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'Stranger Things', quegli esperimenti sono veri: così l'Intelligence ha provato a controllare la mente

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2017 20:06
02/11/2017 20:06
 
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È una delle serie più popolari di Netflix. Si chiama Stranger Things e uno dei suoi personaggi principali, una ragazzina di nome Eleven (Undici detta Undi nella versione italiana), ha conquistato tutti. Ha poteri paranormali ed è sfuggita a un oscuro programma del governo che puntava a sfruttare le sue capacità speciali per scopi militari. Stranger Things è ovviamente finzione, ma quanti sanno che alcuni degli eventi a cui è ispirata la serie sono tratti dalla realtà? Negli anni ‘50 e ‘60, in piena Guerra Fredda, la CIA condusse una serie di esperimenti top secret per il controllo della mente: il programma si chiamava MK-Ultra ed è proprio quello a cui fa riferimento la serie Netflix. Di MK-Ultra si sa veramente poco: sul sito ufficiale della CIA è possibile trovare ancora oggi una nota in cui l'Agenzia ammette di aver distrutto nel lontano 1973 la stragrande maggioranza dei documenti (https://www.cia.gov/library/readingroom/docs/DOC_0005444812.pdf), una scelta questa che il guru americano della segretezza, Steven Aftergood, definisce un «abuso deliberato e consapevole» e che, purtroppo, ha contribuito ad alimentare ogni sorta di ciarpame cospiratorio, impedendo un dibattito serio. Sì, perché la ricerca sulle “neuroarmi” (in inglese neuroweapons) che consentono di manipolare la percezione e la coscienza delle persone a scopi militari è una cosa assolutamente seria, tanto che la prestigiosa rivista The Bulletin of the Atomic Scientists, che si occupa di controllo degli armamenti, questa settimana dedica un lungo articolo a queste armi del futuro, prendendo spunto proprio da un fenomeno pop come la serie Netflix (https://thebulletin.org/neuroscience%E2%80%94and-new-weapons-mind11229).

L'ultima fortezza: il cervello

Terra, mare, cielo, spazio e cyberspazio. Non c'è un dominio che i militari oggi non controllino in modo più o meno efficace. Ma ce n'è uno che appare difficile da espugnare: il cervello. Arrivare a controllare i comportamenti, più o meno razionali, delle persone ha un'immensa importanza per i militari e l'Intelligence. Per quello che se ne sa, MK-Ultra è stato il primo programma sistematico condotto dalla CIA in questo settore. «Alla fine fallì, a causa della mancanza di una sufficiente comprensione dei meccanismi interni del cervello e di come manipolarli, ma oggi le neuroscienze appaiono in grado di superare le barriere tecniche che impediscono il controllo esterno delle emozioni e dei comportamenti e, in ultima analisi, della mente», scrive il Bulletin, nella sua analisi tanto seria quanto allarmante. È importante capire che gli stessi farmaci e le stesse ricerche che hanno permesso la comprensione e il trattamento di gravi patologie neurologiche e psichiatriche, migliorando la vita di milioni di persone, hanno, purtroppo, un potenziale “dual-use”, ovvero possono essere usati per scopi militari e d'Intelligence: come? Il Bulletin cita numerose tipologie di medicine che sono capaci di indurre stati mentali tradizionalmente usati per torturare le persone senza lasciare alcuna ferita o segno. Farmaci tipo il Modafinil, che induce insonnia o altri che producono grave ansia o depressione oppure una profonda agitazione e confusione mentale. Saper controllare gli inibitori della captazione della serotonina, per esempio, può essere utile nella cura della depressione, ma anche per rendere più facili gli interrogatori da parte dell'Intelligence, in quanto queste sostanze sono state associate a comportamenti sociali di cooperazione, che possono spingere un determinato soggetto a collaborare e rivelare informazioni che in condizioni normali non rivelerebbe. Si tratta di farmaci che possono essere usati su singoli individui per torturarli psicologicamente o possono portare allo sviluppo di neuroarmi capaci di neutralizzare o cambiare le percezioni di interi gruppi di persone, alterando, per esempio, le emozioni delle forze armate di un Paese, oppure «i cuori o le menti delle popolazioni civili di un Paese, influenzando la loro reazione viscerale a una campagna militare», scrive il Bulletin.

La galleria degli orrori
Secondo la rivista, le neuroarmi che rappresentano la minaccia più grave e anche quella più probabile sono i farmaci ipnotici, che riducono lo stato di allerta, inducendo sedazione e anestesia, ma anche quelli con effetti psichedelici, che hanno il potenziale per essere usati in uno stato di guerra, perché disorientano e inducono psicosi. Addirittura vari microbi e tossine con effetti sul sistema nervoso possono condizionare le scelte di un esercito nemico, portandolo a optare per il combattimento o la resa. «Il parassita Toxoplasma gondii», scrive il Bulletin, «può causare impulsività, agitazione e confusione». La stimolazione magnetica transcranica, invece, mostra di essere promettente per quanto riguarda il potenziamento della memoria a breve termine e della velocità di recupero dei ricordi. «Alcune Nazioni hanno mostrato interesse nell'usare queste tecniche per potenziare le capacità cognitive delle loro forze armate (sebbene le applicazioni offensive siano minime)», scrive la rivista. Ancora più inquietanti sono le possibili applicazioni militari delle “brain-brain networks”: un esperimento scientifico pubblicato tre anni fa ha permesso di trasferire un messaggio verbale da una persona in India a una in Francia senza il bisogno di pronunciare alcuna parola (http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0105225). Il mittente ha articolato il suo messaggio semplicemente muovendo la bocca o la lingua, gli impulsi nervosi generati da quei movimenti sono stati trasmessi direttamente al cervello della persona che si trovava in Francia e che ha ricevuto la comunicazione regolarmente. Un'applicazione militare benigna di questa tecnica può essere quella di semplificare le comunicazioni nella catena di comando e controllo, ma si possono aprire anche scenari ben più inquietanti:«Se una persona diventa il recipiente inconsapevole di certi messaggi così trasmessi», scrive il Bulletin, «impiantargli nella mente certi pensieri potrebbe diventare, almeno teoricamente, piuttosto semplice».

Solo esperimenti da laboratorio?
Fino a che punto tecniche e farmaci che funzionano su singoli individui o in esperimenti di laboratorio possono essere convertiti in armi da usare sul campo di battaglia? La prestigiosa rivista puntualizza come sia estremamente complesso. Difficile, per esempio, immaginare come dosare un attacco neurochimico in modo da far sì che persone con caratteristiche fisiche e storie mediche diverse ricevano la stessa dose di farmaco. Allo stesso tempo, però, il Bulletin of the Atomic Scientists mette in guardia: con il progresso delle neuroscienze, sarebbe naïf assumere che questo tipo di problemi nella ricerca delle neuroarmi non troveranno soluzioni via via più raffinate ed efficaci. Per questo la rivista, storicamente impegnata nei temi del disarmo, lancia l'allarme sui buchi nelle leggi internazionali che potrebbero consentire agli Stati di sviluppare una corsa verso questi armamenti. Per esempio, i buchi nella Convenzione per le Armi chimiche, che vieta questo tipo di agenti, ma non proibisce sostanze incapacitanti per il controllo della folla, tipo i gas lacrimogeni. Questo può essere uno degli éscamotage che gli stati possono sfruttare. Possono usare come copertura lo sviluppo di un composto chimico per la dispersione degli assembramenti di gente, ma poi convertire rapidamente quella sostanza in una neuroarma. «Tanto gli scienziati quanto la comunità internazionale devono rimanere vigili», avverte il Bulletin.

Stefania Maurizi
02 novembre 2017
www.repubblica.it/spettacoli/tv-radio/2017/11/02/news/stranger_things-179965899/?ref=RHPPRT-BS-I0-C4-P1...
[Modificato da wheaton80 02/11/2017 20:17]
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