LUOGHI ESOTERICI FAMOSI

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Ghergon
00lunedì 22 maggio 2006 18:26
Torino città magica




Torino: Citta’ Magica Per gli appassionati di magia, Torino è senza dubbio il centro italiano dell’occulto. Le sue piazze sono, da sempre, teatro di fenomeni inspiegabili e di eventi soprannaturali. Perché maghi e profeti di ogni tempo hanno scelto di vivere proprio qui? La risposta potrebbe oggi venire da una nuova e affascinante ipotesi sulla geometria della città, una risposta fatta di raggi laser. Prima, però, è necessario ripercorrere la storia magica di Torino, e attraversare la sua leggenda

Secondo alcuni storici, Torino fu fondata dagli antichi Egizi: Fetonte, figlio di Iside, avrebbe scelto l’incrocio sacro tra i due fiumi (la Dora e il Po) per erigere un centro di culto al dio Api, proprio il dio-Toro. Torino sarebbe inoltre il vertice dei due triangoli geografici individuati dagli studiosi di esoterismo: quello di magia bianca che la legherebbe a Praga e a Lione e quello di magia nera che la congiungerebbe a Londra e a San Francisco. Ma non è tutto: la sua pianta romana pone le quattro porte d’ingresso in corrispondenza dei quattro punti cardinali e tutta la città è allineata sul 45° parallelo, segnato dall’obelisco che domina Piazza Statuto.

Piazza Statuto è uno dei numerosi punti magici della città: proprio a pochi metri da qui visse Nostradamus, il più famoso profeta esoterico della storia. La piazza sorge sopra l’ultima necropoli romana, un’antica “città dei morti” e successivamente per secoli ospitò il cruento patibolo di Torino. Esiste una Torino considerata sacra e luminosa...

La magia positiva di Torino nasce dal cuore bianco di piazza Castello alla fontana dei Tritoni, dal duomo che custodisce la sacra Sindone alla Grande Madre dove una delle due statue esterne indicherebbe il luogo dove riposerebbe il Graal, fino alla Mole che indica il cielo. Nessun edificio di Torino sembra dunque essere stato costruito a caso: è come se tutta la città obbedisse ad un unico, misterioso progetto. Un architetto austriaco sembra però, oggi, aver trovato una chiave per decifrare questo invisibile disegno. Le cinque residenze sabaude se collegate fra loro formano una stella e ognuno di questi luoghi nasconde una storia inquietante. La basilica di Superga, che ospita le tombe dei Savoia, fu il luogo del drammatico disastro aereo in cui perse la vita l’intera squadra del Torino. Il castello di Moncalieri, invece, fu una delle sedi dei cavalieri Templari. I custodi del Santo Graal.

I 5 luoghi corrispondono architettonicamente ai 5 elementi del cerchio costruttivo: Superga-terra, Moncalieri-metallo, Stupinigi-acqua, Rivoli-aria, Venaria-fuoco

Il progetto studiato dall’architetto Muller prevede che da ognuno dei 5 vertici venga acceso un raggio laser. I 5 laser, incontrandosi in cielo, disegnerebbero allora una stella a 5 punte che dominerebbe l’intera città di Torino. Ma la stella a 5 punte è un chiaro simbolo esoterico: cosa nasconde questa inquietante coincidenza?

L’uomo vive in un recinto ben definito, incastrato in un quadrilatero, fra due linee, fra le coordinate del tempo (asse Superga-Rivoli) e dello spazio (asse Moncalieri-Stupinigi). L’elevazione della stella, è simbolicamente la chiave per una nuova cultura, in cui l’uomo è in contatto con la propria parte spirituale (il triangolo verso Venaria)

Ma questa nuova teoria è in grado di spiegare perché proprio a Torino abbiano scelto di vivere i più grandi personaggi esoterici della Storia? Era questo il tesoro spirituale, a cui ambivano maghi e profeti giunti qui da tutta Europa?

Dagli alchimisti Paracelso e Fulcanelli al leggendario Cagliostro, dal filosofo Friederick Nietzche ai medici John Dee e Cesare Lombroso, dall’immortale Conte di Saint Germain al famoso sensitivo Gustavo Rol. Tutti scelsero di abitare a Torino. Nostradamus vi giunse nel 1556 e visse nella “Domus Morozzo”, devastata poi in un incendio. Tra le fiamme bruciò anche una misteriosa incisione lasciata dal profeta di Saint-Remy: "Nostradamus ha alloggiato qui, dove c’è il Paradiso, L’Inferno e il Purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria. Chi mi onora avrà la gloria; chi mi disprezza avrà la rovina intera". Secondo alcuni studiosi, è in questi versi che sarebbe nascosta la chiave per decifrare tutte le quartine di Nostradamus

Torino appare insomma come un complicato puzzle di storie, luoghi e leggende.

Ma, come in ogni puzzle che si rispetti, ogni tessera deve avere un ruolo preciso e unico.

Che la soluzione sia proprio in una stella laser proiettata nel cielo?


Voyager

Altre notizie interessanti:
Torino città magica

[Modificato da Ghergon 25/05/2006 12.17]

merlinoartu
00lunedì 22 maggio 2006 20:25
Grazie Ghergon! bello quello che hai postato
merlinoartu
00lunedì 22 maggio 2006 20:36
PARIS


E' l'Île de la Cité, il cuore di Parigi.
Le vestigia delle antiche popolazioni preistoriche vibrano ancora in quest'area, testimoniando una continuità d'insediamenti dal Neolitico in poi.
Nella zona compresa tra la chiesa di Saint-Merri (dove una curiosa tradizione vuole sia raffigurato sul portale principale il Baphomet dei Templari) e rue Saint-Dominique - dietro l'Hôtel de Ville - sono stati anche ritrovati megaliti del tardo Neolitico, l'epoca in cui la pietra era considerata un accesso privilegiato per l'altra dimensione e segnalava un luogo sacro per i sacrifici rituali o, ancora, il punto in cui le anime dei morti potevano estendere il loro dominio di protezione nel mondo circostante.
a pietra era il simbolo della Grande Madre, la Terra, fertile e ricca di contatti con l'acqua che la bagnava. E fu proprio l'acqua ad attirare i successivi popoli, che videro nella Senna, oltre che un simbolo della rigenerazione e della purificazione, anche un'importante via di scambi per introdurre lo stagno proveniente dal Nord.
Con l'Età del Ferro furono i Celti a giungere nell'area attorno a Parigi, portando con sé l'eco delle loro tradizioni e della loro magia, che si manifestava attraverso tre emanazioni, la Forza, il Sapere e l'Amore. I loro templi erano i boschi, le radure o le acque che costituivano il loro centro cosmico religioso, dove la natura era la Grande Madre della Vita.
Tutto era parte di un Tutto, non esisteva il sacro o il profano e la morte era solo uno stato si passaggio tra un mondo e l'altro. Ciò fece ipotizzare che i Celti credessero nella reincarnazione, intesa come esperienza riservata agli illuminati.
La massima espansione si verificò con la tribù dei Parisii, nel 250-225 a.C., quando l'Île de la Cité divenne Lutetia, il rifugio privilegiato di queste popolazioni in tempo di guerra.
Nel 52 a.C. la città fu conquistata da un generale di Giulio Cesare (100 ca-44 a.C.), a seguito della celebre battaglia di Lutetia, toponimo che divenne il nome della città gallo-romana.
Con l'epopea dei Romani, Parigi cambiò il suo assetto urbano, con nuove costruzioni che seguirono l'impianto cittadino ortogonale tipico dei conquistatori. In quest'impianto si riversò tutta la sacralità della religione romana, desunta da quella etrusca, dove il luogo in cui si abitava doveva avere caratteristiche speculari al cielo, punto magico di perfezione ed armonia.
Attorno alle impervie sponde della Senna si organizzò la navigazione ed il commercio. All'epoca di Tiberio (42 a.C.-37 d.C.) esisteva già una Magistratura di Navigatori, la cui opera era resa evidente dal simbolo di una nave isiaca e da un pilastro eretto agli inizi dell'era cristiana, dedicato a Tiberio e a Giove, il dio supremo, garante di un ordine cosmico, che doveva contagiare la pax terrena.
Si iniziò ad abitare la riva sinistra della Senna, mentre quella destra - poco accogliente per via di paludi inospitali - restò spopolata, sigillando il nome del quartiere che sorse in seguito in quel luogo: il Marais (termine che significa palude).
L'attuale rue Saint-Denis, sulla riva destra, era l'antico cardo dell'impianto stradale romano, che proseguiva sulla riva sinistra con rue Saint-Jacques, segnando così i cardini della terra da Nord a Sud.
La particolarità di Lutetia stava nel fatto che mancava invece il decumano. Le due strade, intersecandosi, avrebbero creato il contatto sia col mondo infero, sia col mondo superiore, facendo così divenire l'Île de la Cité un simbolo assiale.
Probabilmente i templi di Marte e Mercurio erano a Montmartre mentre la necropoli si trovava lungo la via principale verso il Nord.
Il foro romano fu collocato sulla collina di Sainte-Geneviève - dall'attuale boulevard Saint-Michel a rue Saint-Jacques - dove sorse anche un nuovo nucleo urbano dotato di acquedotto, innovativa invenzione del mondo latino, che portava il prezioso elemento liquido al centro della vita cittadina.
Le terme rappresentarono per i Romani il dono più prezioso che potevano concedere ad una colonia, furono per questo costruite vicino al centro della città, dove il connubio tra i magici elementi Acqua e Fuoco (necessario per scaldare gli ambienti e l'acqua stessa), rendeva sacra l'area su cui sorgevano. A Parigi si contano ben tre luoghi dedicati alle terme cittadine, tra queste ricordiamo le terme settentrionali di Cluny. Le vestigia di epoca romana sono oggi diventate un museo e sono ancora oggi visibili.
Le altre terme si trovavano vicino al Collège de France a Est e a Sud, presso la rue Gay-Lussac.
Un anfiteatro ed un teatro coronavano l'opera.
Vi era anche un'arena e un tempio dedicato ad Iside, situato sul luogo ove successivamente sorse l'abbazia di Saint-Germain des Prés.
Le Arènes di Lutetia - situate in rue Monge - furono restaurate nel 1869. L'anfiteatro aveva forma ellittica e poteva contenere fino a 1500 persone che assistevano a rappresentazioni teatrali e a giochi circensi.

Ernesto Fazioli

merlinoartu
00lunedì 22 maggio 2006 20:39
merlinoartu
00lunedì 22 maggio 2006 20:51
[

La Sainte Chapelle, costruita tra il 1245 e il 1248 per accogliere le reliquie della Passione provenienti da Gerusalemme.Anche nel portale "del Salvatore"nella cattedrale di Amiens,sarebbero individuabili simboli alchemici,Fulcanelli ne aprofitta per diffondere i suoi insegnamenti con il tipico linguaggio metaforico ed ermetico dell’alchimia.

Così scrive su questo importante simbolo della pratica:"La cattedrale di Parigi, come la maggioranza delle basiliche metropolitane, è posta sotto l'invocazione della benedetta Vergine Maria o Vergine Madre. In Francia il popolino chiama queste chiese le Notre-Dame. In Sicilia esse hanno un nome ancora più espressivo, quello di Matrici. Si tratta, quindi, proprio dei templi dedicati alla madre (lat. mater, matris), alla Matrona nel senso primitivo, questo termine, per corruzione, è diventato poi Madone (ital. Madonna), mia Signora e, per estensione, Notre-Dame. Essa rappresenta la materia elementare alchemica (lat. "materea", radice "mater", madre). Le litanie c'insegnano che la Vergine è il vaso che contiene lo Spirito delle cose: Vas spirituale)".(riportato da E.Danese in "LA VITA-La Grande Opera")


adieu
trojan.ll
00martedì 23 maggio 2006 11:55
PRAGA CITTA' ESOTERICA

"Praga magica" intitolava tanti anni fa il suo libro il grande boemista Angelo Maria Ripellino.

E Praga magica lo è davvero.

Lo è per la sua architettura, tra barocco italianeggiante e rococò asburgico, tra art nouveau e liberty, lo è per le sue viuzze, per gli incomparabili scorci, per i sontuosi edifici nobiliari. O forse, ancora, per il misterioso incontro tra est e ovest, o per l’influenza storica della forte presenza ebraica. O anche, può darsi, perché è effettivamente una delle capitali riconosciute di maghi e magie.


...E’ qui che nacque la leggenda del Golem, è qui che tra le stradine del quartiere ebraico ancora si respira l’aria del mistero e dell’occulto.
E’ qui che operavano numerosi alchimisti nel ‘600, impegnati nel sovrumano compito di creare l’oro attraverso uno strano miscuglio di chimica e magia.

Il quartiere Josefov

Tutto il fascino della Praga esoterica si respira nel cuore del quartiere ebraico. Anche questa volta l’ingresso è segnato da un orologio. Ruota in senso antiorario, da destra verso sinistra come la scrittura ebraica e i numeri sono indicati con le lettere dell’alfabeto. Come è nella tradizione giudaica.

Josefov un tempo era il ghetto ebraico di Praga. Fondato nel 1100, è stato incorporato nella città solo 600 anni più tardi.
Il nome ricorda l’Imperatore Giuseppe II che nel ’700 pose fine alle discriminazioni contro gli ebrei.

Il quartiere è oggi molto cambiato soprattutto in seguito alla distruzione delle vecchie case e alla loro sostituzione con edifici in stile art nouveau che avvenne verso la fine dell’Ottocento. Questo quartiere tuttavia mantiene ancora i segni, e spesso le ferite, di secoli di persecuzioni.

Il cuore di Josefov è sicuramente il cimitero ebraico di Praga,
il più antico in Europa. È una tappa obbligata nel percorso
di conoscenza di Praga.
Qui sono state sepolte, nel corso dei secoli, oltre 100mila persone, anche se le lapidi, oggi, non sono più di 12mila.

Le lapidi sono spesso decorate a forma di pigna, anfora o grappolo d’uva, simboli che raccontano una storia, un’appartenenza. Ancora oggi i visitatori ebrei osservano l’usanza di porre delle pietre sulle tombe come segno di rispetto. Sono gesti rituali che qui come altrove servono a mediare il difficile rapporto che le comunità intrattengono
con gli scomparsi.



...e non finisce qui...
trojan.ll
00martedì 23 maggio 2006 11:58
PRAGA - OROLOGIO ASTRONOMICO




trojan.ll
00martedì 23 maggio 2006 12:15
PRAGA - IL GOLEM




... e Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza..." e creò Adamo, modellando una massa, senza forma, che in ebraico viene denominata Golem, fatta, cioè, di terra e di acqua.

La creazione dell'uomo non poteva non dar vita a tutta una serie di leggende che, se pur non menzionate nella Bibbia, hanno trovato, ognuna, una appropriata collocazione in molti antichi testi di tradizioni ebraiche ed in particolare in quelli che riguardano la Creazione: la possibilità di dare vita, come Dio, a un Golem - un impasto di argilla un Adamo, creato però dall'uomo. Una condizione essenziale si imponeva, per animare la statua di argilla, ed era quella di inserire nel petto, all'altezza del cuore, o nella fronte, una pergamena con la trascrizione di uno dei tanti misteriosi "nomi di Dio" e che solo pochi maestri, chiamati ßaal Shem, "i maestri del nome", perché addentro ai segreti della Kabalàh, conoscevano.

I rituali per plasmare i Golem, poi, erano tenuti nella massima segretezza perché la creatura, una volta animata, rispondeva ciecamente soltanto agli ordini di colui che, dandogli la vita, diventava il suo padrone, a tutti gli effetti.

Si racconta che fra i tanti Golem, il più famoso fosse, senza ombra di dubbio, quello realizzato verso la fine del 1600 dal rabbino Judah Low Bezaleel, conosciuto come il "Gran Maestro Low", nel ghetto di Praga, città in cui le tradizioni occulte ebraiche erano intense e fiorenti.

Diverse sono le leggende legate ai giganti d'argilla. Fra tutte, vale la pena di raccontare le due più accreditate e più note.

La prima racconta di Rabbi Low e di come utilizzasse un gigantesco Golem, dotato di una forza mostruosa che gli consentiva di lavorare nei campi, senza mai stancarsi, tutti i giorni di lavoro escluso il sabato. Rabbi Low, temendo di profanare lo "shàbat", il giorno sacro dedicato al riposo e alla meditazione, aveva ben cura di togliere ogni venerdi sera, dal petto del Golem, la stella di Davide contenente le misteriose lettere componenti il nome di Dio. Una volta terminata l'operazione il gigante si bloccava per incanto diventando, di colpo, una massa di argilla senza vita. Un venerdì sera, però, Rabbi Low, distratto da altri problemi, dimenticò di togliere il talismano. Accortosi dell'accaduto, e non trovando la gigantesca creatura in casa, corse per strada alla ricerca del Golem riuscendo a raggiungerlo nei pressi della Sinagoga. Sebbene affannato per la lunga corsa, Rabbi, con un movimento lesto, riuscì ad estrarre la stella dal petto del gigante d'argilla che in un baleno cadde a terra in mille pezzi.

La versione più accreditata della leggenda del Golem, in verità, è quella ambientata nel periodo delle persecuzioni antiebraiche a Praga, durante il regno dell'imperatore Rodolfo di Asburgo (16831710).

Il rabbino capo Low, capo spirituale della comunità ebraica del ghetto, preoccupato per l'editto dell'imperatore che imponeva l'allontanamento di tutti gli ebrei da Praga decise - extrema ratio - di dare vita a un gigante di argilla, al fine di difendere la comunità.

Rabbi Low si diede alla febbrile ricerca della formula misteriosa e, una volta trovatala, non esitò ad animare il Golem, secondo il rituale arcano. Chiese udienza all'imperatore e una volta ottenutala si recò a corte, accompagnato dal silenzioso e fedele servitore, per chiedere l'annullamento dell'editto persecutorio. Rodolfo d'Asburgo, a cui avevano molto parlato delle conoscenze iniziatiche dei rabbino Low ben Bezaleel, gli chiese una dimostrazione di tali poteri. Indescrivibile furono lo stupore e il timoroso silenzio da cui furono presi i cortigiani, turbati, dal susseguirsi delle visioni legate alla storia di Israele: Mosè, il Mar Rosso e il peregrinare, nel deserto, dei figli di Abramo, come in un film tridimensionale.

Ad un certo punto, però, qualcuno cominciò a ridere contagiando tutti, imperatore compreso.

In tutto il salone del castello, ben presto, non echeggiarono che sonore risate e commenti irriguardosi. A dire il vero, non furono i soli a sentirsi. Sinistri scricchiolii e fragore di vetri infranti accompagnarono il distacco dei decori dalle pareti generando, in un attimo, terrore e scompiglio: tutto sembrava fosse in procinto di crollare.

L'imperatore, terrorizzato da quanto stava accadendo, supplicò il rabbino Low di perdonare l'irriverenza promettendo, in cambio della salvezza, la revoca del provvedimento. Il Golem, allora, dopo aver ricevuto un comando dal Rabbi, sorresse il travone centrale che reggeva la volta del salone, consentendo a tutti di salvarsi.

Da quel momento in poi, però, Low non riuscì più a controllare la gigantesca creatura che, quasi impazzita, gli impedì l'asportazione dell'amuleto: il Golem si era reso conto che la sua umanizzazione dipendeva proprio da quella misteriosa stella che portava nel petto e respingendo tutti, incominciò a girovagare per Praga, seminando panico e travolgendo, con la sua mole, ogni cosa. A un certo punto, però, il Golem s'imbatté in un bambino, per nulla spaventato di quanto stava accadendo, e afferratolo con le sue possenti mani, lo sollevò per guardarlo meglio, rimanendo indeciso sul da farsi. Non si accorse, però, che il luccichio della stella di Davide aveva attratto l'interesse del bambino. La mano del bimbo, allora, si tese verso l'amuleto e lesta, in un attimo, lo strappò dal petto del Golem, determinando la sua conseguente caduta al suolo, tra un rovinio di pezzi informi di argilla.

Malgrado siano trascorsi da quel giorno tanti anni, ancora oggi, specialmente in coincidenza del cambio delle stagioni, sono in molti a giurare di veder vagare, nei vicoli del ghetto di Praga, un uomo gigantesco, con una stella di Davide sul petto, silenzioso e docile, pronto ad accorrere, talvolta, in aiuto di chi, trovandosi in difficoltà, lo chiama.

Tutte le leggende legate ai Golem, stranamente, non possono non sollecitare alcuni interrogativi destinati, purtroppo, a rimanere senza risposta alcuna. Perché mai "i maestri del nome", coloro che potevano creare i giganti d'argilla, hanno sempre impedito la completa umanizzazione delle loro creature? Eppure il Golem, pur di pervenire alla dimensione umana, allo stadio evolutivo dei loro "creatori", contravvenendo alla regola dell'obbedienza, si era ribellato determinando, così, la sua fine.

La biblica favola della "creazione dell'uomo", dell'Adamo scacciato dal Paradiso terrestre, che, ciò nonostante, induce l'Uomo ancora oggi a sfidare "l'ordine precostituito della natura", non è molto simile... a quella del Golem?

(da MASSONERIA OGGI Anno V n. 1 Gennaio-Marzo 1998 - Ed. Erasmo, Roma)

LiviaGloria
00martedì 23 maggio 2006 12:29
Sí...il bambino...Gesu...che ha in mano i cuori umani "la via,la vita,la veritá".... [SM=x268930]
Ghergon
00martedì 23 maggio 2006 19:14

Medhelan, il santuario dei Celti Insubri-Mediolanum
MILANO





Questo è il nome che Livio riporta, già tradotto dal celtico Medhelan, dove medhe (poi medio) sta per "centro" e lanon significa "santuario", rimasto nei toponimi gaelici attuali come llan, "chiesa", llawn "perfezione". Il sanscrito madhya-lan significa "la terra sacra del mezzo". La fondazione non riguardò quindi una città, bensì un centro religioso, un centro sacro, che si univa alle proto-città di Como e Golasecca. Il nostro "storico insubre" non informa Livio sul significato del nome o sulla particolarità della fondazione, il che confermerebbe, secondo il racconto di Polibio del II sec. a.C., scritto dopo la conquista romana, che il santuario si era già trasformato in un centro abitato, probabilmente in seguito alle successive invasioni o migrazioni del IV secolo a.C. Quindi Mediolanum era diventata una metropoli dall'inizio del IV sec. a.C., ma c'era stato un tempo, forse proprio nel VI secolo, in cui era stata solo un Medhelan.

Il “centro di perfezione”

Nel mondo celtico si conoscono diversi luoghi sacri, divisi essenzialmente tra nemeton e Medhelan . Il termine latino nemus (gr. nemos) indica una foresta in cui sono compresi dei pascoli, un boschetto e un bosco sacro . A sua volta il bosco sacro comprendeva una radura, con gli alberi venerati messi in evidenza. La radice *nem- contiene l'idea di separazione, di isolamento per cui un nemus è uno spazio separato e riservato al dio; ma per i Celti *nem- indicava soprattutto il "cielo", per cui il nemeton celtico viene ad essere il "paradiso terrestre" o un "frutteto meraviglioso" , come risulta dalle leggende celtiche. Il nemeton è quindi uno spazio aperto e coperto d'erba in una foresta e contemporaneamente il tempio druidico, con o senza foresta.

C.J. Guyonvarc'h sottolinea il carattere celeste e interpreta il nemeton come "curvatura, volta", ossia uno spazio che ripropone ritualmente la volta siderale coi suoi fenomeni. Per fondare un santuario si cominciava col riconoscere i campi celesti, poi li si identificava nella geografia terrestre. Il nemeton andava "cosmizzato" con riti che ripetevano simbolicamente l'atto della creazione per tener fuori il caos.

Un Medhelan è un santuario al centro di una serie di coordinate terrestri e astrali al quale confluiscono i druidi e la popolazione in particolari momenti celebrativi. Il centro è già in sé un'origine, il punto di partenza di tutte le cose; se è all'interno di un cerchio, il centro è il simbolo del principio e il cerchio quello del mondo. Un Medhelan può essere circondato da un nemeton.

In Europa esistono un centinaio di Mediolanum, per i quali non è stata ancora avviata una ricerca sistematica di raffronto archeologico e di tradizioni locali. Certo è che l’interpretazione del nome “mediolanum” come di “in mezzo alla pianura” non regge al confronto con gli altri centri omonimi europei.





La più grandiosa Cattedrale Gotica del mondo


Storia di Milano

Milano misteriosa

[Modificato da Ghergon 23/05/2006 19.15]

[Modificato da Ghergon 25/05/2006 12.20]

GEBURAH
00mercoledì 24 maggio 2006 15:03
rennes le chateau
www.renneslechateau.com/default-it.htm






Motore di ricerca



CD-ROM
Cronologia Villaggio News Forum Viaggio RLC Cartoline
Tourismo
Librodelmese
B.Saunière Dintorni Documenti Chat IR Sfondi
Personaggi Pergamene Studi/ricerche Collegamenti Screensaver
La storia Ipotesi Cronaca Stampa GPS Libro dOro
Libreria
Chiesa Processo Web TV Ringraziamenti Webcam
Costruzioni Bibliografia Scavi ? Newsletter Email Aggiornamenti

--------------------------------------------------------------------------------











B é r e n g e r S a u n i è r e
1852 - 1917

"Esistono due storie: la storia officiale, bugiarda, poi la storia segreta…"
Honoré de Balzac



Language - Sprache - Lengua - Langue

Rennes-le-Chateau

English Rennes-le-Chateau

Deutsch Rennes-le-Chateau

Español Rennes-le-Chateau

Français

24 gennaio 1917; nel piccolo cimitero di Rennes-le-Chateau, alcune rare persone osservano in silenzio la lenta discesa della bara di Bérenger Saunière. Tra queste persone, quante conoscono realmente il segreto che il carismatico sacerdote si sta portando dietro?

Ecco una domanda che per mezzo secolo non torturerà molto le persone che seguono questa sepoltura. Bisognerà attendere gli anni 60 perché qualche spirito (astuto?) si sforzerà di rimetterla in luce, risvegliando cosi di colpo la curiosità di numerosi ricercatori.

Da allora, il fenomeno non cesserà di crescere, provocando cosi un dilagare letterario dal contenuto a volte solforoso, ma purtroppo senza portare chiarimenti concreti quanto al mistero insondabile che circonda la fortuna improvvisa di Bérenger Saunière.

Questo sito a per oggetto innanzi tutto di presentare un insieme d'ipotesi esistenti come gli ultimi sviluppi che riguardano Rennes-le-Chateau, ma anche di aprire un dibattito permettendo lo scambio dei punti di vista tra i ricercatori su questi questioni appassionanti sotto forma di forum di discussioni accessibili a tutti.

Benvenuti su questo sito!





Version du 09/05/05




Per essere informati sugli aggiornamenti, iscrizione alla nostra lista. Newsletter

IscrizioneAnnullamento

© 1997-2005 - Tous droits réservés.


[SM=g27828] [SM=g27827]:
trojan.ll
00giovedì 25 maggio 2006 10:40
CHARTRES - PERCORSI LABIRINTICI


La città di Chartres sorge sul fiume Eure, a meno di cento chilometri da Parigi. Ciò che dà importanza a questa cittadina francese è la presenza di uno dei più grandi simboli dell'architettura medievale: la sua bellissima cattedrale.
In quest'area, prima che i Celti vi giungessero portando le loro antiche tradizioni, gli abitanti costruirono un dolmen chiuso in un tumulo di pietra. Per molto tempo questo luogo venne considerato sacro e si diceva che vi fosse attiva una potente energia risanatrice.
In tempi successivi i sacerdoti dei Celti, i Druidi, realizzarono intorno al dolmen uno dei loro maggiori centri, in relazione proprio alle favorevoli correnti telluriche presenti in quella zona.



Giunse, da fonti apocrife, la notizia che i Druidi avevano avuto una visione riguardante una Vergine che stava per partorire un bambino. Venne, quindi, intagliata un'effige di legno di pero, raffigurante una signora con il suo bimbo, e venne posta all'interno del monumento di pietra.
Nel terzo secolo giunsero in zona i primi cristiani, i quali ritrovarono la statua, ormai annerita dal tempo, e la venerarono come la Vergine Nera. Venne, quindi, costruita una chiesa dedicata alla Madonna, come spesso accadeva in quei tempi. La cavità nella quale venne posta la Vergine venne chiamata "Grotta dei Druidi" e venne annessa alla chiesa. In seguito, in quel luogo sorsero sei chiese; di esse cinque vennero distrutte dal fuoco, la sesta è la cattedrale gotica giunta fino a noi.

L'inizio della sua storia è messo in relazione con BERNARDO di CHIARAVALLE, il fondatore dei monaci cistercensi.
La regola di questi monaci era molto rigida: essi producevano tutto ciò che era loro utile. La loro vita era dedicata al silenzio e alla preghiera, ed erano anche valenti amanuensi, che ricopiavano gli antichi manoscritti.
Venne fatto anche riferimento all'ordine dei CAVALIERI TEMPLARI, perché fu proprio a partire dal loro ritorno in Terra Santa, nel 1128, che in Francia vennero realizzati circa ottanta monumenti gotici, nel corso di un secolo.



La cattedrale di Chartres fu costruita nel quinto secolo; bruciata nel 1194, venne ricostruita in soli venticinque anni. Alla ricostruzione partecipò tutta la popolazione. Furono applicate le tecniche costruttive più avanzate del tempo, con uno sforzo (anche finanziario) molto elevato. Da allora niente è più stato in grado di danneggiarla; né le guerre di religione, né la Rivoluzione Francese, e nemmeno la seconda guerra mondiale.
Il suo aspetto attuale è quello realizzato nel 1220. Quando venne ricostruita la cattedrale, a Chartres vi erano diecimila abitanti e si voleva costruire una chiesa che fosse in grado di contenerli tutti. Le pietre necessarie per la sua ricostruzione furono estratte dalla cava di Bercheres; alcune di esse erano molto pesanti e ci vollero moltissimi uomini per riuscire a smuoverle.
Dal 1200 al 1236 una folla di operai e artigiani lavorarono senza posa alle splendide vetrate. La loro caratteristica principale è data proprio dalla loro particolare costruzione: esse possono essere tolte dal loro posto completamente intere e poi posizionate dove si trovavano precedentemente. Questa loro caratteristica ha fatto sì che durante la guerra esse furono spostate e, quindi, vennero salvate, specialmente durante i bombardamenti della prima guerra mondiale.






Sul pavimento della cattedrale, al centro, è intarsiato lo schema di un labirinto. Esso simboleggia il cammino di redenzione che compie colui che desidera raggiungere la conoscenza.
Il labirinto veniva percorso dai pellegrini in ginocchio; in circa un'ora essi ne compivano tutto il percorso, lungo ben 262 metri! Compiere questa penitenza costituiva un mezzo per ottenere, dalle autorità ecclesiastiche, un certo numero di indulgenze ed equivaleva, spiritualmente, ad un pellegrinaggio in Terra Santa.
Inoltre per percepire la grande energia presente all'interno della cattedrale era necessario che il fedele la percorresse, oltre che in ginocchio, anche in piedi, senza scarpe, e doveva seguirne tutto il percorso, arrivando fino al centro. Questo rituale ricorre spesso, ancora oggi, nelle quattro celebrazioni annuali che si compiono, all'interno della cattedrale, in onore della Vergine.



L'interno della chiesa è permeato di simboli esoterici che si ripetono spesso, intarsiati sulle colonne e sui capitelli: la morte, l'abbondanza, la pudicizia e la vita. Vengono poi ripetuti altri simboli, come la peste, la carestia, altre immagini come il leone, il drago e il serpente. In realtà, tutta la struttura della cattedrale ed il suo orientamento richiamano l'attenzione di chi è sensibile all'esoterismo nell'architettura.
Il centro della costruzione, per esempio, si trova proprio tra la seconda e la terza campata del coro e coincide con il punto esatto in cui era collocato l'altare originale, spostato poi nel sedicesimo secolo. Il pozzo sotterraneo ha il livello dell'acqua proprio a 37 metri di profondità sotto l'altare. Sopra, alla stessa distanza, si trova il pinnacolo della volta, dove si incontrano le ogive incrociate. Un altro numero che si ripete è il 72. Per altre notizie su Chartres e il suo labirinto, cliccate qui.

I misteri della cattedrale sono molti; tra i tanti si parla di un lastrone di pietra rettangolare posto obliquamente rispetto alle pietre che costituiscono il pavimento dell'ala ovest della cattedrale.
E' interessante osservare che, a mezzogiorno del solstizio d'estate, un raggio di sole penetra attraverso una vetrata che raffigura S. Apollinare ed illumina, con molta precisione, la lastra di pietra. Questo fa immaginare un accordo tra l'architetto, il vetraio e il tagliapietre; accordo regolato da conoscenze astronomiche che, per motivi simbolici a noi sconosciuti, vennero prese in considerazione.
Per quanto riguarda il simbolismo dei numeri, ricordiamo che la pianta della cattedrale venne concepita secondo le regole che riguardano il numero aureo ( 1,618); infatti le distanze tra le colonne e la lunghezza delle navate, dei transetti e del coro, sono tutti multipli di tale numero.

Nel grande complesso di decorazioni che riguardano la cattedrale di Chartres, c'è stato chi ha indicato le tracce per rinvenire l'ARCA DELL'ALLEANZA che, secondo la leggenda, venne portata in Occidente dai Cavalieri Templari.

Molti misteri e leggende fanno parte, quindi, di questa splendida cattedrale gotica. Al di là di tutto è vera, comunque, una cosa: all'interno della cattedrale si respira un'aria di mistero e di spiritualità. Essa non lascia indifferenti; tocca le nostre corde interiori in modo veramente sensibile. E' uno di quei luoghi dove alita lo spirito divino, dove nasce nell'uomo il desiderio del contatto con Dio, e dove tale contatto diventa più forte ed intenso, e si desidera ristabilire un legame con il sacro
trojan.ll
00giovedì 25 maggio 2006 10:45
IL LABIRINTO DI CHARTRES





Il simbolo del labirinto compare fin dai tempi più remoti della storia umana ed è molto comune in Europa e in Asia. Già nelle pitture rupestri si trovano spirali, cerchi concentrici intervallati da linee e perfino labirinti a forma di ellisse che dovrebbero rappresentare il moto dei pianeti.
Il più famoso è il labirinto di Cnosso, fatto costruire dal re Minosse come prigione per il Minotauro, mostro mezzo uomo e mezzo toro. Secondo il mito, il Minotauro riceveva un tributo periodico di sangue da Atene: alcuni giovinetti ateniesi venivano rinchiusi nel labirinto per servire da pasto al mostro. Questi fu ucciso dall’eroe Teseo, che si sostituì ad una delle vittime sacrificali. Egli ritrovò la strada verso l'uscita grazie ad Arianna, figlia di Minosse, che gli aveva dato un grosso gomitolo di filo da svolgere durante il percorso di andata. Dedalo, l’ingegnere ateniese che era il costruttore del labirinto e che aveva dato ad Arianna il consiglio del filo, per punizione vi venne rinchiuso da Minosse col figlio Icaro; riuscirono a fuggire per mezzo di ali di cera, ma Icaro volò troppo in alto, il calore del sole fuse la cera ed il ragazzo precipitò a terra.

Il labirinto più antico che si conosca nell’area mediterranea è quello vicino al lago Moeris, in Egitto, costruito parzialmente sotto il lago, che è un bacino artificiale alimentato dalle acque del Nilo. Scrittori classici, come Erodoto, Diodoro Siculo, Plinio e Strabone, lo descrivono immenso, con un piano sotto e due sopra la terra, con aree riservate agli iniziati di un rito non ben specificato.
Secondo Platone, il primo labirinto della storia umana sarebbe quello di Atlantide, fatto di cerchi concentrici alternati di terra e di mare, con la parte di terra unita da ponti. In Italia il più noto è quello attribuito a Porsenna, che si troverebbe nei sotterranei della città di Chiusi.

Da sempre il labirinto simboleggia un percorso interiore attraverso il quale lo spirito si può evolvere e innalzare ad un livello superiore; il centro del labirinto, secondo Mircea Eliade, rappresenterebbe la sacralità. Il cammino tortuoso per arrivarci assumerebbe quindi una funzione di protezione del sacro nei confronti dei profani, essendone riservato l’accesso ai soli iniziati: la difesa di un luogo sacro, di un tesoro molto prosaico (fatto di denaro o di beni materiali) o spirituale (immortalità, virtù, elevazione al divino, conoscenza di sé).
Il labirinto è stato utilizzato anche come sistema di difesa alle porte delle città fortificate; per esempio, era tracciato sulle piante delle antiche città greche. Voleva simboleggiare la difesa della città o della casa che si considerava al centro del mondo. La difesa era rivolta sia verso gli avversari umani, sia contro le influenze malefiche.


Nel Medioevo le più famose rappresentazioni del labirinto si trovano sul pavimento delle cattedrali gotiche, tra cui quella di Chartres.
I percorsi del labirinto delle cattedrali, chiamati anche Chemins à Jérusalem, erano sostituti del pellegrinaggio in Terra Santa; bisognava percorrerli in ginocchio, con un rosario al collo, pregando per la salvezza della propria anima.
Un canonico della cattedrale di Chartres, Jean Baptiste Souchet, vissuto nel 1600, era convinto che il labirinto non fosse altro che "un gioco senza senso, una perdita di tempo". Invece il labirinto è uno dei simboli più antichi e profondi che si conoscano ed in particolare i labirinti cristiani vogliono significare che la morte non costituisce la fine, ma la porta attraverso la quale l'uomo può giungere alla contemplazione della Gerusalemme Celeste.
Per altre informazioni sulla cattedrale di Chartres, cliccate qui.

Il labirinto di Chartres è uno dei meglio conservati ed è il più grande giunto dall'epoca medievale ai nostri giorni.
Complessivamente raggiunge il diametro di 12,87 metri, mentre il suo percorso interno è di 261,5 metri. Il suo classico disegno circolare ha un'entrata, un percorso ed un punto di arrivo al centro.



Proprio al centro c'era una placca di bronzo, rimossa e fusa nel 1702 durante le guerre napoleoniche. Secondo ciò che affermano gli esperti, questa placca avrebbe rappresentato Teseo che combatteva contro il Minotauro ed alle spalle dei combattenti Arianna con in mano il famoso gomitolo di filo. La lotta tra Teseo e il Minotauro simboleggia la lotta tra bene e male: una lotta che si compie nella nostra anima, lungo il percorso che costituisce il labirinto della nostra vita. Una lotta che ha avuto inizio con il peccato originale di Adamo ed Eva, riprodotto in una vetrata posta nell'abside meridionale della cattedrale, proprio al di sopra del labirinto.
Il centro del labirinto verrà raggiunto da colui che è iniziato, colui che, attraverso le prove, avrà dimostrato di essere degno di accedere alla rivelazione misteriosa.

Il labirinto ha anche un significato solare. Nella tradizione cabalistica ha una funzione magica ed è uno dei segreti attribuiti a Salomone; nella Bibbia ne viene descritto uno nel cortile davanti al Tempio di Salomone. Per questo motivo alcuni labirinti presenti nelle cattedrali, fatti da una serie di cerchi concentrici interrotti in alcuni punti, sono chiamati "Nodi (o labirinti) di Salomone". Secondo gli alchimisti il percorso conduce all'interno di se stessi , verso una specie di santuario interiore e nascosto. L'arrivo al centro introduce in una dimora invisibile, che ciascuno può immaginare secondo il proprio intuito. All'interno di questo centro si opera una vera e propria trasformazione dell'io, che si afferma sulla via del ritorno, nel passaggio dalle tenebre alla luce.

La cattedrale di Chartres è una delle più belle della Francia ed anche una delle più ricche di simbolismo, in particolare di quello legato al culto della Vergine. Nella sua cripta si trova la famosa Notre-Dame-de-sous-Terre, che ha una storia antichissima.



La cattedrale fu eretta su di un poggio, dove si trovavano le vestigia di un antico tempio, a sua volta costruito sul perimetro di un bosco sacro druidico. Nella cripta c’è la statuetta della Vergine nera col bambino, trovata in una caverna detta “grotta del druido”, scolpita in legno di pero, con una scritta latina sul basamento: Virgini pariturae (alla vergine che partorirà), risalente ad almeno un secolo prima di Cristo.
I piedi della statua poggiano su di un serpente. Nel simbolismo cristiano il serpente rappresenta il Diavolo e la tentazione, ma presso i Celti era l’incarnazione della wouivre, la corrente tellurica che serpeggia nel sottosuolo. Secondo alcuni, una serie di "linee sacre" collega i luoghi di culto, che sarebbero stati tutti costruiti tenendo conto delle correnti magnetiche che passano proprio nei luoghi scelti.

Dal punto di vista del simbolismo delle cattedrali gotiche, il Portale dei Re è il più importante. Vi si esalta la maestà del Cristo, che viene celebrato in una costruzione piena di luce e svettante verso il cielo, simbolo di vicinanza a Dio e di resurrezione spirituale. Le cattedrali gotiche sono state costruite per celebrare la gloria divina in modo sontuoso.



A differenza delle chiese romaniche, quelle gotiche si ergono altissime, con torri e guglie, luminose, piene di colore nelle stupende vetrate, ampie, fatte per contenere innumerevoli fedeli, per le processioni solenni.
Le cattedrali gotiche, in genere costruite proprio nei luoghi ritenuti sacri nel passato e legati al culto della Grande Madre, hanno l'abside rivolto verso sud-est e la facciata rivolta a nord-ovest, mentre i transetti del braccio trasversale sono orientati lungo l'asse nord-est/ sud-ovest in modo che il fedele entrando possa guardare verso l'Oriente, la Terra Santa, luogo di nascita del Cristianesimo.

Fulcanelli, studioso di architettura antica e di alchimia, afferma che proprio a causa di questa disposizione si verifica un gioco di luci ed ombre sui rosoni. Il rosone a Nord non è mai illuminato dal sole, quello a Sud prende luce a mezzogiorno, il rosone principale del Portale dei Re, volto a Ovest, riceve i raggi del sole al tramonto, cosicché nelle cattedrali gotiche si succedono i colori della Grande Opera alchemica, secondo un cammino che va dalle tenebre alla luce. Ed il giorno del Solstizio d'Estate un raggio di sole entra da un piccolo spazio vuoto nella vetrata di Saint Apollinaire e va a colpire una pietra bianca, incastrata di sbieco rispetto alle altre del pavimento (file aggiornato nel Dicembre 2005).

trojan.ll
00giovedì 25 maggio 2006 10:47
TRADIZIONE ESOTERICA DI CHARTRES


La venerata cattedrale è un centro di azione spirituale. Si dice che abbia il potere di trasformare gli uomini, di farli assurgere a uno stato spirituale più elevato, proprio come gli alchimisti trasmuterebbero il vile metallo in oro. Giunti alla Grande Porta Ovest, ossia alla soglia della cattedrale, alcuni pellegrini scoprono di aver assunto una positura più eretta, con il capo sollevato. Pare infatti che la struttura interna della chiesa produca sul corpo un tangibile effetto di innalzamento, quasi a preparano a ricevere le emanazioni telluriche dal basso e l’ispirazione divina dall’alto. Louis Charpentier, il ricercatore francese che indaga sui misteri di Chartres, afferma che “dal punto di vista fisiologico, le correnti, telluriche o di altro genere, possono penetrare nell’uomo solo attraverso una colonna vertebrale diritta e verticale. L’uomo può innalzarsi di stato solo mantenendosi ben ritto”.

Il pellegrino avanzava senza scarpe lungo la navata fino al labirinto largo 13 m iscritto nelle lastre del pavimento.
Danzando in tondo fino a raggiungerne il centro, un rituale che ricorre spesso nelle quattro fiere annuali tenute in onore della Vergine, il devoto diventava sempre più sensibile all’energia accumulata nel vasto spazio della cattedrale.
Nella sua progressione verso il punto mediano, dove i transetti incrociano la navata, si riteneva che il devoto fosse investito dalla forza alchemica dell’intensa luce che traspariva dai tre rosoni a vetri colorati.

In realtà, per quel che riguarda la nostra esperienza in loco, le cose non stanno così: riuscite ad immaginare dei monaci guerrieri come i templari, ballare per raggiungere una conoscenza che dimostrano già di possedere, viste le enormi analogie alchemiche disseminate in tutta la cattedrale? Chi ha già conosciuto il canale diretto all’Uno, può arzigogolare verso strade che rallentano la presa della “Sophia”? E perché fra tutti gli esperti di geometria sacra, nessuno ha mai cercato il punto d’incontro dei 3 rosoni che non è il Labirinto, ma bensì un luogo centrale della chiesa sul quale hanno costruito un altare moderno ed in teoria non più accessibile ai fedeli (dico in teoria perché noi chiaramente abbiamo scavalcato i cordoni di sbarramento ed abbiamo potuto constatare di persona)? Cosa c’era prima al posto dell’altare? Sono stati davvero studiati bene i rosoni?


Se avvertiva pienamente il fascino solenne della cattedrale, voleva dire che i suoi sensi avevano colto tutte le proporzioni musicali e geometriche e tutti i numeri e le linee espressi dall’interno dell’edificio.
Scopo del visitatore infatti non era tanto adorare la Vergine Maria o inginocchiarsi in segno di ossequio, quanto attingere tramite la Madonna a una maggiore consapevolezza, ricaricarsi di energia spirituale e ritemprare la sua anima.

Ma vi pare possibile che un pellegrino intraprendeva un viaggio del genere per caricarsi di energia e per ritemprare la propria anima? O forse, come è più probabile, i templari avevano generato un percorso iniziatici e chi si trovava su tale sentiero avrebbe potuto valutare la sua idoneità e la sua preparazione nel sentiero del ritorno alla casa del Padre. Sicuramente un altro dato è il fatto che ormai è stato provato storicamente che la loro intenzione segreta era lò’unione delle religioni sotto un'unica bandiera di fratellanza

Il grande lastrone rettangolare è posto di traverso sul pavimento dell’ala ovest del transetto sud. Nessuno sa perché sia lì, nessuno sa quale sia la sua funzione.
Ma a mezzogiorno del solstizio d’estate viene illuminato da un raggio di sole che filtra attraverso il vetro trasparente della finestra a pannelli decorati colorati di Sant’Apollinare (oggi, con gli spostamenti astronomici ciclici e con l’ora legale ciò accade verso le 14).
Tutto ciò da quasi 900 anni. La pianta della Cattedrale inoltre è stata concepita su precise regole matematiche derivanti dalla regola del Numero Aureo (1,618): le distanze tra le varie istallazioni interne (colonne, transetti, il coro, ma anche della navata stessa) sono tutte multiplo del Numero Aureo.
Ma cosa c’era nelle intenzioni dell’architetto, del vetraio, del tagliapietre e dell’astronomo? Possiamo fare delle soltanto delle congetture, nulla più, e anche piuttosto banali: un calendario astrale per segnare ogni l’inizio dell’estate?
Parrebbe la soluzione più plausibile. Ma in un contesto come quello della Cattedrale di Chartres nulla è immediato, chiaro e scontato.
Probabilmente dovremo accontentarci di questa superficiale ma logica interpretazione, non abbiamo altri elementi che ci aiutino a scoprire la realtà.
Se di realtà possiamo parlare per la Cattedrale di Chartres

Il labirinto sulla navata centrale

Al centro della navata c’è lo schema di un labirinto, il cui tracciato è lungo 262 metri, simbolo del tortuoso cammino che intraprende il fedele che intende raggiungere la conoscenza.
Un tempo, ma succede ancora oggi, il labirinto veniva percorso in ginocchio dai pellegrini per ottenere dalle autorità ecclesiastiche indulgenze.
In alcune epoche aveva addirittura lo stesso valore spirituale di un viaggio in Terra Santa.
Ancora oggi, come già accennato, i pellegrini percorrono a piedi nudi il tracciato del labirinto durante le celebrazioni in onore della Vergine.

Simbolismi esoterici, non cristiani

All’interno della chiesa troviamo simboli esoterici ovunque, rappresentazioni allegoriche della morte e della vita ricoprono i capitelli e le colonne di tutta la Cattedrale.
Inoltre troviamo simboli della peste, della carestia, di animali feroci (leoni, serpenti, draghi). Un vero e proprio pozzo di simbolismi che richiamano violentemente l’attenzione di coloro che sono per natura sensibili alla scienza esoterica: la struttura e la posizione stessa della Cattedrale sono un capolavoro di esoterismo applicato all’architettura
merlinoartu
00giovedì 25 maggio 2006 11:42
merlinoartu
00giovedì 25 maggio 2006 11:43
merlinoartu
00giovedì 25 maggio 2006 11:44
merlinoartu
00giovedì 25 maggio 2006 11:47
Bretagne
La foresta del Mago Merlino
A cura di Ev@



Esiste davvero e si trova in Bretagna. Fuori dagli usuali percorsi turistici, una regione di boschi fitti e silenziosi, di stagni profondi custodisce il segreto del Mago Merlino e del suo amore per Viviane....

Chi non ha mai sentito parlare delle leggende di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda! Tantissimi sono i personaggi che prendono parte a questa immensa saga, ma tra di loro la significativa figura del Mago per eccellenza : Merlino .

Beh, nella Haute Bretagne a sud est di Rennes, tra il Morbihan e l'Ile-et-Vilaine, esiste un paese chiamato Paimpont, che si trova nel cuore della foresta magica di Brocéliande : la foresta di Paimpont è quanto resta dell'antica Foresta Armoricana che copriva tutta la Bretagna centrale (per ben 140 Km) e, soprattutto, è la foresta delle leggende dei Cavalieri della Tavola Rotonda, della Fontana di Barenton e della Valle senza Ritorno dove Merlino si ritirò con la sua amante Viviana.
Sì, perché questa foresta nasconde il segreto dell'amore tra il Mago Merlino, incantatore e profeta, amico e consigliere del giovane Re Artù, e Viviane, la Dama del Lago, nata in questa foresta e figlia di Lord Comper (il cui castello si erge sulle rive del lago in mezzo alla foresta).

Il castello di Comper
Merlino era solito vivere in Bretagna, nella foresta della Brocéliande, e un giorno, recatosi come faceva sempre a meditare vicino alla fontana di Barenton, incontrò Viviane.
Merlino ne fu ammaliato e a poco a poco le trasmise anche tutto il suo sapere, fino a rivelarle la formula per chiudere per sempre un uomo in una prigione invisibile ed inviolabile. Formula che Viviane usò su Merlino stesso, per averlo con sé per sempre, in una prigione d'aria, che nessuno può vedere né potrà aprire, fino alla fine dei tempi.

Questi i versi con i quali Alfred Tennyson immortalò l'amore tra i due :
"A storm was coming, but the winds were still,
and in the wild woods of Broceliande,
Before an oak, so hollow, huge and old
It looked a tower of ivied mason work,
At Merlin's feet the wily Vivien lay."
"Merlin and Vivien" - Sir Alfred Lord Tennyson
Si narra che Merlino morì in questa foresta ed il suo corpo fu sepolto sotto un albero di agrifoglio che esiste ancora oggi ed è meta di persone che lì amano lasciare le loro preghiere e i loro voti, chiedendo al Mago un incantesimo d'amore.

La tomba del Mago Merlino


Jean-Max Peteau et Michèle Laurence hanno realizzato un film incentrato proprio su questa magica foresta : "Brocéliande entre Légendes et Réalité".
*** ***
E per quando visiterete questi magici luoghi ecco una poesia di Jean-Louis Latsague.

Que la mousse des bois soit douceur à vos pieds,
Et vos pas résonnants en traversant le pont,
La colombe de paix viendra faire des ronds.
Les elfes iront devant annoncer comme il sied.
Vos échanges enjoués raisonnants au grand bois,
Vous serez entraînés au sentier des secrets
Que tous les grands anciens ont conservés parfaits.
Au pays des mystères, vous y serez les rois.
Que la paix de ces lieux, aux symboles chargés
De gloire et puis d'amour, vous inonde le coeur.
Profitez des moments, profitez de chaque heure,
Pour revenir confiants mais sans être changés.
Porte de tous les temps, espace initiatique,
Expérience voulue, les arbres sont magiques
Et les oiseaux gardiens de l'immense jardin
Qui abrite toujours le coeur du grand Merlin.
Jean-Louis LATSAGUE
Come arrivare
A Paimpont vi conviene arrivare prendendo un aereo che vi porterà all'aeroporto di Rennes, poi potrete proseguire in autobus.
Se siete in macchina percorrete la statale N12 da Rennes e prendete la congiunzione con la N24 in direzione Paimpont.
Buon viaggio!
Alcuni links utili
Cultura, leggende, artignanato di Brocéliande

Foto gallery e info pratiche

Indirizzi utili

8 Comuni di Brocéliande

Dormire nella foresta di Brocéliande

Paimpont

merlinoartu
00giovedì 25 maggio 2006 11:48
merlinoartu
00giovedì 25 maggio 2006 11:49
Ghergon
00giovedì 25 maggio 2006 12:15
Castel del Monte





Persino le origini di Castel del Monte sono avvolte nel mistero, tuttavia un documento del 1240 attesterebbe che fu Federico II di Svevia a volerne la costruzione.

L'ombra del mistero si diffonde dalle origini alle sue funzioni. Le ipotesi più disparate furono fatte nel corso dei secoli: manufatto di natura militare, dimora fortificata, luogo di delizie, castello di caccia, tempio laico. E' facile essere d'accordo con la definizione di Mario Praz, secondo il quale Castel del Monte è un sonetto di pietra.

La costruzione è infatti un'autentica trasposizione in mura della musica del cielo, è un tempio che racchiude i simboli numerici dell'universo.

Penetrare nel mistero di Castel del Monte non è tentativo di poco conto, tanti si sono cimentati in tale prova.

Qui riportiamo alcune coincidenze astronomiche, le quali, più che disvelare e risolvere l'enigma, lo ammantano, se si può, di ulteriore fascino.



Coincidenze astronomiche

*

A mezzogiorno dell'equinozio d'autunno la parete sud del cortile, alta originariamente m 20,50, proietterebbe sul terreno un'ombra lunga quanto la larghezza del cortile del castello. E così via, spostandosi di mese in mese, tutti gli spazi interni del castello sarebbero toccati dalle ombre proiettate dalla parete sud, come a seguire il viaggio del sole. Persino l'analemma di Vitruvio sovrapposto alla sezione di Castel del Monte, dimostra la coincidenza delle ombre vitruviane con con quelle individuate dagli elementi architettonici dell'edificio.
*

Le presunte irregolarità del cortile ottagonale interno sarebbero in realtà il riflesso di un sapiente simbolismo dell'anno platonico, ovvero della precessione degli equinozi. Ciò implica la conoscenza dell'angolo di inclinazione dell'asse terrestre, cioè della caratteristica più propria del pianeta Terra che ne rende possibile la vita qual è.
*

Alla latitudine di 41° nord, cioè quella di Castel del Monte, la somma delle aperture angolari del sole nel giorno dell'equinozio da un angolo di 45°, ovvero quello che sottende una corda pari al lato dell'ottagono regolare corrispondente alla costruzione. Infatti Castel del Monte ha la forma di un ottagono e il sole, nell'equinozio, segna un lato del castello.

La lettura attenta delle numerose pubblicazioni su Castel del Monte può soddisfare la curiosità dei lettori, senza nulla togliere al mistero dell'edificio, ricco di simboli esoterici, oltre che astronomici e geometrici.




testo

Misteri di Castel del Monte
trojan.ll
00giovedì 25 maggio 2006 13:17
SANTIAGO DE COMPOSTELA -GALITIA- SPAGNA-


Santiago de Compostela : La Cattedrale






Fulcro politico, economico e culturale della Galizia, ricca di magnifici monumenti, sede di un’università di grande tradizione. In più, città Patrimonio dell’Umanità e, da secoli, meta finale di un celebre itinerario storico e religioso
di Gian Paolo Bonomi

Facciata della Cattedrale

La leggenda racconta che è sorta su indicazione di una “stella”. Santiago de Compostela (Campus Stellae), detta anche la Città di Pietra, è davvero una città unica. Preziosa.
Ben situata al centro della Galizia - la Comunidad più nord occidentale della Spagna, Santiago (260 metri s.l.m., poco meno di 100.000 abitanti) è pressoché equidistante e facilmente raggiungibile dalle capitali delle quattro province della regione (La Coruña, Lugo, Pontevedra e Orense) e dista una cinquantina di chilometri dall’oceano Atlantico.

Cento diverse architetture e una gemma: la Cattedrale

Nel nucleo storico di Santiago per più di un millennio si sono susseguiti e sovrapposti molti stili architettonici: il naif pre-romanico, il lineare romanico, il decorato gotico, il ridondante barocco, il modernista neoclassico. Nonostante ciò - e malgrado le tante generazioni di artigiani scalpellini e l’inclemenza del tempo notoriamente piovoso - la città del Camino concede scorci e vedute uniformi e armoniche, grazie al materiale di costruzione rimasto inalterato nel tempo: l’umile granito.
La cattedrale costituisce il punto di riferimento, il cuore pulsante di Santiago de Compostela da quando, nel IX secolo - per proteggere il sepolcro dell’Apostolo, indicato da una stella - sorse come semplice chiesetta per volere di Alfonso II il Casto. Pochi decenni dopo, il luogo di culto fu trasformato da Alfonso III in basilica pre-romanica, distrutta nel 997 dai moros di Almanzor (l’Apostolo, secondo i resoconti religiosi, non la prese bene e divenne il leggendario Matamoros della Reconquista combattuta al grido di Santiago y Cierra España! ).
Ricostruita tra l’XI e il XIII secolo con una bella struttura romanica, nella seconda metà del Cinquecento la cattedrale fu violata da Drake (ma la disorganizzata reazione della Invencible Armada conseguì l’esatto opposto del successo riportato con la cacciata dei Moros e l’unificazione della Spagna).

All’interno del Tempio

Portico della Gloria
Fortunatamente, a parte alcuni dettagli gotico-rinascimentali, l’interno ha conservato le semplici geometrie del romanico, mentre la facciata (XVIII secolo) tradisce le pur interessanti bizzarrie del barocco. Ma il grandissimo capolavoro, il fiore all’occhiello della cattedrale, l’opera che ha collezionato una messe di lodi (è stata definita “la gloria dell’arte cristiana, il monumento iconografico più completo della scultura medioevale, la meraviglia dell’arte universale”) è costituito dal gruppo scultoreo del Portico della Gloria.
Nel nartece i tre portali intagliati da Maestro Mateo verso la fine del XII secolo contengono quasi duecento magnifiche sculture, ispirate - come sempre nel romanico - alle più importanti vicende della Bibbia: profeti e apostoli, angeli ed evangelisti, personaggi dell’Apocalisse e scene del Vecchio Testamento contornano nel timpano la figura del Cristo con le piaghe nelle mani, piedi e costato. Sotto il redentore, nella bifora, Santiago – dal volto ieratico vagamente bizantineggiante - esibisce una pergamena con la scritta “mi mandò il Signore”.


Ai piedi della colonna, dalla parte opposta, rivolta verso l’altare, la statua di Maestro Mateo con una pergamena che ne immortala le capacità artistiche (architectus). L’interno della cattedrale propone navate – alleggerite da eleganti archi romanici - che sfiorano i 100 metri di lunghezza, sul fondo l’imponente, aureo altare maggiore churrigueresco, simbolo del trionfo del barocco nel XVII e nel XVIII secolo; magnifico il tabernacolo.
Sotto l’altare, la cripta (IX secolo) con le reliquie di Santiago (ritrovate soltanto nel XIX secolo, dopo essere state nascoste durante l’invasione dei pirati di Drake). Elemento di colore non meno che di devozione (ma anche valido come “deodorante” nei tempi in cui ai peregrinos era concesso pernottare, bivaccare e financo soddisfare alcuni bisogni all’interno della cattedrale), il celebre ed enorme botafumeiro, dispensa incenso durante le cerimonie, grazie alla cadenzata fatica di otto persone.

Le quattro piazze di Santiago

Plaza del Obradoiro
Fulcro di Santiago de Compostela, la cattedrale è circondata da quattro piazze (Obradoiro, Platerias, Quintana, Azabacherìa o Inmaculada) tutte armoniosamente disegnate per costituire degna cornice della meta finale del Camino.
Oltre alla cattedrale e all’adiacente Palacio de Gelmirez (magnifico esempio di romanico civile, notevole il Salòn Sinodal della seconda metà del Duecento) la rettangolare Plaza del Obradoiro contiene splendidi monumenti anche sui restanti tre lati. Non è azzardato ritenerla una delle più belle piazze del mondo e certamente ha svolto un ruolo decisivo nel convincere l’Unesco a dichiarare Santiago di Compostela Città Patrimonio dell’Umanità (1984).
Di fronte, si ammira il Pazo (palazzo in galiziano) de Raxoi (Rajoy in spagnolo), un’imponente costruzione neoclassica (XVIII secolo), oggi sede della Xunta della Galizia, sovrastata dalla statua equestre di Santiago Matamoros brandente la sciabola durante la battaglia di Clavijo.


Plaza de las Platerìas
Dallo scalone della cattedrale, rivolto lo sguardo a sinistra, si nota il Collegio de San Jeronimo, dalla facciata tardo romanica con effigi di alcuni santi; sul timpano una Vergine con bambino.
Di fronte, a destra di chi guarda dalla cattedrale, appare per tutta la lunghezza del lato nord della piazza il monumentale Hostal de los Reyes Catolicos, voluto nel 1492 da Ferdinando e Isabella per accogliere pellegrini e ammalati (l’ospedale operò fino al secolo scorso, prima di divenire uno dei più lussuosi alberghi della catena dei Paradores). L’architetto Enrique de Egas profuse il meglio della sua capacità, fondendo mirabilmente lo stile rinascimentale con il plateresco, di cui la facciata e il decoratissimo portale con le effigi dei Re Cattolici costituiscono uno splendido esempio.
Al centro della Plaza de las Platerìas (per le tante botteghe di plateros, argentieri, che vi si affacciavano) si nota la Fuente, fontana de los Caballos e, superata la scalinata del XVIII secolo, merita attenzione l’unica porta esterna della cattedrale in stile romanico (sovrastata dalla Torre el Reloj o Berenguela). Notevole il barocco galiziano della Casa del Cabildo.


Porta Santa
Platerìas comunica con la più vasta Plaza de A Quintana, affascinante non meno che intrigante (basti segnalare che una scalinata la divide in Quintana de Vivos e in Quintana de Muertos, quest’ultima – in galiziano Dos Mortos - citata in un poema di Garcìa Lorca).
Dalla piazza si entra nell’abside della cattedrale attraverso la Puerta Santa, aperta soltanto durante l’Anno Santo Compostelano, quando il 25 luglio, festa di Santiago Apostol, cade di domenica (così sarà nel 2004).
Dalla parte opposta alla cattedrale si erge l’imponente e grigio muro di granito del Monastero di San Pelayo de Antealtares o Convento de San Paio, dall’inquietante sobrietà, trapuntato soltanto da 48 finestre chiuse da grate. Fu fondato nel IX secolo da Alfonso II per custodire la tomba di Santiago appena scoperta.
Più allegra, nella parte superiore della piazza, la barocca Casa de la Parra (XVII secolo), in quella inferiore, con eleganti portici, la Casa dei Canonici o dos Bispos, nota anche come Conga, potrebbe dirsi in “comproprietà” con la già descritta Plaza de las Platerìas facendo parte di entrambe.
L’attuale, fiorita Plaza de la Inmaculada, ex piazza del Paradiso e nota anche come Azabacherìa (vi si radunavano gli artigiani che lavoravano il gavazzo o gaietto, una varietà di lignite dura usata per bottoni e ornamenti), confina con la parte nord della cattedrale e completa le piazze che le fanno da corona. Sulla Inmaculada si ammirava una bella facciata romanica del Duecento, abbattuta nel XVIII secolo per costruirne una neoclassica; la sua porta, ora secondaria, era la più importante perché vi transitavano i peregrinos al termine del Camino (appena entrati si spogliavano ai piedi di una croce per procedere “nettati” a venerare le spoglie di Santiago).
Dall’altra parte della piazza, il più importante monastero cittadino per storia e dimensioni (circa 20.000 metri quadrati) San Martiño o Martìn Pinario oggi seminario. La prima costruzione, un oratorio, fu fondata nel 912 dal vescovo Sisnando, nel 1102 divenne un importante centro religioso per volere del vescovo Gelmirez, per essere trasformata nel XVI secolo in un convento dalla facciata monumentale (terminata soltanto nel 1738) sovrastata da una statua di San Martino su uno scudo di Spagna scolpito tra due eleganti colonne. Molto belli i due chiostri interiori, notevoli le scalinate, merita una visita il refettorio per la sua ardita volta. La chiesa del monastero, in Plaza San Martìn vanta una magnifica facciata plateresca, non meno ammirevole la barocca Pala dell’altare maggiore financo più bella di quella custodita nella cattedrale.

Gli ultimi passi del Cammino

Giovani davanti all'Hotel Reyes
Dalle piazze che circondano la cattedrale si apre un dedalo di strade medioevali intrise di storia, vedasi il tratto finale del Cammino, inalterato nei secoli: superate le mura di Santiago attraverso la Puerta del Camino (Porta Francigena ai tempi della Guìa di Aymeric Picaud, conducente a los peregrinos de la naciòn francesa, da cui il Camino Francès), il peregrino giungeva alla cattedrale percorrendo le attuali Rua das Casas Reais, Rua das Animas, Plaza de Cervantes per sbucare nella Azabacherìa.
Le ruas più tipiche e animate sono quelle do Vilar, la Nova, la Franco e das Orfas che si dipartono dalle Plazas Platerìas e de la Quintana. Vanno godute di sera, quando tra i severi muri di granito riecheggiano i canti della gioventù universitaria e dai tanti bar e ristoranti escono comitive di gallegos, dal robusto appetito appagato e resi allegri da qualche bottiglia di Ribeiro.
Chi visita Santiago non compie soltanto un viaggio di routine, non vede soltanto “un’altra città” della Spagna.
Santiago è sinonimo di cultura, storia plurisecolare e ininterrotta, le sue strade, i palazzi, le case sono rimaste intatte nel tempo (per non parlare di tante chiese, San Miguel dos Agros, San Benito del Campo, San Felix de Solovio e Santa Maria del Camino poco distante dall’omonima Puerta). La città possiede quel “qualcosa in più” conferitole dall’atmosfera e dalla spiritualità del Camino.
E la notte, nel silenzio mistico della Plaza del Obradoiro, al viaggiatore sembra di ascoltare in lontananza il grido di raccolta e di incitamento rivolto ai peregrinos nell’idioma medioevale dell’Europa nascente: E ultreia! E sus eia! Deus aia nos! (E oltre! E sopra! Dio ci aiuta!).








La storia del Cammino di Santiago de Compostela


“A partire dal secolo XI e per tutto il Medioevo la città di Santiago de Compostela (San Giacomo di Compostela) in Spagna, fu meta come lo è ancora oggi di un importantissimo pellegrinaggio. Ogni anno più di cinquecentomila pellegrini si mettevano in viaggio a piedi. Essi partivano da tutti i paesi d’Europa, si recavano in Spagna a venerare il sepolcro dell’apostolo San Giacomo. Verso la fine del secolo XVI, quando le discordie religiose cominciarono a rendere difficile il pellegrinaggio il vescovo di Santiago fece nascondere i resti dell’apostolo per proteggerli. Essi furono ritrovati per caso soltanto alla fine del XIX secolo. Il papato esitò per qualche tempo prima di riconoscerli come autentici.
Nel IX secolo d.C. secondo una leggenda, fu una stella ad indicare a dei pastori il luogo dove si trovava il corpo di San Giacomo. Questa fu l’origine del nome di Compostela: Campus Stella, il luogo della stella. Nella maggior parte dei paesi occidentali la Via Lattea si chiama anche la strada di San Giacomo”
Luis Buñuel, “La via Lattea” ,1969

“Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori de la sua patria; in modo stretto non si intende peregrino se non chi va verso la casa di sa’ Iacopo o riede. E però è da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio de l’Altissimo: chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, là onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura di sa’ Iacopo fue piu’ lontana de la sua patria che d’alcuno altro apostolo; chiamansi romei in quanto vanno a Roma”
da la “Vita nova” di Dante Alighieri

Nei secoli si sono sviluppati più percorsi che confluiscono alla Cattedrale dove sono conservati i resti dell’apostolo San Giacomo. Il principale, che attraversa la Spagna dai Pirenei fino a Santiago, viene chiamato il percorso francese, ed é proprio seguendo questa via, partendo da Roncisvalle, che la trasmissione radiofonica La Via Lattea racconterà il Cammino.

“Quattro sono le strade per Santiago che a Puente la Reina, ormai in Spagna, si riuniscono in una sola…”
Così inizia la “Guida del pellegrino di Santiago”, libro V del “Codex Calixtinus” importante opera di divulgazione del culto di Giacomo e del pellegrinaggio alla sua tomba, redatto nel XII secolo forse da Aymericus de Picaud, chierico francese.

La via turonense così chiamata perché passava per Tours, era considerata come il magnum iter Sancti Jacobi in quanto in essa confluivano tutti i pellegrini dall'Inghilterra, dal Belgio, dal nord della Francia e dal nord della Germania;

la via lemovicense chiamata così perché passava da Limoges, percorsa da pellegrini scandinavi, fiamminghi, borgognoni, del centro e del nord della Francia, e anche dai tedeschi provenienti da Treviri;

la via tolosana, o via di Saint Gilles, che per Toulouse conduceva al passo di Somport, uno dei piu’ antichi passaggi dei Pirenei, pellegrini dall'Italia, dai paesi slavi, dall'Austria e dalla Francia meridionale;

la via podense partiva da Notre Dame de Puy, preferita dai pellegrini borgognoni e tedeschi delle regioni centrali.

GEBURAH
00giovedì 25 maggio 2006 15:06
trojan.ll
00sabato 27 maggio 2006 14:24
Napoli - Esoterica





Napoli, nella sua storia plurimillenaria è stata sempre linea di demarcazione tra Oriente ed Occidente, tra cielo e terra, tra realtà e fantasia. Una civiltà impregnata di luce e buio e fondamentalmente ancora visceralmente pagana, che celebra i suoi riti pre cristiani in San Pietro ad Aram, al Purgatorio ad Arco e nel Cimitero delle Fontanelle. Un mondo sospeso su un dedalo inestricabile di caverne sotterranee, fantasmagorico crocevia di miti e leggende, dalla Sibilla cumana a centinaia di santi e beati.
Una città dove la frequentazione con i morti è stata quotidiana e del tutto naturale e dove vi è stata sempre una particolare attenzione per le anime abbandonate o pezzentelle.
Dove fede cattolica e ritualità arcaiche sono andate a braccetto senza che nessuno gridasse allo scandalo o al sacrilegio. Dove il dialogo con i teschi, il lucidarne amorevolmente la fronte o il chiedere consiglio sono per larga fetta della popolazione, anche colta, pratica quotidiana.


Virgilio Mago

il discorso sull’”esoterismo” a Napoli si fa molto interessante nel Medioevo normanno e angioino, quando si sviluppò, e vi trovò enorme credito la teoria di Virgilio Mago.
I rapporti del grande poeta latino con Neapolis sono moltissimi; la città che ancora ne onora la tomba nel parco di Fuorigrotta che porta il suo nome, presenta due diverse direttrici “d’amore”: quella “colta” che riguardava la sua prestigiosa opera letteraria, e quella popolare che lo venera quale Mago Salvatore della città stessa; il Liberatore da varie iatture, come ad esempio invasioni di insetti o serpenti, con l’ausilio di particolari “incantesimi”.

La testimonianza più affascinante di questa credenza resta il nome di “Castel dell’Ovo”, turrita struttura dell’isolotto di S.Salvatore, la greca Megaride, unita in seguito artificialmente alla costa dal Borgo Marinaro. A Napoli durante il Medioevo, fiorisce una grande scuola ermetica che si occupa di Alchimia. E’ confermata la presenza sull’isolotto di Monaci Alchimisti ed eremiti che occuparono le grotte naturali ed i ruderi delle costruzioni romane della “grande domus” luculliana che dalle pendici di Pizzo Falcone giungeva all’isolotto di Megaride. I Monaci Brasiliani riutilizzeranno le possenti colonne romane per ornare la sala del loro “cenobio”, come ancora si può notare visitando “Castel dell’Ovo”.

Liquefazione dei sacri grumi
IL MIRACOLO DEL SANGUE DI SAN GENNARO


Si ritiene che una pia donna avesse raccolto in due ampolle il sangue di San Gennaro per consegnare poi la preziosa reliquia al vescovo di Napoli.
Il sangue contenuto nelle ampolle di vetro di foggia antica è ancora oggi oggetto di profonda venerazione con le altre reliquie conservate nel Duomo di Napoli.
I grumi rappresi scuri e solidi spontaneamente si sciolgono. Il sangue ribolle ed assume il colore rosso vivo.

La liquefazione avviene di solito accompagnata dalle fervide preghiere ed insistenti invocazioni al Santo. Le modalità con le quali avviene lo scioglimento: tempo, intensità del sangue sono considerate di buon auspicio per la città se avvengono senza indugi, nel caso contrario sono di segno sfavorevole.
Il miracolo si ripete regolarmente altre due volte nell’anno: a maggio ed a dicembre ed in circostanze particolarmente rilevanti per Napoli come ad esempio la visita di qualche personaggio importante, la minaccia di sciagure naturali etc.
Per la prima volta fu annotata la liquefazione del sangue di San Gennaro nel 1389 sulle pagine del "Chronicon Siculum". Da quel momento in poi studiosi, scienziati e ricercatori si sono sbizzarriti nello scrivere su questo insolito fatto.

Fino ad oggi nessuno è riuscito a trovare la soluzione del mistero. Di conseguenza attorno al sangue di San Gennaro sono cresciute numerose leggende e superstizioni


Sul fenomeno della liquefazione dei “Sacri Grumi”contenuti nelle antiche ampolline,il Vaticano per verità ha sempre tenuto un atteggiamento molto prudente.Le fonti ecclesiastiche lo hanno sempre definito con termine laico “prodigio”. Non hanno mai parlato ufficialmente di miracolo,anzi nel maggio 1965,con S.Nicola di Bari, S.Luigi dei Francesi, S.Giorgio e S.Filomena,viene concesso soltanto un “Culto Locale e facoltativo”.


Parthenope

Viveva, un tempo, sulle coste ioniche della Grecia, una bellissima fanciulla di nome Parthenope, che in greco antico vuol dire vergine.Per la sua grande bellezza veniva addirittura paragonata alle dee Giunone e Minerva; aveva una bella fronte regolare, grandi occhi neri, la bocca voluttuosa, carnagione candida e un corpo dalle forme armoniose.Amava sedersi sugli scogli e guardare il mare, sognando e fantasticando di terre lontane, sconosciute.Cimone ne era innamorato e lei lo ricambiava, ma suo padre l'aveva promessa ad Eumeo e ostacolava in ogni modo il loro amore.Un giorno Cimone le chiese di fuggire lontano per potersi amare liberamente ed ella acconsentì ad abbandonare la sua terra e le amate sorelle.Dopo un viaggio lunghissimo i due innamorati approdarono finalmente sul lido che li aspetta già da mille anni e con il loro amore nascono i fiori, fioriscono milioni di nuove piccole vite.La terra nata per l'amore, che senza amore è destinata a perire, bruciata e distrutta dal suo stesso desiderio splende ora rigogliosa. Dalla Grecia giunsero, per amore di lei, il padre e le sorelle, amici e parenti che vennero a ritrovarla; la voce si sparse dovunque, fino al lontano Egitto, fino alla Fenicia, dovunque si raccontava di una spiaggia felice dove la vita trascorreva beatissima tra il profumo dei fiori e dei frutti e nella dolcezza profumata dell'aria. Su fragili imbarcazioni accorrono colonie di popoli lontani che portano con loro i propri figli, le immagini degli dei, gli averi.Si costruiscono capanne, prima sulle alture e a mano a mano fino in pianura; sorge un'altra colonia su una collina accanto e il secondo villaggio si unisce col primo; si tracciano le vie, fioriscono le botteghe degli artigiani, si costruiscono le mura.Sorgono due templi dedicati alle protettrici della città : Cerere e Venere. Parthenope è ormai donna e madre di dodici figli, è la donna per eccellenza, la madre del popolo, la regina umana e clemente, da lei si appella la città, da lei la legge, da lei il costume, da lei il costante esempio della fede e della pietà.Una pace profonda e costante è nel popolo su cui regna Parthenope, la più bella delle civiltà, quella dello spirito innamorato, il più grande dei sentimenti, quello dell'arte; la fusione dell'armonia fisica con l'armonia morale è l'ambiente vivificante della nuova città.




O' Munaciello e A' Bella Mbriana

Il personaggio esoterico più noto e temuto-amato dal popolo napoletano è "'o Munaciello", sorta di spiritello bizzarro che si comporta sempre in modo imprevedibile e sul quale sono sorte infinite leggende metropolitane e detti popolari. E' così vasta la testimonianza che riguarda questa simpatica "entità" che non vi è posto per nessun dubbio sulle sue "manifestazioni", che spesso sono oggetto di vivaci discussioni - da "basso" a "basso" - su come "onorare" questo spiritello che si mostra sotto forma di vecchio-bambino vestito col saio dei trovatelli accolti nei conventi. Scalzo, scheletrico, lascia delle monete sul luogo della sua apparizione come se volesse ripagare le persone, in genere fanciulle procaci e allegre, dello spavento provato o di inconfessate (dalle fanciulle) confidenze "palpatorie" che ama a volte concedersi. Secondo una radicata tradizione "'o Munaciello" era il soprannome dato a un trovatello - molto malato - effettivamente vissuto in un imprecisato periodo tra il primo e il secondo Rinascimento, morto in giovane età, e noto per la sua dolce vivacità nonostante una debilitante malattia, a sua volta non ben definita. Gli occultisti pensano che questa versione se la sia inventata il popolo, arricchendola via via di caratteristiche "bonarie", per non accettare la teoria - più esotericamente giusta - di una presenza demoniaca (spesso le forze del Maligno prendono l'aspetto di un frate per meglio ingannare le vittime) che tenterebbe ogni volta, con piccoli e grandi doni, di "comprarsi" un'anima. Ma si ha notizia di cospicui ritrovamenti di denaro e di situazioni divenute di colpo favorevoli, attribuiti al Munaciello, che non hanno necessariamente comportato la prevista "crusca" rendendo molto commestibile e nutriente questa "farina del Diavolo". E allora? Allora il popolino, ancora e nonostante tutto, si augura, con un tantino di sacro timore, la visita del lascivo e dispettoso Munaciello, atteso spesso inutilmente tutta una vita.
Il personaggio indicato come 'A Bella 'Mbriana, invece, rappresenta lo spirito benigno. E' una sorta di anti-munaciello. Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. E' rappresentata come una bella donna molto ben vestita paragonabile alla fata delle favole dei bambini. E' anche detta Meriana oppure 'Mmeriana.
La derivazione etimologica proviene dal latino meridiana il cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, e' molto comune a Napoli il cognome Imbriani derivante, appunto, da 'Mbriana.
Ultimo dettaglio importante: nella casa bisogna sempre lasciare una sedia libera perche' potrebbe entrare 'A bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero occupate la nostra Amica potrebbe andare via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalita'!



Don Raimondo di Sangro duca di Torremaggiore, Principe di Sansevero





Nato a Torremaggiore (Foggia)nel 1710 e morto a Napoli nel 1771. La grande Scuola Alchemica Napoletana, che coinvolse e coinvolge studiosi di provato valore scientifico ed operò importantissime ricerche riguardanti i metalli e le loro proprietà ha il più noto rappresentante in Don Raimondo di Sangro, duca di Torremaggiore e principe di Sansevero, tra i massimi scienziati napoletani, indagatore ostinato ed elegante dei più diversi segreti della natura. Le sue scoperte spaziano dalla tipografia simultanea a più colori (irrealizzabile con le cognizioni dell'epoca) alla balistica, alle proprietà dei metalli, alla decifrazione di linguaggi esoterici usati degli Indios del Perù, a preparati che indurivano le materie molli metallizzandole e pietrificandole (alcuni marmi esistenti nella sua celebre cappella sono di origine alchemica) o rendevano "a freddo" plastico il ferro e altri metalli.Grande anatomista, operò una "ricostruzione" delle reti venose del corpo umano con l'aiuto del suo allievo Salerno. Ispiratore delle sculture "esoteriche" della citata cappella, fu Gran Maestro "pentito" della Massoneria napoletana e celò sotto l'aspetto di "chimico-filosofo" la sua vera identità di iniziato ed alchimista.Raimondo di Sangro divenne principe di Sansevero molto presto, avendo ereditato il titolo, e le notevoli rendite che comportava, direttamente dal nonno Paolo, sesto principe di Sansevero, per la rinuncia al titolo del padre Antonio, vedovo, che dopo una vita alquanto dissoluta aveva rinunciato ai piaceri mondani per vestire l'abito sacerdotale, consentendo così al giovane Raimondo di divenire il settimo principe della casata di Sansevero di Sangro, che ebbe come capostipite e primo principe (1587) Gianfrancesco, "Cecco" di Sangro.L'antichissima stirpe dei conti dei Marsi e di Sangro, vantava una discendenza borgognona dallo stesso Carlo Magno; infatti lo stemma dei di Sangro è lo stemma dei discendenti dei duchi di Borgogna, che fondevano le stirpi carolingia, longobarda e normanna. Legatissima al potente Ordine Benedettino, la Casa di Sangro vanterà, oltre ad abati ed altissimi prelati, anche i santi Oderisio, Bernardo e Rosalia. Legati da vincoli di parentela con la potente casata furono quattro pontefici: Innocenzo III (1198-1216), Gregorio IX (1227-1241), che istituì la famigerata Santa Inquisizione contro l'ammissione della quale nel regno di Carlo di Borbone si battè proprio il lontano discendente Raimondo di Sangro, Paolo IV Carafa (1555-1559) e Benedetto XIII (1724-1730). Proprio attraverso S. Bernardo la Casa si legò all'Ordine Templare e ciò ci interessa per quanto riguarda il cammino iniziatico celato nella cappella di famiglia, quella Pietà dei Sangro di Sansevero, capolavoro dell'ultimo barocco napoletano, voluta dal principe che rinnovò una precedente cappella come tempio di famiglia, chiamando a Napoli gli scultori Queirolo e Corradini accanto ai napoletani Sammartino, Celebrano, Persico e i pittori F. M. Russo e C. Amalfi. Artisti che si limitarono ad eseguire la particolare iconografia ideata dal principe, che fornì anche marmi e colori "alchemici". Scrive Gennaro Aspreno Galante, fonte assolutamente attendibile nel 1872 : " ... egli costruì il cornicione ed i capitelli dei pilastri con un mastice da lui formato che parea madreperla...". Le bellissime sculture della cappella Sansevero, che ornano i sepolcri degli antenati, soprattutto dei genitori del principe, sono perfette espressioni di una simbologia massonica-templare-rosacrociana di tale pregnanza ed impatto visivo che lasciano, anche nel visitatore profano, l'impronta indelebile di un "messaggio" che se pur non recepisce, "avverte" con forza.Non tutti sanno che la zona sulla quale sorge il tempio della Pietà dei Sangro faceva parte del quartiere nilense, abitato dagli Alessandrini d'Egitto, dove, nel tempio, si venerava la statua "velata" della dea Iside. La cappella, questo fondamentale "Libro di Pietra" della conoscenza, sorge quindi sul "luogo di forze" scelto dai primi sacerdoti alessandrini custodi della tradizione egizia di Neapolis. Nel suo palazzo "legato" da un passaggio aereo (oggi purtroppo distrutto e dal quale si scendeva nella cappella) il principe volle la sua officina di alchimista-scienziato, dove sperimentò dall'impermeabilizzazione dei tessuti a quel Lume Eterno che avrebbe dovuto per sempre rifulgere nella cripta sotterranea ai piedi del Cristo morto.Tutta la simbologia del tempio desangriano si ispira all'antica simbologia del Ripa (uno studioso che aveva fissato i canoni simbolici della Fortuna, Fortezza, Sapienza, Fede, Astronomia, Matematica, ecc.. Quasi sempre figure femminili con "oggetti" simbolici come : caducei, cornucopie, fiori, cuori, fiammelle, libri, compassi, genietti, il tutto rigorosamente spiegato nel suo testo usato per secoli dagli illustratori e dagli artisti in genere) con "innovazioni" che l'antico testo iconografico non contemplava come nel caso del Cristo velato.Purtroppo di quanto era contenuto nella casa del principe di Sansevero (e che si trova minutamente descritto nelle varie edizioni della "Breve Nota di quel che si vede in casa del Principe di Sansevero Raimondo di Sangro" edite tra il 1766 e il 1769 e conservate nella Biblioteca Nazionale di Napoli, delle quali le prime due, del 1766 e del 1767, sono introvabili. La stessa famiglia del principe impaurita dalla censura papale e della "imposta" abiura del principe che consegnò alcuni elenchi di "fratelli" al pontefice e volendo far placare il gran rumore che si era fatto intorno a questa "abiura" che fece temere anche la vendetta di massoni ritenutisi traditi e abbandonati dallo stesso Gran Maestro, distrussero tutto quanto potesse collegare la memoria di Raimondo al mondo occulto. Ne fecero le spese tutte quelle realizzazioni scientifiche che avrebbero potuto di molto affrettare la scoperta di molti ritrovati odierni già ottenuti alchemicamente dal Sansevero. resta la inquietante testimonianza delle sue "macchine" anatomiche conservate dal principe in un'apposita stanza del suo palazzo dall'indicante nome di "appartamento della fenice" ed oggi in quella cripta ovale, che don Raimondo aveva prevista imitante una grotta naturale, necessaria per la meditazione degli apprendisti e poggiante su terra battuta, senza pavimentazione, per non impedire quelle vibrazioni naturali provenienti dal "luogo" isiaco sottostante e sorretta da otto ( numero fondamentale della ritualità templare che si ripete spesso nell'armonia "numerica" della cappella stessa) pilastri che dovevano definire il posto delle sepolture degli avi intorno al "mistero Magistrale" del Cristo velato. Queste due preparazioni sono un vero e proprio "testo" medico-anatomico, costruite su due scheletri (maschile e femminile) strutturando organi "induriti" da preparati distillati dal Maestro con "ricostruzioni" di sostegno ottenute e colorate con materiali "alchemici" sempre provenienti dall'officina del Sansevero.Ancora un ultimo accenno allo scomparso passaggio che il principe aveva voluto per discendere dal palazzo alla cappella, e che presentava sui due lati un orologio dotato di un particolare impianto di carillon a campane ospitato nel tempietto rituale (che ancora si trova in alcune, interessanti, costruzioni antiche), particolare "faro" per indicare "a chi aveva occhi ed orecchie" il sito iniziatico. Il tempietto era ottagonale ed otto erano le colonne che ne reggevano la cupoletta; il mirabile meccanismo ideato dal principe, che vi era nascosto, permetteva di eseguire qualsiasi motivo percuotendo col pugno una serie di grossi tasti rotondi che corrispondevano ai vari suoni delle campane. Anche questa meraviglia meccanica del genio creativo "minore" del principe fu abbattuta dai famigliari dopo la sua morte per far sedimentare l'imbarazzante ricordo della fama stregonesca del parente "grande iniziato".



Il cimitero delle "fontanelle"







Il gigantesco ossario è un’immensa cavità di tufo nel cuore del quartiere di cui porta il nome ed in esso si conservano teschi, femori, tibie e peroni accatastati nella penombra, dando luogo ad uno scenario senza eguali, che ha ispirato nei secoli un immaginario sospeso a metà tra cristianesimo e paganesimo. In questa atmosfera irreale è nato un particolare tipo di culto dei morti, presente solo nella nostra città, pieno di leggende e rituali, mistero e superstizione, in un labile confine tra mondo dei viventi e dei trapassati, dove è ipotizzabile il magico contatto tra due dimensioni che normalmente non si toccano e che da noi convivono senza problemi.
Una visita a questo luogo straordinario sospeso tra fede e magia è un’esperienza indimenticabile






trojan.ll
00venerdì 2 giugno 2006 13:44
LA VAL DI SUSA
NEL CERCHIO SACRO
DELLA MONTAGNA DEGLI DEI
di Giancarlo Barbadoro








Nell'esperienza storica e spirituale dello sciamanesimo solare si identifica il concetto di tradizione. Un complesso di conoscenza, riti e simboli, opere e cultura, che è l'anima intima dell'umanità.
Lo spirito profondo e segreto dello sciamanesimo solare accompagna l'uomo dalla notte dei tempi e continua sino ad oggi, in una percezione cosmica dell'esistenza che è posta al di sopra dalle interpretazioni della storia e dalle latitudini geografiche, in un continuum esperienziale che si identifica nel rapporto integrativo tra l'uomo e la natura segreta dell'esistenza.
Lo sciamanesimo solare ha espresso, ed esprime tuttora, questa identità cosmica nell'esperienza della meditazione come riferimento e strumento per l'ascesi spirituale di ciascun individuo che desideri rispondere al richiamo interiore del trascendente. E oggi la sua vitalità consente di continuare a proporre tale esperienza per coloro che cercano una reale armonia interiore.
Ma di esso ci sono aspetti suggestivi di cui non si parla spesso quanto si dovrebbe e che rivelano la magia particolare che esso stesso riveste e esprime.
Lo sciamanesimo solare ha origine con l'origine stessa dell'uomo, in ere lontane dal nostro tempo e dimenticate dalla storia, ma che non sono andate perdute e che si nascondono dalla corruzione della storia ordinaria dietro i segreti del mito. Giustamente l'esoterismo degli aborigeni australiani ha definito questo evento nella dimensione protostorica dell'Alcheringa, del Tempo del Sogno, ovvero del Dream Time così come la letteratura specializzata lo ha fatto conoscere.
Quando nacque lo sciamanesimo solare, l'uomo non aveva l'attuale forma che conosciamo oggi, anzi avremmo avuto difficoltà a considerarlo nostro progenitore, e si distingueva per tale solamente per la scintilla di eternità che egli possedeva.
In quel magico tempo eventi straordinari portarono ad una spinta catalizzatrice, alla sua evoluzione, e lo sciamanesimo solare prese contemporaneamente ad evolversi su un preciso cammino che lo ha condotto sino a noi, nel nostro tempo, e lo porterà ancora oltre verso nuove frontiere della futura evoluzione umana.
Che cosa sia accaduto e di cosa si stia parlando lo si può capire solamente rivolgendoci, come si è detto, a quanto il mito è in grado di rivelarci attraverso una sua possibile esegesi.
Una antica leggenda greca narra della disgraziata avventura di Fetonte, il figlio del dio Sole, che, dopo aver chiesto inutilmente al padre il permesso di usare il carro solare, se ne impadronì ugualmente di nascosto per fare una corsa in cielo. Purtroppo, non essendo capace a guidarlo come il padre, salì troppo in alto e ne perse il controllo sino a precipitare giù dal cielo e quindi schiantarsi al suolo, uccidendosi. La tradizione greca volle che il luogo dove sarebbe avvenuto il tragico evento si trovasse in un sito posto alla confluenza di due fiumi e precisamente nella valle di Susa accanto alla quale millenni più tardi sarebbe sorta la città di Torino.
Sul significato di questa leggenda, per evitare di dare una troppo personale interpretazione, possiamo ricorrere a Platone. Nel suo Timeo questi scrive a proposito di una curiosa conversazione tra due personaggi simbolici. Uno dei due è Solone, un greco che svolge il ruolo di interprete dell'opera in questione, l'altro e ' invece un sacerdote dei misteri egizi con cui si è incontrato in Egitto. Ed è proprio quest'ultimo che dà una interpretazione chiarificatrice del mito di Fetonte. Il sacerdote egizio dice infatti testualmente: "O Solone, voi greci siete come bambini, dimenticate in fretta...... Ad esempio, Fetonte di cui parlate nella vostra leggenda non è altro che uno dei corpi celesti che viaggiano intorno alla Terra tra questa e il Sole e che di tanto in tanto cadono su di essa provocando sventure e distruzione.........Dopo di che voi dimenticate, ricostruite senza più conoscere le vere radici della vostra storia".
La precisazione esegetica di Platone, fatta dire per bocca dell'anonimo sacerdote egizio, sembra essere molto chiara circa la natura del contenuto dell'antica leggenda greca. Dando credito a questa interpretazione ante litteram non si può fare altro che prendere atto come, in tempi remoti e precedenti alla cultura ellenica, un oggetto celeste di considerevoli dimensioni, come un meteorite o altro, sia caduto nel nord-ovest della nostra penisola provocando una considerevole alterazione dell'ambiente, tanto da essere ricordata nei millenni successivi e accostata ad un evento divino per l'imponenza della manifestazione.
Oggi, nell'area geografica in questione, non sembra che si possano rilevare tracce evidenti di un cratere meteorico di tali dimensioni. Del resto è anche comprensibile poiché la caduta dell'oggetto celeste sarebbe avvenuta in epoca remotissima e i successivi eventi geologici possono aver sicuramente trasformato la morfologia orografica dell'ambiente. Tuttavia alcuni geologi affermano il contrario. Secondo le loro indicazioni il cratere esiste e si può vedere, anche se solo più in parte. Infatti se si osserva dall'alto il monte Musiné, una elevazione che fa da sentinella sulla Valle di Susa che inizia proprio di fronte a Torino, si ha l'impressione di vedere una conca che può rappresentare i resti di un cratere da impatto provocato dalla caduta del bolide celeste in questione. Una conca gigantesca molto simile, ad esempio, a quella del Meteor Crater in Arizona, negli Stati Uniti. Gli esperti precisano che ora si può vedere solamente una parte del cratere poiché, millenni or sono, è stato tagliato a metà dal fronte morenico che ha modellato la Valle di Susa e che ha creato a molti chilometri, oltre Torino, un complesso collinare.
Se effettivamente il fatto avvenne in questa area geografica, la caduta dell'immenso oggetto celeste fu certamente un evento che non passò inosservato agli eventuali "uomini" del tempo. Anzi senz'altro dovette lasciare un segno culturale tra le popolazioni locali di allora, del resto sempre attente, come tutti i popoli primitivi della terra, ai segni del cielo. Il che porta a considerare che, se a quel tempo c'erano testimoni in grado di osservare il fenomeno e di trasmetterlo ai posteri attraverso la formula del mito, dobbiamo necessariamente anticipare, e di molto, la comparsa dell'uomo sul nostro pianeta. All'epoca dei grandi sauri se non prima....
In ogni caso, l'impatto del corpo celeste fu certamente un evento inconsueto, terribile e comunque tanto straordinario da generare probabilmente una vera e propria tradizione religiosa e culturale che si sarebbe protratta nei secoli a venire. Una ipotesi che sembra essere confermata dalla stessa esistenza del mito che raccolse la cronaca dell'evento, e si occupò di trasmetterlo attraverso i millenni per assolvere a qualche preciso scopo di una qualche precisa tradizione.
Antiche leggende nordiche narrano dell'esistenza in questi luoghi del grande Tempio del Sole, realizzato dalle popolazioni locali e dai pellegrini che erano convenuti in questi luoghi dopo la caduta dell'oggetto celeste, che avrebbe custodito le preziose reliquie di un dio disceso sulla terra per insegnare agli uomini le scienze e le arti.
Queste leggende parlano anche di un grande oggetto celeste rinvenuto nel luogo della caduta del dio, una sorta di "trono divino", fatto interamente di oro, da cui forse l'associazione con l'aspetto solare e, quindi, la nascita del mito della caduta del carro del dio Sole. Alcune di queste leggende raccontano inoltre che dall'oggetto precipitato sulla terra venne prelevato del materiale per fonderlo e ricavarne un grande disco di oro massiccio.
In queste narrazioni ci par di cogliere un' eco lontana in quanto sembra accadde addirittura ai nostri antipodi, in Cina; il "Testo delle cronache antiche" narra infatti di un dio sceso dal cielo per insegnare agli uomini la conoscenza. Questa creatura aveva carri che non avevano bisogno di traino e di ruote e si faceva aiutare da servitori fatti di metallo. Una figura non poi tanto sconosciuta dai greci, che qui sembrano essere il crocevia di varie conoscenze dell'antichità, poiché anche Omero nella sua opera parla del dio Vulcano che si faceva aiutare da servitori interamente costruiti di metallo e ricoperti di oro massiccio.
Gli uomini di quei tempi, grazie alle conoscenze che acquisirono dopo la "caduta del dio", costruirono un tempio solare di inaudite proporzioni, circondato da triple cerchie di pietre giganti e orientato verso il sorgere del sole. Un'opera che sarebbe rimasta in piedi per millenni a testimoniare un evento e una precisa cultura.
Secondo le antiche narrazioni, all' arrivo dei vari popoli invasori, per ultimi i romani, il tempio sarebbe stato distrutto dagli stessi sacerdoti che vi officiavano al fine che non venisse profanato. Costoro avrebbero celato quindi le sacre reliquie, compresa la gigantesca ruota d'oro di almeno due metri di diametro, in un altro maestoso tempio ricavato in grandi cavità naturali esistenti nel sottosuolo vicino all'immenso cratere. Con il tempo, intorno a questi oggetti sacri si sarebbe creato un vero e proprio culto misterico più segreto e rivelato a pochi e selezionati iniziati che avrebbero svolto nei secoli il ruolo di silenziosi custodi. Si dice che il tempio segreto esisterebbe ancora oggi e si estenderebbe sino sotto l'attuale pianta della città di Torino, dove ben nascosti ingressi e passaggi segreti ne consentirebbero ancora l'accesso. Di qui, probabilmente, l'origine del mito che vuole Torino una città magica per eccellenza.
A dare ascolto alle antiche tradizioni l'importanza di questo tempio dedicato al culto solare fu indubbiamente significativo per i popoli dell'antichità. Scritti di studiosi di fine ottocento delle antiche tradizioni piemontesi citano in proposito la testimonianza di pellegrini che giungevano da varie parti della terra per rendere omaggio ad un culto misterioso che esisteva nel cuore della valle di Susa: parlano di eroi nordici, di un principe egizio giunto in questi luoghi alla ricerca del bue Api, altro simbolo del dio sole. Non mancarono gli iniziati del druidismo e i sapienti provenienti dall'India. Secoli più tardi, molto più vicini alla nostra storia, una tribù dei celti, quella dei sanniti, che, nell'interpretazione filologica di altri studiosi dell'ottocento, sembrava volesse riferirsi alla parola arcaica di Shannah "il popolo della vera luce", venne a stabilirsi in questa valle. I sacerdoti di questo popolo venivano con l'intenzione di ricostruire l'antico tempio solare in cui poter celebrare i riti magici necessari per l'attivazione cosmica di Gaia, la madre terra, e del loro potere personale interiore. Sembra che questo luogo, da loro considerato sacro, fosse visto come l'ombelico del mondo che univa e aveva generato in tempi arcaici l'uomo dall'universo.
A questo punto viene da pensare che se è effettivamente avvenuto qualche cosa di particolare e di straordinario in questa zona di pianeta, tale da modificare la vita delle popolazioni locali e capace di dare il via ad una tradizione religiosa che aveva riflessi su tutto il pianeta, deve aver lasciato necessariamente anche degli echi e delle manifestazioni concrete nel nostro tempo.
In effetti tutta la zona che comprende la valle di Susa e il luogo su cui sorge Torino è a tutt'oggi investita di un certo spirito esoterico che altrimenti non si riuscirebbe a spiegare. La città stessa è una straordinaria sede di intensa vita culturale, non molto interessata a quella ufficiale del quotidiano ordinario, ma presente in forma attiva e operante sul piano di una ricerca personale sul senso della propria esistenza. Gruppi magici, esoterici e ufologici, almeno quelli che non sconfinano oltre il ragionevole, fanno di Torino un simbolo del tutto particolare del privato, accanto alla Torino dei complessi industriali e delle lotte di massa.
La Valle di Susa sembra essere la più idonea ad esprimere la dimensione di mistero che si riflette su questi luoghi. Serbatoio inesauribile di tradizioni contadine, sede di antichi culti del fuoco e di qualche sopravvissuto rito druidico, è in grado di offrire un panorama interessante ed inquietante di un "altro" Piemonte, conosciuto a pochi e ignorato dai media ufficiali.
Una vasta zona della valle, che va da Torino a Chianocco sino alla Sacra di S. Michele, sembra circoscrivere meglio il punto focale delle vecchie e delle nuove credenze. In questo triangolo, secondo le vecchie tradizioni locali, rivalutate da archeologi del secolo scorso, sarebbe stata edificata cinque-settemila anni avanti Cristo la mitica città di Rama. Una città ciclopica che non aveva nulla da invidiare nei confronti delle vestigia di Machu Pichu, di Tihauanaco e di Bretagna.
Le narrazioni raccolte hanno evidenziato aspetti indubbiamente suggestivi. Esse raccontano di un popolo di pelle scura che sarebbe giunto da oltre l'oceano atlantico per stabilire la loro dimora nella valle. Le mura della città che costruirono erano di dimensioni gigantesche, alte decine di metri, raggiungevano e chiudevano l'intera valle in un solo complesso urbano.
I suoi abitanti erano descritti dalle popolazioni della valle di quel tempo come dei maghi che possedevano conoscenze misteriose e che scavavano incessantemente nelle viscere del Musiné per qualche motivo che conoscevano solo loro. Si racconta anche che possedevano farmaci in grado di vincere qualsiasi malattia e che erano in grado di difendersi con la forza del fulmine. Quando la terra di origine di questo misterioso popolo nero, forse la mitica Atlantide, scomparve, la città di Rama fu abbandonata. Rimasero delle scuole esoteriche di tipo contadino e di tipo metallurgico che si prefiggevano di dare una loro continuità popolare alla scienza dei signori di Rama.
I palazzi e le possenti mura della città furono progressivamente abbattute dalle culture pagane e poi cristiane che si affacciavano sulla valle, trasformate in una inaspettata e gigantesca cava di pietra pregiata. I blocchi che le costituivano furono smembrati dal complesso megalitico, come accadde per i monumenti dell'antica Roma e per i marmi che rivestivano le piramidi, per essere destinati alla costruzione dei monumenti e dei fortilizi del nuovo potere che andava comparendo.
Rimase più o meno intatto sino al primo medioevo un modesto segmento delle mura di Rama. Utilizzato dai signori della guerra del tempo per controllare il transito nella valle, diede origine al nome di un borgo della stessa valle, la Chiusa di San Michele. Poi anche questa ultima vestigia fu inghiottita e smembrata per finire nell'anonimato della storia, livellata dal cristianesimo dominante dell'epoca.
Oggi rimangono solo pochi rari segni della presenza di Rama, qualche tempio di tipo megalitico, molte "ruote solari" nella forma della proto croce celtica e comune presso le popolazioni pellerossa nordamericane come "medicine wheel", strani sarcofagi di pietra con dentro scheletri di tre metri e bassi complessi di pietra che non sembrano servire a qualcosa.
Noi rimaniamo oggi con quesiti di difficile soluzione. E' evidente che, come sarebbe poi avvenuto a posteriori per gli altri popoli già citati che venivano in pellegrinaggio da lontani paesi, qualche motivo importante doveva aver indotto il misterioso popolo nero a fermarsi e a costruire la loro città ciclopica. Ma non possiamo immaginare cosa erano venuti a fare e che cosa cercavano....
Del resto proprio verso questo luogo sacro sembrava dirigersi la figura altrettanto mitica di Imma alla ricerca di coloro che avevano forgiato quella tcharga che aveva rivoluzionato la sua vita.
Caso strano o forse significativo, proprio nel triangolo in cui sarebbe sorta la città di Rama si trova il Musiné, la montagna che sembra segnare il punto di impatto della caduta del bolide celeste ricordata dalla tradizione ellenica attraverso il mito di Fetonte. Essa è oggi una montagna brulla e apparentemente anonima, dal colore rossiccio che tutti i torinesi possono vedere come un severo guardiano messo all' ingresso della valle.
Sormontata da una grande croce, fatta restaurare negli anni '60, dopo anni di abbandono, per merito dell' iniziativa di un gruppo culturale ,"Spazio 4", dell'area del Cerchio di Nuova Terra, la montagna in questione è la "primadonna" dello scenario esoterico piemontese.
Infatti, il Musiné sembra essere il centro di una serie di eventi misteriosi e straordinari. La montagna, e tutta la zona circostante, sembra essere il punto focale delle vecchie e delle nuove credenze. Le leggende popolari del posto, tuttora ancora vive, sembrano confermare miti ancora più antichi. Parlano di arcaiche confraternite di cultori del fuoco solare capaci di fondere i metalli. Tramandano la storia del carro di Erode che fugge in cielo dal centro della montagna e di cui molti valligiani giurano di aver sentito almeno una volta il suo frastuono mentre scivola verso le nuvole.
Molti ricercatori di varie tendenze e di differenti campi concordano nel fatto che il Musiné conterrebbe segreti di ogni genere. Esperti della storia valligiana affermano che all'interno della montagna esistono numerose caverne naturali dove i vari signori medievali avrebbero nascosto i loro tesori personali. Altri, studiosi del mistero, affermano che dentro la montagna si celerebbero grotte alchemiche popolate da maghi dai poteri straordinari, rifugi in cui sopravviverebbero ancora oggi i discendenti della mitica Atlantide e basi di astronavi extraterrestri per dare una loro spiegazione alle numerose osservazioni di oggetti celesti non identificati che si vedono spesso al di sopra della montagna stessa.
Da parte loro, molte scuole esoteriche considerano ancora oggi la zona della valle di Susa e del Musiné come un vero e proprio luogo sacro. Allo stesso modo come vengono considerati sacri altri posti del nostro pianeta: le colline nere e la Big Seated Mountain degli indiani d'America, la Ayers Rock degli aborigeni australiani, il monte Tai Shan dei popoli dell'estremo oriente.
Più propriamente è il Musiné ad essere considerato come una vera e propria montagna sacra, un vero e proprio ombelico del mondo, punto di unione tra cielo e terra da cui sarebbe uscito anticamente lo spirito dell'uomo. A questa montagna sacra viene anche dato l'attributo di Hamtà, porta dimensionale, attraverso la quale, come accade ad esempio all'interno del complesso megalitico degli Alignements di Carnac o di Stonehenge, gli uomini possono comunicare con più facilità con la dimensione invisibile della Matchka e con altri mondi abitati dell'universo.
E' un dato di fatto che il Musiné sia al centro di leggende e di testimonianze insolite che coprono un vasto arco storico e che rivelano un particolare carattere di mistero che giustifica la sua fama. All'epoca dell'impero romano si dice che una maga abitasse in una grotta nascosta nella montagna dove custodiva una reliquia di Fetonte. Nel tardo medioevo, un'altra leggenda della valle riporta che dei pastorelli, mentre cercavano una pecorella perdutasi sulle pendici del Musiné, si imbatterono in un vecchio dalla barba bianca che era uscito da una porta che si era aperta nella roccia. Porta che subito dopo si era richiusa e di cui nessuno aveva poi più trovato traccia. Un' altra leggenda dell'epoca riporta invece dell'esistenza di una profonda e segreta caverna nel cuore del Musiné dove viveva un vecchio mago; quando dei ladri vi penetrarono per rubare gli immensi tesori che vi erano custoditi il mago fuggì salendo su un carro di fuoco che sparì in cielo.
Un migliaio di anni prima all'altezza del Musiné, l'imperatore Costantino, prima della sua decisiva battaglia, aveva visto apparirgli in cielo una croce luminosa con la famosa scritta "in questo segno vincerai". Forse lo stesso oggetto, un cosiddetto UFO, che in tempi recenti, nel 1970, fu visto transitare da centinaia di testimoni nel cielo sopra la città di Torino, proveniente da est e diretto proprio verso il Musiné.
E' più che mai evidente che, al di sopra di ogni possibile interpretazione di parte, il Musiné sia effettivamente al centro di tutta una serie di leggende e di testimonianze che non possono lasciarci indifferenti e che potrebbero, al contrario, portarci alla scoperta di qualche cosa di assolutamente inaspettato e straordinario.
Non si può dare una spiegazione certa alle cause che portano il Musiné al ruolo di una montagna magica e misteriosa. Si può solamente prendere atto dell' incontestabile fascino che suscita in molti ambienti culturali della regione e dello stimolo che esercita su di essi nella spinta a ricerche e prospettive che sono poste al di là di ogni possibile consuetudine e convenzione storica.
Potrebbe essere interessante stabilire la misura e la sostanza di questo stimolo occulto, tanto forte da essere stato capace di alimentare una tradizione che è riuscita a non spegnersi per tante migliaia di anni.
Sarebbe curioso e altrettanto interessante riuscire a stabilire la natura dell' oggetto che cadde nella lontana preistoria e che fu in grado di lasciare un messaggio così vivo nei secoli a venire. Forse si potrebbe dare una spiegazione a molte cose su cui oggi ci interroghiamo, e entrare in contatto con il segreto che alimenta il mito che vuole la sacralità del nostro monte e che Torino sia una città magica per eccellenza.......
Ed è proprio da questi fatti e dalla loro matrice arcaica che scaturisce un desiderio profondo di stabilire e di riprendere un legame antico con la montagna sacra e con il mistero che essa esprime. Un desiderio che sollecita ad entrare nel cerchio sacro per trovare il luogo dove costruire la nuova opera del Cerchio di Nuova Terra.
Ed è in questi luoghi magici, che sono impregnati da eventi che hanno creato il senso della tradizione arcaica dello sciamanesimo solare, che dobbiamo cercare la terra adatta su cui costruire il Villaggio della meditazione.
Una dimensione più che mai adatta per edificare un faro nel buio dell'ovvietà che avvolge l'intero pianeta. Una dimensione che sembra attendere di essere rivitalizzata dall'energia interiore di chi intende ricostruire l'antico tempio dello spirito per tutta l'umanità. La realizzazione del nostro Villaggio all'interno di questa dimensione magica potrebbe prendere un significato preciso che porterebbe ad assumere una continuità ideale e un legame spirituale tra il nostro lavoro e il "Dream Time", da cui la meditazione ha origine e trova forza nella sua identità storica e metafisica.
Io e Rosalba insistiamo su questa possibilità poiché riteniamo che solo la scelta di un luogo situato nel cerchio sacro della montagna degli antichi dei può portare a realizzare una più specifica identità del Cerchio di Nuova Terra, che va oltre e completa la stessa idea di origine che ha voluto il Villaggio della Meditazione.
Per questo motivo invitiamo a pazientare nel comune entusiasmo e cercare il giusto obiettivo. Non possiamo accontentarci di giungere a costruire, per quanto possa essere di prestigio e efficente, solamente una struttura di tipo sociale e culturale. Se vogliamo dare un segno preciso al pianeta della nostra proposta, esso non deve possedere solo queste qualità strutturali, ma deve essere sopratutto di carattere spirituale. E questa, di entrare nella magia profonda del "Dream Time", non è una occasione da lasciar perdere. Certo non appare facile trovare sul territorio lo spazio utile, e non mancano di certo proposte alternative di terreni disponibili in altre aree geografiche del Piemonte che sono però senza significato. Accettare una di queste proposte ci porterebbe lontano dal cerchio sacro in cui vogliamo edificare il nostro Villaggio della meditazione e finiremmo per costruire una cosa che non avrebbe una identità completa. Non riusciremmo a realizzare una esperienza che sia tra scienza e spirito.
La "matchka" che tante volte ha vegliato benevola sulla sorte del nostro lavoro, come una amorevole provvidenza, non mancherà certamente di esaudire anche questo nostro sogno, consapevole del nostro entusiasmo, della nostra forza spirituale e sopratutto dei nostri intenti che sono diretti ad un aiuto a tutta l'umanità.

www.eco-spirituality.org

trojan.ll
00venerdì 2 giugno 2006 21:27
Val di Susa - Geografia sacra
Val di Susa: cosa rappresenta questo luogo nella geografia sacra del mondo?
Un punto fondamentale degli equilibri energetici europei. Un “chakra” importantissimo è situato all’imboccatura della Val di Susa, da cui si dipartono “nadi”, canali energetici che vanno a creare un asse importantissimo verso nord-ovest e verso sud-est. Quali sono i punti “noti” di questo asse? I tre meravigliosi santuari dedicati a San Michele. In un allineamento pressoché perfetto, la Sacra di San Michele - lo splendido edificio sacro medioevale all’imboccatura della Val di Susa - è al centro di una precisa direttrice che va dal santuario dedicato a Michele di Monte Sant’Angelo, sul Gargano, fino a quello sull’isola incantata di Mont Saint Michel, nel nordest della Francia.

I tre principali santuari dedicati a Michele: Mont Saint Michel (tra Normandia e Bretagna), Sacra di S. Michele in Val di Susa e Monte Sant'angelo sul Gargano

Luoghi sacri, luoghi di energie fortissime. Che gli antichi conoscevano e usavano e che gli uomini del “risveglio” torneranno ad usare.
E proprio quella spiritualità che nella tradizione ebraico-cristiana si chiama Michele, che prima si è chiamata Mercurio, Hermes, Toth…, è lo spirito guida dell’operazione “risvegli”.
Ma vediamo meglio cosa significa questo discorso di Michele in Val di Susa.
La crosta terrestre ha nelle sue profondità delle forze enormi, concentrate in certi luoghi, che gli antichi conoscevano bene e chiamavano forze della Dea Madre, della Madre Terra. Statue femminili nere, adorate in caverne o cripte, la rappresentavano: raffigurazioni sacre di tante divinità tra cui l’egizia Iside, e poi le madonne nere cristiane. A sancire l’alleanza positiva tra uomini e queste forze. Ma gli antichi le chiamavano anche forze del “drago”, facendo riferimento al fatto che erano forze enormi, ma “selvagge”, utilizzabili sia per il bene che per il male, a seconda delle intenzioni umane.
In epoche antiche gruppi di iniziati ispirati dal mondo spirituale decisero che per un lungo tratto dell’evoluzione umana bisognava che certe forze del drago di un importante asse energetico europeo fossero equilibrate, tenute sotto controllo e rivolte al bene. E che di questo equilibrio positivo si giovassero le popolazioni europee.
Questo il motivo per cui degli edifici speciali, costruiti e “attivati” in modo del tutto particolare, furono eretti sopra montagne sacre piene di forze del drago, talvolta oscure. Santuari di Michele, che nella sua funzione tipica “tiene a bada le forze del drago”, per usarle in positivo e per lasciare liberi gli uomini di evolversi. Questo illustrano i quadri e le statue di San Michele.

Il chakra centrale della Val di Susa non è fatto solamente del monte dove è posta la Sacra , ma di una serie di altri rilievi carichi di forze importanti, trai quali uno in particolare assume un ruolo centrale nella geografia sacra: il monte Musinè (asinello in dialetto).
E’ un luogo dalle energie fortissime, uno dei principali in Europa. Le forze spirituali del drago hanno conformato un sottosuolo pieno di energie enormi, selvagge, che si manifestano in conformazioni rocciose insolite e piene di materiali “forti”, nocivi se liberati. Che sono la manifestazione di forse spirituali altrettanto nocive su altri piani. Ma il monte è anche un’antenna volta verso incredibili energie positive cosmiche. Da sempre apparizioni continue di luminescenze colorate, globi luminosi… Luogo di leggende di maghi e di draghi d’oro, di riti e di graffiti misteriosi fin dall’antichità più remota. Luogo di avvistamenti “ufo” tra i più citati, fin dai tempi pionieristici di Kolosimo. Persino la vegetazione che vi cresce è differente da tutto il resto della zona.

E’ il punto focale che probabilmente più di ogni altro ha creato quella base energetico-spirituale che ha fatto di Torino la città esoterica per eccellenza, nel bene e nel male. Come è tipico delle forze del drago…
Una zona fortissima quindi, al centro di un asse europeo spirituale fondamentale, forse il principale. Tenuta in equilibrio per secoli dalla spiritualità rappresentata da Michele, con le forze del drago domate e sepolte nel sottosuolo, in attesa della grande epoca dei “risvegli”.
ramel
00domenica 2 luglio 2006 23:12
Re: Val di Susa - Geografia sacra

Scritto da: trojan.ll 02/06/2006 21.27
Val di Susa: cosa rappresenta questo luogo nella geografia sacra del mondo?
Un punto fondamentale degli equilibri energetici europei. Un “chakra” importantissimo è situato all’imboccatura della Val di Susa, da cui si dipartono “nadi”, canali energetici che vanno a creare un asse importantissimo verso nord-ovest e verso sud-est. Quali sono i punti “noti” di questo asse? I tre meravigliosi santuari dedicati a San Michele. In un allineamento pressoché perfetto, la Sacra di San Michele - lo splendido edificio sacro medioevale all’imboccatura della Val di Susa - è al centro di una precisa direttrice che va dal santuario dedicato a Michele di Monte Sant’Angelo, sul Gargano, fino a quello sull’isola incantata di Mont Saint Michel, nel nordest della Francia.

I tre principali santuari dedicati a Michele: Mont Saint Michel (tra Normandia e Bretagna), Sacra di S. Michele in Val di Susa e Monte Sant'angelo sul Gargano

Luoghi sacri, luoghi di energie fortissime. Che gli antichi conoscevano e usavano e che gli uomini del “risveglio” torneranno ad usare.
E proprio quella spiritualità che nella tradizione ebraico-cristiana si chiama Michele, che prima si è chiamata Mercurio, Hermes, Toth…, è lo spirito guida dell’operazione “risvegli”.
Ma vediamo meglio cosa significa questo discorso di Michele in Val di Susa.
La crosta terrestre ha nelle sue profondità delle forze enormi, concentrate in certi luoghi, che gli antichi conoscevano bene e chiamavano forze della Dea Madre, della Madre Terra. Statue femminili nere, adorate in caverne o cripte, la rappresentavano: raffigurazioni sacre di tante divinità tra cui l’egizia Iside, e poi le madonne nere cristiane. A sancire l’alleanza positiva tra uomini e queste forze. Ma gli antichi le chiamavano anche forze del “drago”, facendo riferimento al fatto che erano forze enormi, ma “selvagge”, utilizzabili sia per il bene che per il male, a seconda delle intenzioni umane.
In epoche antiche gruppi di iniziati ispirati dal mondo spirituale decisero che per un lungo tratto dell’evoluzione umana bisognava che certe forze del drago di un importante asse energetico europeo fossero equilibrate, tenute sotto controllo e rivolte al bene. E che di questo equilibrio positivo si giovassero le popolazioni europee.
Questo il motivo per cui degli edifici speciali, costruiti e “attivati” in modo del tutto particolare, furono eretti sopra montagne sacre piene di forze del drago, talvolta oscure. Santuari di Michele, che nella sua funzione tipica “tiene a bada le forze del drago”, per usarle in positivo e per lasciare liberi gli uomini di evolversi. Questo illustrano i quadri e le statue di San Michele.

Il chakra centrale della Val di Susa non è fatto solamente del monte dove è posta la Sacra , ma di una serie di altri rilievi carichi di forze importanti, trai quali uno in particolare assume un ruolo centrale nella geografia sacra: il monte Musinè (asinello in dialetto).
E’ un luogo dalle energie fortissime, uno dei principali in Europa. Le forze spirituali del drago hanno conformato un sottosuolo pieno di energie enormi, selvagge, che si manifestano in conformazioni rocciose insolite e piene di materiali “forti”, nocivi se liberati. Che sono la manifestazione di forse spirituali altrettanto nocive su altri piani. Ma il monte è anche un’antenna volta verso incredibili energie positive cosmiche. Da sempre apparizioni continue di luminescenze colorate, globi luminosi… Luogo di leggende di maghi e di draghi d’oro, di riti e di graffiti misteriosi fin dall’antichità più remota. Luogo di avvistamenti “ufo” tra i più citati, fin dai tempi pionieristici di Kolosimo. Persino la vegetazione che vi cresce è differente da tutto il resto della zona.

E’ il punto focale che probabilmente più di ogni altro ha creato quella base energetico-spirituale che ha fatto di Torino la città esoterica per eccellenza, nel bene e nel male. Come è tipico delle forze del drago…
Una zona fortissima quindi, al centro di un asse europeo spirituale fondamentale, forse il principale. Tenuta in equilibrio per secoli dalla spiritualità rappresentata da Michele, con le forze del drago domate e sepolte nel sottosuolo, in attesa della grande epoca dei “risvegli”.



Questa è la principale ragione per dire NO alla TAV. Sicuramente la maggior parte sono ignoranti a riguardo, e/o spinti dall'avidità, ma ci sono quei pochi malvagi che sanno benissimo gli effetti negativi che si avrebbero su questo chakra.
Salidum
00lunedì 18 giugno 2007 22:05
caspita, a Torino non riesco mai ad avere un livello di coscienza degno di nome.

ci vivono alcuni miei amici, ed ogni volta, per sopportare, incremento il mio tasso alcooloico!
H4rd_Skull
00sabato 25 agosto 2007 16:17
bhe non dimentichiamoci di :

RENNES-LE-CHATEAU
Shanghai-lì

BAGAVAN
00martedì 4 settembre 2007 00:53
Re:
ecco un altro luogo esoterico molto nquietante:

www.chiesaviva.com/381padrepiop1.htm

direi che ve ne sono altre dedicate a san padre pio che sono state eseguite con simboli molto massonici-

www.chiesaviva.com/index.htm

interessante! io ci sono stato in quella chiesa e ho scoperto un uomo che la pensava come me e la chiesa è davvero un enigma architettonico secodo solo alla catedrale di chartres, l'energia che si percepisce è quella del mistero inquieto che vuole sfidare la ragione e creare il caos sulla terra, come una minaccia invisibile e subliminale, una sensazione che a pelle si riesce solo a sfiorare ma che scivola sulla tua pelle come l'acqua e l'olio ma senza mai mischiarsi; questo dualismo degli elementi costitutivi del tempio a padre pio porta a due tipi di adorazioni alternative ed entrambi n conflitto nella mente umana, una sorta di buco nero nella fede delle persone ove tutto ciò che ci circonda viene annichilito e lasciato senz'anima, come un automa dello spirito massonico che divide et impera.

beh è comunque una mia opinione.

merlinoartu, 25/05/2006 11.49:





Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 00:31.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com