Al Gore: la fine di una parabola. Smantellata la sua macchina di propaganda

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wheaton80
00lunedì 11 settembre 2023 18:35
La Co2 è un alimento per tutti gli esseri viventi. Lo capite o no che il carbonio che vogliono eliminare siamo noi?

Secondo i venduti dell'IPCC, il Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambio Climatico, le emissioni di CO₂ di combustibili fossili devono essere ridotte a zero entro il 2100. "Se non salviamo noi stessi da noi stessi, siamo fregati", dice lo slogan. La cosa strana è che tutta la vita è basata sul carbonio e questo viene generato dall'anidride carbonica nell’atmosfera. Tutto il carbone nei combustibili fossili che stiamo bruciando oggi, una volta era nell’atmosfera come CO₂, prima che venisse consumato dal plancton nel mare e dalle piante nella terra. Carbone, petrolio e gas naturale sono i residui di questo plancton e piante che sono stati trasformati dal calore e dalla pressione. Se non ci fosse stata la CO₂ nell’atmosfera, la Terra sarebbe un pianeta morto. Parlando di cambiamento climatico, eliminate la CO₂ e avrete la morte del pianeta!!! L'Agenzia per la protezione dell’ambiente ha decretato questa essenziale sostanza un contaminante! Come può qualcosa che rende possibile la vita essere dannosa? L'anidride carbonica è un alimento indispensabile per tutti gli esseri viventi! Ce ne può essere troppo come dicono gli allarmi climatici? Se guardiamo al quadro completo troviamo qualcosa di sorprendente. Per la maggior parte della storia del pianeta è sempre stata presente nell’atmosfera a livelli molto più elevati di oggi. Durante l’esplosione cambriana, quando la vita multicellulare apparì per la prima volta, i livelli di CO₂ erano 10 volte maggiori degli attuali. In pratica stiamo vivendo in un’era di basso livello. Il livello ottimale di CO₂ per la crescita delle piante sarebbe 4 o 5 volte maggiore di quello che c'è attualmente. Questo è il motivo per cui nelle serre iniettano la CO₂ aggiuntiva: per incentivare la crescita delle piante! Allo stesso modo, incentivare la CO₂ nell’atmosfera terrestre promuoverebbe la crescita di cibo e foreste. Ma arriviamo al punto cruciale: questo aiuterebbe il pianeta a sfamare i 10 miliardi di persone che toccheremo entro la metà del secolo. E forse questo per qualcuno è un problema! L’economia Green serve a ridurre la CO₂ e quindi le opportunità di alimentarsi. Elimineranno così gli allevamenti per darci cibo morto, sintetico; spariranno le auto per rinchiuderci nelle prigioni-città da 15 minuti. Lo capite o no che il carbonio che vogliono eliminare siamo noi?

Marcello Pamio
13 luglio 2023
disinformazione.it/2023/07/13/la-co2-e-un-alimento-per-tutti-gli-esseri-viventi-lo-capite-o-no-che-il-carbonio-che-vogliono-eliminare-si...
wheaton80
00giovedì 14 settembre 2023 12:44
Smascherata la cospirazione dei „giornalisti del clima”

Norbert Häring, editorialista del quotidiano economico tedesco Handelsblatt e membro del „Consiglio Ombra della BCE“ (una sorta di „watchers” della BCE composto da economisti europei), ha svelato un insieme di linee guida che istruiscono i „giornalisti del clima“ su come diffondere la propaganda della bufala della crisi climatica provocata dall’uomo. Si consiglia loro di evitare di discutere gli argomenti con i critici, utilizzando metodi di psicologia di massa e facendo sostanzialmente il lavaggio del cervello alla popolazione

norberthaering.de/propaganda-zensur/netzwerk-klimajourna... norberthaering.de/propaganda-zensur/world-weather-attr...

Häring si concentra su due entità: il „Netzwerk Klimajournalismus Deutschland“ (NKD, rete tedesca di giornalismo sul clima), con sede in Germania, e il World Weather Attribution (WWA), con sede a Londra, a livello internazionale. L’NKD ha pubblicato una Carta firmata da 302 giornalisti tedeschi, molti dei quali provenienti da media pubblici, mentre il WWA ha pubblicato una Guida in 12 lingue per i giornalisti:„Reporting Extreme Weather and Climate Change”. La Carta, tra le altre cose, considera la „crescita“ un sinonimo di colonialismo. Il compito dei giornalisti sul clima, si legge, è quello di „riconoscere come un dato di fatto che il colonialismo e il paradigma della crescita sono le cause della crisi climatica“. Il loro compito sarebbe anche quello di „prevedere una ‘catastrofe irreversibile’ se i responsabili non agiranno con decisione nei prossimi anni… Dichiarare la crisi climatica una minaccia per la democrazia e i diritti fondamentali; prendere l’Accordo sul Clima di Parigi del 2015 e la ‘sentenza sul clima’ della Corte Costituzionale [tedesca] del 2021 come linee guida (indiscutibili) e guardrail e quindi garantire la conservazione delle basi della vita per ‘tutti gli esseri viventi su questo pianeta’„. Un esempio di come la Carta viene attuata concretamente è un recente post su Instagram della rete televisiva pubblica WDR, che invita i giornalisti a sostituire alcuni termini per drammatizzare la questione, ad esempio sostituendo „cambiamento climatico“ con „crisi climatica“, o „scettici del clima“ con „negazionisti del clima“.

L’NKD ha anche pubblicato un „5before12 Climate Briefing“, con linee guida su come contrastare le argomentazioni dei „negazionisti del clima“. Si raccomanda di usare sempre la litania „Il 99% degli scienziati è d’accordo“ sul cambiamento climatico causato dall’uomo. Häring commenta:„Il motivo per cui è così importante continuare a dire alla gente che la scienza è d’accordo viene poi spiegato in modo più dettagliato facendo ricorso alle scoperte della psicologia (di massa). In breve, e solo minimamente affinato, l’argomento è: la scienza ha stabilito che la gente crederà a qualsiasi cosa se le verrà detto abbastanza spesso che la scienza l’ha stabilito“. „Questo non è più giornalismo, ma propaganda“, commenta Häring. Per quanto riguarda il WWA, l’introduzione all’edizione tedesca del manuale per i giornalisti sul clima è stata scritta da Ozden Terli, moderatore meteo della ZDF, la seconda rete televisiva nazionale. Häring sottolinea che „tra gli sponsor del WWA c’è il famigerato Imperial College di Londra, che ha fornito basi pseudo-scientifiche per le contromisure radicali nella pandemia del Covid attraverso proiezioni di modelli estremi su un presunto numero enorme di vittime“. Un esempio dal manuale:„Ogni ondata di calore nel mondo è ora più grave e più probabilmente a causa del cambiamento climatico causato dall’uomo“. „Ogni!“, commenta Häring. „E ovunque nel mondo! Pertanto, nel riferire di ogni ondata di calore, si può dare la colpa al cambiamento climatico causato dall’uomo, anche se non c’è ancora alcuno studio in merito“.

12 settembre 2023
movisol.org/smascherata-la-cospirazione-dei-giornalisti-de...
wheaton80
00mercoledì 20 settembre 2023 17:10
Modificazioni atmosferiche, non le emissioni di anidride carbonica, sono alla base del caos climatico

La relazione che segue, presentata qualche giorno fa all’ incontro "COP27 - Costruttori di emergenze. Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile", sollecitata proprio dall’incontro COP27 appena concluso, intende stimolare una riflessione su questa convinzione e collegare una serie di punti che dovrebbero offrire spunti di riflessione. La modificazione meteorologica-ambientale può essere utilizzata per manipolare deliberatamente il meteo e il clima?In molti casi accade che le trattative rilevanti siano nascoste dietro le quinte. Nel caso di un vertice importante, le decisioni importanti possono essere prese a porte chiuse. Probabilmente è per questo che ad ogni nuova COP sul cambiamento climatico non succede assolutamente nulla, ma si sente solo tanto rumore e tante falsità, fino alla foto di chiusura. Nelle ultime ore, l’incontro viene regolarmente salvato, questa volta con un accordo sulla gestione e la portata del nuovo Damage and Loss Fund, il cui significato è ancora da decifrare.

www.unep.org/news-and-stories/story/what-you-need-know-about-cop27-loss-and-dam...

Il fondo verrebbe utilizzato per mitigare i danni e le perdite causate dal riscaldamento globale nei Paesi più poveri e “vulnerabili” (vuol dire chi è colpito da eventi avversi meteorologici). E qui ci sarebbe molto da aggiungere. Questa sorpresa finale stima i flussi finanziari annuali verso i Paesi in via di sviluppo a circa 800 milioni di dollari. Tutti gli anni si ripete lo show. Nulla di fatto alla COP27 per le misure di riduzione dell’inquinamento, che ovviamente si riferisce al grande “inquinatore” CO2. Da 20 anni l’inquinamento è sinonimo degli effetti nocivi dichiarati della CO2, una molecola che si sa essere essenziale per la vita su questo pianeta. Ho seguito poco la COP, sarebbe stato interessante osservare gli eventi di contorno. Tra questi, numerose associazioni per l’energia nucleare, che costituirebbe una “fonte energetica sicura, economica e pulita”, e che presentavano una dichiarazione congiunta dell’industria nucleare mondiale, disegnando il ruolo cruciale che l’energia nucleare deve svolgere nel ridisegnare il nostro paradigma energetico e le politiche future. L’iniziativa “Nuclear for Climate” riunisce più di 150 associazioni. Già settant’anni fa l’energia nucleare modellava molte cose, compresa la politica energetica, con interessi militari dietro a tutti gli sviluppi. Immediatamente sorse un movimento antinucleare mondiale, con a capo Einstein e il pentito Oppenheimer (che aveva conosciuto il peccato originale), eppure il pianeta si riempì di centrali nucleari e di arsenali di armi nucleari. E sono esplosi reattori e migliaia di bombe nucleari. Gli effetti di migliaia di “test” nucleari non sono stati quasi mai discussi in pubblico.

Hanno fatto quello che volevano senza chiedere il permesso alle persone coinvolte e senza sapere cosa stavano realmente facendo. E oggi apprendiamo che l’energia nucleare è buona e salvifica, e questo mentre si parla di guerra nucleare e di sostituzione delle bombe negli arsenali con nuove bombe più efficaci. Gli Stati Uniti si preparano a utilizzare il nuovo bombardiere nucleare stealth B-21, il “velivolo più avanzato mai realizzato”. “L’aeronautica statunitense ha in programma l’acquisto di almeno 100 velivoli di questo tipo, che racchiudono il massimo dell’ingegno e dell’innovazione degli ultimi 50 anni”. In breve, per tornare alla COP27, il grande circo egiziano si è concluso con un solo risultato positivo, secondo la valutazione di questo accordo su danni e perdite. Danni per chi e perché? Non saranno i Paesi devastati dalle guerre, non saranno le economie distrutte dalla politica, saranno i Paesi poveri colpiti da eventi meteorologici avversi come inondazioni, siccità, tempeste, ecc... La massiccia manipolazione del tempo e degli eventi meteorologici è ovviamente una questione che non viene discussa e mai menzionata. Il Progetto Manhattan fu tenuto segreto solo per pochi anni, poi tutto il mondo venne a sapere cosa era successo nella Città Proibita. Invece, negli ultimi 70 anni, un’altra area si è sviluppata quasi di nascosto, causando danni che poi sono stati attribuiti alle forze della natura. Non a caso lo chiamo (e non solo io) “Manhattan 2”. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, parallelamente alle innumerevoli esplosioni nucleari, chiamati test, che hanno devastato il pianeta (la gente sapeva e non sapeva), sono iniziati esperimenti militari in campo meteorologico e climatico su scala sempre maggiore. Nella riflessione critica sul fenomeno del cambiamento climatico incentivato e sulle sue cause, tuttavia, il militarismo e la spirale di distruzione innescata dalle attività militari a tutti i livelli sono rimasti finora esclusi dalla considerazione e dalla riflessione, almeno in pubblico.

La COP28 si terrà a Dubai l’anno prossimo e, visto il risultato della Coppa in Qatar, possiamo aspettarci “grandi cose”. La distopia prenderà una dimensione nuova e avrà luogo in Arabia Saudita, e la cosa interessante è che avrà luogo in un Paese che è apertamente all’avanguardia nella manipolazione del tempo. Tuttavia, per tracciare alcuni sviluppi storici e aspetti che illuminano lo scenario attuale, ho colto alcuni segnali e indicazioni che ritengo significativi. Molti degli scienziati che hanno lavorato al Progetto Manhattan originale sono stati coinvolti anche nella creazione di modifiche meteorologiche e nella ricerca atmosferica (insieme agli esperimenti nucleari), creando di fatto un nuovo tipo di Progetto Manhattan. Uomini come Edward Teller, Ross Gunn, Donald Hornig, Vannevar Bush, Bill Nierenberg e John von Neumann sono noti per aver svolto un lavoro serio sulla modificazione del tempo e sulla ricerca atmosferica. Disse Vannevar Bush, riferendosi alla fine della Seconda Guerra Mondiale:“Roosevelt mi ha chiamato nel suo ufficio e ha detto:'Che cosa succederà alla scienza dopo la guerra?'. Ho detto:'Sta per fallire'. Disse:'Cosa faremo?'. E gli ho risposto:'Faremo meglio a fare qualcosa alla svelta'. Dopo la fine della guerra, si necessitava di nuovi nemici, altrimenti certi finanziamenti sarebbero cessati. La creazione del complesso militare/industriale/accademico fu opera di Vannevar Bush , il cui nome continua ad essere citato in ambito modificazione del tempo. Vannevar Bush è probabilmente da considerare il fondatore del cosiddetto “New Manhattan Project”. Alla fine del 1957, come introduzione al più citato documento di modificazione del tempo, scrisse:"È assolutamente possibile, se fosse abbastanza saggio, che l’uomo potrebbe produrre effetti favorevoli, forse di enorme importanza pratica, trasformando il proprio ambiente rendendolo più salutare per i propri scopi.

Questa è certamente una questione che dovrebbe essere studiata con diligenza ed energicamente esplorata. I primi passi sono chiari. Al fine di controllare le questioni meteorologiche è necessario comprenderle meglio di quanto facciamo ora. Quando le capiremo pienamente, potremo in futuro, perlomeno, prevedere il tempo atmosferico con certezza, per intervalli ragionevoli di tempo". Uno dei nuovi nemici iniziò ad essere il tempo meteorologico e quindi Madre Natura. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Vannevar Bush e i suoi compari spesero il loro capitale politico recentemente accumulato disegnando un progetto globale di modificazione del tempo, un governo ombra degli Stati Uniti e un governo mondiale di controllo. Ma come anche nel caso della tramontata eugenetica, si sapeva presto a dover scegliere la terminologia giusta, per convincere-di fare le cose ‘giuste’. Allora: l’atomo divenne un amico, e con esso l’energia atomica, e si scoprì la necessità di “regolare” la popolazione, e questo per motivi di sopravvivenza (sovrappopolazione). Il controllo del tempo era principalmente finalizzato a mitigare gli eventi estremi (siccità, inondazioni, uragani, fulmini, ecc...). Il fatto da osservare è che c’è stato un aumento senza precedenti di catastrofi naturali da quando la natura è finita nelle mani dei manipolatori. Vannevar Bush fu coinvolto nella creazione di grandi organizzazioni nazionali postbelliche volte a consentire la ricerca scientifica finanziata da fondi statali e privati, portando così avanti l’eredità dell’OSRD (Office of Scientific Research and Development ). Queste organizzazioni del dopoguerra sono diventate i veicoli principali per lo sviluppo dei programmi di modificazione meteo dell’America. Questi veicoli erano l’Office of Naval Research (ONR) e la successiva National Science Foundation (NSF).

www.nogeoingegneria.com/timeline/personaggi/un-nuovo-progetto-manh...

È molto interessante notare che questa storia e tutti i nomi rimangono sconosciuti alla maggior parte delle persone. Dove sono stati i media tradizionali in tutti questi anni? Uno dei nomi più importanti è J. von Neumann, che disse nel 1955:"Gli interventi in campo atmosferico e climatico... si svolgeranno su una scala difficile da immaginare al momento... Si fonderanno con gli affari di ogni Nazione, più profondamente di quanto farebbe la minaccia di una guerra nucleare o di qualsiasi altra guerra". Pochi anni dopo, queste ampie visioni prendono forma concreta. Nel 1960, la CIA ha scritto un Memorandum con il titolo “Climate Control”, firmato dal Generale Charles P. Cabell. Era l’epoca della Guerra Fredda e veniva proposto lo sviluppo del controllo climatico e della meteorologia come arma di guerra, non solo per la difesa, ma per il dominio territoriale, addirittura globale. Il documento parla di controllo di clima, acqua e cibo, sottolineando anche l’importanza dell’energia nucleare per mettere in pratica le manipolazioni atmosferiche. Ricordo che molti degli scienziati-militari impegnati nel settore della manipolazione climatica vengono dal settore nucleare, basti pensare ad Edward Teller. Erano gli anni più caldi dei test atomici. Sulle vere intenzioni di queste ‘sperimentazioni’ sappiamo molto poco. Dal 1945 agli anni ’70, molti sforzi sono stati fatti negli studi sulla modifica del clima.

www.nsf.gov/nsb/publications/1965/nsb1265.pdf

Imprenditori americani provarono a inseminare le nuvole per aumentare le precipitazioni locali, scienziati russi proponevano “favolosi progetti” di ingegneria planetaria, agenzie militari esplorarono segretamente la “guerra meteorologica e climatica”. Le centinaia di esplosioni nucleari in quota influenzarono il clima? Influenzarono le condizioni meterologiche? In totale sono esplosi 2.053 ordigni nucleari. Ancora oggi in molti non lo sanno. Perché non sono state indagate le conseguenze sul clima? Con l’ espansione nello spazio, la gamma delle possibili guerre aveva acquisito nuove dimensioni. E vari Think Tanks hanno svolto un ruolo importante nella valutazione e nella simulazione dei passi da compiere. Sembra che in quegli anni alcuni si siano chiesti:"E’ meglio la guerra o la pace?". Esiste un documento al riguardo, di carattere alquanto inquietante, risalente agli anni Sessanta. Si chiama Rapporto Iron Mountain. Il Rapporto Iron Mountain è un testo pubblicato nel 1967, il cui titolo completo è “Rapporto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace” (“Report from Iron Mountain on possibility and desiderability of peace”). Il libro è stato curato da un giornalista indipendente, Leonard Lewin, che ha scritto anche la prefazione, in cui spiega che il testo è un documento governativo ultra-segreto i cui presupposti risalgono alla Presidenza Kennedy. Lewin ci ha raccontato che nel 1965 fu costituito un Gruppo di Studio Speciale a cui l’esecutivo statunitense commissionò un’indagine per capire se la pace mondiale fosse davvero possibile e se fosse utile. Il Gruppo, composto da studiosi e ricercatori di alto livello accademico, dopo mesi di lavoro consegnò al governo il Rapporto, che fu chiamato Iron Mountain dal nome del luogo, un rifugio antiaereo segreto nei pressi di New York, dove si erano riuniti gli scienziati. Le conclusioni cui il Gruppo pervenne sono agghiaccianti: per la stessa sopravvivenza delle forme statali, per la loro conservazione e rafforzamento, per l’economia mondiale, la pace non è desiderabile ed è, al contrario, necessaria una situazione di conflitto costante, in mancanza del quale è necessario ricorrere ad una serie di surrogati della guerra. La guerra è “la principale delle forme strutturanti della società”; essa “rappresenta nella macchina dell’economia una specie di volano (motore) che, con la sua inerzia, controbilancia i progressi della produzione”; essa garantisce il potere politico, ogni potere politico, poiché “l’autorità di base di uno stato sui cittadini risiede nel suo potere militare”.

Dunque, che cosa fare? Come rispondere alle masse che, istintivamente, anelano alla pace? Il Gruppo additò varie risoluzioni: ad esempio, si può imporre un’economia di guerra ma con altri fini. Un altro espediente è di formidabile attualità: inventare “nemici sostitutivi”, creare cioé un avversario che non esiste, ma dal quale si dichiara di doversi difendere. Scrive il G.S.S. (Gruppo di Studio Speciale):“Le minacce fittizie dovrebbero non solo apparire vere, ma essere credute tali con incrollabile convinzione e tale convincimento dovrebbe essere rafforzato dal sacrificio di esistenze umane in numero non insignificante”... Oltre a proporre la carta del terrorismo di stato attribuito, però, a fantomatiche organizzazioni fondamentaliste musulmane, il documento individua altri due strumenti per diffondere paura ed angoscia tra le popolazioni: la minaccia di un’invasione aliena e l’inquinamento deliberato dell’ambiente. La contaminazione degli ecosistemi con sostanze rilasciate nella biosfera, nell’ambito di un’operazione ad hoc, è la punta di diamante del documento, non solo perché causa inquietudine nelle persone, ma anche poiché esplica la diabolica volontà di distruggere il pianeta.

cosco-giuseppe.tripod.com/storia/iron_mountain.htm

"Che il Rapporto sia un'invenzione o meno (la veridicità del documento è discussa), questo testo sembra una mappa stradale e il paesaggio disegnato è già diventato molto realistico per noi. I propositi per il futuro espressi negli anni Sessanta sono diventati sempre più espliciti". Questa affermazione ormai diffusa è di Lyndon B. Johnson, che già nel 1962, poco prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, riassumeva in poche parole molte cose:«Dallo spazio riusciremo a controllare il clima sulla Terra, a provocare alluvioni e carestie, a invertire la circolazione negli oceani e far crescere il livello dei mari, a cambiare la rotta della corrente del Golfo e rendere gelidi i climi temperati». Si tratta quindi della volontà di devastazione deliberata attraverso il controllo di eventi geofisici.

Gordon MacDonald
Sempre negli anni Sessanta, fu Gordon MacDonald ad illustrare possibili sviluppi climatici planetari che potrebbero essere innescati dall’uomo. Lo stratega geopolitico e geofisico Gordon MacDonald, membro dell’Organo di Consulenza Presidenziale, tracciò possibili scenari futuri nel suo saggio ‘Come devastare l’ambiente” (dal libro ‘Unless Peace Comes’ del 1968), scaricabile in rete e tradotto da Nogeoingegneria.

www.nogeoingegneria.com/wp-content/uploads/2013/02/Come_devastare_ambiente_G.MacDo...

MacDonald ha incluso nel suo abbozzo di strumenti futuri di manipolazione ambientale, l’uso distruttivo delle onde dell’oceano (tsunami), la fusione o destabilizzazione delle calotte polari (manipolazioni, spostamenti, fusione di enormi superfici di ghiaccio), uragani controllati, la riduzione intenzionale dell’ozono, il raffreddamento e il riscaldamento del pianeta (raffreddare introducendo materiali nell’alta atmosfera capaci di assorbire i raggi in entrata o riscaldare trattenendo il calore in uscita)… Aveva scritto nel suo saggio:“Un meccanismo esiste per modificare catastroficamente il clima della Terra. Il rilascio di energia termica, forse attraverso esplosioni nucleari lungo la base di uno strato di ghiaccio, potrebbe avviare uno scorrimento verso l’esterno della coltre di ghiaccio, che sarebbe poi sostenuta dall’energia gravitazionale…". E siamo ancora negli anni Sessanta, una fase storica che ha portato a una moltitudine di progetti in Oriente e in Occidente. Nel 1960 nacque un gruppo in sede NATO, il Karman Group, con il compito di studiare le possibilità di ‘guerre ambientali’ come potenziale arma; alla guida del gruppo fu messo von Karman e più tardi Edward Teller. L’arma da studiare era una guerra condotta provocando intenzionalmente disastri ambientali, trasformando la natura in una vera arma capace di generare eventi catastrofici, di devastare l’agricoltura e le infrastrutture, di sciogliere i ghiacci per affogare città portuali avversarie, di deviare correnti marine e correnti atmosferiche, inoltre facendo esplodere ordigni nucleari finalizzati a provocare tempeste radioattive e incendi su enormi spazi abitati. Tutto questo e altro ancora era scienza militare durante la Guerra Fredda.

Il Vietnam fu un grande campo di sperimentazione di guerra ambientale. Furono le rivelazioni dei Pentagon Papers a far conoscere al grande pubblico (ma molti non lo sanno lo stesso) la dimensione della guerra ambientale e delle manipolazioni meteorologiche come strumento durante la guerra nel Vietnam e diede senza dubbio l’input principale alla ‘Convenzione Internazionale ENMOD del 1977′ sul divieto di utilizzo di tecniche di modificazione ambientale per fini militari e altri ‘scopi ostili’. La Convenzione vieta ‘l’induzione artificiale di terremoti e tsunami, la modifica artificiale del tempo, del clima, di correnti oceaniche, dello strato di ozono e della ionosfera’. Se hanno vietato queste operazioni, devono esserci stati degli episodi specifici. Di certo non emetteranno divieti per fatti inesistenti, no? Con i vincoli della Convenzione ENMOD, diventò indispensabile connotare tali progetti e operazioni con nomi ed argomentazioni di fantasia. In ambito militare, il camuffamento è pratica ordinaria, fa parte del gioco, e quindi si fa di routine. Il professor Marvin Herndon ha scritto pochi giorni fa una lettera aperta alla Corte Penale Internazionale in cui il documento ENMOD svolge un ruolo di rilievo; scrive:"Nel 1978 l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha supervisionato la creazione della Convenzione sulla Proibizione dell’Uso Militare o di Altri Usi Ostili delle Tecniche di Modificazione Ambientale (ENMOD), un trattato internazionale volutamente vago e ingannevole che è servito come cavallo di Troia per fornire una base “legale” per le successive attività di geoingegneria a livello mondiale (come descritto nel presente documento). Sin dalla creazione del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) nel 1972, l’ONU e alcune delle sue altre agenzie, tra cui l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si sono formalmente impegnate per l’integrità dell’ambiente planetario.

www.nogeoingegneria.com/timeline/brevettileggi-iniziative-parlamentari-e-giudiziarie/lettera-aperta-alla-corte-penale-internazionale-che-accusa-le-nazioni-unite-di-complicita-in-un-tradimento-pla...

Nascita dell'ambientalismo
Il professore di storia dell’Oregon State University, Jacob Darwin Hamblin, ha individuato nelle sue ricerche gli inizi dell’ambientalismo come nuovo stratagemma di dominio, che si è manifestato all’inizio degli anni Settanta. Hamblin, autore del libro “Arming the Nature”, espone l’evoluzione di un concetto che vede nella strumentalizzazione dei fattori ambientali l’arma principale per raggiungere posizioni di supremazia. Le tesi esposte da Hamblin nel suo libro sono frutto di intense ricerche e spingono l’immaginazione del lettore, nutrendola con dati impressionanti dal passato, verso “un futuro in cui gli scienziati cercano di aiutare i governi a causare, non a prevenire o attenuare, catastrofi naturali”. E’ stato il mondo militare a coniare il termine “guerra ambientale” negli anni ‘60 ed a far entrare il concetto in molti progetti. Parallelamente si sviluppò in forma esplicita l’ambientalismo. Hamblin traccia connessioni tra questi due filoni e sostiene che gran parte del pensiero ambientalista moderno abbia radici nell’elaborato di scienziati e strateghi militari durante i giorni bui della guerra fredda. Alcuni personaggi rappresentano particolarmente bene gli intrecci o i doppi coinvolgimenti: un esempio è Jay Forrester del MIT, che modellava sistemi di difesa per l’esercito degli Stati Uniti prima di costruire il modello di analisi del “Giorno del Giudizio” (Doomsday), che sta alla base di un libro-pilastro del Club di Roma del 1972, “I limiti dello sviluppo” (The Limits to Growth).

en.wikipedia.org/wiki/Aurelio_Peccei

Nel 1972, il fondatore del Club di Roma aveva pubblicato il suo libro “I limiti della crescita”, un libro che era stato commissionato dal Club di Roma e che aveva un approccio malthusiano alla sovrappopolazione. Il libro avrebbe messo in discussione la sostenibilità della crescita economica globale. Peccei era stato invitato da Schwab a fare il discorso principale al World Economic Forum del 1973, Forum nato nel 1971 e cresciuto in dimensioni, scala e potere in pochissimo tempo. Il Forum è praticamente nato a partire da un corso ad Harvard finanziato dalla CIA e guidato da Henry Kissinger, al quale ha partecipato anche Klaus Schwab, uno studente di dottorato che è stato selezionato per il grande progetto del WEF.

E’ l’ora di creare il nuovo paradigma
Alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, i circoli internazionali, nei quali il nome di David Rockefeller spicca da decenni (e Kissinger viene da lì), hanno lanciato una serie impressionante di organizzazioni d’élite e think tank. Tra queste, il Club di Roma, il 1001: A Nature Trust, legato al World Wildlife Fund (WWF), la Conferenza della Giornata della Terra delle Nazioni Unite di Stoccolma, lo studio del MIT 'Limits to Growth' e la Commissione Trilaterale di David Rockefeller. Nel 1972 fu celebrato il primo Earth Day, coordinato da Maurice Strong. E fu perfino battezzato Father of Earth. Maurice Strong ha contribuito fortemente a mobilitare il mondo sull’ambientalismo. Il movimento ambientale globale ha assunto la sua forma in tre tappe. La Conferenza di Stoccolma del 1972, la creazione del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) subito dopo e la Conferenza di Rio del 1992. Tutte e tre sono state organizzate e gestite da Maurice Strong. Il legame tra Maurice Strong e Rockefeller è fondamentale. Rockefeller ha sempre preferito un ruolo nell’ombra, in particolare John Rockefeller. Rockefeller ha sponsorizzato anche il Club di Roma. Nel suo rapporto del 1974, Mankind at the Turning Point, il Club di Roma ha sostenuto che "la crescente interdipendenza tra nazioni e regioni deve tradursi in una diminuzione dell’indipendenza. Le nazioni non possono essere interdipendenti senza che ciascuna di esse rinunci a una parte della propria indipendenza, o almeno ne riconosca i limiti. È giunto il momento di elaborare un piano generale per una crescita organica e sostenibile e per uno sviluppo mondiale basato sull’allocazione globale di tutte le risorse finite e su un nuovo sistema economico globale". Questa è stata la prima formulazione dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite, dell’Agenda 2030 e del Grande Reset di Davos del 2020.

David Rockefeller e Maurice Strong
L’organizzatore di gran lunga più influente dell’agenda di Rockefeller sulla “crescita zero” nei primi anni ’70 fu quindi l’amico di lunga data di David Rockefeller, Maurice Strong. Maurice Strong è stato uno dei primi propagatori della teoria secondo la quale le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e dall’agricoltura, causano un drammatico e crescente aumento della temperatura globale che minaccia “il pianeta”, il cosiddetto riscaldamento globale. Maurice Strong ha lanciato l’ordine mondiale dell’ambiente. La sua fama dell’uomo che salvò la Terra parte soprattutto nel 1992.

Nel 1992 Al Gore e Maurice Strong a Rio de Janeiro: la COP1
Nel giugno del 1992, egli presiedeva a Rio de Janeiro la delegazione americana alla Conferenza Mondiale per l’Ambiente, cui hanno partecipato 7.892 delegazioni venute da tutto il mondo, con un illimitato sostegno finanziario da parte di fondazioni come Carnegie, Kettering, Rockefeller, Rothschild (Edmond) e altre che, insieme a queste ultime o senza di esse, vengono mantenute dalle sei principali organizzazioni americane “non governative”, specializzate nella “difesa dell’Ambiente”, come Sierra Club, Friends of Earth, National Wildlife Federation e così via.

Un mondo escluso ai vertici climatici ambientali

Mentre in passato sono stati diffusi molti documenti sugli sforzi per modificare le condizioni ambientali, dopo l’ENMOD è calato il silenzio. Nessuna meraviglia, quindi, che nemmeno il COP abbia prestato attenzione. Ciononostante, la ricerca e la sperimentazione sono proseguite. Nel 1997 è stato pubblicato l’ormai noto documento Owning the Weather.

www.nogeoingegneria.com/news/il-meteo-come-moltiplicatore-di-forza-possedere-il-tempo-n...

Nello stesso anno veniamo a conoscenza della proposta di Edward Teller di un metodo economico per manipolare il clima terrestre, che fino ad oggi è stato rigorosamente ignorato dai vertici. In questo arco di tempo viene costruito l’impianto HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program) in Alaska, seguito dalla costruzione di numerose installazioni analoghe (Riscaldatori Ionosferici) in tutto il mondo.

HAARP - Un sistema di armamenti con effetti devastanti sul clima
Il 5 febbraio 1998 la sottocommissione “Sicurezza e Disarmo” del Parlamento Europeo tenne un’audizione in cui si parlò anche di HAARP. Leggiamo:

"Benché invitati, i rappresentanti della NATO e degli USA preferirono non partecipare. La commissione deplora che gli USA non abbiano inviato nessuno all’audizione e non abbiano approfittato dell’occasione per commentare il materiale presentato".

HAARP, il programma di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza (High Frequency Active Auroral Research Project) è condotto congiuntamente dall’aeronautica militare e dalla marina militare americane e dall’Istituto di Geofisica dell’Università dell’Alaska di Fairbanks. Progetti analoghi vengono condotti addirittura in Norvegia, probabilmente in Antartide, ma anche nell’ex Unione Sovietica. HAARP è un progetto di ricerca in cui, attraverso impianti basati a terra e una serie di antenne, ciascuna alimentata da un proprio trasmettitore, si riscaldano con potenti onde radio parti della ionosfera. L’energia così generata riscalda talune parti della ionosfera provocando buchi e lenti artificiali… A partire dagli anni ’50 gli Stati Uniti hanno effettuato esplosioni di materiale nucleare nelle fasce di Van Allen (25) per sondare gli effetti delle esplosioni atomiche ad un’altezza così elevata sulle trasmissioni radio e le operazioni radar in virtù dell’intenso impulso elettromagnetico scatenato dalle deflagrazioni. Esse crearono nuove fasce di radiazione magnetica comprendenti quasi tutta la terra. Gli elettroni correvano lungo linee di campo magnetiche creando un’aurora boreale artificiale sopra il Polo Nord. Con questi test militari si rischia seriamente di danneggiare per molto tempo la fascia di Van Allen. Il campo magnetico terrestre può essere distrutto in vaste aree impedendo le comunicazioni via radio. Secondo scienziati americani ci vorranno probabilmente molte centinaia di anni prima che la fascia di Van Allen si stabilizzi nella sua posizione normale. Il sistema HAARP può provocare mutamenti delle costanti meteorologiche. Esso può anche influenzare tutto l’ecosistema, soprattutto nella sensibile area antartica…

www.nogeoingegneria.com/timeline/brevettileggiiniziativeparlamentariegiudiziarie/relazione-del-1999-del-parlamento-europeo-su-h-...

Tutto questo è diventato complottismo, a dispetto di numerose figure di alto livello nel settore e dei documenti ufficiali, e gli attaccanti non tengono nemmeno in considerazione le migliaia di test nucleari e le loro conseguenze. L’atmosfera superiore è stata sistematicamente studiata e sottoposta a manipolazione nel corso di oltre 60 anni. Nel 2011, Rosalie Bertell si è rivolta alle Nazioni Unite con una lettera. Bertell è stata membro di commissioni governative, ha lavorato per tutta la vita con le Nazioni Unite e ha un curriculum impressionante. Questa lettera basterebbe a illustrare l’essenza di ciò che dovrebbe essere presentato a un organismo che si occupa di caos climatico. La lettera, a cui non è mai stata data risposta, è disponibile sul sito.

www.nogeoingegneria.com/librifilms/lettera-inedita-di-rosalie-bertell-alle-nazioni-unite-senza-r...

Come è possibile ignorare questa realtà in un dibattito sul clima in cui ci si concentra sul caos meteorologico e climatico e si progettano misure per "salvarsi", che non fanno altro che peggiorare la salute del clima e del pianeta? E come è possibile che si stiano “prendendo in considerazione” misure che vediamo già applicate da anni? Ci sarebbe molto altro da illustrare ed evidenziare. Ma mi fermo qui.

Maria Heibel
04 dicembre 2022
www.nogeoingegneria.com/timeline/progetti/modificazioni-atmosferiche-non-le-emissioni-di-anidride-carbonica-sono-alla-base-del-caos-cl...
wheaton80
00lunedì 13 novembre 2023 15:20
Vuoi pubblicare uno studio sul clima? «Non dire tutta la verità»

Arriviamo dall’estate dell’ecoansia, due mesi in cui il racconto mediatico degli eventi meteorologici ha esondato nella climatologia da spiaggia, e ogni temporale, raffica di vento o incendio era indiscutibilmente causato dai cambiamenti climatici, a loro volta causati dalle emissioni di gas serra dell’uomo. Chi avanza dubbi è “negazionista”, chi non dice che «bisogna agire subito!» è antiscientifico.

www.tempi.it/riviste-digitali/bolle-di-dragone/

La quasi totalità degli esperti di clima è d’accordo, abbiamo letto e sentito spesso, e tanto basta per applicare l’etichetta "climate change" su qualunque allarme per interrompere il dibattito.

Gli incendi e il cambiamento climatico
Prendiamo il caso degli incendi, che, come quasi sempre succede in estate, hanno colpito l’Italia, l’Europa, il Canada e, con conseguenze relativamente tragiche, anche le Hawaii. Di sicuro effetto visivo, le foto di foreste e boschi in fiamme hanno accompagnato per settimane quasi tutti gli articoli sull’emergenza climatica, come se l’effetto diretto del riscaldamento globale fossero le lingue di fuoco dell’inferno su questa terra. Piromani, scarsa prevenzione, disorganizzazione nei soccorsi, errori nelle fasi di evacuazione, mancanza di mezzi per contenere gli incendi erano note a piè di pagina, accidenti che i cronisti erano costretti a menzionare e che i titolisti erano autorizzati a ignorare. «Sono uno scienziato del clima. E sebbene il cambiamento climatico sia un fattore importante che influenza gli incendi in molte parti del mondo, non è nemmeno lontanamente l’unico fattore che merita la nostra attenzione esclusiva». A scriverlo è Patrick T. Brown, climatologo con dottorato di ricerca e co-direttore del Climate and Energy Team presso il Breakthrough Institute. In un lungo intervento su The Free Press, Brown racconta di come è riuscito a farsi pubblicare da una delle riviste scientifiche più importanti al mondo, Nature, un articolo su clima e incendi, e di come per farlo abbia dovuto censurarsi.

www.thefp.com/p/i-overhyped-climate-change-to-get-published

«Non ho detto tutta la verità per pubblicare il mio studio»
«Non ho detto tutta la verità per pubblicare il mio paper sul cambiamento climatico», scrive sul portale diretto da Bari Weiss, la giornalista che lasciò il New York Times perché troppo ideologico e schierato dalla parte del politicamente corretto. «Perché la stampa si concentra così intensamente sul cambiamento climatico come causa principale [degli incendi]?», si chiede lo scienziato. Forse perché «si adatta a una trama semplice che premia la persona che la racconta», come ha sperimentato lui stesso nel suo documento pubblicato da Nature. «Sapevo di non dover cercare di quantificare aspetti chiave diversi dal cambiamento climatico nella mia ricerca perché avrebbe diluito la storia che riviste prestigiose come Nature e la sua rivale, Science, vogliono raccontare». Per uno scienziato è di fondamentale importanza essere pubblicati su riviste di alto profilo, in molti casi sono la strada per avere successo professionale nel mondo accademico. «Chi dirige queste riviste ha reso abbondantemente chiaro, sia con ciò che pubblicano sia con ciò che rifiutano, che vogliono paper sul clima che confermino alcune narrazioni pre-approvate, anche quando queste narrazioni vanno a scapito di una più ampia conoscenza per tutti dell’argomento».

La scienza del clima è una nuova Cassandra
Il fatto è che, spiega Brown, «la scienza del clima è usata sempre meno per comprendere le complessità del mondo, mentre la sua funzione è sempre più quella di fungere come una sorta di Cassandra, avvertendo allarmisticamente il pubblico sui pericoli del cambiamento climatico. Per quanto comprensibile possa essere questo istinto, distorce gran parte della ricerca scientifica sul clima, disinforma il pubblico e, soprattutto, rende più difficile trovare soluzioni pratiche». Brown descrive quello che negli anni è diventato un circuito vizioso praticamente perfetto: la carriera di un ricercatore dipende dal fatto che il suo lavoro venga ampiamente citato e percepito come importante, perché questo «innesca cicli di feedback auto-rinforzanti quali riconoscimento del nome, finanziamenti, domande di qualità da parte di aspiranti dottorandi e dottorandi e, naturalmente, riconoscimenti». Ora si dà il caso che il numero di ricercatori negli Stati Uniti cresce ogni anno di più, e distinguersi dalla massa è sempre più difficile. I pregiudizi dei direttori di queste riviste, per forza, influenzano la produzione e il taglio che i ricercatori danno ai loro paper per essere pubblicati. «La prima cosa che l’astuto ricercatore climatico sa è che il suo lavoro dovrebbe sostenere la narrativa mainstream, vale a dire che gli effetti del cambiamento climatico sono sia pervasivi che catastrofici e che il modo principale per affrontarli non è impiegare misure pratiche di adattamento come infrastrutture più forti e più resilienti o, nel caso degli incendi, una migliore gestione delle foreste o linee elettriche sotterranee, ma attraverso politiche mirate a ridurre le emissioni di gas serra». A quel punto il gioco è fatto.

Non serve mentire, basta non dire tutto
Non serve mentire, basta non dire tutto: non è vero che il cambiamento climatico non ha alcuna influenza sugli incendi, solo però ci sono anche altri fattori che possono essere altrettanto o più importanti. Brown sapeva che approfondire l’influenza degli altri fattori avrebbe diminuito le possibilità di vedere il suo paper sulle pagine di Nature, spiega, e non l’ha fatto. Farlo avrebbe permesso una comprensione maggiore del problema e aiutato a trovare soluzioni migliori? Certamente, ma non sarebbe stato pubblicato. Un altro esempio, ancora più clamoroso, è quello di un recente studio in cui gli autori sostengono che i due maggiori impatti dei cambiamenti climatici sulla società sono le morti legate al caldo estremo e i danni all’agricoltura. «Tuttavia, gli autori non menzionano mai che il cambiamento climatico non è il motore principale di nessuno di questi impatti: le morti legate al caldo sono in calo e i raccolti sono in aumento da decenni, nonostante il cambiamento climatico». Riconoscerlo, però, implicherebbe il fatto di riconoscere l’esistenza di soluzioni di successo per mitigare le conseguenze del climate change diverse dal taglio delle emissioni.

Guai a indicare soluzioni diverse dal taglio di emissioni
E qui scatta la seconda regola non detta per scrivere un documento sul clima di successo:«Gli autori dovrebbero ignorare, o almeno minimizzare, le azioni pratiche che possono contrastare l’impatto del cambiamento climatico. Ma studiare le soluzioni invece di concentrarsi semplicemente sui problemi non susciterà l’interesse del pubblico, o della stampa. Inoltre, molti scienziati climatici tradizionali tendono a considerare sbagliata l’intera prospettiva di utilizzare la tecnologia per adattarsi al cambiamento climatico; affrontare il problema delle emissioni è l’approccio giusto. Quindi il ricercatore esperto sa stare lontano dalle soluzioni pratiche». Brown elenca una serie di altri “trucchi” per farsi pubblicare, dall’utilizzo di metriche che generano numeri più alti, non importa se inutili (non scrivere quanti chilometri quadrati di boschi e foreste vengono bruciati dagli incendi, metti in evidenza «l’aumento del rischio di incendi che bruciano più di 10.000 acri in un solo giorno»). C’è poi il classico trucco dello scenario catastrofico sul futuro prossimo che non tiene conto di come la tecnologia o una migliore gestione delle emergenze ha potuto e può risolvere diversi problemi:«Questo tipo di analisi più pratica è tuttavia scoraggiato, perché osservare i cambiamenti negli impatti su periodi di tempo più brevi e includere altri fattori rilevanti riduce l’entità calcolata dell’impatto del cambiamento climatico, e quindi indebolisce le ragioni a favore della riduzione delle emissioni di gas serra».

Il clima influisce sugli incendi, ma non solo
Brown non rinnega il suo articolo, anzi, è convinto che il cambiamento climatico abbia un impatto importante sugli incendi, ma, dice, «il processo di personalizzazione della ricerca per un eminente giornale l’ha resa meno utile di quanto avrebbe potuto essere». Brown ha iniziato a scrivere il suo paper nel 2020:«Ero un nuovo professore assistente e avevo bisogno di massimizzare le mie prospettive di carriera di successo». Quando, in precedenza, aveva tentato di discostarsi dalla narrazione mainstream, «i miei articoli sono stati respinti in tronco dai redattori di prestigiose riviste, e mi sono dovuto accontentare di sbocchi meno prestigiosi».

Gli studi sul clima e il ruolo dei media
Un anno fa Brown ha lasciato il mondo accademico, è entrato in un centro di ricerca privato senza scopo di lucro, il Breakthrough Institute, e dice di sentire «molta meno pressione nel modellare la mia ricerca in base alle preferenze di importanti direttori di riviste. Ciò significa portare avanti la ricerca sugli incendi in una versione che ritengo aggiunga un valore molto più pratico per le decisioni del mondo reale: studiare gli impatti dei cambiamenti climatici in periodi di tempo rilevanti e nel contesto di altri cambiamenti importanti, come il numero di incendi appiccati da persone e gli effetti della gestione forestale. La ricerca potrebbe non generare la stessa storia e i titoli desiderati, ma sarà più utile nell’elaborazione di strategie sul cambiamento climatico».
È sbagliato, conclude, che gli scienziati del clima debbano «esiliarsi dal mondo accademico per pubblicare le versioni più utili delle loro ricerche». E i media «dovrebbero smettere di accettare questi paper per oro colato e indagare su ciò che è stato lasciato fuori». «Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale nel mondo accademico e nei media d’élite che consenta un dibattito molto più ampio sulla resilienza sociale al clima». Chissà se daranno del negazionista anche a lui, a questo punto.

Piero Vietti
07/09/2023
www.tempi.it/vuoi-pubblicare-uno-studio-sul-clima-non-dire-tutta-la...
wheaton80
00mercoledì 15 novembre 2023 12:26
Demolito il falso consenso sul clima

Nel 2013, John Cook, un mediocre fisico australiano che ha trovato nella climatologia catastrofica l’unico modo di emergere, pubblicò una sua balzana ricerca nella quale sosteneva che il 97% di 11.944 articoli scientifici sottoposti a revisione paritaria approvavano esplicitamente l’opinione secondo cui gli esseri umani avevano causato la maggior parte del riscaldamento negli ultimi 150 anni. E’ stata questa la base che ha creato il mito del massiccio consenso sul riscaldamento antropico e catastrofico per cui quindi questa idea fondata su mere ipotesi e su “modelli” privi di qualsiasi consistenza e del tutto priva di basi fisiche sarebbe la “voce della scienza”. Già questo di per sé potrebbe non significare nulla; il consenso non è una prova: nel 1500 tale voce diceva che il sole girava attorno alla terra o più tardi che la luce obbediva alla relatività galileiana, ma in realtà il consenso climatico è stato raggiunto con un volgarissimo trucco: al “pasionario” John Cook è bastato escludere i 7.930 articoli che non avevano preso posizione sul cambiamento antropogenico; quindi non si trattava affatto del 97%, ma al massimo del 30%, dentro il quale figurava almeno la metà delle ricerche che attribuivano all’attività antropica solo una parte marginale del riscaldamento e dunque non erano affatto allineate con l’incipiente narrazione della Co2, dell’azoto e dunque della necessità di impoverimento generale e di ulteriore arricchimento dei poteri grigi. Ma siccome occorreva che questa menzogna corresse come un brivido nelle menti, si è pompata questa idea del consenso generale al 99%, che è francamente una cazzata stratosferica, non fosse altro che oltre 1.100 ricercatori e scienziati della climatologia, premi Nobel compresi, hanno firmato un documento in cui negano decisamente qualsiasi fantasia catastrofica e dunque per ottenere questo consenso bulgaro i climatologi dovrebbero essere oltre 100mila. Ma come si fa a credere a queste fesserie? E comunque ora è uscita una nuova ricerca fatta da scienziati israeliani che mette in ridicolo il presunto consenso scientifico e allo stesso tempo denuncia lo stato miserando in cui versa questo campo di studi che è ormai strettamente legato alle pazzesche agende sociali del WEF e degli oligarchi nordamericani e il loro maltusianesimo di fondo.

www.mdpi.com/2225-1154/11/11/215

Essi hanno esaminato il documento che come prima firma porta quella di Mark Lynas, che si definisce Communication Strategist e Climate Lead per l’Alliance of Science, finanziata in gran parte dalla Fondazione di Bill Gates. Ebbene costui, che non ha nessuna reale competenza in questo campo (come del resto il suo finanziatore), ha seguito le orme di Cook dieci anni dopo e ha esaminato 3000 ricerche a tema climatico concludendo per una massiccia adesione alle tesi catastrofiste. Ha usato lo stesso trucco: ha semplicemente annesso al catastrofismo articoli che non prendono posizione sul riscaldamento antropico, alterando completamente il panorama reale. Gli autori israeliani notano che gli scienziati scettici tendono a non enfatizzare questa loro posizione nell’abstract di apertura, mentre poi nel testo vero e proprio dicono tutt’altro e questo avviene perché è diventato quasi impossibile pubblicare qualcosa sulle principali riviste scientifiche se non si supporta una narrativa catastrofica che è necessaria all’ingegneria sociale delle élite. Dunque il tanto vantato consenso si riduce di molto quando si vanno a leggere le ricerche e non ci si ferma al riassunto, un pò come capita nei giornali dove si fanno titoli che non corrispondono affatto al contenuto. Ecco l’avvilente situazione che si crea quando la scienza e la conoscenza dipendono dal denaro privato. Da parte loro, gli scienziati israeliani notano che le loro critiche si applicano in generale anche ai precedenti studi di consenso basati sulla scansione dei soli abstract e sarebbe quindi di fondamentale importanza ritrovare pratiche corrette e non truffaldine in questi tipi di studio sul consenso. Intanto si è saputo che la temperatura in Antartide è diminuita di un grado dal 1999 e stiamo ancora a cincischiare: purtroppo il clima vero e non quello dei modelli si ribella alle menzogne e ai vari record del caldo fasulli.

09 novembre 2023
ilsimplicissimus2.com/2023/11/09/demolito-il-falso-consenso-su...
wheaton80
00venerdì 17 novembre 2023 12:45
Eminente scienziata del clima confessa:“E' tutto inventato”

“Abbiamo inventato il riscaldamento globale per spaventare il pubblico e fargli credere che dobbiamo combattere una “emergenza climatica”. A dirlo in un’ intervista al New York Post non è quello che i dimidiati dei giornali chiamerebbero negazionista del clima, ma è uno degli scienziati climatici più influenti al mondo, ovvero Judith A. Curry, ex Preside della School of Earth and Atmospheric Sciences presso il Georgia Institute of Technology.

nypost.com/2023/08/09/climate-scientist-admits-the-overwhelming-consensus-is-manuf...

A rendere però davvero clamorosa questa dichiarazione è il fatto che la Curry è stata per molto tempo tra le voci più autorevoli del catastrofismo, di quelle che ad ogni momento avvertivano che la Terra sta affrontando un’emergenza a causa del "cambiamento climatico causato dall’uomo“. Ma ha gradualmente gettato la maschera e ora spiega che il consenso scientifico su questi temi è fabbricato ad arte e rivela che scienziati perseguono obiettivi di carriera e di soldi che li portano a esagerare o addirittura a inventare i presunti rischi climatici. Secondo Curry, uno dei modi più semplici ed efficaci con cui gli “scienziati” del clima possono farsi spazio nel mondo accademico e in quello dei media è fare false affermazioni che collegano il clima al riscaldamento globale. Questo dovrebbe far pensare a quale danno può fare il corto circuito che si crea in campo scientifico quando i soldi per la ricerca, per gli investimenti, per le università e per le riviste scientifiche derivano dalle stesse tasche e in definitiva dal capitale internazionale che possiede anche tutta l’informazione generalista.

La Curry sa esattamente come funziona l’industria della scienza del clima, avendo essa stessa diffuso l’isteria del riscaldamento globale. Un tempo era la beniamina dei media dopo aver pubblicato uno studio che sembrava mostrare un drammatico aumento dell’intensità degli uragani. "Abbiamo scoperto che la percentuale degli uragani di categoria 4 e 5 era raddoppiata“, scriveva Curry. ”Questo è stato ripreso dai media, e poi gli allarmisti climatici hanno fatto da cassa di risonanza”. Gli uragani più “intensi” riportati nei suoi risultati hanno rapidamente incoraggiato gli allarmisti e di fatto Curry ha ricevuto un riconoscimento globale dopo che essi sono stati collegati al cambiamento climatico e all’agenda verde:”Sono stata adottata dai gruppi ambientalisti e dagli allarmisti e trattata come una rock star“, dice Curry. “Sono andata ovunque per incontrare i politici”. Ma poi alcuni ricercatori hanno sottolineato le lacune nel suo studio evidenziando gli anni con pochi uragani. ”Da bravo scienziato, ho fatto qualche ricerca“, dice Curry. E si è resa conto che i critici avevano ragione.”In parte si trattava di dati errati“, ha ammesso.

“In parte ciò è dovuto alla variabilità naturale del clima”. Curry insomma è stata l’insolita ricercatrice che ha esaminato le critiche al suo lavoro e in realtà ha concluso che “avevano ragione”, anche se sembra di notare, stando alle sue parole, che la tesi dell’aumento dei fenomeni estremi fosse fin dall’inizio un pò forzata e oggi, sebbene sia sul menu delle migliori bugie dei giornali, è chiaramente una balla visto che i numeri sono pubblicati. Poi lo scandalo Climategate ha mostrato che gli altri scienziati del campo non erano altrettanto aperti e di fatto, come appare da e-mail trapelate, tentavano e tentano in maniera aggressiva di nascondere dati che suggeriscono che il cambiamento climatico catastrofico è pura fuffa. ”Cose brutte“, dice Curry. “Elusione delle richieste della legge sulla libertà di informazione”. Ciò ha fatto capire a Curry che esiste una vera e propria “industria del cambiamento climatico” che premia l’allarmismo. ”Le origini risalgono al… programma mbientale delle Nazioni Unite“, ha affermato Curry. Alcuni funzionari delle Nazioni Unite, poi confluiti nell’IPCC, erano motivati dall’“anticapitalismo”, ha rivelato. “Odiavano le compagnie petrolifere e hanno sfruttato la questione del cambiamento climatico per portare avanti la loro politica“. Ed è davvero sconcertante che quelle tesi siano ora sfruttate proprio dall’ultra capitalismo per creare una società diseguale quale la storia non ha ancora visto.

Per sintetizzare, i ricercatori hanno subito scoperto che oggi l’unico modo per ottenere denaro è fare affermazioni allarmanti sul “cambiamento climatico provocato dall’uomo”. In questo modo si crea un consenso artificiale e anche se uno scettico ottiene finanziamenti, è più difficile pubblicare perché gli editori della rivista prediligono il catastrofismo. Questo è esattamente ciò che abbiamo ora: un enorme complesso di allarmismo climatico finanziato dai governi complici e da centrali private per servire gli obiettivi dell’agenda verde del Forum Economico Mondiale delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e di altre organizzazioni globaliste che non rappresentano nessuno se non i loro proprietari. Per raggiungere questi obiettivi, il piano è solitamente quello di ridurre drasticamente la qualità della vita della maggior parte delle persone per “salvare il pianeta” e questo mentre la quantità di Co2 in atmosfera è al limite inferiore di quella necessaria per la vita vegetale.

21 ottobre 2023
ilsimplicissimus2.com/2023/10/21/autorevole-scienziata-del-clima-confessa-e-tutto-in...
wheaton80
00mercoledì 13 dicembre 2023 20:10
“Cop28 storico accordo”. Perché è una grossa bufala

Ogni anno, alla fine della Cop di quell’anno (e quest’anno siamo alla 28ma edizione) il lancio delle agenzie di stampa (di tutte, se si esclude qualche imperdonabile pecora nera) è il seguente:«Storico accordo sul clima raggiunto a X». Dove X = Dubai quest’anno, ma negli anni precedenti erano Parigi, Bali, Glasgow, ecc... Curiosamente, le firme di questi accordi sono state tutte raggiunte, sempre, immancabilmente, nottetempo e, va da sé, all’ultimo momento. Comunque sia, il successo è sempre stato «senza precedenti». C’è da chiedersi perché mai continuino a riunirsi, visto che l’esito è favorevole. Cos’altro mai avranno avuto da negoziare, se hanno raggiunto gli accordi prefissatisi. Recentemente mi son trovato a prender parte ad una mediazione per una bega legale: la riunione di mediazione s’è conclusa con l’accordo e non ci siamo dati altri appuntamenti. Invece questi continuano a “negoziare”, sebbene le negoziazioni della volta precedente fossero state un grande successo. Anzi, uno “storico” successo. Boh.

Così l’Ansa:«Accordo storico: per la prima volta i combustibili fossili nel testo». Sulla storicità abbiamo già espresso la nostra meraviglia. Non inferiore a quella sul fatto che i combustibili fossili fossero stati nominati, stavolta, a Dubai, «per la prima volta». Fateci capire: ma di che avete chiacchierato le 27 volte precedenti? Posto che ‘ste Cop nacquero 28 anni fa con l’intento di accordarsi su come ridurre le emissioni di CO2, e posto che queste sono il prodotto dell’uso dei combustibili fossili, com’è possibile che non li abbiano mai nominati prima? Più preciso il Fatto Quotidiano:«In 21 pagine di testo, la parola “petrolio” non c’è mai, mentre l’espressione “combustibili fossili” appare due volte. Non a caso». Sono sempre più disorientato dalla perspicacia di quelli del Fatto. Io sono un sempliciotto di pensiero e non colgo il significato della cosa. Quel “non a caso” ti fa capire quanto lunga la sa l’autore dell’articolo. Tale Luisiana Gaita, che nominiamo giusto per dare a Cesare quel che è di Cesare. Epperò quel “non a caso” non ci viene chiarito. Insomma, chi vuol capire capisce. E peggio per me che son così tonto da non cogliere queste sfumature.

L’ONU intera, per bocca del suo Segretario Generale Antonio Guterres, avrebbe poi tenuto a precisare:«Speriamo che non sia troppo tardi». Ma come, si sono riuniti in 100.000, hanno raggiunto lo storico accordo di triplicare le rinnovabili, e hai anche il dubbio che possa essere troppo tardi? Di nuovo boh. Comunque, l’esultazione è generale. Ursula Von der Leyen è stata descritta addirittura «entusiasta». II Ministro Pichetto Fratin stavolta non s’è messo a piangere, né per la commozione e neanche per la disperazione. Però pare si sia sbilanciato sul futuro del nucleare per l’Italia, sbilanciamento quanto mai appropriato visto che da noi il nucleare è una solida fonte di approvvigionamento. La gioia gli ha fatto scappare di bocca anche la parola idrogeno, sebbene sia come l’araba fenice; anzi peggio: dove sia nessun lo dice semplicemente perché che ci sia nessun lo sa.

Angelo Bonelli ha commentato dicendo che Pichetto Fratin non ha capito nulla del testo. Immagino discuteranno tra loro la cosa, anche perché dichiarano effettivamente di aver capito cose opposte. Legambiente, invece, lamenta tre nei: il testo dell’accordo 1) non chiarisce quali tecnologie usare per abbattere le emissioni, 2) conferma che i combustibili fossili continueranno ad essere usati, e 3) non chiarisce come aiutare in codesta uscita coloro che non possono attuarla. Senonché, se fossero veri i nei lamentati da Legambiente, rimane il mistero delle ragioni dell’euforia generale.

Io avanzo un’ipotesi: la notte del 12 dicembre s’erano tutti ubriacati, circostanza che produce quegli effetti che si chiamano, appunto, euforia.

Franco Battaglia
13 dicembre 2023
www.nicolaporro.it/cop28-storico-accordo-perche-e-una-grossa...
wheaton80
00sabato 6 aprile 2024 20:11
Isole che salgono, allarmi che suonano a vuoto

Nuovo allarme per gli allarmisti climatici, che da circa trent’anni ci vanno dicendo che molte isole sarebbero scomparse a causa del riscaldamento globale, una tesi che ha salvato molti governi degli stati isolani che, presi dall’orgia del turismo, hanno costruito dove non dovevano innescando fenomeni di subsidenza che poi cosiddetti scienziati scambiavano per innalzamento del livello delle acque. Un perfetto circolo vizioso, un feedback a delinquere. Oggi però un accurato studio cinese mostra che negli ultimi 20 anni una superficie di terra equivalente a 369,67 chilometri quadrati è stata aggiunta alle coste di 13.000 isole in tutto il mondo.

www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/17538947.2024.2329816

Non è molto, certo; è la superficie di un’area urbana di medie dimensioni come quella di Milano, ma basta a confutare i timori di una scomparsa delle isole particolarmente basse e soprattutto dimostra che siamo nel pieno di un’inversione di tendenza. Il gruppo di ricercatori cinesi che ha usato sia i dati satellitari che le registrazioni di superficie ha dimostrato che in effetti una qualche perdita di terra si è avuta negli anni ’90, ma che poi c’è stato un recupero del territorio perduto a cui se ne è aggiunto di nuovo. E dire che l’anno scorso il Guardian, un quotidiano che funge da prefica climatica, aveva messo in piedi una sorta di lamento funebre per la prossima scomparsa dell’isola di Tuvalo: una fesseria totalmente gratuita, visto che la massa terrestre delle 101 isole di Tuvalu è cresciuta del 2,9%, come ha dimostrato uno studio specifico. Inoltre un altro lavoro condotto su 30 atolli del Pacifico, riesaminando completamente i dati disponibili, ha rilevato che nessuno di loro aveva perso terra. Il caso di scuola presentato negli ultimi vent’anni è stato quelle delle Maldive, ormai date per spacciate e assunte come manifesto del catastrofismo climatico grazie all’opera di Mark Lynas, un pasionario in cerca di attenzione, il quale assurdamente sostiene che il 99,9% degli scienziati concordi sul fatto che gli esseri umani causano tutti o la maggior parte dei cambiamenti climatici.

Questo personaggio che vive degli allarmi che lancia e il cui reddito dipende dall’ampiezza di essi, arrivò a organizzare una riunione sottomarina del governo maldiviano nel 2009. Voleva essere una forma di clamorosa protesta, ma disgraziatamente si dà il caso che le Maldive siano una delle numerose aree che hanno visto recenti incrementi della massa terrestre. Altre aree includono l’arcipelago indonesiano, le isole lungo la costa della penisola indocinese, le isole del Mar Rosso e del Mediterraneo. In realtà proprio le Maldive dovrebbero essere un manifesto non del cambiamento climatico di origine antropica, bensì della devastazione ambientale da parte di governi e popolazioni che hanno avuto un ruolo decisivo nella distruzione degli equilibri naturali in un senso che non c’entra un bel nulla con il clima. Lo stato maldiviano ha chiesto “riparazioni climatiche” ai cittadini del mondo sviluppato colpevoli della situazione, ma la verità è che il turismo ha drammaticamente aumentato le entrate delle Maldive ai livelli di primo mondo inducendo ad estrarre il corallo in quantità industriali per costruire porti, aeroporti e complessi turistici. Nel processo, la diversità della vita oceanica è andata perduta e le isole sono spesso meno protette dalle onde tempestose che possono fluire direttamente verso la costa. In un recente saggio, un gruppo di scienziati ed economisti ha accusato che l’estrazione del corallo “ha provocato un massiccio degrado delle aree pianeggianti e poco profonde della barriera corallina, con importanti impatti negativi sulla protezione delle coste”.

www.frontiersin.org/articles/10.3389/frevc.2023.1110214/full

Lo studio cinese, che è il primo di tale ampiezza, è importante per contribuire a distruggere l’idea secondo cui molte isole basse semplicemente scompariranno sotto le onde nel prossimo futuro a causa del cambiamento climatico indotto dall’uomo. Mostra come i cambiamenti del litorale siano un processo persistente e continuo soggetto a molte influenze sia naturali che economiche e che molte isole sono aumentate di dimensioni negli ultimi tempi, nonostante un aumento millimetrico del livelli degli oceani, la cui misura esatta è tuttavia incerta e sempre più contestata.

06 aprile 2024
ilsimplicissimus2.com/2024/04/06/isole-che-salgono-allarmi-che-suonano-...
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