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Beppe Grillo, gli americani e la politica italiana

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2014 18:24
02/10/2014 18:24
 
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Intervista di Paolo Madron a Luigi Bisignani

Servizi segreti, un tema che da sempre la appassiona. Bisignani, qui ci deve stupire.
L’intelligence, se è fatta bene, non si vede. Però se ne possono intuire molte mosse, specie quando chi le compie lascia traccia.

Ce n’è qualcuna che l’ha colpita di recente?
Il modo in cui i servizi americani stanno «attenzionando» Beppe Grillo e il suo movimento. Centinaia di informative, leaks, come si usa dire dopo Assange, rapporti sui 5 Stelle e sulla loro attività.

Sa qualcosa o sta solo insinuando?
A pensar male si fa peccato, come dice Andreotti, ma quasi sempre si indovina. Mi sembra di rivedere il film con cui alcuni diplomatici Usa accompagnarono la corsa di Antonio Di Pietro all’epoca di Mani pulite.

Caspita. Per dirla alla Marlon Brando di Apocalypse Now, «adoro l’odore del napalm al mattino».
Niente napalm. Tutto parte dal protocollo numero C17586026, che sigla il primo documento sul MoVimento 5 Stelle. Destinatari: il Dipartimento di Stato e altri uffici governativi di Washington. Stiamo parlando di una informativa redatta nel 2008, quando il fenomeno Grillo era ancora di là da esplodere.

Di cosa si tratta?
Del resoconto di un pranzo tra Beppe Grillo e alcuni diplomatici e agenti americani. Un fatto anomalo per uno che in Italia rifiuta ogni contatto.

Tutto di nascosto, immagino.
Il contenuto del dispaccio firmato dall’ex ambasciatore Ronald Spogli è stato rivelato da «La Stampa» nel febbraio 2013. Grillo ha replicato: «Non avrei voluto dire nulla, l’avevo promesso a Spogli». Avendo avuto anch’io il dispaccio in mano, c’è qualcosa che andrebbe approfondito.

Cosa?
Quando è stato declassificato dall’intelligence per permetterne la pubblicazione nel rispetto del Freedom of Information Act, sono stati chirurgicamente occultati quasi tutti i destinatari «sensibili», tra cui, oltre alla Casa bianca, al Dipartimento di Stato e alla Cia, c’è da scommetterci ci fosse il Dipartimento dell’energia e la National Security Agency (Nsa), che si occupa soprattutto di terrorismo informatico.

Cosa c’entrano questi due ultimi indirizzi?
Agli americani è noto il rapporto strettissimo che Grillo ha con due loro vecchie conoscenze. Franco Maranzana, un geologo controcorrente di 78 anni, considerato il suo più grande suggeritore su tematiche energetiche e ambientali non politically correct, in contrasto cioè con la linea ecologista che viene attribuita al movimento. E soprattutto Umberto Rapetto, un ex colonnello della guardia di finanza.

Solo conoscenze?
Direi grandi amici... Pensi che Rapetto, piemontese di Acqui Terme, più di vent’anni fa suonava in una bluesband accanto al comico genovese. Mentre Maranzana, nell’aprile del 2013, era sulla barca a vela con Grillo quando il comico, entrando nel porto di Trieste, fu contestato per la prima volta.

Amici solo di Grillo o anche degli americani?
Rapetto anche degli americani, di sicuro. Di un’intelligenza fuori dal comune, Rapetto ha frequentato anche la scuola dei paracadutisti negli Stati Uniti. E per un suo precedente incarico di capo del Gat, il Gruppo anticrimine tecnologico della guardia di finanza, è considerato uno dei più importanti esperti al mondo. Come tale era molto consultato tra le agenzie di intelligence Usa. Rapetto ora lavora per Franco Bernabè in Telecom. Maranzana invece è «attenzionato» da sempre perché, tra l’altro, molto polemico con le tesi portate avanti sull’ambiente da Al Gore.

Torniamo al documento. Quando è avvenuto l’incontro?
Non conosco il giorno esatto, ma l’informativa sull’incontro spedita al Dipartimento di Stato a Washington dall’ambasciata americana a Roma, a firma dell’ambasciatore Spogli, porta la data del 7 marzo 2008. Si intitola «Nessuna speranza per l’Italia. Un’ossessione per la corruzione». Una frase che evidentemente per loro sintetizza il «Grillo pensiero». Con ogni probabilità quel documento è finito sulla scrivania di Barack Obama.

Come si struttura il documento?
Sono sedici punti che riassumono la filosofia di Grillo, evidentemente il frutto di quel pranzo e di altre conversazioni, con molti commenti degli americani a margine. Scrivono che i loro uomini presenti all’incontro «quasi istintivamente disconoscono la validità del suo messaggio». Ma si capisce che gli stanno addosso e per non sbagliare riportiamo per intero la conclusione. «Molte idee di Grillo sono utopiche e irrealistiche. Ma a dispetto della sua visione politica incoerente, la sua prospettiva dà voce a una parte dell’opinione pubblica non rappresentata altrove. La sua miscela fatta di spumeggiante umorismo, supportata da dati statistici e ricerche, fa di lui un credibile interlocutore per capire dal di fuori il sistema politico italiano». C’è anche un altro episodio rivelatore di questo filo diretto dei grillini con gli Usa.

Non c’è niente da fare. Grillo ha un debole per giornali e politici stranieri.
All’indomani delle elezioni politiche del febbraio 2013 una delegazione capeggiata dai due capigruppo in parlamento, Vito Crimi e Roberta Lombardi, è andata a omaggiare l’ambasciatore David Thorne. Lo stesso che, parlando agli studenti del liceo romano Visconti nel marzo del 2013, ha pubblicamente lodato il nuovo movimento come motore necessario per le riforme di cui ha bisogno l’Italia.

Se è per questo anche la finanza americana ha avuto per Grillo parole di elogio.
Le ha espresse un pezzo da novanta della banca d’affari Goldman Sachs, considerato uno dei re mondiali dei cambi, Jim O’Neill, un banchiere di relazioni straordinarie, soprattutto in Cina. O’Neill è da sempre convinto assertore che l’euro sia un freno per la crescita. Lui forse vede nei grillini il grimaldello per scardinare la costruzione europea.

In effetti ha fatto scalpore che una banca così istituzionale si sia esposta in quel modo.
Infatti si sono scoperti troppo, tant’è che pochi giorni dopo Goldman Sachs ha dovuto fare un parziale dietrofront.

Se due indizi fanno una coincidenza, tre fanno una prova.
Bravo a citare Agatha Christie, vedo che qualche sospetto viene pure a lei. Ma non basta.

Cos’altro c’è?
Oltre alla Goldman Sachs, anche un altro guru del capitalismo americano lavora a destabilizzare l’euro. Ed è George Soros, il finanziere ungherese naturalizzato statunitense e da sempre finanziatore, con il suo Soros Fund Management e con l’Open Society Institute, dei nuovi movimenti: dalla Polonia con Solidarność negli anni Ottanta alla Cecoslovacchia con Charta ’77, fino alla Rivoluzione delle Rose in Georgia.

E che c’entra Soros con Grillo?
Sarà pure un caso, ma l’unico studio scientifico di decine di pagine fatto finora sul MoVimento 5 Stelle nel febbraio del 2013 è stato commissionato al think tank inglese Demos. Il supporto è stato dato proprio dalla Open Society di Soros.

A proposito. Siamo solo all’inizio della legislatura. Per lei come si stanno muovendo i grillini dentro al Palazzo?
Come polli in batteria: nei primi giorni li hanno chiusi tutti insieme nel salone della Regina di Montecitorio, con tre commessi che non consentivano a nessuno di entrare. Si dovevano conoscere tra di loro.

Un po’ come fu per gli esordi romani della Lega.
Sbaglia. Lì c’era Umberto Bossi. Erano pochi, e c’era un capo assoluto che li aveva scelti uno per uno e li comandava a bacchetta.

Perché Grillo cos’è?
Un capo che la gran parte dei parlamentari eletti ha conosciuto solo via internet, per questo i suoi si
muovono disordinatamente. Tant’è che sulle prime nomine importanti le vecchie volpi del parlamento hanno imbrogliato le carte.

Cioè?
Anziché, come i grillini pretendevano, dare loro il questore alla Camera, carica dotata di un vero potere di controllo, hanno concesso quello del Senato, molto meno importante. E i 5 Stelle si sono accontentati della vicepresidenza di Montecitorio, dove di fatto il potere è esiguo.

Tratto da “L’uomo che sussurra ai potenti” di Luigi Bisignani e Paolo Madron
[Modificato da wheaton80 02/10/2014 18:27]
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