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Così gli immigrati occuperanno il Paese

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2024 15:32
14/06/2018 19:59
 
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Migranti, Iwobi (Lega): il finto buonismo rovina l'Africa

Intervista di Affaritaliani.it al senatore italo-nigeriano della Lega Tony Iwobi sul caos immigrazione. Iwobi, responsabile federale Dipartimento Immigrazione del Carroccio, è intervenuto oggi in Aula a Palazzo Madama durante il dibattito dopo l'informativa del ministro dell'Interno Matteo Salvini sul caso della nave Aquarius.

Oggi in Aula al Senato, nel suo primo intervento, ha affermato che per salvare i migranti bisogna non farli partire. Che cosa intende?

"La questione è molto semplice. Con il buonismo dei governo Pd, che hanno aperto le porte a tutti indiscriminatamente e senza alcun controllo, abbiamo avuto migliaia di morti nel Mar Mediterraneo. Illudere i giovani africani che in Italia e in Europa ci sia lavoro per tutti fa il male soprattutto dell'Africa e dei suoi abitanti. Quanto accaduto in Italia in questi anni, prima dell'arrivo di Matteo Salvini al Viminale, non è umanità, non è solidarietà ma è schiavismo moderno. Il 94% di chi è sbarcato in Italia non ha ottenuto la status di rifugiato politico e nella maggior parte dei casi vaga per le nostre città senza alcun controllo. E se va bene lavora a 2 euro l'ora senza diritti, se va male ingrossa le fila delle criminalità. Insomma, un disastro a cui finalmente il nuovo governo sta iniziando a dare una svolta".

Il Ministro Salvini ha sempre detto che gli immigrati regolari sono i benvenuti. Lei che è di origini nigeriane come valuta le accuse di razzismo e xenofobia che in queste ore la sinistra lancia contro il segretario della Lega?

“Le accuse della sinistra sono ridicole. La Lega ha sempre distinto l'immigrazione tra sana e clandestina. Quella regolare, che deve essere basata sul lavoro, fa bene al Paese ospitante. E la mia storia, come quella di tanti altri, lo dimostra. Salvini ministro difenderà chi è venuto in Italia per rispettare le leggi, lavorare e integrarsi seriamente. Al contrario, la clandestinità è un reato in tutto il mondo. Anche in Nigeria. Gli esponenti della sinistra che accusano la Lega di razzismo si rivelano ridicoli: hanno dimenticato i cittadini italiani in difficoltà, hanno dimenticato i giovani italiani che ogni anno emigrano all’estero in cerca di lavoro, hanno dimenticato che ci sono immigrati regolari anche loro vittime dei costi sociali dell’immigrazione incontrollata e hanno illuso migliaia e migliaia di giovani africani di trovare in Italia e in Europa un mondo che non esiste. E a qualcuno il business dell'immigrazione fa comodo e ingrassa le tasche sulla pelle degli stessi migranti: e poi siamo noi i razzisti? La solidarietà troppo spesso si ferma alle parole".

Che cosa pensa delle accuse della Francia all'Italia?

"Da che pulpito. Siamo alla follia. Proprio la Francia si è affrettata ieri a smentire la disponibilità della Corsica ad accogliere la nave Aquarius questa mattina. E come dimenticare i respingimenti a Ventimiglia? Come dimenticare l'irruzione di poliziotti francesi armati in Italia a caccia di migranti? Come dimenticare la donna nigeriana incinta e malata abbandonata e lasciata morire alla stazione ferroviaria di Bardonocchia dalle autorità francesi? Come si permette il signor Macron, amico di Matteo Renzi, ad attaccare l'Italia quando il loro Paese per anni ha rifiutato qualsiasi tipo di sostegno sull'immigrazione? Per fortuna ci sono posizioni come quella austriaca, ungherese ma anche tedesca che intendono lavorare seriamente con l'Italia per una svolta nel controllo dei confini esterni dell'Unione europea".

Alberto Maggi
13 giugno 2018
www.affaritaliani.it/politica/migranti-iwobi-lega-il-finto-buonismo-rovina-l-africa-545620.html?re...
14/06/2018 20:10
 
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Aquarius, Matteo Salvini “massacra” Soros e infiamma il Senato



Nell'Aula del Senato, il Ministro dell'Interno Matteo Salvini ha risposto a chi accusava il governo di isolarsi rispetto all'Unione Europea dopo la presa di posizione su Aquarius:"Non siamo mai stati così centrali ed ascoltati", dice riferendo dei vari colloqui avuti con i colleghi di altri Paesi europei. Poi ha ringraziato la Spagna e il Presidente spagnolo Pedro Sánchez che ha dato l'ok per l'attracco di Aquarius al porto di Valencia:"Mi auguro e spero che eserciti la sua generosità anche nelle prossime settimane, avendo spazio per farlo". Salvini ha poi precisato che l'Italia accoglie 170mila migranti a fronte dei 16mila della Spagna. Più volte Matteo Salvini ha ribadito che il nuovo governo non può essere considerato "non umano". "Da padre di due bambini, non voglio che altri bambini vengano messi su un gommone e muoiano nel Mediterraneo perché qualcuno li illude che in Italia c'è lavoro e casa per tutti. Sono stufo". Salvini parla anche di "morti di Stato" riferendosi alle vittime dei flussi migratori. Poi aggiunge:"Dallo sbarco alla definizione dello status di un richiedente asilo passano tre anni. Troppo tempo. Nel 2018 ci sono state 42mila domande d'asilo, solo a 7 su 100 viene riconosciuto lo status di rifugiato politico, più un 4% di protezione sussidiaria. La maggioranza delle domande viene respinta perchè non ha fondamento. Ma c'è il business degli avvocati d'ufficio che fanno milioni di euro alle spalle di questi disgraziati ed occupano i tribunali".

13 giugno 2018
18/06/2018 00:13
 
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Quando Bergoglio telefonò a Enrico Letta, e partì l’operazione “Mare Nostrum”. Una rivelazione

L’operazione “Mare Nostrum”, che segnò l’inizio della straordinaria ondata di migrazione (alcuni parlando di invasione) dalle coste africane, e in particolare dalla Libia destabilizzata dall’aggressione anglo-franco-americana, ha avuto uno sponsor eccezionale. Lo rivelano a Stilum Curiae fonti di alto livello del Ministero degli Interni, che all’epoca erano presenti e operative nella stanza dei bottoni. Questa la rivelazione, di cui è stato testimone un alto funzionario del dicastero, oggi in pensione: il Pontefice (da sei mesi, si era nell’ottobre 2013) telefonò all’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta per sollecitare un intervento dell’Italia. Mentre si è saputo di una telefonata successiva, quando il governo Letta era in difficoltà, del colloquio del 2013 non si era venuti a conoscenza. Ecco il racconto che ci è stato fatto, e che riportiamo, sicuri della solidità della fonte. “Come è noto, la pressione migratoria eccezionale che l’Europa, e in particolare l’Italia, stanno vivendo ha avuto origine tra i mesi di ottobre e novembre 2013 quando, a seguito del naufragio di una barca carica di clandestini al largo di Lampedusa, l’Italia decise unilateralmente di varare l’Operazione “Mare Nostrum” allo scopo di raccogliere in mare quanti più migranti possibile, portarli sul territorio nazionale, far fare a tutti la domanda di asilo e trattarli, anziché come clandestini, come richiedenti asilo e, di fatto, come veri e propri profughi. La questione, oltre a comportare la violazione del diritto interno, internazionale e consuetudinario (tra l’altro, caso unico al mondo, la Marina Militare italiana si spinse addirittura in acque interne di uno Stato straniero), funse da moltiplicatore delle partenze dall’Africa, delle quali è tuttora un palese incentivo, e si tradusse in una collusione di fatto con i trafficanti di esseri umani, che da allora si arricchiscono ancor più, con cifre stimate superiori al traffico di stupefacenti. Ora un alto funzionario dello Stato, rievocando l’origine di “Mare Nostrum”, rivela:“’C’era il Governo Letta in cattive acque. Arrivò una telefonata dal Papa. Perché, secondo lei, appena ho potuto sono andato via?’”.

Da Wikipedia abbiamo tratto queste note relative a “Mare Nostrum” (https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Mare_nostrum):“L’operazione Mare nostrum è stata una vasta missione di salvataggio in mare dei migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia dalle coste libiche al territorio italiano e maltese, attuata dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014 dalle forze della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare italiane. Il 3 ottobre 2013, a poche miglia del porto di Lampedusa, c’è stato il naufragio di un’imbarcazione libica usata per il trasporto di migranti, noto come “tragedia di Lampedusa”. L’affondamento ha provocato 366 morti accertati e circa 20 dispersi presunti; i superstiti salvati sono stati 155, di cui 41 minori. In seguito al naufragio di Lampedusa, il governo italiano, guidato dal Presidente del Consiglio Enrico Letta, decise di rafforzare il dispositivo nazionale per il pattugliamento del Canale di Sicilia autorizzando l’operazione Mare Nostrum, una missione militare e umanitaria la cui finalità era di prestare soccorso ai migranti, prima che potessero ripetersi altri tragici eventi nel Mediterraneo. Il dispiegamento di forze comprendeva, tra gli elicotteri, l’HH-139 SAR del 15º Stormo, rischierato a Trapani, per la ricerca e soccorso; aerei da ricognizione Piaggio P-180 ed un aeromobile Breguet Atlantic del 41º Stormo di Sigonella.

Completavano lo schieramento aereo i droni Predator B, i quali disponendo di una autonomia di 27 ore, potevano acquisire immagini dai porti da cui salpano i barconi, consentendo alle unità di superficie di intercettarli appena fuori dalle acque territoriali dai quali sono partiti. La formazione navale era composta da cinque unità d’altura; una nave anfibia, la San Marco, due pattugliatori delle classi Costellazioni e Comandanti e due fregate classe Maestrale. Era possibile che potessero fungere da scorta alle altre navi, ma probabilmente hanno operato in ambiti tattici più complessi congiuntamente con le altre marine dell’Africa Mediterranea, in particolare quella libica, in azioni militari contro trafficanti non solo di uomini, ma anche di armi. A partire dal 1º novembre 2014, l’operazione Mare Nostrum è stata sostituita dall’operazione “Triton di Frontex”: il programma, a guida UE, punta al controllo delle frontiere. I migranti provenivano da due zone: la Libia (alcune ore di attraversata) o l’Egitto (8 giorni di attraversata), usando gommoni, barconi e pescherecci. L’unico Stato che con l’Italia ha contribuito all’operazione fu la Slovenia. Pur avendo solo 44 km di mare, la Slovenia ha mandato la nave Triglav, alla quale tuttavia fu assegnata una zona più vicina alla costa, data la grandezza della nave”.

Le fonti del Ministero dell’Interno ci fanno notare che anche il programma di Triton, a dispetto delle indicazioni iniziali, si è poi rivelato una forma di aiuto al traffico di esseri umani, più che un mezzo di contrasto alla tratta. Se la notizia, come riteniamo, è vera, si tratta di una pressione straordinaria, e se vogliamo, di un’interferenza eccezionale da parte della Santa Sede nei confronti dello Stato. E le cui conseguenze come sappiamo stanno continuando ancora adesso. Mentre continua, anche se adesso sostenuta anche da interessi corposi, la predicazione pro-migrazioni sempre e ovunque del Pontefice.

Marco Tosatti
15 giugno 2018
www.marcotosatti.com/2018/06/15/quando-bergoglio-telefono-a-enrico-letta-e-parti-loperazione-mare-nostrum-una-rive...
29/06/2018 14:53
 
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La Libia adesso è un porto sicuro: ora le ONG non hanno più scuse

La Libia ha ufficialmente costituito il suo JRCC, vale a dire il centro di coordinamento congiunto di soccorso aereo e marittimo. La sua creazione è stata ufficializzata oggi, con registrazione presso l’Organizzazione Marittima Internazionale (International Maritime Organization – IMO), convenzione ONU competente fra le altre cose per gli standard SAR – Search and Rescue. La Libia ha così, da oggi, una sua zona SAR ufficiale, che corre all’incirca dal confine con la Tunisia a quello con l’Egitto, spaziando a largo per diverse miglia nautiche. Ciò significa che in caso di difficoltà un’imbarcazione che incrocia in queste acque dovrà rivolgersi in via preventiva alla Guardia Costiera libica. Una novità importante, visto che in assenza della zona SAR i natanti hanno fino ad oggi fatto riferimento al centro di coordinamento di Roma. Si prospetta dunque un’ulteriore stretta all’attività delle ONG, che giocavano sull’assenza di un coordinamento libico per recuperare gli immigrati direttamente dalle mani dei trafficanti e dirigersi senza troppe remore verso gli approdi italiani. Cade, in secondo luogo, una seconda scusante: con l’ingresso ufficiale nella convenzione IMO non sarà più possibile, come è avvenuto in passato con Proactiva Open Arms, che un giudice italiano dissequestri una nave, fermata con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, motivando la sentenza con il fatto che la Libia non può essere considerato un “porto sicuro”. Ora lo è, e convenzione alla mano, tutti i “salvataggi” operati al largo del Nordafrica dovranno poi far ritorno a Tripoli.

28 giugno 2018
www.ilprimatonazionale.it/esteri/libia-adesso-porto-sicuro-ong-non-hanno-piu-scus...
05/07/2018 19:51
 
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Migranti, Salvini chiude i rubinetti alle COOP: spostati 42 milioni dall'accoglienza ai rimpatri

Matteo Salvini chiude i rubinetti ai fan dell'accoglienza. Ben 42 milioni di euro dei fondi per l'immigrazione sono stati, infatti, spostati, dalla voce "accoglienza" alla voce "rimpatri". Una mossa che serve, da una parte, ad affamare le cooperative rosse e i buonisti che negli ultimi anni hanno lucrato sull'accoglienza degli immigrati in Italia. “Quello che era un business che faceva arricchire pochi sulle spalle di molti”, ha annunciato il Ministro dell'Interno in conferenza stampa, “ora diventa investimento in sicurezza e rimpatri”. L'annuncio arriva durante la conferenza stampa congiunta con il vicepresidente del Consiglio presidenziale della Libia, Ahmed Maitig. La stretta sui fondi per l'accoglienza va proprio nell'indirizzo di una strada che Salvini ha voluto tracciare sin da quando si è insediato al Viminale. Se da una parte chiude i porti italiani per non permettere alle navi delle ONG internazionali di scaricarci ogni giorno svariate centinaia di disperati che tentano la rotta del Mediterraneo per raggiungere il Vecchio Continente, dall'altra cerca di mettere ordine nel Paese partendo, appunto, dai rimpatri.

Per questo, anziché stanziare paccate di soldi, come faceva la sinistra quando si trovava a Palazzo Chigi, per accogliere immigrati che, nel 60% dei casi, non hanno diritto ad alcun tipo di protezione, Salvini ha pensato bene di rafforzare i fondi per rimpatriare chi non può stare in Italia. I 42 milioni di euro, reperiti dalla voce "accoglienza" dei fondi per l'immigrazione, verranno usati per i rimpatri volontari dall'Italia verso la Libia e quindi da lì verso gli altri Paesi di provenienza degli immigrati. Per Salvini l'obiettivo è che “non arrivi più una sola donna o un bambino su un gommone o barcone. Ci arrivi in aereo, magari anche in prima classe, ma non con barconi”. “In queste ore”, ci tiene a sottolineare il titolare del Viminale in conferenza stampa, “non c'è più una nave delle pseudo organizzazioni umanitarie fuori dalle acque libiche". E per quanto riguarda i migranti sbarcati in Italia nelle ultime ore, una parte è stata già esclusa e il resto lo sarà entro lunedì prossimo.

Andrea Indini
05/07/2018
www.ilgiornale.it/news/politica/migranti-salvini-chiude-i-rubinetti-coop-spostati-42milioni1549...
15/07/2018 15:45
 
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Meno arrivi e nuove milizie, i trafficanti libici si spostano

In poche settimane il numero di migranti che dalla Libia cerca di attraversare il Mediterraneo verso le coste italiane con la speranza di lavorare in Europa si è più che dimezzato. Nessuno azzarda a fornire numeri precisi in Libia. Ma se è vero che ancora a febbraio l’agenzia affiliata all’ONU per le migrazioni (OIM, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) segnalava la presenza di oltre 704mila migranti concentrati quasi esclusivamente in Tripolitania, oggi il numero ufficioso rilanciato tra le autorità e i media libici si aggira sulle 200mila persone, forse anche meno. «La cruda verità è che la politica del nuovo governo italiano ha cambiato la situazione sul campo. La quasi sparizione delle navi delle Organizzazioni non Governative (ONG), oltre alla nuova strategia dei respingimenti e dei porti chiusi voluta da Roma, ha di fatto ridotto i flussi al lumicino», sostengono i giornalisti libici. Nessuno vuole essere citato direttamente. Il tema resta tabù. «È dai reportage della CNN nei primi mesi di quest’anno, che segnalava i casi di migranti venduti come schiavi alla periferia della capitale, che l’accesso anche ai centri di detenzione dei migranti è praticamente impossibile. Noi reporter libici potremmo avere guai con le autorità anche solo se intervistiamo i migranti per la strada», ci dice uno dei decani della stampa locale. Pure, il dato della drastica diminuzione di chi parte sui battelli dei trafficanti è confermato anche dai responsabili della guardia costiera di Tripoli.

«Dai primi mesi del 2018 abbiamo salvato in mare e riportato sulle nostre coste oltre 10mila persone (secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni sono quasi 7mila). Il nuovo governo italiano ha fatto bene a fermare le ONG, che nei fatti erano funzionali alla tratta. Per i trafficanti e le organizzazioni criminali che prosperano sulla vendita di esseri umani è crisi nera. Una crisi tanto grave che stanno spostando le loro attività in Tunisia e Marocco», sostiene Massud Abdel Samat, che ha il compito di dirigere i guardiacoste dal comando della capitale con un’attenzione particolare per le navi fornite dagli italiani. Sabratha, una volta il porto a ovest di Tripoli dove più frequenti erano le partenze e dove l’ex Ministro degli Interni Marco Minniti aveva stretto accordi con il clan Dabbashi, è oggi quasi fermo. Gli scafisti ricorrono ai barconi in legno da sostituire ai gommoni in vista di un viaggio più lungo, ma più facilmente individuabili dai radar. Particolarmente attivi sono però ancora i porti di Garabulli e Khoms, a est della capitale, dove le milizie locali e sembra gli stessi guardiacoste cooperano ancora con gli scafisti. Si torna a puntare il dito sul caos interno e sulle tensioni locali alimentate dal desiderio di speculare sulla tratta di esseri umani. A Garabulli fa la parte del leone la milizia legata alla famiglia Kaniat, ex gheddafiani alleati al potente feudo di Bani Walid in guerra con le milizie di Misurata. Sono loro tra i responsabili degli attacchi all’aeroporto della capitale. Anche a Zawyia, a una ventina di chilometri da Tripoli, regna l’anarchia che facilita le partenze dei barconi.

Lorenzo Cremonesi
14 luglio 2018
www.corriere.it/esteri/18_luglio_15/meno-arrivi-trafficanti-libici-si-spostano-2846c6c4-87a3-11e8-bfdc-8bbc13b64d...
30/07/2018 00:32
 
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Migranti, sulle navi della Marina davanti alla Libia:«Qui è tutto cambiato, non passa più nessuno»

Acqua nera a mezzanotte, con le onde in abbassamento che non frangono più, temperatura 27 gradi, tasso d’umidità in diminuzione. Aggiungiamo la visibilità ottima, oltre al vento da nord sceso sotto gli 8 nodi e sarà naturale osservare quanto queste siano in genere condizioni meteo perfette della mezza estate per le partenze dei migranti dalla Libia. Ma soprattutto è il chiarore luccicante della luna piena riflessa sul mare, una sorta di cono luminoso aperto in direzione delle coste siciliane, che solo pochi mesi fa avrebbe rappresentato una sorta di incoraggiante autostrada della speranza per i battellini carichi all’inverosimile verso il «sogno Europa». Ora non più. «Nel nostro ultimo mese di pattugliamenti ininterrotti dal Canale di Sicilia, le coste della Tripolitania, al largo del Golfo della Sirte e sino alle zone a nord delle acque territoriali della Cirenaica, non abbiamo mai incontrato alcun naviglio di migranti e neppure i battelli delle organizzazioni non governative internazionali. Una situazione che ha caratterizzato le attività delle navi militari di Mare Sicuro anche nel periodo precedente il nostro turno», dicono, con la sicurezza di chi vede davvero le cose in diretta, sia i marinai che il 42enne Sebastiano Rossitto, comandante della fregata Virginio Fasan, l’ammiraglia della missione tutta made in Italy operante di fronte alla Libia sin dall’aprile 2015

Emergenza finita

«Ovvio che se ora incontrassimo un battello di migranti, qui in mare aperto, li prenderemmo subito a bordo e non li riconsegneremmo ai guardiacoste libici. Per noi nulla è mutato, anche con il nuovo governo a Roma. Le leggi internazionali del soccorso valgono sempre. Ma posso anche ripetere che la situazione è completamente cambiata da cinque o sei mesi. Per ora l’emergenza appare finita, terminata. I libici, anche grazie all’aiuto italiano, hanno motovedette molto più efficienti, i loro sistemi d’intervento sono strutturati, possono mantenere due o tre imbarcazioni sempre pronte in acqua e si dimostrano in grado di bloccare gli scafisti con i migranti prima che escano dalle 12 miglia delle loro acque territoriali», dice l’ufficiale. A lui si affianca il Contrammiraglio Andrea Cottini, toscano, 55 anni, un veterano della Marina. «L’ultima volta che le cinque navi della Mare Sicuro sono state coinvolte direttamente nella questione migranti è stato agli inizi di giugno, quando hanno scortato al porto spagnolo di Valencia i circa 600 imbarcati sull’Aquarius della ONG SOS Méditerranée. Altrimenti direi che, almeno per il momento, il problema è radicalmente mutato», ribadisce sottolineando che altre sono le priorità della missione.

Dietro il sonar
La cronaca di oltre 48 ore imbarcato sulla Fasan inizia il 24 luglio, con l’elicottero Augusta della Marina Militare che in un’oretta dall’aeroporto di Lampedusa percorre oltre cento miglia per atterrare sul ponte appena beccheggiante. Le vibrazioni sono minime grazie ai due motori elettrici super-silenziosi e quattro generatori nuovissimi che impiegano gasolio verde. A bordo 185 marinai, di cui 14 donne. La nave è stata varata dai quartieri di Riva Trigoso nel 2014: un progetto italo-francese, arricchito da un sofisticato sistema di sonar anti-sommergibile che è l’orgoglio del tenente di vascello Maria Paola Ceracchi, 31 anni, da una dozzina arruolata, addetta alla strumentazione. «Il nostro è un congegno unico al mondo», spiega fiera. «Possiamo calare il sonar a oltre 300 metri di profondità. Ce lo invidiano anche gli americani».

Pescherecci a rischio
S’impone subito il sistema di regole e consuetudini che scandiscono la vita di questo microcosmo sociale galleggiante. Dal megafono giungono di tanto in tanto gli ordini alle varie squadre: i turni degli addetti alle pulizie, le guardie, gli spostamenti degli elicotteristi, i contatti periodici con le altre quattro unità al momento in missione. La nave-officina Gorgona con i suoi 60 membri dell’equipaggio è da mesi ancorata a Tripoli per assistere i libici nel mantenimento delle quattro motovedette donate l’anno scorso dall’Italia al governo di unità nazionale di Fayez Sarraj. La fregata Espero sta ad est, lungo le coste della Cirenaica. «Ha un compito difficile. Tra l’altro fa in modo di impedire che i nostri pescherecci entrino nella zona di mare davanti a Derna, dove il generale Khalifa Haftar sta operando contro ISIS e milizie jihadiste, imponendo unilateralmente il blocco del passaggio ai navigli stranieri. Un altro compito è evitare ai nostri pescherecci di cacciarsi eventualmente nei guai entrando a pescare il gambero rosso nel Golfo della Sirte, una zona contesa sin dai tempi di Gheddafi. Nell’aprile 2017 hanno dovuto pagare una multa di 5.000 dollari per riscattare due che erano stati sequestrati», ricorda Cottino. Il terzo, l’Orione (lo stesso che aveva scortato l’Aquarius in Spagna) sta navigando davanti alle coste tunisine. Sembra strano, ma i marinai italiani parlano con maggior preoccupazione della Tunisia che non della Libia. «Qui c’è un contenzioso antico, risale a oltre mezzo secolo fa, quando Tunisi impose il cosiddetto “Mammellone”, una vasta area di divieto alla pesca ai non tunisini ben oltre i limiti delle loro acque territoriali. L’Orione fa in modo di evitare fastidi in ottemperanza ad un accordo stipulato dal governo di Roma nel 1979. Però oggi, in termini di libertà di pesca e navigazione, siamo in rapporti migliori con i libici che non con i tunisini», dicono.

Le perquisizioni
Tutto questo è molto interessante. Ma ovviamente osservo di continuo i radar per seguire un eventuale passaggio di migranti. In plancia gli ufficiali mettono a punto gli strumenti, compresi i sensori a raggi infrarossi. «Con i radar si vede bene a oltre 30 miglia. Con quelli più ravvicinati siamo in grado di individuare anche un battellino alto meno di 40 centimetri sul pelo dell’acqua a oltre sette miglia. Ma non si vede nulla e questo da molto tempo ormai. L’anno scorso notavamo che, se una volta i migranti partivano alla disperata, più di recente li trovavamo con i giubbotti personali indossati in Libia», dicono. Gli schermi restano però bui. Alle 18:15 siamo a 70 miglia dal porto di Tripoli. Una trentina di miglia a est si individuano le tracce radar di tre pescherecci italiani. Poco più nel centro sta transitando un grande naviglio che sembra diretto a Khoms, il vecchio porto militare di Gheddafi. Gli italiani si danno da fare per identificarlo. Pare abbia spento il trasponder, che è il meccanismo via etere per cui i dati di ogni nave possono essere in teoria letti da chiunque la centri col radar computerizzato. «Nostro mandato è controllare i traffici sospetti: contrabbando di esseri umani, petrolio e armi. Dall’inizio di Mare Sicuro nel 2015 abbiamo fisicamente perquisito almeno un’ottantina di navi che trafficavano con la Libia e la nostra Intelligence in cooperazione con gli alleati NATO ha al momento almeno una decina di navi straniere in lista nera. I nostri commando armati possono salire a bordo, ovviamente sempre avendo prima ottenuto la luce verde da Roma», rimarca Rossitto.

Piattaforme sott’occhio

Emergono così i compiti della Fasan, che navigando di fronte alle zone delicate comprese tra Misurata, Tripoli, Sabratha e il confine tunisino (dove storicamente sono gli scafisti più agguerriti), si trova anche a dover affrontare le incognite maggiori. «Al largo di Tripoli sono le sei piattaforme dove lavorano quasi una trentina di tecnici italiani dell’ENI assieme a quelli della compagnia petrolifera nazionale libica. Siamo in contatto permanente con loro. Come del resto lo siamo con i 280 che operano nell’ospedale militare italiano di Misurata, con il personale della nostra ambasciata a Tripoli ed eventuali cittadini italiani nel Paese. In tutto oltre 500 persone che potremmo dover evacuare di fretta dalle spiagge alla prima emergenza», dice il Contrammiraglio. Lui stesso fu coinvolto nella missione che nell’ottobre 2011, appena dopo la violenta defenestrazione di Gheddafi, vide i commando della Marina salire sulle piattaforme petrolifere abbandonate per verificare che nessuno cercasse di boicottarle. «Arrivammo che in Libia ancora si combatteva. Temevamo fossero minate. Le piste di atterraggio erano piene di detriti per impedire gli atterraggi degli elicotteri. Ma alla fine andò tutto bene», rammenta.

La calma e la preghiera
Alle otto di sera tutti sull’attenti per la cerimonia dell’ammaina bandiera. È un rito che si celebra da sempre. Che siano in porto o in navigazione, la bandiera scende sul ponte. Intanto un militare a turno legge al megafono la «Preghiera del Marinaio», scritta da Antonio Fogazzaro nel 1901. E subito dopo viene recitata brevemente la motivazione alla medaglia d’oro di un marinaio così come descritta negli annali dell’ammiragliato. Durante la notte il bel tempo si fa stabile. Ma è difficile notarlo dalla nave, sono gli strumenti a osservarlo con precisione: le unità militari di ultima concezione equipaggiate contro le armi chimiche e nucleari limitano quasi del tutto gli accessi degli uomini sui ponti. Non ci sono oblò, solo la plancia mantiene un’ampia veduta a prua. E comunque i radar restano muti, bui. «In una giornata così un anno fa potevano essere in mare sino a una quindicina di barche con 3.000 migranti. Nel 2013 ne prendemmo a bordo 1.500 in 24 ore. Oggi nessuno», sottolinea Massimo Nava, 40 anni, capitano di corvetta d’origine milanese. Tornato in elicottero a Lampedusa, un pescatore che vende insalata di polpo al porto se la prende col giornalista di passaggio. «Volete smetterla di parlare di emergenza migranti che poi i turisti scappano via?», grida. Venendo dal largo di Sabratha è difficile dargli torto.

Lorenzo Cremonesi
27 luglio 2018
www.corriere.it/video-articoli/2018/07/27/sulle-navi-marina-alla-libiaqui-tutto-cambiato-non-passa-piu-nessuno/d15d9a0a-91ab-11e8-9a85-e773adbfcd...
03/08/2018 01:09
 
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Salvini chiude l'Italia ai clandestini: schierata la polizia al confine

Fedriga e Salvini chiudono le porte ai clandestini. Lo dicono i numeri. Sono infatti 1.144 gli stranieri irregolari rintracciati dalla polizia di frontiera tra le province di Trieste e Gorizia. Spesso ci si limita a parlare della rotta meridionale delle migrazioni. Quella, per intenderci, che dalla Libia (o dall'Africa in generale) porta via mare i migranti fino alle nostre coste. Eppure il Friuli Venezia Giulia sa bene quali possano essere i problemi che sorgono con l'arrivo degli immigrati dalla rotta terrestre. Il lavoro delle forze dell'ordine nelle ultime settimane è stato enorme. La polizia di frontiera ha controllato oltre 2.600 veicoli, ha effettuato 24 respingimenti alla frontiera, un ingente numero di arresti e ha sequestrato qualcosa come 125 chili tra hashish e marijuana. “Sono solo una parte”, riferisce una nota del Viminale, “dei numeri conseguiti nei primi mesi dell'anno dalle questure di Trieste e Gorizia nel contrasto alle attività illecite transfrontaliere e per la lotta all'immigrazione irregolare". Secondo quanto emerge dal rapporto fornito dalla polizia di frontiera della IV zona di Udine, dopo un periodo in cui l'emergenza immigrazione in Italia era concentrata nel mare nostrum, adesso si sta registrando un importante incremento degli ingressi nel nord est. Il Ministero dell'Interno, guidato da Matteo Salvini, ha decretato l'incremento dei servizi di pattugliamento. A controllare le frontiere di Trieste, per esempio, adesso ci sono la polizia di Frontiera, la Polfer, la Stradale, il Reparto Prevenzione Crimine di Padova, i carabinieri e la guardia di finanza. Senza dimenticare il personale della questura, la squadra mobile e la Digos.

Il pattugliamento dura giorno e notte, diviso in cinque turni. Nelle ultime settimane sono stati arrestati ben 4 passeur e 24 kosovari sono stati denunciati perché, secondo le indagini, sarebbero i fiancheggiatori di una organizzazione criminale che faceva entrare immigrati dal Kosovo. Nel registro delle attività messe in atto dalle forze dell'ordine anche 33 denunce per altri reati e 13 espulsioni di cittadini stranieri. In fondo l'elezione a governatore di Massimiliano Fedriga è stata favorita anche dalle posizioni prese dal suo predecessore, Debora Serracchiani, in materia di immigrazione. Appena insediato, il leghista aveva annunciato una rivoluzione totale del sistema di accoglienza friulano. Ed ha già tagliato alcuni fondi ai centri per i migranti. Le nuove disposizioni del Viminale, a quanto pare, funzionano. Secondo quanto racconta Il Piccolo, nella zona del Triestino i cambiamenti si vedono eccome. "I confini sono monitorati secondo le disposizioni che abbiamo ricevuto", racconta al quotidiano locale Chiara Ippoliti, vice dirigente dell’UPGSP (Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico). "Il fenomeno va gestito, perché i migranti non possono essere dei fantasmi che vagano sul territorio e di cui non si sa nulla. Sono persone che vanno identificate e tracciate". I numeri in mano alla questura parlano chiaro. La polizia ne ha fermati 200 in venti giorni al confine con la Slovenia. Alcuni sono stati rispediti in Lubiana, altri espulsi. Una parte invece ha chiesto asilo nel Belpaese e i minori sono stati accompagnati nei centri di accoglienza.

Claudio Cartaldo
02/08/2018
www.ilgiornale.it/news/politica/salvini-chiude-ai-clandestini-schierata-polizia-confine-1561...
17/08/2018 00:42
 
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Fermati nove terroristi islamici su un barcone diretto in Italia

Matteo Salvini lo ripete da tempo e lo aveva confermato anche il Ministro Elisabetta Trenta pochi giorni fa: sui barconi c'è il rischio, reale, che possano salire anche dei jihadisti diretti in Italia per colpire il Belpaese. È uno dei motivi, forse quello principale, per cui il centrodestra ha da sempre invitato i governi che si sono succeduti a tenere in debita considerazione il pericolo che poteva arrivare dal mare. Anche l'ex Ministro Marco Minniti, alla fine, era dovuto capitolare ammettendo che quello dei jihadisti sui barconi era più di un semplice rischio. L'Interpol, a gennaio, aveva ammesso che erano stati almeno cinquanta i combattenti dell'ISIS arrivati via mare in Europa. Ed ecco che la cronaca, se mai servisse, arriva a confermare quanto da più parti denunciato. Oggi infatti le autorità tunisine hanno bloccato nove terroristi islamici mentre stavano per salire su un barcone diretto verso l'Italia. Se fossero riusciti nel loro intento sarebbero magari approdati nel Belpaese dopo essere stati salvati da una imbarcazione nel Mediterraneo. Salvini permettendo, sarebbero stati considerati richiedenti asilo e portati nei centri di accoglienza. I nove estremisti islamici che tentavano di imbarcarsi su un gommone per raggiungere il nostro Paese erano parte di un gruppo di 15 persone. Più della metà dei "migranti" presenti sul barcone, dunque, sarebbero stati terroristi. Il barcone, per fortuna, è stato intercettato dalla Guardia Costiera e dalla squadra dell'antiterrorismo di Biserta, nel nord della Tunisia. I nove, di età compresa tra i 21 e i 39 anni, sono stati consegnati all'Unità della Guardia Nazionale che indaga su crimini di terrorismo per approfondire i loro interrogatori.

Claudio Cartaldo
13/08/2018
www.ilgiornale.it/news/cronache/presi-nove-terroristi-islamici-su-barcone-diretto-italia-1564...
29/08/2018 12:48
 
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Eritrea - L'Europa ha incoraggiato i nostri giovani a migrare

"Perché l'Europa e l'Italia sono così sorpresi e parlano di problema migratorio, quando è stato l'Occidente a invitare gli eritrei a lasciare il loro Paese, attraendoli con opportunità di studio e lavoro? Se l'Europa smette di riconoscere automaticamente l'asilo politico agli eritrei, gli eritrei smetteranno di partire". E' quanto ha detto il Ministro degli Esteri eritreo Osman Saleh Mohammed, intervistato da Askanews a margine del Festival della Comunità Eritrea in Italia. Nel 2015 sono stati circa 47.000 gli eritrei che hanno chiesto asilo in Europa, ma il Ministro ha messo in dubbio l'attendibilità di questi numeri, sostenendo che quando alcuni Paesi europei hanno adottato la politica di riconoscere automaticamente l'asilo politico solo agli eritrei, anche "gli etiopi, i somali, i sudanesi e anche da qualche parte dello Yemen hanno cominciato a partire dicendosi eritrei e i numeri sono aumentati". "Gli eritrei hanno iniziato ad attraversare il confine quando gli è stato detto che avrebbero avuto istruzione, un lavoro, che avrebbero avuto molti soldi e che avrebbero vissuto una vita molto dignitosa. Alcuni Paesi europei hanno detto loro che l'Europa è un paradiso. Allo stesso tempo, ha sostenuto il ministro, l'Etiopia ha iniziato a dire che poteva mandarli facilmente negli Stati Uniti e in Europa e hanno creato dei campi nel Tigray (regione a nord dell'Etiopia, al confine con l'Eritrea, ndr). E hanno iniziato ad andarsene. In Sudan, invece, c'erano già dei campi". Secondo il Ministro le reti di trafficanti di esseri umani operano in Etiopia e in Sudan. Incalzato sul probabile coinvolgimento di cittadini eritrei, ha ricordato che il Presidente Isaias Afewerki ha inviato "una lettera all'ONU per chiedere di indagare sul traffico di migranti e non ci hanno risposto".

In occasione del recente incontro a New York con il Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon è "stato detto che potrebbe esserci la possibilità di inviare una delegazione dell'Ufficio ONU sulle droghe e il crimine per discuterne, ma dovrebbero creare un comitato per indagare questa questione". "E' falso" che "gli eritrei fuggano da una persecuzione", ha sostenuto il Ministro, perché "sono stati invitati dall'Occidente a lasciare il Paese. E' stato fatto in modo deliberato, è una strategia politica", secondo il Ministro, legata al conflitto combattuto con l'Etiopia nel 1998-2000 e mai di fatto concluso, perchè l'Etiopia non ha applicato l'accordo (di Algeri, ndr) e ha iniziato a invocare un cambio di regime. E per accelerare questo cambio di regime hanno creato la fuga dei cervelli, finanziandola. Nello stesso tempo l'Europa ha deciso di dare l'asilo politico agli eritrei. Hanno voluto creare la percezione che gli eritrei erano perseguitati dal governo e hanno bollato l'Eritrea come Corea del Nord africana. Hanno insultato l'Eritrea". Nel giugno scorso la Commissione d'Inchiesta ONU ha accusato il governo di Asmara di crimini contro l'umanità. Un rapporto respinto come politicamente motivato dalle autorità eritree. E diffuso "in concomitanza" con l'attacco militare mosso dall'Etiopia al confine. "Come mai questi due fatti sono stati concomitanti?", ha detto ad Askanews il Ministro. Di fatto, le Nazioni Unite indicano come principale motivo della migrazione degli eritrei il servizio nazionale a tempo indeterminato, sebbene la legge ne fissi la durata a 18 mesi. Ma per il Ministro "la questione dei 18 mesi del National Service non è una questione in sé, perchè l'Etiopia occupa ancora i nostri territori, quando il confine è stato già demarcato in un accordo finale e vincolante.

L'Etiopia non sta rispettando l'accordo e i garanti e i testimoni dell'accordo di Algeri sono USA, ONU, UE, UA e Algeria e nessuno fino ad oggi ha fatto pressioni sull'Etiopia perché si ritiri dai nostri territori. Ne parlano, ma non fanno pressioni. L'Eritrea si deve difendere da sola e i giovani devono partecipare. Perché ci chiedono dei 18 mesi della leva quando il nostro territorio è occupato?". "Se fanno pressioni sull'Etiopia perché rispetti l'accordo di Algeri, noi siamo pronti a ripristinare i 18 mesi di leva", ha aggiunto. Nel frattempo, per arginare la fuga dei propri giovani, il governo sta intervenendo per creare lavoro e aumentare gli stipendi delle persone che prestano il National Service, totalmente inadeguati rispetto al costo della vita. Dopo tre mesi di addestramento militare a cui sono obbligati i 18enni, quanti non seguono la carriera militare vengono impiegati nelle scuole, nella pubblica amministrazione, nel settore agricolo, in quello edile e in altri per lo sviluppo del Paese. "Stiamo equiparando lo stipendio delle persone che prestano il Servizio Nazionale con quello dei dipendenti pubblici. Per i laureati si tratta di 3.000 nafka (200 dollari) come primo stipendio e poi aumenta. Ora il governo sta definendo gli altri livelli di remunerazione". A fronte delle scarse risorse del Paese, uno dei più poveri al mondo, il Ministro ha tenuto a rimarcare come il suo governo "non abbandoni nessuno per la strada, offrendo a tutti un lavoro", anche a quanti non proseguono gli studi dopo il diploma, grazie ai "centri per la formazione professionale". "Il numero dei migranti eritrei sta diminuendo, perché stanno avendo lavoro e stipendi più alti e vengono assegnati nel settore in cui vengono formati. Tutti i giovani lavoreranno", ha promesso, ma è innegabile che se venisse "riabilitato il settore industriale, come abbiamo detto alla Germania, si risolverebbe il problema dell'occupazione".

11 ottobre 2016
Fonte: Askanews
notizie.tiscali.it/esteri/articoli/eritrea-europa-ha-incoraggiato-nostri-giovani-migrar...
29/08/2018 13:09
 
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I dati premiano la "cura Salvini": fino a -83% di sbarchi in Italia

Numeri alla mano, la ragione per ora è dalla parte di Salvini. La "cura" del governo sul tema immigrazione pare funzionare. Almeno in questi mesi. Già, perché oggi Frontex ha diffuso i dati sul numero di immigrati che in questi caldi mesi estivi sono arrivati nel Belpaese. E la massa è nettamente inferiore a quella dello stesso periodo dell'anno scorso, quando al timone del Viminale c'era Minniti. Nei primi sette mesi del 2018 gli irregolari approdati in Europa sono diminuiti del 43%, attestandosi su 73.500 persone. E questo per quanto riguarda l'intero Vecchio Continente. Il dato più interessante però è quello che riguarda l'Italia. Secondo Frontex, l'Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera, il calo in UE è dovuto proprio al blocco che si è venuto a creare nella rotta del Mediterraneo centrale. Ovvero il tratto di mare che per anni si è trasformato nella via preferita verso l'Italia. E così dall'1 agosto 2017 al 31 luglio 2018 sono sbarcati sulle coste italiane 42.700 migranti, il 76,6% in meno dei dodici mesi precedenti, quando a sbarcare erano stati in 182.877. Mentre se si guarda ai primi sette mesi del 2018 (gennaio-luglio), secondo Frontex il calo è dell' 81% in meno rispetto a un anno fa. Ma guardiamo ai dati mese per mese.

Nel Belpaese a luglio sono arrivati solo 1.900 migranti. A conti fatti si tratta di un calo dell' 83% rispetto allo stesso mese del 2017, quando, secondo i dati del Viminale, ne approdatono 11.461. Matteo Salvini su Facebook rivendica il suo lavoro:“Maggio 2017: sbarchi record, 50mila in 5 mesi (10mila al mese!)”, ha scritto. “Ma il governo del PD è 'pronto ad accogliere 200mila profughi'. Agosto 2018: tre tunisini in fuga". La differenza tra gli approcci, è il ragionamento del leader della Lega, è evidente. I numeri sembrano confermarlo. Anche ad agosto il flusso appare molto inferiore rispetto a quello dell'anno scorso: al 28 di agosto di quest'anno il dato si ferma a 1.259 contro i 3.920 del 2017 (e i 21.294 del 2016). Ovvero un -67,9%. In totale, in Europa, il flusso dei migranti attraverso il Mediterraneo centrale è diminuito nei primi mesi del 2018. Un calo che alcuni potrebbero imputare alle scelte politiche del governo precedente. Certo, gli accordi di Minniti con la Libia diedero un primo colpo. Ma rispetto al luglio e all'agosto del 2017 la riduzione, come visto, è comunque stata molto elevata. A luglio addirittura dell'83%.

Franco Grilli
29/08/201
www.ilgiornale.it/news/politica/i-dati-premiano-cura-salvini-luglio-83-sbarchi-italia-1564...
01/09/2018 19:46
 
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Migranti, Aquarius e Lifeline: navi ONG sparite dal Mediterraneo. Sea-Watch 3:"Non ci fanno uscire dal porto"
Migranti, Aquarius, Lifeline, Seawatch: le navi ONG sparite. Ferme nei porti, sequestrate o sotto processo, sono ferme a La Valletta, Barcellona e Trapani

C'è già chi parla del Mar Mediterraneo come del cimitero delle ONG, le navi che per buona parte dell'estate sono state al centro del dibattito nello scontro con il governo italiano per la loro attività di soccorso (di business secondo i detrattori) nei confronti dei migranti. Da qualche tempo le ONG sono sparite dai radar, a volte per spostarsi su nuovi fronti (è il caso della MOAS, che ha deciso di andare "nel golfo del Bengala per distribuire aiuti e assistere le migliaia di Rohingya che stanno fuggendo dalle violenze in Myanmar cercando rifugio in Bangladesh"), altre per decisione altrui. Quest'ultimo esempio riguarda la Sea-Watch 3, il cui ingegnere Malo Castillon a Il Fatto Quotidiano racconta:"Non possiamo uscire dal porto. E se lo facciamo ci indagano, ovunque siamo. Ma il perché non lo sappiamo. È tutto in regola e abbiamo sempre fatto tutto a norma, ma ci continuano a dire: non potete uscire. E questo è tutto. Sono molto pessimista, visto che riescono a bloccare una nave senza dover dare alcuna giustificazione" (agg. di Dario D'Angelo).

Navi ONG sparite dal mar Mediterraneo

Sono sparite le imbarcazioni delle ONG dal mar Mediterraneo. Visto il pugno duro dell’Europa nei confronti degli immigrati che giungono via nave, a cominciare da quello dell’Italia e del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, le molteplici barche che fino a pochi mesi fa popolavano il mare che lambisce le nostre coste, sono letteralmente sparite. Lo “denuncia” Il Fatto Quotidiano, che riporta il caso dell’Aquarius, una delle navi più famose per il salvataggio di profughi, ferma praticamente dallo scorso 18 agosto, da quando cioé ha soccorso 5 tunisini, che hanno poi preferito rientrare in patria, visto che nessun Paese li avrebbe accolti.

Proactiva, Lifeline, Juventa…

Situazione molto simile per la Proactiva Open Arms, che durante il suo ultimo viaggio di salvataggio ha percorso ben 6mila miglia, facendo sbarcare 87 persone ad Algeciras, in Spagna, a inizio agosto: da allora è ferma nel porto di Barcellona. Non cambia la questione in casa Sea Watch 3, bloccata nel porto di Malta dai primi di luglio, stessa sorte toccata alla Seefuchs, sempre ferma nelle acque de La Valletta. Come dimenticarsi poi del caso Lifeline, sequestrata e il cui comandante dovrà affrontare un processo con l'accusa di essere entrato illegalmente in territorio straniero senza corretta registrazione. Infine c’è la Juventa, ferma a Trapani sotto sequestro dal 2 agosto.

Davide Giancristofaro Alberti
28 agosto 2018
www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2018/8/28/Migranti-Aquarius-Lifeline-Seawatch-le-navi-ong-sparite-Ferme-nei-porti-sequestrate-o-sotto-processo...
[Modificato da wheaton80 01/09/2018 19:47]
22/09/2018 17:37
 
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ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali

Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, Jacques Attali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al Presidente Hollande, del quale è diventato consigliere. A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista:“Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”. Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo:“La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”. La filantropia, questo vezzo umanitarista, che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance. Certo, il nome tradisce un pò da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza. Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti, cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice. Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo”. Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri. La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza”. Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza. L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo, secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2.251.000,00 €. Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale. Da Jacques Delors al Ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst & Young e Bain, fino al Presidente di Microsoft International. Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima ONG è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno. Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca Mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito. Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale. Il Bangladesh è infatti Paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10mila nel solo 2017). Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa. Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese.

Ilaria Bifarini
27 luglio 2018
ilariabifarini.com/ong-finanza-e-migranti-il-caso-jacques...
21/10/2018 00:35
 
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Diciotti, smontata la tesi di Patronaggio: Salvini non ha commesso reati

Sul caso della nave Diciotti era calato il sipario mediatico già da qualche settimana. Per il titolare dell’inchiesta, il PM di Agrigento Luigi Patronaggio, elevato ad idolo da certa sedicente sinistra alla perenne ricerca di un leader, pochi microfoni e pochissimi riflettori. Segno inequivocabile di sviluppi poco graditi a chi, essendo uscito bastonato democraticamente dalle urne, sperava di ritornare a Palazzo Chigi attraverso la via giudiziaria. Il leader della Lega era stato inizialmente indagato per sequestro aggravato di persona, sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale per non aver fatto scendere subito i migranti a bordo dell’imbarcazione. Poi gli ultimi tre reati erano decaduti. Restava solo il sequestro aggravato di persona. Quanto basta per alimentare le fantasie dei suoi avversari, che lo immaginavano già con manette tintinnanti ai polsi e catene ai piedi. Ma qualcosa è andato storto per chi parlava di iter breve sull’asse Procura di Palermo – Tribunale dei Ministri. Il PM Patronaggio e la Procura di Agrigento sono scivolati una prima volta sulla buccia di banana del difetto di competenza, perché la Diciotti è stata fermata quando era ancora in acque catanesi. E così l’inchiesta è passata da Palermo a Catania. Poi è arrivata la doccia gelata. Per il Tribunale dei Ministri di Palermo, Matteo Salvini ha difeso l’Italia. “Nei primi giorni di intervento della nave Diciotti al largo di Lampedusa, per il salvataggio dei 190 migranti che si trovavano a bordo di un barcone proveniente dalla Libia, non sono emersi reati.

Fu anzi difeso meritoriamente dalla Guardia Costiera l’interesse nazionale”, è scritto nelle carte che il Tribunale dei Ministri di Palermo ha inviato alla Procura dello stesso capoluogo siciliano perché trasmettesse gli atti alla corrispondente Procura di Catania. Per il collegio palermitano, presieduto da Fabio Pilato, Filippo Serio e Giuseppe Sidoti, dal 15 al 20 agosto vi è stata “solo una attività di pressione diplomatica nei confronti di Malta, perché adempisse i doveri previsti dalle convenzioni internazionali che regolano il salvataggio e l’accoglienza dei flussi migratori. Poi la nave fece uno scalo nei pressi di Lampedusa, dove, con alcune motovedette, furono sbarcati 13 migranti ammalati. Gli altri 177, sempre in quella prima fase, non furono oggetto di alcun reato, men che meno il sequestro di persona, perché nei primi giorni si stava cercando una soluzione diplomatica per l’accoglienza, che poi non fu trovata”. Nessun sequestro di persona, se l’italiano è italiano. Relativamente ai giorni dal 20 al 25 agosto, i magistrati di Palermo non hanno individuato reati e rimettono la possibilità di valutazione ai colleghi catanesi. Secondo loro “la Guardia Costiera, cercando una soluzione per lo sbarco a Malta, fece l’interesse del Paese al rispetto delle convenzioni da parte dei partner europei”. Salvini non ha agito solo da leader di un partito con posizioni chiare sugli sbarchi ma da Ministro. A tutela del superiore interesse del Paese.

Ernesto Ferrante
20 ottobre 2018
www.opinione-pubblica.com/diciotti-smontata-la-tesi-di-patronaggio-salvini-non-ha-commess...
06/11/2018 12:45
 
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Il Belgio ha usato i soldi di Gheddafi per favorire l’immigrazione in Europa

Quando scoppia il caos in Libia nel 2011 e la Francia assieme alla Gran Bretagna iniziano a preannunciare un intervento bellico, nelle TV di tutta Europa vengono annunciati a più riprese alcuni provvedimenti che scattano contro Gheddafi. In primo luogo vengono congelati i beni del rais in Europa. Non sono certamente pochi: tra fondi di investimento statali, partecipazioni, quote e società, in ballo ci sono miliardi di euro custoditi nelle banche di buona parte del vecchio continente. Si tratta, nella realtà, non tanto di beni privati della famiglia di Gheddafi, bensì di soldi dei libici. Con la stessa imprecisione con la quale all’epoca si dà notizia di fosse comuni e bombardamenti sui manifestanti attuati da Gheddafi, si definisce “tesoro” del rais quello che in realtà costituisce un blocco di beni e denaro di fondi di investimenti sovrani e non solo. Tutto però viene congelato, in attesa di sviluppi. O almeno così pare: dal Belgio infatti emerge l’ombra di uno scandalo riferibile proprio ai soldi libici congelati.

Lo scandalo che imbarazza Bruxelles
A congelare quei beni contribuiscono anche alcune risoluzioni dell’ONU. Questo non è un episodio di poco conto nell’economia della guerra che si sviluppa poi con l’intervento NATO. Il governo libico, non personalmente Gheddafi, si ritrova con miliardi di euro bloccati e Tripoli inizia a far fatica nel finanziare la propria economia di guerra. Si hanno meno soldi per pagare i soldati, per mettere carburante a carri armati ed aerei, la situazione quindi inizia a sfuggire di mano al rais ed al suo entourage. Se già di per sé il congelamento dei fondi libici appare come un’intromissione dell’ONU e della comunità internazionale in un conflitto che, in teoria, ha come obiettivo la “tutela” dei civili e non il regime change, quello che in queste settimane si scopre in Belgio è ancora più grave. Un’inchiesta della RTBF, la radio televisione belga in lingua francese, svela come in realtà l’esecutivo di Bruxelles non abbia affatto all’epoca congelato i fondi.

Anzi, una fetta di quei soldi sarebbe servita a finanziare una miriade di sigle, formazioni e gruppi spesso anche ricollegabili alla galassia jihadista. Secondo la TV belga, un totale di 14 miliardi ricollegabili ai conti di Gheddafi risulta presente nel 2011 in alcune banche belghe. I soldi sono ripartiti tra la sedi locali di BNP Paribas Fortis, ING, KBC e Euroclear Bank. Da queste somme si sarebbe generato un flusso di denaro non indifferente finito nelle tasche di svariati gruppi libici. Fondi dispersi, utilizzati per armare e finanziare chi successivamente ha contribuito a destabilizzare la Libia. Il reportage in questione cita anche fonti rimaste anonime dei servizi segreti:“La guerra civile in Libia ha determinato una grande crisi migratoria”, dichiarano tali fonti. “Secondo una fonte vicina ad agenti segreti, il ruolo del Belgio non è neutro”. Il riferimento dunque è chiaro: con i soldi che dovevano rimanere congelati, Bruxelles ha finanziato gruppi terroristici ma anche trafficanti di esseri umani. Il Belgio quindi, secondo quanto trapelato dal reportage, sarebbe complice della destabilizzazione della Libia e dell’impennata di sbarchi in Italia.

Adesso in Belgio la questione è anche politica

Di fronte ad uno scenario del genere, ovviamente anche la politica nel Paese è andata in subbuglio. A sollevare il caso è il parlamentare dei Verdi Georges Gilkinet. Il deputato accusa apertamente l’esecutivo di allora di aver finanziato terroristi e trafficanti di esseri umani con i soldi libici che in teoria dovevano rimanere congelati nelle banche belghe. Lo stesso Gilkinet, come si legge su LaPresse, punta il dito contro Didier Reynder. Si tratta dell’attuale Ministro degli Esteri, all’epoca però Ministro delle Finanze:“In qualità di titolare del Ministero delle Finanze”, dichiara il deputato verde, “era Reynder che aveva il potere di decidere sul destino di quei fondi”. Anche i socialisti, per bocca del deputato Dirk Van der Maelen, accusano il governo di allora ed alcuni membri di quello di oggi. In particolare, il socialista fiammingo punta il dito sia contro Reynder che contro Johan Van Overtveldt, attuale Ministro delle Finanze:“Le loro spiegazioni non convincono”, afferma Van der Maelen. I diretti interessati ovviamente si difendono, ma il dato di fatto che emerge è che, alla fine, da Bruxelles qualcuno ha dato l’ordine di scongelare quei beni e dirottare miliardi di dollari in Libia. E quei soldi sono finiti nelle tasche di criminali e terroristi.

Emerge anche un inquietante rapporto ONU

A ribadire quest’ultima circostanza è anche un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato a settembre:“Nel rapporto ONU ci si accorge di un traffico di armi per alimentare le fazioni armate”. A sottolinearlo è il professor Robert Witterwulghe, dell’Università di Lovanio:“Esiste tutto un mercato”, prosegue il docente, “che punta a far venire migranti e ingaggiare nigeriane nella rete di prostituzione. È un’impresa mafiosa che si appoggia su tutte le milizie in questione. Ricevono fondi esterni”. E questi fondi arrivano dal Belgio. E forse non solo da qui. Per adesso è Bruxelles, intesa come capitale del Belgio, ad essere stata scovata e ad essere quindi sotto accusa. Ma la mole di denaro arrivata in Libia suggerisce che le responsabilità forse siano da ravvisare anche nella Bruxelles che ospita le istituzioni europee. Dal vecchio continente, in nome della guerra a Gheddafi, sono stati sfornati fiumi di denaro ai più disparati gruppi. Fazioni che, oltre ad imbottire di terroristi la Libia, hanno riempito il Mediterraneo di barconi pieni di migranti.

Mauro Indelicato
6 novembre 2018
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16/11/2018 01:28
 
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L'inchiesta choc sulla Francia:“Tiene metà dei soldi donati all'Africa”

Vi siete mai chiesti dove finiscono i soldi che, con generose donazioni, gli italiani (e non solo) inviano verso l'Africa subsahariana? "In Francia". È questo il contenuto dell'inchiesta choc condotta da Night Tabloid, il programma della RAI con Annalisa Bruchi affiancata da Aldo Cazzullo, Alessandro Giuli e Claudio Sabelli Fioretti. In sostanza a Parigi rimarrebbe "la metà" dei fondi versati destinati all'Africa. In che modo? “I soldi arrivano qui”, spiega il servizio, “per essere convertiti in monete africane, ma la metà di quel denaro viene trattenuto a titolo di garanzia". Non proprio il massimo. Ogni euro che spediamo verso l'Africa, spiega Mohamed Konare del Movimento Panafricanista, “passa dalla Banca di Francia per forza”. Qui viene convertita in CFA (la moneta africana) e viene poi spedito in Africa. Dove sta l'inghippo? “Quell'euro rimane nella banca francese”, spiega Konare. “Sia le banconote che le monete africane sono stampate in Francia”, aggiunge Kako Nubukpo, ex Dirigente della Banca Centrale Africana. Anche gli aiuti umanitari in dollari, sterline ed euro. Tutti verrebbero poi trasformati in CFA. E questo, spiega il programma RAI, “succede per 14 Paesi africani, tutte ex colonie francesi e tutte con un sistema monetario messo in piedi e controllato dalla Francia, il Franco CFA: cambio fisso e valuta forte". Il fatto è che la Francia “lascia la metà delle divise estere ai Paesi africani, mentre l'altra metà la tiene in un conto a garanzia”.

A confermalo è Massimo Amato, dell'Università Bocconi. “Su questo conto in questo momento ci sono l'equivalente di 10 miliardi di euro”. Non solo. “Sono piazzati in titoli del debito francese e quindi contribuiscono in parte a finanziare il debito francese”. Che verrebbe così pagato coi soldi africani. Ma non è tutto. Il denaro africano, essendo parte del sistema monetario controllato da Parigi, è una valuta forte. Dunque renderebbe "difficili le esportazioni". Inoltre, spiega Night Tabloid, “la difesa del cambio fisso scoraggia gli istituti di credito dal prestare denaro, quindi le imprese non investono, producono poco e pagano meno gli operai. Si fa prima a importare tutto”. E spesso per pagare la merce gli africani utilizzano i soldi delle rimesse degli immigrati che arrivano in Europa. E sul caso è intervenuto anche Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d'Italia:“Già a ottobre una delegazione di Fratelli d’Italia andò al confine con la Francia per protestare contro lo sfruttamento delle Nazioni Africane da parte dei francesi. Adesso, dopo quest’ultima clamorosa rivelazione, il governo italiano alzi la voce e pretenda immediate spiegazioni dal Presidente Macron, sempre solerte nel bacchettare l’Italia sull’immigrazione. Gli europei dovrebbero cacciare a pedate chi lucra con le donazioni, sfruttando l’Africa e gli africani che poi affamati invadono le nostre Nazioni”.

Bartolo Dall'Orto
15/11/2018
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17/11/2018 19:10
 
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L’Area Schengen ormai è fallita. L’Europa del Nord chiude i confini

Schengen è stata per anni uno dei pilastri dell’Unione Europea. La libertà di movimento dei cittadini europei fra uno Stato membro e l’altro è considerata una delle basi di questa Europa. E l’assenza di confini, sognata da no-borders ma anche dai paladini dell’europeismo, giace ormai nel dimenticatoio, travolta dagli eventi che hanno colpito ormai definitivamente la tenuta dell’Unione Europea. In teoria, i controlli alle frontiere tra i Paesi europei introdotti (soltanto temporaneamente) con la crisi dei rifugiati del 2015, dovevano essere scaduti la scorsa settimana. L’idea, almeno inizialmente, era che questi controlli fossero ripristinati solo per gestire la crisi. Niente di definitivo (a parole), ma solo una periodica ripresa dei controlli per monitorare l’ondata migratoria dalla Siria e non solo. Di temporaneo però non c’è stato nulla. Anzi, proprio quei Paesi che bastonano i “cattivi” dell’Unione Europea sul fronte dei bilanci e delle politiche migratorie, sono quelli che hanno continuato a prorogare i controlli alle frontiere. Così, i governi di Germania, Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia hanno comunicato al Consiglio Europeo di estendere per altri sei mesi i termini per la chiusura dei confini. Mentre la Francia ha già detto a ottobre che la proroga scadrà ad aprile. C’è chi ha parlato di sfiducia nei confronti dei Paesi che controllano il confine esterno dell’area Schengen, ovvero di Spagna, Grecia e Italia.

C’è chi, come la Francia, utilizza il fattore “terrorismo”, dicendo che applica il controllo delle frontiere a causa della minaccia jihadista. Ma quello che conta è che oggi, sei Paesi dell’Unione Europea se ne infischiano degli accordi di Schengen e di fatto hanno blindato i confini. Loro, non tutti. Ed è per questo che non solo gli altri Paesi dell’Unione Europea sono contrariati, ma lo è la stessa Commissione. La libertà di movimento, insieme all’euro, è una sorta di totem dell’Unione Europea. Che già di suo è fragile e indebolita, e adesso si vede colpita in uno dei suoi pilastri proprio dal nucleo duro dell’europeismo, in particolare da Francia e Germania. E proprio per questo motivo, Jean-Claude Juncker ha parlato di “un passo indietro per l’Europa”. Il fatto che Bruxelles protesti, non significa però che gli Stati che hanno sospeso Schengen la seguano. I governi di questi Paesi hanno già fatto capire al Consiglio e alla Commissione che non sono affatto interessati a prendere in considerazione un ripensamento. E adesso, l’eccezione rischia di trasformarsi in regola, soprattutto perché l’Europa non ha alcuna forza (né probabilmente voglia) di imporre qualcosa a questi Stati. Può un’Europa guidata dall’asse franco-tedesco dire a Parigi e Berlino di aprire i confini?

Con Angela Merkel gravemente indebolita dalle sconfitte elettorali soprattutto a causa della questione migranti, e con un Emmanuel Macron sotto assedio per le europee e con Marine Le Pen alle costole nei sondaggi, i due leader non faranno marcia indietro. E così, l’Europa si ritrova a dover fare i conti con una realtà che non può cambiare. I governi più europeisti colpiscono al cuore proprio uno dei pilastri dell’Unione Europea. Ma da questo si evince anche il pericoloso e ormai cristallino doppiopesismo di Bruxelles nei confronti degli Stati membri. La domanda sorge spontanea. L’Unione Europea si sarebbe comportata nello stesso modo se altri Stati membri avessero fatto lo stesso di Francia, Germania, Austria e altri Paesi? Immaginiamoci come sarebbe stata accolta la chiusura dei confini da parte dell’Italia, con un governo già profondamente critico nei confronti delle dinamiche europee. La risposta a questa domanda (purtroppo retorica) la conoscono tutti. Ma anche in questo si notano le gravi lacune di questa Europa, impegnata nei numeri, nelle cifre, ma soprattutto nella disparità di trattamento fra Stati dell’Europa mediterranea e Stati dell’Europa centrale e settentrionale. Vittimismo? No. Semplice constatazione.

Lorenzo Vita
16 novembre 2018
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21/11/2018 18:18
 
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Smaltimento illegale di rifiuti, sequestrata la nave Aquarius - GIP:"Pericolo di aggravare o protrarre il reato"

Rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, scaricati in maniera indifferenziata nei porti italiani come se fossero rifiuti urbani: è l'accusa nei confronti della ONG Medici Senza Frontiere e di due agenti marittimi che ha fatto scattare il sequestro preventivo dell'Aquarius (attualmente nel porto di Marsiglia) e di 460mila euro. L'indagine avrebbe accertato uno smaltimento illecito in 44 occasioni per un totale di 24mila kg di rifiuti. Per MSF si tratta di un "attacco inquietante e strumentale". L'accusa nei confronti di MSF, considerata dagli inquirenti "produttrice" dei rifiuti al centro del traffico illecito, riguarda sia la Aquarius, per il periodo da gennaio 2017 a maggio 2018, sia la Vos Prudence, la nave utilizzata dalla ONG tra marzo 2017 a luglio 2017. Per questo nel registro degli indagati, con l'accusa di "attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti", sono finiti, oltre ad alcuni membri dell'organizzazione, anche il Centro Operativo di Amsterdam che gestiva l'Aquarius e il Centro Operativo di Bruxelles, che invece ha gestito e finanziato le missioni di soccorso della Vos Prudence.

Procura:"Rilevati 5.088 casi infettivi, ma mai dichiarati rifiuti speciali"

Secondo la Procura di Catania, infatti, nel periodo compreso tra gennaio 2017 e maggio 2018 dalle navi Vos Prudence e Aquarius, "non è stata mai dichiarata la presenza di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo" anche in presenza di "numerosi e documentati casi di malattie registrate dai vari Uffici di Sanità Marittima siciliani e del Sud-Italia intervenuti al momento dell'arrivo dei migranti nei porti italiani", durante i quali sono stati "rilevati 5.088 casi sanitari a rischio infettivo (scabbia, meningite, tubercolosi, AIDS e sifilide) su 21.326 migranti sbarcati".

Rifiuti scaricati in 21 porti italiani
La Procura di Catania ha iscritto 14 persone nel registro degli indagati. Secondo l'accusa i soggetti coinvolti, a vario titolo, avrebbero "sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto di illegale smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo della Vos Prudence e dell'Aquarius e conferiti in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti" in 11 porti: Trapani, Pozzallo, Augusta, Catania e Messina in Sicilia, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Corigliano Calabro in Calabria, Napoli e Salerno in Campania, Brindisi in Puglia. Tra i rifiuti scaricati la procura indica "gli indumenti contaminati indossati dagli extracomunitari", gli scarti alimentari e i rifiuti sanitari infettivi utilizzati a bordo per l'assistenza medica.

Gli indagati
L'inchiesta avrebbe inoltre accertato che i membri di MSF e i due agenti marittimi Francesco Gianino e Giovanni Ivan Romeo concordavano "sistematicamente" lo smaltimento illegale dei rifiuti (37 volte per l'Aquarius e 7 per la Vos Prudence) "eludendo i rigidi trattamenti imposti dalla loro natura infettiva". Tra gli indagati, oltre a Gianino, Romeo e i centri operativi di Amsterdam e di Bruxelles di MSF, ci sono il comandante e il primo ufficiale dell'Aquarius, il russo Evgenii Talanin e l'ucraino Oleksandr Yurchenko. A questi si aggiungono 8 membri di MSF: il vice capo missione Italia di MSF Belgio Michele Trainiti, il vice coordinatore nazionale e addetta all'approvvigionamento della missione Italia di MSF Belgio Cristina Lomi, il liaison Officer di MAS Belgio Marco Ottaviano, i coordinatori del progetto SAR Aquarius di MSF Olanda, Aloys Vimard e Marcella Kraaij, il coordinatore logistico di Aquarius Joachim Tisch, il delegato alla logistica a bordo della nave Martinus Taminiau e il coordinatore del progetto a bordo della nave, l'inglese Nicholas Romaniuk.

MSF:"Attacco inquietante e strumentale"

Medici senza frontiere "condanna con forza la decisione delle autorità giudiziarie italiane di sequestrare la nave Aquarius" per presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti di bordo. Una misura che MSF, in una nota, definisce "sproporzionata e strumentale, tesa a criminalizzare per l'ennesima volta l'azione medico-umanitaria in mare".

GIP:"Libera disponibilità della nave può aggravare o protrarre il reato"

"Vi è un fondato pericolo" che "la libera disponibilità della motonave possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato" visto che "è di tutta evidenza che la commissione del delitto è strettamente collegata all'attività di salvataggio in mare" da parte delle ONG, che "nel periodo oggetto di indagine realizzava ben 37 sbarchi reiterando sempre l'illecita modalità di smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi e di materiale medico". E' questo quanto scrive il GIP di Catania, Carlo Cannella, nel decreto di sequestro di nave.

20 novembre 2018
www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/sicilia/smaltimento-illegale-di-rifiuti-sequestrata-la-nave-aquariusdimsf_3175954201802a.shtmlfbclid=IwAR1BGjIRSWHg5Suhx8jkutUnBBEV0brE3y4Zh8qCd1pDWWQIuz...
[Modificato da wheaton80 21/11/2018 18:19]
29/11/2018 10:54
 
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Global Compact, il governo sospende il patto ONU sull’immigrazione

L’Italia sospende l’adesione al Global Compact sull’immigrazione, il patto firmato da oltre 190 Paesi il 19 settembre 2016 e ribattezzato “Dichiarazione di New York“. Inoltre l’Italia non parteciperà nemmeno al summit ONU di Marrakech, in Marocco, che tra il 10 e l’11 dicembre adotterà il documento. Ad annunciare la sospensione dell’adesione dell’Italia è stato il Premier Giuseppe Conte in una nota:“Il Global Migration Compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini”. Per questo, si legge, il governo ritiene “opportuno parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera”. A Marrakech, quindi, “il Governo non parteciperà, riservandosi di aderire o meno al documento solo quando il Parlamento si sarà pronunciato”.

Global Compact, il no di Lega e Fratelli d’Italia

Il Premier cede quindi alle polemiche della destra, in particolare di Fratelli d’Italia, e soprattutto alle pressioni del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha spiegato la linea del governo. “Il governo italiano”, ha spiegato Salvini, “come hanno fatto gli svizzeri, che il Global Compact lo hanno portato avanti fino a ieri e poi hanno detto fermi tutti, non firmerà alcunché e non andrà a Marrakech”. Di adesione o meno al Global Compact, quindi, si discuterà in Parlamento:“Deve essere l’Aula a discuterne”.

Global Compact, la rabbia delle opposizioni

Immediata la reazione delle opposizioni. In prima fila il capogruppo del PD alla Camera, Graziano Delrio, che ha attacca la posizione di Salvini:“Non abbiamo come Presidente del Consiglio Salvini, vi do una notizia, ma abbiamo un Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che all’ONU ha detto che firmeremo il Global Compact e abbiamo un Ministro degli Esteri che insieme al Presidente del Consiglio ha detto pubblicamente alle Nazioni Unite che firmeremo il Global Compact”. “Se il Ministro Salvini non sa queste cose, approfondisca la sua competenza, che non è sugli Esteri, e poi non ci venga a fare la predicozza”. Poco dopo, la doccia fredda, con Conte che ha ceduto alle pressioni di Salvini.

Global Compact, l’ONU contro i Paesi che si stanno ritirando
L’inviata speciale delle Nazioni Unite per le Migrazioni Internazionali, Louise Arbour, si è scagliata contro i Paesi che hanno deciso di ritirarsi dal Global Compact per le migrazioni sicure, ordinate e regolari, defindendo la decisione un “rimorso del compratore”, visto che l’accordo non vincolante l’avevano inizialmente approvato.

Global Compact. I principi centrali
Principi centrali del Global Compact for Migration sono:

- La lotta alla xenofobia
- La lotta allo sfruttamento
- Il contrasto del traffico di esseri umani
- Il potenziamento dei sistemi di integrazione
- Assistenza umanitaria
- Programmi di sviluppo
- Procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, a iniziare dalla Convenzione sui Rifugiati del 1951

Global Compact. “Gli apporti positivi dei migranti”
Uno dei principi più invisi alle forze politiche di destra, a partire dagli USA di Donald Trump, è quello che chiede “il riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale”. Il Patto prevede inoltre un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati.

Global Compact. I Paesi contrari
Resistenze, però, soprattutto con i vari cambi di colore dei governi, sono arrivate da diversi Paesi che hanno firmato il documento nel 2016. Dagli Stati Uniti di Donald Trump ai cosiddetti Paesi del Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblia Ceca, Slovacchia, Ungheria). A questi si sono aggiunti Austria, Bulgaria, Svizzera e Polonia.

29 novembre 2018
www.tpi.it/2018/11/29/globalcompactimmigrazioneitalia/fbclid=IwAR1G4Ns0vG3R6a56Wx_DTmB8s4L66JNUaXCB9OzvWwqlqVBOfmC...
[Modificato da wheaton80 29/11/2018 10:55]
07/12/2018 01:18
 
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ONG istruisce migranti:“Dobbiamo recitare la commedia, sono stupidi”

Nell’occhio del ciclone la “Advocates Abroad”, importante ONG che agisce nella Grecia settentrionale per dare assistenza a rifugiati o presunti tali. Ciò che in tanti sospettavano ha trovato esplicita conferma grazie ad un video che riprende in modo inconsapevole il direttore esecutivo dell’associazione, Ariel Ricker. La donna, con grande nonchalance, spiega dettagliatamente al suo interlocutore come ingannare ed impietosire la polizia di frontiera, tramite il racconto di traumi mai accaduti e persecuzioni inventate di sana pianta. Le immagini sono state divulgate dalla documentarista giornalista canadese Lauren Southern, e gettano nuova luce su quanto sta accadendo in questo momento in Europa.“Dico loro che dobbiamo recitare la commedia, che tutto questo è teatro”, spiega il direttore esecutivo, che regala una vera e propria lezione da seguire per esser accolti in Europa da rifugiati. “Il loro ruolo dev’essere quello di rifugiato traumatizzato, perché questi EASO (il personale che si occupa di interrogare i sedicenti profughi) sono fottutamente stupidi. Tutto ciò che sanno è solo quello che c’è scritto sul loro manuale, che spiega cos’è un rifugiato traumatizzato e le sue caratteristiche. Quindi noi addestriamo le persone a fingere quelle caratteristiche”. Una vera e propria scuola di arte drammaturgica, a cui in tanti dicono di credere o fanno finta di credere per convenienza. “Loro (cioè gli agenti di frontiera), devono tener conto dell’atteggiamento delle persone, capire se sono emotive o no. Quindi bisogna piangere, vomitare e chiedere una pausa”. Il tutorial della Ricker prosegue con dovizia di dettagli, viene spiegato proprio tutto. “…come entrare nella stanza, come presentarti, come sederti, come alzarti e come pregare”. Sì, perché l’ONG insegna anche le preghiere ai migranti, per dare una stretta in più al cuore di chi deve soppesare la bontà delle loro versioni dei fatti alla frontiera. “A volte (gli agenti) chiedono ‘Quali sono le tue vacanze preferite?’. E alcuni (profughi) rispondono semplicemente ‘Natale’. Noi spieghiamo che questa non è una risposta sufficiente. Devono dire anche che è il 25 dicembre, e che è la data di nascita di nostro Signore”. La “Advocates Abroad” si vanta sul suo sito di aver fatto entrare oltre 15mila migranti nei confini della Grecia, oltre ad ulteriori 2.500 nel resto del continente europeo. Dunque ci potrebbero essere circa 17mila nuovi attori in ascesa grazie al loro prezioso contributo. L'organizzazione si è affrettata a replicare con un ridicolo tweet per attaccare la giornalista canadese Southern e gettarle fango addosso. Ma la miccia è accesa e brucia troppo rapidamente. Ecco perché si è letteralmente scatenata una corsa al massacro sui social, che ha costretto l’associazione a cancellare i suoi account.

Federico Garau
14/11/2018
www.ilgiornale.it/news/cronache/ongistruiscemigrantidobbiamorecitarecommediasono1601...
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