51. Desideri degli eletti sempre saziati.
« Il desiderio dei beati è di vedere l'onore mio in voi viandanti e quali siete peregrini, che sempre correte verso il termine della morte. Nel desiderio del mio onore desiderano la salute vostra, e perciò sempre mi pregano per voi. Il qual desiderio è adempito da me dalla parte mia, colà dove voi ignoranti non recalcitrate alla mia misericordia. Hanno desiderio ancora di riavere la dote del corpo loro; e questo desiderio non li affligge, non avendolo attualmente, ma godono gustando per certezza, ch'essi hanno ad avere il loro desiderio pieno, onde non li affligge, perocché non avendolo, non manca loro beatitudine, e perciò loro non dà pena » (Ibid.).
« Sai tu qual è il più singolar bene che hanno i beati? E' avere la volontà loro piena di quel che desiderano. Desiderano me; e desiderando me, essi mi hanno e mi gustano, senz'alcuna ribellione, perocchè hanno lasciata la gravezza del corpo, il quale era una legge che impugnava contro lo spirito... Ma poichè l'anima ha lasciato il peso del corpo, la volontà sua è piena; perocchè desiderando di vedere me, ella mi vede; nella qual visione sta la vostra beatitudine. E vedendo conosce, e conoscendo ama, e amando gusta me, sommo ed eterno Bene, e gustando sazia e adempie la volontà sua, cioè il desiderio ch'egli ha di vedere e conoscere me. Onde desiderando ha, e avendo desidera. E com'io ti dissi, allontanata è la pena dal desiderio, e il fastidio dalla sazietà » (Dialogo, c. xLv).
52. Gloria e beatitudine del corpo.
« Non ti pensare che la beatitudine del corpo, dopo la risurrezione, dia più beatitudine all'anima. Che se questo fosse, seguiterebbe che infino che non avessero il corpo, avrebbero beatitudine imperfetta, la qual cosa non può essere, perchè in loro non manca alcuna perfezione. Sicchè non è il corpo che dia beatitudine all'anima, ma l'anima darà beatitudine al corpo; perocchè darà dell'abbondanza sua, rivestita, nell'ultimo dì del giudizio, del vestimento della carne che aveva lasciata.
« Come l'anima è fatta immortale, fermata e stabilita in me, così il corpo in quell'unione diventa immortale, e, perduta la gravezza, è fatto sottile e leggero. Onde sappi che il corpo glorificato passerebbe per lo mezzo del muro; nè il fuoco nè l'acqua non l'offenderebbe non per virtù sua, ma per virtù dell'anima, la quale virtù; è mia data a lei per grazia e per l'amore ineffabile, col quale io la creai alla immagine e similitudine mia. L'occhio dell'intelletto tuo non è sufficiente a vedere, nè l'orecchio a udire, nè la lingua a narrare, nè il cuore a pensare il bene loro.
« O quanto diletto hanno in vedere me, che sono ogni bene! O quanto diletto avranno, essendo col corpo glorificato il quale bene ora non avendo fino al giudizio generale, non hanno pena, perchè non manca loro beatitudine; perocchè l'anima è piena in sè; la quale beatitudine parteciperà col corpo, come ti ho detto » (Dialogo, c. XLI).
53. La comunione celeste, ossia l'unione deliziosa dei corpi gloriosi al corpo glorificato di nostro Signore Gesù Cristo.
« Che dire di quella gioia ineffabile dei corpi glorificati nell'umanità glorificata dell'Unigenito mio Figliuolo, che vi dà la certezza della vostra risurrezione! Ivi esulteranno nelle sue piaghe, le quali sono rimaste fresche, e conservate le cicatrici nel corpo suo, le quali gridano continuamente misericordia: per voi a me sommo ed eterno Padre, e tutti saranno conformi con lui in gaudio e giocondità. Sì, per i vostri occhi, per le vostre mani, per il vostro corpo tutto quanto voi sarete uniti agli occhi, alle mani, al corpo del dolce Verbo mio Figliuolo. Essendo in me, voi sarete in lui, perchè egli è una medesima cosa con me » (Dialogo, c. XLI).
54. Sempre avidi e sempre sazi.
« Quando l'anima è separata dal corpo, ha pieno il desiderio suo, e però ama senza pena. Allora è saziata, ma senza fastidio, perchè essendo saziata ha sempre fame, senza aver la pena della fame; ribocca d'una felicità perfetta e nulla può desiderare senza averlo. Desidera di veder me e mi vede a faccia a faccia; desidera di veder la gloria del mio nome ne' miei Santi e la vede nella natura angelica e nella natura umana » (Dialogo, capit. LXXIX).
55. Gli eletti veggono risplendere la gloria di Dio sopra la terra ed anche nell'inferno.
« La vista dell'anima beata è tanto perfetta che vede la gloria e l'onore del mio nome non solo nei cittadini che sono a vita eterna, ma anche nelle creature mortali. Voglia o non voglia, il mondo mi rende gloria. Vero è che non me la rende come dovrebbe, amando me sopra ogni cosa; ma dalla parte mia io traggo dagli uomini gloria e lode al nome mio, poichè in loro brillano la mia misericordia e la grandezza della mia carità.
« Io loro lascio il tempo e non comando alla terra d'inghiottirli per i loro difetti; anzi io li aspetto, e alla terra comando, che loro doni i frutti suoi, al sole, che li scaldi e dia loro la luce e il caldo suo, al cielo che si muova, e spando la mia misericordiosa bontà su tutte le cose che sono fatte per loro. Non solo io non le sottraggo da essi per i difetti loro, ma ancora le do a1 peccatore come al giusto, ed anche spesse volte più al peccatore che al giusto, perchè il giusto può soffrire ed io lo privo dei beni della terra per dargli più abbondantemente i beni del cielo. Così la mia misericordia e la mia carità brillano sopra di essi.
« Alcuna volta le persecuzioni che i servi del mondo fanno sopportare a' miei servi, provano la loro pazienza e la loro carità; esse non servono che a farmi offrire da loro umili e continue preghiere: così ridondano a gloria e ad onore del nome mio; sicchè voglia o non voglia, l'iniquo salva la mia gloria, anche con ciò ch'egli fa per offendermi » (Dialogo, C. LXXX).
« I peccatori stanno in questa vita ad aumentare la virtù ne' servi miei, così come i demònii stanno nell'inferno, in qualità di miei giustizieri e aumentatori, cioè facendo giustizia dei dannati. Essi servono altresì alle mie creature, che, nel loro terreno pellegrinaggio, desiderano d'arrivare a me, loro fine. Servono loro esercitando la loro virtù con molte molestie e tentazioni in diversi modi, esponendoli alle ingiurie ed alle ingiustizie degli altri, a fine di far loro perdere la carità; ma volendo spogliare i miei servi, essi li arricchiscono esercitando la loro pazienza, la loro fortezza e la loro perseveranza. Per questo modo rendono gloria e lode al nome mio » (Dialogo, C. LXXXI).
56. La vista dei peccati cagiona compassione, ma non tristezza, nel cuore degli eletti.
« L'anima, in cielo, vede l'offesa che mi è fatta; ella non può più, come un tempo, sentirne dolore, ma ne prova solo compassione; ama senza pena e prega sempre con carità perchè io faccia misericordia al mondo. In lei la pena è passata, ma non la carità. Il Verbo, mio Figliuolo, vide finire, nella morte dolorosa della croce, la pena del desiderio della vostra salute che lo tormentava, ma il desiderio della vostra salute non è cessato colla pena.
« Parimenti i Santi, che hanno la vita eterna, conservano il desiderio della salute delle anime, ma senza averne la pena; la pena si spense nella loro morte, ma non l'ardore della carità. Essi sono come inebriati del sangue dell'Agnello immacolato e rivestiti della carità del prossimo. Passarono per la porta stretta, tutti inondati del sangue di Gesù Crocifisso, e, in me, oceano della pace, si trovano liberati dall'imperfezione, cioè dalla pena del desiderio, perchè sono arrivati a quella perfezione in cui sono saziati d'ogni bene » (Dialogo, c. Lxxxii).
La beata Osanna da Mantova, all'età di dodici anni fu rapita in cielo, ové le fu dato di contemplare lo splendore dei Santi. Quello spettacolo accese il suo cuore d'un tale amore che avrebbe desiderato di non più ritornare sopra la terra. L'Onnipotente le disse: « Figlia mia carissima, io volli farti intravedere la gloria dei vergini e dei martiri, affinchè il ricordo di questa incomparabile felicità ti preservi da ogni immondezza e ti renda fedele e diligente nel mio servizio ».
57. L'anima immersa nella gioia celeste.
Dio Padre diede a S. Maria Maddalena de' Pazzi quest'istruzione sulla felicità del cielo « Vedi, figlia mia, la differenza che corre fra un uomo che beve un bicchier d'acqua e un altro che si bagni nel mare. Si dice del primo che l'acqua entra in lui, perchè essa dalla bocca passa nello stomaco per rinfrescarlo; ma del secondo si dice ch'entra nel mare, perchè la quantità d'acqua che lo compone è così grande che eserciti interi possono entrarvi e perdervisi, senza che ne resti la menoma traccia. Così è dell'anima. Le consolazioni ch'ella riceve in questo mondo non fanno altro che entrare in lei, come l'acqua in un ristrettissimo vaso, per modo ch'ella non può riceverle se non in una misura assai limitata. Il che faceva dire ad una di tali anime, ricolma di dolcezze, deplorando la picciolezza del suo vaso che non poteva contenerne quanta avrebbe voluto: basta, Signore, basta. Dovechè nel cielo si entra nella gioia del Signore, ci si immerge in un oceano senza fondo di dolcezze e di consolazioni ineffabili, cioè in Dio stesso, che sarà tutto in tutti. Dentro di voi, fuori di voi, sopra di voi, attorno a voi, davanti a voi e dietro a voi, tutto sarà gioia, allegrezza, dolcezze e consolazioni, perchè da ogni lato troverete Iddio. Erit Deus omnia in omnibus » (P. I, c. XYII).
58. Dio si compiace ne' suoi eletti e gli eletti si compiacciono in Dio.
« Nel cielo, disse ancora l'Eterno Padre alla medesima Santa, le anime beate non cessano di godere nella compiacenza della sua divina essenza. Esse trovano in tale compiacenza un piacere inenarrabile ed una grande gloria, il che fa si che anch'io mi compiaccia grandemente in esse; e siffatta compiacenza reciproca di me in loro e di loro in me produce, negli angeli, ineffabili trasporti d'allegrezza e forma la felicità di tutto il paradiso » (P. IV, c. xiii).
59. Dolcezze corrispondenti ai dolori dell'esilio.
Il Signore disse a Geltrude a proposito di un'eletta: « Perchè il suo più gran dolore fu nel suo braccio, ella mi tiene abbracciato con una sì grande gloria di beatitudine che desidererebbe d'aver sofferto cento volte di più » (lib. V, e. III).
Una volta, dopo la Comunione, racconta Maria Amata, nostro Signore mi mostrò che un giorno si vedrebbero nelle anime tutti i pensieri della loro vita, tutti i loro sentimenti, affetti ed intenzioni (Vita, c. xvui).
60. Ciascun genere d'opere virtuose avrà una speciale ricompensa.
Il Signore diede un giorno a S. Geltrude questa istruzione: « In quella guisa che il corpo si compone di risolti membri fra loro uniti, così l'anima è costituita da diversi affetti, come il timore, il dolore, la gioia, l'amore, la speranza, l'odio, il pudore. Secondo che l'uomo si sarà esercitato per la mia gloria in ciascuno di questi affetti egli ritroverà in me altrettante gioie ineffabili e inestimabili. Nel dì della risurrezione quando questo corpo mortale rivestirà l'incorruttibilità, ciascun membro riceverà una ricompensa speciale per ciascuna delle opere che avrà compiute, e per ciascuno degli esercizi praticati in mio nome e per mio amore. Ma l'anima riceverà una ben più nobile ricompensa per ciascun movimento di santo affetto, che per mio amore l'avrà animata o penetrata di compunzione » (lib. III, c. Lxix).
Un giorno, festa di Tutti i Santi, S. Geltrude ebbe la visione del cielo. Poi il Signore le mostrò sparsi e mescolati fra i Santi del cielo tutti i fedeli militanti ancora sopra la terra, ciascuno secondo i meriti suoi. Per esempio quelli che, vivendo onestamente nel matrimonio, si esercitano in buone opere nel timore di Dio apparivano aggiunti ai santi patriarchi. Quelli che meritano di conoscere i segreti di Dio sembravano riuniti ai profeti. Quelli che si dedicano alla predicazione e all'insegnamento della santa dottrina erano riuniti agli apostoli e così degli altri. Vide altresì che i martiri avevano nelle loro file i religiosi che vivono sotto l'obbedienza. I santi martiri, nella parte del loro corpo dove soffrirono per il Signore, ricevevano uno splendore speciale e una dilettazione d'una potenza inestimabile. Similmente i religiosi per tutte le delicatezze che rifiutarono a se stessi nei sensi della vista, del gusto, dell'udito, nel passeggio o nella conversazione, o per altri simili sacrifizi, hanno in cielo la medesima ricompensa dei martiri » (lib. IV, cap. Lv).
61. « I giusti brilleranno come il sole nel regno del Padre mio ».
Parole del Signore a S. Matilde: « Il corpo, nella sua risurrezione, sarà sette volte più brillante del sole, e l'anima sette volte più brillante del corpo, cui ella ripiglierà come un vestimento, spandendo la luce in tutte le sue membra come il sole in un cristallo. Ed io penetrerò tutte le parti più intime dell'anima con una luce ineffabile e così, nel celeste soggiorno, brilleranno corpo ed anima, per sempre » (Parte V, c. xiv).
62. Gli eletti nei cori degli angeli.
Il Signore disse a Margherita da Cortona: « Tu mi pregasti per Gilia, ebbene io per amor tuo e per le sue opere virtuose la collocherò in paradiso nell'ordine dei Cherubini » (cap. VIII, § 6). E qualche tempo dopo: « Oggi rallegrati con Frate Giunta (Francescano, confessore della santa penitente e autore della sua vita) di vedere la sua cara figlia Gilia, ammessa, secondo la mia promessa, nel coro dei Cherubini » (cap. ix, § 31). Gilia era un'amica intima della santa penitente. Il Signore un giorno disse a questa: « Tu sai che Giovannello e Gilia, tua compagna, per imitare la tua vita penitente, vollero mortificare il loro corpo all'eccesso e abbreviarono così la loro vita » (c. x, § 14). Poichè Margherita pregava per Gilia morta allora, un angelo le disse: « Ella starà per un mese in purgatorio, non vi soffrirà che pene leggere, per essersi lasciata trascorrere all'ira per eccesso di zelo ». Il Signore inviò quattro angeli per liberarla dal purgatorio (cap. ix, § 30 e 31).
63. Ciascun eletto gode della felicità di tutti.
« Nel cielo, figlia mia, disse l'Eterno Padre a S. Maria Maddalena de' Pazzi, ogni beato non si rallegra meno della gloria degli altri che della sua propria, perchè l'amore, come sai, mette tutto in comune, e il cielo è il soggiorno del sincero e perfetto amore. Dirò di più: la perfezione di quest'amore è così grande che un'anima, vedendo un'altra rivestita di una gloria più fulgida della sua, perchè ebbe sulla terra una carità più grande, si rallegra più di quella gloria estranea che della sua propria. Così s'aumenta la gloria di ciascun'anima beata, a misura che la sua carità si dilata, poichè ella partecipa della gloria di tutte le altre, così come di quella degli angeli e di tutti gli spiriti da me glorificati nel cielo. Vedi, figlia mia, quale abisso di gloria! » (Parte I, c. xxiii).
Il Signore disse a Matilde: « Loda la mia bontà nei Santi, ch'io rimunerai con una tal beatitudine ch'essi abbondano di tutti i beni, non solo in se stessi, ma la gioia dell'uno si accresce ancora colla gioia dell'altro, a tal segno che uno gode della felicità dell'altro più che una madre dell'elevazione dell'unico suo figliuolo, o che un padre del trionfo e della gloria del suo figlio. Così ognuno di loro gode dei meriti particolari di tutti in una dolce carità » (Parte I, c. xxxiv).
APPENDICE
Dal libro: "INVITO ALL'AMORE" Messaggi a: Josefa Menendez + 1923 4 settembre 1922
L'inferno delle anime consacrate è spaventoso, Josefa vi si crede immersa e vede in un lampo tutta la sua vita: Grazie, colpe, aiuti ... la confusione è terribile.
Come nelle precedenti discese in inferno, Josefa non accusa in sè alcun peccato che abbia potuto condurla a tale sventura. Nostro Signore vuole soltanto che ella ne provi le conseguenze come se fossero meritate: "In un istante mi trovai in inferno, ma senza esservi trascinata come le altre volte. L'anima vi si precipita da se stessa, vi si getta come se desiderasse sparire dalla vista di Dio per poterLo odiare e maledire.
- L'anima mia si lasciò cadere in un abisso di cui non si poteva vedere il fondo perchè è immenso!
... Subito udii altre anime rallegrarsi vedendomi negli stessi tormenti. È già un gran martirio udire quelle terribili grida, ma credo non vi sia tormento da paragonare alla sete di maledizione che invade l'anima; e più si maledice, più questa sete aumenta! Non avevo mai provato questo tormento. Altre volte l'anima mia era rimasta affranta dal dolore udendo quelle orribili bestemmie, pur non potendo produrre alcun atto d'amore. Ma oggi era tutto il contrario!
"Ho visto l'inferno come sempre: i lunghi corridoi, gli antri, il fuoco ... ho inteso le stesse anime gridare e bestemmiare, poichè, anche se non si vedono forme corporali, i tormenti straziano come se i corpi fossero presenti e le anime si riconoscono. E gridano: "Olà, eccoti quaggiù! Tu, come noi! Eravamo libere di fare e non fare i voti ... ma adesso! ...
E maledicevano i voti.
“Allora fui spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre scottanti, e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate s'infiggessero nel mio corpo!".
Quindi Josefa espone i molteplici tormenti che non risparmiano alcun membro: "Ho sentito come se si volesse, senza riuscirvi, strapparmi la lingua, cosa che mi riduceva agli estremi, con un atroce dolore. Gli occhi mi sembravano uscir dall'orbita, credo a causa del fuoco che li bruciava orrendamente. Non c'è neppure un'unghia che non soffra un orribile tormento. Non si può nè muovere un dito per cercare sollievo, nè cambiare posizione; il corpo è come compresso e piegato in due. Le orecchie sono stordite dalle grida confuse che non cessano un solo istante. Un odore nauseabondo e ripugnante asfissia e invade tutto, come se si bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo ... una miscela che non può essere paragonata a cosa alcuna del mondo.
"Tutto questo l'ho provato come le altre volte, e sebbene questi tormenti siano terribili, sarebbero un nulla se l'anima non soffrisse. Ma essa soffre in un modo indicibile. Fino ad ora, quando discendevo in inferno, soffrivo intensamente perchè credevo di essere uscita dalla religione, e di essere perciò dannata. Ma questa volta, no! Ero in inferno col segno speciale di religiosa, di un'anima che ha conosciuto ed amato il Suo Dio, e vedevo altre anime di religiosi e religiose che portavano lo stesso segno. Non saprei dire da che cosa si riconoscevano: forse dai particolari insulti che i demoni e i dannati scagliavano contro di loro. Anche molti sacerdoti erano là! e non posso spiegare che cosa sia stata questa sofferenza, assai diversa da quella che ho provato altre volte, poichè, se è terribile la pena di un'anima del mondo, è poca cosa in confronto di quella dell'anima religiosa. Senza posa, queste tre parole: Povertà, Castità, Obbedienza, si stampano nell'anima come un rimorso struggente.
"Alcune anime maledicevano la vocazione che avevano ricevuta ed a cui non avevano corrisposto ... la vocazione che avevano perduta, perchè non si sentivano di vivere sconosciute e mortificate ...
"Vidi molti sacerdoti, religiosi, religiose che maledicevano i voti, il loro Ordine, i loro superiori e tutto quello che avrebbe dovuto dar loro la luce e la grazia che avevano perduta ...
"Ho visto anche dei prelati ... Uno tra essi, si accusava di aver adoperato illegittimamente i beni che non gli appartenevano ...
“Alcuni sacerdoti maledicevano la loro lingua che aveva consacrato, le loro dita che avevano sostenuto Nostro Signore, le assoluzioni che avevano impartite, senza saper salvare se stessi ... l'occasione che li aveva precipitati nell'inferno ...
“Un sacerdote diceva: Ho mangiato veleno, mi sono servito del denaro che non mi apparteneva ... " e si accusava di aver adoperato il denaro delle offerte per Messe che non aveva celebrate.
"Un altro diceva che apparteneva ad una società segreta nella quale aveva tradito la Chiesa e la religione, e che per aver denaro aveva facilitato orribili sacrilegi e profanazioni".
"Un altro diceva che si era dannato per aver assistito a spettacoli profani dopo i quali non avrebbe dovuto celebrare la Messa ... e che era vissuto così per sette anni! ...
4 ottobre 1922
"Oggi ho visto precipitare in inferno un gran numero di anime: credo che fossero persone del mondo. Tra esse vi era una fanciulla di quindici anni che malediceva i genitori perchè non le avevano insegnato a temere Dio, nè che c'è un inferno! Essa diceva che la sua vita, benchè così breve, era stata piena di peccati, poichè si era concesse tutte le soddisfazioni che il suo corpo e le sue passioni esigevano. Essa si accusava soprattutto di aver letto libri cattivi ...
"Il demonio gridava: "Ora il mondo è a buon punto per me! ... so quale è il mezzo migliore per impadronirmi delle anime! ... quello di eccitare in loro il desiderio del piacere e quello di primeggiare ... " io la prima in tutto! - ... e soprattutto niente umiltà, ma godere! Ecco ciò che mi assicura la vittoria, che le fa cadere qui in abbondanza!
“Intesi il demonio, a cui un'anima era sfuggita allora allora, costretto a confessare la sua impotenza:
"Confusione! Confusione! ... come sfuggono tante anime? eppure erano mie ... (ed enumerava i loro peccati). Lavoro senza tregua e tuttavia mi sfuggono ... Ciò avviene perchè c'è qualcuno che soffre e ripara per esse!".
5 novembre 1922
"Ho visto cadere le anime a gruppi serrati ... in certi momenti è impossibile calcolarne il numero! ...
Rimane sconvolta e insieme sfinita.
"Senza un aiuto speciale non sarei più capace nè di lavorare, nè di far niente".
Quella domenica, dopo una notte terribile di espiazione, le appare Nostro Signore. Josefa non può contenere il suo dolore e gli parla di quel
numero incalcolabile di anime perdute per sempre. Gesù l'ascolta col volto improntato a grande tristezza: poi, dopo un istante di silenzio:
"Tu hai visto quelle che cadono, ma non hai ancora visto quelle che salgono!".
"Allora scorsi una fila interminabile di anime strette le une alle altre. Entravano in un luogo spazioso, sconfinato, pieno di luce, e si perdevano in quella immensità—.
Il cuore di Gesù si infiammò ed Egli disse:
“Queste anime sono quelle che hanno accettato con sottomissione la croce del mio amore e della mia volontà".
Qualche minuto dopo ritorando sulla parte di espiazione e di riparazione di cui intende farle dono, Gesù gliene spiega il valore così:
“In quanto al tempo in cui ti faccio sperimentare t 'dolori dell'inferno non lo credere inutile e perduto! Il peccato è un'offesa fatta alla Maestà infinita e grida vendetta e riparazione infinita.
"Quando tu scendi nell'abisso, le tue sofferenze impediscono la perdita di molte anime, la divina Maestà le accetta in soddisfazione degli oltraggi che riceve da quelle anime e tn riparazione delle pene che l 'loro peccati hanno meritato. Non dimenticare mai che è il mio grande amore per te e per le anime che permette queste discese! ".
3 febbraio 1923
"Questa notte non sono stata all'inferno, ma sono stata trasportata in un luogo senza luce, tranne che nel centro, dove vi era una specie di fuoco ardente e rosso. Fui stesa e legata senza che potessi fare alcun movimento. Attorno a me stavano sette od otto persone nude, il cui corpo nero veniva rischiarato solo dai riflessi del fuoco; stavano sedute e parlavano. Una diceva: "Bisogna agire con precauzione, perchè non si conosca la nostra mano, perchè altrimenti ci scoprono—.
Il demonio rispondeva: "Potete entrare col sentimento della indifferenza ... sì, credo proprio che voi potete, dissimulandovi, perchè non se ne accorgano, rendere indifferenti al bene o al male queste persone e gradatamente inclinare la loro volontà verso il male. Gli altri tentateli di ambizione, che non cerchino altro che il loro interesse ... l'accrescimento delle loro sostanze, senza preoccuparsi se lecitamente o no. "Quegli altri istigateli all'amore del piacere, alla sensualità! Fate che si accechino nel vizio! (Qui pronunziò parole oscene).
"Quegli altri, infine ... prendeteli per il cuore ... voi sapete a che cosa tende il loro cuore ... andate ... andate con sicurezza: fateli amare! app assionarsi! Fate bene il vostro lavoro, senza tregua e senza pietà ... bisogna perdere il mondo ... e che le anime non mi sfuggano!".
Gli ascoltanti rispondevano di tanto in tanto: "Siamo i tuoi schiavi ... lavoreremo senza riposo. Sì, molti ci combattono, ma noi lavoreremo giorno e notte, senza riposo ... Riconosciamo la tua potenza!".
Parlavano insieme e quello che credo fosse il demonio pronunziava parole orribili. Intesi in lontananza come un rumore di coppe e di bicchieri ed esso gridava: "Lasciateli gozzovigliare! ... dopo, tutto ci sarà più facile! finiscano il loro banchetto, essi che amano tanto godere! ... Quella è la porta per cui entrerete! ...
Aggiunse cose così orribili, che non si possono nè dire, nè scrivere. Poi, come sprofondandosi nel fumo, sparirono.
Il demonio gridava rabbiosamente per un'ani-ma che gli sfuggiva:
"Istigatela al timore! Fatela disperare! Ah! se essa si affida alla misericordia di quel ... (e bestemmiava Nostro Signore), sono perduto! Ma no! riempitela di timore ... non lasciatela un istante e soprattutto fatela disperare!".
Allora l'inferno fu pieno di un grido unico di rabbia quando il demonio mi cacciò fuori da quell'abisso e continuò a minacciarmi. Diceva tra le altre cose: "È dunque possibile? ... Sarebbe mai vero che delle deboli creature abbiano più potere di me che sono tanto forte? Ma mi nasconderò per passare inosservato ... mi basta il più piccolo angolo per collocarvi una tentazione: dietro l'orecchio, nelle pagine di un libro, sotto un letto ... Qualche anima non fa caso di me, ma io, io parlo, parlo ... e a forza di parlare, qualche parola resta ... Sì, saprò nascondermi là, dove non potrò essere scoperto!".
Dal libro "SANTA BRIGIDA DI VADSTENA" di Giovanni Joergensen
Il 13 di maggio Brigida entrò in Gerusalemme per la Porta di Giaffa. Pagò alla guardià maomettana i nove ducati che costava l'entrata in "EI Qods", anche per i musulmani una città santa. Ella aveva già fatto il suo programma; esso comprendeva soltanto i luoghi dove Nostro Signore Gesù Cristo era nato, era stato battezzato, aveva patito ed era morto. Il Signore le era apparso e le aveva detto: “Ci sono anche altri luoghi ove io mossi i miei passi, ma a causa della tua debolezza ti basti di visitare i più vicini. Perciò quando tornerete dal Giordano, pensate al ritorno. Perchè ci sono ancora molte cose che devi scrivere e mandare al Papa”. La missione di Brigida non era ancora compiuta: ella doveva condurre la lotta contro Pietro per farlo tornare, il Papa, da Avignone a Roma, fino alla fine.
Da quando aveva lasciato Napoli, un pensiero fisso l'aveva seguita, un tarlo roditore che non l'abbandonava un istante: la sorte dell'anima di suo figlio Carlo. Durante la traversata, mentre giù nella stiva udiva le onde sciabordare contro le murate, e non poteva dormire, veniva l'angoscia e le opprimeva il petto come un incubo: dove è ora Carlo? Egli avrebbe dovuto seguirla in Terrasanta, avrebbe dovuto insieme al fratello essere creato cavaliere del Santo Sepolcro; e se la malattia di cui soffriva veramente era mortale avrebbe potuto trovare l'estremo riposo nella valle di Giosafat, ed essere tra la primizia della resurrezione il giorno del giudizio ... Ma le cose erano andate ben altrimenti, e fu tra le braccia di Giovanna che egli aveva consumate le sue ultime forze! "Oh Maria, tu che egli amava così profondamente, pensa Tu a lui ora nella sua grande miseria!".
E Maria ascoltò la preghiera di Brigida: venne al suo giaciglio sulla nave dondolante, come una volta molti anni prima era accorsa al suo letto quando doveva partorire l'ottavo figlio. E Maria venne a dirle che Ella aveva assistito Karl sul suo letto di morte “come una donna che assiste un'altra donna nel parto, ed aiuta il bambino affinchè non sia soffocato nell'uscire alla luce, nè anneghi nel sangue ... E lo difende se ci sono nemici in casa”. Così Maria ha fatto la guardia al morente Karl, e non appena l'anima era uscita dalla strettoia della morte, la prese sotto la sua guardia contro i diavoli che si precipitarono su di essa e volevano inghiottirla.
Tanto e non di più potè venir a sapere Brigida, l'anima di Karl era sotto il manto della Vergine: e di ciò dovette per allora accontentarsi. Ma passarono soltanto pochi giorni ed ella fu nuovamente rapita in estasi, e vide allora quella sala dall'alta volta, che di mano in mano le era diventata familiare, ove Gesù sedeva sul trono cinto della corona imperiale, circondato dalla corte celeste. "E accanto stava la Sua Santa Madre in ascolto". Davanti al giudice è l'anima di Karl "come un bambino appena nato che non può ancora vedere". A destra dell'anima un angelo, a sinistra un diavolo. Questo ultimo ha la parola e invoca la giustizia di Dio. Non è giusto che “questa donna, tua Madre”, dice egli, venga qui e presenti quest'anima che deve essere giudicata, e la prenda sotto la sua protezione. Maria risponde che è nel suo diritto, perchè Karl durante la vita, spesso recitò una preghiera insegnatale dalla madre, questa: "O Maria, io gioisco quando penso che Dio ti ha più cara di tutte le altre creature, e questa gioia vale di più per me che tutti i terreni godimenti. E se si potesse pensare che tu potessi perdere un solo raggio della tua celeste bellezza, e allontanarti tanto quanto è un passo da Dio, piuttosto che ciò potesse succederti, preferirei essere tormentato nell'inferno per l'eternità".
Raramente la devozione mariana medioevale si è espressa in modo più forte che in questa preghiera, ed è stata questa preghiera che ha toccato il cuore di Maria. Anche il diavolo è sopraffatto; tanta abnegazione lui non l'avrebbe stimata possibile. "Non est mei juris", conviene egli. Però, però, perchè non provare a rivolgersi a Dio in persona? La sentenza definitiva non è ancora stata pronunziata! Lo fa, come al solito, con una rispettosa riverenza: "lo so, o Signore, che tu sei la stessa giustizia, e che tu sei egualmente giusto verso un povero diavolo come verso un angelo! Dammi perciò quest'anima!" E l'eterna Giustizia non respinge puramente e semplicemente la richiesta del diavolo, ma gli chiede di esporre le sue pretese. II diavolo non domanda di meglio: ha un sacco ricolmo di peccati di Karl, e li ha tutti notati in un libro.
Ed ora si svolge un dialogo che Brigida segue con ansia ed angoscia. Non appena Karl mise i primi peli sul labbro, si diede con ardore ai divertimenti mondani e ai godimenti carnali, dice il diavolo. Vero, risponde l'angelo, ma in compenso sua madre ha pregato molto per lui, così che ogni volta che peccava correva tosto a confessarsi. Il diavolo non si lascia mettere a tacere da ciò: egli vuole entrare nei particolari e si accinge a raccontare qualcuna delle colpe più grosse di Karl. Ma improvvisamente accade un fatto strano: il diavolo è colto da amnesia, e non può più ricordare i peccati. E non basta, il registro dei peccati è sparito, ed egli non riesce più a rammentare nulla di quello che c'era scritto. Ora ha proprio ragione di lagnarsi e gridare, che è stato defraudato del risultato del suo lavoro diligente di tanti anni! Sì, dice l'angelo, questo hanno operato le lagrime di sua madre! Il diavolo non ha più il suo libro, possiede però ancora il sacco con tutti i peccati che Carlo ha confessati, ma per i quali non ha fatto penitenza: per questi ora il diavolo lo punirà! Con fine ironia risponde l'angelo: "Apri pure il sacco!". Il diavolo non se lo fa dire due volte, ma subito emette un grido come fosse impazzito: "Sono stato derubato, sono stato derubato!": il sacco è vuoto!
Sono ancora le lagrime di Brigida che hanno lavorato. Il diavolo però non si dà per vinto: ci sono ancora i peccati veniali di Karl. L'angelo spiega che essi sono cancellati dalla buona volontà da lui dimostrata lasciando casa, patria, parenti e amici per recarsi in pellegrinaggio. "Sì, ma questi peccati sono innumerevoli come la rena del mare, osserva il diavolo, migliaia e ancora migliaia: li ho tutti sulla punta della lingua!” "Fuori la lingua!" è la risposta. Il diavolo apre la bocca, ma la lingua è scomparsa! Le buone opere di Brigida hanno cancellato tutte le mancanze e paralizzato la lingua del diavolo. Il maligno può tuttavia borbottare ancora qualche cosa: Karl ha commesso un peccato che è proprio contro lo spirito di sua madre: si è appropriato ingiustamente di beni che non ha più restituiti! Risponde l'angelo che egli aveva la migliore intenzione di restituirli, ma che la morte glielo impedì. E i suoi eredi adempiranno i suoi obblighi.
Finalmente il diavolo parla dei peccati di omissione: il bene che Karl avrebbe potuto fare e non ha fatto. Sì, dice l'angelo, ma, in compenso, sua madre per quanti anni ha fatto azioni misericordiose, ed ha versato molte migliaia di lagrime per Karl, affinchè Iddio, alla fine, si degnasse di inviargli lo Spirito Santo! Ciò che avvenne: perchè quando egli partì da casa, fu con l'intenzione di andare a combattere contro gli infedeli, e contribuire affinchè la Terrasanta e il Sepolcro del Signore tornassero in potere dei cristiani. Dopo ciò il diavolo non ha più nulla da dire; e mugghia: “Povero me, che non ricordo più nulla di quello che quest'uomo ha fatto, anzi non ne ricordo nemmeno più il nome! Maledetta la vecchia scrofa di sua madre e tutte le sue lagrime! " Ma dall'eterno empireo suona una voce chiara e tranquilla: "Ora egli si chiama qui il figlio delle lagrime!".
"Questa Rivelazione ebbe luogo nella chiesa del Santo Sepolcro", è detto nel vecchio titolo di questo capitolo delle Revelationes di Brigida.
APPENDICE
QUADERNI DEL 1944 di Maria Valtorta - Ed. Pisani.
SULL'ALDILA
La visione dura, nella sua fase finale, ancora mentre io scrivo. Scrivo sotto lo sguardo di tanti esseri celesti che vedono come io dico unicamente ciò che vedo, senza aggiungere particolari o portare modifiche. Ed ecco la visione.
Non appena ricevuto Gesù, mi sentii la Mamma, Maria, al lato sinistro del letto che mi abbracciava col braccio destro attirandomi a sè. Era col suo abito e velo bianco come nelle visioni della Grotta, in dicembre. Nello stesso tempo mi sentii avvolta da una luce d'oro e da un soave, indescrivibilmente soave colore, e gli occhi del mio spirito cercavano la sorgente di esso che sentivo piovere su me dall'alto. Mi parve che la mia camera, pur rimanendo camera come è nel pavimento e nelle 4 pareti e nelle suppellettili, non avesse più soffitto ed io vedessi gli azzurri sconfinati di Dio.
Sospesa in questi azzurri, la Divina Colomba di fuoco stava a perpendicolo sul capo di Maria, e naturalmente sul mio capo, perchè io ero appoggiata gota a gota a Maria. Lo Spirito Santo aveva l'ali aperte e posizione eretta, verticale. Non si muoveva, eppure vibrava, e ad ogni vibrazione erano onde, lampi, scintille di fulgore che si sprigionavano. Da Esso scaturiva un cono di luce d'oro il cui vertice partiva dal petto della Colomba e la cui base fasciava Maria e me. Eravamo raccolte in questo cono, in questo manto, in questo abbraccio di luce gaudiosa. Una luce vivissima eppure non abbagliante, perchè comunicava agli occhi una forza nuova che aumentava ad ogni bagliore che si sprigionava dalla Colomba, aumentando sempre il bagliore già esistente ad ogni vibrazione di Essa. Sentivo l'occhio come dilatarsi in una potenza sovrumana, quasi non fosse più occhio di creatura ma di spirito già glorificato.
Quando raggiunsi la capacità di vedere oltre, per merito dell'Amore acceso e sospeso sopra di me, il mio spirito venne chiamato a guardare più in alto. E contro l'azzurro più terso del Paradiso vidi il Padre. Distintamente, per quanto la sua figura fosse a linee di luce immateriale. Una bellezza che non tento descrivere perchè è superiore alle capacità umane. Egli mi appariva come su un trono. Dico così perchè mi appariva seduto con infinita maestà. Ma non vedevo trono, poltrona o baldacchino. Nulla di quanto è forma terrena di sedile. Egli mi appariva dal lato alla mia sinistra (verso la direzione del mio Gesù crocifisso, tanto per darle una indicazione, e perciò a destra del suo Figlio) ma ad una altezza incalcolabile. Eppure lo vedevo nei più minuti dei suoi luminosissimi tratti. Guardava verso la finestra (sempre per darle una indicazione delle diverse posizioni). Guardava con sguardo di infinito amore.
Seguii il suo sguardo e vidi Gesù. Non il Gesù Maestro che vedo di solito. Il Gesù-Re. Bianco vestito ma di una veste luminosa e candidissima come è quella di Maria. Una veste che pare fatta di luce. Bellisimo. Aitante. Imponente. Perdetto. Sfolgorante. Colla mano destra - era in piedi - teneva il suo scettro che è anche il suo vessillo. Una lunga asta, quasi un pastorale, ma ancora più alto del mio altissimo Gesù, che non finisce con il ricciolo del pastorale ma in una asta traversa, che forma perciò una croce fatta così (1)),
(1) Qui la scrittrice disegna una croce latina molto allungata.
dalla quale pende, sostenuto dall'asta più corta, un gonfalone di luminosissima, candida seta, fatto così (2)),
(2) Qui la scrittrice disegna, rozzamente, una specie di scudo crociato.
e segnato da ambo i lati da una croce purpurea; sul gonfalone è scritto a parole di luce, quasi fosse scritto con diamanti liquidi, la parola: “Gesù Cristo”.
Vedo molto bene le piaghe delle mani poiché la destra tiene l'asta in alto, verso il gonfalone, e la sinistra accenna alla ferita del costato, che però non vedo altro che come un punto luminosissimo da cui escono raggi che scendono verso terra. La ferita a destra è proprio verso il polso e pare un rubino splendentissimo della larghezza di una moneta da 10 centesimi. Quella di sinistra è più centrale e vasta, ma si allunga poi così (3))
(3) Qui la scrittrice disegna un piccolo cerchio ellittico e allungato a punta verso destra.
verso il pollice. Splendono come carbonchi vivi. Non vedo altre ferite. Anzi il Corpo del mio Signore è bellissimo e integro in ogni sua parte.
Il Padre guarda il Figlio alla sua sinistra. Il Figlio guarda sua Madre e me. Ma le assicuro che se non guardasse con amore non potrei sostenere il fulgore del suo sguardo e del suo aspetto. È proprio il Re di tremenda maestà di cui è detto.
Più la visione dura e più si aumenta in me la facoltà di percepire i più minuti particolari e di vedere sempre più in vasto raggio.
Infatti dopo qualche tempo vedo S. Giuseppe (presso all'angolo dove è il Presepio). Non è tanto alto, su per giù come Maria. Robusto. Brizzolato nei capelli, che sono ricciuti e corti, e nella barba tagliata quadrata. Naso lungo e sottile, aquilino. Due rughe incidono le guance partendo dagli angoli del naso e scendendo a perdersi ai lati della bocca, fra la barba. Occhi scuri e buonissimi. Ritrovo in essi lo sguardo amorosamente buono di mio padre. Tutto il volto è buono, pensoso senza essere mesto, dignitoso, ma tanto, tanto buono. È vestito di una tunica blu-violacea come i petali di certe pervinche ed ha un manto color pelo di cammello. Gesù me lo addita dicendomi: “Ecco il patrono di tutti i giusti”.
Poi la Luce mi richiama lo spirito dall'altro lato della camera, ossia verso il letto di Marta (4) Si riferisce, quando dice Marta a Marta Diciotti. e vedo il mio angelo. È in ginocchio, volto verso Maria che pare venerare. Biancovestito. Le braccia messe a croce sul petto con le mani che toccano le spalle. Ha il capo molto curvo, per cui poco lo vedo in viso. È in atto di profondo ossequio. Vedo le belle ali lunghe, candidissime, pontute, vere ali fatte per trasvolare rapide e sicure da Terra a Cielo, ora raccolte dietro alle spalle. Mi insegna, col suo atteggiamento, come si dice: "Ave, Maria".
Mentre ancora lo guardo, sento che qualcuno è presso a me dal lato destro e che mi posa una mano sulla spalla destra. È il mio S. Giovanni col suo volto splendente di ilare amore.
Mi sento beata. E mi raccolgo in mezzo a tanta beatitudine credendo aver toccato il culmine. Ma un più vivo sfavillare dello Spirito di Dio e delle piaghe di Gesù, mio Signore, aumenta ancora la capacità di vedere. E vedo la Chiesa celeste, la Chiesa trionfante! Tento descrivergliela.
In alto, sempre, il Padre, il Figlio, ed ora anche lo Spirito, alto sopra i Due, framezzo ai Due che collega coi suoi fulgori.
Più in basso, come fra due pendici azzurre, di un azzurro non terreno, raccolta in una beata valle, la moltitudine dei beati in Cristo, l'esercito dei segnati col nome dell'Agnello, una moltitudine che è luce, una luce che è canto, un canto che è adorazione, una adorazione che è beatitudine.
A sinistra le schiere dei confessori. A destra quelle dei vergini. Non vidi la schiera dei martiri, e lo Spirito mi fa capire che i martiri sono aggregati ai vergini poiché il martirio riverginizza l'anima come fosse pur mo creata. Mi paiono tutti vestiti di bianco, sia i confessori che i vergini. Quel bianco luminoso della veste di Gesù e Maria.
Luce emanata dal suolo azzurro e dalle azzurre pareti della valle sante quasi fossero di zaffiro acceso. Luce emanano le vesti di diamante tessuto. Luce, soprattutto, i corpi ed i volti spiritualizzati. E qui mi industrio a descriverle ciò che ho notato nei diversi corpi.
Corpo di carne e spirito vivo, pulsante, perfetto, sensibile al tatto e contatto, è unicamente quello di Gesù e Maria: due corpi gloriosi ma realmente "corpi". Luce dalla forma di corpo, tanto perchè possa esser percepibile a questa povera serva di Dio, l'Eterno Padre, lo Spirito Santo e l'angelo mio. Luce già più compatta S. Giuseppe e S. Giovanni, certamente perchè ne devo udire la presenza e la parola. Fiamme bianche, che sono corpi spiritualizzati, tutti i beati che formano la moltitudine dei Cieli.
Fra i confessori non si volta nessuno. Guardano tutti la Santissima Trinità. Fra i vergini si volge qualcuno. Distinguo gli apostoli Pietro e Paolo perché, per quanto luminosi e bianco-vestiti come tutti, hanno il volto già più distinguibile degli altri: un caratteristico volto ebraico. Mi guardano con benignità (meno male!).
Poi tre spiriti beati, che comprendo essere di donne, che mi guardano, accennano e sorridono. Si direbbe che mi invitano. Sono giovani. Ma già mi pare che i beati abbiano tutti una stessa età: giovanile, perfetta, ed una uguale bellezza. Sono copie minori di Gesù e Maria. Chi siano queste tre creature celesti non posso dire, ma poichè due portano le palme e una solo dei fiori - le palme sono l'unico segno che distingue i martiri dai vergini - credo di non errare nel dire che sono Agnese, Cecilia e Teresa di Lisieux.
Quel che, nonostante il mio buon volere, non le posso dire, è l'Alleluia di questa moltitudine. Un'Alleluia potente e pure soave come una carezza. E tutto ride e splende più vivo ad ogni osanna della moltitudine al suo Dio.
La visione cessa e nella sua intensità si cristallizza in questa sua forma. Maria mi lascia e con Lei Giovanni e Giuseppe, prendendo la prima il suo posto di fronte al Figlio e gli altri il loro nella schiera dei vergini.
Ed ora cerco descrivere.
Ho rivisto il Paradiso. E ho compreso di cosa è fatta la sua Bellezza, la sua Natura, la sua Luce, il suo Canto. Tutto, insomma. Anche le sue Opere, che sono quelle che, da tant'alto, informano, regolano, provvedono a tutto l'universo creato. Come già l'altra volta, nei primi del corrente anno, credo, ho visto la Ss. Trinità. Ma andiamo per ordine.
Anche gli occhi dello spirito, per quanto molto più atti a sostenere la Luce che non i poveri occhi del corpo che non possono fissare il sole, astro simile a fiammella di fumigante lucignolo rispetto alla Luce che è Dio, hanno bisogno di abituarsi per gradi alla contemplazione di questa alta Bellezza.
Dio è così buono che, pur volendosi svelare nei suoi fulgori, non dimentica che siamo poveri sprirti ancor prigionieri in una carne, e perciò indeboliti da questa prigionia. Oh! come belli, lucidi, danzanti, gli spiriti che Dio crea ad ogni attimo per esser anima alle nuove creature! Li ho visti e so. Ma noi ... finchè non torneremo a Lui non possiamo sostenere lo Splendore tutto d'un colpo. Ed Egli nella sua bontà ce ne avvicina per gradi.
Per prima cosa, dunque, ieri sera ho visto come una immensa rosa. Dico “rosa” per dare il concetto di questi cerchi di luce festante che sempre più si accentravano intorno ad un punto di un insostenibile fulgore.
Una rosa senza confini! La sua luce era quella che riceveva dallo Spirito Santo. La luce splendidissima dell'Amore eterno. Topazio e oro liquido resi fiamma ... oh! Non so come spiegare! Egli raggiava, alto, alto e solo, fisso nello zaffiro immacolato e splendidissimo dell'Empireo, e da Lui scendeva a fiotti inesausti la Luce. La Luce che penetrava la rosa dei beati e dei cori angelici e la faceva luminosa di quella sua luce che non è che il prodotto della luce dell'Amore che la penetra. Ma io non distinguevo santi o angeli. Vedevo solo gli immisurabili festoni dei cerchi del paradisiaco fiore.
Ne ero già tutta beata e avrei benedetto Dio per la sua bontà, quando, in luogo di cristallizzarsi così, la visione si aprì a più ampi fulgori, come se si fosse avvicinata sempre più a me permettendomi di osservarla con l'occhio spirituale abituato ormai al primo fulgore e capace di sostenerne uno più forte.
E vidi Dio Padre: Splendore nello splendore del Paradiso. Linee di luce splendidissima, candidissima, incandescente. Pensi lei: se io lo potevo distinguere in quella marea di luce, quale doveva essere la sua Luce che, pur circondata da tant'altra, la annullava facendola come un'ombra di riflesso rispetto al suo splendere? Spirito... Oh! Come si vede che è spirito! È Tutto. Tutto tanto è perfetto. È nulla perchè anche il tocco di qualsiasi altro spirito del Paradiso non potrebbe toccare Dio, Spirito perfettissimo, anche con la sua immaterialità: Luce, Luce, niente altro che Luce.
Di fronte al Padre Iddio era Dio Figlio. Nella veste del suo Corpo glorificato su cui splendeva l'abito regale che ne copriva le Membra Ss. senza calarne la bellezza superindescrivibile. Maestà e Bontà si fondevano a questa sua Bellezza. I carbonchi delle sue cinque Piaghe saettavano cinque spade di luce su tutto il Paradiso e aumentavano lo splendore di questo e della sua Persona glorificata.
Non aveva aureola o corona di sorta. Ma tutto il suo Corpo emanava luce, quella luce speciale dei corpi spiritualizzati che in Lui e nella Madre è intensissima e si sprigiona dalla Carne che è carne, ma non è opaca come la nostra. Carne che è luce. Questa luce si condensa ancor di più intorno al suo Capo. Non ad aureola, ripeto, ma da tutto il suo Capo. Il sorriso era luce e luce lo sguardo, luce trapanava dalla sua bellissima Fronte, senza ferite. Ma pareva che, là dove le spine un tempo avevano tratto sangue e dato dolore, ora trasudasse più viva luminosità.
Gesù era in piedi col suo stendardo regale in mano come nella visione che ebbi in gennaio, credo.
Un poco più in basso di Lui, ma di ben poco, quanto può esserlo un comune gradino di scala, era la Ss. Vergine. Bella come lo è in Cielo, ossia con la sua perfetta bellezza umana glorificata a bellezza celeste.
Stava fra il Padre e il Figlio che erano lontani tra loro qualche metro. (Tanto per applicare paragoni sensibili). Ella era nel mezzo e, con le mani incrociate sul petto - le sue dolci, candidissime, piccole, bellissime mani - e col volto lievemente alzato - il suo soave, perfetto, amoroso, soavissimo volto - guardava, adorando, il Padre e il Figlio.
Piena di venerazione guardava il Padre. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era voce di adorazione e preghiera e canto. Non era in ginocchio. Ma il suo sguardo la faceva più prostrata che nella più profonda genuflessione, tanto era adorante. Ella diceva: "Sanctus!", diceva: "Adoro Te!" unicamente col suo sguardo.
Guardava il suo Gesù piena di amore. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era carezza. Ma ogni carezza di quel suo occhio soave diceva: "Ti amo!". Non era seduta. Non toccava il Figlio. Ma il suo sguardo lo riceveva come se Egli le fosse in grembo circondato da quelle sue materne braccia come e più che nell'Infanzia e nella Morte. Ella diceva: "Figlio mio!", "Gioia mia!", "Mio amore!" unicamente col suo sguardo.
Si beava di guardare il Padre e il Figlio. È ogni tanto alzava più ancora il volto e lo sguardo a cercare l'Amore che splendeva alto, a perpendicolo su Lei. E allora la sua luce abbagliante, di perla fatta luce, si accendeva come se una fiamma la investisse per arderla e farla più bella. Ella riceveva il bacio dell'Amore e si tendeva con tutta la sua umiltà e purezza, con la sua carità, per rendere carezza a Carezza e dire: "Ecco. Son la tua Sposa e ti amo e son tua. Tua per l'eternità". E lo Spirito fiammeggiava più forte quando lo sguardo di Maria si allacciava ai suoi fulgori.
E Maria riportava il suo occhio sul Padre e sul Figlio. Pareva che, fatta deposito dall'Amore, distribuisse questo. Povera immagine mia! Dirò meglio. Pareva che lo Spirito eleggesse Lei ad essere quella che, raccogliendo in sè tutto l'Amore, lo portasse poi al Padre e al Figlio perchè i Tre si unissero e si baciassero divenendo Uno. Oh! gioia comprendere questo poema di amore! E vedere la missione di Maria, Sede dell'Amore!
Ma lo Spirito non concentrava i suoi fulgori unicamente su Maria. Grande la Madre nostra. Seconda solo a Dio. Ma può un bacino, anche se grandissimo, contenere l'oceano? No. Se ne empie e ne trabocca. Ma l'oceano ha acque per tutta la terra. Così la Luce dell'Amore. Ed Essa scendeva in perpetua carezza sul Padre e sul Figlio, li stringeva in un anello di splendore. E si allargava ancora, dopo essersi beatificata col contatto del Padre e del Figlio che rispondevano con amore all'Amore, e si stendeva su tutto il Paradiso.
Ecco che questo si svelava nei suoi particolari... Ecco gli angeli. Più in alto dei beati, cerchi intorno al Fulcro del Cielo che è Dio Uno e Trino con la Gemma verginale di Maria per cuore. Essi hanno somiglianza più viva con Dio Padre. Spiriti perfetti ed eterni, essi sono tratti di luce, inferiore unicamente a quella di Dio Padre, di una forma di bellezza indescrivibile. Adorano ... sprigionano armonie. Con che? Non so. Forse col palpito del loro amore. Poichè non son parole; e le linee delle bocche non smuovono la loro luminosità. Splendono come acque immobili percosse da vivo sole. Ma il loro amore è canto. Ed è armonia così sublime che solo una grazia di Dio può concedere di udirla senza morirne di gioia.
Più sotto, i beati. Questi, nei loro aspetti spiritualizzati, hanno più somiglianza col Figlio e con Maria. Sono più compatti, direi sensibili all'occhio e - fa impressione - al tatto, degli angeli. Ma sono sempre immateriali. Però in essi sono più marcati i tratti fisici, che differiscono in uno dall'altro. Per cui capisco se uno è adulto o bambino, uomo o donna. Vecchi, nel senso di decrepitezza, non ne vedo. Sembra che anche quando i corpi spiritualizzati appartengono ad uno morto in tarda età, lassù cessino i segni dello sfacimento della nostra carne. Vi è maggior imponenza in un anziano che in un giovane. Ma non quello squallore di rughe, di calvizie, di bocche sdentate e schiene curvate proprie negli umani. Sembra che il massimo dell'età sia di 40, 45 anni. Ossia virilità fiorente anche se lo sguardo e l'aspetto sono di dignità patriarcale.
Fra i molti ... oh! quanto popolo di santi! ... e quanto popolo di angeli! I cerchi si perdono, diventano scia di luce per i turchini splendori di una vastità senza confini! E da lungi, da lungi, da questo orizzonte celeste viene ancora il suono del sublime alleluia e tremola la luce che è l'amore di questo esercito di angeli e beati...
Fra i molti vedo, questa volta, un imponente spirito. Alto, severo, e pur buono. Con una lunga barba che scende sino a metà del petto e con delle tavole in mano. Le tavole sembrano quelle cerate che usavano gli antichi per scrivere. Si appoggia con la mano sinistra ad esse che tiene, alla loro volta, appoggiate al ginocchio sinistro. Chi sia non so. Penso a Mosè o a Isaia. Non so perchè. Penso così. Mi guarda e sorride con molta dignità. Null'altro. Ma che occhi! Proprio fatti per dominare le folle e penetrare i segreti di Dio.
Lo spirito mio si fa sempre più atto a vedere nella Luce. E vedo che ad ogni fusione delle tre Persone, fusione che si ripete con ritmo incalzante ed incessante come un pungolo di fame insaziabile d'amore, si producono gli incessanti miracoli che sono le opere di Dio.
Vedo che il Padre, per amore del Figlio, al quale vuole dare sempre più grande numero di seguaci, crea le anime. Oh! che bello! Esse escono come scintille, come petali di luce, come gemme globulari, come non sono capace di descrivere, dal Padre. È uno sprigionarsi incessante di nuove anime... Belle, gioiose di scendere ad investire un corpo per obbedienza al loro Autore. Come sono belle quando escono da Dio! Non vedo, non lo posso vedere essendo in Paradiso, quando le sporca la macchia originale.
Il Figlio, per zelo per il Padre suo, riceve e giudica, senza soste, coloro che, cessata la vita, tornano all'Origine per esser giudicati. Non vedo questi spiriti. Comprendo se essi sono giudicati con gioia, con misericordia, o con inesorabilità, dai mutamenti dell'espressione di Gesù. Che fulgore di sorriso quando a Lui si presenta un santo! Che luce di mesta misericordia quando deve separarsi da uno che deve mondarsi prima di entrare nel Regno! Che baleno di offeso e doloroso corruccio quando deve ripudiare in eterno un ribelle!
È qui che comprendo ciò che è il Paradiso. E ciò di che è fatta la sua Bellezza, Natura, Luce e Canto. È fatta dall'Amore. Il Paradiso è Amore. L l'Amore che in esso crea tutto. L l'Amore la base su cui tutto si posa. L l'Amore l'apice da cui tutto viene.
Il Padre opera per Amore. Il Figlio giudica per Amore. Maria vive per Amore. Gli angeli cantano per Amore. I beati osannano per Amore. Le anime si formano per Amore. La Luce è perchè è l'Amore. Il Canto è perchè è Amore. La Vita è perchè è l'Amore. Oh! Amore! Amore! Amore!... Io mi annullo in Te. Io risorgo in Te. Io muoio, creatura umana, perchè Tu mi consumi. Io nasco, creatura spirituale, perchè Tu mi crei.
Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, Terza Persona! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che sei amore delle Due Prime! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che ami i Due che ti precedono! Sii benedetto Tu che mi ami. Sii benedetto da me che ti amo perchè mi permetti di amarti e conoscerti, o Luce mia...
Ho cercato nei fascicoli, dopo aver scritto tutto questo, la precedente contemplazione del Paradiso. Perchè? Perchè diffido sempre di me e volevo vedere se una delle due era in contraddizione con l'altra. Ciò mi avrebbe persuasa che sono vittima di un inganno.
No. Non vi è contraddizione. La presente è ancor più nitida ma ha le linee essenziali uguali. La precedente è alla data 10 gennaio 1944'). E da allora io non l'avevo mai più guardata. Lo assicuro come per giuramento.
Dice a sera Gesù:
«Nel Paradiso che l'Amore ti ha fatto contemplare vi sono unicamente i "vivi" di cui parla Isaia nel cap. 4, una delle profezie che saranno lette domani l'altro. E come si ottiene questo esser "vivi" lo dicono le parole susseguenti. Con lo spirito di giustizia e con lo spirito di carità si annullano le macchie già esistenti e si preserva da novelle corruzioni.
Questa giustizia e questa carità che Dio vi dà e che voi gli dovete dare, vi condurranno all'ombra
del Tabernacolo eterno. Là il calore delle passioni e le tenebre del Nemico diverranno cosa innocua poichè saranno neutralizzate dal Protettore vostro Ss., che più amoroso di chioccia per i suoi nati vi terrà al riparo delle sue ali e vi difenderà contro ogni soprannaturale assalto. Ma non allontanatevi mai da Lui che vi ama.
Pensa, anima mia, alla Gerusalemme che ti è stata mostrata. Non merita ogni cura per possederla? Vinci. lo ti attendo. Noi ti attendiamo. Oh! questa parola che vorremmo dire a tutti i creati, almeno a tutti i cristiani, almeno a tutti i cattolici, e che possiamo dire a tanto pochi!
Basta perchè sei stanca. Riposa pensando al Paradiso”.
Dice Gesù:
"Una volta ti ho fatto vedere il Mostro d'abisso. Oggi ti parlerò del suo regno. Non ti posso sempre tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali agli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì. Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell'inferno, e che l'ha voluta, tale morte, per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all'esistenza dell'Inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all'Inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole questi arretramenti e questi ritorni. Annulla perciò la fede nell'Inferno quale realmente è e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre, future elevazioni.
Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente che il più grande di tutti i peccatori dell'umanità, il figlio diletto di Satana, colui che
era ladro come è detto nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana come dico lo,1'Iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio e per trenta monete e col segno di un bacio - un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito - mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive.
No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, lo non lo sono. Se egli fu l'ingiusto per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu colui che sparse con sprezzo il mio Sangue, Io non lo sono. E perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia Divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
Ho detto, Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all'Inferno dura in esso per l'eternità, perchè da quella morte non si esce a nuova resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Nè crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo. No, chè anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poichè ciò che ancora
è concesso ai suoi ospiti di avere per loro infernale sollazzo - il poter nuocere ai viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell'abisso - più non sarà, e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, un sempre il cui numero di anni non ha numero rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell'alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel profondo.
Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco di amore. L'inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è brillata nell'attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l'amore conquistate l'Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L'Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un'ilare attività purgativa perchè ogni pena, ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell'oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perchè causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l'onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono - alla lussuria, attributo dell'uomo avvelenato da Satana - adesso li odiano perchè causa del loro tormento.