epidemie, progetto del nwo?

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: 1, [2], 3, 4
LiviaGloria
00mercoledì 6 maggio 2009 14:23
Provo a chiedere a Victor cosa ne pensa di questa idea e magari come organizzarla e se fattibile. [SM=g27823] [SM=g27823]
LiviaGloria
00mercoledì 6 maggio 2009 14:34
Marcello
Ti posso consigliare di leggere il libro "morale end dogme" di Pike,lo trovi nella sezione "letture consigliate".
wheaton80
00venerdì 8 maggio 2009 13:21
Provo a chiedere a Victor cosa ne pensa di questa idea e magari come organizzarla e se fattibile.


Ok speriamo bene [SM=g27823]
LiviaGloria
00martedì 2 giugno 2009 13:11
HIV: le cose che non vi hanno mai detto.
martede 20 dicembre 2005
Premessa:

Lo scopo di questo articolo è puramente quello di presentare un diverso “punto di vista” sull’argomento, basandoci, come vedrete, su dati precisi. Perciò non si vuole assolutamente avvallare tesi alternative o smentirne altre, nel pieno rispetto di tutti. Credo però sia interessante e giusto rendersi conto di alcuni aspetti che forse passano inosservati.
Il primo marzo 1987 sulla prestigiosa rivista Cancer Research comparve un articolo firmato dal virologo Peter Duesberg. Da allora Peter Duesberg è uno degli uomini piú discussi d'America. Le sue ipotesi e le sue affermazioni sono state di volta in volta definite 'irresponsabili', 'pericolose', 'immorali', 'dannose' e perfino 'criminali'. Per alcuni Duesberg è una 'minaccia pubblica', per altri invece un 'novello Galileo' in lotta contro l'ottusità dominante. Secondo il direttore dell'autorevole periodico medico The Lancet, Duesberg è "probabilmente lo scienziato vivente piú diffamato in assoluto", per altri addirittura "il Nelson Mandela dell'AIDS, colui che guida la lotta contro l'Apartheid dell'HIV".

Che cosa affermava Duesberg a proposito dell'AIDS? Fondamentalmente una cosa: che non vi erano prove convincenti di quella che era (ed è tuttora) la base di tutta la ricerca e della prevenzione sull'AIDS, vale a dire del fatto che un retrovirus come l'HIV sia in grado di causare l'AIDS.

Vediamo quali sono nello specifico le posizioni e le motivazioni.


Quando parliamo di AIDS usiamo due concetti basilari: "malato asintomatico" e "sieropositivo". Sono intimamente collegati. Un malato asintomatico è una persona in cui non c'è nessuna evidenza, nessun sintomo, nessun segno della malattia: insomma uno che non è malato se non sulla base di un foglio di carta dove c'è scritto positivo. E anche la sieropositività è basata soltanto sulla stessa parola scritta sullo stesso foglio di carta. E quella parola è solo il risultato di un test. I medici sono stati espropriati della possibilità di fare una diagnosi, non c'è più confronto, non c'è più la possibilità che uno dica si e un altro no. La diagnosi la fa esclusivamente il sistema sanitario/farmaceutico che brevetta, approva e produce i test. E' evidente che il concetto di malato asintomatico sieropositivo è contraddittorio e che tutto l'insieme è estremamente pericoloso: il test decide, al di là di ogni evidenza, se una persona è sana o malata.


Il Malato di AIDS

Un soggetto viene classificato malato conclamato di AIDS quando si verificano due condizioni:

1. presenta i sintomi di almeno una delle 29 patologie considerate possibili conseguenze, come Polmonite, Tubercolosi, Linfoma, Diarrea, Herpes Simplex, Sarcoma di Kaposi, Candidiasi, etc..
2. è positivo al test HIV (Human Immunodeficiency Virus).

Se il soggetto è positivo al test ma sta bene viene considerato malato asintomatico. L’eventuale successiva comparsa dei sintomi di cui sopra cambierà la sua classificazione in malato conclamato. Se il soggetto presenta i sintomi di una delle patologie in elenco ma non è positivo al test non è malato di AIDS. L’eventuale successiva risposta positiva al test cambierà la sua classificazione in malato conclamato. Pertanto un malato di polmonite o tubercolosi negativo al test è solo malato di polmonite o tubercolosi. Mentre un malato di polmonite o tubercolosi positivo al test è malato di AIDS. E’ subito evidente che il test HIV ha un ruolo centrale nella diagnosi di AIDS.

Due posizioni a confronto


1. La posizione ufficiale:

il virus HIV è la causa dell’AIDS, che è quindi una patologia infettiva.
un test individua la presenza degli anticorpi e quindi del virus.
il virus può avere un periodo di latenza fino a decine di anni.
i sieropositivi (positivi-al-test) si ammaleranno e moriranno
i farmaci antiretrovirali (AZT in testa) combattono la diffusione del virus e allungano la vita.
alcuni sieropositivi non hanno sintomi perchè il virus è latente
anche i sieropositivi asintomatici devono prendere i farmaci quanto prima.

2. La posizione dei dissidenti:

il virus HIV non è stato mai isolato, probabilmente neanche esiste, l’AIDS non è causato da un virus e non è quindi una patologia infettiva.
l’AIDS è causato da un complesso di fattori (droghe pesanti, superesposizione ad agenti patogeni, farmaci) fortementi presenti in certi stili di vita, che alla lunga distruggono il sistema immunitario.
i test HIV non sono specifici e non è chiaro che cosa individuino.
la risposta positiva al test non è indice di niente e non giustifica alcuna terapia.
i farmaci antiretrovirali sono inutili in quanto non c’è nessun virus da combattere, e soprattutto letali perchè possono portare alla morte in pochi mesi distruggendo in particolare il sistema immunitario.
i malati di AIDS devono sospendere l’esposizione ai fattori patogeni, curarsi per le patologie specifiche di cui soffrono, seguire nel contempo terapie di sostegno per consentire al loro sistema immunitario il recupero.
i farmaci antiretrovirali hanno trasformato in malati di AIDS individui altrimenti sani che hanno avuto la sfortuna di risultare positivi-al-test.


In altre parole i dissidenti accusano l’establishment sanitario di adottare terapie che:

non curano i malati "veri" di AIDS ma anzi ne affrettano o ne causano la morte.
portano alla malattia e/o alla morte per AIDS malati "inventati", soggetti sani risultati positivi-al-test.


Ora questo fenomeno ha interessato ad oggi circa duemilionitrecentomila persone in tutto il mondo (fonte: WER - Weekly Epidemiological Record – OMS - bollettino n. 47 del 24 Novembre 2000 – Totale malati registrati in tutto il mondo dall’inizio ad oggi: 2.312.860).


Ricerche avanzate sull’HIV.

In Australia un gruppo di ricercatori del Royal Perth Hospital, definito "The Perth Group", ha concentrato le proprie ricerche sull’isolamento dell’HIV e sulla validità dei test ELISA (test di primo livello, il più utilizzato), Western Blot (secondo livello, considerato più attendibile) e Viral Load (l'ultimo apparso); hanno concluso le loro ricerche affermando che nessuno dei lavori pubblicati dimostra che l’HIV sia stato isolato e che i tre test non provano affatto la presenza del virus HIV nei campioni di sangue sottoposti a test.


La voce di un Nobel.

Il Dottor Kary Mullis ha ricevuto il premio Nobel nel 1993 per aver inventato un procedimento, la PCR (Polymerase Chain Reaction), che permette di identificare un segmento di codice genetico (una specifica sequenza di nucleotidi) eventualmente presente in un campione ed amplificarne la concentrazione per facilitare all’osservatore la sua individuazione. Per poter completare una sua relazione ha cercato inutilmente documenti scientifici che contenessero la prova che il virus HIV sia la causa dell’AIDS. Da allora non si stanca di ripetere, senza essere mai stato smentito, che non esiste un solo documento scientifico che contenga tale prova. La scienza ha le sue regole, e nessuno può sostenere di aver scoperto qualcosa se non rende disponibile una documentazione completa ed esauriente che consenta ad altri di confermare o confutare la sua scoperta. È paradossale e preoccupante che un migliaio di scienziati sparsi per il mondo stiano lottando per dimostrare che l’ipotesi HIV=AIDS sia falsa, quando nessuno ha ancora dimostrato che è vera. D’altronde se qualcuno avesse isolato il virus HIV ed avesse provato il rapporto causale tra l’HIV e l’AIDS avrebbe con ogni probabilità ricevuto per tale scoperta il Nobel per la medicina. Non ci risulta che tale Nobel sia stato ad oggi assegnato.


Sudafrica.

L’attuale Presidente Sudafricano Thabo Mbeki, subentrato a Nelson Mandela il 16 Giugno 1999, sta combattendo da oltre un anno una battaglia, contro il potere politico/economico dell’ortodossia sanitaria occidentale, sul tema dell’AIDS: ha voluto una commissione presidenziale mista ortodossi e dissidenti appositamente istituita col compito di affrontare gli aspetti più controversi dell’AIDS, come la non specificità del test o la tossicità dei farmaci antiretrovirali. Il 3 Aprile 2000 il Presidente Mbeki ha indirizzato una lettera a tutti i Leaders del Mondo per spiegare la posizione del Governo Sudafricano sull’epidemia sub-sahariana di AIDS. In sostanza ha ringraziato per la disponibilità del mondo occidentale, ha sottolineato come l’AIDS in Africa sia un fenomeno specifico e profondamente diverso da quello occidentale, ha affermato che sarebbe assurdo e illogico imporre l’esperienza occidentale alla realtà africana, e che quindi il problema deve essere affrontato e risolto dall’Africa in modo autonomo. Nel frattempo i farmaci antiretrovirali non sono compresi nelle terapie per l’AIDS utilizzate dal sistema sanitario sudafricano, ne da quelli di diversi altri paesi a sud del Sahara che appoggiano l’iniziativa del Presidente Mbeki, nonostante la recente e reclamizzata vittoria giudiziaria contro Big Pharma. Questa scelta ha scatenato una campagnia diffamatoria internazionale contro il Presidente Mbeki, veicolata ai massimi livelli in Gran Bretagna con accuse infamanti tramite:
The Observer: "Mbeki lascia morire nel dolore i bambini malati di AIDS"
The Times: "Mbeki soffre di un complesso di persecuzione"
The Telegraph: "L’Africa dovrebbe essere ricolonizzata"
The Sunday Times: "Mbeki nemico della gente"
International Herald Tribune: " Il Sudafrica rifiuta un prestito di un miliardo di US$ per comprare farmaci antiretrovirali"

La GlaxoSmithKline (già Barrough Wellcome e poi Glaxo Wellcome), produttrice dell’AZT, il più tristemente famoso dei farmaci antiretrovirali, e di tanti altri farmaci dello stesso tipo, leader mondiale nel commercio di farmaci HIV/AIDS è una multinazionale inglese. In questo scenario, che fa del Presidente Mbeki il leader di un nuovo tentativo di indipendenza e rinascita dell’Africa, l’ex Presidente Nelson Mandela si è apertamente schierato con le tesi dei poteri forti occidentali, sostenendo la teoria virale dell’AIDS e la necessità di utilizzare i farmaci antiretrovirali.


L’Africa.

Il Dott. David Rasnick, membro della Commissione Presidenziale Sudafricana, ha descritto l’epidemia africana di AIDS con le seguenti parole: "Se si smettesse di usare il test HIV l’epidemia africana di AIDS scomparirebbe". Il WHO (World Health Organization) produce un bollettino settimanale chiamato WER (Weekly Epidemiological Record) nel quale vengono riportati i totali cumulativi di tutti i casi di HIV/AIDS registratati in ciascun paese del mondo, totalizzati per paese e continente:

Bollettino n. 47 del 26 Novembre 1999 - totale casi HIV/AIDS registrati in Africa dall’inizio dell’epidemia al Nov. 1999: 794.444
Bollettino n. 47 del 24 Novembre 2000 - totale casi HIV/AIDS registrati in Africa dall’inizio dell’epidemia al Nov. 2000: 876.009

Come si vede i casi registrati in Africa negli ultimi dodici mesi sono 81.565. Davvero poca cosa se si pensa che in Africa vivono 760 milioni di persone e ne muoiono più di 10 milioni all’anno, di cui un milione per malaria. Purtroppo il WHO preferisce dare evidenza alle stime, invece che ai dati ricevuti dai paesi interessati, ed ecco allora comparire 30 milioni di malati e avviare una crociata contro questo flagello biblico. L’epidemia vera è quella di menzogne. In Africa esistono da sempre patologie tipiche della povertà e molto diffuse: aggiungiamo il test che risulta tendenzialmente positivo in presenza di una qualche patologia (vedere la lista dei fattori che possono causare una risposta positiva al test HIV) e il gioco è fatto. Chi prima moriva di tubercolosi o diarrea oggi muore di AIDS. Nessun problema, l’uomo bianco dispone della medicina giusta. Ma è troppo costosa, i paesi africani non possono permettersela. Nessun problema, l’uomo bianco ha anche la banca mondiale e può concedere prestiti molto vantaggiosi per acquistare le miracolose medicine occidentali.


La CIA.

Il 1 Maggio 2000 la Casa-Bianca ha dichiarato l’AIDS una minaccia per la sicurezza nazionale, e ha dato con ciò mandato alla CIA per gestire ufficialmente la faccenda. Viene spontaneo pensare che la minaccia sia rappresentata dalla diffusione dell’epidemia negli USA, ma non è cosi: i dati del CDC (Center for Disease Control) mostrano che i casi di AIDS negli ultimi anni sono calati notevolmente, e sono circa il 30% rispetto al picco degli anni 92/93. Il problema non è quindi la crescita del fenomeno, ma, per quanto paradossale e grottesco possa apparire, l’esatto contrario, la sua eventuale scomparsa. Sono ormai così imponenti gli interessi economici politici e burocratici legati al virus HIV che la sua morte prematura potrebbe sconvolgere parecchi equilibri:

- 100.000 ricercatori e medici, in buona parte americani, hanno carriere e stipendi legati al virus.
- 93 miliardi di US$ (oltre 200.000 miliardi di lire) sono stati stanziati fino ad oggi nei soli Stati Uniti per le ricerche sull’AIDS.
- più di 1000 associazioni raccolgono in totale migliaia di miliardi di lire all’anno per aiutare i malati di AIDS.
- alcune decine di migliaia di miliardi di lire all’anno impinguano i bilanci delle multinazionali del farmaco con la vendita dei farmaci "salvavita" antiretrovirali e dei test HIV (ELISA, Western Blot, Viral Load)
- organismi come USAID (U.S. Agency International Development) UNAIDS (United Nations AIDS program), WHO (World Health Organization), ricevono stanziamenti annuali di migliaia di miliardi di lire per combattere l’AIDS. L’ONU ha appena chiesto uno stanziamento di 20.000 miliardi di lire per affrontare l’emergenza.

C’è da credere che tale virus sarà tenuto in vita artificialmente per parecchio tempo. C’è anche da credere che la successione temporale tra la lettera del Presidente Mbeki e l’annuncio della Casa Bianca non sia pienamente casuale.


Terapie antiretrovirali.

Il DHHS (U.S.A. Department of Health and Human Services) ha dal 5 Febbraio 2001 modificato le direttive sanitarie relative all'utilizzo dei farmaci antiretrovirali (Guidelines for the Use of Antiretroviral Agents in HIV-Infected Adults and Adolescents), affermando che forse non è il caso di utilizzarli su pazienti asintomatici non essendo chiaro se i "vantaggi" bilanciano gli effetti tossici. Ha con ciò abbandonato una filosofia terapeutica in auge dal 1987, anno in cui la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l'utilizzo dell'AZT, filosofia riassunta nelle parole "hit hard and hit early" (colpisci duro e colpisci presto) sulla base della quale persone positive-al-test assolutamente sane, sono state messe in cura con terapie a base di farmaci allungavita: spesso la morte è sopravvenuta nel giro di pochi mesi. I nuovi indirizzi prevedono che la terapia venga prescritta al presentarsi di qualche segno della malattia e non per la sola condizione di sieropositività. Con ciò si ammette che il sieropositivo non è più un malato e non corre alcun rischio. Si deve considerare che il primo test HIV è stato introdotto nel 1984 ed in quell'anno sono comparsi i primi sieropositivi destinati ad ammalarsi, si diceva allora, entro 1-2 anni. Col passare degli anni, e dell'invecchiamento in salute di sieropositivi che hanno scelto di non assumere farmaci antiretrovirali e la cui vita si è "allungata spontaneamente", il periodo di latenza si è dovuto estendere inesorabilmente ed è adesso stimato in decine di anni. Esemplare è la storia di Christine Maggiore positiva-al-test asintomatica dal 1992 quando i risultati di un test le cambiarono, giovanissima, la vita. Superato il trauma della sentenza "da 5 a 7 anni di vita, trattamento con AZT da subito", ha iniziato la sua personale via crucis tra un medico e l'altro, finchè dopo circa un anno l'incontro con la dissidenza l'ha condotta fuori dall'incubo. Da quel momento, sfuggita al sistema sanitario, ha dedicato la sua vita alla causa: con altri positivi-al-test come lei ha fondato un'associazione "Alive and Well" (vivi e vegeti) che ha lo scopo di fornire informazioni a quelli che devono, come lei ha fatto, fare una scelta. Ha realizzato un sito, ha scritto un libro, ha incontrato un uomo che ama, hanno avuto un bambino che ora ha 5 anni. È sempre positiva-al-test. La sua vita valeva per Big Pharma alcune decine di migliaia di dollari.


AZT.

L’AZT (Azidotimidina, Zidovudina, Retrovir) fu messo a punto nel 1964 da un ricercatore della Cancer Foundation di Detroit, Jerome Horwitz . E’ una forma alterata della Timina, uno dei quattro nucleotidi che costituiscono i filamenti del nostro DNA. A differenza della Timina ha un solo legame per cui sostituendosi al nucleotide originale impedisce l’aggiunta di ulteriori nucleotidi al filamento in formazione interrompendo il processo di duplicazione del DNA. Quindi l’AZT, impedendo alla cellula di copiare il proprio DNA ne blocca il processo di duplicazione, e impedisce così la formazione di nuove cellule. L’AZT non fa differenza tra cellule sane, cancerose o virus. Per cui se da una parte può arrestare la duplicazione di quelle malate o dei virus, dall’altra blocca tutti i processi vitali devastando l’organismo. La sostanza si rivelò talmente tossica (letale) che Horwitz neanchè ne chiese il brevetto, e archiviò la documentazione. L’AZT usci dalla polvere nel 1986 e fu approvato dalla FDA nel 1987, dopo una sperimentazione truffa (Vedi Poison by Prescription: The AZT Story – John Lauritsen). Tra le conseguenza della somministrazione di AZT ci sono: distruzione del sistema immunitario, distruzione del midollo osseo, distruzione dei tessuti e della flora batterica intestinale, atrofia dei muscoli, danni al fegato al pancreas alla pelle al sistema nervoso, linfoma. Della categoria degli pseudo nucleotidi fanno parte oltre all’AZT i successivi 3TC (Epivir), D4T (Zerit), ddC (Hivid), ddI (Videx) e ABC (Ziagen): il loro funzionamento è analogo, così come le conseguenze. A partire dal 1996 all’utilizzo di un singolo farmaco si è sostituito un "cocktail" di farmaci (HAART – Highly Active Antiretroviral Therapy) unendo agli pseudo nucleotidi gli inibitori della proteasi, un enzima necessario alla separazione di segmenti proteici. In tal modo, ancora una volta si impediscono delle attività biologiche necessarie sia alla formazione di nuove copie dei virus che al corretto funzionamento delle nostre cellule, con effetti tossici devastanti. Fortunatamente i dosaggi delle sostanze antiretrovirali sono stati alleggeriti nel corso degli anni, e la somministrazione che era continuativa nei primi anni è oggi a cicli: questo ha ridotto fortemente la mortalità dei soggetti trattati allontanandola da una percentuale che è stata prossima al 100% per parecchi anni.


Il virus che non è un virus.

Il virus HIV a voler esser precisi non è un virus ma un retrovirus. La differenza è che i virus contengono DNA mentre i retrovirus contengono RNA: questo è un codice di servizio utilizzato dai processi cellulari per trasferire informazioni dal nucleo, dove risiede il DNA, ai ribosomi, dove si assemblano proteine.

I retrovirus sono andati di moda negli anni 70/80 e ne sono stati individuati ed isolati circa 200, tutti assolutamente innocui. Tutti meno quello HIV che oltre ad essere assolutamente terribile è anche l’unico mai isolato. Successive ricerche hanno confutato l’esistenza stessa dei retrovirus: le strutture biochimiche ed i processi enzimatici che avevano giustificato tale "scoperta" sono risultati appartenere alla cellula e non al presunto ospite. Ma dimentichiamo per un pò la nostra precisazione.

Si sa che i virus vengono combattuti dal sistema immunitario. Si sa che sono gli anticorpi ad identificare ed eliminare il virus, e si sa che solo gli anticorpi che hanno già ottenuto dei successi sul virus cominciano a duplicarsi incessantemente per costituire truppe specializzate sufficientemente numerose per affrontare ed eliminare il nemico. Si sa quindi che la presenza di anticorpi attesta la vittoria del sistema immunitario ed il superamento della malattia. Questo è vero sempre, meno che per l’HIV.

Si sa che all’infezione segue l’incubazione, durante la quale il virus si moltiplica rapidamente, fin quando la sua concentrazione porta al manifestarsi della malattia e all’attivazione del sistema immunitario: la prima battaglia è quella più difficile perché il nemico si presenta in forze avendo potuto, ancora sconosciuto, moltiplicarsi indisturbato. Dopo la prima sconfitta il virus può rimanere latente, guardato a vista, ed eventuali successivi scontri si risolvono rapidamente a favore del sistema immunitario: se c’è una battaglia che il virus può vincere questa è la prima, come l’esperienza insegna. Questo è vero sempre, meno che per l’HIV: in questo caso il virus viene sconfitto immediatamente dal sistema immunitario senza neanche mostrare segni della propria presenza, diventa latente per un tempo che può essere biblico, e si risveglia poi con conseguenze nefaste senza che il sistema immunitario possa opporre la benchè minima resistenza. Per spiegare questa sua particolare attitudine è stato definito un "lentivirus".

Lo si è anche definito "elusivo" e "mutante" per spiegare la sua capacità di non farsi individuare dagli scienziati o eliminare dagli pseudo nucleotidi (AZT). Poi vista questa sua supposta capacità si è potuto suggerire di utilizzare l’azione combinata di più farmaci (il cocktail HAART) con vantaggi evidenti per le case farmaceutiche che invece di farsi concorrenza possono spartirsi una torta ancora più grande.

Il vaccino è una forma indebolita del virus di cui mantiene le sembianze ma non l’intraprendenza: è insomma una specie di identikit che si fornisce al sistema immunitario per consentirgli di selezionare e allertare i suoi anticorpi migliori, quelli capaci di combattere con successo quel virus. Se mai il virus si presenta il sistema immunitario è già pronto e può agire rapidamente evitando l’insorgere della malattia. Il male viene combattuto comunque dagli anticorpi, non dal vaccino che serve solo per predisporre gli anticorpi giusti. Secondo la tesi ufficiale, tutti i soggetti infettati dall’HIV sviluppano spontaneamente gli anticorpi entro 2-4 settimane dall’infezione, tant’è che il test rileva proprio la presenza di tali anticorpi. A cosa potrà mai servire un vaccino per l’HIV è uno dei più grandi misteri della storia dell’umanità. Se poi consideriamo che questo virus è mutante il mistero si infittisce: quale identikit verrà fornito al sistema immunitario? Se poi ci ricordiamo che il virus HIV non è mai stato isolato allora possiamo solo pensare al miracolo: l’identikit di una entità che nessuno ha mai visto.






--------------------------------------------------------------------------------
Per avere maggiori informazioni sugli argomenti trattati e sui documenti ufficiali si invita a visitare il sito www.ilvirusinventato.it, dal quale è stato tratto l’articolo.

Per sapere di più sulla teoria del Prof. Peter Duesberg: -ERESIA E CENSURA NELLA SCIENZA: IL CASO AIDS-, di Massimiliano Bucchi dell’Università di Trento.

visto su: www.pointovu.com
LiviaGloria
00martedì 2 giugno 2009 13:12
LiviaGloria
00martedì 2 giugno 2009 13:14
www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article...


Aids, l'Onu si arrende alla Chiesa
di Riccardo Cascioli

Il fallimento della “politica del preservativo” spinge le agenzie internazionali a guardare ai successi delle organizzazioni cattoliche, basati sulla presenza e sull’educazione. Il caso dell’Uganda.

[Da «il Timone» n. 35 - anno VI - Luglio/Agosto 2004]

«La Chiesa cattolica e la Caritas sono risorse chiave a livello dei singoli Paesi. Quindi per favore contattate e cercate una collaborazione attiva con loro attraverso le Conferenze episcopali cattoliche e gli uffici nazionali della Caritas, e facilitate il loro inserimento negli appropriati progetti di cooperazione nel Paese». Questo ordine è stato impartito ai coordinaton nazionali dell’UNAIDS (l’agenzia dell’Onu che si occupa di lotta all’Aids) da parte del Direttore del Country & Regional Support Department, Michel Sidibe. La data del memorandum è il 31 marzo 2004 e rappresenta una svolta nell’atteggiamento dell’agenzia dell’Onu.

Finora, infatti, da UNAIDS e da altre agenzie internazionali erano venute solo velenose polemiche contro la Chiesa cattolica, accusata essenzialmente di ostacolare l’uso dei preservativi come forma di prevenzione dell’Aids. Addirittura quando nell’autunno scorso ii cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, affermò alla BBC che il preservativo è permeabile al virus Hiv chiedendo che ciò venisse scritto su tutte le confezioni di profilattici (come si usa per le sigarette), fu oggetto di un linciaggio mediatico senza precedenti.

UNAIDS ora invece riconosce in questa lettera che «la Chiesa cattolica è responsabile del 26% di tutti i servizi sanitari nel mondo» e che in 38 Paesi in via di Sviluppo (che vengono tutti elencati nel memorandum) ha in corso importanti programmi per la prevenzione e cura dell’Aids. Non si fa ancora marcia indietro sul preservativo, ma indirettamente si riconosce che questa forma di prevenzione — l’unica sostenuta a livello di agenzie internazionali — non dà i risultati previsti. In realtà, alcuni ricercatori si spingono più in là. Edward Green, scienziato di forrnazione liberale dell’Harvard’s Center for Population and Development Studies, nel 2002 affermava in uno studio che «dopo 20 anni di pandemia non c’è al cuna evidenza che piü preservativi portino a meno Aids». E nel 2003 lo stesso Green ha pubblicato un libro dal titolo significativo - Rethinking AIDS Prevention (Ripensare la prevenzione dell’Aids), Greenwood Press — in cui, partendo dall’esperienza sul campo e dai dati raccolti, sostiene che l’unico approccio che risulta efficace nella prevenzione deIl’Aids è quello basato sull’educazione all’astinenza e alla fedeltà coniugale. Insomma, ciò che la Chiesa cattolica ha sempre fatto e che anche l’arnministrazione Bush sta ora cercando di fare sostenendo le organizzazioni religiose che operano nei Paesi in via di Sviluppo. Per inciso, vale la pena ricordare che ii 24 maggio scorso proprio a Edward Green è stato assegnato l’importante Premio Philly Bongole Lutaaya per il suo lavoro sull’Aids in Africa.

Il caso che meglio spiega queste posizioni é quello dell’Uganda, l’unico Paese dove ci sia stata una reale diminuzione nel tasso di infezioni da HIV: secondo i dati offerti da uno studio di USAID (l’agenzia per lo sviluppo internazionale che fa capo al governo americano) c’è stata una riduzione del 75% nel gruppo di età tra i 15 e i 19 anni, del 60% tra i 20 e i 24 e del 54% nel suo complesso. E questo perché è stato ridotto del 65% ii sesso con partner casuali, grazie all’azione del governo che ha puntato soprattutto sull’educazione all’astinenza e alla fedeltà coniugale, nconoscendo al contempo il lavoro di chi già sul campo lavorava in questa direzione. Al contrario, l’arcivescovo di Nairobi, Raphael Ndingi Nzeki, ha denunciato che negli altri Paesi «l’Aids è cresciuto cosìI rapidamente a causa della disponibilità dei preservativi». Non sembn un’affermazione provocatoria: il 29 gennaio 2000 la rivista scientifica The Lancet, a proposito dell’incentivo alI’uso dei profilattici, avvertiva del pericolo di "una falsa percezione di protezione" che "induce ad aumentare i comportamenti a rischio".

E lecito a questo punto porsi una domanda: come è accaduto che la Chiesa avesse ragione mentre a livello internazionale c’e stato un abbaglio collettivo? Sostanzialmente perché mentre le agenzie Onu si sono sempre mosse sulla base di schemi ideologici, la Chiesa è presenza, la Chiesa vive il metodo della condivisione. Giuliano Rizzardini, primario di malattie infettive all’ospedale di Busto Arsizio ma con una lunga esperienza in Africa nella lotta all’Aids e consulente della Santa Sede, spiega che «la presenza permette di cogliere i reali bisogni, di creare un contesto educativo che solo permette a prevenzione e terapie di essere efficaci, di inventare modalità di intervento, di essere credibili e autorevoli nel suggerire soluzioni». Non sono parole, é un fatto, corroborato da alcuni dati: le organizzazioni cattoliche che in tutto il mondo lavorano a vario titolo per la salute sonc 110.954 e gestiscono 6.038 ospedali, 17.189 dispensari, 799 lebbrosari, 13.238 case di cura per anziani e cronici, 64.979 centri di riabilitazione, counselling, assistenza pediatnca. E nell’Uganda diventata esempio per il resto del mondo in fatto di lotta all’Aids la sanità gestita dalla Chiesa cattolica — secondo le cifre fornite dal Journal of Medicine and the Person — conta 27 ospedali (un quarto del totale) 220 unità sanitarie di primo livello e le scuole infermieri, mantenendo “un ruolo decisivo neIl’erogazione sia dei servizi di base che di alta specializzazione traman dando un prezioso ethos professionale una cultura di servizio”.

Una seconda questione importante è nella specificità di questa presenza della Chiesa: essa, infatti, nell’offrire un servizio, punta all’eclucazione della persona. I governi occidentali e le agenzie internazionali pensano che basti rendere disponibili le medicine per avere terapie di successo, e invece questo non basta. Ancora l’esperienza del dottor Rizzardini: «Le terapie hanno successo soltanto se sono inserite in un contesto educativo». Vale a dire che l’astinenza e la fedeltà coniugale, ad esempio, non sono imposizioni di morale o di igiene, ma — come nel caso dell’Uganda — sono inserite nella prospettiva di un’educazione aIl’affettività, alla responsabilità personale e al rispetto verso gli altri.
Non dobbiamo pensare che le agenzie Onu abbiano già imparato la lezione, ma la svolta dell’UNAIDS indica almeno che un primo passo nella giusta direzione è stato fatto.

Ricorda

“La vera educazione deve promuovere la formazlone della persona umana sia in vista del suo fine ultimo sia per il bene delle varie socletà, di cuii l’uomo è membro ed in cui, divenuto adulto, avrà misslonl da svolgere”. (Gravissimum Educatlonis, Dichiarazione conciliare sulI’educazione cristiana, 28 ottobre 1965, n. 1°).

Bibliografia

Angelo Scola, La Buona Salute e i luoghi della cura, Cantagalli 2002.
Gina Bramucci, Avsi e HIV/AIDS, pamphlet ordinabile solo via Internet scrlvendo a milano@avsi.org

© il Timone
LiviaGloria
00martedì 2 giugno 2009 13:18
Pubblicato su Tempi n.41 del 6 ottobre 2005

Il consumo di condom cresce in maniera esponenziale, ma il "palloncino" è tutt'altro che sicuro

di Tempi




l Piano presidenziale di emergenza per il soccorso Aids (Pepfar) di George W. Bush che prevede spese per 15 miliardi di dollari su 5 anni è stato criticato, fra le altre cose, perché riserverebbe circa 1 miliardo di dollari a programmi di "educazione all'astinenza". Soldi sottratti ai progetti che debitamente includono la diffusione dei profilattici, è stato detto. «I fautori del condom non sono mai soddisfatti: i finanziamenti pubblici ai loro programmi sono superiori a quelli destinati all'educazione all'astinenza in un rapporto di 12 a 1!», hanno replicato i dirigenti di Abstinence Clearinghouse, la Ong americana che promuove l'astinenza sessuale. Effettivamente, il business del condom non ha conosciuto battute d'arresto nell'ultimo ventennio, sospinto dai diffusi timori di contagio per via sessuale di Aids e altre malattie e dalle politiche di sanità pubblica che ne hanno promosso la diffusione nei paesi industrializzati e in quelli poveri. Secondo alcune statistiche, nel 2002 il consumo mondiale aveva già toccato e superato i 10 miliardi di pezzi all'anno. Nell'Africa sub-sahariana, grazie al cosiddetto marketing sociale, il consumo è passato da meno di un milione all'anno a 167 milioni fra il 1988 e il 1995. Il grande successo non è esente da critiche. Nel 2002 Consumers International, gruppo per la tutela dei consumatori, avvertiva che gli standard qualitativi prevalenti non garantivano alti livelli di sicurezza e che «un milione di persone al giorno saranno esposte a malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate se non saranno portati miglioramenti alla sicurezza dei condom». La discussione è ancora aperta.
LiviaGloria
00martedì 2 giugno 2009 13:30
www.kattoliko.it Aids: il preservativo non preserva

di J.P.M. Lelkens

Documentazione di una truffa

[Da "Studi cattolici" n. 405, novembre 1994]

Nello sconcerto causato dall’imperversare dell’epidemia di Aids i corifei della «libertà sessuale» si aggrappano al preservativo come ultima ancora di salvezza per salvare la loro ideologia dal naufragio. «I preservativi vi augurano buone vacanze», si leggeva quest’estate su parecchi cartelloni pubblicitari giganteggianti negli angoli d’Europa. Allo stesso tempo, con un’insistenza crescente, si ritorce la colpa dell’epidemia su chi, come il Magistero cattolico, non è disposto a raccomandare l’uso di questo mezzo profilattico, la cui diffusione è un’ulteriore spinta verso la degradazione della sessualità. Ma questo articolo del prof. Joannes P.M. Lelkens, emerito di anestesiologia all’Università di Maastricht e attualmente docente di fisiologia all’Istituto «Medo» di Kerkrade (Paesi Bassi) per la famiglia e l’educazione e membro del direttivo della fondazione «Medische Ethiek», mostra il volto sconosciuto di una campagna mondiale che, dietro gli enormi interessi economici in gioco, nasconde gravi limiti scientifici, in conseguenza dei quali il «magico» preservativo si rivelerebbe come la più grande bufala del secolo.
Ci scusiamo con i lettori per la crudezza di certi dettagli, ma, per smontare un mito, a volte non c’è altro mezzo che il nudo realismo.

Il governo olandese promuove fin dal 1987 campagne pubblicitarie intese a raccomandare ai giovani il «sesso sicuro», cioè l’uso del preservativo. A prescindere dalla valutazione morale che merita un govemo che si comporta così, è legittimo il sospetto che questo nmedio sia piuttosto un veicolo del contagio che un profilattico.
Come «sesso sicuro», oggigiomo, s’intendono gli atti sessuali compiuti in modo da impedire che diano luogo alla trasmissione dello Hiv (Human Immunodeficiency Virus), un virus che provoca l’Aids. L’Aids a sua volta non è propriamente una malattia, ma, come dice il nome (Acquired Immune Deficiency Syndrome) una sindrome. La vera malatti è l’infezione da Hiv, di cui l’Aids costituisce lo stadio finale. Chi ne è affetto ne resta per tutta la vita portatore; e risulta sempre più confermato che nella grande maggioranza dei casi questa infezione è mortale (la ricerca attualmente colloca la percentuale di mortalità accertata attomo all'80%). Pertanto i sieropositivi, cioè coloro nel cui sangue un apposito test rivela l’esistenza dello Hiv, anche se non mostrano ancora sintomi della malattia, non si possono dire «portatori sani»: sono «morituri», e rappresentano per giunta un pericolo mortale per i loro partner sessuali.
Adesso che in Olanda, oltre alla Commissione Nazionale Aids, sempre più organizzazioni, alcune addirittura cattoliche, si mettono a far propaganda del preservativo come toccasana per evitare l’infezione da Hiv, è urgente porsi la questione: «Il preservativo perde o non perde? E se perde, che cos’è che lascia o non lascia passare?». Sia chiaro che è una questione di vitale importanza quando ci sono di mezzo malattie veneree come un’infezione da Hiv, contro la quale in dodici anni di ricerca non è stata trovata alcuna terapia, e che, lungi dall’essere un pericolo esciusivo per gli omosessuali, ormai si diffonde rapidamente anche tra gli eterosessuali e fa sempre più vittime tra donne e bambini.
Fino al 1960 il preservativo veniva usato come il più importante anticoncezionale, accanto al «coitus interruptus», ma nel 1960 fu soppiantato dalla «pillola», grazie a una propaganda massiccia che strombazzò a dritta e a manca l’inaffidabilità del preservativo. Una propaganda tutt’altro che infondata, dal momento che la letteratura denuncia una probabilità di insuccesso dal 9% al 14%. Il che è come dire che su 100 coppie che per un anno come anticoncezionale usano esciusivamente il preservativo, circa 12 donne rimangono incinte. A proposito di questi «insuccessi», però, bisogna tener conto del fatto che anche senza preservativo la probabilità di contrarre gravidanza non è del 100%, ma dell’89%. Quindi 89 gravidanze su 100 coppie in un anno. Il rapporto 0,12/0,89 (=0,13) indica pertanto una probabilità di insuccesso del 13%, o, in altre parole, un’efficacia dell’87% nella prevenzione della gravidanza per mezzo di preservativi (1). E il 13% è una percentuale di insuccesso molto alta, se si tiene conto del fatto che una donna è feconda soltanto da 3 a 6 giorni a! mese (da 36 a 72 giorni all’anno), il che è come dire: dal 10% al 20% del tempo. Per quanto sia difficile immaginarselo, il preservativo è permeabile agli spermatozoi.

La «cortina di gomma»

Eppure — incredibile ma vero! — negli anni Ottanta, infierendo già l’epidemia di Aids, il preservativo tapino e vilipeso si vide proclamato rimedio per antonomasia contro la diffusione del virus; grazie a lui il sesso da allora in poi poteva dirsi «safe». Grande fu lo stupore e la preoccupazione degli «insiders», perché sapevano bene che il virus dell’Aids e più piccolo degli spermatozoi, e pertanto capace di superare ancor più facilmente la «cortina di gomma». Ma grande fu pure il sollievo di chi aveva temuto che l’Aids avrebbe messo il punto finale alla conquistata libertà sessuale e che adesso si sentiva dire, addirittura da fonti governative, che i preservativi sono sicuri. Giacché è questo che ci insegnano oggi in Olanda manifesti e spot televisivi: «Faccio l’amore sicuro o non lo faccio per niente», strategicamente piazzati dalla Fondazione «Affezioni a trasmissione sessuale» (Soa, «Sexueel Overdraagbare Aandoeningen») sovvenzionata dallo Stato. Il messaggio è chiaro: si fa vedere un uorno, impegnato in un atto sessuale, con in mano un pacchetto di preservativi che, stando al testo, dovrebbero offrire una difesa sicura contro la trasmissione dello Hiv.
A parte l’offesa che questa pubblicità comporta per alcuni settori della popolazione, viene da domandarsi se con l’illusione di diffondere un consiglio salutare non si stiano sperperando soldi dello Stato in una propaganda dagli effetti micidiali.
Nel frattempo in altri Paesi non si dà tanto per scontata la sicurezza dei preservativi. La Federal Drugs Administration (Fda), per esempio, l'ente che negli Stati Uniti controlla i medicinali, nota che il preservativo di gomma può fare qualcosa per prevenire le malattie veneree, ma non elimina il rischio (2).
Il contatto diretto con sperma infetto è la causa principale della trasmissione per via sessuale del virus dell’Aids. In una eiaculazione vengono emessi circa 3,5 milliuitri di sperma, e il liquido seminale di un uomo sieropositivo contiene più o meno 100.000 particelle di virus per microlitro (0,001 millilitri). Una caratteristica dei virus è proprio la loro dimensione incredibilmente ridotta. Al microscopio elettronico si è potuto costatare che ii virus Hiv è una pallina del diametro di appena 100 nm (nanometri), cioè 0,1 micron (1 micron = 0,001 mm e 1 nanometro è un miliardesimo di metro). Ciò significa che il diametro della parte più grossa dello spermatozoo, la testa, che è di 3 micron, è trenta volte più grande dello Hiv (3). Il che è come dire che, se lo spermatozoo ce la fa a oltrepassare la parete del preservativo, il transito è trenta volte più comodo per il virus. «Sì, però... i preservativi, non vengono testati?». Certo; e in Olanda si continua a pensare — ci credono pure il govemo e la Commissione Nazionale Aids — che si possa star sicuri di come vengono controllati prima di essere messi in vendita. Che siano impermeabili — si dice — basterebbe a dimostrarlo il fatto che non lasciano passare nemmeno una molecola d’acqua: «Figuriamoci se passa uno Hiv!».
Ma siamo proprio tanto sicuri che i preservativi non presentino pori abbastanza larghi (più di un 0,1 micron) da lasciar passare lo Hiv, e allo stesso tempo abbastanza piccoli da sfuggire al controllo dei test? Per rispondere a questa domanda la bibliografia medica ci aiuta poco. Dobbiamo rivolgerci ai manuali e alle nviste dell’industria della gomma.
La permeabilità dei preservativi viene valutata con il cosiddetto «test di permeabilità», noto con la sigla Astm D 3492-89. Questo test è basato sullo standard originale Astm, consistente nella percezione visiva di perdite (gocce d’acqua) su un preservativo appeso e riempito con 300 ml di acqua; altro elemento del test è il metodo, usato dalla Fda, di far rototare il preservativo su carta, in modo da scoprire più facilmente gocce d’acqua fuoriuscite. Se più dello 0,4% (4 per mille) della partita di preservativi esaminata mostra delle perdite, si scarta tutta la partita. È noto l’esito di un esperimento che fu fatto per scoprire se fosse possibile che, nonostante questa prova, piccole perdite passassero inosservate. Furono aperti, con l’aiuto di un microscopio elettronico, dei forellini di 1 micron in preservativi nuovi, di marche diverse, che avevano già superato il test (4). Di questi preservativi, con forellini dieci voile più grandi dello Hiv, il 90% (!) superò un secondo test, cioè non mostrò alcuna perdita di acqua.
In un altro esperimento vennero introdotte, in preservativi che avevano superato il test di permeabilità, microsfere fluorescenti di polistirene del diametro di 0,1 micron, cioè dello stesso diametro dello Hiv (5). Una volta riempiti, questi preservativi vennero esposti a variazioni fisiologiche di pressione, analoghe a quelle che si verificano durante un coito; dopodiché vennero contate le microsfere fuoriuscite. Risultò che un terzo di questi preservativi, pur testati e approvati, mostrava perdite di liquido di un volume tra gli 0,4 e gli 1,6 nanolitri. Si noti che la quantità di liquido minima percepibile a occhio nudo è di 1 microlitro (1 milionesimo di litro, pari a 1000 nanolitri). Il che è come dire che, se questo microlitro di liquido fosse di sperma di un uomo infetto da Hiv, ben centomila particelle di virus sfuggirebbero alla nostra osservazione. E questa è proprio la quantità media di particelle di virus che presenta per microlitro lo sperma infetto. Supponiamo che un coito duri in media 2 minuti, con un preservativo che perde 1 nanolitro per secondo. Il calcolo (1/1000 x 100.000 x 120) ci dà un prodotto pari a 12.000 virus che attaccano il partner, quando uno solo basta a infettarlo. Se, per ipotesi, un coito durasse 30 minuti arriveremmo a (15 x 12.000 =) 180.000 particelle.

Il test elettrico

A quanto pare dunque il test di permeabilità in uso per i preservativi non è abbastanza sensibile da rintracciare quei pori minimi che bastano a far passare i virus. L’apertura minima percepibile con il test di permeabilità è tra i 10 e i 12 micron, quindi cento volte piü grande del virus Hiv. Oltre al test di permeabilità ne esiste un altro, anch’esso di uso frequente: è un test elettrico, basato sulle capacità isolanti della gomma. Un preservativo viene infilato su una forma di metallo. Se gli viene avvicinato un elettrodo, dovrebbe passare corrente elettrica per quei punti in cui il preservativo presenta dei fori. Ma soltanto se ci sono aperture di una certa grandezza la resistenza non impedisce che si formi questa corrente; il che è escluso nel caso dei micropori. Anche questo test non è abbastanza sensibile e non serve quindi a rintracciare fori piccolissimi.
Costatato che i test in uso non riescono a scoprire aperture inferiori a 10 micron di larghezza, è importante studiare la natura di questi fori che si possono osservare nei preservativi e vedere se siano difetti inerenti al materiale usato, il latice. I preservativi di latice dell’albero della gomma hanno infatti da lungo tempo soppiantato quelli, piü cari, di intestino animale. È possibile produrli anche in gomma sintetica; ma non accade di frequente, perché la minore elasticità e altre caratteristiche li rendono meno attraenti per il consumatore.
La fabbricazione di preservativi di latice di gomma è abbastanza semplice. Si immerge una forma cilindrica di vetro in un serbatoio di latice liquido, che è una sospensione di particelle di gomma con un diametro variabile tra gli 0,1 e i 5 micron. Lo spessore dello strato di gomma che aderisce alla forma è determinato dalle sostanze solide contenute nella soluzione e dal tempo di immersione (generalmente si compiono due immersioni successive). Poi la forma viene tirata fuori e asciugata e vulcanizzata. La vulcanizzazione è un procedimento chimico durante il quale il latice di gomma, con l’aggiunta di zolfo e additivi minerali in soluzione, viene sottoposto a una temperatura di circa 140 °C per quattro o cinque ore. Da termoplastica la gomma diventa così elastica; la sua capacità di trazione aumenta e migliora la resistenza al calore. Successivamente il materiale viene lisciviato, in modo da eliminare sostanze idrosolubili. Alla fine il preservativo viene sfilato dalla forma. In pratica attualmente abbiamo fabbriche pressoché interamente automatizzate che immergono allo stesso tempo moltissime forme in enormi contenitori pieni di latice.
L’integrità strutturale del materiale di latice dipende dalla formazione di una pellicola di particelle di gomma saldate fra loro. Il materiale deve soddisfare a requisiti severissimi, se si vuole che formi una barriera per i virus, che sono incredibilmente piccoli. È possibile che talora la saldatura delle particelle di gomma sia impedita dalla presenza di sostanze idrosolubili, dando luogo, dope la lisciviatura, a strutture capillari. Per quanto l’intenzione dei produttori sia che queste strutture capillari dopo l’asciugatura della pehhicola si saldino tra loro, l’osservazione al microscopio elettronico dimostra che di fatto la pellicola continua a presentare, alla fine del processo, una grande quantità di pori.
Descrivendo questa ricerca in un articolo nella rivista specializzata Rubber World del 1993 (6), C.M. Roland, Capo della sezione «Proprietà dei polimeri» del Naval Research Laboratory di Washington, scrive: «Sulla superficie del preservativo la struttura onginale appare al microscopio come un insieme di crateri e pori. I crateri hanno un diametro di circa 15 micron e sono profondi 30 micron. Più importante per la trasmissione dei virus è la scoperta di canali del diametro medio di 5 micron, che trapassano la parete da parte a parte. Ciò significa un collegamento diretto tra l’interno e l’esterno del preservativo attraverso un condotto grande 50 voile il virus».
Questa scoperta portö Roland a scrivere una lettera allo Washington Post (7), nella quale raccomandava, come profilassi contro lo Hiv, di usare due preservatiVi, l’uno sopra l’altro.

La legge di Poisseulle

Alla luce della scoperta di questi canali fatta da Roland si può anche capire meglio perché mai questo test di permeabilità non sia affidabile. Infatti il test di permeabilità ha per oggetto il flusso di una certa quantità di liquido che, nel caso del preservativo, scorre attraverso un tubo breve e molto stretto. La legge di Poisseulle dice che la quantità «q» di liquido che fuoriesce è direttamente proporzionale alla quarta potenza del raggio «r» del tubo.
Se la differenza di pressione tra le estremità del tubo nmane uguale, come pure la viscosità del liquido e la lunghezza del tubo, è chiaro che se il tubo si restringe (=diminuzione del raggio «r») la sensibilità del test (=la quantità di liquido «q») diminuisce rapidissimamente (alla quarta potenza di «r») in tubetti dalle misure capillari, che cioè raggiungono rapidamente valori minori di 1 microlitro, che e il limite della percepibilità visiva. L’applicazione del test di permeabilità ai preservativi si fonda sulla supposizione erronea che preservativi che non lasciano passare l’acqua — per lo meno non in quantità visibili — impediranno anche il passaggio dello Hiv, dal momento che le molecole d’acqua sono più piccole del virus.
Il test di permeabilità, come lo si applica attualmente, riesce a rintracciare soltanto quelle perdite e rotture che sono così grandi che l’acqua fuoriuscitane è visibile a occhio nudo. A quanto pare l’hanno già capito i Centers for Disease Control (Cdc) americani, che hanno commissionato all’Università di Atlanta lo studio di un nuovo test per i preservativi. I canaletti individuati nelle pareti di preservativi e guanti di gomma sono vasi capillari; e nel passaggio di liquidi nei vasi capillari non agisce solo la pressione idrostatica, ma anche la tensione superficiale. Se si usano mezzi che riducono questa tensione superficiale, la permeabilità non farà che aumentare. È quello che succede quando i preservativi vengono bagnati con lubrificanti e spermicidi, che spesso sono composti di oli e grassi. Ecco perché alcuni produttori di preservativi raccomandano di usare per questo trattamento solo prodotti a base di acqua. Si sente talora obiettare che il virus Hiv non circola libero nello sperma ma si trattiene nei globuli bianchi (cellule «helper» Cd4); tutto dipenderebbe allora dalla risposta alla questione se queste cellule o linfociti, che sono piü grandi del virus, possano o no oltrepassare la parete del preservativo. La risposta è duplice. In primo luogo è vero che i virus contenuti nello sperma si trovano per lo più, come avviene pure nel sangue, rinchiusi in questi linfociti e non negli spermatozoi; ma solo per un tempo limitato. A un certo momento, infatti, le cellule ospitanti scoppiano e i virus si diffondono nel liquido seminale. In secondo luogo le cellule helper Cd4 sono fatte in modo tale da poter raggiungere qualsiasi punto del corpo, come i globuli rossi. Il loro diametro varia da 5 a 20 micron e possono quindi essere più grandi del diametro dei canaletti individuati in preservativi e guanti. Ma sono deformabili e possono passare pertanto attraverso le ramificazioni più sottili del sistema circolatorio, cioè vasi di diametro tra i 5 e i 10 micron; tali condizioni possono benissimo verificarsi pure nei preservativi.
Sara bene tener presente che tutte queste ricerche sono state eseguite su guanti e preservativi di recente fabbricazione, senza tener conto dello scadimento di qualità che sopravviene col passare del tempo. Per esempio la possibilità di lacerazioni aumenta dal 3,6% per i preservativi nuovi al 18,6% per i preservativi che hanno già un po’ di anni (8), e aumenta pure in ragione dell’aumento della temperatura ambientale; sbaglia pertanto chi pensa di combattere l’Aids in Africa stimolando l’uso del preservativo, dato che in molti Paesi di questo continente funestato dall’epidemia il clima è molto caldo.
Com’è la situazione di fatto? Questi risultati di ricerche di laboratorio trovano riscontro nel fallimento della prevenzione dell’Aids? Su questo argomento sono già state pubblicate molte statistiche e segnalate percentuali di insuccesso. Ma la maniera migliore per testare nella realtà la sicurezza offerta dai preservativi è lo studio della frequenza della trasmissione del virus tra coppie eterosessuali Hiv-discordi, cioè le coppie di marito e moglie nelle quali uno solo dei due è sieropositivo.

Una probabilità del 30%

Una sola ncerca (9) è stata fatta partendo da questo requisito e allo stesso tempo soddisfacendo alle condizioni che la sieropositività fosse stata costatata in base all’esame del sangue (test Elisa e Western Blot) e che i preservativi si usassero regolarmente nel corso di un anno. Furono esclusi dall’esperimento soggetti che si drogavano per via endovenosa e soggetti che avevano subito trasfusioni di sangue. I risultati hanno dimostrato che l’uso del preservativo diminuisce del 69% la probabilità di contrarre l’infezione da Hiv. Ma nei casi in cui entravano in gioco fattori come una notevole gravità delle condizioni del paziente, la pratica del coito anale, l’essere stati affetti da malattie a trasmissione sessuale, rapporti sessuali con un gran numero di partner diversi e l’uso della «spirale», non si poteva piü parlare di una diminuzione significativa del rischio per chi usava i preservativi (10). Quindi il preservativo diminuisce la possibilità di contrarre l’infezione da Hiv, ma non la esciude affatto. Quello che rende particolarmente significativa una tale ricerca, condotta su coppie di marito e moglie Hiv-discordi, è la certezza che due coniugi che sanno chi dei due è sieropositivo, il preservativo lo useranno con regolarità, per evitare che l’altro partner venga infettato.
Sara un caso, ma la probabilità di infezione del 30% che risulta da questa ricerca coincide con l’esito della prova anteriormente descritta fatta con le microsfere fluorescenti, in cui la terza parte dei preservativi esaminati risultò permeabile per queste palline delle stesse dimensioni del virus Hiv.
Di che sicurezza gode, allora, chi segue il consiglio dello slogan olandese «Faccio l’amore sicuro o non lo faccio per niente» o obbedisce al più secco e imperativo «Mettitelo!» della campagna pubblicitaria dei nostri vicini belgi? Vediamo un po’ di pareri autorevoli.
La Dr. Helen Singer Kaplan, sessuologa e direttrice dello «Human Sexuality Program» del Medical Center della Cornell University di New York, dcrive nel suo libro The Real Truth about Women and Aids (Simon and Schuster, 1987): «Counting on condoms is flirting with death» («Contare sui preservativi è far la corte alla morte»).
La «Rivista Medica Olandese», 135 (1991), n. 41: «La pratica dimostra che c’è un grande bisogno di un mezzo che prevenga tanto lo Hiv quanto la gravidanza. Purtroppo la gente non si è ancora resa ben conto che questo mezzo non può essere il preservativo».
In una lettera di un medico del Ministero della Sanità olandese, datata 26 maggio 1993 e indirizzata a un cittadino che aveva manifestato la sua preoccupazione, si legge: «Le norme qualitative in Olanda sono esigenti. Le ricerche effettuate hanno dimostrato che la probabilità di perdite e lacerazioni è tra l’1% e il 13%. Ciò significa che il preservativo diminuisce notevolmente la possibilità di contrarre per via sessuale un’infezione da Hiv».
Un fax del 14 giugno 1993 di una fabbrica danese a un importatore olandese dice che i consumatori di preservativi possono aspettarsi nei prossimi anni «uno scadimento di qualità pari al 36%, come conseguenza dell’equiparazione delle direttive di fabbricazion in ambito Cee: i requisiti sono infatti molto meno severi in Paesi come la Spagna, il Portogallo e l’Italia che da noi».
Si potrà a questo punto obiettare che l’insuccesso del preservativo nella prevenzione della gravidanza e dell’infezione da Hiv non è dovuto esclusivamente a perdite. Ci sono infatti anche altre cause come le lacerazioni, l’uso sconsiderato, lo sfilamento, ecc. Ma con tutto ciò sarebbe irragionevole prescindere dai risultati delle ricerche sulle perdite dei preservativi, condotte da esperti nel campo della gomma. Tanto più che la pubblicazione delle loro conclusioni è prova della loro obiettività, dal momento che tali risultati non si può certo dire che depongano a favore dei prodotti della loro stessa industria. Al contrario, voci maliziose insinuano che, pubblicando questi risultati, l’industria della gomma cerchi di mettere le mani avanti per prevenire eventuali richieste di risarcimento di danni da parte di consumatori di preservativi che abbiano contratto l’infezione da Hiv.
In netto contrasto con quesste dichiarazioni e pubblicazioni, il Consiglio olandese per la pubblicità (Nederlandse Reclameraad), interpellato da un esposto che sosteneva il carattere mistificatorio e scandaloso dello slogan «Faccio l’amore sicuro o non lo faccio per niente» ha emesso l’11 agosto 1993 una decisione che suona così: «A giudizio del Consiglio la frase “faccio l’amore sicuro” non può essere intesa nel senso assoluto che questa parola ha secondo l’autore dell’esposto e secondo il “Grande vocabolario Van Dale della lingua neerlandese”. La sicurezza assoluta in pratica non esiste. [...] Nel contesto in cui viene usata, la parola “sicuro” (“veilig”) non la si può intendere altrimenti che nel senso che un preservativo offre un grado elevato di sicurezza, per cui il pericolo di infezione da virus dell’Aids viene notevolmente ridotto».
Ma a prescindere dalla presunzione del Reclameraad di ritenersi piü autorevole del Van Dale come interprete della lingua neerlandese, lo slogan contro cui si è sporto il reclamo, alla luce delle ricerche di cui abbiamo parlato, risulta essere tutt’altro che un consiglio sicuro.
Soprattutto per i giovani, che non pare si preoccupino tanto di che cosa ci sia di vero in questa millantata sicurezza, un simile consiglio può essere piuttosto uno stimolo a «provarci» ogni tanto. proprio perché invogliati da questa propaganda del preservativo. Un’infezione da Hiv è tuttora una malattia mortale, ma a chi mette in giro questa pubblicità col finanziamento, in questo caso, del Ministero della Sanità non pare che importi molto di avere cadaveri sulla coscienza. Sarebbe ora che non solo queste persone, ma tutti noi cominciassimo a capire che soltanto il recupero di una visione cristiana della vita e della concezione monogamica della sessualità garantiscono una difesa contro la diffusione dello Hiv. La vera causa delI’Aids sta infatti nella «Acquired “Integrity” Deficiency Syndrome», cioè nella perdita di integrità morale che ci ha regalato l’ideologia della «libertà» sessuale. Chi non arriva a capirlo o fa finta di non vederlo sappia per lo meno che di sicurezza, il preservativo, ne offre tanta quanta il tamburo di un revolver nella roulette russa.

Joannes P.M. Lelkens

(1) J. TRUSSEL - K. KOST, Contraceptive Failure in the United States: a Critical Review of the Literature, in «Studies of Family» 18 (1987), pp. 237-283.
(2) FDA, Letter to U.S. Condom Manufacturers, 7 aprile 1987.
(3) JOHN HOPKINS UNIVERSITY, «Population Reports», vol. XVIII, n. 3, serie H, n. 8, 1990; «American Journal of Nursing», ottobre 1987, p. 1306.
(4) G.B. DAVIS - L.W. SCHROEDER, in «Journal of Testing and Evaluation», 18 (1990) 352.
(5) R.F. CAREY e altri, Sexually transmitted Diseases, 19 (1992), p. 230.
(6) C.M. ROLAND, The Barrier Performance of Latex Rubber, in «Rubber World», giugno 1993, p. 15.
(7) «Washington Post», 39 (1992), 3 luglio, p. 22.
(8) M. STEINER e altri, Contracception, 1992. pp. 46,279.
(9) SUSAN C. WELLER, A Meta-Analysis of Condom Effectiveness in reducing sexually transmitted Hiv, in «Soc. Sci. Med.», vol. 36 (1993), n. 12, pp. 1635-1644.
(10) EUROPEAN STUDY GROUP, Risk Factors for Male to Female Transmission of Hiv, in «British Medical Journal», 298 (1989), pp.411-415.

© Studi cattolici, Edizioni Ares
NWO - Nuovo Ordine Mondiale
hhh.
00sabato 6 giugno 2009 20:32
prove tecniche?
aviaria dal 2003 al 2009 397 casi 249 morti

www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/morti.asp



in 3 mesi di febbre suina 6497 casi e 65 morti




it.notizie.yahoo.com/7/20090514/thl-febbre-suina-oms-6497-casi-e-65-mort-6a24...


notate bene ce una dismisura di casi tra l'aviaria in 6 anni e il virus suino in tre mesi ed e' smisurato anche il tasso di mortalita' fra aviaria e febbre suina .prove per la vera pandemia stile influenza spagnola ?prove per la vera pandemia o pademie da effettuare dopo il 2012?










Nuovo virus: Oms, vicini a fase 6(ANSA) - ROMA, 2 GIU - L'Organizzazione mondiale della sanita' annuncia che e' sempre piu' vicino il massimo livello di allerta della pandemia, la fase sei. 'Siamo alla fase 5, ma ci stiamo avvicinando all'ultima fase', ha spiegato oggi il vice direttore dell'Oms, Keiji Fukuda. Due vittime segnalate oggi in Nord America, un uomo di mezza eta' in Canada e un bimbo di 11 settimane, a New York. Intanto altri due casi sono stati accertati in Turchia portando il totale a 7, riferisce l'agenzia Anadolu.

di ANSA
hhh.
00lunedì 22 giugno 2009 16:36
Re:
LiviaGloria, 27/04/2009 20:01:

Io propendo a pensare che i virus "specifici" per gli animali,guarda caso!d allevamento,sono stati fatti per portare gli stati sotto un controllo globale delle lobby,usando come pretesto,appunto,le problematiche conseguenze...guindi relativo addeguamento degli allevatori,quindi dissoluzione dei piccoli allevatori che non possono stare dietro alle nuove normative...quindi distruzione del piccolo,assorbimento da parte del grande e cioé lobby.

Infatti...vi fu la mucca...poi il pollo e adesso il suino.

Credo che per gli umani abbiano in serbo qualcosa di piu micidiale,veloce e che mieti veramente molte vittime...perché se la selezione deve avvenire su 6 miliardi di uomini,non sono certo qualche centinaio di persone l obbiettivo(virus verso animali).

Non so il perché o il per come...ma dentro mé é sempre rimasta impressa EBOLA.




www.youtube.com/watch?v=NAoZ19YnsVk


it.wikipedia.org/wiki/Ebola#Epidemie_recenti

il virus dei suini pero' e' un po' diverso,e' stato piu' volte specificato che si puo' mangiare tranquillamente carne di maiale.
per il resto ho un piccolo dubbio,penso che la cifra che nel mondo siamo 6 miliardi di persone non e' la verita'.
non credo a questo dato.
wheaton80
00martedì 30 giugno 2009 00:00
sabato, giugno 27, 2009
Michael Jackson assassinato, Obama bioterrorista?

La giornalista austriaca Jane Burgermeister ha denunciato l'Organizzazione Mondiale della "Sanità", case farmaceutiche e addirittura il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, di far parte di un piano di vaccinazione di massa contro l'influenza suina che ha come vero scopo la riduzione significativa della popolazione mondiale. Questo sembra essere in collegamento con la morte di Michael Jackson e qualcuno accusa la C.I.A. di averlo assassinato.

A monte della motivazione che la Central Intelligence Agency avrebbe avuto per assassinare Michael Jackson ci sarebbe stato un accordo sottoscritto con il figlio del Re del Bahrein, lo Sceicco Abdullah bin Hamad al-Khalifa, intesa dello scorso novembre a Londra, la quale prevedeva che, in cambio di milioni di dollari preventivamente versati a Jackson dallo Sceicco, la pop star avrebbe permesso che il suo tour di concerti "tutti esauriti" nel Regno Unito diventasse una piattaforma per mettere in guardia il mondo da un imminente evento di genocidio di massa. Sia Michael Jackson sia lo Sceicco Abdullah bin Hamad al-Khalifa sono stati a lungo dei sostenitori della coraggiosa giornalista investigativa austriaca, Jane Burgermeister, che tenta di avvertire il mondo che sta per essere compiuto il più grande crimine contro l'umanità.

Jane Burgmeister ha inoltre recentemente denunciato, presso l'F.B.I., l'Organizzazzione Mondiale della "Sanità" - O.M.S. (WHO), le Nazioni Unite - O.N.U. (U.N.) e molti funzionari governativi di alto rango di bio-terrorismo criminale e di tentativo di commettere un assassinio di massa. La giornalista ha anche preparato un'ingiunzione contro le vaccinazioni forzate che stanno per essere imposte negli Stati Uniti. Queste denunce seguono quella che la Burgmeister aveva sporto in aprile contro la Baxter AG e la Avir Green Hills Biotechnology in Austria per aver prodotto un vaccino contaminato contro l'influenza, affermando che questo era un atto deliberato per causare e trarre profitto da una pandemia.

Nelle sue accuse la Burgmeister presenta evidenze di atti di bioterrorismo che sono in violazione delle leggi statunitensi, compiuti da un gruppo operante all'interno degli U.S.A. sotto la direzione di banchieri internazionali che controllano la Federal Reserve e che comprende anche l'Organizzazione Mondiale per la "Sanità", le Nazioni Unite e la N.A.T.O. Questo bioterrorismo avrebbe come scopo quello di compiere un genocidio di massa contro la popolazione degli Stati Uniti attraverso l'impiego di un vaccino contro l'influenza geneticamente manipolato, allo scopo di causare la morte. Questo gruppo godrebbe della complicità di uffici governativi di alto livello negli Stati Uniti.

Specificamente le accuse sono rivolte verso il presidente Barack Obama, David Nabarro, coordinatore per l'Influenza presso le Nazioni Unite, Margaret Chan, Direttore Generale dell'Organizzazione Mondiale per la "Sanità", Kathleen Sibelius, Segretario del Dipartimento della "Salute" e dei Servizi negli Stati Uniti, Janet Napolitano, Segretario del Dipartimento della Sicurezza nazionale, David de Rotschild, banchiere, David Rockefeller, banchiere, George Soros, banchiere, Werner Faymann, Cancelliere austriaco, Alois Stoger, Ministro della "Sanità" austriaco e molti altri che farebbero parte di questo gruppo internazionale criminale che avrebbe già sviluppato, prodotto, stoccato ed impiegato armi biologiche per eliminare la popolazione degli Stati Uniti e di altri paesi per vantaggi economici e politici.

La denuncia contesta agli accusati di aver cospirato gli uni con gli altri allo scopo di ideare, finanziare e prendere parte alla fase finale dell'implementazione di un piano segreto bioterroristico internazionale che coinvolgerebbe anche le compagnie farmaceutiche Baxter e Novartis. Ciò sarebbe stato compiuto attraverso la bioingegneria ed il rilascio di agenti biologici letali, specificamente i virus dell'influenza aviaria e di quella cosiddetta suina allo scopo di avere un pretesto per richiedere un programma di vaccinazione obbligatoria di massa che diventerebbe il mezzo per somministrare un agente biologico tossico in grado di causare la morte o la debilitazione dei cittadini degli Stati Uniti. Questa azione è in violazione del Biological Weapons Anti-terrorism Act degli U.S.A.

E' interessante notare anche che, nel giorno dell'assassinio di Michael Jackson, il Centro statunitense per la Prevenzione ed il controllo delle malattia ha diffuso un comunicato che dichiarava che i loro modelli matematici mostravano che un milione di statunitensi ha già contratto l'influenza suina e che sono già state istituite delle Aree Contaminate di Emergenza negli Stati Uniti.

Nonostante la consapevolezza che Michael Jackson abbia condotto una vita problematica, non può essere sottaciuto che la star ha mostrato un amore reale verso tutta l'umanità, come espresso da lui nel coro dell'inno al genere umano, "We are the world".

Fonti:

ambientalismodirazza.blogspot.com

Michael Jackson assassinato dalla C.I.A.
www.whatdoesitmean.com/index1244.htm
www.cherada.com/articulos/exposed-michael-jackson-fue-presuntamente-asesinado-po...

Giornalista accusa l'O.M.S. e l'O.N.U. di Bioterrorismo e Intenzione di Commettere un Omicidio di Massa
www.naturalnews.com/026503_pandemic_swine_flu_bioterror...

straker-61.blogspot.com/
(Marcello86)
00martedì 30 giugno 2009 10:41
Micheal Jackson è morto per troppi antidolorifici....
pesava 50 kg ed era quasi senza capelli...
non è morto per qualche epidemia da giorno del giudizio
vabbè che questo è il foum nwo ma qui si sta esagerando...
detto da un cospitazionista anzi ANTI-cospirazionista come me...
Perchè assasinato dalla CIA preferivano George Micheal?
wheaton80
00mercoledì 1 luglio 2009 21:43
Beh questo forum e i siti di controinformazione esistono proprio per chi non crede alle favolette dei giornali e dei Tg. Se prferisci credere alla storiella della morte naturale o del medico che per errore gli ha somministrato troppi farmaci, libero di crederci.
hhh.
00mercoledì 1 luglio 2009 23:43
Re:
wheaton80, 01/07/2009 21:43:

Beh questo forum e i siti di controinformazione esistono proprio per chi non crede alle favolette dei giornali e dei Tg. Se prferisci credere alla storiella della morte naturale o del medico che per errore gli ha somministrato troppi farmaci, libero di crederci.




wheaton lasciamo stare questa teoria per un momento.perche' il mio disgusto su michael jackson non mi fa dare giudizi imparziali.
mi interessano dei tuoi commenti su dei post che abbiamo postato sull'area profezie sul film 2012 visto che condividiamo la passione per i film [SM=g27823]
hhh.
00giovedì 2 luglio 2009 12:36
hhh.
00lunedì 13 luglio 2009 22:36
epidemia dei suini piu' seria del previsto
CronacaL'Oms: "La nuova influenza non si può fermare"13 luglio 2009. Mesi di test, di attento monitoraggio sulla diffusione del virus H1N1 che dal Messico ha portato in tutto il mondo la nuova influenza, o febbre suina. L'Organizzazione mondiale della sanità si è presa il tempo necessario per capire quali fossero le strategie più efficaci di contrasto al virus. Il responso non è incoraggiante, stando alle parole di Marie-Paule Kieny, direttore Initiative for Vaccine Research dell'Oms: "La pandemia di nuova influenza non si può fermare, tutti i Paesi avranno bisogno del vaccino per limitarne la propagazione".Prima i medici - La commissione dell'Oms per i vaccini ha fissato come priorità la vaccinazione di coloro che lavorano nel settore sanitario. Gli Stati poi dovranno adottare le raccomandazioni dell'Organizzazione per la vaccinazione a seconda della situazione epidemiologica, che varia da Paese o a Paese.Attacco ai polmoni - Secondo un rapporto medico pubblicato dalla rivista Nature, il virus H1N1 è particolarmente pericoloso se attacca i polmoni. Rispetto agli altri ceppi responsabili delle varie ondate influenzali, quello della nuova influenza provoca danni peggiori. Sempre Nature riporta anche una parziale buona notizia: i sopravvissuti all'influenza Spagnola del 1918 sarebbero meglio schermati contro l'attacco del virus della febbre suina.Un anno per rispondere al contagio - I laboratori che producono i vaccini sono in grado di produrre 2,5 miliardi di dosi in sei mesi, ma ci vorrà più di un anno per ottenere le quantità di dosi sufficienti ad una risposta globale al virus, ha stimato Cuauhtemoc Ruiz, coordinatore dell'organizzazione panamericana per la salute. Una bambina londinese di 6 anni e un medico di base portano a 17 il numero dei morti per la nuova influenza in Gran Bretagna. In Serbia sono 49 i casi di contagio da virus H1N1. Tra questi anche 6 atleti che hanno preso parte alle Universiadi a Belgrado. A Madrid è morto un bambino nato con parto cesareo dalla prima vittima della nuova influenza in Spagna, una marocchina di 20 anni. Quattordici casi sono stati diagnosticati in un istituto scolastico internazionale in Svizzera. Il governo di Buenos Aires ha fatto acquistare 400mila dosi del vaccino efficace contro il virus H1N1.Redazione Tiscali

notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/09/07/13/influenza_nuovo_allarme_...


forse wheaton aveva ragione
(Marcello86)
00martedì 14 luglio 2009 09:47
finirà come l'ombra dello scorpione di stephen king o
come io sono leggenda
+ NWO?
è preoccupante ma io non mi vaccino....col ca___o!!!!
se debbo morire morirò se no sono ca___i loro!!!
Sir_Quetzalcoatl
00martedì 14 luglio 2009 14:18
Signori mickael jackson subiva abusi da piccolo, non si è mai accettato tant'è che è voluto diventare bianco.. Di plastica, ma bianco! L'ha potuto fare perchè aveva i soldi, ma questo non vuol dire che fosse del tutto sano!! è stato un genio nel suo genere, ma non vuol dire che era un superuomo che è morto con la criptonite nello stomaco!
non è che è famoso allora è stato ucciso!
è diventato un caso mediatico solo ed esclusivamente per i suoi soldi, come succede alla morte di ogni riccone famoso.. Fa ribrezzo ma è così..

Cmq per la febbre suina è abbastanza preoccupante.. Ma col c___o anch'io che me lo faccio il vaccino!
wany
00martedì 14 luglio 2009 18:51
neanche io ho intenzione di vaccinarmi.....(chissà cosa ci mettono dentro??!!!) e comunque a me sembra tutta una cosa pilotata!!!!!
LiviaGloria
00martedì 14 luglio 2009 22:56
Nemmeno io mi faro vacinare,ma la mia decisione dipendono due angeli...cosa succederá nella famiglia se dovessi oppormi?
Bel dilemma vero?
hhh.
00martedì 14 luglio 2009 23:21
Re:
LiviaGloria, 14/07/2009 22:56:

Nemmeno io mi faro vacinare,ma la mia decisione dipendono due angeli...cosa succederá nella famiglia se dovessi oppormi?
Bel dilemma vero?




quello che penso anchio,che faranno quei genitori che devono iscrivere i figli a scuola?
ancora non so gli sviluppi,ne se lo vogliono renderlo obbligatorio ,certo ci saranno gia' miglioni di persone che senza obbligo gia' stanno correndo a vaccinarsi,ho visto studio aperto e gia' stanno terrorizzando le persone dicono che in pochi anni ci saranno 4 milioni di contaggiati in italia e poi passeranno a 8.
tutti quanti monitoriamo gli sviluppi e portiamo informazioni
speriamo ci si il modo di farle farlocche questi vaccini.
hhh.
00mercoledì 22 luglio 2009 18:16
vaccini
Influenza, Sacconi: "Vaccino per 15,4 milioni di italiani tra i 2 e i 27 anni"
Secondo il piano già annunciato dal Governo, una prima fase delle vaccinazioni contro il virus A/H1N1 interesserà, entro la fine del 2009, le categorie maggiormente a rischio ed i lavoratori dei settori sensibili, pari a 8,6 milioni di cittadini. Il ministro del Welfare: pronti 48 milioni di vaccini. Finora in Europa 33 morti: 29 nel Regno Unito e 4 in Spagna


entro la fine del 2009, le categorie maggiormente a rischio ed i lavoratori dei settori sensibili, pari a 8,6 milioni di cittadini

che significa?
le categorie a rischio posso capirlo ma i lavoratori dei settori sensibili?
e ancora non ho capito sel il vaccino sara' obligatorie o di libera scelta.


notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/09/07/22/influenza_sacconi_vaccino_...
hhh.
00giovedì 23 luglio 2009 14:42
il vaccino non e' obbligatorio
Il vaccino per la nuova influenza suina prevede 2 dosi, per le categorie citate nei tempi previsti sarà gratuito e raccomandato, ma non obbligatorio; non sarà possibile, almeno inizialmente l’acquisto in farmacia, ma verrà unicamente gestito dalle ASL e da altre strutture del Servizio Sanitario Nazionale.

Il vaccino non potrà ovviamente garantire l’immunità al 100%.

Fonte: Ministero della Salute


www.farmacoecura.it/influenza/nuova-influenza-suina-il-...
wheaton80
00venerdì 24 luglio 2009 01:13
Noi che sappiamo cosa può esserci dietro potremo anche farcela (al massimo, alle brutte, si passa un periodo di detenzione) ma possibile che siamo destinati a veder morire le persone a noi care che ci prendono per pazzi paranoici? [SM=x268921]

Spero tanto che le cose non arrivino a questo punto...
lely80
00venerdì 24 luglio 2009 09:29
Re:
wheaton80, 24/07/2009 1:13:

Noi che sappiamo cosa può esserci dietro potremo anche farcela (al massimo, alle brutte, si passa un periodo di detenzione) ma possibile che siamo destinati a veder morire le persone a noi care che ci prendono per pazzi paranoici? [SM=x268921]

Spero tanto che le cose non arrivino a questo punto...




si questo lo penso anch'io ma i bambini?
io nn potevo iscrivere all'asilo mia figlia se prima nn presentavo i vaccini che aveva fatto.
noi ci possiamo opporre ma loro?
cmq io lo pensavo ancor prima di tutto di ribellarmi al vaccino e ora in america è obbligatorio
sta prendendo una brutta piega e io nn credo ne che esistano i morti n e il virus [SM=x268929]
wheaton80
00venerdì 24 luglio 2009 23:49
Guarda, penso che il self-shielding sia un'ottima soluzione. Sto cercando di capire in base a cosa abbiamo il diritto di isolarci in casa propria durante l'emergenza. Se riesco a tradurre il testo del "White Paper" lo inserisco anche nel forum, anche se non sono molto ferrato con l'inglese. Se qualcuno è bravo con l'inglese potrebbe aiutarmi? penso sia un documento importante e ormai abbiamo pochi mesi per capirci qualcosa.
hhh.
00sabato 25 luglio 2009 00:28
Re:
wheaton80, 24/07/2009 23:49:

Guarda, penso che il self-shielding sia un'ottima soluzione. Sto cercando di capire in base a cosa abbiamo il diritto di isolarci in casa propria durante l'emergenza. Se riesco a tradurre il testo del "White Paper" lo inserisco anche nel forum, anche se non sono molto ferrato con l'inglese. Se qualcuno è bravo con l'inglese potrebbe aiutarmi? penso sia un documento importante e ormai abbiamo pochi mesi per capirci qualcosa.




per adesso il vaccino non e' obbligatorio ma un giorno lo potrebbero richiedere per lavorare,per viaggiare o per mandare i figli a scuola.allori li nascerebbero i problemi,sicuramente i vaccini se crediamo alla teoria della cospirazione non saranno tutti tossici,se no sarebbero scoperti e se tramite il vaccino evolvessero ancora il virus da che potrebbe aumentare il tasso di mortalita',io consiglio di trovare il modo di prendere il foglio del vaccino senza vaccino [SM=x268930]
Sir_Quetzalcoatl
00sabato 25 luglio 2009 18:22
Re:
wheaton80, 24/07/2009 1.13:

Noi che sappiamo cosa può esserci dietro potremo anche farcela (al massimo, alle brutte, si passa un periodo di detenzione) ma possibile che siamo destinati a veder morire le persone a noi care che ci prendono per pazzi paranoici? [SM=x268921]

Spero tanto che le cose non arrivino a questo punto...




Perdonami ma penso proprio che se diviene obbligatorio, a coloro che arrestano li vaccinano lo stesso!
Sir_Quetzalcoatl
00sabato 25 luglio 2009 18:23
Re:
wheaton80, 24/07/2009 23.49:

Guarda, penso che il self-shielding sia un'ottima soluzione. Sto cercando di capire in base a cosa abbiamo il diritto di isolarci in casa propria durante l'emergenza. Se riesco a tradurre il testo del "White Paper" lo inserisco anche nel forum, anche se non sono molto ferrato con l'inglese. Se qualcuno è bravo con l'inglese potrebbe aiutarmi? penso sia un documento importante e ormai abbiamo pochi mesi per capirci qualcosa.




Self shielding è l'auto-schermatura? Penso che sarebbe l'unica possibilità..

LiviaGloria
00sabato 25 luglio 2009 21:31
Io purtroppo non so l inglese!
Qualcuno ha la possibilitá di tradurre quel testo?????

[SM=x268949] [SM=x268949]
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:56.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com