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Il Likud sionista verso la sconfitta totale

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2024 18:48
28/07/2023 14:13
 
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Le aziende tech stanno scappando da Israele

In Israele, Wix e Wiz sono l'emblema delle aziende di successo. Fondata nel 2010, Wiz è una piattaforma per costruire siti WEB, oltre che una delle società tecnologiche più note del Paese e tra quelle con valutazione più alta del settore. Wiz invece è una società di cybersicurezza molto quotata: lanciata un decennio dopo Wix, ha raggiunto una valutazione di 10 miliardi di dollari nel giro di due anni, quasi la metà del tempo impiegato da aziende come Uber e Snapchat. Oggi però le due società stanno imboccando strade diverse: Wix sta aumentando il suo impegno in Israele, mentre Wiz sta tagliando i ponti con il Paese. Negli ultimi sette mesi, Israele è attraversato da una crisi politica. A gennaio, Benjamin Netanyahu, arrivato al suo sesto mandato come Primo Ministro e sostenuto da una coalizione che comprende partiti di estrema destra, ha presentato un disegno di legge che punta a indebolire i poteri della Corte Suprema Israeliana. I sostenitori dell'iniziativa sostengono che è necessaria per evitare le ingerenze politiche del massimo tribunale israeliano. I critici sostengono che la riforma indebolirebbe la democrazia israeliana garantendo al governo un potere incontrollato. Nonostante le grandi proteste, questa settimana i legislatori israeliani hanno approvato la prima parte della riforma giudiziaria. Il conflitto è percepito in modo particolarmente accentuato nella "Startup Nation", il nome con cui è stato ribattezzato l'influente settore tecnologico israeliano. In Israele molti lavoratori tech hanno partecipato alle proteste contro la riforma giudiziaria e i dirigenti delle aziende hanno espresso apertamente i loro timori per i possibili effetti sulla stabilità economica e sociale del Paese. Prima del voto sul disegno di legge, circa 200 aziende tecnologiche si erano impegnate ad aderire alle proteste. All'indomani del voto, un gruppo chiamato Movimento di protesta Hi-Tech Protest ha comprato degli spazi pubblicitari su almeno quattro diversi giornali, oscurandone le prime pagine, per sottolineare il "giorno nero per la democrazia". "L'industria israeliana dell'alta tecnologia è molto coinvolta, molto impegnata in ciò che sta accadendo", afferma Merav Bahat, Amministratore Delegato della società di sicurezza informatica Dazz, che racconta di sostenere i dipendenti che si sono assentati dal lavoro per scioperare o partecipare alle proteste.

Tra opposizione e fuga
I dati pubblicati nello scorso fine settimana da Start-Up Nation Central, un'organizzazione no-profit che promuove la tecnologia israeliana all'estero, mostrano che quasi il 70 per cento delle startup israeliane si sta adoperando per allontanarsi dal proprio Paese, ritirando denaro o spostando la propria sede legale. Wix dice che resterà in Isreale:"Rimarremo qui e combatteremo per ciò che è giusto", ha dichiarato a maggio Nir Zohar, cofondatore e direttore operativo dell'azienda, in un'intervista a Wired UK. Questo mese Wix ha confermato la sua posizione. Ma Zohar dice che la riforma giudiziaria ha introdotto incertezza non solo per gli investitori, ma anche per le persone che vogliono vivere in Israele all'insegna dei valori liberali. Zohar definisce la situazione "spaventosa" ed evidenzia "l'enorme impatto sul tipo di talenti che popolano l'industria tecnologica". Questa settimana, i dipendenti di Wix hanno aderito a uno sciopero generale per protestare contro l'esito del voto. Le società che scelgono di rimanere però sono sempre più rare. Secondo un rapporto di maggio dell'Israel Innovation Authority, più del 50 per cento delle nuove aziende fondate nel marzo 2023 (lo stesso mese in cui la legge è stata approvata dal parlamento israeliano) sono state costituite come società straniere, anziché israeliane.

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Meno startup israeliane significa un gettito fiscale più basso per il governo, ha aggiunto l'Israel Innovation Authority. In Israele il settore tecnologico è responsabile di oltre la metà delle esportazioni e il Paese incassa 50 miliardi di shekel (circa 12 miliardi di euro) all'anno dal comparto. Wiz è tra i soggetti che stanno prendendo le distanze dal proprio Paese. Da tempo le aziende israeliane operano con un piede in Israele e l'altro in mercati più grandi, come gli Stati Uniti, dove possono accedere a maggiori finanziamenti e un bacino di clienti più ampio. Ma secondo quanto riportato da Reuters, a febbraio Wiz ha ritirato decine di milioni di dollari da Israele. Quando nello stesso mese l'azienda ha raccolto 300 milioni di dollari, il suo Amministratore Delegato ha dichiarato che nemmeno una parte del denaro sarebbe stato investito in Israele:"Data l'incertezza sull'indipendenza delle istituzioni in Israele e in seguito a una valutazione del rischio, terremo i fondi nelle banche statunitensi", ha dichiarato il cofondatore dell'azienda, Assaf Rappaport, al Times of Israel.

I timori delle imprese
Alcuni imprenditori hanno criticato apertamente la legge e il Governo Netanyahu. Quando nel 2016 Eynat Guez ha fondato l'azienda di gestione di buste paga Papaya Global, era orgogliosa di essere la cofondatrice di un'azienda israeliana. Oggi prenderebbe la stessa decisione? "No al 10 per cento", dice. "Se avessi la possibilità di cambiare questa decisione, lo farei". In una lettera aperta inviata agli investitori lunedì 24, Guez ha scritto che il suo Paese è stato "sabotato da un gruppo di fanatici" e che Netanyahu è disposto a "sacrificare la democrazia israeliana" per garantire la propria sopravvivenza politica. "In seguito a questa revisione politica, gli imprenditori israeliani creeranno delle società all'estero", si legge nella lettera. "E' semplicemente troppo rischioso esporre gli investitori a un sistema giudiziario ambiguo, privo di una vera supervisione, in cui non hanno alcuna protezione e nessun modo di ricorrere a vie legali".

www.calcalistech.com/ctechnews/article/hywhelh52

A gennaio la società ha annunciato che avrebbe trasferito tutto il suo denaro fuori da Israele e Guez ha dichiarato a Wired UK che Papaya non gestisce più alcun fondo di investimento nel Paese. Per Guez, il problema è che fare impresa in Israele lascia la proprietà intellettuale dell'azienda alla mercé di un governo che ora non può più essere controllato dai tribunali. Guez sostiene che gli investitori sono già spaventati:"Eravamo un luogo in cui gli investitori e le multinazionali di venture capital arrivavano a cadenza settimanale", racconta. La situazione è cambiata drasticamente da gennaio, quando il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha presentato le sue riforme:"Bastano meno di 10 dita per contare gli investitori che sono arrivati in Israele quest'anno", commenta Guez. Il 25 luglio, Morgan Stanley ha declassato il rating di Israele, mentre la società di valutazione del rischio Moody's ha evidenziato un "rischio significativo" legato alle tensioni politiche nel Paese. La notte precedente, migliaia di persone hanno partecipato alle manifestazioni, dove la polizia ha sparato acqua sulla folla. I riservisti dell'esercito hanno minacciato di non prestare servizio. Ci si aspetta che la legge del governo venga contestata anche dalla stessa Corte Suprema, i cui poteri sono destinati a essere limitati. Nel frattempo, i manifestanti si sono impegnati a continuare a lottare. Tra loro ci sono molti lavoratori del settore tecnologico. "Nessuno di noi credeva che questo momento sarebbe davvero arrivato", dice Guez. 2Dobbiamo adattarci all'economia che cambia e alla situazione che cambia”. Per alcuni questo significa aiutare a fare pressione sul governo, per altri elaborare piani di emergenza. Per il settore tech israeliano si tratta di una battaglia per la propria sopravvivenza, in cui sono in gioco la democrazia, ma anche il talento del settore e il sostegno degli investitori. "Dobbiamo continuare a essere una democrazia liberale per continuare a essere uno dei luoghi più attraenti per i giovani talenti che hanno altre possibilità", dichiara Nadav Zafrir, cofondatore e AD della società di venture capital per la cybersecurity Team8. "Dobbiamo far parte della società delle nazioni che sono democrazie liberali, perché questi Paesi sono i nostri investitori, soprattutto Europa e Stati Uniti".

Morgan Meaker
28 luglio 2023
www.wired.it/article/israele-aziende-tecnologiche-fuga-p...
[Modificato da wheaton80 28/07/2023 14:14]
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