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Al-Qaeda non serve più, e gli Usa “licenziano” i sauditi

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    wheaton80
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    00 03/09/2020 19:12
    Sauditi rimuovono Alto Comandante di stanza in Yemen

    Secondo l'agenzia di stampa saudita, il re dell'Arabia Saudita Salman bin Abdulaziz ha licenziato il Comandante responsabile delle forze della coalizione che fanno guerra allo Yemen durante un'indagine anticorruzione. Il decreto reale emesso oggi ha dichiarato che il Comandante delle forze congiunte, il Principe Fahd Bin Turki, è stato licenziato insieme a suo figlio, il Principe Abdulaziz Bin Fahd, che era vice governatore della regione di Al-Jouf. La decisione si è basata su una raccomandazione del Principe ereditario Mohammed Bin Salman (MBS) al Nazaha, il comitato anti-corruzione, per indagare su "transazioni finanziarie sospette al Ministero della Difesa", secondo il decreto. Il Principe Fahd sarà sostituito dal Tenente Generale Mutlaq Bin Salim. Anche altri quattro ufficiali militari sono stati posti sotto inchiesta. Tuttavia, secondo un noto informatore saudita noto solo come Mujtahidd, il Principe Fahd è stato arrestato dopo che si pensava che alcune delle sue azioni fossero un preludio a un Colpo di Stato contro MBS. Ha aggiunto che sono previsti nuovi arresti nei ranghi della famiglia reale e dei militari. Il principe ereditario saudita ha già avviato un'epurazione anticorruzione nel regno nel 2017, che ha visto centinaia di reali, ministri e uomini d'affari imprigionati nel Ritz-Carlton Hotel di Riyadh, in quello che è stato ampiamente interpretato come un mezzo per mettere da parte i potenziali rivali e consolidare il potere. A marzo, quasi 300 funzionari pubblici, compresi ufficiali militari, sono stati arrestati in un'altra repressione contro la corruzione.

    Traduzione: Wheaton80
    01 settembre 2020
    www.middleeastmonitor.com/20200901-saudis-remove-top-commander-in-ye...
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    wheaton80
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    00 14/11/2020 20:41
    Bahrein, morto Premier Khalifa bin Salman Al Khalifa



    Mercoledì mattina, 11 novembre, all’età di 84 anni, è morto lo sceicco Khalifa bin Salman Al Khalifa, primo e unico capo di governo che il Bahrain abbia mai avuto. Con un totale di 50 anni e 296 giorni al potere, deteneva il record di Primo Ministro più longevo al mondo. A dare la notizia è stata la famiglia reale:«Per ordine di Sua Maestà il re Hamad bin Isa Al Khalifa, la Casa Reale piange Sua Altezza Reale il principe Khalifa bin Salman Al Khalifa, il Primo Ministro, deceduto questa mattina al Mayo Clinic Hospital negli Stati Uniti d’America». È stata annunciata una settimana di lutto nazionale, le bandiere saranno tenute a mezz’asta e verranno sospesi i lavori in ogni dipartimento del governo, per un totale di tre giorni a partire da giovedì 12 novembre. La cerimonia di sepoltura si terrà, dopo l’arrivo della salma, nella capitale Manama e sarà limitata ad un ristretto numero di affetti. Khalifa nel corso della carriera ha ricoperto vari incarichi, dalla Presidenza del Consiglio dell’Istruzione negli anni ‘50 alla Direzione del Dipartimento delle Finanze negli anni ‘60, più di un ruolo fondamentale all’interno del Consiglio di Stato nel corso degli anni ’70, nonché altri incarichi istituzionali di minore rilievo. Era il secondo figlio dell’ex sceicco Salman bin Hamad Al Khalifa e zio paterno dell’attuale re Hamad bin Isa Al Khalifa. Nominato Premier nel 1971 dal fratello maggiore Isa bin Salman Al Khalifa, all’epoca Hakim del Bahrein, a seguito dell’indipendenza dalla Gran Bretagna ottenuta l’anno precedente, era stato posto al comando del governo e dell’economia del Bahrain. Al sovrano rimase principalmente la gestione delle questioni diplomatiche e cerimoniali.

    Da sempre sostenitore della linea dura, soprattutto nei confronti degli sciiti, ha avuto un ruolo fondamentale anche per tutta la durata delle insorgenze della Primavera Araba a partire dal 2011, quando dalle piazze è arrivata la richiesta di mettere fine a molti regimi autoritari, tra cui quello del piccolo regno insulare. La risposta del governo è stata una sistematica repressione. La maggioranza della popolazione bahrenita è sciita, la comunità sunnita si trova in minoranza ma ha dalla propria parte la famiglia reale, che ha sempre cercato di ampliarla tramite migrazioni controllate. Il Primo Ministro, confermando l’importanza dei suoi legami con la dinastia al comando dell’Arabia Saudita, è riuscito a mantenere il potere con continuità e a sopravvivere alle richieste di dimissioni, ripulendosi dai molteplici scandali di corruzione cui era stato sottoposto. Dal 2015, a seguito di vari problemi di salute, la rilevanza politica del capo dell’esecutivo aveva però già iniziato a scemare. Sappiamo che si è sottoposto a delle visite nel sud est asiatico e che a partire dal novembre 2019 si era trovato per mesi in Germania per alcuni trattamenti clinici. A succedergli sarà il principe ereditario Salman bin Hamad bin Isa Al Khalifa, figlio del re Hamad. Salman ha studiato Scienze Politiche a Washington e a Cambridge e, dopo varie esperienze istituzionali, è diventato principe ereditario quando suo padre salì al trono nel 1999. Da sempre desideroso di attuare riforme economiche e politiche, fino ad oggi ha dovuto giocare a braccio di ferro con Khalifa, che vantava legami troppo forti all’interno della comunità imprenditoriale ed esprimeva idee diverse dalle sue in ambito economico.

    Nonostante la incapacità di offrire un reale compromesso politico a seguito delle proteste del 2011, nel 2013 ha riconquistato la sua influenza in ambito economico con la nomina a vice primo ministro. I suoi stretti rapporti con la leadership degli Emirati Arabi Uniti hanno portato al regno, negli scorsi anni, aiuti ingenti allo sviluppo e hanno inoltre condotto a una generale diminuzione dell’influenza politica dei movimenti religiosi, tra cui la Fratellanza Musulmana. Sta avanzando oggi una nuova generazione Khalifa, che si divide fra il cosiddetto riformismo di Salman e il populismo del giovane fratello Nasser bin Hamad Al Khalifa, Comandante della Guardia Reale e dallo scorso anno Consigliere per la Sicurezza Nazionale, tristemente noto anche come il “principe della tortura”. Nasser è appassionato di ciclismo ed è anche il Presidente del Comitato Olimpico del Bahrain, posizione che, assieme all’attività sui social, rimarca la vicinanza alle questioni riguardanti i giovani. Da tenere d’occhio durante questo cambio generazionale è anche l’avanzata del ramo degli Al Khawalid, i discendenti di Khaled, fratello dell’emiro di inizio secolo scorso Isa, con i quali il principe Nasser condivide gran parte delle sue posizioni nell’ambito della sicurezza. Dal 2011, vedono costantemente crescere la loro influenza, di pari passo con l’aumento della rivalità con l’Iran.

    Chiara Pretto
    13 novembre 2020
    www.babilonmagazine.it/bahrein-morto-premier-khalifa-bin-salman-al-...
    [Modificato da wheaton80 14/11/2020 20:41]
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    wheaton80
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    00 15/12/2020 19:19
    Dopo la morte di al-Zawahiri e al-Masri, un altro egiziano alla testa di al-Qaeda?


    Ayman al-Zawahiri

    La morte del leader di Al Qaeda e successore di Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, “per difficoltà’ respiratorie dovute all’asma”, è stata diffusa il 20 novembre da media arabi e pachistani, incluso Arab News Pakistan, sito arabo in lingua inglese, di solito molto ben infirmato, che cita quattro fonti qualificate tra Pakistan e Afghanistan, che hanno assicurato il decesso, “avvenuto una settimana fa” o “comunque questo mese”, per cause naturali. Al-Zawahiri sarebbe morto nella provincia afghana di Ghazni: 69 anni, era apparso l’ultima volta in un video in occasione dell’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle l’11 settembre. La conferma del decesso è arrivata anche da un funzionario della sicurezza pakistana attivo nelle aree tribali al confine con l’Afghanistan:“Crediamo che non sia più vivo. Siamo rimasti al fatto che sia morto per cause naturali”. Anche una fonte vicina ad al-Qaeda in Afghanistan ha confermato che il medico egiziano è morto questo mese e ha aggiunto che un numero ristretto di seguaci ha preso parte al suo funerale. La notizia era stata diffusa già la settimana scorsa da Hassan Hassan, Direttore dell’Istituto americano Center for Global Policy. “Le informazioni girano in circoli chiusi. Mi rendo conto del problema di questo tipo di affermazioni, ma ho avuto la conferma da fonti vicine al ramo siriano di al-Qaeda (Hurras al-Din)”, ha twittato. Il tweet era stato rilanciato da Rita Katz, direttrice di Site, specializzata nel monitoraggio dei gruppi jihadisti, che ha ricordato come sia “tipico di al-Qaeda non pubblicare subito informazioni circa la morte dei suoi leader”. La notizia della morte del leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, arriva meno di una settimana dopo le rivelazioni sull’uccisione in agosto del suo vice, Abu Muhammad al-Masri (Abdullah Ahmed Abdullah). Secondo quanto scritto dal New York Times il 14 novembre, al-Masri è stato ucciso a Teheran da agenti israeliani grazie ad informazioni ricevute dagli Stati Uniti. Al-Masri aveva 58 anni ed era considerato il più probabile successore di al-Zawahiri.

    L’esecuzione è avvenuta il 7 agosto, anniversario degli attacchi terroristici del 1998 contro le ambasciate americane in Kenia e Tanzania, che causarono 224 morti e di cui era considerato “la mente”. Al-Masri era al volante della sua auto vicino la sua casa a Teheran, quando è stato ucciso da 5 colpi d’arma da fuoco esplosi da una moto, una modalità già usata in passato da agenti israeliani per colpire scienziati iraniani. Con lui è morta anche la figlia Miriam, vedova di Hamza, uno dei figli di Osama bin Laden. Le autorità iraniane hanno smentito, affermando che sono stati uccisi un professore di storia libanese, Habib Daoud, e la figlia Maryam. Secondo le fonti d’Intelligence citate dal New York Times, Daoud era il nome di copertura di al-Masri (nato ad al-Gharbiya, in Egitto), che si trovava in “custodia” dell’Iran dal 2003, ma almeno dal 2015 viveva “liberamente” nel quartiere Pasdaran di Teheran. Il portavoce del Ministero degli Esteri di Teheran, Saeed Khatibzadeh, ha negato ci siano “terroristi” di al-Qaeda all’interno dei confini iraniani. "Per sottrarsi dalle responsabilità per le attività criminali” di al-Qaeda “e di altri gruppi terroristici nella regione, Washington e Tel Aviv", ha aggiunto nella dichiarazione riportata dall’agenzia Tasmin, "cercano di tanto in tanto di tracciare un collegamento tra l’Iran e questi gruppi con menzogne e informazioni false fatte trapelare ai media". Nessun commento da Gerusalemme e Washington, né al-Qaeda ha fornito conferme. Non è chiaro se l’esecuzione sia stata compiuta direttamente da agenti del Mossad o da killer stranieri assoldati da Gerusalemme, ma l’esecuzione è avvenuta nello stesso periodo in cui si sono registrate la gigantesca esplosione nel porto di Beirut e un insieme di esplosioni in impianti strategici iraniani: la centrale nucleare di Natanz, una centrale elettrica, un gasdotto e il complesso militare di Parchim, vicino Teheran.

    Tempi duri per i leader qaedisti anche in Africa. Il 13 novembre, il comando dell’Operazione Barkhane, guidata dai francesi nel Sahel, aveva annunciato l’uccisione di un leader di al-Qaeda nel Maghreb Islamico, eliminato in Mali nella regione di Menaka insieme ad altri quattro miliziani. Si tratta di Bah ag-Moussa, considerato il capo militare del Gruppo di Sostegno per l’Islam e i Musulmani (GSIM), ucciso il 10 novembre, anche se Parigi ne ha dato notizia qualche giorno dopo, nel quinto anniversario degli attacchi estremisti islamici che hanno ucciso 130 persone a Parigi, prendendo di mira il Bataclan, i caffè e lo stadio nazionale.


    Bah ag-Moussa

    Il veicolo sul quale viaggiava Moussa è stato individuato anche grazie all’uso di droni ed è stato poi preso di mira dagli elicotteri e dagli incursori delle forze speciali francesi. Scomparso anche il Numero 2 di al-Qaeda, secondo fonti citate dall’agenzia Adnkronos il successore di al-Zawahiri alla guida dell’organizzazione fondata da Osama Bin Laden potrebbe essere Saif al-Adel, egiziano, ex ufficiale delle forze speciali, esperto di esplosivi e nella leadership di al-Qaeda da una trentina di anni. Sotto accusa negli Stati Uniti per il suo ruolo negli attentati contro l’ambasciata americana in Kenya, risulta latitante ed è stato accusato di essere coinvolto nella Jihad islamica egiziana, braccio di al-Qaeda. Nato negli anni Sessanta, al-Adel ha studiato economia alla Shibin Elkom University a Menoufiya, e si ritiene si sia radicalizzato qualche anno più tardi durante la sua frequentazione della moschea Fajr al Islam a Shibin el-Kom. Entrato nell’Esercito Egiziano, diventò Colonnello delle Forze Speciali negli anni Ottanta. Coinvolto in attività estremistiche islamiche, venne arrestato nel maggio 1987, assieme ad altri 6mila miliziani, accusato di voler uccidere l’allora Ministro dell’Interno Hasan Abu Basha. Rilasciato per mancanza di prove, entrò a far parte di al-Qaeda nel 1989. Nel 1993 in Somalia creò un campo di addestramento qaedista per i miliziani coinvolti in attacchi contro le forze internazionali e negli anni successivi fu operativo in diverse regioni ove al-Qaeda aveva esteso la sua presenza: Yemen, Afghanistan, Pakistan, Sudan. Nel novembre 1998 una corte americana incriminò oltre 20 persone, tra cui al-Adel, per il duplice attentato dinamitardo del 7 agosto dello stesso anno contro le ambasciate americane in Kenya e Tanzania. E’ sospettato di aver addestrato diversi dirottatori coinvolti negli attacchi dell’11 settembre 2001. Nel dicembre di quell’anno, dopo l’avvio dell’operazione Enduring Freedom contro le installazioni di al-Qaeda in Afghanistan, Adel fece uscire un gruppo di membri di spicco dell’organizzazione portandoli in Iran.

    Nell’aprile 2003 venne arrestato in Iran dietro pressioni di Stati Uniti ed Arabia Saudita. Il mese successivo, al-Qaeda uccise oltre trenta persone in due attentati dinamitardi a Riad, orchestrati, secondo l’intelligence USA, dai terroristi stabilitisi in Iran e forse dallo stesso Adel. Secondo il Counter Extremism Project, al-Adel ed altri 4 miliziani qaedisti vennero rilasciati dalle autorità iraniane nel marzo 2015 nell’ambito di uno scambio di prigionieri con al-Qaeda nella Penisola Arabica, che aveva catturato un diplomatico iraniano in Yemen nel luglio 2013. In attesa di un annuncio da parte di al-Qaeda che confermi la morte di al-Zawahiri e la nomina del suo successore, ricordiamo che secondo un rapporto ONU del 2018 al-Adel svolse in Iran un ruolo chiave per la rete globale di al-Qaeda in qualità di vice di al-Zawahiri e che nell’agosto 2018 il Dipartimento di Stato USA ha aumentato la ricompensa per informazioni utili alla sua cattura, portandola da 5 a 10 milioni di dollari. Nonostante la morte di molti suoi leader, al-Qaeda resta protagonista della jihad in Sahel, in Yemen, nella Penisola Arabica, in Afghanistan e in Somalia e rappresenta con lo Stato Islamico un “marchio” consolidato del jihadismo e del terrorismo anti occidentale, come ha dimostrato anche l’ultimo proclama di al-Zawahiri, considerato ormai da tempo una figura più simbolica che decisionale sul piano operativo, probabilmente proprio per ragioni di salute. La sua morte difficilmente porterà a mutamenti dal punto di vista della minaccia terroristica, che per l’Occidente resta la stessa. Al-Qaeda del resto ha sempre mantenuto una struttura che garantiva autonomia alle sue componenti territoriali.

    23 novembre 2020
    www.analisidifesa.it/2020/11/dopo-la-morte-di-al-zawahiri-e-al-masri-un-altro-egiziano-alla-testa-di-a...
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    wheaton80
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    00 22/12/2020 20:58
    Assalto all'ufficio di un principe saudita e suo arresto

    Le forze di sicurezza saudite hanno arrestato un principe appartenente all'Intelligence saudita. Al-Ahd Al-Jadeed ha scritto sulla sua pagina Twitter che le forze di sicurezza saudite hanno fatto irruzione nell'ufficio del Principe Faisal bin Mohammed bin Nasser Al Saud, dei servizi di Intelligence, e lo hanno arrestato, riferisce la Tv Al-Alam. Secondo persone vicine alla famiglia reale di Riyadh, i recenti arresti indicano un possibile timore di "Muhammad bin Salman" per le cospirazioni dei membri della famiglia reale contro di lui e dimostrano che il principe ereditario dell'Arabia Saudita sta cercando di eliminare ogni possibile opposizione. In precedenza, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha imprigionato più di 200 principi e politici sauditi e ha confiscato più di 100 miliardi di dollari ai detenuti.

    19 dicembre 2020
    https://parstoday.com/it/news/middle_east-i232719-assalto_all'ufficio_di_un_principe_saudita_e_suo_arresto
    [Modificato da wheaton80 22/12/2020 21:01]
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    wheaton80
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    00 01/02/2021 19:55
    I leader degli Emirati Arabi Uniti esprimono le condoglianze per il decesso del principe saudita



    ABU DHABI - Il Presidente Sua Altezza lo Sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan ha espresso le sue condoglianze al Custode delle Due Sacre Moschee, Re Salman bin Abdulaziz Al Saud dell'Arabia Saudita, per la morte del principe Turki bin Nasser bin Abdulaziz Al Saud. Nel suo messaggio, il Presidente Khalifa ha chiesto ad Allah l'Onnipotente di far riposare i defunti in pace e di concedere pazienza e conforto alla famiglia Al Saud. Sua Altezza Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente, Primo Ministro e Sovrano di Dubai, Sua Altezza Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Principe ereditario di Abu Dhabi e Vice Supremo Comandante delle Forze Armate degli Emirati Arabi Uniti, hanno inviato due messaggi simili al Re Saudita.

    Traduzione: Hussein Abuel Ela
    Fonte: wam.ae/en/details/1395302905811
    31-01-2021

    www.wam.ae/it/details/1395302906078

    Nota Wheaton80
    Ecco chi era il Principe saudita: it.wikipedia.org/wiki/Turki_bin_Nasser_Al_Sa%27ud
    [Modificato da wheaton80 01/02/2021 19:56]
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    wheaton80
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    00 26/07/2021 16:31
    Tunisia, il tramonto definitivo della "rivoluzione dei gelsomini"

    Il Presidente tunisino, Kais Saied, ha annunciato domenica di avere preso la decisione di congelare l'attività del Parlamento, di sospendere l'immunità di tutti i membri parlamentari e di revocare la carica del Primo Ministro, Hicham Mechichi, a seguito delle forti proteste contro il governo svoltesi nel Paese. Saied ha altresì comunicato che guiderà l’esecutivo con la collaborazione di un nuovo Primo Ministro. Proprio nel pomeriggio di ieri i manifestanti si erano radunati davanti al Parlamento a Tunisi chiedendone a gran voce lo scioglimento. Diverse migliaia i tunisini in piazza, accorsi a manifestare poi in particolare contro il partito islamista Ennahdha, che ha subito l’irruzione in alcune delle sue sedi. Da diversi giorni sui social circolavano appelli ad unirsi alle manifestazioni. All’annuncio di Saied, numerosi sono stati i cortei spontanei di cittadini riversatisi nelle strade per festeggiare. A dieci anni circa dalla rivoluzione dei gelsomini, è lampante come quella tunisina (ma analoghe considerazioni si potrebbero estendere alle altre rivoluzioni arabe), sia stata fallimentare nelle proposte di cambiamento, in particolare modo, economico. La Tunisia odierna è socialmente in ebollizione, afflitta da una crisi sanitaria senza precedenti e contestuale crisi economica che perdura da anni, aggravata dall’ennesima mancata stagione turistica, definitivamente compromessa dalla pandemia.

    Francesco Fustaneo
    26 luglio 2021
    www.lantidiplomatico.it/dettnews-tunisia_il_tramonto_definitivo_della_rivoluzione_dei_gelsomini/8...
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    wheaton80
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    00 26/07/2021 16:44
    Tunisia: Saied fa chiudere la sede di al Jazeera

    In base alle disposizioni del Presidente della Repubblica Kais Saied, le forze dell'ordine tunisine hanno chiuso la sede locale della TV araba con base in Qatar, Al Jazeera. Ai giornalisti e impiegati è stato intimato in tempo utile di abbandonare i luoghi, ha fatto sapere il Direttore della sede di Tunisi, Lotfi Hajji. Poco prima Al Jazeera, sulla propria pagina Facebook, basandosi su "fonti tunisine ben informate", aveva scritto che il Premier Hichem Mechichi non si trova agli arresti ma a casa sua e che ha intenzione di riunire ugualmente il Consiglio dei Ministri. Momenti di tensione davanti all'ingresso del Parlamento, la cui sicurezza è affidata da questa notte all'esercito. Si sono formati due gruppi contrapposti, da un lato i sostenitori del Presidente tunisino Kais Saied, dall'altro quelli del partito islamico Ennhadha, che ha chiamato a raccolta i suoi elettori per "ripristinare la democrazia" all'indomani della decisione del Presidente Saied di sospendere i lavori dell'Assemblea, revocare l'immunità ai deputati e licenziare il Premier Hichem Mechichi. Secondo la radio locale Mosaique FM, il Presidente del Parlamento e leader di Ennahda Ghannouchi resta nella sua auto davanti ai cancelli. Questa notte l'esercito gli aveva impedito di entrare, secondo gli ordini di Saied. La situazione è inedita e gli esiti sono imprevedibili. In queste circostanza il capo del sindacato per la sicurezza dell'aeroporto internazionale di Tunisi-Cartagine, Anis Ouartani, ha dichiarato alla TV di Stato Watania 1 che sono state prese disposizioni d'intesa con i responsabili, che prevedono il divieto ai politici di viaggiare e di uscire dal Paese. La decisione di congelare per 30 giorni il Parlamento, revocare l'immunità ai deputati e licenziare il Premier non rappresentano "un colpo di Stato". Si tratta di decisioni costituzionali, ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione: lo ha detto il Presidente tunisino, Kais Saied, rispondendo al Presidente dell'Assemblea nonché leader del partito islamico Ennhadha (primo in parlamento), Rached Ghannouchi. "Chi parla di colpo di Stato dovrebbe leggere la Costituzione o tornare al primo anno di scuola elementare, io sono stato paziente e ho sofferto con il popolo tunisino", ha detto Saied alla TV di Stato.

    26 luglio 2021
    www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/07/26/tunisia-saied-fa-chiudere-la-sede-di-al-jazeera_c6b39bb4-79a1-4f06-a2f1-f2d25680e...
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    wheaton80
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    00 29/07/2021 11:15
    In Tunisia l’87% della popolazione approva le decisioni del Presidente Saied

    Il Presidente tunisino Kaies Saied gode di un enorme consenso popolare, secondo un recentissimo sondaggio di Emrhod Consulting, commissionato da media Business News e Attessia, appena pubblicato, secondo il quale l’87% dei tunisini afferma di approvare le decisioni del Presidente di licenziare il Premier e congelare il parlamento per 30 giorni, revocando l’immunità ai deputati. Degli 87% intervistati favorevoli, il 76% approva pienamente queste decisioni, mentre l’11% è relativamente favorevole. Secondo il sondaggio inoltre, il 46% dei tunisini non ha particolari preoccupazioni per il futuro del Paese, il 42% si dichiara preoccupato. L’indagine è stata condotta nel periodo compreso tra il 26 luglio e il 28 luglio 2021 su un campione rappresentativo della società tunisina composto da persone di età superiore ai 18 anni e provenienti dai 24 governatorati del Paese. Il margine di errore è stimato al 3,2%. Sempre secondo questo sondaggio, l’86% dei tunisini è favorevole anche al «congelamento delle attività del parlamento». Per quanto riguarda la revoca dell’immunità dei parlamentari, l’88% degli intervistati ha dichiarato di approvare la decisione, con una percentuale di 83% di totalmente favorevoli. L’84% dei tunisini approva anche la mossa di licenziare l’ormai ex Capo del Governo, Hichem Mechichi. Sulla nomina di un nuovo Capo di Governo da parte del Presidente della Repubblica e sull’annullamento di un sistema che prevede il potere esecutivo diviso tra due cariche, il 74% degli intervistati ha dichiarato di essere a favore di questa decisione.

    Licenziazo il Direttore della Televisione Pubblica Nazionale
    Dopo aver congelato il parlamento per 30 giorni e silurato il Premier Hichem Mechichi, il Presidente Saied ha licenziato il Direttore della Televisione Pubblica Nazionale Mohamed Lassaad Dahech, sostituendolo con un giornalista che in precedenza aveva ricoperto già questo incarico ad interim, Awatef Dali. Lo rende noto la Presidenza in un comunicato dopo che ad un attivista dei diritti umani e a una rappresentante del sindacato dei giornalisti è stato negato l’accesso alla sede dell’emittente, dove si erano recati come invitati ad una trasmissione. Amira Mohamed, vicepresidente del Sindacato Giornalisti Tunisini, ha affermato di essere stata bloccata all’ingresso della TV «Wataniya» da un agente di sicurezza che attendeva il permesso della direzione per consentirle di entrare. «Il Direttore di Wataniya mi ha detto di aver ricevuto istruzioni da un ufficiale militare di non consentire l’entrata agli ospiti nel quartier generale della televisione», ha aggiunto l’attivista per i diritti umani Bassem Trifi. Ma il Ministero della Difesa e la Presidenza della Repubblica hanno negato di aver impartito tali istruzioni. Poche ore dopo è stato comunque licenziato il Direttore della TV nazionale, Mohamed Laassad Dhahech, con l’accusa di aver tentato di creare problemi limitando l’accesso alla sede televisiva ai due invitati.

    29 luglio 2021
    www.cdt.ch/mondo/in-tunisia-l-87-della-popolazione-approva-le-decisioni-del-presidente-saied-KI4468378?_sid=...
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    00 08/09/2021 16:10
    Tunisia - Arrestato alto funzionario di Ennahdha

    Il partito islamista moderato tunisino, Ennahdha, ha reso noto che un suo alto funzionario, Anouar Maarouf, è stato posto agli arresti domiciliari per un presunto abuso di potere. Maarouf è stato “informato dalle forze di sicurezza di essere stato posto agli arresti domiciliari, senza alcun documento scritto o ordine motivato emesso dal Ministro dell’Interno, come previsto dalla legge”, ha dichiarato il partito in una nota, il 6 agosto, aggiungendo che la decisione sarebbe stata impugnata di fronte al Tribunale Amministrativo. “È stata una decisione arbitraria che lede il diritto di movimento e la libertà di espressione”, continua il documento. Da parte sua, il Ministero dell’Interno non ha commentato la dichiarazione. L’alto funzionario di Ennahdha è stato a capo del Ministero delle Comunicazioni e della Tecnologia dal 2016 al 2020. Il Presidente tunisino, Kais Saied, aveva suggerito che, sotto la gestione di Maarouf, il Ministero fosse manipolato dai partiti politici a vantaggio di questi ultimi. Saied si è mosso per ottenere il controllo diretto del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Comunicazioni e della Tecnologia, sostituendo i ministri incaricati di entrambi. La mossa è arrivata dopo che, il 25 luglio, il Capo di Stato tunisino ha rimosso dal suo incarico il Primo Ministro, Hichem Mechichi, e ha sospeso le attività del Parlamento per trenta giorni, accentrando su di sé tutta l’autorità esecutiva, mentre i deputati sono stati privati della loro immunità parlamentare. Le decisioni prese da Saied avevano fatto seguito a manifestazioni che, il 25 luglio, hanno visto migliaia di tunisini protestare contro un quadro economico, oltre che politico, in continuo deterioramento, ulteriormente esacerbato dalla pandemia di Covid-19. Quest’ultima ha poi messo in luce la fragilità di un sistema sanitario, che, per la popolazione, è vittima di anni di cattiva gestione. La disoccupazione in Tunisia risulta essere superiore al 15% e raggiunge picchi del 30% in alcune città. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, un terzo dei giovani tunisini è senza lavoro, mentre un quinto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ad aver peggiorato ulteriormente la situazione economica tunisina vi sono state, nel corso del 2020, la pandemia di Coronavirus e la minaccia terroristica. Due fenomeni che hanno colpito un settore essenziale per la Tunisia, il turismo, che rappresenta circa l’8% del PIL nazionale ed è una fonte chiave di valuta estera. Il 4 agosto, il Capo di Stato tunisino ha fatto riferimento a “minacce interne”, poste da chi cerca di danneggiare lo Stato e il tessuto sociale, non mostrando alcun senso di appartenenza alla propria patria. L’attenzione è stata rivolta anche al Ministero dell’Interno, che, a detta di Saied, alcuni cercano di conquistare per raggiungere obiettivi personali. Tuttavia, ha dichiarato il Capo di Stato, qualsiasi tentativo di “infiltrazione” verrà ostacolato, specificando come il Ministero dell’Interno non sia un dicastero di un partito. L’obiettivo del Presidente e delle autorità tunisine sarà far rispettare la legge. “Lo Stato tunisino è uno Stato di diritto”, ha affermato Saied. Ennahda, partito tunisino di orientamento islamista moderato e primo partito nella coalizione di governo, già il 27 luglio aveva riferito di voler formare un “fronte nazionale” volto a contrastare, in modo pacifico, le decisioni del Presidente, esercitando pressioni per ritornare a un “sistema democratico”. Tuttavia, il 4 agosto, il leader di Ennahda, Rachid Ghannouchi, che era anche il Presidente del Parlamento, ha ammorbidito la propria posizione, affermando che quanto sta accadendo può essere, in realtà, trasformato in una opportunità per portare avanti il cammino di riforme e transizione democratica intrapreso dalla Tunisia dalla rivoluzione del 2011.

    07 agosto 2021
    sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/08/07/tunisia-arrestato-alto-funzionario-e...
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    wheaton80
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    00 08/09/2021 16:12
    Sempre più solo e isolato, fa il vuoto attorno a sé

    Chassez le naturel, il revient au galop [detto francese che corrisponde all'italiano 'Chi nasce rotondo, non può morire quadrato '. NdT). Ovviamente, non avendo Ennahdha nel proprio DNA la democrazia, tutt'altro, il leader storico del movimento islamista, abituato a dirigere le sue truppe, non tollera alcuna sfida alla sua augusta persona; né alcuna deviazione dalla linea "ufficiale" del partito. Ma questo era prima del 25 luglio, e lo sceicco Ghannouchi non ha previsto nulla, non ha saputo nulla, non ha capito nulla.

    Non si critica il Duce
    Di fronte alla ribellione dei suoi luogotenenti, per non parlare della base visibilmente sgretolata, lo sceicco si infuria. Ed è uno dei pesi massimi di Ennahdha che ne paga il prezzo. Così, terminata la pazienza, Rached Ghannouchi ha deciso ieri, mercoledì 1 settembre 2021, di congelare l'adesione di Imed Hammami; prima di portarlo al consiglio disciplinare di Ennahdha. Motivo? "Ripetute trasgressioni alle politiche del Movimento". Questa è la versione ufficiale che nasconde il fastidio del capo per essere costantemente criticato dal suo luogotenente.

    Acerbe critiche
    Infatti, questo ingegnere di formazione, già portavoce di Ennahdha e più volte Ministro sia nel Governo di Youssef Chahed che in quello di Elyès Fakhfakh, si è più volte opposto ferocemente e frontalmente al Presidente di 'Ennahdha. Già, suprema blasfemia, questo famigerato leader del gruppo ribelle dei 100 si è dichiarato, pochi giorni fa, solidale con il Presidente della Repubblica Kaïs Saïed. Per aver cercato, secondo lui, "di porre fine alla paralisi che le strutture dello Stato conoscono da tempo". Inoltre, ha osato mettere in dubbio l'intenzione di Rached Ghannouchi di non candidarsi per un terzo mandato come capo di Ennahdha. Criticando la sua “presa soffocante” sul partito e la sua persistenza nel “prendere decisioni sbagliate”. E per concludere, che Ennahdha "merita un leader molto migliore". Un'opinione ben condivisa da un altro forte ribelle, Abdellatif Mekki. Perché ritiene che "il 2013 sia stato l'inizio della fine, poiché il Presidente del partito ha agito in disaccordo con lo spirito, la storia e la natura collettiva di Ennahdha. E Rached Ghannouchi dovrà assumersi le sue responsabilità”. Prima di concludere, implacabile:“E' lui all'origine di tutti gli errori commessi”.

    Autoritarismo
    D'altra parte, nel suo discorso del 25 agosto 2021 a Radio Med, Imed Hammami ha dichiarato che il Presidente del partito di Ennahdha "non ha compreso il massiccio sostegno della popolazione alle misure eccezionali adottate dal Presidente della Repubblica, il 25 luglio 2025”. E per continuare:“Durante l'ultima riunione di Majless Al Choura, abbiamo chiesto le dimissioni del Presidente di questo Consiglio. Così come le dimissioni dell'intero direttivo. Perché riteniamo che siano direttamente responsabili del deterioramento della situazione del partito e del Paese. Devono far posto a volti nuovi per assorbire i messaggi del 25 luglio. Tuttavia, Rached Ghannouchi non ha voluto sentire nulla, preferendo creare pseudo strutture già acquisite. Risultati? Questa decisione conferma la sua volontà di monopolizzare la gestione del partito e di prendere decisioni unilateralmente! Si è impossessato del partito”. Così si è lamentato il leader nahdhaoui 'congelato'. Non ci è voluto molto tempo perché la sentenza dello sceicco cadesse come una mannaia. Sempre più isolato, vivendo in una bolla schizofrenica, lo sceicco crea vuoto intorno a sé. Triste naufragio.

    Béchir Lakani
    02 settembre 2021

    Traduzione: Wheaton80
    www.leconomistemaghrebin.com/2021/09/02/ghannouchi-imed-...
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    00 22/09/2021 02:23
    Il militante più ricercato dell'Indonesia ucciso in una sparatoria nella giungla


    Un Ufficiale di Polizia mostra un manifesto con le foto dei due militanti ricercati uccisi, Ali Kalora, in alto a sinistra, e Jaka Ramadan, in basso a sinistra

    I militari indonesiani affermano di aver ucciso sabato, durante una sparatoria con le forze di sicurezza, il militante più ricercato dell'Indonesia, con legami con il gruppo dello Stato Islamico, nell'ambito di una vasta campagna di antiterrorismo contro gli estremisti nelle remote giungle di montagna. Ali Kalora è stato uno dei due militanti uccisi nel raid, ha dichiarato il capo militare regionale di Sulawesi Centrale, il Generale di Brigata Farid Makruf. L'altro sospetto estremista è stato identificato come Jaka Ramadan. I due uomini sono stati uccisi sabato scorso da una squadra congiunta di militari e agenti di polizia nel distretto montuoso di Parigi Moutong, nella provincia di Sulawesi Centrale, ha detto Makruf. Esso confina con il distretto di Poso, considerato un focolaio estremista nella provincia. "Ali Kalora era il terrorista più ricercato e il leader del MIT", ha detto Makruf, riferendosi all'acronimo indonesiano della rete East Indonesia Mujahideen, un gruppo militante che ha giurato fedeltà allo Stato Islamico nel 2014. Makruf ha poi aggiunto che le forze di sicurezza stavano cercando i quattro membri sospetti rimasti del gruppo. La sparatoria di sabato è avvenuta due mesi dopo che le forze di sicurezza hanno ucciso due sospetti membri del gruppo durante un raid prima dell'alba nello stesso distretto montuoso. I mujahideen dell'Indonesia orientale hanno rivendicato diverse uccisioni di agenti di polizia e minoranze cristiane.

    Le operazioni di sicurezza nell'area si sono intensificate negli ultimi mesi per cercare di catturare i membri della rete, prendendo di mira Ali Kalora, il leader del gruppo. Kalora era sfuggito alla cattura per più di un decennio. Ha preso il posto di Abu Wardah Santoso, ucciso dalle forze di sicurezza nel luglio 2016. Da allora decine di altri leader e membri del gruppo sono stati uccisi o catturati. A maggio, i militanti hanno ucciso quattro cristiani in un villaggio nel distretto di Poso, tra cui uno che è stato decapitato. Le autorità hanno affermato che l'attacco era una vendetta per l'uccisione a marzo di due militanti, tra cui il figlio di Santoso. Makruf ha dichiarato anche che il terreno accidentato e l'oscurità hanno ostacolato gli sforzi per evacuare i due corpi dalla scena della sparatoria nel villaggio boscoso di Astina. Ha detto che i corpi di Kalora e del suo seguace saranno prelevati in elicottero domenica mattina per ulteriori indagini e identificazione. L'Indonesia, la Nazione a maggioranza musulmana più popolosa del mondo, ha continuato a reprimere i militanti da quando gli attentati sull'isola turistica di Bali nel 2002 hanno ucciso 202 persone, per lo più stranieri. Gli attacchi militanti contro gli stranieri in Indonesia sono stati ampiamente sostituiti negli ultimi anni da attacchi più piccoli e meno mortali contro il governo, principalmente forze di polizia e anti-terrorismo, e persone che i militanti considerano infedeli, ispirate dalle tattiche del gruppo dello Stato Islamico all'estero.

    Mohammad Taufan
    19 settembre 2021

    Traduzione: Wheaton80
    abcnews.go.com/International/wireStory/indonesias-wanted-militant-killed-shootout-...
    [Modificato da wheaton80 22/09/2021 02:26]
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    wheaton80
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    00 08/02/2022 15:03
    La crisi dei Fratelli Musulmani

    Dopo il 2011, anno della primavera araba, l’orientamento soprattutto dei Paesi dell’area del Magreb sembrava ben delineato. I partiti vicini ai Fratelli Musulmani, già ben radicati nella società negli anni precedenti e unici delle varie opposizioni a essere strutturati, erano quelli destinati a prendere il potere. Portando quindi il cosiddetto Islam politico a essere sempre più decisivo nel mondo arabo. Oggi, a distanza di dieci anni, la situazione appare ribaltata. In alcuni Paesi dove la Fratellanza ha registrato i primi exploit, sono i movimenti e i partiti più laici a riprendere il sopravvento. I segnali, di cui in primis l’occidente dovrebbe prendere nota, vanno in questa direzione.

    I casi di Marocco e Tunisia
    Le ragioni dell’ascesa dei Fratelli Musulmani dopo la primavera araba sono semplici. Durante il lungo periodo di governo dei rais contestati dalle piazze, i partiti islamisti sono stati gli unici a organizzarsi. Soprattutto nella società, visto che molti movimenti della Fratellanza storicamente appaiono impegnati in opere di carità verso i più poveri. Caduti quindi i governi a seguito delle rivolte, nelle successive elezioni svoltesi nell’area magrebina i Fratelli hanno conquistato la maggioranza. I casi più emblematici sono quelli di Tunisia ed Egitto. Dopo la cacciata di Ben Alì da Tunisi, il partito Ennadha ha assunto posizioni maggioritarie. Al Cairo invece, con la caduta di Mubarack, ad emergere quale nuovo Presidente è stato Mohammed Morsi, storico rappresentante dei Fratelli Musulmani. Discorso diverso invece per quanto riguarda il Marocco. Qui la primavera araba non ha attecchito o almeno non nei livelli visti nei Paesi vicini. Non ci sono state grandi manifestazioni di piazza; del resto la popolazione stava già assistendo a importanti cambiamenti promossi da Re Mohammed VI. Tuttavia una discontinuità rispetto al passato c’è stata: nelle elezioni parlamentari del 2011, la maggioranza è andata ai movimenti della Fratellanza. Cosa resta di quel periodo politico oggi? Una menzione a parte merita l’Egitto. Qui lo scontro tra partiti laici, vicini all’esercito ed eredi dell’esperienza del rais Nasser, e i Fratelli Musulmani è sempre stato molto aspro. E al Cairo si è risolto anche questa volta con l’intervento di carri armati. Era il luglio 2013 infatti quando la popolazione è scesa nuovamente in piazza, questa volta contro Morsi, richiamando l’intervento dell’esercito. Da allora la Fratellanza è fuori legge e ogni movimento ad essa ispirato è considerato illegale.

    In Tunisia e in Marocco invece si è assistito di recente a un repentino affievolirsi del peso politico degli islamisti. Un percorso, in questi due casi, di natura politica e non militare. A Tunisi, nello scorso mese di luglio, il Presidente Kais Saied ha congelato il parlamento al cui interno Ennadha rappresentava il partito di maggioranza relativa. Nel farlo, il Capo dello Stato si è appellato all’articolo 80 della Costituzione, da applicare in caso di emergenze o difficoltà governative. Saied ha voluto rispondere allo stallo in cui era caduta l’azione governativa tunisina, a fronte della necessità di urgenti e incisive riforme da portare avanti. Ennadha si è fortemente opposta a questa scelta, ma i cittadini al momento sembrano premiare Saied. Gli ultimi sondaggi attestano un gradimento di quasi l’80% per il Presidente e inoltre, in caso di elezioni, il primo partito sarebbe quello dei desturiani, i nostalgici di Ben Alì. Ennadha otterrebbe soltanto il 10% dei consensi, fuori quindi dal giro che conta. In Marocco le elezioni ci sono già state. A settembre le consultazioni hanno bocciato sonoramente i partiti collegati ai Fratelli Musulmani. Dopo dieci anni di maggioranza relativa in parlamento, le formazioni islamiste sono passate da 125 a 13 seggi. A vincere invece è stato il Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti, capeggiato dal nuovo Premier Aziz Akhannouch. Di orientamento liberale, l’affermazione della nuova formazione politica di maggioranza ha segnato un corso diverso per il Marocco rispetto a quello avviato nel 2011.

    Perché l’Islam politico è entrato in crisi
    Tunisia e Marocco sono due casi importanti da tenere in considerazione in quanto in entrambi i casi, al netto delle tensioni delle ultime settimane a Tunisi, la perdita di consenso per i Fratelli Musulmani ha seguito un percorso meramente politico. In questi due Paesi nel 2011 l’avanzata dell’Islam politico sembrava inoltre quasi irreversibile o comunque destinata a durare a lungo. La crisi dei partiti vicini alla Fratellanza potrebbe quindi avere diverse cause. In primo luogo, derivanti dall’incapacità di portare avanti le azioni di governo. Se in Tunisia a diventare popolare è stato un Presidente che ha congelato il parlamento e se in Marocco, dopo dieci anni di governo, gli islamisti hanno perso più di cento seggi, vuol dire che nell’azione amministrativa qualcosa è andato storto. A Tunisi è stata soprattutto l’incapacità di Ennadha a dar risposte concrete alla crisi economica a penalizzare l’ala conservatrice/islamista. A Rabat i cittadini invece hanno voluto premiare le forze più vicine al riformismo del sovrano e più lontane dall’Islam politico. In secondo luogo, tramontata l’enfasi delle rivolte del 2011 e notate le fatali conseguenze che la primavera di dieci anni fa ha avuto in molti Paesi arabi oggi ancora in guerra, molti cittadini hanno preferito allontanarsi dalle posizioni più estreme. Per l’intero nord Africa e per tutto il Medio Oriente è forse questa la più importante lezione. Lì dove i Fratelli Musulmani vengono sfidati sul piano politico, i partiti a loro collegati nel medio periodo sono destinati a perdere le posizioni acquisite. Una lezione che vale anche per l’occidente. Potrebbe essere infatti questo il momento ideale per il ritorno al dialogo con forze più moderate.

    Mauro Indelicato
    23 novembre 2021
    it.insideover.com/politica/la-crisi-dei-fratelli-musulm...
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    00 27/09/2022 16:59
    Egitto, muore a 96 anni leader spirituale dei Fratelli Musulmani



    Youssef al-Qaradawi, controverso religioso egiziano considerato il leader spirituale del gruppo dei Fratelli Musulmani, è morto oggi all’età di 96 anni, ha affermato il suo sito web ufficiale. Al-Qaradawi si trovava in esilio in Qatar, Paese che frequentava dagli anni ‘70. In Egitto al-Qaradawi era stato processato e condannato a morte in contumacia dopo la presa del potere di Abdel Fattah al-Sisi e la messa la bando della fratellanza. Cinzia Bianco, ricercatrice del European Council on Foreign Relations, ha ricordato su Twitter che al-Qaradawi era Presidente dell’International Union of Muslim Scholars e vantava un grande seguito popolare. Il suo programma televisivo Sharia and Life, sulla TV qatariota Al Jazeera, ha avuto un pubblico stimato tra i 40 e i 60 milioni di spettatori ed è diventato “un potente veicolo di soft power per l’Islamismo” e per lo stesso Paese del Golfo. Il religioso lasciò l’Egitto nel 1961 e tornò solo dopo la Primavera Araba per tenere un sermone a piazza Tahrir, prima di essere costretto di nuovo a rifugiarsi in Qatar. “La morte di al-Qaradawi segna la fine di un’era”, ha commentato la Bianco.

    26 settembre 2022
    www.africarivista.it/egitto-muore-a-96-anni-leader-spirituale-dei-fratelli-musulmani...
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    00 20/04/2023 17:24
    Tunisia, arrestato il leader di Ennahda Rachel Ghannouchi

    Dalla Tunisia giunge la notizia dell’arresto del leader di Ennahda, Rachel Ghannouchi, avvenuto lo scorso 17 aprile. Il giudice istruttore del tribunale di primo grado di Tunisi ha già dato avvio all’interrogatorio. L'avvocato Monia Bouali ha riferito all’agenzia di stampa tunisina “Tap” che Ghannouchi è accusato di "cospirazione contro la sicurezza dello Stato”. Il mandato di arresto è stato emesso dall'ufficio del pubblico ministero presso la divisione giudiziaria antiterrorismo. In una dichiarazione rilasciata lo scorso lunedì sera, Ennahda ha chiesto l'immediato rilascio del suo presidente. Secondo gli ultimi aggiornamenti, le autorità tunisine hanno poi disposto la chiusura degli uffici del partito, che denuncia una grave escalation chiedendo di fermare tutti i processi contro gli oppositori politici. Oltre a Ghannouchi sono stati poi arrestati altri tre funzionari del partito vicino alla Fratellanza Musulmana: Mohammed Goumani, Belkacem Hassan e Mohammed Chnaiba. Ghannouchi, 82 anni, è una figura assai nota dell’islam politico tunisino: rientrato in Tunisia nel 2011 dopo un esilio durato una ventina d’anni, era oggetto di diverse indagini da parte della procura antiterrorismo, inchieste partite durante il mandato presidenziale di Kais Saied. L’otto febbraio scorso era stato invece l’avvocato Imen Gzara, proprio a margine di una conferenza indetta dall'Ordine degli Avvocati e dal Comitato per la Difesa dei Due Martiri Chokri Belaïd e Mohamed Brahmi ad anticipare alla stampa che erano state condotte “indagini per crimini terroristici, sfociati nell’omicidio di Belaïd (avvocato e attivista politico), proprio sul presidente di Ennahda, sul figlio, Moadh Ghannouchi, sul vicepresidente del movimento Ali Larayedh e su altre personalità.

    Francesco Fustaneo
    20 aprile 2023
    www.lantidiplomatico.it/dettnews-tunisia_arrestato_il_leader_di_ennahda_rachel_ghannouchi/8...
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    00 28/02/2024 20:25
    Turchia, stretta di Erdogan contro i Fratelli Musulmani

    Negli ultimi tre anni, Erdogan ha gradualmente preso le distanze dalla Fratellanza Musulmana, da cui proviene, per abbracciare sempre più lo spirito kemalista. Questo cambiamento è stato influenzato anche dal sostegno dei suoi alleati ultranazionalisti del Partito del Movimento Nazionalista (il braccio politico dei Lupi Grigi), che hanno ottenuto sorprendentemente un buon 10 per cento alle elezioni legislative. In politica estera il cambio di passo di Erdogan con la Fratellanza Musulmana ha portato il riavvicinamento con Arabia Saudita ed Egitto. Il che accade in un Medio Oriente che sta vivendo una nuova ondata di nazionalismo, con diverse Nazioni che adottano politiche volte a rafforzare l'identità nazionale e l'autonomia regionale, politiche accomunate da alcuni tratti comuni: enfasi sull'identità nazionale, antioccidentalismo, autoritarismo e pragmatismo nelle relazioni internazionali. In Turchia, il Presidente Recep Tayyip Erdogan ha incontrato il Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, sancendo l'inizio di una "nuova era" nelle relazioni tra i due Paesi.

    Questo evento può essere visto come un ulteriore segno dell'ascesa del nazionalismo in Medio Oriente, con la Turchia che cerca di rafforzare la sua posizione regionale e rivendicare un ruolo di leader nel mondo musulmano. L'incontro Erdogan-bin Salman rappresenta un riavvicinamento tra due potenze regionali che in passato avevano avuto posizioni contrastanti su diverse questioni. Tuttavia, è stato il legame di Erdogan con i Fratelli Musulmani e le sue ramificazioni a dare inizio alla rottura delle relazioni più di dieci anni fa, con l'inizio delle rivolte nel mondo arabo. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto vedevano il gruppo islamico panarabo come una minaccia, mentre Erdogan sperava di sfruttare il successo elettorale dei Fratelli Musulmani in Egitto nel 2011 e nel 2012 per eventualmente sostituire l'Arabia Saudita come leader de facto del mondo islamico sunnita.

    Ed ecco che la Turchia è diventata uno dei pochi rifugi sicuri nella regione per i Fratelli Musulmani. Soprattutto con l’arrivo del Governo in Egitto di Abdel Fattah al-Sisi: dopo aver deposto con un colpo di Stato il Presidente legato alla Fratellanza Mohamed Morsi nel 2013, ha dichiarato fuorilegge i Fratelli Musulmani, e ne ha arrestati centinaia. La normalizzazione delle relazioni tra Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto è stata accompagnata da restrizioni al movimento e alla capacità operativa dei Fratelli Musulmani. La Turchia ha esercitato pressioni sui canali televisivi affiliati ai Fratelli Musulmani affinché riducessero la copertura critica del Presidente egiziano e chiudessero almeno una delle loro reti. La visita di Erdogan a Jeddah l'anno scorso è coincisa con la chiusura della rete televisiva satellitare della Fratellanza, chiamata Mekameleen, dopo otto anni di trasmissioni da Istanbul. Inoltre, la Turchia ha negato il rinnovo dei permessi di residenza ai membri o ai loro associati nel tentativo di incoraggiarli ad andarsene. La scorsa settimana poi la Turchia ha ritirato la cittadinanza a Mahmoud Hussein, vice guida della Fratellanza Musulmana residente a Istanbul, da dove supervisiona la gestione degli affari, delle aziende e degli investimenti dell'organizzazione. Le autorità turche non hanno fornito spiegazioni, lasciando Hussein sconcertato e senza passaporto; con ogni probabilità troverà rifugio in Malesia.

    La revoca ha innescato un esodo di molti membri della Fratellanza Musulmana dalla Turchia. Tra loro, giornalisti, membri del Movimento Hasm e accademici. Le autorità turche hanno persino negato la cittadinanza ad un altro membro del gruppo. La mossa di Erdogan rappresenta un cambio di rotta significativo, dopo anni di sostegno ai Fratelli Musulmani. Una mossa che arriva dopo la storica visita del Presidente turco in Egitto dello scorso 14 febbraio: è stato il primo viaggio del Sultano nella capitale egiziana dal 2012. La riconciliazione con l'Egitto, nemico giurato del gruppo, sembra aver avuto la priorità, mentre la tensione tra Ankara e la Fratellanza Musulmana è ormai evidente. La svolta di Erdogan potrebbe avere implicazioni significative per il futuro del gruppo in Turchia e nella regione. La revoca della cittadinanza turca a Mahmoud Hussein, guida della Fratellanza Musulmana, ha portato alla luce un'organizzazione corrotta all'interno del gruppo, definita "mafiosa" da diversi giornali arabi. Secondo le fonti di Al Arabiya.net, il figlio di un importante funzionario della Fratellanza, fuggito in Turchia dopo la rivoluzione del 2013, era a capo di questa mafia. Per 60.000 dollari a persona, lui e i suoi complici, tra cui professionisti dei media e personale dell'associazione, fornivano cittadinanze a individui che non risiedevano nemmeno in Turchia.

    Oltre a questo giro di cittadinanze, l'associazione richiedeva anche "donazioni" in dollari per coprire le sue spese. La revoca della cittadinanza di Hussein potrebbe essere solo l'inizio: altri leader potrebbero subire lo stesso destino per aver acquisito la cittadinanza con la "proprietà rotativa", comprando e rivendendo proprietà a prezzi gonfiati. Nel 2022, il Governo turco ha adottato una legge che concede la cittadinanza in cambio di un investimento di 400.000 dollari in immobili o depositi bancari. La proprietà non può essere venduta per tre anni e può essere ceduta solo ad altri cittadini turchi. La legge consentiva a decine di migliaia di arabi e stranieri di acquistare beni immobili. Ciò ha scatenato la rabbia dell'opposizione turca, che ha accusato il Governo di insultare il passaporto turco concedendolo in cambio di denaro per aumentare il numero di voti per il Partito Giustizia e Sviluppo al potere. Ad oltre 300.000 siriani e a diversi leader della Fratellanza Musulmana provenienti dall’Egitto sono state concesse nazionalità eccezionali.

    La legge è stata sfruttata da alcuni uffici e aziende che finalizzano le transazioni di cittadinanza per commettere violazioni e manipolare la vendita della cittadinanza. Lo scorso maggio, le pressioni dell'opposizione turca durante le elezioni presidenziali e parlamentari hanno spinto le autorità a rivedere le condizioni dei residenti e dei titolari della cittadinanza. Ma tale sistema non sarà più sfruttato, per ora, dai membri della Fratellanza Musulmana. Le implicazioni di questa scoperta sono numerose e potrebbero portare al ritiro della cittadinanza di altri leader della Fratellanza in Turchia. Innanzitutto, danneggia l'immagine della Fratellanza Musulmana, già indebolita dalla repressione di alcuni Paesi arabi. Inoltre, mette in luce la corruzione all'interno del gruppo, minando la sua credibilità all'interno della Umma islamica e mettendo in discussione il potere acquisito negli anni. La vicenda è ancora in corso e non è chiaro come si evolverà. Tuttavia, è chiaro che la mafia della cittadinanza ha avuto un impatto significativo sulla Fratellanza Musulmana e sulla sua posizione in Turchia.

    Inoltre, la scoperta di questa organizzazione corrotta solleva dubbi sulla legittimità dei membri della Fratellanza che hanno ottenuto la cittadinanza turca attraverso mezzi illegali e mette in luce l'ipocrisia di un gruppo che si proclama paladino della giustizia e dell'uguaglianza. Questa vicenda potrebbe portare a un'epurazione interna della Fratellanza Musulmana, con l'estromissione dei membri coinvolti nella cosiddetta mafia: un'ombra sinistra sulla Fratellanza Musulmana (perlomeno la ramificazione egiziana), un lato oscuro di corruzione e avidità che ne mina la credibilità all’interno della Umma e ne mette in discussione il potere acquisito negli anni. Ma l’Idra non è morta, è all’angolo. Aspettiamoci dei colpi di coda.

    Souad Sbai
    26/02/2024
    lanuovabq.it/it/turchia-stretta-di-erdogan-contro-i-fratelli-m...
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