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Oltre il capitalismo terminale. Investire in deliri

Ultimo Aggiornamento: 25/04/2017 00:53
25/04/2017 00:53
 
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La Tesla ha recentemente superato, come valore di Borsa, la Ford: i “mercati” si contendono il titolo, che va a ruba. I capitalisti privati fanno a gara, insomma, per dare capitali al fondatore di Tesla, il geniale Elon Musk; miliardi di dollari, anzi decine di miliardi di dollari. E come tutti sappiamo, i privati, spinti dal loro istinto infallibile, sono i migliori allocatori del capitale. Sanno a chi merita darlo. Dunque giustamente Tesla supera oggi in Borsa il valore di Ford. Anche Tesla, come Ford, fa auto: ma ne ha vendute l’anno scorso 76mila, mentre la Ford, 6 milioni. Vero è che le auto Tesla sono elettriche, dunque molto chic, ecologiche, prestigiose da avere a Sylicon Valley fra i nuovi miliardari creatori di start-up, e quindi costose: 101.300 dollari il modello più economico, mentre Ford fa praticamente utilitarie. Vi domanderete dunque: chissà quanti profitti ha fatto, in più rispetto a Ford, e quindi quanti lucri ha fruttato ai capitalisti privati! Nel 2016, Tesla ha perso più di un miliardo di dollari. E Ford, intanto, ha guadagnato 10 miliardi. Ma i “mercati”, infallibili nell’allocare i loro capitali, finanziano – ossia valorizzano – Tesla più di Ford.

E non solo: i mercati continuano ad offrire miliardi a Uber, la multinazionale con sede a San Francisco. Ciò che entusiasma i capitalisti, è ovvio: Uber non ha quasi personale, non ha strutture, si basa su una app, ossia su un piccolo software: insomma è l’incarnazione stessa dell’impresa “snella e innovativa”, basata esclusivamente “su un’idea nuova”, prototipo della “New Economy” immateriale, impalpabile e dunque senza i fastidiosi “costi” che vengono dalla necessità – odiosamente tipica della Old Economy – di assumere operai, o magari di comprare i macchinari per la produzione di beni. Uber è un’azienda di taxi che non ha dovuto comprare i taxi. Sono i piccoli borghesi che si sono comprati l’auto e che (non potendosela permettere) sperano di pagarsi le rate facendo i taxisti per Uber. Chissà quanti profitti han tratto i capitalisti che profondo miliardi su Uber, direte voi. Infatti: nel 2016, Uber ha generato un giro d’affari astronomico di 20 miliardi di dollari, e un margine operativo lordo di ben 6.5 miliardi – per poi esibire una perdita di 2,8 miliardi. Un ingenuo può magari restare interdetto dal fatto che Uber, che incamera una commissione del 30% sull’attività dei suoi guidatori-tassisti a tempo perso, che si sono comprati da sé il mezzo di produzione (e di profitto per Uber), non abbia fatto che perdere a rotta di collo da quando è nata nel 2010: 9 miliardi. In cosa spende tanto?

Ma nella “conquista di nuovi mercati”, il giro d’affari di Uber è raddoppiato nel 2016, dopo essere triplicato nel 2015: è questo che attrae i capitalisti privati. Continuano a finanziarla per l’aumento prodigioso, inimmaginabile, del fatturato. Senza guardare troppo che la Uber, in certi Paesi, “sovvenziona pesantemente la sua attività in certi Paesi, dove il prezzo pagato dai suoi clienti è inferiore alla somma versata ai suoi autisti”; ohibò, ma sovvenzionare l’attività sottocosto non è un delitto per il liberismo? Se uno Stato del terzo mondo, per esempio, fa pagare un prezzo politico, sottocosto, il pane dei suoi cittadini, si levano proteste altissime: lasciate fare i prezzi al “mercato”! Al libero gioco della domanda e dell’offerta! Via la mano pubblica dall’economia! La mano pubblica spreca capitali! Ma no, nel caso di Uber, il sovvenzionare in certi Paesi l’attività, serve ad uno scopo benedetto dai mercati: debellare la concorrenza, fare “volume”. Tutto il profitto sperato e futuro di Uber sta infatti nel progetto di rimpiazzare totalmente e dappertutto i taxi, quindi nel diventare monopolista mondiale di questo tipo di mercato, perché allora la taglia colossale permetterà di “fare i prezzi” e incamerare profitti stravaganti. Il che spiega e giustifica, agli occhi dei mercati, le grandi spese di promozione nel mondo, e le costose campagne di reclutamento di “taxisti”. “Dal suo lancio, Uber ha perduto oltre 8 miliardi, un livello incredibile per una start-up. Ma la società può permetterselo: riesce continuamente a ottenere somme titaniche dagli investitori, nonostante sia già molto valorizzata (68 miliardi di dollari). Dispone dunque di 7 miliardi di dollari di tesoreria, senza contare una facilità di credito di 2,8 miliardi. Può quindi continuare la sua costosa strategia”:

siliconvalley.blog.lemonde.fr/2017/04/15/uber-a-perdu-pres-de-trois-milliards-de-dollars-e...

In più, tenetene conto, Uber sta investendo nelle auto a guida intelligente senza guidatori: nuove idee su nuove idee, è questo che piace ai mercati. Infatti i mercati premiano “le idee nuove”. Cacciano decine di miliardi in “idee”; hanno visto che Google e Facebook fano profitti enormi, e sono nate da un software, e temono di perdere la prossima gallina delle uova d’oro dell’economia immateriale. Finanziano “idee”, ed Elon Musk ne crea a getto continuo. E’ un vulcano di idee innovative. Mettiamo: 53mila delle sue auto elettriche Tesla vendute hanno dovuto essere richiamate per malfunzionamento? Niente paura, Musk ha fondato la prima azienda spaziale privata, la SpaceX, con cui si propone di “tagliare di un fattore 10 il costo dell’esplorazione spaziale con uomini a bordo”, e progetta di portarci su Marte “fra 10-20 anni” ad un prezzo abbordabile; abbordabile per i miliardari di Sylicon Valley, Zuckerberg si sarà già prenotato. Uno dei suoi primi missili che doveva mettere in orbita un costoso satellite israeliano è esploso? Niente paura, ecco un’altra idea. Strepitosa: Neuralink:“Un’interfaccia che collegherà direttamente il cervello al computer. Il nuovo uomo 2.0 connesso alla macchina potrà non solo comunicare con il computer direttamente con il cervello ma anche comunicare all’instante con qualsiasi altro uomo a sua volta connesso ad un computer, il tutto sempre e solo con il pensiero. Sarà pronto tra quattro anni!”. E i capitalisti di ventura buttano miliardi di soldi in Neuralink, come già fanno in SpaceX e in Tesla. Su cosa investono, in fondo? Su fuffa di truffatori, direte voi provinciali, memori di come Totò riuscisse a vendere la Fontana di Trevi e il Colosseo al turista americano. Sbagliato: quella era Old Economy. Adesso è la New Economy: i mercati premiano le “nuove idee”. I sogni. I deliri. Naturalmente, il fatto che i “mercati” finanzino non solo così titanicamente, ma anche per tanti anni, multinazionali della fuffa e del delirio, ed accettino per tanto tempo di incamerare perdite, non solo finirà male, quando scoppierà la bolla Uber o la bolla Tesla (ricorderemo l’attuale depressione 2008-2016 come un tempo di prosperità) ma ci pone qualche domanda: come mai a loro, ai capitalisti di ventura, ai “mercati”, non importa? Come mai hanno tante decine di miliardi da buttare? Sono i miliardi, anzi le migliaia di miliardi emessi dalle banche centrali, ragazzi. Non costano niente, ai capitalisti. Non li investono in ditte “mature” che diano lavoro e salari. Li investono in promesse di profitti mirabolanti, nella speranza del colpo gobbo.

...e magari sono investumenti giusti
Un altro modo di vedere mostrerebbe invece che si tratta di investimenti giustissimi e azzeccati. I miliardi dati a Tesla sono investiti, in fondo, nella “industria del lusso”. L’auto elettrica da 100mila dollari, infatti, è fatta apposta per invogliare il famoso 1% straricco, che oggi è anche vegano, ecologista, e vuol guidare un’auto “pulita” a qualunque prezzo. Naturalmente senza il minimo pensiero che l’auto Tesla non genera elettricità; ha batterie, e l’elettricità la generano le solite centrali a carbone, petrolio, gas, insomma inquinanti come prima. Ma il miliardario ha la coscienza pulita, e oltretutto, quelli che hanno comprato la Prius ibrida (ecologisti vorrei-ma-non-posso) lo invidiano. E’ un modo molto sofisticato di vendere fuffa, quello del lusso dei lussi destinato all’1 per cento. Bisogna intercettare i suoi deliri specifici: una vacanza su Marte (cosa vuoi regalare a chi ha già tutto?), Neuralink che collega cervello e computer, l’auto che si guida da sé, Internet delle Cose, sensori dovunque, carta di credito sottopelle come chip, l’immortalità fisica grazie all’Intelligenza Artificiale. Funzionerà? Ci assicurano che il mondo è ineluttabilmente avviato verso questa innovazione creativa; già i robot hanno sostituito i precari da McDonald’s; in certe aziende cinesi operai licenziati sono già sostituiti da automi (non c’è più bisogno di uomini). Niente salari, quindi (pensiamoci) a chi venderà la Ford con i suoi 6 milioni di auto prodotte? Leggo che in USA (dove tutti comprano le auto a rate, sicché regolarmente hanno un’auto superiore a quella che permette il loro potere d’acquisto) adesso la piccola borghesia, devastata dalla globalizzazione e recessione, esita a indebitarsi ulteriormente. E l’industria dell’auto, con i suoi uffici di credito, offre prestiti anche di 7 anni su auto d’occasione; dove insomma il bene che fa da garanzia (ossia l’auto usata) raggiungerà il valore zero molto prima che il prestito sia rimborsato. Ma alla finanza non importa, perché quel debito mica se lo tengono nei libri contabili le banche; lo rifilano, impacchettato in migliaia di prestiti “garantiti” allo stesso modo, a fondi d’investimento, fondi-pensione, e simili. Stanno di nuovo gonfiando la bolla del subprime, come quella che implose nel 2008. Delirio.

Maurizio Blondet
22 aprile 2017
www.maurizioblondet.it/oltre-capitalismo-terminale-investire...
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