che, non essendo
    cardinale, avrebbe avuto egualmente la possibilità di determinare il
    corso del nuovo Pontificato.



    La strana carriera di Angelo Roncalli
    Giulio Andreotti ha scritto un libro su «I quattro del Gesù. Storia
    di un'eresia» (Rizzoli, 1999).
    Angelo Roncalli, Giulio Belvederi, zio della moglie di Andreotti,
    Alfonso Manaresi e Ernesto Buonaiuti erano quattro seminaristi,
    stretti da amicizia e da una comune visione modernistica della
    religione.
    Gli ultimi due hanno portato le loro idee eretiche così avanti da
    essere censurato il Manaresi e scomunicato, dopo aver abbandonato il
    sacerdozio il Buonaiuti.
    Belvederi e Roncalli furono salvati a tempo dai loro protettori, nel
    caso di quest'ultimo dall'allora vescovo di Bergamo, Giacomo Radini
    Tedeschi, in odore di modernismo.
    Un altro compagno di Roncalli a Bergamo fu Nicola Turchi, che
    tradusse in italiano lo storico Duchesne, anch'esso censurato.
    Come si vede già in quegli anni precedenti l'evento di Fatima, si
    diffondeva nei seminari cattolici una deviazione modernista,
    giustamente considerata eterodossa e perciò aperta all'eresia,
    consistente nel separare la storia dalla religione; figuriamoci come
    poteva essere vista Fatima.
    E infatti, Roncalli, futuro Giovanni XXIII, che fu un fautore di
    questa tendenza avrebbe archiviato nel 1959 la «terza parte del
    segreto» della Madonna di Fatima come inopportuna; un'attitudine
    opposta alla testimonianza cristiana, che ritiene prezioso ogni
    segno celeste e grave la responsabilità di preservare il principio
    del divino intervento che illumina la storia, dalla sua origine alla
    sua fine.
    Andreotti scrive che Roncalli «aveva molto imparato da don Ernesto»,
    che ebbe l'unico torto di non aver saputo aspettare «l'evolversi dei
    tempi» («A ogni morte di Papa», Rizzoli, 1982).
    Per il noto democristiano, è ora che la Chiesa riveda «il giudizio
    su uomini che furono fino a tempi recentissimi ingiustamente
    perseguitati».
    Forse Andreotti ha ragione, da modernista, di volere che la chiesa
    conciliare modernista recuperi i suoi araldi condannati in passato.
    Ma dimentica che i delitti contro la fede, come l'eresia, sono
    contro Dio stesso e si ripercuotono in modo disastroso in tutta la
    società umana.
    Perciò, Andreotti usa a cuor leggero la parola «eresia» riguardo al
    modernismo di cui il suo pensiero democristiano è imbevuto, come se
    si trattasse di un malinteso non interamente superato nella Chiesa,
    solo perché mancano ancora le sue «scuse» e, perché no, qualche
    beatificazione, forse di Buonaiuti, o di De Gasperi; la sua può
    aspettare!
    Intanto può vantarsi di essere testimone di una radicale sterzata
    clericale.
    Tre giorni prima dell'indizione del Vaticano II Roncalli confida ad
    Andreotti: «Molte delle anticipazioni di allora [del modernismo]
    erano poi divenute feconde realtà. Il Concilio le avrebbe
    costituzionalizzate» (ibidem, pagina 104).



    Erano massoni Roncalli e Montini?
    Roncalli in veste di nunzio a Parigi si è trovato in condizione di
    sviluppare il suo giro di nuove cospicue amicizie, che possono ben
    riflettere le sue scelte.
    Il nuovo nunzio, da rinomato ghiottone, sapeva come allietarle con
    la buona tavola.
    Sembra uno scherzo, ma la brillante soluzione del nunzio Roncalli
    per i gravi problemi locali è consistita nell'assumere il miglior
    cuoco di Parigi.
    In questo modo Roncalli si fece allora tanti noti amici, come Léon
    Blum, l'ebreo socialista che, operando l'unione a sinistra del
    Fronte Popolare, era giunto al potere nel 1936.
    Ma vediamo quelli speciali.
    Edouard Herriot, presidente del Partito Radical-Socialista, divenuto
    presidente del Consiglio nel 1924 e nel 1932.
    Famoso anticlericale, del suo governo scrive Léon de Poncins
    («Christianisme et F:.M»): «L'immistione della Massoneria nelle cose
    del Parlamento ed il suo dominio sulla maggioranza... si è affermata
    più forte che mai durante il ministero Herriot del 1924. […] Il suo
    governo [salutato pubblicamente dai massoni], decretò una serie di
    leggi socializzanti,
    prefigurazione delle leggi del Fronte popolare di Léon Blum, leggi
    elaborate in precedenza nelle logge massoniche».
    Stinse amicizia anche con Vincent Auriol, ateo e socialista,
    ministro delle Finanze nel governo del Fronte popolare e primo
    Presidente della 4ª Repubblica (1947 - 54).
    Costui più tardi volle servirsi di un vecchio privilegio del governo
    francese per imporre la berretta cardinalizia al nunzio in Francia,
    Roncalli, allora eletto cardinale e perciò papabile.
    L'altro amico fu il diplomatico svizzero Carl Burckhardt, massone,
    professore di storia specializzato in Voltaire e Goethe, commissario
    della Società delle Nazioni e presidente del Comitato internazionale
    della Croce Rossa.
    Quando Roncalli fu eletto Papa nel 1958 lui scrisse all'amico Max
    Richer una lettera che descriveva la vita che l'amico Roncalli
    conduceva a Parigi: «Girava come un giovane funzionario
    d'ambasciata, lo si incontrava dappertutto... Cambierà molte cose;
    dopo di lui la Chiesa non sarà più la stessa» («Sodalitium», numero
    28, pagina 26).
    Ma l'amico più intimo, fu il barone Yves Marsaudon, nipote di
    monsignor Le Cam, collaboratore di Rampolla, nominato nel 1946
    ministro dell' Ordine di Malta a Parigi, poi dal 1926, fratello
    massone della Gran Loggia di Francia, e infine dal 1932 Maestro
    Venerabile 33° della Loggia «La Republique».
    Non c'è dubbio che Angelo Roncalli dava molta importanza ai simboli.
    Forse attraverso di essi si potrebbe capire meglio cosa era
    nell'animo di questo chierico che fa togliere dalla facciata di un
    palazzo della Chiesa un simbolo della fede, come il Filioque. ma che
    ha nella sua croce pastorale l'occhio nel triangolo, usato dalla
    Massoneria.
    Queste non sono certo prove della sua affiliazione alla setta, ma
    dimostrano le sue associazioni mentali.



    Ora, come si sa, per il pensiero massonico, ogni fede e ideologia
    può essere accettata per costituire la fratellanza universale se
    depurata dalla verità e unicità della fede cattolica.
    Questo era il pensiero manifestato da Roncalli in Turchia nella
    Pentecoste del 1944, come poi col Vaticano II.
    Il giornalista Pier Carpi ipotizza addirittura una sua iniziazione
    rosacrociana e iscrizione massonica («Le profezie di Papa Giovanni»,
    Mediterranee, Roma, 1976,): erano le sue parole ed atti comunque ad
    esprimere concetti massonici, poi confermati dalle sue amicizie e
    frequentazioni.
    Non ci sono prove pubblicate dai servizi segreti francesi, ma
    risulta dalla testimonianza personale di un ufficiale addetto alla
    protezione del nunzio, che ogni giovedì Roncalli si recasse a un
    incontro «segreto».
    Dove? Ho ripetuto questo sospetto al cardinale Oddi, che era stato
    suo aiutante a Parigi; lui non lo ha contestato.
    Anzi, ma la storia non si scrive con ammissioni silenziose e poi c'è
    qualcosa di molto più rilevante a dimostrare l'orientamento di
    Angelo Roncalli: i frutti del suo operato, che fu rovinoso proprio
    nel senso voluto dai nemici della Chiesa.
    Diversi Gran Maestri massoni di Francia e Italia hanno confermato
    pubblicamente le aperture del futuro Giovanni XXIII 42.
    Nel 1989 la rivista dei francs-maçons «Humanisme», numero186,
    racconta il tête-à-tête del nunzio Roncalli con Alexandre Chevalier,
    che aveva avanzato proposte riguardo al diritto canonico e altro.
    Ad una presunta intesa segreta tra il futuro Giovanni XXIII e chi
    era diventato il Gran Maestro nel 1965, invitato all'incoronazione
    di Giovanni XXIII a Roma, «fa eco l'ipotesi che la loggia L'Etoile
    polaire (l'Atelier), «era all'origine del Vaticano II». (2)
    «Furono massoni il primate della chiesa anglicana Fischer e il
    patriarca Atenagora della chiesa ortodossa, con i quali Roncalli
    iniziò un'apertura di dialogo ecumenico in un clima di fraterna
    comprensione» (Giuliano Di Bernardo, Gran Maestro, nel suo
    libro «Filosofia della Massoneria», Marsilio Edizioni, pagina 146).
    Avendo il patriarca ortodosso Atenagora di Costantinopoli, e alcuni
    altri, paragonato Giovanni XXIII a Giovanni Battista, si può pensare
    che ciò era dovuto al personaggio che in diverse occasioni ha
    parlato di nuove vie e... divenne il «precursore» di Montini.
    Il fatto certo è che anche i modernisti e i massoni occulti, a causa
    del loro piano segreto deteriore, sono scomunicati dalla Chiesa; il
    giudizio emana dal diritto divino per cui molti modernisti, appunto
    occulti, pur avendo scalato i troni molto alti nella Chiesa, non
    hanno mai confessato tale «fede».
    Se lo avessero fatto la loro carica ecclesiastica sarebbe
    decaduta «ipso fac-to» secondo il Codice Canonico (188, 4) e non
    spetterebbe a dei laici dimo-strare che le loro idee e atti -
    proprio quelli descritti e condannati da san Pio X - hanno forgiato
    una nuova Chiesa ecumenista.



    Può l'accordo Roma-Mosca definirsi solo un errore diplomatico o
    politico? Certamente no.
    Basta riflettere sul prezzo religioso dell'accordo e su ciò che Roma
    ha ottenuto - l'insignificante presenza di alcuni osservatori
    ortodossi, sorvegliati dal KGB, concedendo in cambio: il silenzio
    della Chiesa su «quella nefanda dottrina del cosiddetto comunismo,
    sommamente contraria allo stesso diritto naturale, la quale, una
    volta ammessa, porterebbe al radicale sovvertimento dei diritti,
    delle cose, delle proprietà di tutti, e della stessa società umana».
    Pio IX («Qui pluribus»; «Syllabus»); su quella «peste distruttrice,
    la quale intaccando il midollo della società umana, la condurrebbe
    alla rovina» (Leone XIII, Enciclica «Quod Apostolici muneris»); su
    quel «pericolo» che minaccia di precipitare «popoli interi... in una
    barbarie peggiore di quella in cui ancora giaceva la maggior parte
    dei mondo all'apparire del Redentore»; su quel «satanico flagello» nel quale «non vi è posto
    per l'idea di Dio, non esiste differenza fra spirito e materia, tra
    anima e corpo; non si dà sopravvivenza dell'anima dopo la morte» e
    che «spoglia l'uomo della sua libertà, principio spirituale della
    sua condotta morale, toglie ogni dignità alla persona umana e ogni
    ritegno morale contro l'assalto degli stimoli ciechi» (Pio XI,
    enciclica «Divini Redemptoris»); su l'«iniquità... che mira a
    strappare la fede a quegli stessi ai quali promette il benessere
    materiale» (Pio XII, enciclica «Menti nostrae», 1950).
    Dovere di ubbidienza all'errore?
    L'impegno preso e mantenuto da quei gerarchi fu la rinunzia alla
    missione della Chiesa, un tradimento a Dio, alla Chiesa stessa e
    all'umanità; questa pagina nera della storia della Chiesa resterà,
    come scrive Jean Madiran («Présent»), «la vergogna della Santa Sede
    nel secolo XX».
    E' evidente che in casi siffatti appellarsi all'ubbidienza non regge.
    I successori di Benedetto XV, di Pio XI e di Pio XII, avrebbero
    potuto sottoscrivere tranquillamente le affermazioni dei loro
    predecessori.
    Oggi, invece, esse sono totalmente capovolte: col Vaticano II, la
    Chiesa, che non poteva tacere e non aveva taciuto fino ad allora, fu
    fatta tacere; gli stessi più accaniti nemici rendono testimonianza
    che Roma ha cessato di tutelare il santuario della religione
    cristiana e di richiamare l'attenzione sul pericolo comunista.
    Così, ad esempio, Togliatti nel suo memoriale scriveva: «Nel mondo
    cattolico organizzato e nelle masse cattoliche vi è stato uno
    spostamento evidente a sinistra al tempo di papa Giovanni» («Il
    Tempo», 13 giugno 1984).
    La questione del comunismo era, però, solo una tra le tante.


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    Post n. 2Hai scrittoil 5 luglio 2009 alle 15.09
    Papa Giovanni XXIII



    Cominciamo riportando alcuni avvertimenti papali sulle mosse
    anticristiane del mondo moderno, per poi ricordare la loro dottrina
    specifica sugli errori incombenti nell'ambito della fede, qui
    elencati in piccola parte.
    Si tratta dell'insegnamento dei Papi: Gregorio XVI sul delirio delle
    libertà e dell' indifferentismo in materia di religione
    (enciclica «Mirari vos», 1832); Pio IX sull'elenco di errori della
    società civile moderna, con cui ogni conciliazione è impossibile per
    la Chiesa (enciclica «Quanta cura» e «Sillabo», 1864); Leone XIII
    sul pericolo rappresentato dal liberalismo (enciclica «Libertas»,
    1888) e dalla Massoneria («Inimica vis», 1894); Pio X, sulle insidie
    del modernismo, collettore d'ogni eresia («Pascendi», 1908), e
    condannando la democrazia cristiana del Sillon («Notre charge
    apostolique», 1910); Benedetto XV, che ha pubblicato il Codice
    Canonico voluto da san Pio X, dove è detto che l' affiliato alla
    Massoneria è fuori dalla Chiesa; Pio XI sulle aberrazioni
    del «pancristianesimo» (operazione ecumenista di allora, «Mortalim
    animos», 1928); Pio XII, contro la «nuova teologia» mirante a una
    nuova chiesa (enciclica «Humani generis», 1950).
    Eppure, tutti questi avvertimenti in difesa della sana dottrina
    cattolica furono annullati e i promotori e i teologi di queste
    deviazioni furono tutti invitati e poi promossi nella «chiesa
    conciliare» inaugurata da Giovanni XXIII.
    Si dovrebbe andare più a fondo in queste dottrine cattoliche
    trattando della carriera di Roncalli, perché qui sono appena
    elencati i suoi punti di rottura con la dottrina della fede,
    mascherati ma evidenti.
    Così, l'opposizione di Roncalli a Fatima non è altro che una rottura
    con la stessa visione cattolica.
    Non c'era bisogno di aspettare i risultati del Vaticano II per
    capire che il germe di questi errori ed eresie erano già nel
    pensiero sommario di Giovanni XXIII.
    Egli, da quanto si sa, non ha un'opera scritta e non ha nemmeno
    scritto le encicliche che portano il suo nome, ma le ha ritoccate
    nel senso che poteva essere condiviso anche dal pensiero massonico.
    Per esempio, la sua «Pacem in terris», che si dimostra la base per
    la dichiarazione «Dignitatis humanae» del Vaticano II (basta
    consultare le sue note), c'è un ritocco ambiguo nell'allusione alla
    coscienza elaborato insieme a don Pavan, che se fosse dipeso dal
    parere del Santo-Ufficio, non sarebbe passato.
    Perciò questo parere fu ostinatamente evitato e la sua redazione
    condotta in gran segreto, come testimoniò anche padre Rouquette.
    Quel che può sembrare una questione limitata, rinchiude un colpo di
    estreme conseguenze, rappresentando l'origine di quell' apertura
    deleteria ai concetti modernisti di libertà e didignità umane, in
    rottura diametrale con il magistero papale e perciò col senso stesso
    della religione.
    Essa esiste per confermare infallibilmente la legge divina, che
    procede dal comando: «Del frutto dell'albero della conoscenza del
    bene e del male non devi mangiare».



    Ora, in nome della stessa Chiesa cattolica si insinua che la norma
    del bene appartiene alla coscienza umana; «Ognuno ha il diritto di
    onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza; e quindi il
    diritto al culto di Dio privato e pubblico» («Pacem in terris»,
    numero 8).
    Il testo è ambiguo? Tale ambiguità è risolta nel senso del diritto
    alla «libertà religiosa» nella «Dignitatis humanae» del Vaticano II;
    posizione che equivale a dichiarare il diritto religioso di negare
    l'esistenza del comando di Dio rivelato nella legge custodita dalla
    Chiesa e di Dio stesso.
    La questione che si pone è, quindi: Giovanni XXIII, aprendo alle
    venture del mondo moderno, dove domina il naturalismo massonico e il
    materialismo socialista e chiudendo alla «Profezia di sventure» per
    il nostro tempo, continuava o rompeva con la visione dei Papi
    cattolici?
    L'opposizione indicata circa gli ultimi Papi fa capire che si
    trattava di una vistosa rottura, non solo con i loro allarmi su
    pericoli crescenti, ma con la stessa visione della Bibbia.
    Ora, la continuità nella fede è la vita del Papato e perciò il suo
    contrario, la sua rottura in tale Sede, non può che figurare la sua
    morte.
    La Chiesa «conciliare», edificata sull'opposizione e disubbidienza
    di Roncalli e Montini al Magistero della Chiesa, pretende di...
    conciliare gli inconciliabili nel campo sociale, coniugando
    cristianesimo e comunismo.
    A tal fine hanno indotto a ritenere che, per cristianizzare il
    comunismo, sarebbe bastato eliminarne il materialismo e l'ateismo,
    quasi che solo a motivo di ciò, e non per la sua dottrina sociale,
    totalmente opposta ai princìpi del diritto naturale, sia stato
    condannato come «intrinsecamente perverso».
    Ecco allora preti e religiosi «aggiornati» ripudiare la secolare
    dottrina della Chiesa per predicare, in luogo del Vangelo di
    Cristo, «il nuovo presunto Vangelo che il comunismo ateo annunzia
    all'umanità quasi messaggio salutare e redentore» (Pio XI, «Divini
    Redemptoris»); in luogo della Redenzione di Cristo, la «redenzione
    falsa» di Marx (ibidem); in luogo del-la speranza soprannaturale
    cristiana, le «fallaci promesse» di un «Paradiso, che è di questa
    terra» (ibidem); in luogo della giustizia e della fratellanza
    cristiana, uno «pseudo-ideale di giustizia, di uguaglianza e di
    fratellanza» (ibidem), che in realtà è arido egualitarismo e iniquo
    collettivismo.
    Sostengono di voler così vincere la seduzione esercitata dal
    marxismo sulle masse, come se l'errore si vincesse appropriandosene,
    anziché opponendogli la verità.
    In tal modo questi chierici si riducono a battistrada del comunismo,
    giungendo perfino ad unirsi ai nemici della Chiesa nell'imputarle la
    responsabilità delle ingiustizie, reali o presunte, di governi e di
    singoli, quasi che esse siano nate dalla dottrina sociale della
    Chiesa e non dal disprezzo di essa.
    Alcuni, più coerenti nell'errore, passarono allora dalle parole ai
    fatti: sono i preti guerriglieri dell'America Latina o anche i
    ministri di governi marxisti.


    Paolo VI



    Su cosa potevano accordarsi Montini e Stalin?
    Il pensiero di Montini è divenuto più chiaro al mondo col discorso
    di chiusura del Vaticano II (7.12. 65), quando ha
    inteso «battezzare», con immensa simpatia l'umanesimo laico, il
    culto dell'uomo che si fa Dio, aprendosi alla rivoluzione gnostica e
    modernista dell'uguaglianza giacobina, che si vorrebbe promotrice
    niente meno che di un concerto ecumenista delle religioni.
    «La Chiesa del Concilio si è assai occupata, oltre che di se stessa
    e del rapporto che a Dio la unisce, dell'uomo quale oggi in realtà
    si presenta: l'uomo vivo, l'uomo tutto occupato di sé, l'uomo che si
    fa non soltanto centro di ogni interesse, ma osa dirsi principio e
    ragione di ogni realtà. [...] L'umanesimo laico profano alla fine è
    apparso nella sua terribile
    statura ed ha, in certo senso, sfidato il Concilio. La religione del
    Dio che si è fatto Uomo s'è incontrata con la religione (perché tale
    è) dell'uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una
    lotta, un anatema?
    Poteva essere, ma non è avvenuto. L'antica storia del Samaritano è
    stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia
    immensa lo ha pervaso. La scoperta dei bisogni umani (tanto maggiori
    sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito
    l'attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito in questo almeno, voi
    umanisti moderni,
    rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete
    il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i
    cultori dell'uomo. […] Riguardo i 'valori' del mondo rinunciatario
    alla trascendenza: sono stati non solo rispettati, ma onorati, i
    suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette».
    Quel scellerato incontro Montini-Stalin sarebbe avvenuto nel 1942,
    tempo delle terribili stragi del grande conflitto mondiale.
    Forse fu allora che anche nell'ambito delle persecuzioni
    anticlericali della rivoluzione sovietica vi fu un «aggiornamento»:
    la persecuzione religiosa lasciò da parte la violenza fisica a
    favore di quella psicologica, di lavaggio del cervello per la
    soggezione, in nome del progresso rivoluzionario del clero ortodosso
    al dittatore sovietico.
    E appena finita la guerra, nel 1946, fu imposta la fusione in una
    sola chiesa; dei cattolici fedeli al Papa con quella ortodossa, già
    addomesticata da Stalin.

    I sacerdoti che rifiutarono tale asservimento al regime furono
    spediti in Siberia, come è il caso dell'eroico prelato Slipyj.
    Quelli rimasti, in poco tempo, furono ridotti a collaborare con lo
    Stato ateo e col suo KGB.
    Ciò era un fatto ben conosciuto, per cui l'iniziativa del «Papa
    buono» di invitare capi religiosi scelti dal Kremlino per assistere
    al Vaticano II al prezzo di non accennare in quella sede all'immane
    flagello comunista, equivaleva a pagare per avere un cavallo di
    Troia dentro le mura; fatto che già allora fece capire a molti che
    la vera trappola per la fede, il vero cavallo di Troia era
    rappresentato dalle riciclate chimere moderniste della fratellanza
    universale «umanitarista».
    Il «patto scellerato» voluto, o subìto, da Roncalli non era quindi
    casuale e isolato, ma parte del piano d'inversione della missione
    della Chiesa: un tradimento - d'ordine metafisico - che segue i
    passi di Lamennais, Duchesne, Loisy, Sangnier e seguaci, e poi,
    da «alto loco», opera per impiantare il nefando patto finale per
    un «nuovo ordine» ecumenistico.
    La chiesa conciliare non solo non vuole condannare errori, ma non
    può convertire nessuno alla pace di Gesù Cristo perché ignora le
    vere profezie, dissimula la santità e le azioni provenienti dalla
    fede, privilegiando l'operato sociale che presenta la Chiesa come
    società umanitaria, sminuendo così la sua azione soprannaturale,
    come vogliono i poteri del mondo scristianizzato.
    Poiché l'idea che ha guidato la chiesa conciliare al «patto
    scellerato» con il KGB è parte del processo ecumenista globale, più
    che mai imperversante oggi nei patti di tenore pacifista, tipo
    Assisi, è di enorme importanza riconoscere il marchio modernista di
    questo processo, per poterlo smascherare con i suoi promotori e
    ridare spazio al vero ecumenismo cattolico.
    La storia della Chiesa è riassunta nella lotta perenne mossa dallo
    spirito mondano contro la Legge divina.
    Questa lotta è vissuta dal cristianesimo, che, ad immagine e
    somiglianza del Suo Fondatore, segue la via della Sua passione.
    E la passione della Chiesa è aggravata oggi da una nuova classe
    clericale il cui scopo è un nuovo ordine per aggiornare la Chiesa
    all'utopia modernista e aprirla con «immensa simpatia» al mondo e
    all'omologazione ecumenistica delle religioni, esaltando l'
    umanitarismo della Rivoluzione.

    Per concludere, rispondendo al quesito: Roncalli massone?
    Che fosse o non fosse massone, certo è che nessun massone militante
    avrebbe potuto fare di più per la mutazione della Chiesa, proprio
    nel senso voluto dalle logge.
    E in questo senso, anche nel caso della buona fede, Angelo Roncalli
    ha senz'altro operato con molta abilità e determinazione, dalla sua
    ambigua «Pacem in terris», alla convocazione del Vaticano II.
    Ecco cosa hanno dimostrato i «patti scellerati» dei Papi conciliari,
    inerenti al processo di pace ecumenista: la soppressione
    dell'autorità cattolica e della missione della Chiesa nel mondo,
    come rappresentato nella visione simbolica dell'eccidio del Papa col
    suo seguito del Segreto di Fatima, la cui intelligenza sarebbe più
    stata chiara nel 1960, quindi nel tempo che va dalla fine di Pio XII
    all' elezione di Roncalli.

    Daniele Arai




    ---------------------------------------------------------------------
    -----------
    Note
    1) Questo cardinale aveva messo in dubbio l'elezione di Roncalli
    perché massone (confronta «Vita», pagina 4, NiRon pagina 41).
    2) Jacques Ploncard d'Assac, «Present», Parigi, 20.7.1989.







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    Ghergon
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    00 29/10/2009 17:21
    Attenzione ad Arai: uno dei motivi per il quale non ho sottoscritto l'abbonamento a effedieffe sono state delle sue condanne a certi documenti conciliari che poi ho trovato a mio avviso "falsate"..affermava con sicumera che li c'era scritto una cosa che dava risvolti diabolici a sua detta e ci costruiva sopra tutto l'articolo...
    Mi chiesi: possibile?
    Leggendo il capitolo intero e non la frasetta decontestualizzata si evinceva tutto il contrario di quello che lui affermava...attenzione..


    [Modificato da Ghergon 29/10/2009 17:22]
    "Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

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    00 29/10/2009 20:40
    Che io sappia, è un sedevacantista simpliciter.

    In molte cose ha ragione, in altre forse usa troppa "estremizzazione", ma è pur sempre meglio una maggior critica che lasciarsi andare al tiepidismo... [SM=x268955]
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    Ghergon
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    00 29/10/2009 20:45
    Le critiche sono costruttive, ma non si può girare la frittata per colpire tout court...poi si fa come i comunisti e i nemici della Chiesa...poi chiunque dopo la lettura di quel passo avrà fatto come me e sarà andato a leggere il testo intero avrà capito che di certi oratori meglio scordarsene... [SM=x268930]
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    Ghergon
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    00 31/10/2009 23:29
    Gaudium et spes
    44. L'aiuto che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo.

    Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dall'evoluzione del genere umano. L'esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.

    Essa, infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli (102). Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell'apporto di coloro che, vivendo nel mondo, ne conoscono le diverse istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di credenti o di non credenti.
    [Modificato da Ghergon 31/10/2009 23:31]
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    Ghergon
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    00 31/10/2009 23:29
    Arai
    Nella Gaudium et Spes (GS) si legge:


    44 a) «... la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano».


    b) «L'esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana,
    attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso la Verità, tutto ciò è di vantaggio
    anche per la Chiesa; essa infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai
    concetti e alle lingue dei vari popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: allo scopo, cioè, di adattare,
    quand


    conveniva, il Vangelo sia alla capacità di tutti sia alle esigenze dei sapienti. [...] viene promosso uno scambio vitale tra la
    Chiesa e le varie culture dei popoli. Allo scopo di accrescere tale scambio [... essa] ha bisogno particolare dell'aiuto di
    coloro che, vivendo nel mondo, sono esperti nelle varie istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di
    credenti o di non credenti».




    L'interscambio culturale con gli «esperti» non religiosi non si è mai configurato quale necessità religiosa; al contrario, esso
    è stato un modo per banalizzare o sovvertire il messaggio evangelico.


    Per il Cristianesimo, in effetti, una cultura che non si fondi nella Verità soprannaturale è priva della visione generale che
    deve illuminare l'uomo nel concerto delle verità naturali.


    Il fedele, pertanto, sa di trovare nel Vangelo la pienezza sovrabbondante della conoscenza che illumina il fine ultimo
    dell'uomo.


    Lo studio delle lingue, dei costumi, della storia, può spiegare i dettagli della vita dei popoli, non la loro ragione d'essere e,
    men che mai, il senso della Parola eterna.


    EFFEDIEFFE.com Giornale Online | Direttore Maurizio Blondet
    www.effedieffe.com Generata: 5 September, 2008, 14:07
    Solo la Parola divina, dunque, può chiarire il fine della vita, ma ciò in genere non interessa agli «esperti non credenti», che
    misconoscono perciò la questione principale: la ragione ultima di una vera cultura.


    Questo documento del Vaticano II riflette il tentativo di combinare il temporale con l'eterno, la sociologia con la religione,
    l'umano col divino, la verità con l'errore.


    Si finisce così per giustificare e promuovere ogni manifestazione umana, dall'erotismo all'idolatria.


    Se il «patrimonio proprio a tale comunità umana» include tutto, allora il pluralismo religioso, dalle vacche sacre al dio
    pitone, non è solo tollerabile, ma addirittura desiderabile, per cui la catechesi sulla religione esclusiva e sulla distruzione
    degli idoli sono un delitto contro l'umanità.


    Simili idee prosperarono dopo il Vaticano II, causando l'avanzata di nuovi paganesimi e la diffusione delle sétte, tutte
    con gli stessi diritti della religione cristiana.

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