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Zuckerberg: da amico dell’elite mondialista a loro nemico giurato. Era tutto previsto

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2020 17:48
28/03/2018 02:41
 
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Chissà quanti patemi d’animo avrà causato Zuckerberg all’elite mondialista. Proprio lui, il ragazzo prodigio di un’era priva di barriere dettate da confini, che ha aiutato i sovranisti a imporsi negli Stati Uniti e in Europa. Eppure traquillamente si poteva diffidare di lui, un personaggio dal carattere particolare, carattere esposto anche nel film Premio Oscar The Social Network. La storia di Facebook e del suo fondatore si caratterizza per tutta una serie di sotterfugi, sotterfugi che hanno come unica motivazione quella di aumentare il potere di Mark, ragazzo che crea un impero beffando, da novello Ulisse, alcuni ricchi studenti di Harvard. Zuckerberg ha rafforzato negli anni il suo impero ridimensionando Saverin, il suo migliore amico e primo finanziatore, e soprattutto Sean Parker, che lo aveva aiutato ad assicurarsi cospicui finanziamenti. Nonostante il film biografico, però, l’elite mondialista, così tanto sicura di aver domato Mark, è rimasta impigliata in un gioco pericoloso. Il fondatore di Facebook non aveva infatti alcun problema a farsi foto con Obama, a sostenerlo pubblicamente, ma dall’altra permetteva il fomentarsi di teorie populiste all’interno del suo sito internet. In questo modo le forze sovraniste trovavano terreno fertile per rafforzarsi, usando quelle stesse armi che venivano ritenute innocue dai mondalisti. Il fine inganno di Zuckerberg è stato scoperto troppo tardi, quando ormai Trump era diventato Presidente degli Stati Uniti e il Regno Unito aveva deciso di lasciare l’Unione Europea. Tale comportamento non è passato inosservato a Soros, il quale lo aveva profondamente criticato in occasione del vertice di Davos. In quella sede, inoltre, Soros aveva dato il via ad una vera e propria guerra economica, che sta dando ora i primi risultati. Intanto il titolo crolla e la stampa, sempre allineata, attacca colui che ha solo la colpa di pensare ai propri interessi. Del resto Zuckerberg non ha fatto nulla di sbagliato, è riuscito abilmente a tenersi fuori da qualsiasi vicenda e può dire tranquillamente “Non sono stato io”.

Giorgio Cegnolli
20 marzo 2018
secolo-trentino.com/pensieri-in-liberta/zuckerberg-da-amico-di-soros-a-suo-nemico-giurato-era-tutto-p...
28/03/2018 19:41
 
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C’è Soros dietro il caso Facebook-Oxford Analytica?

George Soros, durante il World Economic Forum tenutosi a Davos a gennaio, ha descritto Facebook quale “minaccia per la democrazia”, quindi da chiudere all’istante. Con i milioni di difetti che può avere, infatti, offre all’utente pagine che contrastano quella narrativa volta a far sopravvivere la realtà unipolare a guida statunitense. Basti pensare a Sputnik, RT, Russia Insider, Russkiy Mir, al-Mayadeen, al-Manar, tutte finite nel mirino della psicopolizia dem da anni, ormai. Un crimine per chi persegue la mondializzazione coatta, la messa sotto tutela della sovranità nazionale degli Stati e la creazione di una catena di circoscrizione nei confronti della Russia a vantaggio del globalismo. Il pluralismo di informazione, infatti, mette inevitabilmente a repentaglio tali progetti criminaloidi. Analizzando questo particolare si capiscono i perché e i burattinai dietro il contenzioso tra Mark Zuckerberg e la Cambridge Analytica. Il furto dei dati degli utenti Facebook di quest’ultima per influenzare le elezioni, violando apertamente i termini e le condizioni del social network, ci dà, inoltre, una conferma cristallina. Dimostra, ancora una volta, quanto gli USA siano esperti del cosiddetto “reverse blame”: puntare il dito contro qualcuno per sotterrare il marciume in casa. Viene da pensare che la retorica sul Russiagate e sui “famosi cinque account Twitter di Mosca” sia stata una strategia del Congresso per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle azioni di tale agenzia. Non è un mistero: Wikileaks, già anni prima della candidatura di Donald Trump, aveva provato che l’NSA simula attacchi hacker russi abitualmente. Così come aveva dimostrato il sistema di spionaggio voluto da Barack Obama nei confronti delle servili cancellerie europee. Aggiungiamoci anche che Alex Stamos, il capo della sicurezza della società incriminata, è stato beccato a dire che gli oppositori politici li si può intrappolare con scandali sessuali e mazzette, cioè tutte le tattiche che la CIA e il Deep State usano negli Stati non allineati per preparare il terreno ad un cambio di regime in direzione globalista, e capirete che le interferenze sono tutte occidentali, non moscovite.

Davide Pellegrino
23 marzo 2018
www.oltrelalinea.news/2018/03/23/ce-soros-dietro-il-caso-facebook-oxford-an...
02/04/2018 18:17
 
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Così Facebook traccia le nostre chiamate e i nostri SMS (ed ecco come impedirlo)

Lo scandalo Cambridge Analytica ha acceso in modo impietoso i riflettori su Facebook. E per il social network, che in borsa continua a far registrare tonfi importanti, è arrivato il momento di fare i conti con una gestione della privacy complicata. Facebook, del resto, è un impero fondato sui dati degli utenti. È la miniera più florida di informazioni personali mai esistita. Ma il vero punto, in questo particolare momento storico, è un altro: la difficoltà principale, che emerge chiaramente dalle mezze risposte in arrivo da Menlo Park, sta nel dover giustificare procedure che di illegale non hanno niente. E che anzi sono nella maggior parte dei casi autorizzate dagli utenti, spinti dalla superficialità che spesso contraddistingue le operazioni digitali. L'ultimo capitolo di questa saga, esplosa il 18 marzo scorso con la notizia dei dati finiti nelle mani di Cambridge Analytica, è relativa ad alcuni metodi che consentono a Facebook di raccogliere dati anche sulle telefonate e sugli SMS degli utenti iscritti alla piattaforma. La faccenda è emersa grazie ad alcuni utenti che, cancellando il loro account dal social network, hanno scaricato un archivio di tutte le attività svolte su Facebook. E fra queste, un pò a sorpresa, alcuni hanno trovato anche le telefonate effettuate dal loro smartphone, con tanto di nomi, numeri di telefono, durata della chiamata e orario. Un particolare che, dato il momento, è diventato in fretta caso internazionale. Con Facebook accusata di questa nuova forma di profilazione che avviene al di fuori della piattaforma.

Le colpe di Messenger

Il vero “colpevole”, in questo caso, è l'applicazione Messenger, quella che gli utenti Facebook utilizzano per scambiarsi messaggi, telefonarsi o videochiamarsi. Il tutto è possibile solo fra utenti iscritti alla piattaforma. C'è un “però” enorme, tuttavia. E riguarda i possessori di smartphone Android. L'app di Messenger, una volta installata su un device Android, al primo utilizzo chiede all'utente in modo più o meno esplicito di sincronizzare i suoi contatti in rubrica e di essere impostata come sistema predefinito per la gestione degli SMS. Tanto che chi acconsente di farlo, non riceverà più i messaggi nell'applicazione classica, ma all'interno di Messenger (lo stesso problema non si configura, invece, per gli utenti Apple, dato che iOS, per quanto concerne la privacy, è strutturato in modo molto più rigido). Il tutto, dunque, nasce da un primo consenso da parte dell'utente. Anche se rimangono tante incognite sulla chiarezza con la quale Facebook espone le cose, e come sia possibile che (SMS a parte) tenga traccia anche delle telefonate.

Come fare a vedere se si è tracciati

È molto probabile che molti lettori di questo articolo abbiano condiviso i loro contatti con Facebook. Per scoprirlo è necessario accedere all'area contacts disponibile a questo link:

www.facebook.com/mobile/messenger/contacts/

Dove è possibile anche eliminare gli eventuali contatti condivisi con il social network. Se invece si desidera sapere se Facebook ha tenuto traccia delle telefonate, la procedura da seguire è quella del “download delle tue informazioni”, e funziona così: selezionare in alto a destra “Impostazioni” e successivamente cliccare su “Scarica una copia dei tuoi dati di Facebook”, che si trova in fondo alle impostazioni generali dell'account. Da questo file, che raccoglie tutta l'attività di un utente sulla piattaforma, emergeranno anche le eventuali chiamate tracciate.

La replica di Facebook

In un post pubblicato nella newsroom ufficiale, da Menlo Park hanno spiegato che questa tipologia di raccolta dati non è attiva in modo predefinito, ma spetta agli utenti attivarla:“La registrazione della cronologia delle chiamate e degli SMS”, è scritto, “fa parte di una funzione di attivazione per le persone che utilizzano Messenger o Facebook Lite su Android. Questo ti aiuta a trovare e a rimanere in contatto con le persone a cui tieni e ti offre un'esperienza migliore su Facebook”. Nello stesso post vengono condivise le procedure per disattivare questa raccolta e viene precisato che “questa funzione non raccoglie il contenuto delle chiamate o dei messaggi di testo. Le tue informazioni sono archiviate in modo sicuro e non vendiamo queste informazioni a terzi”. Un messaggio che, dopo lo scandalo Cambridge Analytica, non soddisfa del tutto.

Biagio Simonetta
28 marzo 2018
mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/tecnologie/2018-03-28/cosi-facebook-traccia-nostre-chiamateenostrismsedeccocomeimpedirlo142310fn=feed&id=SEARCH/NEWS24/AEiUfUPE/a_...
29/10/2019 19:37
 
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Tana Libra tutti, ecco perché la moneta di Facebook è già un flop

Doveva essere la rivoluzione del millennio, si sta rivelando un flop clamoroso. Ieri a Ginevra si è firmato l’atto costitutivo di Libra, la moneta elettronica di Facebook annunciata a giugno in pompa magna da Mark Zuckerberg per rivoluzionare il sistema bancario mondiale, fare concorrenza agli Stati e battere moneta, online. Lo scheletro c’è, mancano il cuore e l’anima per farlo camminare, perché all’ultimo minuto sette multinazionali tech tra cui Visa, Mastercard, Booking, Paypal e eBay hanno abbandonato la Libra Association, il consorzio che dovrà gestire la criptovaluta. Temono che Facebook non riesca a soddisfare le richieste di trasparenza e affidabilità e non vogliono iniziare una guerra con gli enti regolatori e le banche centrali di tutto il mondo. L’antipasto è stata l’audizione del responsabile di Libra per Facebook, David Marcus, rosolato a fuoco lento dai senatori americani. La moneta è prima di tutto fiducia. Ha bisogno di una autorità che la sostenga, chiarisca i regolamenti e fissi i tassi di interesse. Per questo Facebook aveva raggruppato fin da subito 28 soggetti tra fondi di venture capital e le aziende più importanti al mondo legate in modo diretto o indiretto ai pagamenti elettronici.

La scommessa era: se loro ci crederanno, tutti gli altri lo faranno. Ma senza queste, o almeno senza quelle più importanti, la tela si disfa, Libra perde credibilità e il sogno di connettere il mondo con la stessa valuta elettronica muore. Per ora solo 21 aziende fanno parte della Libra Association. I grandi nomi rimasti sono solo Vodafone, Iliad, Spotify e Uber Technologies. L’obiettivo di Facebook era farne entrare 100 entro il 2020. Non sarà facile convincere altri senza i principali gruppi che avrebbero dovuto adottare Libra come metodo di pagamento. «Zuckerberg ha sottovalutato l’ordine mondiale, pensava di poter imporre una sua moneta ed è stato preso in contropiede dal sistema, che ha imposto un barrage, un blocco istituzionale nei confronti di Facebook. Ora non c'è governo serio o banca centrale che voglia avere a che fare con Libra», spiega Alberto Forchielli, imprenditore e fondatore di Mandarin Capital Partners. «Facebook non riuscirà a reggere da sola questa moneta e in questo momento ha altre priorità: sta lottando per la sua sopravvivenza. Negli Stati Uniti è in mezzo a due fuochi: da una parte c’è una delle favorite alle primarie dei democratici, Elizabeth Warren, che dice da tempo di voler scorporare Facebook, dall’altra parte anche ai repubblicani non sta tanto simpatico Zuckerberg.

Proseguire senza indugio con Libra vorrebbe dire mettere il dito negli occhi del sistema, per questo penso che non durerà». Lo stesso Zuckerberg a luglio aveva detto ai suoi dipendenti che non sarebbe stata una passeggiata. In alcune registrazioni dei meeting interni alla società pubblicate dal sito The Verge a inizio ottobre si sente il fondatore di Facebook dire che per Libra serve «un approccio più consultivo». Tradotto: dialogare, non imporre. «Non possiamo presentarci e dire:“stiamo lanciando questo, ecco il prodotto, la tua app è stata aggiornata e ora puoi cominciare a comprare in Libra e inviarlo ai tuoi amici”. La finanza è uno spazio fortemente regolato», spiega ai suoi dipendenti Zuckerberg secondo le trascrizioni di The Verge:

www.theverge.com/2019/10/1/20892354/mark-zuckerberg-full-transcript-leaked-facebook-...

«Dobbiamo rivolgerci a tutti i regolatori, incontrarli in anticipo, ascoltare le loro preoccupazioni, ciò che pensano che dovremmo fare, assicurandoci che altre persone nel consorzio lo gestiscano in modo appropriato». L’audio mostra la determinazione del fondatore di Facebook ma anche la coscienza dei pericoli che dovrà affrontare. Gli stessi annusati dai membri più importanti del consorzio, che neanche due settimane dopo la pubblicazione della registrazione di The Verge hanno deciso di abbandonare la moneta di Facebook. «Molte aziende stanno andando via da Libra perché restare in questa nuova moneta vorrebbe dire andare contro tutto il sistema mondiale, non ne vale la pena», chiarisce Forchielli. Nessuno ha voglia di affrontare mesi e mesi di contenziosi che potrebbero danneggiare la loro reputazione. Ci è già passato Zuckerberg e non è andata benissimo.

16 ottobre 2019
www.linkiesta.it/it/article/2019/10/16/comprare-libra-faceboo...
26/05/2020 17:48
 
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CasaPound batte ancora Facebook: respinto il reclamo del social, la pagina resta attiva

CasaPound batte Facebook 2 a 0. Il Tribunale Civile di Roma ha respinto il reclamo presentato dal social network più famoso del mondo contro l’ordinanza cautelare che ordinava la riattivazione della pagina principale di CasaPound Italia. Un responso arrivato dopo oltre tre mesi: l‘udienza in cui Facebook presentava il reclamo si era tenuta il 14 febbraio scorso. Oggi dunque sappiamo che quel reclamo è stato respinto e che le disposizioni del giudice Stefania Garrisi sono state confermate. Questo significa che la pagina di CasaPound e il profilo di Davide Di Stefano, difesi dagli avvocati Augusto Sinagra e Guido Colaiacovo, restano attivi. Facebook viene inoltre condannato al pagamento delle spese legali per 12mila euro.

'Facebook e la condanna al pagamento delle spese legali'

www.ilprimatonazionale.it/wp-content/uploads/2020/05/Schermata-2020-05-26-alle-12.2...

'Ingiustificata l’esclusione di CasaPound'
Nelle motivazioni dell’ordinanza si conferma la superiorità gerarchica dei principi costituzionali e del diritto italiano rispetto agli “standard della comunità” del gigante social e alla contrattualistica privata. Nel provvedimento del collegio composto dai giudici Claudia Pedrelli, Fausto Basile e Vittorio Carlomagno si parla di “impossibilità di riconoscere ad un soggetto privato, quale Facebook Ireland, sulla base di disposizioni negoziali e quindi in virtù della disparità di forza contrattuale, poteri sostanzialmente incidenti sulla libertà di manifestazione del pensiero e di associazione, tali da eccedere i limiti che lo stesso legislatore si è dato nella norma penale. Il giudizio trova conforto nel fatto che, come rilevato nell’ordinanza reclamata, CasaPound è presente apertamente da molti anni nel panorama politico. L’esclusione di CasaPound dalla piattaforma si deve dunque ritenere ingiustificata sotto tutti i profili richiamati da Facebook Ireland. Il periculum in mora si deve considerare sussistente sulla base delle considerazioni svolte nell’ordinanza reclamata, che meritano piena condivisione, sul preminente e rilevante ruolo assunto da Facebook nell’ambito dei social network, e quindi oggettivamente anche per la partecipazione al dibattito politico”. Non compete dunque a Facebook “la funzione di attribuire in via generale ad una associazione una “patente” di liceità, posto che condizione e limite dell’attività di qualsiasi associazione è il rispetto della legge, la cui verifica è rimessa al controllo giurisdizionale diffuso”.

'Libertà di espressione e associazione'
Nell’ordinanza dei giudici del Tribunale Civile di Roma si richiamano gli articoli 18 e 21 della Costituzione, sulla libertà di associazione e libertà di pensiero. “Si deve concludere che la disciplina contrattuale non può lecitamente assumere quale causa di risoluzione del rapporto manifestazioni del pensiero protette dall’art. 21 né consentire l’esclusione di associazioni tutelate dall’art. 18; mentre si deve ritenere irrilevante la questione, pur sollevata nel giudizio, della riconoscibilità a CasaPound della qualità di partito politico, non risultando che questa possa attribuire nei rapporti interprivati alcuna tutela ulteriore rispetto a quella già spettante in base agli artt. 18 e 21”. A prescindere dunque che CasaPound sia un partito o meno, la libertà di associazione e di pensiero deve essere garantita.

'CasaPound non incita all’odio'
“Non ha rilevato che CasaPound rientri nella definizione di organizzazione che incita all’odio prevista dagli Standard della Comunità, essendo “impegnata nella violenza” attraverso azioni di “odio organizzato” e di “violenza organizzata o attività criminale”, si legge sempre nell’ordinanza. “Conclude che, in assenza di violazioni accertate e non potendosi valutare in sede cautelare la contrarietà delle finalità dell’associazione con i principi costituzionali, la disabilitazione della pagina Facebook è ingiustificata e produttiva di un pregiudizio non suscettibile di riparazione per equivalente, relativo alla partecipazione CasaPound dal dibattito politico, incidente su beni costituzionalmente tutelati”.

Davide Di Stefano
26 maggio 2020
www.ilprimatonazionale.it/cronaca/casapound-batte-facebook-respinto-reclamo-social-pagina-attiva-157709/?fbclid=IwAR3cZgOPQPjSbz_c3jnt_4Dw4axZSnyDN3tFUiZoEf6INmU3Wmh...
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