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Al-Qaeda non serve più, e gli Usa “licenziano” i sauditi

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    wheaton80
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    00 05/06/2017 22:45
    Si spacca la NATO Araba. Fulvio Scaglione all'AD:"Ryad ha messo l'occidente spalle al muro"

    Crisi diplomatica senza precedenti nel Golfo Persico. Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi ed Egitto hanno rotto i rapporti diplomatici con il Qatar. Hanno 48 ore gli ambasciatori del Qatar per uscire dai Paesi e nel frattempo sono state chiuse tutte le frontiere aeree e terrestri verso la Nazione accusata di sostenere organizzazioni terroristiche e di interferenze negli affari interni del confinante Bahrein. Quest’ultimo, in particolare, accusa il Qatar di «incitamento dei media, del sostegno alle attività terroristiche armate e dei finanziamenti legati a gruppi iraniani per sabotare e diffondere il caos in Bahrein». Già dieci giorni fa gli alleati di Ryad avevano bloccato le trasmissioni di Al-Jazeera, con sede a Doha, nei loro Paesi e nelle capitali arabe; riporta oggi Stabile su La Stampa:“girano da giorni voci di un intervento delle truppe egiziane e saudite nella penisola, per detronizzare l’Emiro. La Borsa di Doha è crollata, mentre il prezzo del petrolio è schizzato in alto. Il Qatar è uno dei più grandi esportatori di gas al mondo e condivide con l’Iran un enorme giacimento nel Golfo Persico, una delle ragioni della sua posizione più accomodante verso Teheran”. Abbiamo chiesto ad un grande conoscitore dell’area come Fulvio Scaglione, ex vice Direttore di Famiglia Cristiana e fonte autorevole su diverse testate, di aiutarci a comprendere meglio la decisione e la posta in gioco.

    E’ stato sorpreso dalla decisione?
    In parte sì. Anche se il viaggio di Trump ha accelerato un percorso che era già iniziato e non avremmo dovuto essere colti di sorpresa più di tanto. Nel viaggio a Ryad, il neo Presidente statunitense ha legittimato e dato grande forza a Re Salman. Certo, la politica degli Stati Uniti non è che sia cambiata oggi – il record di vendita delle armi raggiunto da Trump supera il record precedente di cui si può “vantare” l’amministrazione Obama - ma quest’ultimo viaggio è stato un messaggio chiaro al mondo.

    In che senso?
    Nel senso che gli Stati Uniti hanno chiarito inequivocabilmente come avrebbero sostenuto in tutti i modi possibili l’Arabia Saudita nella sua lotta contro quello che rappresenta il vero nemico di Ryad: l’Iran. Non va sottovalutato che le due capitali scelte da Trump per il suo viaggio - in concomitanza, elemento da non sottovalutare, con le elezioni iraniane - fossero Ryad e Tel Aviv. Messaggio chiaro che ha dato forza a quanto deciso oggi da Ryad e dagli altri Paesi del golfo contro il Qatar.

    La causa principale di questa rottura è quindi da ascrivere all’Iran e alla posizione “moderata” del Qatar verso la Repubblica Islamica?
    Si, ma non solo. E’ chiaro che l’Iran rappresenti il convitato di pietra. Ma da decenni l’Arabia Saudita, con coerenza, dedizione e miliardi e miliardi di dollari, lavora assiduamente perché il wahhabismo abbia il monopolio del mondo islamico. Le voci discordanti non vengono accettate e si cerca di abbatterle. Chiaramente in primis lo sciismo e le sue applicazioni in Iran, Siria e Yemen, ma, in generale, anche tutti coloro che assumono posizioni più dialoganti come il Qatar.

    L’ha sorpresa che anche l’Egitto abbia aderito al blocco contro il Qatar?
    Qatar significa Fratelli Musulmani e quindi no, non mi ha sorpreso.

    In questi anni, e l’Italia ne è chiaro esempio, il Qatar ha conquistato spazi enormi in Occidente grazie ad enormi finanziamenti e investimenti. Che strategia utilizzerà per difendersi da questo blocco imposto dai Paesi vicini?
    Innanzitutto, il Qatar non è privo di armi, oltre ai grandi finanziamenti fatti in occidente, certo. Ma il colpo è duro e le ripercussioni saranno enormi per il Paese. Anche le prossime decisioni della Turchia ci diranno molto da questo punto di vista. Ora è troppo presto per sbilanciarsi.

    E l’Occidente che farà?
    Ecco, questa è la vera questione. Che cosa facciamo noi adesso? Assecondiamo quanto ci dice chi più di tutti ha finanziato e supportato quel terrorismo responsabile della destituzione recente del Medio Oriente? Assecondiamo quanto dice il nostro “alleato” saudita e consideriamo valide le sue affermazioni, vale a dire che il Qatar finanzia il terrorismo? E allora come reagiamo? Sanzioniamo, imponiamo embarghi d’armi e commerciali a chi finanzia il terrorismo, cioè il Qatar? Oppure, se non lo facciamo, diciamo esplicitamente che l’Arabia Saudita ha torto? E allora: cosa facciamo verso l’Arabia Saudita e l’esportazione del wahhabismo? Continuiamo ad inondarlo di armi e mezzi magari per una prossima invasione del Qatar oltre che per continuare a massacrare lo Yemen?

    Questo nuovo scontro nel mondo islamico aizzerà ulteriormente il ciclo di attentati in corso in Europa?
    Non saprei. Ma qui molto spesso si commette un errore di valutazione grave. Come nelle analisi per il variegato mondo islamico viene analizzato tutto come se fosse un unico grande calderone, lo stesso sta avvenendo con gli attentati terroristici in Europa. Prendiamo gli ultimi due casi. Mentre quello di Manchester è il frutto di organizzazione, struttura e ordigni non del tutto rudimentali, l’attacco a Londra è il contrario, frutto di pazzia non controllabile. Quest’ultimi chiaramente preoccupano di più. Ma invito alla prudenza nelle analisi. Qui la vera questione è come noi vogliamo difenderci. Chi è che predica in Europa? Chi li finanzia? Sappiamo chi e cosa c’è dietro questo fermento? E’ il momento di rispondere a queste domande, anche se le risposte non sono in linea con la politica estera dei nostri governanti.

    Alessandro Bianchi
    05/06/2017
    www.lantidiplomatico.it/dettnewssi_spacca_la_nato_araba_fulvio_scaglione_allad_riad_ha_messo_loccidente_spalle_al_muro/549...
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    wheaton80
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    00 01/07/2017 20:06
    Quell’intesa tra USA ed Emirati per invadere l’Iraq

    Nuove scottanti rivelazioni giungono dai cablogrammi di Wikileaks. Secondo quanto riportato in uno dei documenti del 2003, Mohammad bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti e vicecomandante supremo delle Forze Armate emiratine, avrebbe collaborato attivamente con gli Stati Uniti nel periodo antecedente l’invasione dell’Iraq da parte delle truppe statunitensi e alleate. I documenti resi pubblici dall’organizzazione fondata da Julian Assange mostrano in particolare gli stretti rapporti che intercorrevano allora tra il principe emiratino e Richard Haass, diplomatico statunitense dal luglio del 2003 Presidente del Council on Foreign Relations. I due si sarebbero incontrati già nel gennaio del 2003, due mesi prima dell’inizio della campagna militare degli Stati Uniti contro Saddam Hussein, e, stando ai cablogrammi pubblicati, avrebbero discusso approfonditamente di Iran, relazioni con Arabia Saudita e soprattutto Iraq. In particolare, con riferimento all’Iraq e alla prossima decisione di attivarsi per porre fine al governo di Saddam con la cosiddetta seconda guerra del Golfo, il ruolo del principe degli Emirati sarebbe stato quello di consigliare gli Stati Uniti su come comportarsi riguardo alcune questioni spinose per l’opinione pubblica dei Paesi del Golfo Persico e in generale dei Paesi arabi. Uno dei punti salienti di quell’incontro fu, infatti, quello che ebbe come argomento il braccio mediatico del Qatar: Al Jazeera. Già nel 2003, Al Jazeera aveva iniziato a operare come news maker fondamentale per tutti i Paesi di lingua araba e non solo. La sua attendibilità era già particolarmente importante a quell’epoca per tutte le reti e i media internazionali, tanto da diventare quasi verità quanto riportato dall’emittente qatariota.

    Il principe Mohammad bin Zayed Al Nahyan, durante l’incontro con Haass, aveva in particolare chiesto al diplomatico americano di fare pressioni sul Qatar affinché chiedesse ad Al Jazeera di non inviare reporter nelle prime settimane del conflitto. Secondo quanto riportato dai cablogrammi, il monito del principe degli Emirati era in particolare teso a evitare che i cittadini dei Paesi Arabi e del Nordafrica potessero rimanere colpiti dalle immagini dei primi morti civili iracheni nel conflitto, e questo avrebbe compromesso la tenuta dell’accordo fra Occidente e monarchie del Golfo per quanto riguardava la scelta di non ostacolare la campagna in Iraq della Casa Bianca. Il cablogramma cita in particolare le parole di Haass, che ricorda, nei suoi documenti, quanto il principe considerasse “altamente rischioso” mostrare i morti innocenti dei bombardamenti americani. La scelta di oscurare la libertà di espressione e soprattutto la corretta informazione di quanto avveniva in Iraq, non ebbe poi da parte del principe alcun contraltare nel chiedere agli americani di limitare il più possibile le vittime civili. Quello che si evince da questi documenti è il totale disinteresse verso le perdite civili, e, al contrario, la ferrea volontà di non mostrare niente di compromettente all’opinione pubblica araba. La questione delle vittime civili in Iraq a causa dei bombardamenti americani è stata una delle cause scatenanti dell’eterno conflitto iracheno di resistenza alle forze della coalizione internazionale a guida statunitense.

    Ancora oggi le statistiche non riescono a dare un quadro chiaro alle decine di migliaia di civili morti di tutto il conflitto e rappresenta ancora una lacuna importante. Dal 2003, l’Iraq ancora non riesce a dare un numero certo di vittime della guerra, ma quello che è evidente è che tutti, anche gli attori di quel conflitto – pensiamo a Tony Blair – hanno compreso le tragiche conseguenze politiche e umanitarie di quella guerra. Il ruolo degli Emirati fu in principio contrario all’intervento militare, ma mantenne una certa ambiguità, soprattutto in seno alla Lega Araba. Fatto del resto non troppo difficile da comprendere, se si pensa che gli Emirati, insieme all’Arabia Saudita, avessero partecipato con l’Occidente alla Prima Guerra del Golfo. Quando in Egitto, i Paesi dell’organizzazione, nel 2003, dichiararono la loro contrarietà a qualsiasi tipo d’intervento militare occidentale in Medio Oriente, gli Emirati proposero una mozione con la quale si chiedeva a Saddam Hussein di lasciare il potere entro quattordici giorni, abbandonare l’Iraq e amnistiare tutti i detenuti politici. Sempre nella proposta, si chiedeva l’intervento della lega Araba in accordo con l’ONU per il controllo del Paese. Segno di come gli Emirati, già a quel tempo, avevano individuato nella fine del potere di Saddam un obiettivo della politica estera di Abu Dhabi, come confermato, questi giorni, dai cablogrammi di Wikileaks.

    Lorenzo Vita
    30 giugno 2017
    www.occhidellaguerra.it/principe-degli-emirati-collaboro-gli-usa-invader...
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    wheaton80
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    00 06/11/2017 02:36
    Arabia Saudita - Cade elicottero vicino allo Yemen, morto principe Mansour bin Muqrin


    Mansour bin Muqrin

    Un elicottero che trasportava otto alti funzionari sauditi, incluso il principe Mansour bin Muqrin, 44 anni, membro della famiglia reale, e figlio dell'ex erede al trono fino al 2016 Muqrin bin Abd-Al Aziz, è precipitato vicino al confine con lo Yemen causando la morte di tutte le persone a bordo. Le forze saudite sono impegnate dal 26 marzo 2015 in una guerra in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi sostenuti dall'Iran e solo ieri un loro missile balistico è stato intercettato, a quasi 1.000 km di distanza, vicino all'aeroporto internazionale di Riad. Sempre ieri, l'erede al trono, il principe Mohamed bin Salman (conosciuto come MbS), l'uomo forte del Paese, ha operato una maxi purga accusando di corruzione e facendo arrestare 11 principi della famiglia reale, 4 ministri in carica e decine di ex. Tra gli 11 principi anche il multimiliardario, Alwaleed bin Talal, che possiede, tra l'altro, la società di investimento Kingdom Holding. Kingdom possiede partecipazioni nell'impero mediadico News Corp di Rupert Murdoch e anche nel sito di microblogging Twitter. La retata è stata messa in moto dal sempre piu potente erede al trono saudita, che ha avviato un giro di vite contro l'illegalità senza guardare in faccia a nessuno, inclusi i suoi parenti, forse quelli scomodi.


    Alwaleed bin Talal

    Il 32enne erede al trono è considerato di fatto il reggente dell'Arabia Saudita, guidata ancora dal padre 81enne re Salman, perché controlla le leve del potere, dalla Difesa all'Economia, con il suo piano "Vision 2030". A settembre la commissione aveva arrestato una ventina di persone, inclusi influenti religiosi del clero wahabita (l'interpretazione più rigorosa ed intransigente dell'Islam sunnita), contrari alla politica estera del principe MbS, che il 5 giugno ha dato il via alla rottura delle relazioni con il Qatar, così come alle sue riforme politiche, inclusa l'annunciata privatizzazione del 5% del colosso petrolifero Aramco ed il taglio dei sussidi di Stato.

    05/11/2017
    www.huffingtonpost.it/2017/11/05/arabia-saudita-cade-elicottero-vicino-allo-yemen-morto-principe-mansour-bin-muqrin_a_2...
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    wheaton80
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    00 06/11/2017 19:09
    Arabia, un’altra morte sospetta: siamo alla resa dei conti finale?


    Abdul Aziz bin Fahd

    Nella notte dei lunghi coltelli di Riad, continuano ad accadere eventi decisamente oscuri, e la scia di sangue continua a prolungarsi. Dopo la morte del principe Mansour bin Muqrin in un incidente aereo, adesso sembra essere la volta di un altro principe: Abdul Aziz bin Fahd. Tramite il suo account Twitter (https://twitter.com/Ali_H_Soufan/status/927271889835384832), l’ex agente speciale dell’FBI, Ali H. Soufan, ha confermato che il principe Abdul Aziz bin Fahd è stato ucciso durante un tentativo di arresto da parte della polizia saudita. Anche lui faceva parte dei papaveri di casa Saud colpiti dalle grandi purghe del giovane erede al trono Muhammad bin Salman. Secondo quanto riportano le prime notizie, ancora indiscrezioni, sembra che il principe sia morto in uno scontro a fuoco tra le forze di sicurezza del regno e il corpo della security che aveva il compito di proteggerlo. La notizia della morte del principe, il figlio quarantaquattrenne di Re Fahd, appare ancora avvolta da una cortina di mistero che non dà certezze. Il portale arabo Alithad News riporta un comunicato della corte di Riad in cui piange la morte del familiare, se ne ricorda l’arresto da parte delle autorità regnanti e non si cita alcun tipo di causa della morte. Un motivo in più per credere che si sia di fronte all’ennesimo caso di morte sospetta nel regno dopo che il principe ereditario ha deciso di assumere il pieno controllo della vita del regno. E adesso, l’Arabia Saudita trema.

    Gli arresti continuano e sembra che non si fermino soltanto all’eliminazione politica delle persone che provano a ostacolare il progetto di egemonia del principe su tutto quanto abbia a che fare con gli interessi interni al regno. Proprio nella giornata di ieri, la notizia della caduta dell’elicottero con a bordo il principe bin Mouqrin e altri alti dirigenti della monarchia saudita, aveva scosso i palazzi del potere e fatto temere più a un complotto ordito dalla stessa rete che aveva ordinato la cattura dei funzionari accusati di corruzione piuttosto che alla tragica fatalità di un incidente aereo. Adesso, in neanche 24 ore, muore un altro principe. Il principe Abdul Aziz non era semplicemente un uomo avverso al principe, ma un uomo che aveva un ruolo fondamentale nella geopolitica mediorientale, soprattutto grazie al suo immenso patrimonio finanziario e immobiliare. Un dato su tutti fa comprendere quanto questa morte sia connessa ai fatti che stanno scuotendo la politica del Medio Oriente e il futuro assetto della regione: come riporta The Duran, Abdul Aziz aveva enormi interessi nella Saudi Oger Ltd, una società che fino a pochi mesi fa era di proprietà della famiglia Hariri (http://theduran.com/saudi-prince-abdul-aziz-dies-arrest/). Esatto, proprio la famiglia dell’ex Primo Ministro libanese Saad Hariri.


    Saad Hariri

    La morte, improvvisa e assolutamente poco chiara del principe Abdul Aziz, che pare essere avvenuta in concomitanza con l’arresto, getta una nuova ombra (o un’altra luce) sulla teoria secondo cui le dimissioni del Primo Ministro libanese di pochissimi giorni fa, annunciate proprio a Riad,siano state in realtà qualcosa di molto più legato ai giochi di potere sauditi che a presunti complotti iraniani o di Hezbollah. E a questo punto, è possibile anche che le dimissioni di Hariri non fossero neanche legate a una volontà di destabilizzare il Libano, quanto legate a semplici intrighi di palazzo e di patrimoni fra i familiari di casa Saud. Come del resto confermato dalle stesse parole del leader del movimento sciita libanese, Nasrallah, appena saputo delle dimissioni di Hariri.

    Lorenzo Vita
    6 novembre 2017
    www.occhidellaguerra.it/arabia-unaltra-morte-sospetta-alla-resa-dei-conti...
    [Modificato da wheaton80 06/11/2017 19:12]
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    wheaton80
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    00 06/11/2017 22:32
    Tutti dentro! Raffica di mandati di cattura per milionari, principi, ex-ministri, maggiordomi di palazzo sauditi

    Da 'Mani Pulite' in avanti abbiamo imparato che ogni ondata 'moralizzatrice' in politica nasconde in realtà un preciso piano "golpista" per la realizzazione del quale le accuse di 'corruzione' e altre scemenze simili (come se fosse possibile far politica senza far girare denaro e favori... Certe idiozie riservatele ai grullini di dibba e dimayo) non sono altro che comode scuse e paraventi. Anche in Arabia Saudita sta succedendo la stessa cosa con Re Salman e il suo giovane delfino impegnati a "far fuori" con simili speciosi addebiti praticamente chiunque possa opporsi al loro disegno di trasformare la dinastia Al-Saoud trasmettendo il trono direttamente da padre in figlio e non più attraverso un'infinita serie di fratelli, fratellastri et similia, uno più bacucco e rimbecillito dell'altro. Ecco la lista completa dei personaggi colpiti ieri da mandato di cattura:

    - Khaled al-Tuwaijri, detto "Il Re", potentissimo camerlengo del precedente sovrano
    - Waleed bin Talal, miliardario
    - Principe Mitab bin Abdullah, ex-Comandante della Guardia Nazionale
    - Principe Turki bin Abdulla, ex-Governatore della regione di Riyadh
    - Waleed Ibrahim, proprietario della compagnia televisiva MBC
    - Adel Faqih, Ministro della Programmazione Economica
    - Omer Dabbagh, ex-Presidente dell'Autorità Generale per gli Investimenti
    - Saleel Khamel, miliardario
    - Saoud al-Tobaishi, Capo delle Cerimonie e del Protollo Reale
    - Ibrahim Assaf, Ministro senza Portafoglio
    - Bakr Bin Laden, parente di Osama, proprietario del potente Gruppo Bin Laden
    - Saoud al-Dawish, ex-AD del gruppo Saudi Telecom
    - Khalid al-Mulhame, ex-Direttore Generale delle Linee Aeree Saudite.

    Suleiman Kahani
    5 novembre 2017
    palaestinafelix.blogspot.it/2017/11/tutti-dentro-raffica-di-mandati...
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    wheaton80
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    00 09/11/2017 20:40
    Il golpe in Arabia Saudita è la ciliegina sulla torta geopolitica di Trump e Putin

    Il regno del principe ereditario Muhamad bin Salman in Arabia Saudita è iniziato, come proverbiale “Notte dei lunghi coltelli”, divenuta una settimana. E probabilmente si prolungherà di molto. Le sue mosse sono molto più che consolidare il potere donatogli dal padre re Abdallah. Si tratta di cambiamenti enormi nel regno. Bin Salman, in soli cinque giorni, ha completamente smantellato lo status quo vecchio di decenni. Nella mia prima reazione avevo scritto:“Niente è cambiato economicamente per i sauditi. Le mosse di bin Salman questo fine settimana sono in linea col mandato di Donald Trump di ripulire la corruzione sui media e le istituzioni politiche statunitensi. I purgati, in particolare il principe Walid bin Talal, erano il principale vettore di tale corruzione. Talal e Trump erano nemici pubblici, essendosi insultati su Twitter. La sua presenza negli Stati Uniti era ampia. Penso che tale purga sia stata effettuata da Bin Salman come pagamento per il sostegno di Trump al suo regime. Allo stesso tempo Putin vuole garantirsi che i sauditi riducano l’avventurismo al minimo”. La penso ancora così. Infatti, credo ancor più che bin Salman si sia completamente arreso ai grandi attori della regione, Stati Uniti e Russia. Il vecchio regime saudita perseguiva la via del suicidio, che inizialmente bin Salman portava avanti. Le guerre in Siria e Yemen erano sue operazioni. Così l’isolamento diplomatico del Qatar a giugno. Queste erano tutte mosse aggressive concertate con Israele per distruggere l’influenza iraniana sulla penisola araba e in Siria. Il problema è che questi piani si sono rivelati criminali fallimenti.

    Il fallimento è un’opzione
    Così fu la guerra sul prezzo del petrolio voluta da Stati Uniti e Russia. L’aspettativa era quella di continuare la politica di Obama/Clinton per consentire ai sauditi di continuare a far pressione sui produttori di scisto statunitensi. Ma non funzionò, perché la Russia era il produttore di petrolio che guadagnava di più al mondo, una posizione sostenuta totalmente dalla Cina, consumatore di tale petrolio. I bassi prezzi del petrolio hanno esaurito le finanze del Paese a causa della continua rivalutazione della valuta, il riyal, sul dollaro statunitense. E con tale crisi finanziaria, che il regno non può placare se vuole il sostegno degli Stati Uniti, bin Salman ha fatto la cosa migliore. Ha sequestrato il denaro raccolto dall’opposizione e, secondo questa relazione (http://www.zerohedge.com/news/2017-11-08/real-motive-behind-saudi-purge-emerges-800-billion-confiscated-assets), oltre ai 30 miliardi già sequestrati, ci sono più di 800 miliardi di beni disponibili. Ciò mi dice che l’IPO di Aramco può attendere, poiché l’obiettivo era raccogliere 400 miliardi di dollari dalla vendita di una quota dell’azienda. Ciò verrà utilizzato per alimentare il Vision 2030 di bin Salman per modernizzare l’economia dell’Arabia Saudita. Se sia possibile non lo sa nessuno, ma resta il fatto che l’IPO di Aramco non avrebbe mai portato tanto denaro. È stato detto che i sauditi hanno tolto l’embargo al porto yemenita di Aden. Resta da vedere a cosa preluda, ma se fosse il primo passo verso la fine della disastrosa guerra, allora sarebbe molto interessante.

    Connessione israeliana
    Queste mosse portano anche ad altre questioni. Nei giorni scorsi, l’alleanza tra i sauditi ed Israele veniva fuori da un comunicato trapelato dal Ministero degli Esteri israeliano, che forniva apertamente direttive pro-saudite ed anti-iraniano-libanesi. È anche ben noto che il deposto principe Walid e l’ex-principe ereditario Nayaf erano i favoriti della CIA, o almeno di una sua fazione. Ora, con entrambi fuori dal quadro, ciò implica un paio di cose:

    – Israele ha più fili con l’Arabia Saudita di quanto si pensasse
    – La guerra di Trump contro la CIA gli ha portato una grande concessione

    Cosa intendo? Semplice. Perché Trump ha insistito a rendere pubblici i file su JFK dopo la bomba dell’Uranium One? L’imporre un negoziato coi nemici presso le varie agenzie d’Intelligence e il sostenere ciò che accade ora in Arabia Saudita, sono una possibile spiegazione. Per mesi ho sostenuto che Trump e Putin si stessero accordando sulla pace in Medio Oriente. “Isolando il Qatar, i sauditi, per quanto odiosi, ridefiniscono i limiti di questo nuovo mondo arabo. Perciò mi aspetto che Trump e Putin, dietro le quinte, impongano, come Trump chiarì nel suo discorso di due settimane fa, che terrorismo e lotta tra sette arabe abbiano fine. Che l’Arabia Saudita ospitasse tale discorso dice tutto ciò che va saputo su dove risieda il loro futuro. Il Qatar è divenuto il capro espiatorio dei crimini nel mondo arabo. Ma la domanda resta: dove andranno? O, cosa più importante, dove si permetterà loro di andare? Ma non importa. L’ulteriore appoggio dei wahabiti al terrorismo radicale deve finire. I sauditi hanno soltanto detto loro che i giochi in occidente sono finiti, e l’Iran (e Russia) farà lo stesso in oriente. Ecco iniziare la de-escalation in tutta la regione”. Il crollo del SIIL in Siria e Iraq ha preparato il golpe degli agenti di Trump/Putin in Arabia Saudita.

    Lo show di Trump e Putin
    E mentre Trump ha passato tempo a rumoreggiare apertamente sul sostegno ad Israele, la realtà è che Israele si avvicina al momento in cui non potrà più violare le regole e aspettarsi che gli Stati Uniti lo sostengano sempre. Con gli Stati Uniti, da un lato, che controllano i capricci di sauditi e israeliani, e la Russia, dall’altro, che garantisce che Iran e Hezbollah non sfruttino le posizioni indebolite dei sauditi, si costituisce il quadro per un processo sostanziale di pace duratura nella regione. Quando Trump e Putin s’incontreranno in Vietnam, sospetto che questo sarà il tema principale della conversazione. Trump ha attuato la sua parte del piano. Ora le prossime mosse verranno da Putin, probabilmente iniziando dal vertice di Sochi il 18, dove dovranno iniziare i negoziati politici siriani. Il quadro si compone. La narrazione che Trump colludesse con la Russia per usurpare le elezioni era anche volta ad impedire questi eventi. Ora che si sono svolti e si è più vicini a un quadro pacificato mai visto prima, ci sarà tempo per tutti di fermarsi ed ammirare il chutzpah utilizzato per portarlo a termine.

    Tom Luongo
    8 novembre 2017
    Fonte: tomluongo.me/2017/11/08/saudi-arabias-coup-is-the-geopolitical-feather-in-trump-and-put...

    Traduzione: Alessandro Lattanzio (rivista da Wheaton80)
    aurorasito.wordpress.com/2017/11/09/il-golpe-in-arabia-saudita-e-la-ciliegina-sulla-torta-geopolitica-di-trump...
    [Modificato da wheaton80 09/11/2017 20:48]
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    wheaton80
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    00 08/01/2018 21:14
    L’Arabia Saudita arresta altri 11 principi nell’ambito dell’epurazione di massa del principe ereditario

    Funzionari sauditi hanno arrestato quasi una dozzina di principi in mezzo alla presunta campagna anti-corruzione del regno petrolifero, considerata la più grande epurazione dei dissidenti politici e dell’élite nella storia moderna del Paese. I membri del Reggimento della Guardia Reale dell’Arabia Saudita hanno arrestato sabato 11 principi fuori dal Palazzo Reale di Riyadh mentre protestavano contro la decisione di tagliare i loro privilegi, secondo quanto riportato dal quotidiano online Sabq. Fonti informate, richiedendo l’anonimato, hanno detto che i principi chiedevano la cancellazione di un ordine reale che richiede la sospensione del pagamento per i costi dell’elettricità e dell’acqua utilizzata dai principi.

    Le fonti hanno aggiunto che i principi arrestati erano stati trasferiti nella prigione di al-Ha’ir, situata a circa 25 miglia a sud di Riyadh, dove sono in attesa di processo. Nel frattempo, quattro poeti sono stati condannati alla prigione per aver scritto poesie che criticavano i membri anziani del regime al-Saud al potere, incluso il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Secondo un rapporto pubblicato dal quotidiano online Arabi 21 in lingua araba, Abdullah Atqan al-Salami e Mohammed Eid al-Hawaiti sono stati condannati a dieci anni di prigione, mentre Manif al-Munkara e il sultano al-Shibani al-Atibi sono stati condannati a cinque anni di prigione.

    I quattro poeti sono stati arrestati lo scorso ottobre mentre partecipavano a una cerimonia di nozze nel nord dell’Arabia Saudita e leggevano le loro poesie a voce alta. Decine di principi, ministri ed ex ministri sono stati detenuti alla fine di dicembre per ordine del cosiddetto Comitato anti-corruzione dell’Arabia Saudita, diretto dal principe ereditario, in un giro di vite che è ampiamente ritenuto essere finalizzato a consolidare il suo potere. Gli individui detenuti si trovano ad affrontare accuse di riciclaggio di denaro, corruzione, estorsione di funzionari e appropriazione indebita di fondi pubblici per benefici personali. Il principe al-Waleed bin Talal bin Abdulaziz, Presidente della società di investimento Kingdom Holding Company, Nasser bin Aqeel al-Tayyar, fondatore di Al Tayyar Travel Group e Amr al-Dabbagh, Presidente del costruttore Red Sea International, sono tra i più grandi dirigenti aziendali trattenuti durante l’epurazione.

    Gli analisti politici dicono che il re saudita Salman intende rinunciare al potere a favore di suo figlio, che sta perseguendo una campagna di auto-promozione sotto la copertura dell’affrontare la corruzione ad alto livello. Gli esperti ritengono che l’obiettivo dell’élite di lunga data dell’Arabia Saudita rappresenti un passaggio dalla regola della famiglia a uno stile di governo più autoritario basato su un singolo uomo. Riyadh ha assunto politiche più aggressive dalla promozione di Bin Salman alla posizione di Ministro della Difesa e vice-principe ereditario nel 2015, e in seguito alla posizione di principe ereditario. Il regno sta attualmente lottando con il crollo dei prezzi del petrolio, mentre il regime di Al Saud affronta anche le critiche per la sua micidiale campagna militare contro il vicino Yemen, che ha lanciato nel marzo 2015. Molti vedono anche le politiche di Riyadh come una delle principali cause delle crisi nella regione, specialmente in Siria.

    Fonte: www.presstv.com/Detail/2018/01/06/548018/Saudi-Arabia-arrest-princes-Crown-Prince-ma...

    6 Gennaio 2018
    mondoinformazionegeopolitica.wordpress.com/2018/01/06/larabia-saudita-arresta-altri-11-principi-tra-lepurazione-di-massa-del-principe-ere...
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    00 10/08/2018 01:54
    Mahathir Mohamad libera la Malesia dall’influenza saudita

    Il neo-Primo Ministro malese, Mahathir Mohamad, ha ritirato le truppe del proprio Paese dalla coalizione nello Yemen guidata dall’Arabia Saudita. Mahathir Mohamad ha chiuso anche il Centro per la Pace Internazionale di re Salman (KSCIP) a Kuala Lumpur, trasferendone le prerogative all’Istituto Malese per la Difesa e la Sicurezza. Presentato dalla stampa occidentale come un dittatore in pensione, Mahathir Mohamad è stato trionfalmente rieletto a 93 anni, alla testa di un’alleanza elettorale di cui fanno parte anche suoi ex oppositori. Il neo-Primo Ministro ha immediatamente lanciato una vasta operazione contro la corruzione che ha permesso di scoprire le inaudite sottrazioni di fondi effettuate dal predecessore, Najib Razak, e i regali da lui ricevuti [1]; oggi rompe tutti i ponti con il regno wahabita saudita.

    Note

    [1] www.voltairenet.org/article191291.html

    Traduzione: Rachele Marmetti
    9 agosto 2018
    www.voltairenet.org/article202355.html
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    00 05/09/2018 23:48
    Yemen, Spagna blocca armi ai sauditi. E l’Italia?

    Il recente massacro di bambini yemeniti condotto dalla coalizione a guida saudita ha spinto il Ministero della Difesa spagnolo a cancellare un accordo da 9,2 milioni di euro per vendere bombe di precisione Saudis 400 al regime saudita. Il Ministero della Difesa spagnolo ha annunciato lunedì scorso che restituirà i 9,2 milioni di euro già pagati dall‘Arabia Saudita per acquistare 400 bombe di precisione di fabbricazione spagnola, per timore che potrebbero essere utilizzate per colpire persone innocenti nello Yemen, secondo quanto riferito da El Mundo. L’accordo sulle armi era stato negoziato e messo a punto dagli ex Ministri della Difesa Pedro Morenés Eulate e Maria Dolores de Cospedal. Tuttavia, il recente attacco terroristico contro un autobus che trasportava studenti yemeniti, che ha causato l’uccisione di 51 persone, tra cui 40 bambini, ha spinto il Ministro incombente Margarita Robles a rivedere tutti gli accordi sulle armi con il regno arabo. La recente decisione di congelare il contratto di vendita di bombe sarebbe la prima fase del processo di revisione. Amnesty International afferma che la Spagna è il quarto Paese nella lista dei principali esportatori di armi al regime di Riyad. In uno dei contratti più recenti, il costruttore navale spagnolo di proprietà statale Navantia ha firmato un contratto da 1,8 miliardi di euro per vendere cinque piccole navi da guerra all’Arabia Saudita.

    L’accordo è stato firmato ad aprile dal Principe ereditario saudita e dal Ministro della Difesa Mohammed bin Salman dopo l’incontro con il suo omologo spagnolo Cospedal a Madrid. La decisione del Ministero della Difesa spagnolo di fermare l’accordo sulle armi che aveva siglato in precedenza con Riyad ha aperto la porta alla possibilità che la Spagna si possa unire a Paesi come Svezia, Canada, Finlandia, Norvegia, Belgio e Germania, che hanno già sospeso le esportazioni di armi alla Coalizione guidata dai sauditi. Tra il 2015 e il 2017, la Spagna ha esportato 1,2 miliardi di euro di equipaggiamento militare per la coalizione saudita, secondo un rapporto pubblicato a marzo da Amnesty International. Il Parlamento Europeo ha esortato i suoi Stati membri a interrompere queste vendite in numerose occasioni, ammettendo che l’alleanza militare guidata dall’Arabia Saudita viola il Diritto Internazionale Umanitario utilizzando queste armi per attaccare la popolazione civile e bombardare ospedali, mercati e scuole. L’aggressione militare contro lo Yemen ha finora ucciso oltre 15mila yemeniti e messo milioni sull’orlo della carestia. Ha anche provocato una devastante epidemia di colera. Paesi europei come la Francia e la Gran Bretagna hanno fornito miliardi di armi alle forze armate saudite nonostante gli appelli internazionali per fermare i loro accordi sulle armi.

    In Yemen continuano a cadere bombe Made in Italy
    La RMW è un’azienda tedesca con sede a Ghedi, in provincia di Brescia e con la fabbrica in Sardegna, più precisamente nella provincia di Carbonia-Iglesias, una delle provincie più povere d’Italia. Secondo il report pubblicato dall’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL), nel settembre 2016 sono state ritrovate in Yemen più di cinque bombe inerti sganciate dall’aviazione dell’Arabia Saudita e riportanti la sigla “Commercial and Government Entity (Cage) code A4447”, sigla che le ricollega inevitabilmente all’azienda RMW Italia. Nonostante i vari richiami dell’ONU, nonostante la legge n°185 del 1990 che vieta allo Stato Italiano di vendere armamenti a “Paesi in stato di conflitto armato”, l’Italia continua a sovvenzionare la RMW. Nel 2016 le licenze di esportazione rilasciate dal Ministro degli Esteri italiano alla RMW ammontavano a 489,5 milioni di euro.

    Giovanni Sorbello
    5 settembre 2018
    www.ilfarosulmondo.it/yemen-spagna-blocca-armi-ai-sauditi-...
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    00 17/10/2018 14:34
    Jamal Khashoggi e il mancato complotto contro MBS



    Il 2 ottobre 2018 il giornalista saudita Jamal Khashoggi è scomparso dopo essere entrato al consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, dove aveva appuntamento per il rilascio di nuovi documenti d’identità in vista del suo nuovo matrimonio. Secondo la stampa statunitense gli sarebbe stata tesa una trappola: una quindicina di agenti dei servizi segreti sauditi l’avrebbero messo in stato di fermo, l’avrebbero poi torturato e, infine, smembrato. I suoi resti sarebbero stati rimpatriati in Arabia Saudita. Ora Turchia e Stati Uniti chiedono chiarimenti all’Arabia Saudita, che da parte sua smentisce le accuse della stampa USA. Jamal Khashoggi era nipote del più importante mercante d’armi dell’affare Iran-Contras, Adnan Khashoggi (1935-2017), considerato nei primi anni Ottanta l’uomo più ricco del mondo. Divenne poi pupillo dell’ex capo dei servizi segreti sauditi, in seguito ambasciatore a Londra, principe Turki bin Faiçal. Khashoggi passò poi al servizio del principe Al-Waleed bin Talal, che fu a lungo torturato al Ritz-Carlton durante il colpo di Stato del novembre 2017. Negli ultimi anni Khashoggi ha difeso i Fratelli Musulmani e Israele, ragione per la quale era stato assunto al Washington Post. Secondo le informazioni di Réseau Voltaire, diversi membri della famiglia reale, i cui beni sono stati del tutto o in parte confiscati durante il colpo di Stato di novembre 2017, stavano preparando un’azione contro il principe ereditario Mohammed bin Salman (detto MBS). Khashoggi faceva parte del complotto. Violando la Convenzione di Ginevra, la Turchia aveva installato all’interno del consolato saudita a Istanbul un sistema d’intercettazioni. Benché non possano essere pubblicate, le registrazioni di cui Ankara dispone contengono informazioni sul complotto contro il principe ereditario, strappate con la tortura al giornalista.

    Traduzione: Rachele Marmetti
    15 ottobre 2018
    www.voltairenet.org/article203494.html
    [Modificato da wheaton80 17/10/2018 14:36]
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    00 20/10/2018 05:46
    Caso Khashoggi: uno dei sauditi coinvolti muore in un «incidente stradale sospetto» a Riad

    Uno dei sospetti coinvolti nell’omicidio del giornalista inviso alla casa reale saudita Jamal Khashoggi sarebbe morto in un «incidente stradale sospetto» a Riad. Secondo quanto riferisce il quotidiano turco Hürriyet. Si chiamava Mashal Saad al-Bostani, un tenente di 31 anni delle forze aeree saudite, tra i 15 sospetti giunti in Turchia e ripartiti il 2 di ottobre dopo essersi recati presso il consolato di Istanbul dell’Arabia Saudita proprio quando il giornalista Khashoggi si trovava presso la missione diplomatica saudita per ritirare alcuni documenti che gli occorrevano per il matrimonio con la sua fidanzata, Hatice Cengiz, cittadina turca. Il quotidiano riferisce di fonti saudite che non avrebbero reso noti ulteriori dettagli sull’incidente avvenuto a Riad e sul ruolo di al-Bostani nell’assassinio del giornalista. Secondo l’editorialista di Hürriyet, Abdulkadir Selvi, il prossimo a finire nel mirino del principe ereditario Mohammad bin Salman potrebbe essere il console saudita ad Istanbul Mohammad al-Otaibi, perché bin Salman «farebbe qualsiasi cosa per sbarazzarsi delle prove». Il quotidiano turco Yeni Safak ha riferito il 17 ottobre che la voce di Al-Otaibi potrebbe essere impressa in una delle registrazioni, che si ritiene siano in possesso delle autorità turche, riguardanti un presunto ‘interrogatorio’ di Khashoggi al consolato. Alcune fonti riferiscono al quotidiano turco che sarebbe stato intimato al diplomatico di «stare zitto se vuoi vivere quando torni in Arabia Saudita». Al-Otaibi ha fatto ritorno in Arabia Saudita il 16 ottobre, prima che la sua residenza di Istanbul fosse perquisita dalla polizia turca per più di otto ore il 17 ottobre e il 18 ottobre. Un altro quotidiano turco, Sabah, ha pubblicato alcune immagini che ritraggono un altro sospetto. Si tratta di Maher Abdulaziz M. Mutreb, un ufficiale dei servizi segreti che in precedenza prestava servizio nell'ambasciata di Londra dell'Arabia Saudita. Questi è stato segnalato in tutti i luoghi che segnano questa tragica vicenda. Il New York Times riferisce che Mutreb avrebbe ricoperto in passato il ruolo di guardia del corpo del principe ereditario saudita bin Salman.

    18/10/2018
    www.lantidiplomatico.it/dettnewscaso_khashoggi_uno_dei_sauditi_coinvolti_muore_in_un_incidente_stradale_sospetto_a_riad/8...
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    00 07/10/2019 21:44
    Arabia Saudita, ucciso in una sparatoria “l’angelo custode” di re Salman



    Lo chiamavano “il custode del re”: appariva in tutte le immagini in cui erano presenti i membri della casa reale, proprio perché di quella famiglia era come un’ombra, che li seguiva e, di fatto, li proteggeva. Ma qualche ora fa, il Generale Adbulaziz al-Fagham, guardia del corpo personale del sovrano saudita Salman, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco a Gedda, in circostanze ancora non del tutto chiarite. La televisione di Stato saudita avrebbe descritto la causa della morte come una “disputa personale” con una persona di sua conoscenza.

    Il fatto
    Il Generale al-Fagham non era soltanto una guardia del corpo, ma in Arabia Saudita rappresentava un volto molto popolare del regno, dove episodi di questo genere accadono molto raramente, visto che la legge islamica prevede la pena capitale per assassini e trafficanti di stupefacenti. In base alle prime ricostruzioni, a sparare, secondo i media locali, sarebbe stato un suo amico, che avrebbe ferito anche un’altra persona e un impiegato filippino. Le forze di sicurezza avrebbero, però, risposto al fuoco (uccidendo l’aggressore) e in totale cinque agenti sarebbero rimasti feriti nello scontro.

    Una strana sparatoria
    Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, al-Fagham sarebbe stato assassinato da una persona di sua conoscenza, Mahmoud al-Ali. Il fuoco, l’uomo, lo avrebbe aperto due volte, e durante la seconda sparatoria, il presunto omicida avrebbe affrontato elementi della scorta. Fatto rarissimo. Ma l’opposizione avrebbe inquadrato l’incidente come un fallito attentato al sovrano Salman.

    Le falle della sicurezza interna
    In passato episodi simili e mai del tutto chiariti, legati alla sicurezza della famiglia reale, e gli attacchi agli impianti petroliferi (poi rivendicati dal gruppo di ribelli sciiti Houthi e da alcuni attribuiti all’Iran) hanno dimostrato alcune lacune all’interno del sistema di difesa del Paese (nonostante la spesa ingente per la difesa, sia della famiglia, sia dei giacimenti).

    Al-Fagham, “l’angelo custode”

    La morte della guardia del corpo dei Salman non ha dimostrato soltanto un eventuale problema legato alla sicurezza della famiglia reale. Il Generale era molto più di un sistema di difesa: è sempre stato una presenza fissa al fianco dei re, accompagnandoli praticamente ovunque, dalle visite di Stato agli appuntamenti meno formali. In aereo, nei palazzi, ai vertici con i leader mondiali, nelle azioni quotidiane.

    La morte del Generale che porta (altre) brutte notizie

    Ma alla corte saudita, il decesso della guardia del corpo del re arriva insieme ad altre notizie che, se verificate, potrebbero significare un deterioramento della tenuta (pressoché assoluta) del regno. Almeno al momento. Perché è notizia di queste ore quella che vede l’annuncio da parte dei ribelli sciiti Houhti della cattura, nello Yemen, di 2mila soldati sauditi. La prova? La diffusione di un video dove si vedono diversi prigionieri, armi, munizioni e blindati distrutti.

    Giovanna Pavesi
    1 ottobre 2019
    it.insideover.com/senza-categoria/arabia-saudita-ucciso-in-una-sparatoria-langelo-custode-di-re-salman.html?fbclid=IwAR1WMbfI4ZUtrwy9yqg5hF22_RYjhS_D5Vxiv016uhC3jJ67Qbr...
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    00 02/01/2020 16:34
    L’Arabia Saudita si sta dando una calmata

    Negli ultimi tre mesi l’Arabia Saudita ha mostrato qualcosa di nuovo: dopo anni di politiche iper aggressive verso alcuni dei suoi vicini del Golfo Persico, come lo Yemen, l’Iran e il Qatar, ha cominciato a usare molto di più la diplomazia, per cercare di abbassare la tensione soprattutto con i suoi più acerrimi nemici. Secondo i giornalisti del New York Times Declan Walsh e Ben Hubbard, questo cambio ha una precisa data di inizio: il 14 settembre 2019, giorno degli attacchi a due importanti stabilimenti petroliferi dell’Arabia Saudita, compiuti probabilmente dall’Iran, che hanno provocato enormi conseguenze all’industria del greggio nazionale. «Penso che guarderemo al 14 settembre come a un momento fondamentale nella storia del Golfo [Persico]», ha detto David Roberts, analista al King’s College di Londra. Da quel giorno, infatti, il regime saudita ha cominciato a fare sempre meno affidamento sugli Stati Uniti, suoi storici alleati nella regione ma diventati molto imprevedibili con l’arrivo alla presidenza di Donald Trump, puntando a creare rapporti meno tesi con tutti quei governi considerati “nemici”. Ricorrere più alla diplomazia è stato un cambio notevole per l’Arabia Saudita, e in particolare per il Principe ereditario Mohammed bin Salman, politico più potente e influente del Paese. Negli ultimi anni bin Salman aveva deciso di intervenire militarmente in Yemen per fermare l’avanzata dei ribelli Houthi, appoggiati dall’Iran; aveva imposto insieme ad altri Paesi arabi sunniti un durissimo embargo al Qatar, accusato di essere troppo vicino al movimento politico religioso dei Fratelli Musulmani e al regime iraniano; e aveva cercato di controbilanciare l’Iran dove possibile, inserendosi in diverse crisi nazionali o provocandole, come nel caso del “sequestro” del Primo Ministro libanese Saad Hariri, nel novembre 2017. In generale le politiche aggressive di bin Salman sono state viste come una delle cause dirette dell’instabilità della regione che si trova attorno al Golfo Persico, oltre a dimostrarsi per lo più inefficaci, viste la devastante crisi umanitaria e la resistenza degli Houthi in Yemen, e la capacità del Qatar di usare i suoi legami internazionali per aggirare l’embargo. Secondo diversi analisti citati dal New York Times, bin Salman si sarebbe convinto a cambiare atteggiamento, diciamo così, a causa soprattutto della debole reazione statunitense agli attacchi del 14 settembre contro i due stabilimenti petroliferi sauditi.

    Nonostante Trump si fosse immediatamente schierato con bin Salman, la risposta statunitense era rimasta sul piano retorico, e poco altro. Trump aveva ordinato l’invio di altri militari in Arabia Saudita, una mossa «di natura difensiva», come l’aveva definita la stessa amministrazione americana, ma non aveva garantito l’appoggio ai sauditi per una eventuale ritorsione. Inoltre, già nei mesi precedenti, gli Stati Uniti si erano dimostrati molto divisi e indecisi sulle politiche da adottare nei confronti dell’Iran, il loro principale nemico nella regione: a giugno Trump aveva annullato un’operazione militare contro l’Iran che lui stesso aveva approvato poco prima, provocando confusione e incertezza negli alleati degli americani. La mancata reazione americana agli attacchi è stata vista da molti come un colpo alla cosiddetta “dottrina Carter” risalente agli anni Ottanta, quando l’allora Presidente statunitense Jimmy Carter promise di usare la forza per garantire la sicurezza dei trasferimenti di petrolio nel Golfo Persico, che sembrava in pericolo dopo la Rivoluzione Khomeinista del 1979, che aveva trasformato l’Iran in una Repubblica Islamica, e l’invasione sovietica dell’Afghanistan, iniziata lo stesso anno. L’imprevedibilità di Trump in politica estera e le divisioni interne alla sua amministrazione sono state viste dai sauditi come ragioni per cominciare a fare sempre meno affidamento sugli Stati Uniti. Per la campagna elettorale di Trump potrebbe inoltre essere una scelta perdente quella di puntare troppo sull’alleanza con l’Arabia Saudita, visto che l’antipatia e l’insofferenza verso le pratiche autoritarie saudite sono cresciute molto dopo l’omicidio del dissidente Jamal Khashoggi, che viveva da molti anni negli Stati Uniti e scriveva per il Washington Post.

    «È difficile chiedere, anche a Trump, di difendere ogni volta l’Arabia Saudita durante una campagna», ha detto Emile Hokayem, analista esperta di Medio Oriente per l’International Institute for Strategic Studies: «Penso quindi che i sauditi siano abbastanza intelligenti da abbassare i toni, per una volta». Negli ultimi tre mesi l’Arabia Saudita ha fatto alcune piccole cose che hanno mostrato il suo cambio di strategia. In Yemen, entrambi gli schieramenti in guerra hanno rilasciato più di 100 prigionieri come gesto di buona volontà e lo scorso mese l’inviato dell’ONU nel Paese, Martin Griffiths, ha detto che gli attacchi aerei compiuti dai sauditi erano diminuiti dell’80 per cento. Da allora, nessun civile yemenita è stato ucciso in un bombardamento saudita. Anche i rapporti tra Arabia Saudita e Qatar sono leggermente migliorati, e si sono ridotti molto gli insulti e gli attacchi verbali online compiuti da account sauditi verso l’emiro e il regime del Qatar. A dicembre il governo saudita ha mandato alcune squadre nazionali di calcio a giocare in diversi tornei a Doha, la capitale qatariota, una cosa impensabile fino a qualche mese prima. Inoltre il Ministro degli Esteri del Qatar ha accettato l’invito del re saudita, re Salman, a partecipare a un incontro diplomatico che si terrà in Arabia Saudita entro la fine dell’anno.

    Un tema più delicato rimane quello dei rapporti tra sauditi e iraniani, che negli ultimi anni sono arrivati più volte vicino a un conflitto armato. Nonostante i risultati ancora molto scarsi, qualche tentativo per allentare un pò la tensione tra i due Paesi è stato fatto, grazie soprattutto alla mediazione di Pakistan e Iraq. È ancora troppo presto per dire se ci saranno nuovi colloqui tra le parti e se porteranno effettivamente a una riduzione della tensione, anche per il ruolo degli Stati Uniti: il Governo Trump potrebbe infatti chiedere all’Arabia Saudita di fermarsi, perché un miglioramento dei rapporti tra i due Paesi, anche se minimo, potrebbe danneggiare la politica statunitense della «massima pressione» sull’Iran, adottata da Trump per isolare il governo iraniano e costringerlo a negoziare un nuovo accordo sul nucleare in termini più favorevoli per gli Stati Uniti.

    30 dicembre 2019
    www.ilpost.it/2019/12/30/arabia-saudita-cambio-politica-estera...
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    00 01/03/2020 03:16
    Al-Qaeda conferma l'uccisione di Abu Talha da parte dell'LNA nel gennaio 2019

    L'organizzazione di al-Qaeda nel "Maghreb islamico" ha confermato venerdì che due dei suoi leader più importanti, un algerino e un tunisino, sono stati uccisi negli scontri in Mali, oltre a un leader libico, "Abu Talha al-Hasnawi", che è stato ucciso dall'Esercito Nazionale Libico (LNA). Al-Qaeda, attraverso uno dei suoi media, ha pianto l'uccisione dell'algerino Yahya Abu Al-Hammam e del tunisino Abu Ayyad, che era stato ucciso in scontri con le forze francesi in Mali, senza specificarne la data. Il leader terrorista libico, Abdel-Moneim Salem al-Hasnawi, noto come "Abu Talha al-Hasnawi", è stato ucciso dall'LNA nel gennaio 2019 dopo essere stato circondato in una casa a Barak al-Shati, 60 km a nord di Sabha, nel sud- Libia occidentale.

    Traduzione: Wheaton80
    29 febbraio 2020
    www.addresslibya.co/en/archives/54360?fbclid=IwAR0qhrJiRC3uZY2XZD6eMn07xDiA-2o2gLjCEIbnGKwDoZ9F_Ty...
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    00 06/03/2020 22:53
    Il movente dell’assassinio di Jamal Khashoggi

    Il giornalista iraniano del Guardian, Saeed Kamali Dehghan (foto), ora afferma che Jamal Khashoggi era un suo informatore. Secondo Dehghan, le confidenze fattegli dal giornalista del Washington Post, nonché membro dei Fratelli Musulmani, sarebbero il movente del suo assassinio, avvenuto il 2 ottobre 2018 a Istanbul. A ottobre 2018 Saeed Kamali Dehghan ha pubblicato tre articoli su media d’influenza sauditi [1] ove, in particolare, ha scritto che la rete Iran International TV, basata a Londra, è segretamente finanziata dall’Arabia Saudita per 250 milioni di dollari. Iran International TV è nata appena prima delle elezioni presidenziali in Iran del 19 maggio 2017. La televisione iraniana era nel mirino dell’autorità di controllo britannica, l’OFCOM, allarmata dai suoi maneggi, nonché per l’apologia dei Mujahidin del Popolo e del Movimento di liberazione di Avaz, organizzazioni sostenute dall’Arabia Saudita che hanno rivendicato molti atti terroristici contro la Repubblica Islamica. Negli articoli, Saeed Kamali Dehghan precisava che l’attività manipolatoria di Iran International TV era diretta, per conto del principe Mohammad bin Salman, da Saoud al-Qahtani, lo stesso che supervisionò la purga del Ritz-Carlton e l’interrogatorio del Primo Ministro libanese, Saad Hariri. Ed è sempre lui che la Turchia ha identificato come supervisore dell’assassinio di Khashoggi. Ora sarebbe agli arresti domiciliari a Riad. Saeed Kamali Dehghan si è formato nelle reti di George Soros. Nel 2009 ha realizzato un documentario per HBO in cui affermava che la giovane Neda Agha-Soltan era stata assassinata dai servizi segreti della Repubblica Islamica, durante le manifestazioni contro la rielezione del Presidente Mahmud Ahmadinejad. Per il documentario ha ricevuto un Peabody Award ed è stato nominato dall’Associazione della Stampa Straniera nel Regno Unito (sponsorizzata dal Qatar) Giornalista dell’Anno 2010. In realtà, Neda non è stata uccisa dall’Iran durante la manifestazione, ma durante il trasporto in ospedale dagli stessi che l’avevano indotta a fingersi ferita durante la manifestazione [2]. Successivamente, Saeed Kamali Dehghan è diventato collaboratore di CNN, CBC, France 24, Channel 4 e infine di Le Monde e del Guardian. Dall’assassinio di Khashoggi i servizi segreti di Sua Maestà fanno del loro meglio per screditarlo e il Guardian gli ha impedito di pubblicare articoli sull’argomento [3].

    [1] www.theguardian.com/media/2018/oct/02/ofcom-investigates-tv-network-interview-praising-terror-atta... www.theguardian.com/media/2018/oct/19/independent-deal-with-saudi-publisher-back-under-sp... www.theguardian.com/world/2018/oct/31/concern-over-uk-based-iranian-tv-channels-links-to-saud...
    [2] www.voltairenet.org/article170553.html
    [3] www.tehrantimes.com/news/445759/Guardian-reporter-speaks-out-on-Neda-AghaSoltan-Jamal-K...

    Traduzione: Rachele Marmetti
    05 marzo 2020
    www.voltairenet.org/article209420.html?fbclid=IwAR3yGfv5bb8v4sFIEuAsPIyR52h1vN0uyATE4IqJwnB8BkNWuf6...
    [Modificato da wheaton80 06/03/2020 22:54]
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    00 09/03/2020 22:48
    Arabia Saudita, il principe non fa sconti: arrestati i parenti

    Un nuovo passo nella transizione politica in Arabia Saudita sembra essersi compiuto con l’arresto di almeno quattro membri della famiglia reale, possibili ostacoli a quella che appare l’imminente salita al trono del principe ereditario Mohammed bin Salman, ’MbS‘, figlio dell’anziano re Salman. La stampa statunitense ha infatti riportato ieri l’arresto del fratello più giovane del sovrano, il principe Ahmad bin Abdelaziz, dell’ex principe ereditario Mohammed bin Nayef e di suo fratello, il principe Nawaf ben Nayef. Più un quarto non definito. Da Riyad non c’è nessuna conferma ufficiale. Solitamente le autorità saudite non commentano notizie trapelate da canali non ufficiali e relative agli equilibri interni di potere. Ma secondo le fonti citate dai giornali statunitensi i tre alti esponenti della casa reale sono accusati di tradimento. E rischiano la pena di morte. Con questa mossa il 34enne principe Mohammed bin Salman, da tre anni a capo di fatto della monarchia saudita, si avvicina al trono. Non appena il padre Salman sarà dichiarato morto o incapace di continuare a tenere le redini formali del potere, Mohammed sarà incoronato re. Mentre l’Arabia Saudita continua a essere impelagata nella guerra nel vicino Yemen contro insorti Houthi vicini al nemico iraniano, Salman non cessa di proporsi come un leader "riformatore", che intende traghettare il Paese in un’epoca post-petrolifera. Senza però abbandonare pratiche di repressione del dissenso interno. Due dei tre arrestati erano già caduti in disgrazia, ma rappresentavano ancora quelle frange della casa reale ostili al giovane delfino. Il principe Ahmad, 78 anni, è l’unico fratello di re Salman rimasto ancora in vita e con i titoli giusti per aspirare al trono. Per decenni la corona era passata di mano tra i fratelli figli di Abdel Aziz, fondatore del regno. Ma Salman, 84 anni, diventato re nel 2015, ha rotto la tradizione indicando il figlio Mohammed come erede. Dopo l’esilio, il principe Ahmad era rientrato in patria, senza però alcun ruolo. L’altro arrestato eccellente è il principe Mohammed bin Nayef, 60 anni, già Ministro dell’Interno, cui vengono attribuiti i successi contro al Qaeda e descritto come il favorito di Washington per i suoi buoni contatti con l’Intelligence americana. È stato principe ereditario fino al 2017, quando è uscito di scena per far spazio, suo malgrado, a ‘MbS’.

    08 marzo 2020
    www.quotidiano.net/esteri/mohammed-bin-salman-1.5060380
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    wheaton80
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    00 18/03/2020 04:27
    In Arabia Saudita sono stati arrestati 298 funzionari pubblici

    Domenica la commissione anticorruzione dell’Arabia Saudita ha annunciato l’arresto di 298 funzionari pubblici accusati di corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere. La commissione ha detto che gli arrestati farebbero parte di un gruppo più ampio di 674 persone indagate per la sottrazione di 379 milioni di riyal alle casse dello Stato (circa 90 milioni di euro). Tra le persone coinvolte nelle indagini ci sono funzionari del Ministero della Difesa, dell’Interno, della Salute e dell’Educazione, oltre che due giudici. Al momento non sono stati diffusi i loro nomi. La notizia arriva a pochi giorni di distanza dall’arresto di tre membri importanti della famiglia reale saudita: Ahmed bin Abdulaziz, fratello 77enne del re Salman, Mohammed bin Nayef, ex principe ereditario ed ex Ministro dell’Interno, e Nawaf bin Nayef, fratello più giovane di Mohammed. Gli arresti sembrano essere stati l’ennesima mossa del principe ereditario Mohammed bin Salman, considerato oggi l’uomo più potente dell’Arabia Saudita, per assicurarsi la successione al trono e rafforzare il proprio potere nel Paese.

    16 marzo 2020
    www.ilpost.it/2020/03/16/arabia-saudita-arresti-funzionari-p...
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    wheaton80
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    00 20/05/2020 21:47
    Saleh Abdullah Kamel: miliardario saudita muore a 79 anni



    Il miliardario saudita Saleh Abdullah Kamel è morto lunedì a Jeddah, secondo quanto riferito dai media sauditi. E' spirato all'ospedale Dr Samir Abbas di Jeddah. Kamel, che aveva 79 anni, aveva un patrimonio netto stimato in $ 2,6 miliardi (Dh9,55 miliardi), in quanto possedeva ingenti investimenti in 40 Paesi di tutto il mondo. È stato Presidente e fondatore del gruppo Dallah Albaraka, uno dei più grandi conglomerati del Medio Oriente e una holding multinazionale con investimenti nei settori finanziario, bancario, sanitario, immobiliare, manifatturiero, dei trasporti, dei media, operativo e di manutenzione. Kamel, che ha fondato la Arab Radio and Television Network (ART) nel 1993, era anche il Presidente del Consiglio Generale per le Banche Islamiche e della Camera di Commercio e Industria di Jeddah. Oltre ad essere Presidente e membro di molti comitati all'interno delle sue società e consociate, Kamel ha fatto parte dei consigli di fondazione e amministrazione di molte società e fondazioni sociali, caritatevoli e culturali, come la Arab Thought Foundation e la King Abdulaziz & His Companions Foundation For Gifted . Ha anche fatto parte dei consigli di amministrazione dell'International Academy for Information and Media Sciences, dell'Arab Academy for Financial and Banking e del Fondo di Solidarietà Islamico. Nato a La Mecca nel 1941, Kamel ha ricevuto un'istruzione elementare e secondaria a La Mecca e a Taif. Si è quindi trasferito a Jeddah dove ha completato la sua istruzione secondaria. Ha conseguito una laurea in commercio presso l'Università di Riyadh nel 1963. Kamel era sposato con l'attrice egiziana Safaa Abu Al Saud e aveva una figlia. Suo figlio Abdullah, nato da un'altra moglie, presiede il Consiglio di Amministrazione di ART. Nel novembre 2017, Kamel è stato arrestato dalle autorità saudite tra 200 uomini d'affari e reali, come Al Waleed Bin Talal, nell'hotel Ritz-Carlton a Riyadh, con l'accusa di corruzione.

    Khitam Al Amir
    19 maggio 2020

    Traduzione: Wheaton80
    gulfnews.com/world/gulf/saudi/saleh-abdullah-kamel-saudi-billionaire-dies-at-79-1.15898...
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    wheaton80
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    00 23/05/2020 04:29
    La Germania rompe con i Fratelli Musulmani

    L’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione (Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV), agenzia che in Germania si occupa della lotta ai gruppi estremisti, conduce da anni una campagna di sensibilizzazione dei parlamentari tedeschi sui pericoli rappresentati dalla Confraternita dei Fratelli Musulmani. In un rapporto del 2 febbraio 2019, il BfV afferma che la Confraternita, nonostante una parvenza di conformità alla Costituzione, persegue obiettivi segreti che contrastano con la democrazia e lo Stato di Diritto. Asserisce altresì che a lungo termine la Confraternita rappresenterà per la Germania un pericolo maggiore di Al Qaeda e Daesh. Al termine di un’opera di sensibilizzazione durata un anno, il BfV constata che la Confraternita non è più in condizione d’influenzare i musulmani di Germania. Il BfV dipende dal Ministero dell’Interno. La sua campagna collideva con le attività del Ministero degli Esteri, che trattava con la Confraternita sin dall’inizio delle primavere arabe e aveva istituito un apposito Ufficio. La Confraternita è stata patrocinata dal 1945 dall’MI6, nonché, dal 1953, dalla CIA. Durante la guerra fredda gli anglosassoni sollecitarono gli alleati francesi e tedeschi ad accogliere i dirigenti della Confraternita, utilizzati dalla NATO contro l’Unione Sovietica. In questo contesto si colloca la creazione del Centro Islamico di Monaco da parte dell’egiziano Saïd Ramadan, che tenne anche una trasmissione su Radio Liberty/Radio Free Europe, finanziata dal Congresso USA, destinata all’URSS [1]. Negli anni Ottanta la Germania, dopo il fallito tentativo di rovesciamento della Repubblica Araba Siriana, concesse asilo politico ai dirigenti del ramo siriano della Confraternita. Nel 2011, mentre gli anglosassoni tentavano d’imporre al potere in tutto il Medio Oriente la Confraternita, la Germania fece ricorso ai Fratelli Musulmani cui dava asilo. Il direttore del think tank tedesco per la politica estera (SWP), Volker Perthes, fu autorizzato a preparare, per conto del numero due dell’ONU, l’ambasciatore USA Jeffrey Feltman, un piano di capitolazione totale e incondizionata della Siria [2]. Ma nel 2017 il Presidente Donald Trump vietò all’Amministrazione USA di continuare a sostenere Daesh, mentre a fine 2018 il nuovo Ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, decise di cambiare politica. Da questo capovolgimento ha avuto origine il rapporto del BfV. Diversamente da quanto suggerisce la denominazione, la Confraternita dei Fratelli Musulmani non è un’organizzazione religiosa, ma una struttura politica segreta. È organizzata sul modello della massoneria inglese e si prodiga con grande impegno per negare l’appartenenza dei propri membri all’organizzazione. Quasi tutti i capi jihadisti, da Osama bin Laden al califfo Abu Bakr al-Baghdadi, provengono dai suoi ranghi.

    [1] www.voltairenet.org/article206792.html
    [2] www.voltairenet.org/article201598.html

    Traduzione: Rachele Marmetti
    21 maggio 2020
    www.voltairenet.org/article209952.html?fbclid=IwAR2PK03lihq_foW1Z-FjYHg5TPz1yD3g1he4j93PuJmr9mIXvWu...
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    wheaton80
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    00 13/08/2020 01:25
    Saudi Aramco, i profitti calano di oltre il 73%

    Il gigante petrolifero dell’Arabia Saudita, Saudi Aramco, ha affermato che i suoi profitti netti per il secondo trimestre di quest’anno sono diminuiti del 73,4%, a causa di un calo globale dei prezzi del petrolio greggio. La società statale ha riferito domenica ai media nazionali in una dichiarazione che i suoi profitti sono diminuiti del 50% nel primo trimestre dell’anno, a 23,2 miliardi di dollari rispetto ai 46,9 miliardi di dollari dell’anno precedente. L’Amministratore Delegato di Aramco, Amin Nasser, ha dichiarato ai giornalisti che i profitti sono stati influenzati dalle “attuali condizioni sfavorevoli derivanti dal calo della domanda e dei prezzi del greggio”. “La crisi del Covid-19 è diversa da qualsiasi cosa il mondo abbia sperimentato nella storia recente e ci stiamo adattando a un ambiente aziendale altamente complesso e in rapida evoluzione”, ha dichiarato Nasser. L’Amministratore Delegato ha osservato che sta assistendo a una “parziale ripresa nel mercato dell’energia poiché i Paesi del mondo stanno adottando misure per allentare le restrizioni e riavviare le proprie economie”.

    Resistenza yemenita dimezza produzione Saudi Aramco
    Gli attacchi condotti negli ultimi mesi dalla resistenza yemenita contro gli impianti dell’industria petrolifera dell’Arabia Saudita hanno eliminato più della metà della produzione del Regno. Gli attacchi hanno ridotto la produzione del regno di 5,7 milioni di barili al giorno, riporta una dichiarazione della compagnia petrolifera statale Saudi Aramco.

    Yahya Sorbello
    11 agosto 2020
    ilfarosulmondo.it/saudi-aramco-profitti-calano-oltre-73/
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