Chissà quanti patemi d’animo avrà causato Zuckerberg all’elite mondialista. Proprio lui, il ragazzo prodigio di un’era priva di barriere dettate da confini, che ha aiutato i sovranisti a imporsi negli Stati Uniti e in Europa. Eppure traquillamente si poteva diffidare di lui, un personaggio dal carattere particolare, carattere esposto anche nel film Premio Oscar The Social Network. La storia di Facebook e del suo fondatore si caratterizza per tutta una serie di sotterfugi, sotterfugi che hanno come unica motivazione quella di aumentare il potere di Mark, ragazzo che crea un impero beffando, da novello Ulisse, alcuni ricchi studenti di Harvard. Zuckerberg ha rafforzato negli anni il suo impero ridimensionando Saverin, il suo migliore amico e primo finanziatore, e soprattutto Sean Parker, che lo aveva aiutato ad assicurarsi cospicui finanziamenti. Nonostante il film biografico, però, l’elite mondialista, così tanto sicura di aver domato Mark, è rimasta impigliata in un gioco pericoloso. Il fondatore di Facebook non aveva infatti alcun problema a farsi foto con Obama, a sostenerlo pubblicamente, ma dall’altra permetteva il fomentarsi di teorie populiste all’interno del suo sito internet. In questo modo le forze sovraniste trovavano terreno fertile per rafforzarsi, usando quelle stesse armi che venivano ritenute innocue dai mondalisti. Il fine inganno di Zuckerberg è stato scoperto troppo tardi, quando ormai Trump era diventato Presidente degli Stati Uniti e il Regno Unito aveva deciso di lasciare l’Unione Europea. Tale comportamento non è passato inosservato a Soros, il quale lo aveva profondamente criticato in occasione del vertice di Davos. In quella sede, inoltre, Soros aveva dato il via ad una vera e propria guerra economica, che sta dando ora i primi risultati. Intanto il titolo crolla e la stampa, sempre allineata, attacca colui che ha solo la colpa di pensare ai propri interessi. Del resto Zuckerberg non ha fatto nulla di sbagliato, è riuscito abilmente a tenersi fuori da qualsiasi vicenda e può dire tranquillamente “Non sono stato io”.
Giorgio Cegnolli
20 marzo 2018
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