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L'avvistamento di Kenneth Arnold

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2006 11:18
26/03/2006 11:18
 
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L'avvistamento di Kenneth Arnold

Come nasce la denominazione "dischi volanti"

Nel primo pomeriggio di martedì 24 giugno 1947, una splendida giornata di sole, l'uomo d'affari e pilota civile Kenneth Arnold decollò con il suo piccolo monomotore (un Challair triposto) dalla cittadina di Chenails (Stato di Washington, nord-ovest degli USA), diretto a Yakima, 175 Km ad est. Verso le 15, mentre si avvicinava alle Cascade Mountains, lampi di luce investirono l'aereo e Arnold scorse sulla sua sinistra nove strani oggetti volanti chi si stagliavano sullo sfondo della catena montuosa, uno dietro l'altro in formazione a scala (il primo a quota più alta, l'ultimo alla quota più bassa).
La loro traiettoria, nord-sud, era perpendicolare a quella ovest-est da lui seguita e procedevano in modo bizzarro, velocissimi. Che si trattasse di oggetti circolari, come si legge nella letteratura ufologica, non è del tutto esatto. Infatti Arnold specificò che “non avevano coda” e nel suo rapporto li disegnò a forma di “tacco”.
In illustrazioni successive, ancora in base alla sua descrizione, risultarono a forma di “luna crescente” oppure di disco con un foro centrale e con una sorta di tacco su circa la metà della circonferenza. Gli oggetti, disse Arnold, oscillavano come “natanti in acque mosse”, o code di “aquilone agitate nel vento”, o “anitre collegate fra loro da un filo invisibile” (nel senso che l'oscillazione del primo oggetto sembrava propagarsi automaticamente a tutti gli altri).
I lampi che avevano investito Arnold erano prodotti dalla luce solare che si rifletteva a intermittenza sulla loro superficie, quando, inclinandosi, si presentavano di piatto anziché di taglio. Gli oggetti “serpeggiavano” fra i picchi montuosi, il che permise ad Arnold di localizzarli proprio sulle Cascade Mountains (da cui egli distava circa 35-40 chilometri).
Davanti a lui ergevano le vette dei monti Rainer e Adams e Arnold pensò di cronometrare il tempo impiegato dai misteriosi oggetti per superare la distanza di 75 chilometri fra le due cime: 1 minuto e 42 secondi. Ciò significava che andavano a 2700 Km/h, una velocità incredibile per l'epoca! Il testimone valutò le loro dimensioni a colpo d'occhio: diametro di circa 15 metri, e spessore di un ventesimo della superficie.

L'osservazione durò in tutto circa 3 minuti. Arnold perse di vista gli oggetti quando superarono, verso sud, la cima del monte Adams. Arnold giunse a Yakima alle 16 e riferì il suo avvistamento al comandante dell'aeroporto, il quale suggerì una spiegazione che sul momento parve convincente: forse si era trattato di “missili guidati” provenienti dalla base Moses Lake. Quindi riprese il suo volo fino a Pendleton, nell'Oregon, dove numerose persone, informate da Yakima, lo stavano aspettando, ma contrariamente a quel che si è creduto per molti anni, non c'erano giornalisti.

La notizia dell'avvistamento fu diffusa personalmente dal pilota il pomeriggio del giorno successivo al quotidiano di Pendleton “East Oregonian”. Fu proprio allora che, nel descrivere il movimento degli oggetti, Kenneth Arnold ricorse al paragone che avrebbe fatto storia: “volavano – disse – come piatti che rimbalzavano sull'acqua”. Nel dispaccio che fu poi trasmesso all'Associated Press, il cronista William Bequette equivocò il pensiero di Arnold e usò il termine “piatti” per alludere alla forma anziché al moto degli oggetti. Così il giorno dopo, sui giornali, essi furono battezzati “piatti volanti”.
La notizia suscitò scalpore fra la gente e sconcerto a livello delle autorità militari USA. Rivelatesi infondate le ipotesi di “missili teleguidati” e quella di un'invenzione del testimone (le cui credenziali risultarono ineccepibili), si cercò di spiegare il fatto come un errore di percezione visiva. Forse Arnold aveva visto soltanto dei jet: alla distanza da lui calcolata, oggetti delle dimensioni di 15 metri non avrebbero potuto essere distinguibili nei particolari.
Ma questa tesi, sostenuta dal Dr. Hynek quando era consulente dell'USAF (Aeronautica militare americana), non considerava che le stime di Arnold, per sua ammissione, erano approssimative. Il problema della forma, della velocità e del modo di volare dei “piatti” – assoldate la sincerità e la competenza del testimone – non appariva facilmente risolvibile. Egualmente sterili si rivelarono le teorie del prof. Donald Menzel: nel suo primo libro (“Fliyng Saucers”, 1953) parlò di “nubi di nevischio” trasportate dal vento; nel secondo (“The World of Flying Saucers”, 1963) invocò invece al “miraggio”; nel terzo (“The UFO Enigma”, 1977) suggerì infine l'idea delle “gocce di condensazione” sul finestrino dell'aereo. Nessuna di queste tesi è sostenibile se non presuponendol'incompetenza del testimone o ignorando certe parti del suo rapporto, tant'è che l'USAF non la prese mai sul serio, classificando il caso Arnold come “inspiegato”.

Nel 1995 sono emersi due documenti ufficiali che fugano ogni dubbio circa la realtà dell'osservazione di Arnold. Si tratta di una lettera inviata all'Air Force nell'agosto 1947 da un prospettore minerario, Fred Johnson; e di un rapporto dell'FBI sull'affidabilità del testimone. Johnson, il 24 giugno 1947 (lo stesso giorno, alla stessa ora e nella stessa località del caso Arnold), aveva visto degli strani oggetti volanti nella zona delle Cascade Mountains, e al loro passaggio la sua bussola era andata in tilt. Johnson vide da terra gli stessi UFO che Arnold aveva osservato dal cielo. Le due testimonianze quindi confermano e si completano a vicenda. L'avvistamento di Johnson, la cui credibilità è stata suffragata proprio nel rapporto dell'FBI, venne classificato dall'Air Force come “inspiegato”. L'episodio di Kenneth Arnold resta, per importanza e validità, il punto di partenza della moderna ufologia.

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"Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

Suor Lucia Dos Santos



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