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Google, fuga dalla smart city di Quayside. Il futuro inizia a preoccupare

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2024 15:54
02/11/2018 13:38
 
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Abbiamo sentito tutti parlare di “smart city”. E ogni volta la nostra immaginazione ci ha portato a pensare a un vivere migliore, quasi perfetto. A onor del vero preferisco i piccoli borghi, i vicoli ‘ncopp ‘e quartiere a Napoli o i carugi genovesi e ho sempre guardato con diffidenza e paura la permeazione edile delle tecnologie tanto comode quanto pericolose. Le dimissioni di Ann Cavoukian mi hanno inquietato. Ann è, o meglio era, una dei cervelli di Sidewalks Labs (società consorella di Google) e stava lavorando al futuribile progetto per la realizzazione di Quayside, l’agglomerato urbano digitale alle porte di Toronto che avrebbe dovuto costituire una sorta di modello ideale da clonare e replicare in giro per il mondo. Ann ha lasciato progetto e lavoro per dare un segnale forte, perché pensava di essere impegnata nella genesi di una smart city basata sulla privacy e non in una sorta di inferno del costante controllo assoluto. Dopo aver ricevuto solenni rassicurazioni sul fatto che le informazioni man mano raccolte per il regolare funzionamento del cyber-villaggio sarebbero state prontamente cancellate al venir meno dell’immediatezza della loro istantanea utilità, la Cavoukian è stata costretta a constatare che i dati personali non ricevevano alcuna delle protezioni promesse e non avevano alcuna tutela in ordine alla loro riservatezza. Una presa d’atto plateale: lei stessa ha dichiarato ai giornalisti di aver visto il baratro nel corso di una riunione in cui si è reso noto che “terze parti” potranno agevolmente accedere (naturalmente dietro corrispettivo) a tutto il patrimonio informativo del distretto tecnologico. Ann non è la prima a sbattere la porta alle sue spalle per la questione della privacy in Quayside. Nemmeno un mese fa un’altra donna ha lasciato il comitato strategico dell’iniziativa: Saadia Muzaffar, tra l’altro fondatrice di TechGirls Canada, ha dato le dimissioni dopo aver preso atto che le raccomandazioni formulate in tema di privacy non erano state minimamente prese in considerazione. La preoccupazione di un controllo assoluto di ogni persona, oggetto e azione troverebbe riscontro pratico già fin d’ora in Quayside, destinata a profilarsi come la materializzazione della Londra immaginata da George Orwell nel suo “1984”Non volevo credere a quel che scriveva Jathan Sadowski, che insegna Etica della tecnologia al politecnico olandese Technische Universiteit Delft.

Un anno fa, sulle pagine del Guardian, Sadowski scriveva:“Google vuol governare le città senza esser stato eletto. Non permettiamoglielo”, e profilava un orizzonte talmente inquietante da tramutare Dario Argento in uno dei fratelli Grimm. Ho ragionato parecchio con amici e conoscenti ancora lucidi (circostanza confortante ne esistano ancora) sul rischio di una tecno-dittatura. La discussione spesso è scivolata su temi sdrucciolevoli come la rappresentatività della democrazia, l’indipendenza, la libertà, i diritti. A un certo punto è saltata fuori la storia dell’europarlamentare Daniela Aiuto, che ha denunciato l’esser controllata dai pretoriani di una società di consulenza che cura gli aspetti organizzativi della compagine politica cui lei stessa appartiene. Il pensiero è così corso a chi, a differenza di Google, è stato eletto e deve governare rispondendo alla propria coscienza e a chi ha gli/le ha dato fiducia e mandato di rappresentanza. Cosa sia successo (e cosa stia succedendo) lo svelerà l’istruttoria avviata dal Parlamento Europeo. In attesa di un esito che potrebbe rivelarsi sconcertante, ci si accontenta di temere che un’entità privata (si chiami Google o Casaleggio & Associati è ininfluente) abbia la cloche della gestione del nostro presente e, quel che è peggio, del nostro futuro. La smart city potrà segnare il capolinea della traiettoria della nostra libertà, ma altre avvisaglie lasciano intendere che già la condizione attuale prelude a una pericolosa sudditanza. La “psicopolizia” che pretenderebbe la password di posta elettronica e social degli eurodeputati mi spaventa più del fiato (pesante) della software house sul collo dei cittadini digitali. L’arretratezza tecnologica del nostro Paese può scongiurare il realizzarsi di temibili agglomerati metropolitani cibernetici facilmente monitorabili, ma operazioni mirate su personaggi chiamati a decidere per la collettività possono condurci verso una apocalittica nuova schiavitù. Siccome siamo già sulla buona strada, che ne direste di riprenderci la gestione della nostra vita magari intensificando le attività analogiche e le relazioni umane?

Umberto Rapetto
28 ottobre 2018
www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/28/googlefugadallasmartcitydiquaysideilfuturoiniziaapreoccupare/...
10/06/2020 03:10
 
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Perché Sidewalk Labs (Google) dirà addio al quartiere smart di Toronto

Sidewalk Labs, società affiliata di Google che si occupa di innovazione urbana, ha annunciato giovedì di essersi ritirata da un ambizioso progetto in Canada per la realizzazione di un’area high-tech a Toronto. L’Amministratore Delegato di Sidewalk Labs, Daniel Doctoroff, ha motivato la decisione parlando di «incertezza economica senza precedenti in tutto il mondo e nel mercato immobiliare di Toronto», causata dalla pandemia di coronavirus, che avrebbe reso «troppo difficile garantire la sostenibilità finanziaria del progetto senza sacrificarne le parti fondamentali». Annunciato nel 2017, Quayside Project, questo il nome del progetto, avrebbe dovuto trasformare il lungolago di Toronto in uno smart neighbourhood, un “quartiere intelligente” e tecnologicamente all’avanguardia, con strutture in legno, automobili autonome, marciapiedi riscaldati e un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale. Sidewalk Labs prometteva 44.000 nuovi posti di lavoro e un guadagno per il PIL di 14 miliardi di dollari canadesi l’anno. La scelta di Toronto non è stata casuale: è la città più popolosa del Canada, dal respiro cosmopolita, dove si sta peraltro sviluppando una scena tech notevole grazie all’arrivo di giovani talenti dall’estero. Nel 2017, scriveva l’Economist, Toronto ha creato da sola più posti di lavoro nel settore della tecnologia di quanto non abbiano fatto Seattle, Washington, New York e la Silicon Valley messe insieme.

La realizzazione di una zona “futuristica” all’interno di Toronto avrebbe certamente rafforzato la narrazione del Canada come nuovo polo dell’innovazione globale. Non tutti, a Toronto e in Canada, erano però entusiasti della visione di Sidewalk Labs. Nel commentare la cancellazione del progetto, l’Associazione Canadese per le Libertà Civili (CCLA) ha parlato ad esempio di «una vittoria per la privacy e per la democrazia». La presenza di sensori tecnologici per le strade, che avrebbero raccolto dati sugli abitanti, con lo scopo di adattare meglio i servizi (la durata dei semafori, ad esempio) alle loro abitudini, aveva infatti sollevato molte preoccupazioni relative alla privacy. Le critiche al Quayside Project ruotavano principalmente attorno alla gestione dei dati, alla loro eventuale cessione a terze parti e al rischio di una deriva autoritaria attraverso la sorveglianza di massa. Ma il piano di Sidewalk Labs era anche stato accusato di essere troppo astratto ed eccessivamente visionario. La società si era poi scontrata con le autorità cittadine per questioni di terreni e di tasse che avevano rallentato e complicato lo sviluppo del progetto. Al momento della cancellazione, il Quayside Project non aveva ancora ricevuto tutte le approvazioni necessarie da parte del governo canadese.

Marco Dell'Aguzzo
09 maggio 2020
www.startmag.it/smartcity/perche-sidewalk-labs-alphabet-ha-abbandonato-il-quartiere-smart-di-...
11/08/2022 19:19
 
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Toronto, fallimento Smart City: è l’inizio della fine delle ‘città intelligenti’ iperconnesse?

Canada, risultato finale senza tempi supplementari: grande sconfitta a Toronto per il progetto Smart City: ha vinto l’autodeterminazione digitale, cioé la possibilità di scegliere se digitalizzarsi l’esistenza o meno; ha vinto la tecnoribellione civile e consapevole dei cittadini. Vita naturale uno, vita artificiale zero, nonostante la Gigabit Society di quest’ultima mimetizzi sotto mentite spoglie fuorvianti termini quali inclusività e sostenibilità, invero sorveglianza orwelliana. La volontà degli abitanti canadesi contrariati all’idea di dover vivere all’interno di una società iperconnessa e supercontrollata dominata da automazioni, sensori, droni, riconoscimento facciale, Big Data, algoritmi e Intelligenza artificiale ha infatti spinto Dan Doctoroff, Amministratore Delegato di Sidewalk Labs, ad annunciare pubblicamente il ritiro del progetto Quayside Waterfront Toronto, ovvero la Smart City dominata dalle reti 5G: era “diventato troppo difficile rendere finanziariamente sostenibile il progetto di 12 acri senza sacrificare parti fondamentali del piano che avevamo sviluppato insieme a Waterfront Toronto per costruire una comunità veramente inclusiva e sostenibile. E così, dopo una lunga riflessione, abbiamo concluso che non aveva più senso procedere con il progetto Quayside“. Sidewalk Labs è una società di Google per la pianificazione urbana e le infrastrutture delle Smart Cities. Come è riportato dal sito MIT Tecnology Review, “quasi tutte le persone con cui ho parlato del progetto hanno usato la parola ‘arroganza‘ per descrivere l’atteggiamento dell’azienda” di Google, che avrebbe voluto imporre il modello Smart Cities, dal 2017 sperimentato in Italia senza successo né ottimismo a Matera, Prato, Bari, Milano, Roma, L’Aquila, Torino coi fondi del 5G per le case delle tecnologie emergenti (oggi le città digitali italiane sarebbero oltre 30, ma lontane dal pieno compimento del modello di città intelligente iperconnessa, tipo Cina). “Il vero problema è che, con la loro enfasi sull’ottimizzazione di tutto, le città intelligenti sembrano progettate per sradicare proprio ciò che rende le città meravigliose. New York, Roma e Il Cairo (e Toronto) non sono grandi città perché sono efficienti (….) ma i sostenitori della Smart City hanno invece abbracciato l’idea della città come qualcosa da quantificare e controllare. La società è passata da un luogo di tecno-ottimismo (si pensi a Steve Jobs che introduce l’iPhone) a un luogo di tecno-scetticismo, segnato da scandali sulla raccolta di dati, disinformazione, molestie online, e vera e propria frode tecnologica. Certo, l’industria tecnologica ha reso la vita più produttiva negli ultimi due decenni, ma l’ha migliorata?”.
- www.technologyreview.com/2022/06/29/1054005/toronto-kill-the-smart-city/?utm_source=pocket...

Insomma, da Toronto il segnale arriva forte e chiaro e si propaga per il mondo intero: alla tecno-utopia virtuale professata dei colossi dell’Hi-Tech i cittadini hanno scelto una visione umana, rurale, a misura di vita naturale. “Se avesse avuto successo, Quayside avrebbe potuto essere una prova di concetto e stabilito un nuovo modello di sviluppo per le città di tutto il mondo. Avrebbe potuto dimostrare che il modello di città intelligente carico di sensori lanciato in Cina e nel Golfo Persico avrebbe potuto avere un posto in più società democratiche. Invece, in due anni e mezzo di lotta di Sidewalk Labs per costruire un quartiere “da Internet”, non sono riusciti a convincere perché qualcuno vorrebbe viverci”.

Fonte: www.diagnosefunk.org/aktuelles/artikelarchiv/detailnewsid=1849&fbclid=IwAR0JIyRS76IxeUQz7ufz_m5ncz5X9yt2_7Y4OqsBISRxesFCgaX...

11 luglio 2022
oasisana.com/2022/07/11/toronto-fallimento-smart-city-e-la-fine-delle-citta-intelligenti-iperc...
11/08/2022 19:32
 
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Sidewalk Labs al capolinea, assorbita da Google

Cinque anni fa l’annuncio dell’ambizioso progetto finalizzato alla creazione di una vera e propria Smart City nel quartiere Quayside di Toronto, portato avanti con il supporto di BigG e della Parent Company Alphabet. Poi il ridimensionamento dell’iniziativa e la sua definitiva cancellazione, per motivi da ricercare nelle difficoltà incontrate e nelle sfide poste dalla crisi sanitaria. Oggi la notizia che, di fatto, segna la fine di Sidewalk Labs, almeno nella sua forma attuale: i suoi team e i suoi business saranno presto assorbiti da Google.

L’addio del CEO a Sidewalk Labs

La conferma è giunta sotto forma di lettera firmata dal Dan Doctoroff. Il CEO ha scelto di interrompere la propria avventura per ragioni di salute, legate all’esigenza di affrontare la sclerosi laterale amiotrofica che lo ha colpito e alla volontà di trascorrere più tempo con la famiglia. "A partire dal prossimo anno, i progetti Pebble, Mesa, Delve e Affordable Electrification di Sidewalk entreranno in Google, diventando il fulcro degli impegni del gruppo sul fronte della sostenibilità urbana. Continueranno a essere guidati da Prem Ramaswami (President of Urbam Products) e Craig Nevill-Manning (Chief Technology Officer), entrambi cresciuti in Google, con i team che continueranno a lavorare sulla visione corrente e a servire i clienti". Pebble (da non confondere con l’omonimo brand di dispositivi indossabili) è un sistema dedicato alla gestione degli stalli liberi nei parcheggi, Mesa punta al risparmio energetico, Delve a mettere gli algoritmi di intelligenza artificiale al servizio del settore immobiliare e Affordable Electrification mira a ottimizzare i consumi di energia in ambito domestico. Da costole di Sidewalk Labs hanno preso vita anche progetti resi poi indipendenti come nel caso di Cityblock Health per la tutela sanitaria delle comunità e Replica, iniziativa presa di mira da un coro di critiche per la volontà di raccogliere ed elaborare dati per il settore dei trasporti.

Fonte: medium.com/sidewalk-talk/my-next-chapter-fighting-als-207c...

Cristiano Ghidotti
17 dicembre 2021
www.punto-informatico.it/sidewalk-labs-chiude-dan-doctoroff/
02/06/2023 04:25
 
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Alluvione Romagna, quando la transizione eco-digitale uccide (e scoppia)

Il dramma dell’Emilia Romagna ci fornisce un dato inquietante, da non sottovalutare in ottica Smart City: la transizione digitale uccide, la transizione digitale fa fuoco e fiamme ed è pronta ad esplodere, a scoppiare. I fatti sono avvenuti entrambi a Ravenna e provincia. E mettono davvero paura, se si pensa che nella Gigabit Society tutto dovrebbe essere gestito con le tecnologie di ultima generazione. Il primo fatto, il dramma di una delle 17 vittime del disastro idrogeologico, ha visto un uomo rimanere letteralmente intrappolato all’interno della propria tecno-gabbia, trovato morto per annegamento dentro la sua casa domotica, hi-tech e iperconnessa: bloccate porta, finestre e persiane per assenza di elettricità.

La seconda notizia invece arriva dalla stessa amministrazione comunale ravennate: con un’ordinanza del sindaco, sono state messe in quarantena tutte le automobili elettriche e ibride della transizione ecologica rimaste sommerse dall’acqua, scoppiato un incendio dentro un auto salone. I due fatti, legati al disastro romagnolo, hanno la forza di portare in evidenza limiti e pericoli della transizione digitale, sottovalutata, poco conosciuta, ignorata dall’opinione pubblica, distratta su temi che vanno per la maggiore come vaccini e conflitto russo-ucraino. In questi ultimi anni le nostre città stanno vivendo un vero e proprio smembramento del manto stradale.

Con l’arrivo della fibra fino all’uscio di casa, le antennine 5G copriranno l’ultimo miglio per irradiare col wireless l’abitazione domotica (smart saranno gli elettrodomestici, frigorifero, lavatrice, televisore, ma pure porte e finestre) preannunciata in maniera visionaria già dall’ex Ministro Vittorio Colao in una discussa intervista del 2018 in cui, visualizzando una vita digitale, tra l’altro, parlò anche di poter “iniettare e rilasciare sostanze mediche da remoto” tramite l’Internet delle Cose:“Serrature delle porte che diventeranno elettriche (…). Lo stesso si applicherà alle entrate, ci sarà un riconoscimento facciale… Chi deve entrare entra, altrimenti resta fuori“.

Ecco, pace all’anima sua, ma la fine del topo in gabbia l’ha fatta davvero Giamberto Pavani, morto intrappolato nella sua casa tecnologica di Castel Bolognese per colpa di quelle stesso porte e finestre controllabili da remoto che, all’improvviso, sparita l’elettricità, sono state per lui fatali. E poi c’è il caso delle cosiddette auto green: dal 2035 si bloccherà in Europa la produzione di quelle a benzina e diesel in onore della sostenibilità nell’Agenda 2030. Le ibride, ma soprattutto le auto elettriche, esattamente come i monopattini elettrici, prendono fuoco, si infiammano, sono soggetti ad esplosioni. Tesla del transumanista Elon Musk ne sa qualcosa, ma pure i ‘traditi’ proprietari delle sue futuribili auto auto-infiammanti.

E non ci vuole poi tanto per capire come l’acqua non vada poi tanto d’accordo con l’elettricità. Da qui la disarmante semplificazione sostenuta dal saggista Costantino Ragusa:“Gli sviluppi tecnologici trasformano il potere in una gestione totale della vita. La Grande Trasformazione accelerata dalla dichiarata emergenza pandemica e rafforzata ora dall’emergenza climatica penetra ogni ambito e dimensione della nostra esistenza“. Impossessarsi di tutto vuol dire finire nella disumanizzazione, nella digitalizzazione dell’esistenza, nell’avanzata del nuovo paradigma tecnologico della Quarta Rivoluzione Industriale, la più tirannica, tecnocratica e totalitaria delle distopie mai contemplate nella storia dell’umanità.

Maurizio Martucci
30 maggio 2023
oasisana.com/2023/05/30/alluvione-romagna-quando-la-transizione-eco-digitale-uccide-e-...
[Modificato da wheaton80 02/06/2023 04:26]
08/11/2023 18:20
 
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I Blade Runners contro la città dei 15 minuti - Messi a fuoco



Oltre mille telecamere distrutte; quasi la metà di tutte quelle installate a Londra. La città dei 15 minuti non piace agli inglesi, che si ribellano in massa. Le multe comminate per essere entrati in zone vietate (in nome della lotta al riscaldamento globale) non vengono pagate da oltre la metà dei sanzionati e le telecamere sono prese d'assalto da gruppi di cittadini che si organizzano in rete. Si fanno chiamare i Blade Runners e promettono che non si fermeranno.

Debora Billi
10/02/2024 15:54
 
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Fleximan colpisce in tutta Italia: non lo ferma nessuno

Fleximan è ormai un’epidemia che ha colpito tutta Italia. Nelle ultime settimane, il giustiziere degli autovelox ha espanso la sua attività a gran parte del territorio nazionale, e sembra non porsi più limiti. Un’espansione a macchia d’olio, figlia sicuramente dell’emulazione nei confronti di un personaggio che qualcuno ha dipinto come un “eroe“. Dunque, tanti piccoli Fleximan potrebbero aggirarsi dovunque, da nord a sud, passando per il centro, senza soluzione di continuità. Una comunità di “ribelli” che non sembra stancarsi, con il colpo sempre pronto in canna. L’ultimo episodio in ordine cronologico è capitato in Umbria, una regione che finora non era stata ancora toccata dalla scure di Fleximan.

Il primo autovelox abbattuto in Umbria
Il 21esimo autovelox abbattuto si colloca, come detto, in Umbria, precisamente sulla Statale 3 Flaminia, che collega Roma con Fano, all’altezza dello svincolo di Eggi, a un passo da Spoleto, in carreggiata sud. Il modus operandi è il solito, quello diventato celebre oltre modo: palo segato in due con un flessibile alle 4 di notte di martedì 6 febbraio, con i cavi elettrici intatti. Una firma, un timbro unico che è quello di Fleximan. La “vittima” era un autovelox attivo dal 20 novembre scorso, che aveva un’andatura frenetica di circa 100 multe al giorno, ed era dentro a un vortice di contestazioni, perché tarato su un limite di velocità di 90 km/h, sebbene posizionato su una strada extraurbana principale dove il limite massimo potrebbe essere di 110 km/h. Si parla di una libera scelta del gestore del tratto, prevista dal Codice della Strada, analogamente a quanto fanno i Comuni in città, dove piazzano gli autovelox su strade col possibile limite di 70 km/h, ridotto però a 50 km/h.

Fleximan colpisce ovunque
Nel frattempo si segnalano altri autovelox distrutti e falciati da un flessibile, con rivendicazione di Fleximan, a Giulianova, in Abruzzo, e anche a Ravenna, in Emilia-Romagna. Curioso anche il caso di Santo Stefano di Cadore, in provincia di Belluno, dove un autovelox abbattuto una settimana fa e, successivamente, riportato integro in strada, è stato nuovamente oggetto di vandalismo. Questa volta, però, c’è un colpevole che è stato identificato. Il soggetto appartiene a quella schiera di appassionati dell’antieroe misterioso che ha deciso di mettersi in proprio per copiarne le spericolate e illecite gesta. Il Comune del bellunese, alla luce dei fatti, sembra essere intenzionato a rinunciare al suo autovelox.

Fenomeno popolare
Che la fama di Fleximan e la sua notorietà siano arrivate a vette impronosticabili, non c’è bisogno di dirlo, poiché se ne parla dovunque. Anche “Le Iene”, programma di Italia 1, ha indagato sulla vicenda e intervistato un sospetto che ha negato tutto. Che, però, la figura di questo personaggio, vendicatore degli automobilisti vessati dalle multe, fosse diventata anche una maschera di carnevale, forse, nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Eppure, è così. Ad Aviano, in provincia di Pordenone, sei ragazzi si sono travestiti da Fleximan realizzando un siparietto che ha incuriosito e divertito coloro che hanno assistito alla scena. Non l’hanno pensata allo stesso modo i Carabinieri, che sono intervenuti sul posto, e hanno preso le generalità di questi giovani mossi, forse, da spirito goliardico. Intanto, Fleximan viene braccato a vista, anche durante una festa di carnevale.

Tommaso Giacomelli
09 febbraio 2024
www.virgilio.it/motori/notizie/fleximan-colpisce-tutta-italia-non-ferma-nessuno...
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