È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

 

online dal 19 ottobre 2003

 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

Il killer Zodiac mi ha confessato:«Sono io il mostro di Firenze»

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2023 13:06
30/05/2018 05:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 3.189
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE

«Non mi sono consegnato per non mettere nei guai gli altri». Un cittadino americano ex militare USA ha confessato di essere l'autore materiale dei delitti avvenuti a Firenze fra il 1974 e il 1985. Secondo un'inedita testimonianza al vaglio in queste settimane dalla Procura di Firenze, l'uomo ha ammesso in una telefonata di alcuni mesi fa di essere il serial killer già noto negli Stati Uniti con il nome di «Zodiac». La testimonianza sul tavolo degli inquirenti fiorentini è corroborata da compatibilità biografiche e dalla presenza dell'identità dell'autore delle ammissioni nei messaggi cifrati del killer americano, inviate alla stampa USA fra il 1969 e il 1974. Si tratterebbe inoltre della stessa persona che il postino di San Casciano, Mario Vanni, aveva chiamato «Ulisse» in una conversazione intercettata il 30 giugno 2003 nel carcere Don Bosco di Pisa.

L'assassino è americano

Il documento in possesso della Procura di Firenze e arrivato al Giornale attraverso la rivista Tempi, oltre a contenere la testimonianza, è corroborato da dati biografici e dalla soluzione di quattro indovinelli sull'identità di Zodiac, che contengono effettivamente il nome e il cognome dell'uomo. Si tratta di un documento scarno, di quattro pagine, che con toni chiari e netti descrive una ammissione di responsabilità inequivocabile da parte del presunto serial killer che fra il 1974 e il 1985 uccise almeno sette coppie di ragazzi nelle campagne attorno a Firenze. L'autore delle confessioni è un ex funzionario americano in pensione, con conoscenze radicate sul territorio fiorentino. Un uomo sul quale nessuno aveva mai nutrito sospetti fino a pochi mesi fa. Nella sua ventennale carriera nell'esercito USA era stato coinvolto soltanto in un sospetto episodio di sangue avvenuto in Vietnam.

«I miei colleghi sapevano»

Ulisse, secondo Vanni e secondo questa nuova testimonianza, è il vero autore dei delitti seriali fiorentini avvenuti fra il 1974 e il 1985, oltre che l'uomo che fra il 1966 e il 1974, uccise almeno 6 persone in California, rivendicando i propri crimini in lettere inviate alla stampa e firmate con il nomignolo di «Zodiac». L'americano avrebbe ammesso le sue responsabilità durante una telefonata dell'11 settembre 2017, ma riportata ufficialmente agli inquirenti il primo marzo di quest'anno. L'uomo, secondo il testimone che ha parlato di recente con gli investigatori fiorentini, ha aggiunto:«I miei colleghi di lavoro al Criminal Investigation Detachment (un battaglione dell'esercito USA presente a Livorno fino al 1969) lo sapevano».

I compagni di merende

Da anni sulla vicenda dei crimini seriali fiorentini accaduti fra gli anni '70 e '80 e nei quali furono uccisi 14 giovani, quasi tutte coppie di fidanzati, era calato il sipario. L'inchiesta, che risale al 1981, non ha mai registrato nessuna ammissione di colpevolezza e per il caso del Mostro di Firenze nessuno è mai stato condannato. Il contadino Pietro Pacciani, l'ultimo di una lunga teoria di sospetti «mostri», concluse la sua esistenza terrena il 22 febbraio 1998 dopo essere stato assolto in appello. Nonostante questo, e contro i pareri di innumerevoli giuristi, compresi i magistrati della Procura Generale di Firenze, furono condannati nel 2000 i presunti complici di un «mostro» che era stato assolto: il postino Mario Vanni e il disoccupato Giancarlo Lotti. La vicenda processuale tuttavia non è mai stata chiusa. Il documento in possesso del Giornale ribalta la verità processuale che emerge nel processo ai «compagni di merende» e conferma quanto da sempre la maggior parte degli investigatori e dei criminologi aveva sospettato: dietro agli omicidi del Mostro non c'era certo una compagnia di poveri emarginati come Pacciani, Vanni e Lotti, ma qualcuno che, oltre a saper sparare e a possedere una pistola (cosa mai riscontrata in nessuno dei compagni di merende), aveva le capacità per compiere i propri delitti senza essere mai individuato.

L'incontro con «Ulisse»
La vicenda che ha portato all'ammissione di colpevolezza da parte di «Ulisse», spiega il documento in possesso de Il Giornale, è maturata durante l'estate 2017. Il testimone (un giornalista) lo ha incontrato, è diventato il suo «biografo» e Ulisse, parlando della sua vita, gli ha fatto la clamorosa rivelazione. La ragione che provoca il primo incontro fra il testimone e il presunto serial killer nel maggio 2017, appuntamento durante il quale «Ulisse» pare fosse piuttosto nervoso, è proprio il sospetto di un collegamento fra lui e la vicenda processuale sul Mostro. Il giornalista non glielo confessa, ma «Ulisse» a un certo punto deve avere capito quale fosse il reale motivo del loro incontro. Ciò è confermato, scrive il testimone, dal fatto che «Ulisse» quel giorno si fa scappare più di una battuta ambigua. In ogni caso, il testimone si propone a «Ulisse» come «biografo», per approfondire la conoscenza, e «Ulisse» accetta. Durante l'estate, dopo alcuni incontri, mentre sulla stampa trapelano notizie sulle nuove indagini sul Mostro riguardanti l'ex legionario francese Giampiero Vigilanti, il giornalista chiede un commento a «Ulisse» sulla vicenda.

Macabre coincidenze
Prima di insinuare per la prima volta un collegamento fra il caso «Zodiac» e quello del «Mostro di Firenze», il giornalista chiede a «Ulisse» se nel 1970 si trovasse «per caso» sul Lago Tahoe, dove si consumò uno dei delitti di «Zodiac». «Dopo un silenzio durato venti secondi, si legge nel documento, Ulisse ha ammesso. Poi ha detto che non poteva parlare di quegli anni per via del suo lavoro». Non un'ammissione di poco conto, dato che nel 1970 una vittima di «Zodiac», Donna Lass, sparì proprio dalle parti del Lago Tahoe. Così, quando «Ulisse» ammette di aver abitato nel 1969 nel nord della California, a Santa Rosa, a pochi chilometri dal luogo del delitto di diversi crimini di «Zodiac» e di aver a vissuto nel 1966 a Riverside, in California, un altro teatro di morte, il testimone si rende conto di avere probabilmente di fronte il serial killer americano più ricercato di sempre. Anzi, secondo il giornalista non ci sono dubbi che si tratti dello stesso americano che Vanni disse di aver incontrato. Ed è ancora «Ulisse» a rivelare di aver «visto Pacciani più volte nel bosco», indicando al suo «biografo» anche la zona vicino a San Casciano in Val di Pesa che il contadino e lui erano soliti frequentare.

Un istinto criminale

Oltre a possedere quelle doti criminali che i compagni di merende non avevano, «Ulisse» ha anche l'enorme capacità di commettere delitti senza lasciare traccia. La sua biografia parla chiaro, dice il testimone:«Venti anni nell'esercito, di cui 10 nella Military Police. È anche un veterano della guerra in Vietnam». Dopo aver lasciato gli Stati Uniti, «Ulisse» si stabilisce in un paese vicino a Firenze nel luglio del 1974, pochi mesi dopo l'ultima lettera «ufficiale» spedita dal serial killer « Zodiac» (datata 24 gennaio 1974) e pochi mesi prima del primo delitto certo del Mostro di Firenze (14 settembre 1974). L'uomo, un poliglotta che conosce sia l'inglese che l'italiano, conosce il nostro Paese già dagli inizi degli anni '60. Il motivo: faceva il soldato in Italia. Uno dei riscontri che il giornalista riporta è quello della data di nascita di «Ulisse». L'SFPD, la polizia di San Francisco, in una relazione del 5 gennaio 1970 consegnata all'FBI, dichiara che durante il periodo natalizio il Killer dello Zodiaco aveva telefonato a casa di un avvocato, Melvin Belli, sostendo che fosse il giorno del suo compleanno. E «Ulisse» è nato proprio quel giorno. Più precisamente, nello stesso giorno del primo crimine rivendicato dal Killer dello Zodiaco in California, il 20 dicembre 1968, e del timbro postale di una lettera inviata da «Zodiac» all'avvocato Belli (20 dicembre 1969).

Mai innervosire il Mostro
In una occasione, Ulisse avrebbe detto al giornalista:«Vuoi rompere i coglioni al Mostro?». Certo che no, risponde il reporter, ma, aggiunge, sono i Carabinieri che stanno indagando. «Pensi che mi verranno a rompere i coglioni?», risponde lui. Nel successivo incontro, il giornalista sottopone a «Ulisse» altro materiale, fino ad arrivare a due codici scritti da Zodiac, che in seguito, scrive il testimone, saranno risolti proprio grazie ai suoi suggerimenti (e che portano tutti al suo nome e cognome). È singolare anche che aprendo «a caso» il libro Zodiac di Robert Graysmith, «Ulisse» si sia soffermato proprio su un episodio di cui si fece motivo di vanto in una delle sue lettere: quando l'11 ottobre 1969, pochi minuti dopo l'omicidio di Paul Stine in Presidio Heights a San Francisco, il serial killer, ingannando una coppia di poliziotti, indica loro la direzione in cui aveva visto fuggire una «persona sospetta». «Ulisse» sa che Robert Graysmith, l'autore del libro, ha cambiato cognome e addirittura «sospira» alla lettura del nome del detective Dave Toschi. Si potrebbe supporre che sia un mitomane se non fosse che i suoi album fotografici, scrive il giornalista, confermano le sue parole. Ulisse non sta mentendo.

«Vanni? Lo uccideranno»
Un giorno, il giornalista mostra a «Ulisse» le fotocopie di alcune pagine del libro Delitto degli Scopeti (di Vieri Adriani, Francesco Cappelletti e Salvatore Maugeri). Quando gli parla degli scontrini trovati nelle auto delle ultime due vittime del Mostro, Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, «Ulisse» dice:«Sono tutti i posti in cui vado io». In particolare «Ulisse» frequentava assiduamente La Terrazza di Tirrenia, a cui appartiene uno degli scontrini trovati nell'auto delle vittime e sulla piazzola di Via degli Scopeti, dove furono trovati i loro corpi. Il reporter legge a «Ulisse» la conversazione nella quale Vanni sostiene che il vero assassino seriale di Firenze sia proprio un americano incontrato da Pacciani in un bosco. «Ulisse», alla lettura di queste poche righe, si arrabbia. «Penso che lo uccideranno», disse. «Uccideranno chi?», chiede il giornalista. «Vanni». Il postino in realtà era già morto, ma il biografo non glielo dice. Anzi lo tranquillizza dicendogli che gli inquirenti avevano ritenuto che Vanni si riferisse a Mario Parker, un inquilino di Villa La Sfacciata, un fashion designer gay entrato e uscito dall'inchiesta negli anni Ottanta.

«Vorrei costituirmi, ma...»

L'11 settembre 2017 il giornalista ha in mano la soluzione al cosiddetto «My name is», il messaggio cifrato che «Zodiac» ha inviato al San Francisco Chronicle il 20 aprile 1970. La soluzione è semplice e gliela suggerisce proprio «Ulisse». Il giornalista lo chiama e dice:«C'è il tuo nome e cognome su questa lettera. Ora ti leggo la soluzione». «Ulisse» è spaventato:«Lo sapevano...», dice. Nelle righe successive del documento stilato dal giornalista si legge che «Ulisse» a questo punto cita alcuni colleghi di lavoro dell'esercito che conoscevano la sua seconda vita. Il reporter a questo punto gli suggerisce di costituirsi, come «Zodiac» e come «Mostro di Firenze». E anche di rivolgersi a un sacerdote. «Ulisse» spiega un pò criptico di non essersi consegnato «per non mettere nei guai gli altri». Sembra volersi costituire:«Cosa devo portare?». Il giornalista gli consiglia di trovarsi un avvocato e i due si salutano. Da allora, era il 13 settembre scorso, il giornalista e il presunto «Mostro» non si sono più sentiti. E adesso la più clamorosa delle rivelazioni.

Francesco Amicone
29/05/2018
www.ilgiornale.it/news/politica/killer-zodiac-mi-ha-confessato-sono-io-mostro-firenze-1533...
20/11/2023 14:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.235
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
"Il mostro di Firenze è Zodiac": la pista sotto accusa

Nel maggio del 2018, il giornalista freelance Francesco Amicone pubblicò sulla rivista “Tempi“, fondata e diretta dal padre Luigi, recentemente scomparso, una propria inchiesta tesa a dimostrare che il serial killer americano “Zodiac“ e il mostro di Firenze fossero la stessa persona. Le ricerche effettuate da Amicone si erano concentrate anche su un personaggio, l’ex direttore del cimitero di guerra dei Falciani, l’italoamericano Giuseppe Bevilacqua, testimone dell’accusa al processo del 1994 che si concluse con l’ergastolo per Pietro Pacciani. Il giornalista formalizzò i propri sospetti in una denuncia, parallela agli articoli che nel frattempo comparvero anche su blog e alcuni quotidiani, attratti da un accostamento indubbiamente affascinante: il collegamento di due dei più grandi misteri della criminologia, accomunati dall’essere ancora avvolti nel mistero a distanza di tanti anni. Zodiac ha seminato morte negli States tra il 1966 e il 1974.

Al mostro vengono attribuiti i quattordici omicidi tra il settembre del 1974 e il settembre del 1985, anche se secondo le risultanze dell’infinita indagine, la stessa pistola, una calibro 22 mai ritrovata, ha ucciso una coppia anche nel 1968 a Signa. Ma la “pista americana“ non è andata avanti, in procura a Firenze. Ed è invece arrivata alla conclusione quella per diffamazione a carico del giornalista, che è stato querelato da Bevilacqua (assistito dall’avvocato Elena Benucci) per i contenuti di una trentina di articoli scritti direttamente da Amicone o redatti riportando le sue tesi, pubblicati fino al maggio del 2021. In questi giorni, Amicone, 35 anni, ha ricevuto l’avviso di conclusione dell’indagine. Il titolare del fascicolo è il Procuratore aggiunto Luca Turco, lo stesso magistrato che ha ereditato dal collega Paolo Canessa l’ultimo filone dell’inchiesta sui delitti fiorentini, conclusosi un anno e mezzo fa con l’archiviazione dei due indagati, l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti e il medico Francesco Caccamo. Turco, dopo aver ricevuto gli atti della denuncia presentata in Brianza dal giornalista, aveva delegato ai carabinieri del ROS alcuni accertamenti su Bevilacqua e sugli appunti del freelance, che riferiva di aver assistito a una "confessione" dell’italoamericano che però non aveva registrato. "Gli accertamenti espletati”, si legge nella richiesta d’archiviazione, recepita dal GIP del Tribunale di Firenze Gianluca Mancuso, non hanno consentito di acquisire alcun dato obiettivo".

L’inchiesta giornalistica, sempre secondo le conclusioni dell’aggiunto Turco, "è caratterizzata da suggestioni, supposizioni, asserite intuizioni e non contiene alcun elemento fattuale suscettibile ad assurgere a dignità di indizio". Tra le «intuizioni», alcune decrittazioni dei messaggi che Zodiac era solito inviare agli inquirenti a stelle e strisce e la spiegazione delle incomprensibili parole che Mario Vanni (il “compagno di merende“ di Pacciani condannato con Giancarlo Lotti per gli ultimi quattro duplici omicidi del Mostro di Firenze) pronunciò nel 2003 durante una conversazione in carcere con l’amico Nesi: parlando di un americano di nome Ulisse avrebbe inteso indicare, secondo il giornalista, proprio l’uomo che negli anni ’90 si presentò ai carabinieri di Borgognissanti riferendo di aver notato un uomo, somigliante a Pacciani, spiare la coppia francese uccisa a Scopeti, località molto vicina al cimitero USA. Amicone si prepara comunque ad affrontare il processo: sta studiando la propria difesa, che forse consisterà nell’attaccare ancora.

Stefano Brogioni
23 febbraio 2022
www.lanazione.it/firenze/cronaca/zodiac-inchiesta-ac95cac1
20/11/2023 14:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.236
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
"Io Zodiac e il Mostro? Bugie". Ma l'ammissione è registrata

Giuseppe Joe Bevilacqua ha smentito di essere il Mostro di Firenze e Zodiac. Non ha confessato “di essere l'autore dei delitti a loro attribuiti per il semplice fatto che non li ho commessi. Queste notizie”, ha detto l'ottantaduenne americano accostato da una recente inchiesta giornalistica del Giornale ai due serial killer, “hanno gravemente leso la mia dignità ed onorabilità, e turbato la serenità dell'intera mia famiglia. Per tali ragioni ho già attuato le vie legali per la tutela dei miei diritti». Se qualcuno gli avesse posto una domanda più diretta, «signor Bevilacqua, lei è un serial killer?», la notizia sarebbe stata se avesse detto «sì». Ma questa non è una notizia. È l’avvocato di Bevilacqua che comunica che il suo assistito non ha ucciso almeno 20 persone. Forse sarebbe stato opportuno sollecitare l’ex direttore del Cimitero Americano di Firenze a dire la verità. La sua smentita avrebbe d’altronde poco valore, se le ammissioni dell'11 settembre 2017 fossero state intercettate, come mi è sembrato. Fra le altre cose, durante il colloquio telefonico in cui ammise le sue responsabilità, Bevilacqua aveva detto:«Loro lo sapevano», riferendosi ad alcuni colleghi del 5° Distaccamento del Criminal Investigation dell’Esercito Americano.

Anche se probabilmente non è vero che i commilitoni del CID fossero informati della triste doppia vita di Bevilacqua, ci sono aneddoti che si aggiungono alle ammissioni di settembre. Uno di questi è relativo a una conversazione avvenuta al Bar Marconi di Falciani. In quell’incontro, Bevilacqua fece un’analisi sulla località dove Zodiac avrebbe potuto nascondere il corpo di Donna Lass, una delle sue possibili vittime, e indicò sulla mappa che gli avevo fornito il luogo che lui avrebbe ritenuto più appropriato. Era lo stesso giorno di metà estate del 2017 in cui parlammo per la prima volta del serial killer americano. Il bar scelto per la chiacchierata si trova a breve distanza dalla sua ex abitazione e luogo di lavoro, il Cimitero Americano di Firenze, a 300 metri dall'ultimo delitto del Mostro, e a pochi chilometri dalla palestra di Tavarnuzze che dal 1981 porta (una coincidenza) quel nome famigerato, Zodiac. Avevo chiesto a Bevilacqua della sua presenza nel 1970 sul Lake Thaoe. Dopo 20 secondi di silenzio, aveva risposto:«Sì, ma non posso parlarne», aggiungendo di essere stato nei pressi delle scene del crimine di Zodiac nel periodo dei suoi delitti (a sud di Santa Rosa, nel 1969, e a Riverside, nel 1966). Alla domanda «dove avresti portato un corpo, se fossi stato il serial killer?», dopo aver ventilato varie ipotesi, l’ex Direttore del Cimitero Americano fece un cerchio sulla mappa del Lake Tahoe con decisione:«Heavenly Valley». Il biografo gli chiese:«Perché?». Bevilacqua spiegò ridendo:«Perché Heaven significa paradiso». Zodiac sosteneva che le sue vittime lo aspettavano nel «paradiso degli schiavi» dove, una volta morto, lo avrebbero servito per sempre. Lo scrisse varie volte nella sua corrispondenza con il San Francisco Chronicle.

Sulle due lettere dell'ottobre 1970 che potrebbero alludere alla sparizione di Donna Lass nell’area del Lake Tahoe, avvenuta il mese precedente, erano apposti due francobolli della missione Apollo 8 su cui si leggeva:«In the beginning God... ». La frase biblica continua così:«…created the Heavens». In principio Dio creò i Cieli. È possibile che Bevilacqua ne conservi un paio del tutto simili nella sua collezione di francobolli, a casa, forse vicino all'album fotografico su cui ha disegnato una croce celtica in prima pagina.

Francesco Amicone
02 giugno 2018
www.ilgiornale.it/news/politica/io-zodiac-e-mostro-bugie-lammissione-registrata-1535...
[Modificato da wheaton80 20/11/2023 14:27]
21/11/2023 13:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.237
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
La versione di Izzo:"Magia nera e massoni. Ecco cosa c’è dietro al delitto Corazzin"

Cella singola con angolo cottura, pareti spoglie e luce scialba rigata dalle grate. Angelo Izzo, il ‘mostro del Circeo’ con la pesante recidiva di un duplice omicidio a Campobasso, aspetta nel carcere di Velletri gli sviluppi dell’inchiesta sulla scomparsa di Rossella Corazzin, 17 anni, inghiottita dal mistero nel ’75 a Tai di Cadore, dov’era in vacanza con la famiglia. È stato lui a far riaprire il caso con una serie di dichiarazioni ogni volta ribadite e ultimamente ritenute attendibili, almeno in parte, dalla Commissione Antimafia. Torbida storia che srotola il filo della sua matassa nera fino alla sorte del dottor Francesco Narducci, presunto suicida nel Trasimeno e al buio della selva toscana, area d’azione del mostro di Firenze. Izzo, 67 anni e due ergastoli, ripercorre quanto accadde, a suo dire, in quei giorni lontani. Era il 21 agosto 1975. Giovedì, e Rossella Corazzin, macchina fotografica a tracolla, scomparve mentre passeggiava da sola in un bosco del Monte Zucco.

Che cosa successe?
Come ho detto più volte la ragazza venne rapita per soddisfare i desideri di una antica fratellanza che organizzava rituali di magia sessuale. Alcuni ‘fratellini’, dopo il sequestro, la trasferirono nella villa del dottor Francesco Narducci, sul Trasimeno.

Come mai venne scelta una località del Cadore, così lontana dal lago?
Gianni Guido, poi arrestato per il Circeo, aveva proprio lì una casa, spesso aperta a tanti nostri fratellini pariolini. In quel periodo frequentavano la zona anche altri amici e alcune amiche, molti dei quali pernottavano nel lussuoso Hotel Posta. Non mancava, poi, Francesco Narducci, che veniva da Perugia, la sua città.

Il gastroenterologo Francesco Narducci, strano personaggio coinvolto poi escluso dalle spedizioni notturne del mostro di Firenze e infine presunto suicida, nel 1985, nel Trasimeno.
Nonostante la giovane età pareva ben inserito nei mondi esoterici di un certo livello. Era, insomma, una figura importante, almeno nell’ambiente. Diventammo amici. Io non credevo molto a quelle pratiche, non ero in grado di valutarne la serietà e comunque mi sembravano più grandi di me. Anche per questo, ogni tanto, per prenderlo in giro lo chiamavo scherzosamente col nome di un attore dell’epoca, tale Boris Karloff, specializzato in ruoli di vampiri e simili.

Ma lei, perché entrò nel giro?
Io e i miei amici eravamo un pò depressi. Andrea Ghira, poi coinvolto nei fatti del Circeo, era finito in carcere, nel ’73, per una rapina ai Parioli che aveva fruttato dieci pistole di un collezionista e una cinquantina di milioni di lire tra contante, orologi e preziosi. Cercammo di farlo uscire con pressioni su uomini politici, alti magistrati, imprenditori e preti ai quali avevamo fatto, per così dire, qualche piacere, ma non ci fu nulla da fare. Io personalmente trascorsi un intero pomeriggio con un ministro in carica, ma la risposta non lasciava speranze perché il giudice istruttore incaricato del caso, così disse l’onorevole, “è un comunista inavvicinabile”. E allora, piuttosto giù di morale, raccogliemmo la voce sull’esistenza di un’organizzazione che praticava magia sessuale, formata da ‘fratelli’ per davvero. Decisi di provare.

Chi vi contattò?
All’inizio alcuni alti prelati e avvocati massoni. Poi un paio di miei coetanei e un camerata di 'Lotta di Popolo' in contatto coi ‘sanbabilini’ neri milanesi e romani e con un esperto di esplosivi dell’Aginter Press in stretti rapporti coi servizi segreti italiani, spagnoli, sudafricani, portoghesi e albanesi enveristi.

Vi ‘iscrissero’ senza alcuna ‘garanzia’?
Nonostante non avessi più vent’anni, godevo di grande fama anche perché, prima ancora di diventare maggiorenne, potevo presentare il bilancio di una decina di omicidi commessi personalmente.

Chi entrò, con lei, nell’organizzazione?
Gigi Esposito, che nell’86 evase da Rebibbia in elicottero, e Valerio Viccei, che nell’estate dell’87 in completo Armani e senza sparare un colpo portò via dal deposito valori di Knightsbridge, a Londra, 140 miliardi di lire tra quattrini, titoli e gioielli. Venimmo ‘battezzati’ adepti della Schola Massonica, della Rosa Rossa e della Croce D’Oro con una cerimonia ‘bianca’, e cioè senza sangue. Nel giuramento si parlava anche degli Angeli come compagni d’arme. Dopo il ‘battesimo’ io divenni ‘samurai’, Gigi il ‘cubo’ e Valerio il ‘lupo’. Tutti noi, io e i miei fratellini pariolini, diventammo una specie di braccio militare della Rosa Rossa.

Con quali compiti?
L’impegno era quello di rapire ragazze e ragazzi da sacrificare durante cerimonie di sangue e di magia nera. Non solo: era previsto che togliessimo di mezzo anche traditori, investigatori troppo curiosi, profittatori e ricattatori.

Rossella Corazzin fu una delle vittime.

Proprio così. Venne deciso che bisognava sequestrare una vergine: in tanti conoscevano quel progetto. Io ero in un albergo di Positano e venni avvertito.

Chi partecipò al sequestro? Gianni Guido ha sempre negato.
Lui trascorreva le vacanze nella casa di famiglia, a Tai di Cadore. In quel periodo salivano in montagna da Roma, per brevi periodi, molti amici e molte amiche.

Come si svolse il terribile rito di magia sessuale?
C’era un altare, che poi era semplicemente un tavolo sul quale avevano sdraiato la ragazza vestita di una tonaca bianca. La cerimonia si svolse tutt’intorno a quell’altare con uomini incappucciati ognuno dei quali teneva in mano una candela accesa. Subito dopo ‘battezzammo’ una quindicina di adepti alla Rosa Rossa. Su quell’estate avrei molto da raccontare, ma il discorso sarebbe lungo.

Quindi il suo compito era quello di uccidere.
Provenivo da un’educazione piuttosto scientista e da una conoscenza di paccottiglia esoterica di quegli ambienti, e siccome per me, almeno allora, ammazzare o stuprare era quasi routine, vedevo tutta la questione come un modo per tenere per le palle gente potente, per ottenere il riciclaggio di quattrini che scottavano e per avere una certa protezione in caso di problemi con la legge. Insomma: vedevo solo gli aspetti favorevoli.

Lei parla con sconcertante disinvoltura di omicidi, stupri e altri atroci episodi. E allora, Izzo, che cos’è per lei la vita?
Per lungo tempo ho pensato che la vita fosse buttarsi dalla cima dell’Everest senza paracadute. Ora non lo so più. Non so davvero dirle cos’è la vita.

E la morte?
Ho qualche difficoltà a liberarmi dalla sua fascinazione e penso spesso ai miei fratelli caduti col piombo, con l’eroina, correndo a folle velocità, suicidi. Mi piacerebbe che ci fosse un paradiso in cui rivederci e bere birra insieme.

Un’esistenza nel sangue di cui non si è mai pentito.
Il termine ‘pentito’ è piuttosto complesso. La risposta più onesta è che non sono pentito di un singolo fatto, ma di tutta una vita. Ho buttato nel cesso la mia e quella di tante persone che hanno gravitato nella mia sfera affettiva.

Un mostro, quindi.
Credo di essere figlio di un’epoca in cui una parte della mia generazione era convinta che ci fosse la guerra per le strade. Io e quelli che consideravo miei fratelli ci sentivamo soldati perduti in terra nemica, che potevano ammazzare, mettere bombe, stuprare, convinti che arrivare a trent’anni fosse da sfigati.

Lei viene da una famiglia della Roma bene, onesta e benestante. Che rapporto ha coi suoi parenti?
Mi curano con affetto e pazienza, provvedono al vestiario e alle spese, ma da molti anni non accettano di incontrarmi e rispetto le loro decisioni. Molte donne, anche giovani, mi scrivono con proposte di fidanzamento e di matrimonio. Cosa faccio? Studio, sono pieno di dubbi, ma debbo ammetterlo: dopo il divorzio da mia moglie Donatella, mi sento un pò solo.

Gianni Leoni
27 novembre 2022
www.quotidiano.net/cronaca/la-versione-di-izzo-magia-nera-e-massoni-ecco-cosa-ce-dietro-al-delitto-corazzin-...
21/11/2023 13:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.238
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
«Gli stupri per noi erano un hobby settimanale»: Izzo e il racconto della setta della Rosa Rossa

Leggere i memoriali di Angelo Izzo ha tolto il sonno a lungo all’autrice di «Io sono l’uomo nero», Ilaria Amenta, giornalista RAI. Ci sono brani che tolgono il fiato. Come questo:«Gli stupri per lungo tempo furono per alcuni di noi una specie di hobby cui ci dedicavamo con una frequenza diciamo settimanale». Scrive Izzo che di «sfasci» (come chiama le violenze sessuali) ne commettevano talmente tanti che «era difficile distinguere le orgette con le nostre schiave sessuali, magari consenzienti, dagli stupri veri e propri».

«Ero nel cuore dell’odio: quando uccidevo, mi eccitavo»
Un gruppo di ragazzi, di adolescenti, della buona borghesia di piazza Euclide, a Roma, che prova l’ebbrezza del potere, del dominio, del sopruso sopra una donna. Izzo racconta:«In quelle situazioni sfogavo molto più che la mia libidine compulsiva. Provavo qualcosa di ben più profondo e mostruoso che mi albergava dentro e che sentivo premeva per irrompere. Ero nel cuore dell’odio, un pò le stesse sensazioni che ho provato uccidendo. Quando uccidevo mi eccitavo». Gli stupri che racconta qui precedono di un anno e mezzo il massacro del Circeo del 1975 e valgono al gruppo una prima condanna a due anni e sei mesi di carcere. Il tribunale scrive che i condannati hanno dimostrato «una insensibilità che lascia sgomenti». Dopo sei mesi, però, i tre tornano in libertà con la condizionale. C’è una frase, in sentenza, che farà molto discutere, dopo il massacro del Circeo:«Gli imputati, tutti di ottima famiglia, una volta usciti dal carcere imboccheranno la strada giusta». È una vicenda, quella di Izzo, che mette a dura prova la fiducia nel carcere non come strumento punitivo ma di reinserimento sociale. E nelle misure alternative come metodo per recuperare alla società chi ha commesso un reato. Ma qui siamo oltre, siamo in un territorio che evidentemente invade la sfera di una psiche malata e che non può essere usato per togliere valore agli strumenti che negli anni ’70, dalla legge Gozzini in poi, furono usati per evitare che il carcere diventasse criminogeno.

«Di ottima famiglia»
Quella sentenza, però, dice un’altra cosa. Dice che chi è «di ottima famiglia» è più facile da recuperare. Ottimismo classista che mette i brividi. Invece, scrive Amenta, «per Izzo e i suoi compagni di ‘orgette sessuali’ la donna è un pezzo di manzo, un giocattolo, una “cosa” per sfogare gli istinti animali, lo avete letto, accontentata la bestia…, un passatempo, un hobby appunto». Molti anni dopo, nel 2004, Izzo fu liberato e l’anno dopo uccise ancora due donne, a Ferrazzano. Perché, scrive nel diario, «avevo pure collaborato con la giustizia, ma l’ho fatto per uscire, per poi tornare a commettere reati di fuori. Non ho mai voluto fare altro».

«Ho stuprato anche maschi, sono femminista»
Izzo si prende gioco di tutto, impone la sua morale distorta in una lettura paradossale della realtà. Gli anni ’70 sono gli anni del femminismo, del tentativo della donna di riacquistare il dominio sul proprio corpo e l’uguaglianza con gli uomini. Izzo stupra, sevizia, uccide donne, ma si proclama femminista:«A pensarci bene, anche il fatto che ho ucciso svariate donne potrebbe voler dire, paradossalmente, che io non faccio differenze di genere. E davvero non faccio differenze, perché mi è assolutamente indifferente uccidere un uomo o una donna, e perché, come facevano gli unni, quando mi è capitato, non ho mai esitato a stuprare anche qualche maschietto. Odio la società patriarcale e mi dispiace per le femministe, che così perdono un facile bersaglio per le loro polemiche, ma probabilmente sono molto più femminista di loro. Per me, uomini e donne hanno esattamente gli stessi diritti e gli stessi doveri».

Neofascisti, massoni e satanisti
Il libro di Amenta è uno schiaffo, ma anche uno squarcio inedito della storia dei «drughi pariolini».

www.corriere.it/rassegna-stampa/2023/05/05/emiro-dubai-donne-fardello-tucker-carlson-elogio-discrezionalita-rogo-cinema-eros-l-uomo-nero-izzo-ucraina-na-b925ebaa-ea92-11ed-8b0b-6cde02623b...

Non un gruppo di ragazzi deviati che imitano solo Arancia Meccanica, ma una vera setta, la Rosa Rossa, che unisce neofascisti e massoni, notabili e satanisti. Due mesi prima del delitto del Circeo, scompare Rossella Corazzin, allora appena diciassettenne, proprio come Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, le due donne massacrate al Circeo (Colasanti riuscì a sopravvivere). La ragazzina sparisce a Tai di Cadore, dove era in vacanza con i genitori. L’unica traccia che lascia sono alcune lettere nelle quali accenna di aver conosciuto un certo “Gianni”. Nel 2016, dopo quasi mezzo secolo, Izzo riferisce al Procuratore di Belluno che Rossella Corazzin fu sequestrata da una banda di stupratori, portata sul lago Trasimeno, violentata e uccisa. Il magistrato non gli crede ma nel 2022 la Commissione Antimafia dice che il suo racconto è credibile. Nel memoriale pubblicato da Amenta, Izzo racconta i dettagli.

Il Mostro di Firenze

Il rito di iniziazione, secondo la ricostruzione di Izzo, avvenne intorno a un tavolo della villa del medico perugino Francesco Narducci, rampollo di una nota famiglia dell’alta borghesia fortemente legata ad ambienti massonici, il cui nome compare negli atti delle indagini sul Mostro di Firenze e scomparso nel nulla nel 1985. «Noi, vestiti con tuniche bianche con cucita su una rosa rossa, abbiamo a turno violentato la ragazza e quindi “iniziato” una decina di noi, trasformandoli in adepti, fra cui Andrea Ghira». Izzo descrive Narducci come «un camerata, un figaccione, biondino, belle moto, belle auto, sempre elegante, con cui avevo stretto una bella amicizia. Partecipammo insieme anche a riunioni e convegni massonici e di gruppi di estrema destra».

L’iniziazione
Izzo, racconta Amenta, aveva sentito parlare per la prima volta di questo Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro da Julius Evola e poi da un monsignore del Vaticano. Glielo descrissero come una setta molto potente para-massonica, la fratellanza Rosacroce, gli eredi dei Templari. Ed è così che i «drughi pariolini» vengono iniziati alla Rosa Rossa, in una villa di Firenze:«In questa specie di villa medicea impura, ci furono presentati, come padroni di casa, un anziano fiorentino di antica nobiltà, che intrattenendoci ci raccontò che Dante Alighieri era un Rosacroce, un paio di anziani medici, un professore di chiara fama, un noto politico e soprattutto fummo raggiunti da un giovane uomo, che ci fu detto essere un Gran Maestro dell’Ordine della Rosa Rossa. Aveva due occhi inquietanti, abbronzato, capelli neri ricci, alto e molto elegante. Ci fu detto che era un massone del 33°, il massimo livello della massoneria».

Il «re del male»
La disponibilità all’omicidio è il primo compito assegnato:«Uccidere per evocare potenze dell’aldilà, uccidere per acquisire forza. Uccidere per procurarsi sangue e feticci che servivano per altre potenti pratiche esoteriche, oltre che per le evocazioni. Parlammo anche del sesso come mezzo per ottenere poteri alchemici e per attrarre nella setta uomini potenti e viziosi che una volta entrati nella setta ci avrebbero favorito in tutto e per tutto». Izzo entra quindi nella setta, con un rito descritto nei dettagli, che prevede un nuovo stupro. Ma poi racconta:«Io che sono un vero re del male potrei mai obbedire a questo santone di provincia? E immaginai la scena dell’uccisione del maestro: la mia spada di fuoco che calava rapida e silenziosa alla base del suo collo e io che alzavo la sua testa sanguinante e bevevo il sangue che sgorgava copiosamente dalla vena giugulare esterna».

Alessandro Trocino
14 maggio 2023
www.corriere.it/cronache/23_maggio_14/izzo-l-hobby-stupro-setta-rosa-rossa-40f3002e-f234-11ed-a4b3-4ddf09c7299d.shtml?re...
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:42. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com

 

 

Statistiche nwo.it

 

Statistiche Forum