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Brexit, Gran Bretagna fuori dalla UE: esulta Farage, Cameron si dimette

Ultimo Aggiornamento: 25/04/2024 20:05
31/07/2017 19:57
 
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La Brexit produce grandi investimenti industriali... Tedeschi in Gran Bretagna (le notizie che non vengono divulgate)

LONDRA - E' passato poco più di un anno da quando i cittadini britannici hanno votato per uscire dalla UE e tutte le previsioni catastrofiche fatte all'indomani di questo storico referendum non si sono affatto verificate. A tale proposito è interessante notare come la BMW abbia deciso di produrre la versione elettrica della Mini a Oxford, un gesto che molti hanno visto come un segnale di fiducia verso l'economia britannica e soprattutto negazione della presunta pericolosità della Brexit propagandata dai suoi detrattori. La BMW aveva l'opportunità di produrre questa auto elettrica in Germania o in Olanda e invece ha scelto la Gran Bretagna e tale decisione ha assicurato il futuro di questo storico impianto automobilistico che impiega 4.500 persone più l'indotto. Molti temevano che l'imminente fuoriuscita della Gran Bretagna dalla UE avrebbe portato la BMW a investire altrove, ma così non è stato; un portavoce della casa automobilistica tedesca ha dichiarato che sono stati molti i fattori che hanno spinto a questa decisione e che investire a Oxford si è rivelato la migliore opzione possibile. La BMW vuole che dal 2025 almeno il 15% delle auto vendute ogni anno siano elettriche e questa decisione riflette in pieno questa visione per il futuro e molti osservatori credono che questa versione elettrica della Mini sarà un enorme successo. Questo non è un caso isolato: lo scorso ottobre la Nissan aveva dichiarato di voler continuare a produrre auto in Gran Bretagna, anche se in quel caso ci sono state voci secondo cui il governo britannico abbia offerto alla società giapponese dei sussidi, decisione ovviamente perfettamente lecita, per incentivare gli investimenti produttivi che creano prima di tutto nuovi posti di lavoro, ma assolutamente vietata, secondo le stupide e arbitrarie imposizioni della UE, agli stati membri. Come è facile immaginare questa notizia è stata ampliamente riportata in Gran Bretagna e molti non si sono lasciati scappare l'occasione per dimostrare che nonostante la Brexit l'economia britannica va a gonfie vele, usando questa notizia come prova per dimostrare questa tesi. In Italia invece questa storia è stata completamente censurata perché non solo demolirebbe le menzogne montate ad arte dai giornali di regime riguardo i benefici della UE ma avrebbe conseguenze imbarazzanti anche per il governo, visto che la BMW non ha pensato neanche per un secondo di investire nel nostro Paese. Noi ovviamente non ci stiamo e abbiamo riportato questa notizia perché riteniamo che il popolo abbia il diritto di sapere.

Giuseppe de Santis
31 luglio 2017
www.ilnord.it/c5363_LA_BREXIT_PRODUCE_GRANDI_INVESTIMENTI_INDUSTRIALI_TEDESCHI_IN_GRAN_BRETAGNA_LE_NOTIZIE_CHE_NON_VENGONO_D...
12/09/2017 13:39
 
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Primo passo della Brexit, la Camera dei Comuni approva la revoca del diritto UE

Il primo passo verso l’addio all’Unione Europea è compiuto: nella tarda serata di ieri il Parlamento britannico ha dato luce verde al progetto di legge che mette fine alla preminenza del diritto comunitario nel Regno Unito nel momento in cui l’uscita di Londra dall’Unione sarà compiuto. Il via libera al progetto di legge è passato con il voto dei Tory di Theresa May, dei 10 deputati nordirlandesi del DUP, il Partito Democratico Unionista, e di sette parlamentari laburisti che hanno sfidato la disciplina di partito e votato con la maggioranza: alla fine 326 sono stati i voti a favore, 290 quelli contrari. La Premier britannica ha definito «storica» la decisione del Parlamento, che ha «appoggiato la volontà del popolo britannico» e ha approvato una legge che «porta chiarezza e certezza», in vista di Brexit. «Questa decisione - ha continuato May - significa che possiamo continuare il negoziato con Bruxelles con un nuovo fondamento». Il progetto di legge approvato ieri dai Comuni revocherà l’Atto delle Comunità europee del 1972 con cui il Regno Unito aderì all’allora Comunità Economica Europea, e allo stesso tempo trasferirà le migliaia di norme che compongono il corpus legislativo della UE alla legislazione britannica, in modo che non ci sia un vuoto normativo nel momento in cui Brexit sarà definitivamente compiuta dopo il 29 marzo del 2019.

12/09/2017
www.lastampa.it/2017/09/12/esteri/primo-passo-della-brexit-la-camera-dei-comuni-approva-la-revoca-del-diritto-ue-IOj6fGA4qIgTvgKstjSR5O/pag...
03/11/2017 04:15
 
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Brexit, e se fosse un affare? (non per le élite...)

Daniele Capezzone e Federico Punzi hanno fatto un gran lavoro. Il loro “Brexit, la sfida” (Giubilei Regnani Editore) è molto più di un racconto sull'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. È un libro liberale, che ci racconta, attraverso gli interventi di diversi autori, il fallimento «costruttivista», direbbe Hayek, centralista, si semplifica ora, della costruzione europea. Ci sono decine di spunti interessanti, approfondimenti inediti, suggestioni. «Negli ultimi cinque anni, l'Inghilterra ha prodotto più posti di lavoro degli altri 27 Paesi europei messi insieme; ogni giorno Londra crea mille posti di lavoro; il tempo di attesa per trovare lavoro è di tre giorni... Sorprende dunque che il voto per la Brexit non sia vissuto a Bruxelles e nelle principali capitali del continente come una sconfitta, o per lo meno con una preoccupazione: se non riusciamo a far star dentro un Paese come la Gran Bretagna vuol dire che c'è qualcosa che non va». È il più banale ed efficace rimprovero che in effetti si può muovere alle élite europee. Ma d'altronde, come nota il contributo di Allister Heath, si è anche sottovalutata la portata numerica del Leave. Si dice che i «No» all'uscita abbiano raggiunto il 48% dei voti. Vero. Ma quanti hanno votato per il «Remain» solo per un avversione al rischio, un desiderio di status quo, un conservatorismo di fondo? Insomma i britannici amano molto meno la costruzione burocratica europea di quanto il voto faccia intendere. Esattamente il contrario di quanto oggi si spaccia sulla stampa unica. Che instilla il dubbio che oggi gli inglesi voterebbero diversamente.

Favoloso il saggio dello storico Niall Ferguson, che pure era per restare, in cui si sottolinea un aspetto della società inglese che forse noi avremmo più attribuito a quella italiana. «Tradizionalmente i britannici hanno due modi per rispondere al disastro. Le élite sono inclini al panico. Agitano le braccia, indulgono nella lamentela, se potessero ritornerebbero indietro nel tempo e chiederebbero una resa ordinata. La gente normale, al contrario, tende a dare il meglio nelle situazione peggiori». Non so se Brexit sia la situazione peggiore di cui parla Ferguson, ma è certo che la tenuta del sistema economico inglese post referendum è stata eccezionale, altro che catastrofica. Fenomenale la battuta che Punzi ricorda di Mario Monti, il quale ha sostenuto come il referendum inglese sia stato «un abuso di democrazia». Dichiarazione incredibile, ma rivelatrice del concetto di democrazia e libertà che hanno le alte burocrazie coltivate in provetta in Europa. Lawson, già Ministro della Thatcher, lo fulmina indirettamente quando nota come il peggior difetto brussellese è proprio quello di ritenere di conoscere i nostri interessi meglio di noi stessi. Un atteggiamento che disgusta il popolo inglese, ma che dovrebbe indignare anche noi. “Brexit, la sfida” è un concentrato di pensieri liberi che non dovete farvi sfuggire. È la declinazione pratica di tanti di quei principi e libri che proprio in questa piccola biblioteca abbiamo raccontato. La Brexit e le reazioni a questo strappo sono un favoloso laboratorio costruito dalla recente storia per comprendere i confini e le «rotture» di principi e idee liberali.

Nicola Porro
29/10/2017
www.ilgiornale.it/news/brexit-e-se-fosse-affare-non-lite-1457...
[Modificato da wheaton80 03/11/2017 04:18]
12/02/2018 02:05
 
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L'economia della Gran Bretagna galoppa meglio del previsto: merito della Brexit

A certificarlo, con un articolo pubblicato mercoledì, è addirittura il Sole 24 Ore, uno dei quotidiani che si erano maggiormente schierati contro l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea (http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/mondo/2018-02-07/la-gran-gretagna-cresce-piu-previsto-nonostante-brexit-090424.shtml?uuid=AExmSqvD): ebbene, proprio grazie alla Brexit (o nonostante essa, dipende da che interpretazione si dà ai numeri) l'economia della Gran Bretagna non solo non sta affatto crollando come prevedevano numerosi 'gufi' ma, al contrario, sta addirittura crescendo con un ritmo molto più elevato di ogni più rosea previsione. "La crescita del PIL in Gran Bretagna - scrive il quotidiano economico - sarà più alta del previsto". A certificarlo il nuovo rapporto del National Institute of Economic and Social Research (NIESR). L'economia britannica, scrive il Sole 24 Ore riprendendo le parole di Jagjit Chadha, Direttore del NIESR, "ora dipende meno dalla domanda interna, si è orientata di più verso il commercio e continuerà a farlo nei prossimi due anni". Secondo Chadha, la Gran Bretagna sarebbe stata 'fortunata':"Proprio nel momento in cui abbiamo deciso di cambiare rotta con Brexit, il resto del mondo ci ha dato una mano. La crescita dell'economia britannica l'anno scorso e quest'anno è stata sostenuta dalla crescita globale superiore alle previsioni e nel 2018 probabilmente raggiungerà il 4 per cento". L'inflazione continua a scendere, e dal 3% di fine 2017 raggiungerà il tasso concordato del 2% nel 2021. Il NIESR ha rivisto al rialzo le stime del novembre scorso e prevede ora che il PIL britannico crescerà quasi del 2% nel 2018 e nel 2019. Per quanto riguarda i tassi d'interesse, la Banca d'Inghilterra continuerà a rialzare in modo lento e graduale, con ritocchi di 25 punti base ogni sei mesi dal maggio di quest'anno in poi fino a raggiungere il 2 per cento. Le previsioni ottimistiche sull'economia britannica, scrive il Sole, sono anche in parte dovute all'accordo tra il Governo britannico e l'Unione Europea del dicembre scorso, che ha sbloccato i negoziati sulla Brexit. Il NIESR è ottimista anche sull'esito finale dei negoziati tra Londra e Bruxelles, nonostante alcune tensioni nei giorni scorsi.

9 Febbraio 2018
www.ilpopulista.it/news/9-Febbraio-2018/23176/leconomiadellagranbretagnagaloppameglio-del-previsto-merito-della-bre...
01/05/2018 23:09
 
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Le (sorprendentemente buone) conseguenze della Brexit

All’indomani del risultato a sorpresa del referendum in Gran Bretagna, con cui nel giugno 2016 il Paese scelse di lasciare l’Unione Europea, le élite politiche e la stampa ufficiale si abbandonarono a una sorta di frenesia collettiva. La loro deprimente lettura della situazione fu riassunta bene dal Primo Ministro olandese Mark Rutte, che insistette sul fatto che il Regno Unito sarebbe “collassato politicamente, monetariamente, costituzionalmente ed economicamente”. Mmmm… Il voto provocò un brusco calo a breve termine dei mercati azionari globali e un immediato deprezzamento della sterlina. Ed era comprensibile. Dopo tutto, la quinta maggiore economia mondiale aveva deciso di lasciare il blocco di 28 Nazioni che formano l’Unione Europea. Ed essere membri dell’UE comporta molti vantaggi. L’UE è un mercato unico per lo scambio di beni e servizi, che comprende oltre 500 milioni di persone. Riduce le tariffe e altre barriere, stimolando la concorrenza e l’efficienza. Ma aderire all’UE comporta anche una significativa rinuncia all’autonomia di ogni Nazione. E questo aspetto non è mai stato granché apprezzato dagli inglesi. Bruxelles estende i suoi tentacoli praticamente su ogni aspetto della vita dei Paesi membri, comprese le regole sull’immigrazione. Le sue pesanti regolamentazioni hanno interessato quasi il 70% delle attività del governo britannico. Come commentava l’editorialista politico George Will all’epoca, “L’UE ha una bandiera che nessuno saluta, un inno che nessuno canta, un presidente di cui nessuno sa il nome e una burocrazia ingessata che nessuno apprezza”. I grandi esperti però stabilirono che il voto “leave” avrebbe provocato un disastro. Noi l’abbiamo pensata esattamente al contrario, definendolo “l’evento più significativo nella storia del dopoguerra della Gran Bretagna” e sottolineando una serie di eccellenti opportunità di investimento. Diageo (NYSE: DEO), Rio Tinto (NYSE: RIO) e HSBC Holdings (NYSE: HSBC) sono solo tre delle raccomandazioni sul mercato inglese che ci hanno proficuamente ripagato negli ultimi due anni. Ma come sono andate le cose, più in generale? Fraser Nelson, giornalista della rivista inglese The Spectator ed editorialista del Daily Telegraph, lo ha sintetizzato bene in un recente editoriale sul Wall Street Journal (https://www.wsj.com/articles/the-u-k-is-doingjust-fine-thanks-1521819089):

– Nel periodo precedente al referendum del 2016, il Fondo Monetario Internazionale aveva previsto che un voto favorevole alla Brexit avrebbe comportato un crollo dei prezzi delle azioni e degli immobili e una flessione degli investimenti esteri (e invece tutti e tre hanno raggiunto livelli record. Solo negli ultimi 18 mesi, l’iShares MSCI Regno Unito ETF (NYSE: EWU) ha guadagnato oltre il 20% in dollari)

– Barclays, Credit Suisse e Nomura avevano previsto che l’economia britannica nel 2017 si sarebbe contratta (si è espansa)

– L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico aveva avvertito che i consumatori, spaventati, avrebbero ridotto le loro spese (hanno speso di più)

– Il Tesoro britannico aveva dichiarato che l’economia sarebbe “caduta in recessione, con quattro trimestri di crescita negativa”, mentre “la disoccupazione sarebbe aumentata fino a circa 500.000 unità, con tutte le regioni che avrebbero registrato un aumento del numero di persone senza lavoro” (invece, la crescita economica ha accelerato, l’occupazione è aumentata di 560.000 unità e attualmente la disoccupazione si è attestata al suo minimo da 43 anni)

– Nel frattempo, il numero di cittadini britannici che hanno un lavoro ha toccato il livello record. I nuovi ordini per i produttori sono al loro massimo livello nell’intera generazione

– La disuguaglianza di reddito si avvicina al livello minimo degli ultimi 30 anni, secondo l’Office for National Statistics

– I salari sono cresciuti. L’inflazione ha appena toccato il suo minimo annuale. E l’indice di felicità nazionale è al culmine

Questo sorprende un tremendo numero di soloni, non ultimo l’editorialista del New York Times Paul Krugman, un uomo non esattamente famoso per il suo understatement. La settimana dopo il voto sulla Brexit, strigliò:“I davvero pessimi giornalisti dei tabloid britannici, che hanno dato in pasto al pubblico una continua sfilza di bugie”, nonché David Cameron, colui che “sarebbe passato alla storia come l’uomo che ha rischiato di distruggere l’Europa e la sua stessa Nazione per un vantaggio politico momentaneo”. Krugman ha un fantastico curriculum di errori, in effetti (dopotutto è lo stesso personaggio che nel 1998 notoriamente dichiarò che internet “non avrebbe avuto un maggior impatto sull’economia di quello avuto dal fax“). Ma come mai così tanti altri espertoni hanno sbagliato così tanto? Perché non fanno che crogiolarsi a vicenda nei pregiudizi e nelle opinioni negative gli uni degli altri, per poi produrre pronostici, sulla spesa dei consumatori, sugli investimenti e sulla produttività, che risultano essere delle assurdità. La sintesi finale, quasi due anni dopo il voto sulla Brexit? L’economia del Regno Unito sta andando bene. Londra rimane uno dei grandi centri finanziari del mondo (alcuni direbbero 'il' grande centro finanziario). E il valore delle azioni britanniche vola sempre più in alto. Ringraziate il vostro pessimista locale. Ci rendono tutto più facile.

Alexander Green
30 aprile 2018
Fonte: www.investmentu.com/article/detail/58902/surprisingly-good-consequences-of-brexit#.Wuj...

vocidallestero.it/2018/04/30/le-sorprendentemente-buone-conseguenze-della...
[Modificato da wheaton80 01/05/2018 23:22]
20/05/2018 16:53
 
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Le privatizzazioni non funzionano, il Regno Unito nazionalizza di nuovo le ferrovie

La privatizzazione delle ferrovie britanniche non sta funzionando come il governo sperava e così Londra è pronta a fare una, seppur parziale, marcia indietro. Il governo del Regno Unito nazionalizzerà temporaneamente l'East Coast rail service: la decisione è arrivata perché le due compagnie che operano su quelle tratte, la Virgin e la Stagecoach unite nel marchio Vtec, non hanno rispettato il contratto da 3,3 miliardi che avevano stipulato. E così dal 24 giugno il servizio tra Londra, Edimburgo e Iverness, dall'Inghilterra al Galles, passando per la Scozia, tornerà in mani pubbliche. "La tratta continua a generare guadagni sostanziali, non è una ferrovia in difficoltà. Tuttavia, Virgin e Stagecoach hanno fatto un'offerta sbagliata", ha dichiarato il segretario di Stato ai Trasporti, Chris Grayling che ha difeso la scelta di appaltare il servizio ai privati.

Le accuse dei laburisti
Ma il Labour ha affermato che la ri-privatizzazione della tratta, avvenuta alla vigilia delle elezioni del 2015, è stata un'operazione “cinica”. "Abbiamo avuto un salvataggio dopo l'altro. Le compagnie ferroviarie vincono, i passeggeri e i contribuenti perdono”, ha attaccato il Segretario ombra ai Trasporti, Andy McDonald. “Nessun trucchetto può risolvere le carenze di un sistema privatizzato ormai rotto, in cui il pubblico si assume il rischio e le aziende ottengono il profitto, aiutate e e favorite dal governo", ha affermato. Non possiamo aspettarci che le aziende si assumano responsabilità illimitate, altrimenti non farebbero offerte per partecipare al franchising”, si è difeso però Grayling. Il ministro aveva annunciato a novembre che l'appalto l'appalto della East Coast sarebbe sarebbe terminato tre anni prima del previsto, nel 2020, consentendo agli operatori di risparmiare 20 miliardi di sterline in pagamenti fino al 2023. Ma il numero di passeggeri ridotto e le conseguenze minori entrare rispetto alle aspettative hanno visto Stagecoach perdere circa 200 milioni di sterline fino ad ora, e così il governo ha deciso di intervenire prima.

I privati si difendono

Eppure l'amministratore delegato della compagnia, Martin Griffiths, ha dichiarato che l'azienda è stata "sorpresa e delusa" dalla decisione. Negli ultimi tre anni, ha detto, Vtec ha "attirato più passeggeri, aumentato gli investimenti, ha soddisfatto i clienti e ha effettuato pagamenti significativi al contribuente per reinvestire nei servizi pubblici". È la terza volta in un decennio che un operatore ferroviario privato non è riuscito a portare a termine il suo contratto sulla linea principale della costa orientale, che è stata ri-nazionalizzata tra il 2009 e il 2015. Il problema potrebbe riproporsi su altre tratte perché a quanto pare le compagnie, per accaparrarsi l'affare ferrovie, hanno l'abitudine di fare offerte nelle gare troppo al ribasso, offerte che poi non riescono a rispettare. Anche la South Western, la TransPennine Express e la Greater Anglia, tre operatori privati delle ferrovie britanniche, stanno attraversando un periodo di difficoltà e non è escluso che anche nei loro confronti possa esserci un intervento del governo.

18 maggio 2018
europa.today.it/lavoro/privatizzazioni-uk-nazionalizza-ferro...

26/06/2018 20:42
 
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Brexit, c’è la legge: ora Londra può uscire dall’Europa. L’UE:«Prepararsi a tutti gli scenari»

Dopo mesi di dibattito, la decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea è diventata legge: permetterà a Londra di uscire dal consesso europeo come indicato dagli elettori nel referendum del 2016. Il Presidente del Parlamento, John Bercow, ha annunciato che la proposta di legge ha ricevuto l’assenso della regina Elisabetta II, tra la gioia dei deputati conservatori. La “EU (Withdrawal) Bill” abroga lo “European Communities Act” del 1972, con il quale il Regno Unito divenne membro dell’UE: la Brexit è fissata al 29 marzo 2019, alle 11 di sera, mezzanotte in Italia, a conclusione del processo di due anni inaugurato con la richiesta di applicazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona che regola l’uscita dal consesso europeo. La proposta di legge è stata presentata nel luglio 2017 e da allora se ne è dibattuto per oltre 250 ore in Parlamento. Intanto i progressi nei negoziati tra l’Unione Europea e il Regno Unito procedono «nella media ma con una potenzialità di miglioramento», così riporta il portavoce della Commissione Europea Margaritis Schinas a chi gli chiedeva di commentare il livello dei negoziati.

26 giugno 2018
www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2018/06/26/ADtaIWI-prepararsi_scenari_usci...
18/07/2018 21:24
 
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Brexit - Governo May si salva, no a unione doganale

Sospiro di sollievo sulla Brexit per il governo di Theresa May alla Camera dei Comuni. Stasera è stato bocciato di giustezza, con 307 voti contro 301, un emendamento a una nuova legge sul commercio che raccomandava la permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Doganale Europea laddove Londra non fosse riuscita a negoziare un accordo di libero scambio con Bruxelles per il dopo divorzio. Il cruciale emendamento, in contrasto con la linea dell'esecutivo e in grado potenzialmente di innescare una crisi, ha avuto il sì delle opposizioni laburista, liberaldemocratica e indipendentista scozzese e d'un drappello di "colombe" Tory ribelli ridimensionatosi nel numero all'ultimo minuto. In precedenza il governo era stato battuto su un altro emendamento, di minor rilievo, mentre aveva avuto partita vinta su tutti gli altri, sia pure di misura.

17 luglio 2018
www.swissinfo.ch/ita/brexit--governo-may-si-salva--no-a-unione-doganale/...
30/10/2018 13:17
 
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Arrivano i benefici concreti della Brexit: forte taglio delle tasse, aumento spesa sanitaria, difesa, aiuto ai poveri

LONDRA - Finalmente ai contribuenti britannici arriva il bonus della Brexit: così il quotidiano conservatore "The Telegraph" titola oggi martedì 30 ottobre la sua prima pagina, quasi interamente dedicata alla presentazione della "Budget Law" (la "Legge di Bilancio", ndr) per l'anno prossimo fatta ieri dal Cancelliere allo Scacchiere, Philip Hammond, alla Camera dei Comuni. La misura più significativa, infatti, è l'innalzamento a 12.500 sterline (14mila euro, ndr) della soglia della "personal allowance" o "no tax area", l'aliquota dei redditi sui quali non si versa alcuna imposta, che finora era fissata a 11.750 sterline: ne beneficeranno 32 milioni di contribuenti, spiega il "Telegraph", con un guadagno annuo medio di 130 sterline (150 euro, ndr). Inoltre Hammond ha annunciato l'innalzamento a 50mila sterline (56mila euro, ndr) dell'aliquota massima del 40 per cento sui redditi, con un ulteriore risparmio di imposte di 750 sterline annue (840 euro ndr) per il ceto medio-alto. A queste misure il Cancelliere allo Scacchiere ha aggiunto un incremento della spesa pubblica di oltre 100 miliardi di sterline (oltre 112 miliardi di euro, ndr) per i prossimi 5 anni: a beneficiarne saranno soprattutto il National Health Service (NHS, il Servizio Sanitario Nazionale britannico, a cui andranno 20 miliardi, ndr) ed il sistema riformato del welfare, il cosiddetto "universal credit", che riceverà un'iniezione di altri 4,5 miliardi di sterline (5 miliardi di euro, ndr) per renderlo più generoso dei sussidi sociali che ha sostituito; oltre alle Forze Armate, che con un bilancio gonfiato di 1 miliardo di sterline (1,12 miliardi di euro, ndr) potranno quindi evitare gran parte dei dolorosi tagli a cui altrimenti sarebbero state costrette.

"Finalmente si avvia a conclusione l'era dell'austerita'", ha esultato lo stesso Hammond, presentando quella che tutti i commentatori hanno definito la "Budget Law" più generosa da quando il Partito Conservatore è tornato alla guida della Gran Bretagna nel 2010. Una generosità di bilancio che ha inoltre chiaramente l'obbiettivo di convincere con alcuni provvedimenti mirati i Tory più euroscettici (i cosiddetti "Brexiters") e gli alleati del Partito Unionista Democratico (DUP) dell'Irlanda del Nord, i cui voti sono la stampella su cui si regge in parlamento il governo della Premier Theresa May; il sostegno di Brexiters e DUP infatti, concordano gli osservatori, è assolutamente vitale in un momento in cui arrivano alla stretta finale le trattative con Bruxelles sulla Brexit in vista dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, che scattera' il 29 marzo 2019. Resta il fatto che, non dovendo più regalare all'Unione Europea circa 20 miliardi di euro l'anno di "contributi", la Gran Bretagna si trova nell'invidiabile situazione di poter investire questo colossale risparmio iniettando potenti nuove risorse finanziarie nella sanità pubblica, nel taglio delle tasse, nei sussidi sociali ai poveri, nel miglioramento della Difesa e ancora molto altro, per il bene dei cittadini britannici. Questo, significa Brexit.

30 ottobre 2018
www.ilnord.it/c5568_ARRIVANO_I_BENEFICI_CONCRETI_DELLA_BREXIT_FORTE_TAGLIO__DELLE_TASSE_AUMENTO_SPESA_SANITARIA_DIFESA_AIUTO_A...
03/12/2018 14:00
 
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Brexit, Spagna cede

La Brexit ha costretto la Spagna a negoziare col Regno Unito il più grande accordo bilaterale su Gibilterra dell'ultimo decennio. I governi di Madrid e Londra hanno firmato giovedì quattro memorandum d'intesa sulle questioni più conflittuali che riguardano la Rocca, e che entreranno in vigore al momento del divorzio dall'Unione Europea, presumibilmente a fine marzo 2019. Lo rende noto oggi il quotidiano ''El Pais'', secondo cui i patti sottoscritti, a tre giorni dalle elezioni in Andalusia, mirano a rendere più equilibrato il legame fra la Rocca, l'enclave britannica a sud della Spagna e il Campo di Gibilterra, la regione andalusa gravata da un alto tasso di disoccupazione e da seri problemi di traffici illeciti. I quattro testi, ai quali ''El Pais'' ha avuto accesso, sarebbero già stati firmati dal Ministro spagnolo degli Affari Esteri, Josep Borrell, e da David Lidington, numero due del governo britannico e responsabile della Brexit. Questi accordi, relativi al tabacco, all'ambiente, alla cooperazione doganale e di polizia e ai diritti dei lavoratori transfrontalieri, rappresentano la prima intesa apparentemente praticabile tra Madrid e Londra su una questione sospesa da oltre 300 anni. Le novità più importanti riguardano il capitolo sul tabacco, un tema sul quale la colonia britannica si era sempre rifiutata di fare concessioni. Il testo afferma che ''tutte le parti interessate hanno concordato sulla necessità di ridurre la differenza del prezzo del tabacco'' tra i due territori. Il divario esistente tra il costo praticato a Gibilterra, con una tassazione quasi inesistente, e quello in Spagna rende infatti il contrabbando un illecito particolarmente attraente.

30 novembre 2018
www.ilnord.it/i-8235_BREXIT_SPAGNA_CEDE
23/12/2018 19:28
 
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Corbyn:“Sarà Brexit anche se vinciamo elezioni anticipate”

Chi puntava sui Labour per fermare la Brexit all’ultimo minuto può cominciare ad abbandonare le speranze. Anche se nei prossimi mesi ci fossero elezioni anticipate e il Labour le vincesse andando al governo, il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea il 29 marzo 2019 come concordato. Lo ha dichiarato Jeremy Corbyn in un’intervista al Guardian (https://www.theguardian.com/politics/2018/dec/21/jeremy-corbyn-labour-policy-leaving-eu). Dovessi andare al governo, ha detto in sostanza il leader dei Labour, andrei a Bruxelles per cercare di negoziare un accordo migliore, ma senza bloccare la Brexit o modificarla. Le parole di Corbyn sono arrivate come una doccia fredda su tutti i membri dei Labour che negli ultimi anni hanno incessantemente fatto pressioni perché il partito sposasse una linea piú morbida sulla Brexit, e prendesse in considerazione l’ipotesi di un secondo referendum. Una posizione che Corbyn non ha mai condiviso ma che all’ultimo congresso del partito (a Liverpool a settembre) aveva comunque accettato come una possibilità concreta. “Non sono il dittatore del partito”, ha aggiunto Corbyn, intendendo dire che comunque non può definire da solo le politiche dei Labour, ma rimane difficile pensare che la minoranza che vuole fermare la Brexit possa portarlo a cambiare posizione. Se il Labour, così come il Regno Unito, rimane diviso sulla Brexit, chi sta al comando sembra avere le idee chiare. Il Paese deve uscire dall’Unione Europea.

Francesco Ragni
23 dicembre 2018
www.londraitalia.com/cronaca/corbyn-brexit-anche-se-vinciamo-le-elezioni-2...
21/01/2019 17:56
 
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Sondaggio fa tremare gli europeisti. Anche i laburisti vogliono la Brexit

La Brexit continua a dividere la Gran Bretagna. Un solco profondo è ormai scavato all’interno della società britannica. E nessuno partito è immune dallo scontro. I conservatori si sono già dimostrati divisi sul tema dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. C’è chi vuole una Hard Brexit, chi la vorrebbe molto più soft sullo stile della Norvegia, e c’è chi invece è del tutto contrario al distacco di Londra da Bruxelles. E la divisione è apparsa netta con il voto della Camera dei Comuni, dove un centinaio di ribelli tories ha deciso di votare contro l’intesa siglata da Theresa May e dall’Unione Europea. Ma i conservatori non sono gli unici ad apparire divisi. E anche sul fronte laburista, non è così chiaro il pensiero sulla Brexit. Tanto che, se è vero che c’è chi parla di un possibile secondo referendum, c’è anche chi mette in guardia dalle possibilità di tornare a votare per scegliere se uscire o meno dall’UE. La dimostrazione arriva in questi giorni da un sondaggio commissionato dall’organizzazione europeista Best for Britain, che ha rivelato un dato estremamente interessante per i labour di Jeremy Corbyn. Secondo l’analisi delle opinioni espresse dalle persone consultate, gli elettori del centrosinistra inglese sarebbero molto meno propensi a sostenere il Labour Party se questo si impegnasse per fermare la Brexit. Secondo il sondaggio di Best for Britain, che il Guardian è riuscito ad avere in anticipo, quasi un terzo degli intervistati che votano Labour ha dichiarato che sarebbe meno propenso a votare per il partito guidato da Corbyn qualora decidesse di mettersi di traverso al processo della Brexit. Un buon 30% degli elettori, invece, appare del tutto indifferente: il loro voto non cambierebbe in base alla scelta del partito sulla Brexit. Mentre solo il 25% sarebbe più propenso a votare il partito in caso di impegno a fermare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Best for Britain, che è un’organizzazione fortemente europeista e che sostiene l’ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit, ha commissionato il sondaggio prima che i parlamentari britannici votassero sull’accordo raggiunto dal governo di Theresa May e Bruxelles.

Ed è un segnale abbastanza chiaro di come non esista un fronte realmente compatto contro la Brexit. E men che meno nei partiti d’opposizione, come appunto il Labour. Il sondaggio di per sé potrebbe apparire irrilevante. Ma in realtà è una rilevazione che dice molto sulla profondità della Brexit nella società della Gran Bretagna, molto meno convinta di fermare il processo di uscita dall’Europa di quanto appaia nei media. Ed è per questo che l’analisi del voto può essere molto importante per capire come possano orientarsi i partiti nelle prossime decisioni. Se i laburisti dovessero puntare sul blocco della Brexit, potrebbero incorrere in una futura sconfitta alle prossime elezioni. E questo mette in allarme soprattutto Corbyn, che spera di incassare una vittoria elettorale alla prossima tornata grazie alla fragilità dimostrata dalla May in questi mesi. Ma è un messaggio netto anche rivolto a chi crede, forse troppo facilmente, che il popolo britannico si sia dimenticato dei motivi per cui ha voluto l’uscita dall’Unione Europea. Ed è anche un duro colpo verso chi, come Emmanuel Macron recentemente, ritiene che il referendum sia stata manipolato e che non corrisponde alla volontà dei sudditi di Sua Maestà. Attenzione a dare per scontato il desiderio del popolo britannico. La Brexit è stata il frutto di una scelta chiara da parte della Gran Bretagna profonda, in particolare dell’Inghilterra. E quella fascia di popolazione è ancora esistente ed è importante. Tanto che contano come il 30 per cento dei voti del partito laburista. Quella parte di popolazione, fatta dalle vittime della globalizzazione e dai delusi dal sistema politico europeo, non ha cambiato idea: e di questo, il Labour dovrà tenerne conto. O potrebbe rivelarsi l’ennesimo partito di sinistra elitario destinato a perdere consenso.

Lorenzo Vita
20 gennaio 2019
www.occhidellaguerra.it/sondaggio-lasburisti-brexit/
17/04/2019 14:33
 
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Elezioni europee, senza Brexit nelle urne ridono gli euroscettici di Farage e l’estrema destra GB
I sondaggi danno l'Ukip e il nuovo partito di Farage lanciati verso un successo elettorale mai visto prima

LONDRA - Le elezioni europee spaventano tutti a Londra e non le vuole nessuno. Ma qualcuno che le vuole in realtà c’è e se ne gioverà, di molto. Stiamo parlando della destra euroscettica e xenofoba, nelle sembianze del neonato Brexit Party di Nigel Farage e dell’UKIP di Gerald Batten, abbandonato dallo stesso Farage perché “troppo di destra estrema”. Dopo il rinvio della Brexit ottenuto dalla Premier Theresa May lo scorso 10 aprile e con le sempre più probabili elezioni europee del Regno Unito, in quanto ancora stato membro UE (a meno che nel Parlamento britannico non si trovi un complicatissimo accordo sulla Brexit, magari bipartisan, prima del 23 maggio), Farage è partito a razzo con la sua nuova creatura politica e sta già capitalizzando il momento favorevole: decine di migliaia di sterline in donazioni, candidati in fuga dai conservatori (vedi Annunziata Rees-Mogg, sorella del“brexiter” Jacob), sondaggi sempre più in crescita: il Brexit Party di Farage viene dato già tra il 12 e il 14%, mentre l’UKIP sfonderebbe quota 10%, per un totale di circa il 25% di voti per la destra euroscettica ed estrema. Sono segnali molto preoccupanti per i due partiti principali oltremanica: i conservatori, sbrindellati dalla faida interna sulla Brexit tra “brexiter” duri e puri e la frangia più moderata, sono in caduta libera ed è per questo che l’uscita (o meglio, la cacciata) di May è ora più probabile. Ci sono alcuni istituti di sondaggi che danno i Tories addirittura sotto il 20%, un risultato che sarebbe catastrofico.

Il Labour, invece, sembra essere il primo partito per momento alle europee, con un 30% scarso, ma anche qui è da vedere se tutto questo si tramuterà in realtà, vista l’ambiguità di Jeremy Corbyn sulla Brexit e una campagna per le europee che potrebbe invece premiare chi ha le idee più nette e chi aizzerà la rabbia dei brexitiani delusi, come Farage e l’UKIP. Gli elettori europeisti invece non hanno un riferimento forte al momento. Come scritto più volte in passato, era piuttosto prevedibile che le eventuali elezioni europee sarebbero diventate sempre più una sorta di secondo referendum sulla Brexit. Una seconda consultazione teoricamente tanto agognata dagli europeisti ma che in questo caso potrebbe generare l’effetto opposto, perché i partiti euroscettici sembrano molto più in palla, sono schizzati subito con la loro campagna elettorale e una loro vittoria ammazzerebbe ogni speranza di un vero secondo referendum sull’uscita dall'UE. Tutto questo mentre il fronte europeista è in confusione, con il nuovo partito di Change UK (formatosi con le defezioni degli europeisti di Labour e Tories) ancora indecifrabile e i liberal-democratici che hanno perso smalto da tempo. Insomma, non è improbabile che Nigel Farage, come accadde nel 2015, vinca di nuovo le elezioni europee del prossimo maggio. La Brexit partì proprio da quel suo trionfo un anno prima. Dovesse bissare quel successo, il Regno Unito si spaccherebbe ancora di più, May sarebbe costretta a dimettersi e a quel punto potrebbe succedere davvero di tutto nella politica britannica.

Antonello Guerrera
17 aprile 2019
www.repubblica.it/dossier/politica/elezioni-europee-2019-ue-23-26-maggio/2019/04/17/news/elezioni_europee_senza_brexit_nelle_urne_ridono_gli_euroscettici_gb-22...
11/05/2019 16:13
 
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Regno Unito e timori della Brexit: PIL e produzione industriale al massimo. Calo deficit commerciale…

Se l’economia inglese sta soffrendo per la Brexit allora vorremmo soffrire con lei! Gli ultimi dati relativi all’economia del Regno Unito sono piuttosto incoraggianti. Iniziamo dal PIL: Il tasso di crescita su base annua si alza all'1,8%, il più elevato degli ultimi mesi:



Siamo su base annua al risultato migliore da un anno; anche la media mobile di crescita su tre mesi si è innalzata al 0,5%:



Il miglioramento nella crescita è evidente anche se consideriamo l’output del settore manifatturiero, cioè la produzione industriale:



Dopo una fine 2018 non positiva c’è stato un forte rimbalzo a marzo con un +3,6%, risultato guidato da materiale elettrico, farmaceutici, tessili e carta. Un rimbalzo anche nel settore degli investimenti industriali, che vedeva dei cali sostenuti nel tempo:



Gli investimenti sono principalmente collegati al settore tecnologico ed informatico. Inoltre vi è un calo nel disavanzo di bilancio commerciale, ma generato da un aumento dell’export, che cresce più rapidamente dell’import, quindi senza alcun segnale di una contrazione dei consumi interni.



Quindi le incertezze e i drammi della Brexit possono colpire dal punto di vista politico, e stanno colpendo duramente il partito conservatore, ma non da quello economico. L’unico settore che non sta tirando particolarmente è quello immobiliare, che evidentemente patisce lo sgonfiarsi della bolla del Regno Unito. Al contrario, sono gli esportatori nel Regno a tremare, con la Baviera che aprirà un ufficio di rappresentanza autonomo per cercare di mantenere le quote del suo più ricco mercato. Nel frattempo, se la May non riuscirà a finalizzare la Brexit prima della fine di giugno, avremo i membri del Brexit Party e tutti gli altri rappresentanti dei partiti inglesi che siederanno nel parlamento di Bruxelles. Una forza antieuropea in più nello stesso Parlamento Europeo.

Guido da Landriano
10 maggio 2019
scenarieconomici.it/regn-unito-e-timori-della-brexit-pil-e-produzione-industriale-al-massimo-calo-deficit-commerciale/?fbclid=IwAR0pEIu66b4gRQ0yYZ6X86c7lOBDp1I7GJhQfXT7kWxg2jL9Xe6...
[Modificato da wheaton80 11/05/2019 16:15]
13/05/2019 20:32
 
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Europee, il Brexit Party di Farage prende il sopravvento

Se i sondaggi dovessero confermare l’andamento, il Brexit Party sarà la rivelazione delle prossime Europee in chiave britannica. Il partito fondato da Nigel Farage, tra i maggiori sostenitori della Brexit e tra gli antieuropeisti per eccellenza, sta ottenendo il 34% dei consensi secondo il sondaggio condotto dall’istituto Opinum per conto dell’Observer, il supplemento domenicale del The Guardian. Una percentuale che ha messo in allerta i suoi diretti concorrenti, dato che i laburisti hanno ottenuto il 21% e i conservatori appena l’11%. Significa che se anche virtualmente le due coalizioni volessero unire le forze, ad oggi non riuscirebbero a raggiungere Farage & Co. Il partito di Corbyn ha perso tre punti percentuali rispetto alle europee di cinque anni fa, mentre quello della May addirittura più della metà, questo a causa della stessa Brexit, che ha generato nel corso degli anni delle gravi rotture proprio all’interno del partito di maggioranza, che ha fatto perdere fiducia agli occhi dei loro sostenitori. Il Brexit Party, invece, sta alimenando con litri di benzina quel fuoco che rappresenta il 52% di coloro che a giugno del 2016 andarono a votare in occasione del celebre referendum, scegliendo di uscire dall’Unione Europea: quasi 18 milioni di britannici, gran parte dei quali sembrava si fossero pentiti della scelta fatta, e invece il successo che sta ottenendo il nuovo partito di Farage sta dimostrando il contrario. Per avere la certezza in via definitiva del valore di questi numeri, si dovrà attendere il 23 maggio, quando in UK si terranno le votazioni per il rinnovo del Consiglio Europeo, fissate invece per i giorni di venerdì 24 e sabato 25 per gli italiani in UK che vogliono invece votare per un candidato italiano.

Alessandro Allocca
13 maggio 2019
www.londraitalia.com/politica/europee-il-brexit-party-di-farage-prende-il-sopr...
25/07/2019 03:42
 
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Regno Unito, Boris Johnson è il nuovo leader dei Tory e Premier



Come ampiamente previsto, Boris Johnson è il nuovo leader dei Tory. Da domani sarà anche alla guida del governo britannico. Ex sindaco di Londra ed ex Ministro degli Esteri, Johnson, 55 anni, è uno dei più accaniti sostenitori della Brexit. Ha stravinto la sfida col suo successore al Foreign Office, il 52enne Jeremy Hunt, ottenendo oltre 90mila voti contro gli oltre 40mila del suo rivale nel ballottaggio affidato ai 160mila iscritti del Partito Conservatore britannico.

Domani la convocazione a Buckingham Palace

Il nuovo leader dei Tory assumerà da domani anche la guida del governo, dopo che Theresa May avrà formalizzato le sue dimissioni da Premier nelle mani della Regina. La convocazione a Buckingham Palace per ricevere da Elisabetta II l’incarico di formare un nuovo esecutivo è prevista nel pomeriggio di domani e a seguire Johnson entrerà a Downing Street. Secondo il sistema britannico, non è previsto un voto di fiducia, salvo che a chiederlo sia il leader dell’opposizione, attualmente il laburista Jeremy Corbyn. In ogni caso, se ne parlerebbe dopo la pausa estiva del Parlamento, visto che Westminster chiuderà i battenti giovedì 25 per riaprirli il 3 settembre.

“Realizzare la Brexit, riunire il Paese e sconfiggere Corbyn”
“E’ arrivato il momento di realizzare la Brexit, riunire il Paese e sconfiggere Jeremy Corbyn”. In inglese, i verbi usati sono “deliver, unite and defeat” (realizzare, riunire, sconfiggere), coniando così un nuovo acronimo “Dud”. Aggiungendo alle tre priorità anche “energise”, (stimolare), ha scherzato Johnson, ne esce l’acronimo “Dude”, che come sostantivo, è usato per dire “amico”, o “tipo”. Johnson, nel discorso dopo la sua elezione, ha poi ringraziato la May e reso omaggio al rivale Hunt. Poi ha fatto autoironia sulla sua vittoria:“So che ci sarà chi contesterà la saggezza della vostra decisione“, ha detto rivolgendosi ai sostenitori del Partito Conservatore che lo hanno scelto a larga maggioranza.

Trump:“Sarà un grande”

Donald Trump è stato tra i primissimi leader stranieri a congratularsi con Johnson. “Congratulazioni a Boris Johnson per essere diventato il nuovo Primo Ministro del Regno Unito. Sarà un grande!“, ha scritto in un Tweet il presidente USA. Congratulazioni anche dal Presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, oggi a Malta. Il Presidente “intende lavorare con il nuovo Primo Ministro” britannico “nella migliore maniera possibile”, afferma la viceportavoce capo della Commissione Natasha Bertaud, a Bruxelles.

Adolfo Spezzaferro
23 Luglio 2019
www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/regno-unito-boris-johnson-nuovo-leader-tory-premier...
19/08/2019 16:42
 
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Brexit, “passo storico”: il governo britannico ha cancellato le leggi UE

Il Premier britannico Boris Johnson sta portando il Regno Unito dritto dritto verso l’uscita dalla UE. Il Ministro per la Brexit, Steve Barclay, ha firmato un decreto che cancella l’atto del 1972 che sanciva l’adozione delle leggi europee da parte del Regno Unito. Lo annuncia Downing Street con una nota. Si tratta, si legge nel comunicato del governo britannico, “di un passo storico per riportare il potere legislativo da Bruxelles al Regno Unito. Stiamo riprendendo il controllo delle nostre leggi come il popolo ha chiesto nel 2016“. L’abolizione dell’European Communities Act del 1972 sarà efficace nel momento in cui la Gran Bretagna lascerà formalmente la UE, il prossimo 31 ottobre, con o senza accordo.

“Chiaro segnale che non si torna indietro”

“Questo è un chiaro segnale al popolo di questo Paese che non si torna indietro”, ha commentato Barclay. “Lasceremo l’UE il 31 ottobre come promesso qualsiasi cosa accada, dando seguito a quanto stabilito nel 2016. Il voto di 17,4 milioni di persone che ha stabilito di lasciare la UE è il mandato democratico più forte mai dato ad un governo britannico. I politici non possono decidere quale voto rispettare e quale no“.

Lo scenario catastrofico del no deal
Un mero passaggio burocratico, sì, ma cavalcato dal governo Tory per fare pressing sulla Commissione UE perché si riapra il negoziato sulla Brexit. Altrimenti il Regno Unito dovrà uscire dalla UE con lo scenario peggiore: il no deal, che in questi giorni diversi media britannici stanno dipingendo come una sorta di carestia post catastrofe nucleare, con difficoltà a reperire cibo, medicinali e benzina. L’allarmisimo è stato scatenato da un rapporto governativo, denominato “Operation Yellohammer“, e diffuso dal Sunday Times, secondo cui il Regno Unito in caso di Brexit senza accordo potrebbe affrontare gravi disagi per mesi.

Il fronte contro l’uscita senza accordo
Ecco perché gli oppositori di Johnson cercano di sbarrargli la strada con un fronte anti-no deal alla Camera dei Comuni. Un gruppo di oltre 100 parlamentari di tutti i partiti a Westminster, tranne gli unionisti del DUP, ha chiesto al Primo Ministro di richiamare il Parlamento dalla pausa estiva. I Tory Dominic Grieve e Guto Bebb sono tra i firmatari della lettera inviata a Johnson, accusato di “insidioso e inquietante populismo” per la gestione delle trattative con la UE.

Corbyn:“Solo lavorando insieme possiamo fermare il no deal“
L’appello, ovviamente, è sostenuto anche dal maggiore partito di opposizione, il Labour. “Il mio messaggio a tutti i parlamentari è semplice e urgente”, ha detto Jeremy Corbyn, leader dei Laburisti. “Solo lavorando insieme possiamo fermare il no deal”. Nei giorni scorsi, Corbyn aveva chiesto ai parlamentari di appoggiare una mozione di sfiducia contro il Governo Johnson e di conferirgli l’incarico di Premier di un governo a tempo, con l’obiettivo di evitare una Brexit senza accordo, chiedendo un’altra proroga a Bruxelles.

Adolfo Spezzaferro
19 agosto 2019
www.ilprimatonazionale.it/esteri/brexit-passo-storico-il-governo-britannico-ha-cancellato-le-leggi-ue...
21/08/2019 12:28
 
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Londra da settembre cesserà di partecipare alle riunioni UE

I rappresentanti del Regno Unito smetteranno di partecipare alla maggior parte delle riunioni dell'Unione Europea a partire dal 1º settembre, ad eccezione di ciò che "riguarda l'interesse nazionale". Lo ha annunciato in una nota il Dipartimento per l'Uscita dall'Unione Europea. La Brexit, come noto, è prevista per il 31 ottobre. Il governo ritiene che il tempo risparmiato sarà speso meglio concentrandosi sulla Brexit. Funzionari e ministri britannici parteciperanno quindi solo agli incontri UE in cui la Gran Bretagna ha un interesse nazionale significativo nell'esito delle discussioni, come la sicurezza, si specifica nella nota del Dipartimento sulla Brexit. "Questa decisione riflette il fatto che l'uscita del Regno Unito dall'UE il 31 ottobre ora è più vicina e molte delle discussioni negli incontri UE saranno sul futuro dell'Unione dopo che il Regno Unito sarà uscito". Funzionari e ministri britannici si concentreranno "sulla nostra relazione futura con l'Unione Europea e con gli altri partner nel mondo", si legge ancora nella nota. I rappresentanti del Regno Unito che parteciperanno agli incontri avranno la possibilità di focalizzare meglio "le nostre priorità nazionali immediate ". Londra ha assicurato che con questa decisione "non intende interferire con il funzionamento dell'UE", affermando che "il voto britannico sarebbe delegato per non bloccare le attività in corso degli altri 27 membri". "D'ora in poi andremo alle riunioni che contano davvero, riducendo la nostra presenza di oltre la metà e guadagnando centinaia di ore", ha detto il Ministro della Brexit, Steve Barclay. La decisione verrà presa caso per caso sulla base dell'agenda degli incontri. Nel dettaglio, ministri e funzionari del governo britannico continueranno a partecipare alle riunioni in cui gli interessi della Gran Bretagna sono in gioco, in particolare gli incontri sull'uscita del Regno Unito, la sua sovranità, le relazioni internazionali, la sicurezza e le finanze. Boris Johnson continuerà a partecipare alle riunioni del Consiglio Europeo. Boris Johnson è succeduto a Theresa May come Primo Ministro a luglio e ha dichiarato di essere pronto a lasciare l'UE il 31 ottobre con o senza accordo ma intanto va a Berlino mercoledì, e giovedì a Parigi, per incontrare prima la cancelliera tedesca Angela Merkel e poi il Presidente francese Emmanuel Macron nel tentativo di convincerli sulla sua visione della Brexit, prima del vertice del G7 a Biarritz (sud-ovest della Francia) nel fine settimana, dal 24 al 26 agosto 2019, dove si parlerà di criptovalute, guerre commerciali e disuguaglianza.

Tiziana Di Giovannandrea
20 agosto 2019
www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Brexit-1-settembre-stop-partecipazione-riunioni-UE-Johnson-Merkel-Macron-Barclay-G7-64ca8aff-73db-4a51-89c4-f5d0539c4131.html?re...
31/08/2019 13:09
 
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Brexit, respinto primo ricorso contro Johnson per aver chiuso il Parlamento

La prima iniziativa legale contro la sospensione del Parlamento britannico decisa dal Premier Boris Johnson (che l’ha chiesta ed ottenuta dalla Regina Elisabetta) è stata respinta da un giudice scozzese. Il magistrato di Edimburgo Lord Doherty ha stabilito che il Premier ha i poteri che gli consentono di sospendere il Parlamento, respingendo gli argomenti presentati nell’udienza d’urgenza di ieri secondo cui Johnson ha agito in violazione della Costituzione. Come è noto, la mossa del Premier Tory serve ad avviare la fase finale della Brexit, prevista per il 31 ottobre, senza incorrere in iniziative dell’opposizione che possano rallentare se non impedire l’uscita dalla UE (anche senza accordo, ipotesi a cui sono contrari gli oppositori di Johnson). Infatti, con il Parlamento chiuso fino al 14 ottobre, è praticamente impossibile poter interferire con l’iter della Brexit.

Ci sono altre due iniziative giudiziarie contro Johnson

Il governo britannico però deve far fronte ad altre due iniziative giudiziarie, una a Londra e una a Belfast. A quella londinese, promossa dall’attivista anti Brexit Gina Miller, partecipa anche l’ex Premier John Major. L’esponente conservatore ha annunciato che si è rivolto a un legale per presentare ricorso contro la decisione del suo successore e compagno di partito di sospendere il Parlamento per cinque settimane. “Non ho alcun dubbio che il movente del Primo Ministro sia di scavalcare un Parlamento sovrano che si oppone alle sue politiche”, ha dichiarato l’ex Premier.

Lascia il capogruppo Tory alla Camera dei Lord
Contro la decisione di Johnson, lascia il suo posto il capogruppo dei Tory alla Camera dei Lord, George Young. “Non mi hanno convinto”, ha spiegato in una lettera, “i motivi forniti per questa decisione, che credo rischi di minare il ruolo fondamentale del Parlamento, in un momento decisivo della nostra storia, e rafforza la percezione che il governo potrebbe non avere la fiducia della Camera per la sua politica sulla Brexit”. Nonostante gli attacchi, le petizioni online e i ricorsi, Johnson prosegue dritto verso la Brexit, convinto che l’uscita dalla UE, chiesta dai cittadini con un referendum, si debba fare ad ogni costo (tanto il Premier ha già dichiarato che non pagherà il “conto” del divorzio non consensuale a Bruxelles).

Ludovica Colli
30 agosto 2019
www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/brexit-respinto-primo-ricorso-contro-johnson-chiuso-parlamento...
11/11/2019 19:51
 
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Laburisti verso la disfatta



LONDRA - Il vice-leader del Partito Laburista Tom Watson si è dimesso, rinunciando anche a candidarsi alle elezioni anticipate che si terranno nel Regno Unito il 12 dicembre prossimo. Come riferisce il quotidiano ''The Guardian'', il clamoroso abbandono della politica da parte di Watson priva del suo leader la componente moderata del Partito Laburista e aggrava la crisi di identità della formazione guidata da Jeremy Corbyn, ora completamente sbilanciata sull'estrema sinistra. Nella sua lettera di dimissioni, Watson ha citato ragioni ''personali, non politiche''. Tuttavia, è chiaro che alle dimissioni del vice-leader del Labour hanno contribuito i frequenti scontri con Corbyn sulla Brexit e soprattutto sull'antisemitismo nel partito, che Corbyn non ha mai fatto nulla per sanzionare, anzi lo appoggia. Come commenta il ''Guardian'', Watson diventa così il più autorevole e noto di una lunga serie di esponenti centristi e moderati del Labour che hanno lasciato il partito e la vita politica da quando alla guida della formazione è arrivato Corbyn. I sondaggi profilano per il laburisti britannici la più sonora sconfitta elettorale della sua secolare storia.

7 novembre 2019
www.ilnord.it/i-9370_LABURISTI_VERSO_LA_DISFATTA
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