Memoria e radici (uomo-macchina)
Cercavo di concentrarmi su una cosa che avevo notato spesso ma della quale non ero mai riuscito ad acciuffarne veramente il senso o il significato.
Molte volte mi era capitato di sorprendermi di fronte a formidabili e compassate prove di memoria, da parte di persone anziane.
Altrettante volte, al contrario, mi ero soffermato a registrare in gente più giovane (compreso me) una eccessiva mancanza di memoria ed anche una progressiva perdita della capacità di concentrazione.
Nei soliti momenti di profonda meditazione, cioè nei meccanici movimenti di una guida nel traffico più statico, dove il tuo compito si riduce a muovere il tuo mezzo di trasporto, per qualche metro alla volta, tra intervalli di tempo petulanti, ho correlato questa cosa alla parola memoria: tanto cara alla nostra era tecnologica.
Poi, a questa correlazione ne è conseguita un’altra, quella che, in altre paginette scritte confusamente in passato, mi ha riportato a rileggere il senso delle “radici”.
Prediligo lo spezzone al poema, forse anche per questioni di capacità, e dunque non mi dilungo su questo tema, ma fisso un presupposto:
“Esse” incarnano l’essere. Esse sono l’essenza>.
Da queste elucubrazioni, tra un lentissimo semaforo ed un altro, è riemersa in me la figura che dell’umano ho negli ultimi tempi: quella dell’uomo-macchina e dei suoi scopi, o meglio, di ciò a cui egli è asservito.
Così ho osservato quella crescente abitudine di delegare la memoria agli odierni efficientissimi apparati elettronici (promemoria sui cellulari, navigatore etc..) per rammentarci appuntamenti, riferimenti, immagini da confrontare, luoghi, indirizzi ed anche idee! E mi son domandato se quella parte di cervello che fallisce sempre di più, non si vada atrofizzando a causa di questa abitudine dilagante (insieme ad altri fattori chiaramente – per esempio non appartenere più ad una comunità ma costringersi a spostarsi tutto il giorno frequentando superficialmente molti ambienti distanti tra loro, impedendo il radicamento e quindi la memoria).
Di lì il passo è stato breve al prossimo dubbio: per quale motivo l’umanità si dovrebbe auto ledere in questa maniera? È un semplice rapporto di causa - effetto insito nell’evolversi delle cose?
In realtà, in quella che intimamente consideravo tale, pensavo sarebbe stato sufficiente che l’uomo macchinizzato, accettasse il fatto che la consuetudine suddetta, riguardasse solo le moltitudini (gli emancipati analfabeti contemporanei), al fine di recuperare quanto di sano rimanesse in se stesso, in ognuno.
Arrestarsi su quella ipotesi per cercarsi dentro qualcosa, sarebbe stato sufficiente.
C’era solo da correre il rischio di affrontare eventuali delusioni, ma se si fossero recuperati anche solo brandelli, briciole, o apparenti inezie, si sarebbe dimostrato il fallimento della disinfestazione esercitata nell’interiore dell’essere umano.
Si sarebbe evitata la vera sconfitta: scoprire la totale aridità.
L’uomo-macchina è “utile”, come già illustrato in passato, all’unico fine che può apprezzare la sua bruttura (infatti è una sua creatura): il consumo immotivato.
Quindi, mentre ci sfioravamo tra auto, moto e bus, in mezzo a incroci regolamentati solo dalla fortuna e dalla prepotenza, continuavo ad immaginare quell’essere umano sottoposto ad una operazione chirurgica: l’asportazione della memoria biologica e spirituale.
Vedevo chiaramente quella minoranza di guru che applicava il suo progetto sulle moltitudini e, man mano, scompariva in me l’idea che la memoria tecnologica avesse solo fortuitamente causato effetti sconsiderati.
Quanto si verificava, era un esercizio ben mirato a “sradicare” una delle parti fondamentali, per le quali un “essere” possa essere definito tale.
Smemorizzato, l’uomo diventa un contenitore e, quand’anche esteriormente bellissimo, non basta per “essere”. (un fiore bellissimo, se è vero, sboccia dalla pianta, fiorisce e muore appassendosi. Un fiore finto può anche essere bellissimo… ma non nasce, ne muore. Non è un fiore).
Però, mi dicevo, simile contenitore risponde perfettamente al requisito richiesto dallo sciocco scopo economico: esso può essere facilmente e rapidamente, riempito o svuotato, da surrogati di verità o di menzogne, secondo il diversificarsi degli obbiettivi che in quest’epoca, e nelle epoche a venire, i guru “debbono” conseguire.
Poi buttavo giù questa pagina, intento a “memorizzare” introspezioni fugaci… ma continuava a sfuggirmi il senso ed il significato di quella cosa…
Sarei ritornato ancora a parallelare la memoria tecnologica con quella umana? L’uomo ricco di spirito ed il suo subentrante, capace di accorgersi della sola materia? Ero sicuro che, come sempre, la lotta stava tra la materialità ed il suo contrario… e che non è facile, non lo sarà mai, come non lo è mai stato, mantenere un’allerta adeguata per l’identificazione dei teatri di battaglia in cui queste due potenze si combattono, nella vita di tutti i giorni.
Stef 05/09/2006 - relpubblic@yahoo.it
“Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...