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Lacrime amare per Google, Facebook e Twitter?

Ultimo Aggiornamento: 17/02/2023 01:02
06/05/2021 16:43
 
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La Florida approva definitivamente la legge che impedisce il de-platforming di figure pubbliche e politiche. Nel caso in cui società come Facebook e Twitter blocchino l’account di persone note per il proprio impegno politico, dovranno pagare una penale di $ 250.000 al giorno per politici a livello statale e $ 25.000 al giorno per politici a livello locale. Questa nuova regola, insieme alle altre contenute nella legge, si applica a qualsiasi piattaforma social media che abbia più di $ 100 milioni di fatturato annuale e oltre 100 milioni di utenti mensili. La legge SB 7072, introdotta al senato della Florida dalla senatrice repubblicana Ana Maria Rodriguez, verrà firmata prossimamente dal governatore Ron DeSantis e resa immediatamente operativa. La Camera dei Deputati della Florida ha approvato una legge che rende permanente l’ordine esecutivo di Ron DeSantis di vietare l’uso di qualsiasi passaporto vaccinale. Sempre il senato della Florida ha approvato una legge che pone ulteriori restrizioni sui voti per corrispondenza e i voti depositati in caselle di raccolta. Il governo dell’Uganda ha bandito le piattaforme Big Tech dal Paese, il che include Twitter, Facebook e WhatsApp, citando la grave interferenza del loro operato nei confronti del Presidente Donald Trump. L’Uganda si prepara per le elezioni il prossimo gennaio e non vuole interferenze dalle piattaforme social media. Donald Trump ha indicato che la possibile scelta di vicepresidente per la sua corsa presidenziale del 2024 è il governatore della Florida Ron DeSantis. Si è dichiarato ottimista in prospettiva di una riconquista della Casa Bianca dichiarando:“Succederà. Ribalteremo la situazione. Sono andati troppo oltre. Non possono farla franca. Non glielo permetteremo. Abbiate coraggio. Succederà. Sono con voi”.

Continua la revisione delle schede in Arizona
Nel frattempo continua la revisione delle schede e dei sistemi elettorali in Arizona, nella contea di Maricopa, nonostante un altro tentativo legale di bloccarla. Trump ha pubblicato questa dichiarazione:“Il partito radicale democratico è andato semplicemente fuori di testa nel combattere la revisione forense della frode elettorale nell’elezione presidenziale del 2020, revisione che si sta svolgendo in questo momento nel grande Stato dell’Ariziona. Hanno mandato oltre 100 avvocati per cercare di fermarla perché conoscono i risultati che usciranno dalla revisione sponsorizzata dal senato dell’Ariziona e sanno che non saranno positivi per i Democratici. La revisione viene condotta in modo indipendente senza favoritismi per entrambi i fronti, ma i Democratici non vogliono assolutamente sentirne parlare perché sanno di aver perso alla grande in Arizona e in altri Stati parte della frode elettorale. Inoltre sanno che la legislatura dell’Arizona non ha approvato virtualmente nessuna delle loro richieste, che erano totalmente incostituzionali. La gente dell’Arizona è imbufalita, come lo è la gente della nostra Nazione. Se non possiamo avere elezioni libere ed eque non abbiamo più una Nazione. La revisione deve continuare. L’America merita la Verità”. Nel frattempo Judicial Watch ha pubblicato 544 pagine di documenti che mostrano come Big Tech e lo Stato della California abbiano collaborato per alterare i risultati delle elezioni su scala nazionale. L’Office of Election Cybersecurity, che fa parte del Dipartimento di Stato della California, ha mantenuto una banca dati di tutti i post che venivano pubblicati sui social media e decideva se si trattava di fake news e ne chiedeva la soppressione.

Guai per Byte Dance, finanziatrice primaria dei “fact checker”
Nel frattempo il governo di Pechino ha deciso di bloccare la quotazione in borsa di ByteDance, la società che controlla TikTok e che finanzia gran parte dei fack checker attivi sulla rete. La società stava lavorando per soddisfare i requisiti di Wall Street e del governo cinese, quando Xi Jinping ha deciso di bloccare l’operazione. Si tratta del secondo colpo del governo contro la società. Recentemente le autorità antitrust cinesi avevano comminato a ByteDance una multa di 18,2 miliardi di yuan ($2,8 miliardi), la più alta multa per attività anti-trust mai comminata dal governo cinese. E’ un duro colpo anche per l’economia cinese, visto che ormai non ci sono più aziende che vogliono rischiare la quotazione in borsa. ByteDance, che viene considerata in questo momento come la startup di maggior valore al mondo, era l’ultima che ancora voleva provarci. L’intervento di Xi Jinping può avere il risultato potenziale di spazzare via gran parte della rete dei fact checkers che abbiamo visto all’opera nell’ultimo anno. Il giornale South China Morning Post ha scritto:“Xi Jinping sta mostrando tutti i tratti di Mao, mentre cerca di diventare il comandante comunista autoritario della Cina del 21mo secolo. Dopo quello che ha fatto recentemente a Jack Ma e al suo Ant Group, i capitalisti e le aziende cinesi hanno il terrore di quotarsi in borsa e se ne tengono ben alla larga”.

La legge castiga matti per Big Tech
Tornando alla legge della Florida, la legge, di cui abbiamo il testo integrale, dichiara nelle sue premesse:"Le piattaforme di social media rappresentano un progresso straordinario nelle tecnologie di comunicazioni per i floridiani. Agli utenti si deve garantire il diritto di controllare la propria informazione personale in relazione a tali piattaforme. I floridiani dipendono sempre di più dai social media per esprimere le proprie opinioni. I social media si sono trasformati nella nuova piazza in cui le persone si incontrano per discutere. Sono importanti sia per convogliare l’opinione pubblica sia some strutture di servizio che sostengono la nostra società. Svolgono un ruolo fondamentale nel proteggere il diritto alla libertà di parola per tutti i floridiani e dovrebbero essere trattati come le reti di comunicazione di tipo classico. Le piattaforme social media che censurano, oscurano (shadow ban), eliminano (deplatform) oppure applicano algoritmi che prioritizzano la pubblicazione di messaggi e articoli a danno di qualsiasi candidato politico della Florida, qualsiasi utente oppure residente della Florida, non stanno agendo in buona fede. Le piattafome social media non dovrebbero intraprendere nessuna azione in malafede per limitare l’accesso oppure la disponibilità del servizio ai floridiani. Le piattaforme social media hanno agito ingiustamente nei confronti dei floridiani censurando, applicando lo shadow-ban e il deplatforming e gli algoritmi di prioritizzazione della pubblicazione dei messaggi. Lo Stato ha un interesse sostanziale nella protezione dei propri residenti da azioni ingiuste e disomogenee da parte delle piattaforme social media. Lo Stato deve intervenire vigorosamente per far rispettare le proprie leggi e proteggere i floridiani”. La legge quindi prosegue dicendo che lo status di protezione per un candidato politico comincia dalla data del suo annuncio fino alla data in cui la persona cessa di essere un candidato. Le piattaforme social media devono fornire anche un sistema con cui il candidato possa segnalare se stesso e attivare la protezione. Qualsiasi pubblicità gratuita fornita dalla piattaforma a qualsiasi candidato deve essere comunicata al candidato stesso, così che possa essere conteggiata e riportata come donazione in natura. La legge definisce anche il significato di termini che si usano abitualmente in ambito social media, in modo che non vi siano equivoci dal punto di vista legale:

- Algoritmo: un insieme di regole matematiche che specifichi come si comporta un gruppo di dati e che assiste nel creare una graduatoria dei risultati di ricerca oppure nel mantenere ordine oppure che sia utilizzato per creare una graduatoria di contenuto basandosi sulla rilevanza o altri fattori, invece della data di pubblicazione oppure dell’ordine cronologico di tale materiale.

- Censura: qualsiasi azione intrapresa da una piattaforma social media per cancellare, regolare, restringere, modificare, alterare, rimuovere, inibire la pubblicazione o la ripubblicazione di un messaggio (post), sospendere il diritto di pubblicare, oppure aggiungere un commento o altro contenuto a qualsiasi contenuto o materiale pubblicato da un utente. Il termine include anche azioni mirate a inibire la visibilità di un utente o la sua capacità d’interagire con altri utenti sulla piattaforma social media.

- Deplatform: l’azione o la prassi intrapresa da una piattaforma social media per cancellare o bandire un utente in modo permanente o temporaneo per più di 14 giorni.

- Post-prioritization (prioritizzazione della pubblicazione): un’azione intrapresa da una piattaforma social media per collocare, mostrare o dar priorità ad alcuni contenuti rispetto ad altri collocandoli prima, sotto oppure in una posizione meno evidente nella visualizzazione di notizie o nei risultati di ricerca. Il termine non include la prioritizzazione di materiale fornito da terze parti oppure basata sul pagamento di tariffe pubblicitarie a favore della piattaforma.

- Shadow-ban: l’azione intrapresa da una piattaforma social media per limitare oppure eliminare la visibilità di un utente o del relativo contenuto sulla piattaforma social media, che sia dovuta all’intervento di una persona oppure di un algoritmo. Il che include anche attività di shadow banning che non siano immediatamente visibili da parte di un utente.

- Piattaforma social media: qualsiasi servizio informativo, sistema, motore di ricerca oppure servizio di fornitura di software centralizzato che:

1. Fornisca o consenta l’accesso a un server tramite computer da parte di utenti multipli, il che include una piattaforma Internet oppure un sito di social media
2. Operi come società e conduca attività nello Stato
3. Soddisfi almeno una delle soglie che seguono: fatturato lordo annuo superiore ai 100 milioni di dollari, almeno 100 milioni di utenti globali

- Utente: Chiunque risieda o sia domiciliato in questo Stato e che abbia un account su una piattaforma social media, indipendentemente dal fatto che la persona pubblichi o abbia pubblicato materiale sulla piattaforma.

La fine degli algoritmi segreti
Le piattaforme social media devono pubblicare i propri standard, inclusa una definizione dettagliata delle regole che usa oppure ha usato per censurare, eseguire il deplatform oppure lo shadow ban.
La piattaforma deve applicare gli standard di censura, deplatform e shadow banning senza variazioni tra i vari utenti della piattaforma. Deve comunicare a ciascun utente di qualsiasi cambiamento nelle proprie regole degli utenti, dei termini di servizio e degli accordi prima di porli in atto e non può fare cambiamenti con una frequenza superiore ai 30 giorni. La piattaforma non può censurare o applicare lo shadow banning sul contenuto di un utente senza notificare l’utente che ha tentato di pubblicarlo. Deve inoltre fornire, su richiesta, il numero di altri utenti della piattaforma a cui il contenuto pubblicato è stato mostrato. Deve categorizzare gli algoritmi usati per la prioritizzazione dei contenuti per lo shadow banning e consentire all’utente di disattivarli richiedendo invece la semplice pubblicazione cronologica dei contenuti. Ogni anno, la piattaforma deve notificare agli utenti quali algoritmi sono in uso e consentire all’utente di disattivarli in quel momento. Gli algoritmi di shadow-banning e prioritizzazione devono essere disattivati in ogni caso per i contenuti di un personaggio politico o candidato. In caso di azione di deplatform, la piattaforma deve consentire all’utente di accedere e recuperare le proprie informazioni, contenuti e materiali per almeno 60 giorni dopo l’espulsione. Le piattaforme social media non possono in ogni caso applicare deplatform, shadow bannning e censure su qualsiasi piattaforma giornalistica che abbia un minimo di iscritti, come definito nella legge, facendo eccezione per i materiali osceni.
Qualsiasi notifica deve essere per iscritto, consegnata per posta elettronica oppure notifica elettronica diretta all’utente entro 7 giorni dall’azione di censura. Deve includere una spiegazione completa delle ragioni e dei modi in cui si è arrivati alla decisione di censurare, il che include una spiegazione completa degli algoritmi impiegati. Nel caso in cui lo Stato, in seguito a una propria indagine oppure su segnalazione, sospetti che una violazione di questa legge sia imminente, in corso oppure sia già successa, può avviare d’ufficio un’indagine che risulti in una causa penale o civile. Lo Stato può richiedere la consegna delle specifiche degli algoritmi relativi alle violazioni. Il singolo utente può fare causa privatamente per le parti che gli competono e gli verranno riconosciuti fino a $ 100.000 di danni per legge, più i danni riconosciuti dal giudice più danni punitivi nel caso siano presenti aggravanti. In caso di deplatforming può anche ricevere un rimborso delle spese legali. Ogni singola violazione potrà essere oggetto di risarcimento.

Fonti

- www.flsenate.gov/Session/Bill/2021/7072/BillText/e1/PDF
- www.theepochtimes.com/florida-passes-bill-prohibiting-social-media-giants-deplatforming-politicians_3798...
- www.theepochtimes.com/mkt_breakingnews/trump-floats-2024-presidential-run-again-saysdesantiscouldbepotentialrunningmate_3796008.htmlutm_source=newsnoe&utm_medium=email&utm_campaign=breaking-2021-04-29-1&mktids=c233e15143586f90ef39b94f5e7db30b&est=%5BEMAIL_SECURE...
- tfiglobalnews.com/2021/01/13/uganda-teaches-a-lesson-to-big-tech-after-what-they-did-to-donal...
- tfiglobalnews.com/2021/04/26/after-hounding-jack-mas-ant-group-ccp-is-all-set-to-destroy-bytedance-as-it-cancels-...
- www.theepochtimes.com/facts-matter-april-30-arizona-audit-on-pace-to-finish-by-deadline-new-documents-reveal-big-tech-collusion_3798...
- www.judicialwatch.org/press-releases/ca-state-officials-b...

Roberto Mazzoni
02 maggio 2021
mazzoninews.com/2021/05/02/lacrime-amare-per-google-facebook-e-...
21/05/2021 19:18
 
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Bill Gates non è mai stato buono

Forse in pochi lo ricordano, ma prima di essere stato uno dei filantropi più rispettati al mondo, Bill Gates è stato uno degli uomini più odiati. C’è stato un periodo in cui Microsoft, a livello informatico, incarnava il nemico di ogni libertà, un pò come oggi Amazon lo è delle librerie, e, di conseguenza, Bill Gates era l’uomo da detestare. In particolare, il fondatore della Microsoft era stato criticato per aver operato in modo scorretto al fine di guadagnare il monopolio nel settore informatico che lui giudicava una sua creatura. Nella cosiddetta guerra dei browser, Microsoft venne messa sotto processo dal Dipartimento della Giustizia USA per comportamento antimonopolistico nel 1998. L’azienda, tra le varie cose, era stata criticata per aver inserito nel pacchetto Office il suo browser, Explorer, rendendone, di fatto, l’uso obbligatorio a chiunque comprasse un computer. Microsoft perse la causa, ma nel frattempo Explorer era diventato il browser più usato in assoluto, scalzando dal podio Netscape Navigator.



C’è poi la questione delle pratiche di lavoro discutibili. Specie negli anni Novanta, la Microsoft era stata accusata di assumere lavoratori con contratti precari e senza la possibilità di godere di cure mediche in caso di necessità e di sovraccaricare i propri impiegati fino a minarne lo stato di salute. Inoltre, Microsoft è stata accusata di legare a sé programmatori esterni organizzando corsi formativi e dando loro la possibilità di accedere alle proprie interfacce di programmazione per estenderle liberamente. Lo scopo era fare proprie in un secondo tempo le eventuali estensioni, generando un controllo assoluto degli standard e annullando la concorrenza (tale comportamento scorretto, come appurato dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, all’interno della compagnia era conosciuto come “EEE: Embrace, Extend and Extinguish” – Abbraccia, estendi, estingui, ndr). Non dimentichiamo la lista nera nella quale finivano i giornalisti che avevano mosso critiche all’azienda e a cui veniva negata ogni informazione riguardo ai suoi prodotti. Del resto Microsoft non ha avuto alcun problema a cooperare con la Cina per realizzare un sistema di censura della rete che fosse congeniale al regime, fregandosene della libertà di parola e attirandosi le critiche di numerosi avvocati per i diritti umani, come Human Rights Watch e Reporter Senza Srontiere. C’è poi un video che riguarda Bill Gates e lo accomuna al Mark Zuckerberg più impacciato, in difficoltà, quello che era stato convocato al Congresso nel 2018 a seguito dello scandalo di Cambridge Analytica.



Lì Zuckerberg era chiamato a rispondere dei dati di 87 milioni di utenti Facebook raccolti tramite l’app This Is Your Digital Life, acquistati in modo illecito. Nel 1998 Gates era stato chiamato a deporre dal Dipartimento di Giustizia riguardo al comportamento antimonopolistico della sua azienda. I video sono girati a vent’anni di distanza e riguardano due personaggi diversi, appartenenti a due generazioni diverse ma che hanno alcune cose in comune: hanno segnato la storia dell’informatica e la cultura digitale degli ultimi anni. Alle domande più scomode, i loro comportamenti sono analoghi, quasi sovrapponibili. Zuckerberg balbetta e Gates si agita sulla sedia come uno scolaro colto sul fatto. È il comportamento di qualcuno che deve render conto di qualcosa la cui enormità comprende solo in quell’istante. Oggi Gates è di nuovo a processo: non per comportamento antimonopolistico, ma perché improvvisamente non è il filantropo dal cuore nobile che pensavamo e che insieme alla moglie Melinda e a Bono si era guadagnato la copertina del Time nel 2005 come “personaggi dell’anno” e il titolo di “buon samaritano“.



Ha tradito la moglie, si è proposto alle sue impiegate quando era il loro capo, con una ha avuto una relazione giudicata inappropriata e che gli è costata la direzione della Microsoft e ha frequentato il pedofilo miliardario Jeffrey Epstein. In realtà col suo lato oscuro Gates ci è nato o lo aveva mostrato quando aveva fondato la Microsoft, un colosso informatico precursore in senso negativo (controllo dei dati, concorrenza sleale, accorpamento di un potere enorme nelle mani di pochissimi) dei “big” della Digital Economy che sarebbero venuti poi: Amazon, Google e, appunto, Facebook.

Alberto Grandi
19 maggio 2021
www.wired.it/attualita/media/2021/05/19/bill-gates-microsoft-d...
09/11/2022 16:49
 
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Big Tech alle prese con profitti crollati e licenziamenti: l’industria tecnologica in crisi?

Tagli e licenziamenti di massa arrivano anche per le Big Tech, le quali sembrerebbero trovarsi ora in un momento di difficoltà che sta travolgendo tutta l’industria digitale. Twitter ha licenziato venerdì scorso metà dei suoi 7.500 dipendenti nella frana provocata dall’arrivo di Elon Musk; nello stesso giorno anche Lyft (alternativa nel settore dei servizi di trasporto individuale) e Stripe (software per pagamenti elettronici) hanno messo alla porta migliaia di dipendenti. Lo stesso Zuckerberg ha annunciato drastici ridimensionamenti di personale per la sua Meta, in difficoltà sia per quanto riguarda i ricavi che per la risposta dei mercati.

Le Big Tech licenziano e perdono profitti
La brusca inflessione dell’industria tecnologica ha portato a crolli dei profitti e a ondate di licenziamenti in tronco, con Amazon e Google che già in estate avevano decretato il blocco delle assunzioni. Ogni tipo di industria del settore sta subendo ridimensionamenti: Philips, DataRobot, Zillow (compravendita digitale di immobili), Wayfair (gigante dell’arredamento online) e molte altre si trovano in difficoltà. Il colpo più consistente sembrerebbe averlo subito Meta, azienda che nell’ultimo anno ha perso addirittura il 70% del suo valore e che ha visto crollare fatturato e profitti, continuando imperterrita ad investire miliardi di dollari nel Metaverso. Un fattore da non sottovalutare è la confermata crisi di grandi industrie strategiche per il settore, come Intel, produttrice di semiconduttori, che in un anno ha perso metà del valore e pare si prepari a ridurre la sua forza lavoro.

Crisi di sistema o scossa di assestamento?
Dopo gli anni della pandemia, dove i servizi online e l’economia digitale sono cresciuti a dismisura, il settore sembrerebbe entrare in un periodo di crisi. Gli esperti trovano diverse similitudini con la crisi del 2000, quando esplose la prima bolla tecnologica che mise fine all’euforia di una dotcom economy senza limiti. Sicuramente, a malincuore, non siamo alla fine del dominio delle Big Tech ma un aggiustamento naturale sommato ad una crescita eccessiva può portare a degli scossoni sul mercato non indifferenti.

Andrea Grieco
08 novembre 2022
www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/big-tech-alle-prese-con-profitti-crollati-e-licenziamenti-lindustria-tecnologica-in-crisi...
24/11/2022 15:39
 
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Twitter smantella la sede di Bruxelles

La sede europea di Twitter a Bruxelles chiude. I sei dipendenti del team hanno lasciato i loro incarichi a seguito dell’ultimatum inviato via mail da parte del nuovo CEO Elon Musk come parte del suo piano di tagliare di 7.500 posti di lavoro. Si apprende da fonti vicine al dossier. Lo smantellamento dell’ufficio, raccordo politico fondamentale con le istituzioni europee, e il cambio di rotta intrapreso da Musk, a quanto si apprende, preoccupa la Commissione Europea. Nei giorni scorsi era stata la stessa vicepresidente UE Margrethe Vestager a evidenziare che il nuovo modello di business appare “del tutto imperfetto”.

24 novembre 2022
www.imolaoggi.it/2022/11/24/twitter-smantella-la-sede-di-br...
10/01/2023 20:33
 
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Scuola, tutti contro le Big Tech: dossier del Senato (“danni fisici”), denunce in USA (“devono pagare gli effetti avversi”)

‘Tiktok, Instagram e Facebook devono pagare i danni’, questa l'accusa e la richiesta in 91 pagine di denuncia presentata in tribunale da 100 scuole pubbliche di Seattle (50mila alunni in tutto) contro i giganti della tecnologia proprietari di TikTok, Instagram, Facebook, YouTube e Snapchat, accusati dei danni alla salute mentale di milioni di ragazzi: nella città dello Stato di Washington, dal 2009 al 2019, c’è stato un aumento del 30% degli studenti che hanno rivelato di sentirsi “tristissimi o senza speranza quasi ogni giorno per due settimane e oltre di seguito”. L’ANSA riporta che “le scuole accusano i social media di essere responsabili della maggiore diffusione di una serie di patologie tra le quali ansia, depressione, problemi alimentari e cyberbullismo. Non solo: secondo la denuncia tutto questo rende più difficile per le scuole svolgere il loro lavoro di istruire gli studenti costringendole a chiedere il supporto di professionisti della salute mentale, a sviluppare piani didattici alternativi e paralleli sugli effetti dei social media, nonché a formare gli insegnanti sul tema”:

www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2023/01/08/scuole-seattle-fanno-causa-a-social-media-danneggiano-ragazzi_bacbcfab-e2e9-4324-a304-8ec15e990...

In Italia, invece, la recente circolare inviata dal Ministro Valditara a tutte le scuole sul divieto di uso di Smartphone e cellulare in classe (divieto non sanzionato e condizionato alle esigenze didattiche, non c’è quindi da stare sereni), riporta il documento approvato nella scorsa legislatura dalla 7^ Commissione Permanente (Istruzione) del Senato sull’impatto del digitale sugli studenti, relatore l’ex senatore Andrea Cangini. Allarmante l’esito:“Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica. Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche". L’inquietante documento è diventato il testo dell’ultimo libro e di un sito gestito dell’ex parlamentare Cangini. Il titolo è CocaWeb, una generazione da salvare (Mursia). “Aver promosso un’indagine conoscitiva in Senato, aver depositato e fatto approvare atti legislativi e aver pubblicato un libro non ci basta. Vogliamo dar vita ad una grande campagna di sensibilizzazione rivolta ai ragazzi, ma soprattutto ai loro genitori e ai loro insegnanti”. Infine l’allarme è stato lanciato anche dai pediatri, ("Dipendenza e rallentamento dello sviluppo cognitivo per neonati e adolescenti, fascia 0-15 anni" - oasisana.com/2022/12/14/governo-stop-ai-cellulari-a-scuola-pediatri-allarme-smartphone-in-eta-pediatrico-adolescenziale-tecno-rassegna-stampa-con-maurizio-martucci-del-14-... mentre a Milano è nata la rete dei genitori No Smartphone, che coinvolge 200 famiglie decise a non comprare i cellulari ai loro figli:

www.nonsprecare.it/genitori-no-smartphone?refresh_cens

Sul tema della deriva digitale in ambito scolastico, numerose le iniziative promosse dall’Osservatorio Scuola dell’Alleanza Italiana Stop 5G, come il dossier La Scuola Elettromagnetica e i contributi video della docente Annalisa Buccieri. Rilanciate su Oasi Sana invece le interviste condotte su Pandora TV e La Casa del Sole TV dal giornalista Maurizio Martucci con lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet e con l’insegnante scolastico Giorgio Matteucci. Una puntata de Il Tecnoribelle è poi finita sulle sindromi da Smartphone patite dai più giovani.

09 gennaio 2023
oasisana.com/2023/01/09/scuola-tutti-contro-le-big-tech-dossier-al-senato-denunce...
23/01/2023 16:15
 
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Google, la capogruppo Alphabet ha licenziato 12mila dipendenti con un'e-mail

Dodicimila persone licenziate attraverso un’e-mail. Così Alphabet, capogruppo di Google, ha tagliato 12.000 posti di lavoro, unendosi ad altre grandi aziende tecnologiche che sono cresciute rapidamente in termini di forza-lavoro durante la pandemia. E ora, però, stanno varando piani di ridimensionamento dell’organico. Il CEO del gigante della Silicon Valley, Sundar Pichai, ha annunciato la decisione oggi in un’e-mail diretta allo staff, pubblicata anche sul blog dell’azienda. Pichai ha affermato che la società ha assunto in maniera importante grazie ad “un periodo di enorme crescita” come quello degli ultimi due anni, ma anche che quella era una “realtà economica diversa da quella che affrontiamo oggi”. I 12mila posti di lavoro tagliati sono circa il 6% della forza lavoro e si aggiunge all’annuncio di Microsoft del licenziamento di 10mila persone e ad Amazon che ha iniziato a comunicare la partenza di circa 18.000 lavoratori. Pichai si è assunto “la piena responsabilità della decisione” e ha sostenuto che “questi sono momenti importanti per affinare i nostri obiettivi, rivedere la base dei costi e dirottare i nostri talenti e i nostri capitali verso le principali priorità”. Secondo Pichai, Google ha “grandi opportunità davanti a sé”, tra cui quella dell’intelligenza artificiale, investimento chiave su cui Google ha iniziato a puntare.

20 gennaio 2023
www.ilfattoquotidiano.it/2023/01/20/google-la-capogruppo-alphabet-ha-licenziato-12mila-dipendenti-con-une-mail/...
[Modificato da wheaton80 23/01/2023 16:16]
17/02/2023 01:02
 
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Il flop di Bard: la nuova IA di Google sbaglia e l’azienda perde 100 miliardi in borsa

Alphabet, la società che gestisce Google, ha chiuso la giornata di mercoledì con una perdita in borsa di oltre il 7%. Il tutto per un errore di Bard, la nuova intelligenza artifciale su cui l’azienda sta lavorando e che ha lanciato proprio questa settimana.

L’errore di Bard
Il lancio di Bard non è andato come previsto. Questo lunedì Google aveva cominciato a diffondere i primi materiali promozionali della propria intelligenza artificiale. Appunto Bard, un chatbot che dovrebbe fare concorrenza al più noto e discusso ChatGpt di OpenAI. In uno di questi video dimostrativi, viene chiesto a Bard di spiegare il funzionamento del JWST. Quest’ultimo è un importante telescopio spaziale operativo dal 2021 e frutto della collaborazione di NASA, ESA e CSA. Nel rispondere alla domanda l’intelligenza artificiale ha dichiarato:«Il JWST ha scattato le prime foto in assoluto di un pianeta fuori dal nostro sistema solare. Questi mondi lontani sono chiamati “esopianeti”. Eso significa “dall’esterno”». Nei giorni immediatemente seguenti, molti studiosi hanno segnalato come l’affermazione contenesse delle informazioni sbagliate. Infatti, la prima immagine di un esopianeta è stata realizzata e diffusa nel 2004, ben prima dell’entrata in funzione del JWST.

La corsa alle intelligenze artificiali
Una volta che la notizia dell’errore si è diffusa, Alphabet ha cominciato a perdere in borsa chiudendo con un passivo del 7% e bruciando in questo modo circa 100 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Non è il primo scivolone di Google nella corsa alle intelligenze artificiali. Qualche mese fa aveva fatto discutere il caso di un ingegnere della stessa azienda che aveva sostenuto che Lamda, un sistema di intelligenza artificiale per la creazione di modelli linguistici su cui peraltro si basa anche Bard, fosse diventato senziente e avesse sviluppato una coscienza. A complicare le cose per Google è stato anche l’annuncio di Microsoft del lancio di una versione del proprio motore di ricerca Bing e del browser Edge con alcune funzionalità di ChatGPT, andando a sfidare l’egomia di Google in questo campo.

Michele Iozzino
10 febbraio 2023
www.ilprimatonazionale.it/scienza-e-tecnologia/il-flop-di-bard-la-nuova-ia-di-google-sbaglia-e-lazienda-perde-100-miliardi-in-borsa...
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