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Afghanistan: "fiume" di soldi per Karzai, pagava la Cia

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    wheaton80
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    00 29/04/2013 22:16
    29 APR 2013

    (AGI) - Washington - Un fiume ininterrotto di denaro da Langley a Kabul, diretto ad Hamid Karzai, e da qui verso la strapotere dei signori della guerra locali, gli stessi che sbarrano il passo all'exit strategy di Washington. Per oltre un decennio decine di milioni di dollari in contanti sono stati consegnati dalla Cia in valigie, zaini e sacchetti di plastica all'ufficio del presidente afghano.

    Il fiume di denaro doveva servire a garantire l'influenza dei servizi di intelligence americani sul tormentato Paese, ma in realta' ha soprattutto alimentato la corruzione, in cui la famiglia Karzai e' talmente coinvolta da aver visto nel 2011 un fratellastro del presidente, Ahmed Wali Karzai, ucciso a Kandahar per una vicenda di contrabbando. La denuncia arriva dal New York Times, che cita consiglieri passati e presenti del presidente afghano: "La piu' grande fonte di corruzione in Afghanistan sono stati gli Usa", ha spiegato una fonte Usa mentre Khalil Roman, capo di gabinetto di Karzai dal 2003 al 2005 ha raccontato di "decine di milioni di dollari" arrivati mensilmente "in valigie, zainetti e buste di plastica".

    I fondi, definiti "soldi fantasma che arrivavano e se andavano in segreto", venivano distribuiti pure a politici "legati al narcotraffico e persino ai talebani", ha raccontato. Hamid Karzai, si e' difeso ma ha confermato. Parlando con i giornalisti da Helsinki, il presidente afghano ha affermato che si e' trattato di somme "non grandi" che rientravano in "un'assistenza per varie finalita'", comprese le cure dei feriti, ma non ha voluto entrare in dettaglio.

    All'oscuro, probabilmente dell'ammissione di Karzai, il portavoce del ministero degli Esteri afghano, Janan Mosazai, ha sottolineato invece che non ci sono prove a suffragio di quanto denunciato dal quotidiano Usa. Per il New York Times, i pagamenti in contanti non erano sottoposti alla vigilanza e alle restrizioni previste per gli aiuti ufficiali e i programmi di assistenza e quindi non sembra violassero le leggi americane. Quel che e' certo, pero', e' che le prospettive dell'Afghanistan restano buie: "Dobbiamo essere lucidi", aveva avvertito un diplomatico francese la scorsa settimana, "una nazione che dipende quasi del tutto dalla comuita' internazionale per i salari dei suoi poliziotti e dei suoi soldati, non puo' essere indipendente".

    www.agi.it/estero/notizie/201304292113estrt10417afghanistan_fiume_di_soldi_per_karzai_pagav...
    [Modificato da wheaton80 29/04/2013 22:17]
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    wheaton80
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    00 05/06/2013 23:48
    Soldato Usa ammette colpevolezza. "Così massacrai 16 civili afgani"

    Il sergente Bales nel marzo del 2012 si rese responsabile della più feroce strage compiuta dall'esercito americano in Afghanistan. Con la dichiarazione resa oggi in aula potrebbe evitare la condanna a morte."Mi sono chiesto mille volte perché l'ho fatto: non esiste alcuna giustificazione"



    WASHINGTON - Si è dichiarato colpevole con l'obiettivo di evitare la condanna a morte, il sergente Robert Bales, 39 anni, che a marzo del 2012 uccise 16 civili inermi afgani, soprattutto donne e bambini, in un villaggio della provincia di Kandahar, macchiandosi della peggiore strage di civili ad opera di un singolo militare. L'episodio scatenò una lunga sequenza di rappresaglie contro militari Usa da parte di soldati o poliziotti afgani, spesso talebani infiltrati. L'ammissione di colpa del sergente Bales è soggetta all'approvazione finale del giudice che presiede la corte, il colonnello dell'esercito Jeffery Nance, cui spetta il compito di determinare se l'imputato ha fornito un completo resoconto dell'accaduto, comprende la portata delle sue affermazioni e soprattutto accetta le conseguenze delle sue azioni. Sarà poi la Corte Marziale, in agosto, a pronunciare la sentenza e, se sarà di carcere a vita, includere la possibilità per Bales di richiedere un giorno la libertà sulla parola.

    La confessione di Bales è frutto di un accordo tra accusa e difesa per evitare la pena capitale. Dichiarandosi colpevole, il sergente ha dovuto sottoscrivere una dettagliata descrizione dei fatti accaduti quella notte del marzo 2012 e rispondere in aula dei suoi misfatti. Il giudice, colonnello Jeffery Nance, ha chiesto a Bales se quanto è scritto nel documento corrisponda alla verità. "Sì signore", la risposta di Bales. "C'è qualcosa in questa descrizione con cui lei non è d'accordo?". "No, signore".

    Ed eccola, la "notte brava" del sergente Bales, nelle parole del protagonista di questo incubo. Con voce chiara e forte, il soldato ha descritto le sue azioni, assassinio per assassinio. Bales ha raccontato che nella notte dell'11 marzo 2012 lasciò la sua postazione, nel distretto di Panjwayi, sud della provincia di Kandahar, e di essersi recato in due villaggi vicini. Una volta entrato nelle abitazioni, "ho maturato l'intenzione di uccidere le vittime. Senza alcuna legale giustificazione, signore. Mi sono chiesto un milione di volte perché lo avessi fatto. Non esiste nessuna valida ragione in questo mondo che possa giustificare le cose terribili che ho fatto".

    Nelle precedenti udienze, gli avvocati di Bales hanno dato la responsabilità della tragedia all'abuso di alcol e droga e allo stress della guerra. Oggi la difesa è tornata ad affermare che Bales, originario di Lake Tapps, stato di Washington, padre di due bambini, fosse sofferente per un disordine da stress post-traumatico e per una lesione cerebrale già prima della sua ultima ricollocazione in Afghanistan. Nel novembre scorso, durante le udienze preliminari, testimoni affermarono che, alcuni giorni prima del massacro, Bales fosse particolarmente arrabbiato per via di una bomba esplosa nei pressi della sua postazione che aveva ferito gravemente alla gamba un suo compagno.

    E' stato invece l'avvocato difensore di Bales, Emma Scanlan, a dichiarare che il suo assistito si considera "non colpevole" riguardo un altro capo d'accusa, quello di ostruzione delle indagini attraverso la distruzione del suo computer portatile e il dare fuoco ai corpi di alcune delle sue vittime afgane per cancellare tracce del suo "passaggio". A precisa domanda, Bales ha così risposto: "Ricordo una lampada a kerosene, in una delle stanze, ricordo il fuoco, ricordo che avevo dei fiammiferi in tasca quando tornai alla base. Ma non diedi fuoco ai cadaveri". Alle insistenze del giudice Nance, il sergente ha ribadito la sua versione: "E' l'unica cosa sensata che ho fatto, signore".

    Secondo quanto accertato da una commissione di inchiesta afgana, Bales non agì da solo. Diverse testimonianze raccolte nel distretto di Panjwaik parlarono di una "operazione" in cui sarebbero intervenuti vari soldati americani. Alcune vittime sarebbero inoltre state stuprate prima di essere uccise. Secondo lo staff titolare dell'accusa, invece, Bales agì da solo con fredda premeditazione, armato di una pistola, di una fucile automatico e di un lanciagranate. Il sergente lasciò per due volte la sua postazione, quella notte. Al ritorno dalla sua prima "missione", sembra che il sergente Bales abbia detto a un commilitone: "Ho appena sparato a un po' di persone".

    05 giugno 2013
    www.repubblica.it/esteri/2013/06/05/news/soldato_usa_ammette_massacro-6...
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    wheaton80
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    00 05/06/2013 23:50
    Strage del soldato Usa a Kandahar. "Due donne stuprate e poi uccise"
    È quanto emerge da un'indagine svolta da una commissione afgana. All'azione - contrariamente a quando afferma la versione ufficiale - avrebbero partecipato vari soldati americani oltre a Robert Bales

    KABUL - L'orrore nell'orrore. Due donne vittime del massacro di 17 civili avvenuto domenica in un villaggio della provincia afghana di Kandahar, sarebbero state stuprate da soldati americani prima di essere uccise. È quanto emerge dai risultati di un'indagine svolta da una commissione afghana di alto livello.

    Nonostante la versione ufficiale attribuisca la sparatoria al sergente Robert Bales, testimonianze diverse raccolte nel distretto di Panjwaik, scrive l'agenzia Pajhwok, assicurano che nell'operazione sono intervenuti vari soldati americani. Il risultato dell'inchiesta, svolta da una delegazione di deputati e da funzionari governativi è stato illustrato oggi in una sessione generale del Parlamento.

    Dopo aver confermato il rogo di vari cadaveri, il deputato Hamidzai Lali ha riferito che secondo testimonianze prima di usare le armi alcuni militari americani hanno catturato due donne, le hanno violentate e poi uccise a colpi d'arma da fuoco. Un altro membro della delegazione, Shakiba Hashami, ha sostenuto che fra 15 e 20 soldati statunitensi hanno partecipato alle uccisioni e che sul cielo del villaggio di Zangabad hanno a lungo volteggiato elicotteri militari.

    La stessa Hashami ha detto, citando testimonianze di residenti, che prima della tragedia di domenica c’era stato un attentato contro le truppe straniere che avevano giurato di volersi vendicare. Ieri lo stesso presidente Hamid Karzai ha fatto sua la tesi della possibilità che il sergente americano arrestato non abbia agito da solo ed ha incaricato il capo dell'esercito afghano, generale Sher Mohammed Karimi, di rappresentare alla controparte Usa la forte preoccupazione di Kabul per questa ipotesi.

    17 marzo 2012
    www.repubblica.it/esteri/2012/03/17/news/afghanistan_usa_strage_donne_violentate-31708033/?re...
    [Modificato da wheaton80 05/06/2013 23:50]
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    00 11/08/2014 22:51
    Afghanistan, Amnesty: “Nessuna giustizia per migliaia di vittime civili di Usa e Nato”

    “Nessuna giustizia per migliaia di civili uccisi nelle operazioni di Usa e Nato” in Afghanistan. È Amnesty international che con il rapporto “Left in the dark” punta il dito contro militari americani e della Nato responsabili in oltre un decennio di conflitto con i talebani ed Al Qaeda della morte di innocenti senza che quasi siano stati processati e puniti. “Sono stati esaminati numerosi casi di attacchi aerei e raid notturni – si legge nel report dell’organizzazione umanitaria che da decenni si batte per il rispetto della dignità e dei diritti della persona umana – Episodi di apparenti crimini di guerra non sono stati investigati e i responsabili sono rimasti impuniti”. Richard Bennett, direttore della ong per l’Asia Pacifico, ha sottolineato che “nessuno dei dieci casi specifici su cui ci siamo concentrati nel periodo 2009-2013 – e che hanno comportato la morte di 140 civili, fra cui donne incinte e 50 bambini – è stato oggetto di azione giudiziaria da parte della Procura militare americana”. Per Bennet: “Migliaia di afgani sono stati uccisi o feriti dall’esercito statunitense dall’inizio dell’invasione, ma le vittime e le loro famiglie hanno poche possibilità di avere un risarcimento. Il sistema della giustizia militare quasi sempre fallisce nel ritenere i suoi soldati responsabili per uccisioni illegittime e altri abusi”. In particolare in due dei casi studiati nelle province di Paktia e Wardak, si insiste nel rapporto, “sono emersi abbondanti e stringenti indizi di crimini di guerra, ma nessuno è stato incriminato penalmente per essi”. Fra le tante testimonianze spesso inedite offerte da Amnesty di torture e maltrattamenti vi è quella di Qandi Agha, un ex detenuto catturato alla fine del 2012 dalle Forze speciali Usa nel distretto di Nirkh della provincia di Maidan Wardak. “Quattro persone mi hanno picchiato con dei cavi – ha raccontato – e mi hanno poi legato le gambe e picchiato con un bastone di legno le piante dei piedi. Mi hanno quindi colpito al volto e preso a calci, sbattendomi anche la testa al suolo. Se questo non bastasse – ha aggiunto – mi hanno collocato in un recipiente pieno d’acqua propinandomi scosse elettriche“. Agha ha sostenuto che alle torture erano presenti militari Usa e afghani, e che quattro delle otto persone prigioniere con lui sono morte in custodia di personale americano, compreso uno, Sayed Muhammed, che “ho visto morire personalmente”. Dopo la pubblicazione del documento un portavoce della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) a Kabul ha confermato di esserne a conoscenza, aggiungendo che “una risposta verrà data dopo che sarà stato studiato. Il responsabile ha poi detto che “l’Isaf prende in considerazione seriamente tutte le denunce di vittime civili che vengono rigorosamente investigate e seguite da appropriate risposte”. Ricevendo una delegazione di Amnesty guidata dal responsabile della Ricerca, Nicola Duckworth, il presidente Hamid Karzai ha elogiato “la caparbietà nel perseguimento della verità e della giustizia” ed ha ricordato che “il ripetersi di vittime civili è stato uno dei più importanti elementi di tensione fra l’Afghanistan e le forze della Coalizione internazionale”. Nell’ultimo rapporto della missione dell’Onu in Afghanistan (Unama) sulle vittime civili si segnala che nel primo semestre 2014 vi è stato un incremento del 17% sullo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre 3/4 di esse sono attribuite alla violenza degli insorti che spesso mancano il bersaglio designato versando il sangue di uomini, donne e bambini incolpevoli. Tuttavia nei casi molto minori in cui sono coinvolti militari occidentali, avverte il rapporto, i portavoce Nato annunciano inchieste sugli incidenti di cui però poi non danno i risultati, “lasciando al buio vittime e loro familiari“.

    Report: http://www.amnesty.org/en/library/info/ASA11/006/2014/en

    11 agosto 2014
    www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/11/afghanistan-amnesty-nessuna-giustizia-per-migliaia-di-vittime-civili-di-usa-e-nato/...
    [Modificato da wheaton80 11/08/2014 22:51]
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    00 23/09/2014 12:09
    Karzai lascia e attacca gli Usa, hanno fatto solo i loro interessi

    (ASCA) - Kabul, 23 set 2014 - Il presidente afgano uscente Hamid Karzai lascia il potere togliendosi gli ultimi sassolini dalle scarpe. Nel discorso di addio, Karzai accusa gli americani di aver condotto la guerra contro i talebani solo facendo i propri interessi: "Questa - ha detto - non e' stata la nostra guerra, ma una gerra di stranieri, basata sui loro interessi e obbiettivi. L'america non vule la pace. L'america dovrebbe essere onesta con l'Afghanistan, ma gli americani dicono una cosa e ne fanno un'altra. Il mio consiglio al prossimo governo e' questo: siate molto prudenti con gli americani, con gli occidentali. Possiamo essere loro amici e alleati, ma dobbiamo avere tutti eguali benefici". Karzai lascia il potere questa settimana dopo 13 anni di presidenza. L'anno scorso, Karzai decise di non firmare un accordo bilaterale di sicurezza (BSa) per consentire a un contingente di truppe Usa di restare in Afghaninstan oltre la fine del 2014 per missioni di addestramento e sostegno. Il suo successore, Ashraf Ghani, probabilmente invece firmera' il trattato in tempi brevi.

    23 settembre 2014
    it.notizie.yahoo.com/karzai-lascia-e-attacca-gli-usa-hanno-fatto-foto-084900...
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    00 21/05/2015 14:39
    La Russia ha chiuso il suo cielo al transito delle armi americane verso l’Afghanistan

    Il Primo Ministro della Federazione Russa Dmitry Medvedev ha firmato un documento che chiude i corridoi di transito in precedenza usati per il trasporto di carichi militari verso l’Afghanistan. "Alla luce della scadenza del periodo di validità della risoluzione 1386 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (approvata nel 2001), il governo della Federazione Russa ha deciso di annullare gli atti governativi compresi nell'elenco di cui all'Allegato", si legge nel documento. Il Ministero degli Esteri della Russia è stato incarico di informare i governi dei paesi esteri e le organizzazioni internazionali della chiusura del transito attraverso il territorio russo di "armi, mezzi e equipaggiamenti militari destinati alle forze ISAF in Afghanistan, e quelli spediti in direzione opposta". L'accordo sul transito di armi, mezzi, equipaggiamenti e personale militare degli USA attraverso il territorio della Federazione Russa era stato firmato nel 2009. Garantiva agli USA il diritto di effettuare 4.500 voli all'anno attraverso lo spazio aereo della Russia.

    19.05.2015
    it.sputniknews.com/politica/20150519/407473.html#ixzz3...
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    00 25/05/2016 14:22
    Afghanistan: Governo e talebani confermano la morte del mullah Mansour



    Un alto comandante talebano, il governo, i servizi e la Presidenza dell’Afghanistan confermano l’uccisione del leader dei talebani afghani, il mullah Akhtar Mansour. Il capo del gruppo islamista radicale è morto nella notte tra venerdì e sabato, in un'area al confine tra Pakistan e Afghanistan, a seguito di un attacco di un drone statunitense. Sulla vicenda è intervenuto anche il capo della diplomazia americana, John Kerry, affermando che il mullah Akhtar Mansour, colpito da un raid aereo USA, era "una minaccia per le truppe americane, per i civili afghani e per i colloqui di pace". Il Primo Ministro afghano, Abdullah Abdullah, sostiene che “è più che probabile” che il leader dei talebani mullah Mansour sia morto nel raid "fuori dal territorio dell’Afghanistan”. Abdullah ha quindi evidenziato che "si tratta di un colpo davvero serio per i talebani". Mansour, leader supremo del sedicente Emirato Islamico dell'Afghanistan, è stato il successore del mullah Omar, la cui morte nel 2013 era stata tenuta nascosta per due anni. Il capo talebano era salito al potere a fine luglio dello scorso anno, ma era stato da subito contestato dalle fazioni rivali. Washington e Kabul ritengono che la morte di Mansour avrà impatto positivo sui negoziati di pace in Afghanistan. Il leader talebano era infatti considerato uno dei principali oppositori al processo di riconciliazione nazionale.

    M.G.
    22/05/2016
    it.radiovaticana.va/news/2016/05/22/afghanistan_talebani_confermano_la_morte_del_leader_mansour...
    [Modificato da wheaton80 25/05/2016 14:23]
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    00 14/04/2017 18:17
    Bomba sull'Afghanistan, Edward Snowden afferma:"Tunnel dell'ISIS costruiti dalla CIA"

    Dopo il bombardamento mirato sulla base missilistica siriana, gli Stati Uniti di Trump hanno dato un'altra prova di forza al mondo sganciando la MOAB - la bomba non atomica più potente di sempre - nella zona afghana di Nangarhar, col l'intento di colpire "tunnel e grotte usate dai miliziani dell'ISIS". Ma a poche ore dall'attacco, l'attivista Edward Snowden ha pubblicato un documento in cui svela un importante retroscena della vicenda: quei tunnel sono stati finanziati dagli stessi cittadini americani, perché costruiti in Afghanistan negli anni Ottanta dalla CIA.

    twitter.com/Snowden/status/852597443237732352

    "È una rete di tunnel dei mujahiddin quella che abbiamo bombardato in Afghanistan? Noi abbiamo pagato per quella rete": è questo il commento, apparso sul profilo Twitter dell'informatico, a corredo di un estratto da un'inchiesta pubblicata sul New York Times nel 2005, dove si evince che la rete di cunicoli distrutta a Nargarhar è stata voluta e costruita nel 1980 dagli USA stessi, tramite la loro agenzia di spionaggio: www.nytimes.com/2005/09/11/magazine/lost-at-tora-bora.ht... I tunnel a stelle e strisce, del resto, non sono stati successivamente conquistati dai jihadisti, bensì fabbricati proprio per essere utilizzati dai mujaheddin. Nel 1980, infatti, la Casa Bianca sosteneva il movimento armato dei combattenti afghani in funzione antisovietica: nel '79 l'Armata Rossa aveva invaso il Paese e gli Stati Uniti si erano schierati con gli afghani, in una guerra conclusasi solo 10 anni dopo. Nel 2011, invece, il governo a stelle e strisce ha acquistato 20 ordigni come quello sganciato ieri - definito, non a caso, "la madre di tutte le bombe" - al prezzo di 315 milioni di dollari. Edward Snowden ha ricordato anche questo fatto citando un articolo del Los Angeles Times di quell'anno: articles.latimes.com/2011/nov/16/business/la-fi-bunker-buster-bomb-2...

    14/04/2017
    www.huffingtonpost.it/2017/04/14/bombasullafghanistanedwardsnodwenaffermatunneldellisi_a_2...
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    00 07/05/2017 23:07
    Autorità afghane segnalano uccisione comandante ISIS Abdul Haseeb

    Il Presidente afghano Ashraf Ghani ha annunciato l'uccisione del leader dell'ISIS nel Paese Abdul Haseeb. "Le autorità afghane confermano l'eliminazione di Abdul Haseeb, il leader dei terroristi dell'ISIS nella provincia di Nangarhar (Afghanistan orientale)", si legge in un comunicato pubblicato sul sito della presidenza afghana.

    07.05.2017
    it.sputniknews.com/mondo/201705074465968-terrorismo-Afghanista...
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    00 15/07/2017 02:47
    'Ucciso leader ISIS in Afghanistan'

    WASHINGTON - Le forze armate americane hanno ucciso in Afghanistan l''emiro' Abu Sayed, che era considerato il nuovo capo del Khorasan, la sezione dell'ISIS in Afghanistan e Pakistan. Lo ha reso noto il Pentagono affermando che Abu Sayed è stato eliminato durante un raid effettuato lo scorso 11 luglio nella regione di Kunar, durante il quale sono stati uccisi altri miliziani del gruppo terroristico. Abu Sayed era stato scelto per guidare il gruppo (Khorasan) dopo l'eliminazione dei leader precedenti da parte delle forze afghane e americane: Hafiz Sayed Khan era stato ucciso nel luglio 2016; gli era succeduto Abdul Hasib, anche lui poi eliminato nell'aprile di quest'anno. Il raid effettuato a inizio settimana ha avuto come obiettivo quello che è considerato il quartier generale del gruppo terroristico nella regione orientale, non lontano dal confine con il Pakistan.

    14 luglio 2017
    www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Esteri/Ucciso-leader-Isis-Afghanistan/14-07-2017/1-A_016092242.shtml?refre...
    [Modificato da wheaton80 15/07/2017 02:48]
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    00 26/08/2018 17:52
    In Afghanistan ucciso uno dei leader dell'ISIS

    Le forze armate afghane hanno eliminato uno dei leader del gruppo terroristico dello "Stato Islamico" nella parte orientale del Paese, segnala il canale 1TV riferendosi a delle fonti. È stato riferito che Sad Arhabi è stato ucciso in un raid aereo condotto dall'aviazione afghana nella notte di sabato nella provincia di Nangarhar. L'operazione è stata compiuta sulla base di informazioni fornite dai servizi segreti. Secondo il canale televisivo, altri 10 combattenti dell'ISIS sono stati liquidati durante l'operazione. Il canale televisivo rileva che si tratta del quarto leader dell'organizzazione terroristica in Afghanistan ad essere ucciso dal luglio 2016.

    26.08.2018
    it.sputniknews.com/mondo/201808266413969-esercito-raid-ter...
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    00 04/09/2018 15:57
    È morto Jalaluddin Haqqani, fondatore del gruppo terroristico afghano “Rete Haqqani”

    Jalaluddin Haqqani, fondatore della Rete Haqqani e uno dei più noti miliziani radicali afghani, è morto dopo diversi anni di malattia. La notizia è stata confermata dagli stessi talebani afghani, con i quali Haqqani aveva stretti rapporti. Nel comunicato diffuso dai talebani non vengono date altre informazioni, né sulla data né sul luogo della morte. Haqqani fu uno dei leader della guerriglia contro l’occupazione sovietica dell’Afghanistan negli anni Ottanta, periodo durante il quale fu considerato una preziosa risorsa per la CIA. Nel 1996 si alleò con i talebani e si avvicinò ad al Qaida, che aveva la propria base proprio in Afghanistan. Nel 2001, anno dell’invasione statunitense dell’Afghanistan, la Rete Haqqani passò sotto il controllo del figlio, Sirajuddin, che iniziò una grande campagna contro i soldati americani nel paese. La Rete Haqqani, che da molto tempo opera anche in Pakistan, è considerata responsabile di alcuni degli attacchi terroristici più gravi compiuti in Afghanistan negli ultimi anni.

    4 settembre 2018
    www.retefin.com/2018/09/04/e-morto-jalaluddin-haqqani-fondatore-del-gruppo-terroristico-afghano-rete-...
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    00 05/01/2019 20:02
    Il fallimento della strategia occidentale in Afghanistan


    La GBU-43/B MOAB (Massive Ordnance Air Blast), anche nota come “la Madre di Tutte le Bombe”, sganciata il 13 aprile del 2017 a Nangarhar

    Nel corso di una conferenza stampa tenutasi al margine del suo ultimo viaggio in Afghanistan in qualità di inviato speciale degli Stati Uniti per la pace in Afghanistan, il consigliere per l'Afghanistan presso l'Amministrazione Trump, Zalmay Mamozy Khalilzad, ha, tra le altre cose, affermato che “gli Stati Uniti si aspettano che un accordo di pace venga raggiunto prima del 20 aprile del prossimo anno, quando in Afghanistan si terranno le elezioni presidenziali”. Non si tratta di un'affermazione di poco conto, dato che proviene da colui che, a tutt'oggi, è uno degli uomini di punta nel campo politico-diplomatico degli Stati Uniti, avendo servito il proprio Paese in tempi abbastanza recenti prima in qualità di ambasciatore in Afghanistan, poi di ambasciatore in Iraq ed, infine, di ambasciatore presso le Nazioni Unite. Come era prevedibile, tale esternazione è stata accolta da diversi commentatori politici come la conferma che gli Stati Uniti stiano cercando una onorevole via d'uscita definitiva dall'Afghanistan. È paradossale che proprio a Khalilzad sia, infine, toccato l'onere di negoziare la “resa” della strategia americana in Afghanistan, essendosi egli distinto in tempi non sospetti come uno dei primi firmatari del cosiddetto “Project for the New American Century”, il 26 gennaio 1998, oggi universalmente definito come il primo “atto pubblico” del movimento dei cosiddetti “Neo-Con”. In realtà, la decisione da parte americana di procedere ad un progressivo “disimpegno” dall'Afghanistan risale almeno al primo mandato della Presidenza Obama. Nel 2009 l'allora comandante in capo delle forze ISAF, Generale Stanley McChrystal, si era reso protagonista di un'inaudita presa di posizione pubblica contro la politica attendista della Casa Bianca, colpevole di negargli 30-40.000 uomini di rinforzo a suo dire indispensabili per “degradare” le capacità militari dei Talebani.

    Prevedibilmente, McChrystal venne rimosso e Obama procedette invece all'inaugurazione di un programma di progressiva “afghanizzazione” del conflitto, spostando le truppe americane ed ISAF in un ruolo di supporto e cedendo alle Forze di Sicurezza Afghane il compito di portare avanti i progetti di pacificazione del Paese, soprattutto nelle zone rurali. Tuttavia, ad oltre 17 anni di distanza dall'invasione americana ed internazionale del Paese, e a 9 dall'inizio del programma di “afghanizzazione”, la situazione oggettiva sul terreno suggerisce che, purtroppo, il Paese non sia affatto sulla via della pacificazione. Nonostante l'azione congiunta delle forze ISAF e delle Forze di Sicurezza Afghane (rincalzate da un buon numero di “mercenari contractors”!) abbia cagionato ai Talebani oltre 100.000 morti nel corso degli anni, la resistenza non è stata fiaccata, ed anzi, dal 2015 ad oggi ha visto persino una recrudescenza, tanto da poter ora controllare oltre la metà dei distretti del Paese. Non solo, mentre nei primi anni dopo il 2001 le forze talebane operavano in prevalenza nelle zone abitate dai Pashtun, essendo il movimento degli “Studenti Coranici” essenzialmente espressione del nazionalismo culturale esasperato della più importante fra le etnie del Paese, oggi i Talebani hanno notevolmente ampliato il loro raggio d'azione facendo numerosi “proseliti” anche nelle aree abitate tradizionalmente dalle etnie nemiche dei Pashtun (Tagiki, Uzbeki, Turkmeni, ecc...). Né sembra che i cambiamenti strategici apportati da Trump abbiano sortito alcun effetto tangibile. Una volta preso il potere, infatti, il nuovo inquilino della Casa Bianca aveva annunciato una recrudescenza dell'impegno militare a stelle e strisce. Nelle parole del Presidente-tycoon, il nuovo impegno americano non era più rivolto a sostenere le campagne di pacificazione, né a ricostruire il Paese, ma solamente ad “uccidere i Talebani”.

    Su questo filone si inscrive l'aumento indiscriminato dei bombardamenti aerei sia sul territorio dell'Afghanistan che nel vicino Pakistan che, seppur provocando un sensibile aumento nelle perdite del nemico, ha causato anche un maggior numero di perdite civili, specialmente alla luce del fatto che l'Intelligence sia americana che afghana pare non abbia sul terreno assets sufficienti a supportare lo sforzo “aereo” con un costante e preciso flusso di informazioni. Valutando i crudi dati della statistica, i numeri paiono impressionanti; dall'inizio del 2018, gli Stati Uniti hanno sganciato un numero record di bombe ed altro munizionamento in comparazione con tutti gli altri anni dell'impegno americano in Afghanistan a partire dal 2006, quando sono iniziate queste rilevazioni. Secondo i dati forniti dall'U.S. Air Forces Central Command, nel periodo compreso tra gennaio ed ottobre del 2018, le forze aeree statunitensi hanno complessivamente sganciato in Afghanistan 5.982 ordigni di vario tipo nel corso di 6.600 sortite operative, il 12% delle quali costituito da missioni di bombardamento. Un decisivo aumento rispetto all'anno 2017, il quale pure era stato caratterizzato dal primo utilizzo operativo in assoluto della mastodontica GBU-43/B MOAB (Massive Ordnance Air Blast), anche nota colloquialmente come “la Madre di Tutte le Bombe”, sganciata il 13 aprile del 2017 nel corso di un bombardamento nella località di Nangarhar, nel distretto di Achin. Adottando una visione di lungo periodo, non è difficile notare come la campagna di bombardamenti aerei promossa dall'Amministrazione Trump si inscriva in una normale “recrudescenza” del conflitto in quel martoriato Paese.

    Secondo i dati pubblicati dal “Liberty Report” del 21 giugno del 2018, il quantitativo di bombe lanciato dagli Stati Uniti su base giornaliera in Afghanistan è passato da 24 bombe al giorno nel corso della Presidenza di George Bush Junior a 30 bombe al giorno nel corso della Presidenza di Barack Obama fino a toccare quota 121 bombe al giorno nel corso dell'attuale Presidenza Trump (approssimativamente 1 bomba ogni 12 minuti!), senza che ciò si traducesse in un reale spostamento degli equilibri militari e politici a favore del governo afghano, degli Stati Uniti e della coalizione internazionale. Non solo, mentre i Talebani ed il network di al-Qaida hanno visto progressivamente rimpolpare le proprie forze, dal 2015 a questa parte persino l'ISIS ha manifestato prepotentemente la sua presenza, creando gravi problemi tanto al governo afghano quanto ai Talebani stessi, i quali hanno da allora dovuto convivere con una forza ideologicamente allogena che si è però dimostrata in grado di fare rapidamente “proseliti” anche in terra afghana. La totale disarticolazione della strategia occidentale nei confronti dell'Afghanistan è ben rappresentata dalle diverse prese di posizione da parte dei vertici dell'Alleanza Atlantica e degli Stati Uniti nelle ultime settimane. Se il 3 dicembre del 2018 il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg affermava che “in nessuna circostanza la coalizione internazionale si sarebbe ritirata dall'Afghanistan”, il 19 dicembre, al momento di annunciare il ritiro delle truppe dalla Siria, il Presidente americano Trump annunciava invece un dimezzamento del contingente americano in Afghanistan. È evidente che, a fronte degli sforzi e dei denari profusi, l'Afghanistan si sia dimostrato un territorio troppo ostico per la potenza a stelle e strisce e che, al fine di evitare una sconfitta militare conclamata, i settori più lungimiranti dello Stato profondo americano si siano ormai convinti ad accettare una inevitabile uscita di scena da un pantano che ancora una volta ha confermato la sua proverbiale fama di “cimitero di imperi”.

    Andrea Gaspardo
    02/01/2019
    www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/il-fallimento-della-strategia-occidentale-afghanistan?fbclid=IwAR1fZ-U9PZMXEQ58pzra0a3yRE9BUYsh-o1HS3sTR06zJDromVz...
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    wheaton80
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    00 31/01/2020 12:06
    Una grossa perdita per l'espansione della democrazia
    Il killer di Soleimani e Bin Laden, capo CIA in Medio Oriente, ucciso nell’aereo USA abbattuto in Afghanistan



    ““Ayatollah Mike”, il celebre e misterioso comandante della Central Intelligence Agency di Langley (Virginia) nelle operazioni in Medio Oriente sarebbe rimasto ucciso nello schianto dell’aereo militare Us Air Force precipitato ieri, lunedì 27 gennaio, nell’Afghanistan centrale e su cui viaggiavano ufficiali CIA e NSA (National Security Agency). “L’aereo abbattuto era il comando mobile della CIA per Michael D‘Andrea, capo delle operazioni contro Iraq, Iran e Afghanistan, la piattaforma spia più avanzata d’America e il centro di comando mobile con tutte le attrezzature e i documenti, ora nelle mani dei nemici”, si legge su VT (per cui mi onoro di collaborare dall’Italia). “VT Damasco: (fonti dell’Intelligence russa confermano) È stato riferito che (Mike d'Andrea), responsabile del dossier dell’assassinio del martire Maggiore Generale Qassem Soleimani, è stato ucciso nell’incidente dell’aereo americano che è stato abbattuto in Afghanistan. È la figura di spicco dell’Intelligence della CIA nella regione. Il massimo ufficiale della CIA è stato ucciso nell’incidente del bombardiere americano in Afghanistan””.

    Fonte: www.gospanews.net/2020/01/28/clamoroso-ayatollah-mike-capo-cia-in-medio-oriente-ucciso-nellaereo-abbattuto-in-afgh...

    Sulla figura di D’Andrea ecco un articolo del New York Times del 2 giugno 2017:

    La CIA nomina il “Principe Oscuro” per eseguire operazioni in Iran, segnalando un indurimento della strategia
    WASHINGTON – È conosciuto come il Principe Oscuro o Ayatollah Mike, soprannomi che ha guadagnato come ufficiale della Central Intelligence Agency che ha supervisionato la caccia a Osama bin Laden e la campagna americana di attacchi con droni che ha ucciso migliaia di militanti islamici e centinaia di civili. Fumatore incallito, è un convertito all’Islam… Ora Michael D’Andrea ha un nuovo lavoro. Guidare le operazioni iraniane della CIA, primo segnale importante che l’Amministrazione Trump sta imboccando la linea dura che il Presidente ha promesso contro l’Iran durante la sua campagna. Il nuovo ruolo di D’Andrea è una delle numerose mosse all’interno dell’agenzia di spionaggio che segnalano un approccio più muscolare per operazioni segrete sotto la guida di Mike Pompeo. L’Iran è stato uno degli obiettivi più difficili per la CIA. L’agenzia ha un accesso estremamente limitato al Paese (nessuna ambasciata americana è aperta a fornire copertura diplomatica). […] D’Andrea, un convertito all’Islam, che ha una reputazione fuori misura e il track record per confermarlo: forse nessun singolo funzionario della CIA è più responsabile dell’indebolimento di al-Qaeda. “Può eseguire un programma molto aggressivo, ma in modo molto intelligente”, ha dichiarato Robert Eatinger, un ex avvocato della CIA che era profondamente coinvolto nel programma di droni dell’agenzia.

    Illustre torturatore e re degli assassini mirati



    Negli anni successivi agli attacchi dell’11 settembre, D’Andrea è stato profondamente coinvolto nel programma di detenzione e interrogatorio che ha portato alla tortura di un certo numero di prigionieri ed è stato condannato in un ampio rapporto del Senato nel 2014 come disumano e inefficace. È stato reso pubblico solo il sommario esecutivo del rapporto di 6.700 pagine; l’Amministrazione Trump ha iniziato a restituire copie del documento completo al Congresso, che non è soggetto alle richieste del Freedom of Information Act, sollevando la prospettiva che non verrà mai rilasciato. D’Andrea ha preso il controllo del centro antiterrorismo dell’agenzia all’inizio del 2006 e ha trascorso i successivi nove anni a dirigere la caccia ai militanti di tutto il mondo. Gli agenti sotto la sua direzione hanno svolto un ruolo fondamentale nel 2008 nell’uccisione di Imad Mugniyah, il capo delle operazioni internazionali per Hezbollah, il gruppo militante sciita appoggiato dall’Iran con base in Libano. Lavorando con gli israeliani, la CIA ha usato un’autobomba per uccidere Mugniyah mentre tornava a casa a Damasco, dove Hezbollah gode di forti legami con il sostegno del governo siriano. Allo stesso tempo, D’Andrea stava accelerando il programma di droni in Pakistan.

    I droni divennero lo strumento antiterrorismo preferito dal Presidente Barack Obama, che approvò personalmente gli attacchi contro i leader militanti. Quando D’Andrea subentrò come capo dell’antiterrorismo, solo una mezza dozzina di droni dell’agenzia era operativa in Pakistan, e quell’anno ci furono solo tre attacchi. Nel 2010, quando la campagna dei droni era al culmine, l’agenzia ha lanciato 117 attacchi contro i militanti di al-Qaeda e altri jihadisti che si rifugiavano nelle aree tribali montuose che corrono lungo il confine nord-occidentale del Pakistan con l’Afghanistan. Ma ci sono state anche battute d’arresto. D’Andrea era al timone quando una fonte della CIA che lavorava segretamente per al-Qaeda si fece esplodere in una base americana in Afghanistan, uccidendo sette agenti. Fu il singolo attacco più letale contro il personale della CIA in oltre un quarto di secolo. E nel gennaio del 2015 un drone ha colpito un complesso di al-Qaeda in Pakistan dove, all’insaputa della CIA, i militanti tenevano due ostaggi: Warren Weinstein, un operatore umanitario e consulente economico americano, e Giovanni Lo Porto, 37 anni, italiano. Entrambi gli uomini furono uccisi nell'attacco […]. “Molti di quelli che lo conoscono hanno paura di lui; e pensavano fosse sconsiderato, ma in realtà non lo era”, ha dichiarato Eatinger. “Era molto preciso e teneva le persone sotto standard molto elevati”.

    Fonte: www.nytimes.com/2017/06/02/world/middleeast/cia-iran-dark-prince-michael-dand...

    Maurizio Blondet
    28 gennaio 2020
    www.maurizioblondet.it/una-grossa-perdita-per-lespansione-della-dem...
    [Modificato da wheaton80 31/01/2020 12:10]
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    00 09/07/2021 01:04
    Fuga dall’Afghanistan

    La fuga dei militari americani dalla base aerea di Bagram nella notte di venerdì ha riassunto in modo esemplare il disastro di vent’anni di occupazione dell’Afghanistan. Il ritiro definitivo ordinato dal Presidente Biden è stato già completato al 90% e sta lasciando in fretta il controllo di un numero crescente di distretti del Paese centro-asiatico nelle mani dei Talebani. La sconfitta degli USA e dei loro alleati assumerà dimensioni forse ancora più importanti nelle prossime settimane o, addirittura, nei prossimi giorni, ma l’elemento già acquisito è la ragione più profonda del disastro, derivante dalle motivazioni tutt’altro che nobili della guerra scatenata nell’autunno del 2001 e dall’opposizione che essa ha generato tra la popolazione afghana nei due successivi decenni. Attorno alla questione dell’Afghanistan restano da sciogliere parecchi nodi da parte degli Stati Uniti, primo fra tutti quello dell’impronta che Washington intende conservare in questo Paese per influenzarne le vicende o, più correttamente, per assicurare che i propri interessi siano in qualche modo difesi dopo la fine ufficiale dell’occupazione. Lo spettacolo a cui si sta assistendo con l’assottigliamento del contingente straniero lascia però moltissimi dubbi sulla capacità americana di pianificare una strategia coerente ed efficace per il futuro dell’Afghanistan. La Associated Press ha raccontano nei giorni scorsi di come centinaia di soldati USA avessero ricevuto l’ordine di evacuare in fretta e furia la base di Bagram, mentre la decisione non era stata nemmeno comunicata al nuovo comandante afghano. Quest’ultimo ha così scoperto l’abbandono della struttura dopo due ore dalla partenza degli americani. La base, lasciata senza energia elettrica, è stata per più di un’ora a disposizione di una banda di saccheggiatori, che hanno approfittato del materiale abbandonato, inclusi veicoli, armi, cibo e telefoni. La sorte di Bagram è doppiamente emblematica del fallimento americano, poiché è stata per vent’anni il fulcro dell’occupazione.

    Di dimensioni enormi, la struttura situata a una sessantina di chilometri a nord di Kabul ha ospitato centinaia di migliaia di militari e da qui sono partiti gli aerei da guerra impegnati nei bombardamenti contro i “ribelli” o le missioni delle forze speciali USA, responsabili di innumerevoli massacri di civili afghani. A Bagram resta anche un famigerato carcere, dove gli americani e i loro partner afghani hanno ampiamente fatto ricorso a metodi di tortura, soprattutto nei primi anni seguiti all’invasione del Paese. I Talebani, intanto, continuano a dilagare in particolare nel nord dell’Afghanistan e in poche settimane hanno assunto il controllo di circa un quarto dei distretti del Paese, che vanno ad aggiungersi al territorio che già detenevano in precedenza. Sono moltissimi i casi nei quali le forze di sicurezza del Governo di Kabul si sono arrese e hanno consegnato le loro armi ai Talebani senza opporre resistenza. Lunedì, inoltre, di fronte all’avanzata talebana, più di mille soldati afghani sono fuggiti oltre il confine con il Tagikistan, chiedendo protezione al governo dell’ex repubblica sovietica. Uno degli elementi più rilevanti della campagna dei Talebani è rappresentato dal fatto che molte delle province finite di recente nelle mani degli “Studenti del Corano”, a maggioranza etnica uzbeka, tagika o hazara, erano per loro praticamente off-limits tra il 1996 e il 2001, anni in cui governavano l’Afghanistan. Alcune di queste aree erano dominate ad esempio dalla cosiddetta “Alleanza del Nord”, storicamente ostile ai Talebani, che sono in gran parte di etnia Pashtun.



    Questa situazione apparentemente insolita è dovuta a svariati fattori. Il primo è senza dubbio la frustrazione delle popolazioni di qualsiasi etnia nei confronti del governo sostenuto dagli Stati Uniti, che si traduce in un atteggiamento favorevole o, quanto meno, di passiva rassegnazione davanti al ritorno dei Talebani. È molto probabile infatti che questi ultimi, malgrado gli aspetti legati al fanatismo e alla brutalità dei metodi di controllo del territorio, riescano a offrire una prospettiva di stabilità e ordine dopo due decenni di violenze, povertà e corruzione dilagante. Qualche commentatore ha fatto notare anche un altro aspetto interessante. La quasi totale assenza di resistenza e di scontri armati in alcuni distretti settentrionali, dove è risaputa la presenza di milizie teoricamente anti-talebane, ha sollevato l’ipotesi di un qualche accordo segreto tra i leader di queste ultime e gli “studenti del Corano”. La questione non è affatto trascurabile, dal momento che, se così fosse, le probabilità di assistere a una nuova sanguinosa guerra civile in Afghanistan una volta completato il ritiro delle forze di occupazione occidentali verrebbero ridimensionate. Gli elementi concreti a supporto di questa tesi sono ad ogni modo scarsi, ma non è sorprendente che i media americani l’abbiano finora ignorata. Al contrario, la stampa d’oltreoceano è dominata da notizie e analisi che prospettano un tracollo delle fragili strutture statali afghane, con un conseguente e pressoché inevitabile scontro fratricida. Questa versione, peraltro non inverosimile, risponde a un obiettivo ben preciso di almeno una parte dell’apparato militare e della sicurezza nazionale USA, vale a dire il mantenimento di una forza militare residua in Afghanistan o l’individuazione di una base in un Paese vicino, da cui continuare a condurre operazioni di “anti-terrorismo”. Che poi la minaccia terroristica sia un pretesto è ormai risaputo e il gioco è stato svelato recentemente anche dai giornali ufficiali, come Washington Post e Wall Street Journal. Su entrambi sono apparsi editoriali nei giorni scorsi che hanno messo in guardia dalle conseguenze strategiche di un ritiro totale dall’Afghanistan e dai vantaggi che raccoglierebbero Paesi come Cina, Russia e Iran.

    Il futuro dell’Afghanistan non è comunque scontato, anche se la previsione degli stessi vertici militari americani, circa il possibile crollo del governo-fantoccio del Presidente Ashraf Ghani dopo sei mesi dal ritiro delle forze di occupazione, appare probabile se non addirittura troppo ottimistica. Da valutare saranno in primo luogo i negoziati di pace di Doha tra i Talebani e il governo di Kabul, per il momento in pieno stallo. A dominare è per ora evidentemente il fattore militare, ma i Talebani hanno appena fatto sapere che il prossimo mese presenteranno nella capitale del Qatar una loro proposta scritta per una soluzione diplomatica. Malgrado la visione interamente pessimistica dei media occidentali, non va trascurato il fatto che i Talebani potrebbero non voler ripetere l’esperienza degli anni Novanta al potere e che quindi intendano istituire un sistema relativamente aperto che garantisca maggiore stabilità e riduca l’esposizione alle pressioni esterne. A differenza di due decenni fa, poi, chiunque si installi al potere a Kabul avrà in teoria l’opportunità di agganciare il Paese alle dinamiche regionali in pieno fermento, alimentate in primo luogo dai progetti della “Belt and Road Initiative” (“Nuova Via della Seta”) cinese. La relativa scarsità di episodi di sangue che stanno segnando l’avanzata talebana, quanto meno in alcune parti del territorio afghano, è però tutta da verificare. Per il momento, i Talebani hanno per lo più occupato le aree rurali e periferiche dei distretti strappati al controllo governativo, mentre si sono in larga misura astenuti dall’entrare nelle rispettive capitali. Ciò potrebbe dipendere da una questione di strategia decisa ai vertici oppure dal vincolo imposto dall’accordo di pace siglato con l’Amministrazione Trump nel febbraio del 2020, che prevedeva appunto la rinuncia a qualsiasi attacco contro le capitali delle province. Un cambiamento di rotta in questo senso e, quindi, una futura campagna militare diretta contro le principali città afghane potrebbe perciò incontrare una maggiore resistenza e scatenare conflitti sanguinosi che getterebbero il Paese ancora di più nel baratro, rimettendo forse in discussione anche i contorni del disimpegno americano.

    Michele Paris
    07 Luglio 2021
    www.altrenotizie.org/primo-piano/9338-fuga-dall-afghanis...
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    00 21/08/2021 02:41
    I potenti della terra sull'Afganistan

    Ci sono cose interessanti che stanno avvenendo ma molti tendono ad ignorarle. Ad esempio senti questa: il 17 agosto la Casa Bianca ha affermato che Joe Biden non ha ricevuto alcuna telefonata dai leader mondiali in merito all’Afghanistan. Trudeau, Primo Ministro canadese, dichiara in conferenza stampa di aver parlato con Hillary Clinton di questo. Interessante. Perché e con che titolo Hilary è coinvolta in qualche discussione relativa alla questione afghana? E’ il segnale. I leader mondiali sanno già che Joe Biden è solo un Presidente ad Interim. Dietro di lui c’è Hillary Clinton. E’ così che governano sempre gli stessi. I ruoli che contano sono occupati sempre dai soliti. Sulla questione afghana hanno discusso anche Vladimir Putin e Mario Draghi. Per il Presidente russo prioritaria è la sicurezza della popolazione e la gestione del traffico di droga. Ora, non vorrei fare il guastafeste, ma nessuno sta parlando di “Talebani” e di “colpo di Stato militare”. Questo perché? Perché è solo un’idea dei Fake News Media. I Talebani sono stati incaricati da tutto il consesso internazionale di fondare un nuovo Stato Afghano. I Patrioti delle varie Nazioni stanno semplicemente gestendo il processo in maniera pulita. I nemici dei popoli potrebbero assumere dei mercenari e vestirli da Talebani (lo hanno sempre fatto). L’Afghanistan è la sede della produzione di Oppio e Hashish a livello Globale. E’ uno degli Stati chiave dei nemici dei Popoli. Sottrarre a loro questo mezzo di controllo e di guadagno è qualcosa di molto grosso. Putin lo sa, per questo ha parlato esplicitamente di questo e non dei Talebani. Ora non voglio entrare nel dettaglio, ma è possibile che Big Pharma e alcuni servizi segreti deviati occidentali abbiano spinto affinché l’Afghanistan diventasse produttore mondiale di droga. In questi anni, è molto probabile che abbiano utilizzato i mezzi militari della NATO per smerciare la droga in tutto il mondo. La NATO ci deve non poche spiegazioni e il Presidente Trump, nella sua Agenda, tra i punti, aveva l’uscita degli Stati Uniti dalla NATO. Il disegno comincia a prendere forma. Non avranno più posti dove nascondersi. Stay Tuned.

    20 agosto 2021
    thegiustice.altervista.org/i-potenti-della-terra-sullafgh...
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    00 25/09/2021 21:54
    Ahmad Massud è fuggito dall’Afghanistan

    Nonostante le smentite della stampa internazionale, lo sceicco tagico Ahmad Massud e l’ex capo tagico dell’Intelligence afghana, Amrullah Saleh, hanno lasciato l’Afghanistan. Quindi non c’è più resistenza al governo pashtun dei talebani. Ahmad Massud, figlio del “Comandante Massud”, era sostenuto dalla CIA. Il Tagikistan ha concesso asilo politico a Massud e Saleh pochi giorni dopo il vertice dell’Organizzazione di Shangai per la Cooperazione e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva.

    Traduzione: Rachele Marmetti
    24 settembre 2021
    www.voltairenet.org/article214181.html
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    00 03/03/2022 19:08
    Talebani si impegnano a rispettare i diritti degli sciiti

    Abdulrahman Kunduzi, il governatore dei talebani nella provincia di Samangan, ha affermato in un incontro con i rappresentanti sciiti della provincia che nessuno ha il diritto di mancare di rispetto agli sciiti. “L’Afghanistan è la patria di tutta la gente del Paese. Per i talebani, l’etnia, la razza e la religione non sono importanti, ma siamo tutti afghani e fratelli”, ha affermato ulteriormente il governatore talebano. Sottolineando la necessità di mantenere la solidarietà e l’unità tra il popolo afghano, Kunduzi ha aggiunto:“Chiedo agli sciiti e agli anziani sciiti nella provincia di Samangan di rafforzare la solidarietà”. Secondo l’Afghan Voice Agency, il governatore talebano ha affermato che il ruolo degli anziani tribali, degli studiosi di religione e del popolo è efficace nel sostenere e rafforzare il governo afghano, aggiungendo:“Chiedo al popolo della provincia di Samangan di sostenere il Governo Talebano e dell’Emirato Islamico”. Ha aggiunto:“Gli sciiti fanno parte della Nazione afghana e nessuno ha il diritto di mancar loro di rispetto o insultarli, e in cambio chiediamo agli sciiti di sostenere l’Emirato Islamico”. Secondo il rapporto, gli anziani sciiti della provincia di Samangan, a loro volta, hanno dichiarato all’autorità talebana che l’unica via d’uscita ai problemi esistenti è il coordinamento, la solidarietà e la cooperazione tra le persone e il governo e hanno promesso il loro sostegno al governo ad interim dei talebani.

    22/02/2022
    ilfarosulmondo.it/talebani-si-impegnano-a-rispettare-i-diritti-degli...
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    00 07/06/2022 00:16
    Afghanistan - I talebani si schierano contro l'oppio

    I talebani in Afghanistan hanno avviato una campagna per sradicare la coltivazione del papavero, con l’obiettivo di spazzare via la massiccia produzione di oppio ed eroina del Paese. Una misura che rischia di togliere agli agricoltori i loro mezzi di sussistenza, in un momento di crescente povertà. Nei giorni scorsi, nel distretto di Washir, nella provincia meridionale di Helmand, combattenti talebani armati hanno fatto la guardia mentre un trattore dilaniava un campo di papaveri. I talebani, che hanno preso il potere in Afghanistan più di nove mesi fa, stanno attuando un editto emesso all’inizio di aprile che vieta la coltivazione del papavero in tutto il Paese.

    03 giugno 2022
    www.lindipendente.online/2022/06/03/afghanistan-i-talebani-si-schierano-contro...
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    wheaton80
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    00 12/07/2023 12:34
    Oppio sconfitto dai Talebani in Afghanistan

    In Afghanistan, i Talebani sono riusciti a ridurre ai minimi termini la coltivazione di papaveri da oppio, dai quali si ricava l’eroina. Lo constata il quotidiano britannico Telegraph.

    www.telegraph.co.uk/global-health/terror-and-security/taliban-war-on-drugs-poppy-ban-opium-heroin-afgh...

    Durante l’occupazione dell’Afghanistan, gli Stati Uniti spendevano 1,5 milioni di dollari al giorno per la sola guerra dell’oppio: ma i papaveri fiorivano come non mai. Anche nella lotta alla droga, le famose milizie in ciabatte hanno sconfitto gli Stati Uniti: quando si dice il crollo di un impero… E non solo. Per vent’anni ci hanno detto che dietro alla coltivazione dei papaveri da oppio in Afghanistan c’erano proprio i Talebani. Adesso, che cosa dobbiamo pensare?

    I Talebani contro l'oppio
    Vengono (o venivano) dall’Afghanistan circa i quattro quinti della produzione mondiale di oppio. Destinazioni principali: Europa, penisola arabica, India. Nell’aprile 2022, circa otto mesi dopo la precipitosa e caotica fuga degli statunitensi da Kabul, i Talebani hanno vietato la coltivazione dei papaveri da oppio. E, soprattutto, come riferisce il Telegraph, hanno fatto rispettare il divieto, distruggendo i campi e talvolta arrestando i trasgressori. Risultato: la coltivazione è diminuita dell’80%. I dati del Telegraph smentiscono il fosco quadro tratteggiato dall’ultimo rapporto che l’UNODC, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine, ha dedicato all’Afghanistan.

    www.unodc.org/documents/crop-monitoring/Afghanistan/Opium_cultivation_Afghanistan_...

    Porta la data del novembre 2022 e si riferisce al raccolto di quello stesso anno, derivante dalle semine 2021 e ancora sostanzialmente non toccato dal divieto dei Talebani.

    Il Rapporto UNODC sull’oppio
    Il rapporto UNODC parla di seminativi aumentati del 32% e di ricavi triplicati nel 2022. Descrive contadini che, per campare, possono solo coltivare oppio. Tratteggia un Afghanistan alle prese con un disastro economico dopo il ritiro statunitense. Induce così a supporre, anche se non lo scrive, che, nonostante il divieto, la produzione fosse destinata ad aumentare ancora. E invece… C’è un particolare curioso nel rapporto. Si tratta del grafico storico relativo alla produzione di oppio in Afghanistan. È qui sotto. L’area verde si riferisce alla superficie coltivata a papaveri; la linea viola, al quantitativo prodotto. Fino al 2001, anno dell’intervento statunitense in Afghanistan, questa attività era tutto sommato contenuta: risultava quasi azzerata in quello stesso 2001. In seguito si è impennata.



    La campagna degli USA
    Eppure gli Stati Uniti spendevano in Afghanistan 1,5 milioni di dollari al giorno per contrastare la coltivazione dei papaveri da oppio. La cifra, già citata nelle prime righe, è in un articolo della BBC datato 2019, che constata il fallimento di questa campagna. Gli USA, insieme ai britannici, hanno invano dispiegato tutti i loro poderosi mezzi contro i papaveri da oppio. Lo racconta un servizio del Washington Post, anch’esso del 2019.

    www.washingtonpost.com/graphics/2019/investigations/afghanistan-papers/afghanistan-war-opium-poppy-pro...

    Pagavano profumatamente i contadini affinché non coltivassero papaveri o bruciassero i raccolti; bombardavano i laboratori clandestini, salvo poi scoprire che erano vuoti e abbandonati; assoldavano mercenari per distruggere i campi. Invano.

    Giulia Burgazzi
    06 luglio 2023
    visionetv.it/oppio-sconfitto-dai-talebani-in-afghanistan/
    [Modificato da wheaton80 12/07/2023 12:36]