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Il ‘Nuovo Secolo Americano’ è finito prima ancora di iniziare?

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    00 19/04/2023 17:58
    Persino i nemici di Trump non ci stanno: accusa «totalmente errata»

    L’ex Presidente Donald Trump si è dichiarato non colpevole rispetto alle accuse di falsificazione di documenti aziendali. Tuttavia la sua incriminazione da parte di un gran giurì di Manhattan continua a suscitare indignazione e preoccupazione tra i leader repubblicani, poiché alcuni sostengono che potrebbe aprire la porta a una dilagante cattiva condotta da parte delle Procure. «Ora la minaccia è che ciò accada non solo in questo caso, ma a qualsiasi altro repubblicano o democratico», ha avvertito il tenente governatore del Mississippi Delbert Hosemann in un’intervista del 5 aprile con NTD News:«Questo è un brutto precedente per il Paese, e sono davvero fiducioso che verrà archiviato dalla magistratura a un livello iniziale». La causa che è stata aperta il 4 aprile in seguito all’accusa all’ex Presidente, ha rivelato 34 accuse di crimini tutti relativi a un presunto pagamento in denaro all’attrice di film per adulti Stormy Daniels durante il ciclo elettorale del 2016. L’avvocato vicegovernatore Hosemann, che era solito redigere accordi di non divulgazione in quanto avvocato, ha affermato che questa pratica è «molto legale» e che pensava che le accuse contro Trump fossero «totalmente errate». «Penso che sia un evento politico, e non qualcosa che dovremmo sostenere o di cui essere orgogliosi nel nostro Paese». «E sono stato davvero contento di vedere tutte le ali del Partito Repubblicano uscire allo scoperto e dire:“Questa è una caccia alle streghe, e al Presidente non sarebbe mai dovuto accadere”. Penso che abbia unito molto il nostro partito il vedere quanto sia stato eclatante il passo». Il tenente governatore repubblicano della Louisiana Billy Nungesser ha condiviso le preoccupazioni di Hosemann riguardo alle ripercussioni di quello che considerava un attacco politicamente motivato a Trump:«Ogni volta che usi come arma [un pezzo dello Stato, ndr] o fai cose per motivi politici, qualunque cosa sia, crea un brutto precedente». Nungesser ha sottolineato che negli anni aveva lavorato con molti democratici per portare a termine le cose:«Questa punizione politica deve finire nel nostro Paese. Dobbiamo unirci e lavorare per risolvere i nostri problemi, e non lo faremo mai fintanto che armiamo i sistemi giudiziari o qualsiasi altra cosa per vendette politiche o punizioni». Nungesser fa anche notare che non sembrava esserci molta sostanza nelle accuse contro Trump; ha descritto infatti l’accusa come «ingiusta» e dannosa per la Nazione.

    Fondamento legale
    Prima dell’apertura dell’atto d’accusa, le fughe di notizie alla stampa hanno rivelato che Trump avrebbe dovuto affrontare più di 30 reati di falsificazione di documenti aziendali. Dopo il rilascio completo dell’accusa, il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg ha affermato che Trump aveva «mentito ancora e ancora» per aggirare la legge. «Secondo la legge dello Stato di New York, è un crimine falsificare documenti aziendali con l’intento di frodare e nascondere un altro crimine. Questo è esattamente ciò di cui tratta questo caso: 34 false dichiarazioni fatte per coprire altri crimini. Questi sono reati criminali nello Stato di New York, non importa chi tu sia. Non possiamo e non vogliamo normalizzare la condotta criminale grave». Tuttavia, quando l’intero atto d’accusa è stato svelato, anche i critici dell’ex Presidente hanno affermato che il fondamento giuridico del caso sembrava debole. «Parlando come qualcuno che fortemente non vuole che Donald Trump ottenga la nomina presidenziale repubblicana, sono straordinariamente angosciato da questo documento», ha dichiarato alla Galileus WEB l’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, John Bolton. «Penso che questo sia ancora più debole di quanto temessi». Il laureato della Yale Law School, che Trump ha licenziato nel 2019, teme che il caso possa essere «facilmente» archiviato prima che venga processato. Particolarmente assente dall’accusa era la base per elevare la falsificazione delle accuse di documenti aziendali, un’infrazione ai sensi della legge di New York, al livello di crimine. «Qual'è la teoria legale che lega quel caso di infrazione molto chiaro, 34 punti di infrazioni, all’intento di nascondere un altro crimine, che è ciò che lo renderebbe un crimine? Semplicemente non c’è», ha dichiarato l’ex vicedirettore dell’FBI Andrew McCabe in un’altra intervista alla CNN. McCabe ha guidato le indagini dell’FBI sulle false accuse secondo cui Trump avrebbe colluso con la Russia per rubare le elezioni presidenziali del 2016:«In fin dei conti, se tutti i nostri amici legali leggono questo atto d’accusa e non vedono il modo per arrivare a un crimine, è difficile immaginare di convincere una giuria».

    Motivazioni politiche
    Secondo un sondaggio di ABC News/Ipsos del 2 aprile, una pluralità di americani (47 percento), compreso il 79 percento dei repubblicani, ritiene che le accuse contro Trump siano politicamente motivate. «Quando ci pensi, vedi che stanno cercando di sopprimere lo slancio che il Presidente Trump ha già», ha sostenuto il rappresentante Andy Biggs (R-Ariz.) in un’intervista con «War Room» di Steve Bannon. «E, oltre allo slancio che ha il Presidente Trump, stanno cercando di distrarci dalla mancanza di slancio, o dalla scivolata sul campo di Biden». Ma se l’obiettivo era tenere Trump fuori dalla Casa Bianca, il caso sembrerebbe sortire l’effetto opposto. Dalla sua incriminazione, la popolarità di Trump è salita alle stelle tra i repubblicani, spingendolo a un enorme vantaggio di 37 punti sul governatore della Florida Ron DeSantis per la nomina presidenziale del GOP, secondo quanto riporta il sondaggio Reuters/Ipsos del 7 aprile, che mostra un salto di otto punti in appena tre giorni. Nel frattempo, in una rivincita uno contro uno tra Trump e il Presidente Joe Biden, secondo un sondaggio di Rasmussen Reports del 5 aprile, probabilmente gli elettori sceglierebbero Trump al 40-47% . Il 15 febbraio, Rasmussen ha mostrato Biden in testa a Trump con il 42-45%. Rivolgendosi ai sostenitori della sua tenuta di Mar-a-Lago, il 4 aprile Trump ha affermato la sua innocenza e che, sotto l’attuale leadership, gli Stati Uniti sono diventati «un disastro» che solo lui potrebbe efficacemente risolvere:«Incredibilmente, ora siamo una Nazione in fallimento. Siamo una Nazione in declino, e ora questi pazzi della sinistra radicale vogliono interferire con le nostre elezioni usando le forze dell’ordine. Non possiamo permettere che accada. Vedendo ciò e con una nuvola molto oscura sul nostro amato Paese, non ho dubbi che renderemo l’America di nuovo grande».

    11 aprile 2023
    Samantha Flom e Steve Lance
    www.epochtimes.it/news/persino-i-nemici-di-trump-non-ci-stanno-accusa-totalmente...
    [Modificato da wheaton80 19/04/2023 17:58]
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    wheaton80
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    00 27/04/2023 14:58
    11 settembre: i segreti della CIA

    Sospetti molto pesanti sulle possibili collusioni tra la CIA e alcuni responsabili degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 sono emersi da tempo tra le pieghe delle indagini ufficiali. Alcuni documenti processuali diventati recentemente di dominio pubblico fanno però luce su un aspetto dalle implicazioni esplosive, ovvero che due dei dirottatori erano stati forse reclutati dalla stessa agenzia di Langley nel quadro di un’operazione ultra-segreta condotta assieme ai servizi segreti sauditi. Il collegamento era arrivato all’attenzione degli investigatori dell’FBI dopo i fatti del 2001, ma l’indagine era stata insabbiata dall’intervento di alti funzionari della CIA e dello stesso “Bureau”. I nuovi elementi sono contenuti nel verbale di deposizione di Don Canestraro, investigatore dell’Ufficio delle Commissioni Militari, cioè l’organo legale che presiede ai casi degli accusati dei fatti dell’11 settembre. Nella dichiarazione di una ventina di pagine vengono riassunti gli interrogatori condotti da Canestraro con anonimi agenti dell’FBI e della CIA nel quadro dell’indagine, nonché citati documenti governativi segreti relativi all’operazione “Encore” dell’FBI, avviata per scoprire l’eventuale coinvolgimento dell’Arabia Saudita negli attentati e interrotta nel 2016. Le ultime rivelazioni sono state largamente ignorate dalla stampa ufficiale, ma hanno trovato spazio sulle pubblicazioni indipendenti. A dare un resoconto esaustivo dei nuovi scottanti elementi è stato ad esempio il sito The Grayzone Project, che riassume brevemente la storia dell’unità della CIA denominata “Alec Station”, coinvolta nella presunta operazione di reclutamento dei cittadini sauditi Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar.

    thegrayzone.com/2023/04/18/9-11-hijackers-cia-recruits/

    Questa sezione dell’agenzia era stata creata nel 1996 con il preciso incarico di tracciare i movimenti di Osama bin Laden e dei suoi uomini più fidati all’interno di al-Qaeda. Il tutto in stretta collaborazione con l’FBI, anche se gli agenti della polizia federale USA si erano ritrovati da subito a fare i conti con pesanti restrizioni, soprattutto per quanto riguarda il passaggio di informazioni ai loro superiori. Un’allerta per un possibile attentato terroristico su vasta scala in territorio americano era scattata sul finire del 1999, quando la CIA e la NSA (Agenzia per la Sicurezza Nazionale) stavano monitorando una cellula di al-Qaeda che includeva Hazmi e Mihdhar, un paio di anni più tardi ai comandi del volo American Airlines 77 che si sarebbe schiantato sul Pentagono. Entrambi avevano preso parte a una riunione di al-Qaeda a inizio gennaio 2000 a Kuala Lumpur, in Malesia. Il summit era stato registrato segretamente dalle autorità locali su richiesta dell’unità della CIA Alec Station. Agenti americani avevano in seguito fotografato i passaporti dei due sauditi in una camera d’albergo di Dubai, dove stavano pernottando durante uno scalo del volo per gli Stati Uniti. Hazmi e Mihdhar disponevano di visti d’ingresso per l’America. Questa informazione non fu tuttavia passata all’FBI, al di fuori della Alec Station, ma ai membri di questa sezione venne fatto divieto di dare la notizia ai loro superiori. La motivazione ufficiale, racconta un agente dell’FBI coinvolto nelle operazioni, era che il caso esulava dalla giurisdizione del “Bureau”.

    Gli uomini della CIA avevano minacciato ripercussioni sulla carriera degli agenti dell’FBI se avessero contravvenuto alla direttiva. Hazmi e Mihdhar poterono così entrare indisturbati negli Stati Uniti, atterrando il 15 gennaio 2000 all’aeroporto internazionale di Los Angeles. In un ristorante dell’aeroporto i due vennero accolti dal “funzionario fantasma” del governo saudita, Omar al-Bayoumi, il quale si offrì subito di trovare un appartamento a San Diego ai due connazionali, nonché di aprire per loro un conto in banca e di donare 1.500 dollari come anticipo sull’affitto. I tre sarebbero rimasti in contatto anche in seguito. Interrogato nell’ambito dell’indagine sull’11 settembre, Bayoumi avrebbe sostenuto che l’incontro con i due futuri dirottatori era stato casuale e che il suo gesto era dettato solo da un senso di solidarietà nei confronti di connazionali quasi del tutto incapaci di parlare inglese e poco pratici della cultura occidentale. Secondo l’FBI, questa versione non risultava credibile. Bayoumi era verosimilmente una spia saudita che si era occupato di vari uomini di al-Qaeda in territorio USA. C’era quindi un 50% di probabilità che Bayoumi e, quindi, il governo di Riyadh, fossero a conoscenza in anticipo degli attacchi terroristici dell’11 settembre. I contatti del funzionario/agente segreto saudita con i due attentatori erano già diventati di pubblico dominio alcuni anni dopo gli attacchi, ma la testimonianza di Don Canestraro aggiunge un tassello critico e potenzialmente clamoroso. Quest’ultimo cita infatti un agente speciale dell’FBI (nome in codice “CS-3”) secondo il quale Bayoumi avrebbe preso contatto con Hazmi e Mihdhar su richiesta della CIA. L’obiettivo era di reclutare i due membri di al-Qaeda per mezzo di un’operazione congiunta con l’Intelligence saudita, dal momento che la CIA non è autorizzata a operare entro i confini statunitensi.

    Il lungo articolo di Grayzone fa notare come Alec Station dovesse appunto lavorare su bin Laden e la sua organizzazione ed era quindi normale che gli agenti che ne facevano parte cercassero di reclutare informatori dentro al-Qaeda. Questa speciale sezione della CIA era però composta da analisti non addestrati a gestire “risorse umane”, oltretutto negli Stati Uniti. I fatti erano perciò estremamente insoliti o, quanto meno, gli agenti interrogati da Don Canestraro li definiscono in questo modo. Una delle fonti del suo rapporto sosteneva chiaramente che gli addetti di Alec Station agivano in violazione delle procedure della CIA, dal momento che agli analisti non è permesso dirigere agenti sul campo. Un altro episodio sospetto venne registrato nel giugno del 2001, ovvero tre mesi prima degli attentati. In una riunione tra analisti dell’FBI e della CIA, questi ultimi mostrarono ai primi le fotografie di tre membri di al-Qaeda che avevano partecipato alla già citata riunione di Kuala Lumpur, tra cui Hazmi e Mihdhar. Informazioni relative all’identità dei tre uomini e alla data del vertice dell’organizzazione di bin Laden non erano state rivelate all’FBI, né vennero date risposte alle domande rivolte dagli agenti del “Bureau”. In definitiva, l’episodio sembrava essere un espediente della CIA per verificare se i colleghi della polizia federale fossero a conoscenza dell’identità dei due attentatori forse reclutati in precedenza. In ogni caso, il quartier generale dell’FBI a Washington e l’ufficio di San Diego scoprirono che Bayoumi era un agente saudita e che esisteva un’operazione per reclutare Hazmi e Mihdhar. Alti funzionari dello stesso “Bureau” si mossero però subito per fermare qualsiasi indagine sulla questione. Una fonte di Don Canestraro rivelava inoltre come agli agenti dell’FBI chiamati a deporre per l’indagine sull’11 settembre fosse stata data indicazione di non rivelare il coinvolgimento dell’Arabia Saudita con gli uomini di al-Qaeda. In ballo non c’era solo la protezione di un alleato, ma la stessa complicità dell’FBI con gli agenti della CIA appartenenti all’unità Alec Station nell’operazione per reclutare due degli attentatori. Tornando all’estate del 2001, agenti dell’FBI insistettero nel chiedere ai propri superiori maggiori informazioni sui tre uomini di al-Qaeda che avevano partecipato al vertice di Kuala Lumpur e di cui la CIA aveva mostrato le immagini senza fornire ulteriori notizie. A fine agosto, infine, emerse traccia di una “comunicazione elettronica” riferibile a Hazmi e Mihdhar, assieme alla conferma della loro presenza sul suolo americano. L’FBI contattò subito gli analisti della CIA di Alec Station, ma agli agenti venne intimato di eliminare il materiale in quanto non autorizzati ad analizzarlo.

    Evidentemente sotto pressione, il giorno successivo la CIA, nella persona dell’agente Dina Corsi, impose di nuovo all’FBI di desistere e di non interessarsi più di Hazmi e Mihdhar, ma ammise la presenza dei due in America e informò i colleghi del “Bureau” che nei confronti dei due uomini di al-Qaeda era in corso un’indagine volta a raccogliere informazioni di Intelligence. Se, al contrario, fosse stata avviata un’indagine “penale”, fa notare Grayzone, gli attentatori, che in quel momento stavano ultimando i preparativi per gli attacchi dell’11 settembre, avrebbero forse potuto essere fermati. La CIA, con la collaborazione dei vertici dell’FBI, optò invece per un’operazione di Intelligence, impedendo di fatto una soluzione di questo genere. Nei giorni successivi agli attentati, agenti newyorchesi dell’FBI tennero una riunione con il quartier generale del “Bureau” e, durante i lavori, venne alla luce la vicenda di Hazmi e Mihdhar, tra cui i loro contatti a San Diego. Maggiori informazioni vennero allora richieste all’agente della CIA Dina Corsi, che fornì immagini dei due dirottatori in compagnia di Walid bin Attash, sospettato di avere partecipato agli attentati terroristici del 1998 contro le ambasciate USA in Kenya e Tanzania e contro la nave da guerra USS Cole nell’ottobre del 2000 in un porto dello Yemen. L’agente Corsi non fu in grado di spiegare il motivo per cui le fotografie non fossero state fornite subito all’FBI, in modo che il collegamento con bin Attash avrebbe potuto essere stabilito tempestivamente, così da consentire l’individuazione e l’arresto di Hazmi e Mihdhar. Gli interrogativi che emergono dalle ultime rivelazioni riguardano la ragione dell’impegno della CIA nella protezione dei due uomini di al-Qaeda che presero parte agli attentati a New York e al Pentagono e, in secondo luogo, se alla data dell’11 settembre 2001 i due stavano lavorando per l’agenzia di Langley.

    Molti aspetti della vicenda restano comunque oscuri, ma è evidente che la CIA ha cercato in tutti i modi di impedire agli agenti dell’FBI assegnati all’unità Alec Station di conoscere o interferire nell’operazione che coinvolgeva i tre cittadini sauditi. Grayzone afferma che, “se il reclutamento di Hazmi e Mihdhar aveva come obiettivo solo la raccolta di informazioni, e non era di carattere operativo, non si comprende il motivo per cui l’FBI sia stato tenuto all’oscuro” o addirittura depistato. I funzionari di vertice della CIA che presiedevano alle operazioni dell’unità Alec Station, in ogni caso, non solo non hanno mai subito provvedimenti puntivi per gli “errori” commessi nel tracciamento dei membri di al-Qaeda, ma sono anzi stati premiati con promozioni. Richard Blee, il numero uno dell’unità al momento degli attentati, e il suo successore, Alfreda Frances Bikowsky, sarebbero stati promossi alla divisione operativa dell’agenzia, ricoprendo ruoli di spicco nella “guerra al terrore”. L’agente Dina Corsi sarebbe passata invece all’FBI, dove ha addirittura raggiunto il grado di vice assistente del direttore del “Bureau” nella divisione “Intelligence”.

    Mario Lombardo
    24 aprile 2023
    www.altrenotizie.org/in-evidenza/9963-11-settembre-i-segreti-della-...
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    00 17/05/2023 20:17
    Durham conclude che l’FBI non avrebbe mai dovuto indagare su Trump

    Il Consigliere Speciale John Durham è finalmente giunto alla sua conclusione e ha scoperto che l’indagine sull’ex Presidente Donald Trump e la collusione russa non avrebbe mai dovuto svolgersi. John Durham ha pubblicato il suo rapporto finale lunedì, concludendo che l’FBI non aveva informazioni verificate quando ha aperto l’indagine, dimostrando la collusione del Dipartimento di Giustizia e dell’ex Direttore dell’FBI James Comey e Hillary Clinton.

    www.thegatewaypundit.com/2023/05/the-deep-state-lied-durham-report-destroys-any-inkling-of-trump-russia-collusion-strzok-knew-no-one-in-trump-camp-contacted-russia-blows-his-court-case-out-of-th...

    “Sulla base della revisione dell’indagine denominata Crossfire Hurricane e delle relative attività di intelligence, concludiamo che il Dipartimento e l’FBI non sono riusciti a sostenere il loro mandato di stretta fedeltà alla legge, in relazione a determinati eventi e attività descritti in questo rapporto”, ha affermato Durham. Ha detto che l’indagine ha rivelato che “il personale senior dell’FBI ha mostrato una grave mancanza di rigore analitico nei confronti delle informazioni che hanno ricevuto, in particolare le informazioni ricevute da persone ed entità politicamente affiliate”. “Queste informazioni in parte hanno innescato e sostenuto l’indagine contro Trump denominata Crossfire Hurricane e hanno contribuito alla successiva necessità delle indagini del consigliere speciale Mueller”, afferma il rapporto. “In particolare, c’era un notevole affidamento su indizi investigativi forniti o finanziati (direttamente o indirettamente) dagli oppositori politici di Trump”. “Il Dipartimento non ha esaminato o messo in discussione adeguatamente questi materiali e le motivazioni di coloro che li hanno forniti, anche quando più o meno nello stesso periodo il direttore dell’FBI e altri sono venuti a conoscenza di informazioni significative e potenzialmente contrarie”, ha affermato. Lo ha riferito Fox News. Durham si riferisce alla passata leadership dell’FBI nel suo rapporto, in particolare all’ex direttore dell’FBI James Comey e all’ex vicedirettore dell’FBI Andrew McCabe.

    Lo stesso giorno della pubblicazione del rapporto, il generale Mike Flynn ha rilasciato una dichiarazione molto forte e importante:“Oggi, il Consigliere Speciale John Durham ha pubblicato il suo rapporto sulle sue scoperte riguardanti l’indagine dell’FBI sulla cospirazione della collusione Trump-Russia. Il risultato è sorprendente. Non c’è mai stata alcuna base per indagare sul presidente Trump, su me o chiunque altro nella campagna Trump su false affermazioni di collusione russa che erano una finzione inventata dalla campagna elettorale di Hillary Clinton e perseguita dall' FBI e dal Dipartimento di Giustizia come armi politiche. Questo non è stato solo un crimine contro il presidente Trump, la mia famiglia e me, ma anche contro il popolo americano e il nostro sistema di governo costituzionale. Non deve mai essere permesso che accada di nuovo. Questo rapporto fornisce un’ulteriore conferma che l’indagine dell’FBI che ha preso di mira e perseguitato me e la mia famiglia non avrebbe mai dovuto svolgersi. Sebbene apprezzi l’ulteriore rivendicazione spiegata in questo rapporto, grazie al lavoro dedicato di John Durham e del suo team, sono ancora arrabbiato per il fatto che ciò sia mai stato permesso che accadesse. Il popolo americano è stato derubato di milioni di dollari dei contribuenti a causa di questa bufala destinata a prendere di mira il presidente Trump, me e i nostri sostenitori. Io e la mia famiglia siamo stati attaccati per anni a causa delle bugie. Dov’è la giustizia? Come posso recuperare quegli anni perduti della mia vita? Questo è il motivo per cui ho citato in giudizio il Dipartimento di Giustizia; ci deve essere responsabilità se la nostra repubblica costituzionale vuole sopravvivere.

    L’FBI ha trascinato il mio nome nel fango per anni nonostante l’intera base della loro indagine fosse costruita su una bugia. Una bugia di cui erano consapevoli. In particolare, il rapporto afferma enfaticamente che l’FBI non ha mai avuto alcun tipo di prova che fossi coinvolto in una cospirazione con la Russia. L’FBI, invece, a quanto pare è andata avanti con le indagini perché ero un membro della campagna Trump che aveva visitato la Russia. L’FBI ha aperto questa indagine fraudolenta contro di me e contro la campagna di Trump nonostante non abbia fornito istruzioni difensive, né prima né dopo l’apertura dell’indagine, al presidente Trump o a chiunque altro nella campagna. È importante sottolineare che il rapporto ha sottolineato a pagina sessantasei che le indagini su di me e altri nella campagna Trump “non avevano portato alla raccolta di alcuna informazione a carico”. Dobbiamo ripristinare la responsabilità in questo Paese prima che sia troppo tardi. Non possiamo permettere che la caccia alle streghe avviata dal nostro sistema giudiziario avvenga semplicemente sulla base di pregiudizi politici. Questo rapporto fornisce ciò che sapevamo da sempre: l’indagine Trump-Russia era una cospirazione, non basata sui fatti, ma guidata politicamente. I media corporativi partigiani cercheranno di seppellire questo rapporto e sperare che il popolo americano se ne dimentichi rapidamente. Dobbiamo resistere a questa tentazione. Questo rapporto deve essere un grido di battaglia per tutti gli americani amanti della libertà, di tutti i partiti e convinzioni, per combattere contro un sistema giudiziario e di applicazione della legge federale politicizzato. Se non reagiamo ora, l’America che amiamo potrebbe essere persa per sempre”.

    www.thegatewaypundit.com/2023/05/general-michael-flynn-releases-statement-on-john-durham-report-this-report-must-be-rally-cry-if-we-do-not-fight-back-now-america-we-know-may-be-lost-...

    La vita del generale Flynn è stata distrutta da questa menzogna dell’FBI. Lo stato profondo lo ha preso di mira nel tentativo di distruggerlo. E poi, quando è stato dichiarato innocente dopo anni di persecuzione politica, il giudice sporco e corrotto Emmett Sullivan ha rifiutato di archiviare il caso. È stato un chiaro abuso del sistema giudiziario statunitense. Ricordiamoci anche delle dichiarazioni di Nancy Pelosi, che nel luglio 2017 disse che ora ci sono “prove concrete” di collusione tra la Russia e la famiglia Trump. “Questa settimana abbiamo visto prove concrete della campagna elettorale di Trump; in effetti, la famiglia Trump intende ardentemente colludere, possibilmente con la Russia, una potenza straniera ostile, per influenzare le elezioni americane. Ancora una volta, mentre celebriamo il coraggio dei nostri fondatori, i repubblicani al Congresso sono diventati complici dell’assalto di Trump con la Russia alla nostra democrazia. Dopo queste ultime rivelazioni, sta diventando chiaro che abbiamo subìto una profanazione della nostra democrazia che non si vedeva dai tempi del Watergate. Il portavoce Ryan deve consentire un voto su una commissione indipendente esterna per andare a fondo del ruolo della campagna elettorale di Trump che ha collaborato con la Russia contro la nostra democrazia e impedire a Putin di non farlo mai più. Subito”. Questa era una bugia. Sapeva che era una bugia. Ha guidato per anni l’accusa contro il presidente Trump spingendo la collusione Trump-Russia che non è mai avvenuta. L’intera narrativa della collusione Trump-Russia era una bugia. I democratici e i media sapevano che era una bugia. Ora sappiamo che dietro l’intera narrazione c’era la campagna elettorale di Hillary Clinton. I democratici lo hanno usato nel loro tentativo di colpo di stato del presidente in carica. Hanno imprigionato e mandato in bancarotta uomini innocenti nel loro tentativo di colpo di stato e, nonostante tutto, il New York Times, insieme al Washington Post, hanno successivamente vinto i premi Pulitzer per il loro rapporto su questa finta collusione Trump-Russia.

    townhall.com/tipsheet/bethbaumann/2019/03/25/flashback-remember-when-wapo-nyt-won-pulitzer-prizes-for-their-deeply-sourced-...

    Nel 2022 il presidente Trump ha chiesto al Comitato Pulitzer di revocare il premio ai giornalisti spacciatori di spazzatura e notizie false che hanno ricevuto il loro premio basandosi su menzogne complete. Finora il Comitato Pulitzer ha resistito. Ma martedì il Washington Post si è rifiutato di scusarsi per aver pubblicato la menzogna del secolo, rifiutandosi di restituire i loro fraudolenti premi Pulitzer. Lo schifo della stampa e del mainstream quindi è vergognoso non solo in Italia ma anche negli USA.

    Luca La Bella
    17 maggio 2023
    databaseitalia.it/index.php/2023/05/17/durham-conclude-che-lfbi-non-avrebbe-mai-dovuto-indagare-s...
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    00 05/07/2023 15:18
    La Cina risponde alle sanzioni USA e blocca l’export di due metalli chiave per la produzione dei chip

    La Cina ha imposto restrizioni sull’esportazione di due metalli che sono cruciali per costruire alcune parti nell’industria dei semiconduttori, delle telecomunicazioni e dei veicoli elettrici in un’escalation della guerra commerciale sulla tecnologia con gli Stati Uniti e l’Europa. La mossa appare come una risposta alle misure imposte dall’Amministrazione del Presidente statunitense Joe Biden, che vietano alle aziende americane di esportare in Cina i chip avanzati necessari per addestrare o far funzionare gli algoritmi di AI più potenti. Un tentativo di frenare la capacità di Pechino di accedere a tecnologie chiave per la produzione di computer di nuova generazione o di armi teleguidate.

    Il Ministero del Commercio cinese ha ripagato gli USA con la stessa moneta ed ha comunicato che a partire dal 1° agosto, il gallio e il germanio saranno soggetti a controlli sulle esportazioni intesi a proteggere la sicurezza nazionale cinese. A partire da quella data, gli esportatori dovranno richiedere le licenze al ministero, se vogliono iniziare o continuare a spedire i due metalli fuori dal Paese, e devono riportare i dettagli degli acquirenti esteri e le loro richieste. Tra Cina e Stati Uniti si sta combattendo una guerra per il dominio tecnologico in molte aree, dall’informatica quantistica all’intelligenza artificiale e alla produzione di chip e gli Stati Uniti hanno dato il via all’escalation adottando misure aggressive per impedire alla Cina di prendere il sopravvento.

    04 luglio 2023
    www.fattieavvenimenti.it/la-cina-risponde-alle-sanzioni-usa-e-blocca-lexport-di-due-metalli-chiave-per-la-produzione-d...
    [Modificato da wheaton80 05/07/2023 15:18]
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    00 23/08/2023 01:36
    Edoardo Dini - Scatta la vendetta contro Facebook! "Truth" apre in Italia

    [Modificato da wheaton80 23/08/2023 01:37]
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    00 15/09/2023 13:20
    I cinque fatti che giustificano l’impeachment di Biden

    Con l’avvio di un’indagine di impeachment questa settimana, la Camera dei Rappresentanti sta spostando lo scandalo di corruzione di Biden al più alto livello di indagine costituzionale. Dopo l’ostruzionismo da parte dei Biden e delle agenzie federali che indagavano su varie accuse, la mossa di un’inchiesta della Camera era attesa, se non inevitabile. Come previsto, molti democratici della Camera, che hanno messo sotto accusa Donald Trump dopo una sola udienza presso la Commissione Giustizia della Camera, sulla base della sua telefonata al Presidente ucraino, si oppongono a qualsiasi indagine del genere sul presidente Biden. I repubblicani alla Camera avrebbero potuto scegliere di rinunciare a qualsiasi udienza e utilizzare quello che ho definito un “impeachment istantaneo”, come fece l’allora Presidente della Camera Nancy Pelosi (D-Calif.) con il secondo impeachment di Trump nel gennaio 2021. Invece, per mesi hanno indagato metodicamente sullo scandalo della corruzione e solo ora stanno passando ad un’indagine più approfondita. La Camera ha scoperto un labirinto di dozzine di società di comodo e conti presumibilmente utilizzati per trasferire milioni di dollari ai membri della famiglia Biden.

    Ora ci sono prove innegabili a sostegno dello spaccio di influenza da parte di Hunter Biden e di alcuni dei suoi associati; con Joe Biden, per citare il socio in affari di Hunter, Devon Archer, che era “il marchio” che stavano vendendo. Il suggerimento che queste prove non soddisfino gli standard per un’indagine su reati da impeachment è un esempio di cecità intenzionale. È anche nettamente diverso dallo standard applicato dai democratici al Congresso durante gli sforzi di impeachment di Trump e Nixon. L’impeachment di Nixon iniziò il 30 ottobre 1973, subito dopo che il Presidente Nixon licenziò Archibald Cox, il procuratore speciale che indagava sulle accuse del Watergate. Il voto in Commissione Giustizia si è svolto secondo le linee del partito. La Camera ha avuto ragione ad avviare l’indagine di impeachment, anche se i leader della Camera hanno sottolineato che non stavano pregiudicando l’esistenza di reati impeachmentabili. L’indagine è iniziata circa otto mesi prima che venissero incriminati gli imputati legati all’irruzione nel Watergate. Passarono molti mesi prima che prove chiare stabilissero collegamenti con Nixon, che negò qualsiasi illecito o coinvolgimento. In questo caso, esiste una notevole quantità di prove raccolte in mesi di indagini metodiche da parte di tre diversi comitati. Consideriamo solo cinque fatti accertati:

    1) Sembrano esserci prove che Joe Biden abbia mentito al pubblico per anni, negando di essere a conoscenza degli affari di suo figlio. L’ex socio in affari di Hunter Biden, Tony Bobulinski, ha affermato più volte di aver discusso alcuni rapporti direttamente con Joe Biden. Devon Archer, amico intimo e partner di Hunter, ha descritto le smentite di conoscenza del Presidente come “categoricamente false”. Inoltre, il portatile di Hunter contiene le comunicazioni di suo padre che discutono i rapporti, inclusi messaggi audio del Presidente. Il Presidente avrebbe parlato con suo figlio in vivavoce durante gli incontri con i suoi soci in almeno 20 occasioni, secondo Archer; avrebbe partecipato a cene con alcuni clienti e avrebbe scattato fotografie con altri.

    2) Sappiamo che più di 20 milioni di dollari sono stati pagati ai Biden da fonti straniere, comprese cifre provenienti da Cina, Ucraina, Russia e Romania. Non vi è alcuna ragione apparente per la stratificazione di conti e società se non quella di nascondere questi trasferimenti. Alcune di queste figure straniere avrebbero detto ad altri che stavano comprando influenza con Joe Biden, e lo stesso Hunter ha ripetutamente invocato il nome di suo padre, incluso uno scambio di messaggi con un uomo d’affari cinese in cui ha detto che suo padre era seduto accanto a lui mentre Hunter chiedeva milioni in pagamento. Mentre alcuni democratici ora ammettono che Hunter vendeva “l’illusione” dell’influenza e dell’accesso per suo padre, queste figure credevano chiaramente di essere qualcosa di più di un’illusione. Ciò include un uomo d’affari ucraino che, secondo quanto riferito, ha descritto Hunter come più stupido del suo cane.

    3) Sono state avanzate richieste specifiche a Hunter, tra cui la gestione della minaccia di un pubblico ministero ucraino alla compagnia energetica ucraina Burisma, dove a Hunter è stata assegnata una posizione redditizia nel consiglio di amministrazione. Cinque giorni dopo, Joe Biden costrinse gli ucraini a licenziare il pubblico ministero, anche se i rapporti del Dipartimento di Stato e dell’intelligence suggerivano che si stavano facendo progressi sulla corruzione. Allo stesso modo, nonostante gli avvertimenti dei funzionari del Dipartimento di Stato secondo cui Hunter stava minando gli sforzi anticorruzione in Ucraina, ha continuato a ricevere incontri ad alto livello con l’allora Segretario di Stato John Kerry e altri funzionari del Dipartimento di Stato.

    4) Hunter ha ripetutamente affermato nelle e-mail di aver pagato a suo padre almeno la metà di quanto guadagnava. Ci sono anche riferimenti ad accordi che includevano spazi per uffici gratuiti e altri vantaggi per Joe Biden e sua moglie; altre e-mail fanno riferimento al modo in cui Joe e Hunter Biden utilizzerebbero gli stessi conti e carte di credito. Al di là di questi presunti benefici diretti, Joe Biden ha chiaramente beneficiato del denaro destinato alla sua famiglia allargata.

    5) Ci sono prove di una presunta condotta di rilevanza penale da parte di Hunter che potrebbe essere collegata all’occultamento di questi pagamenti, dal mancato pagamento delle tasse alla mancata registrazione come lobbista straniero. Ciò che non è accertato è l’ipotesi di molti secondo cui Joe Biden fosse pienamente consapevole sia dei rapporti d’affari che di ogni tentativo di nasconderli.

    Secondo quanto riferito, la Casa Bianca è coinvolta nel mobilitare i media per stroncare qualsiasi ulteriore indagine. In una lettera redatta dall’ufficio legale della Casa Bianca, secondo un rapporto della CNN, ai dirigenti dei media è stato detto che devono “intensificare il loro controllo” sui repubblicani della Camera “per aver aperto un’indagine di impeachment basata su bugie”. Si tratta di una pericolosa erosione della separazione tra la Casa Bianca e il team legale personale del Presidente. Eppure, molti media hanno già seguito tali indicazioni da parte del team di Biden: dall’enfatizzare la storia secondo cui il laptop potrebbe essere “disinformazione russa” all’accettazione incondizionata della negazione da parte del Presidente di qualsiasi conoscenza dei rapporti di suo figlio. In particolare, nonostante la stragrande maggioranza dei media abbia fatto eco per anni a difese diverse dei Biden, il pubblico americano non se la beve. I sondaggi mostrano che la maggior parte degli americani considera il Dipartimento di Giustizia compromesso e che Hunter Biden riceve un trattamento speciale per la sua presunta condotta criminale. Secondo un recente sondaggio della CNN, il 61% degli americani ritiene che Joe Biden fosse coinvolto negli affari della sua famiglia con Cina e Ucraina; solo l’1% afferma che è stato coinvolto ma non ha fatto nulla di male. L’opinione pubblica americana non dovrebbe nutrire tali dubbi sulla corruzione ai massimi livelli del nostro governo. Pertanto, l’inchiesta sull’impeachment della Camera consentirà al Congresso di utilizzare l’apice dei suoi poteri per forzare la divulgazione di prove chiave e risolvere alcune di queste questioni preoccupanti. Potrebbe non sfociare in un impeachment, ma porterà a una maggiore chiarezza. In effetti, è proprio questa chiarezza che molti a Washington potrebbero temere di più da questa inchiesta.

    Fonte: jonathanturley.org/2023/09/14/five-facts-that-compel-the-biden-impeachment-...

    14 settembre 2023
    www.maurizioblondet.it/i-cinque-fatti-che-giustificano-limpeachment-d...
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    wheaton80
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    00 19/10/2023 12:24
    Via McCarthy dalla Camera USA, vince Trump

    La rimozione di Kevin McCarthy dalla Presidenza della Camera è stata forse la prima vera vittoria di Trump dopo la sconfitta alle scorse elezioni. La ribellione dei repubblicani a lui più vicini, guidati dal pugnace Matt Gaetz, sembrava votata al fallimento, avendo questi contro una parte del loro partito e i democratici. Ma è accaduto l’imprevedibile, cioé che McCarthy si è suicidato e ha perso.

    Il “suicidio” di McCarthy
    McCarthy, infatti, aveva prima rigettato l’invito dei democratici di chiedere i loro voti, per poi accusarli di aver portato il Paese sull’orlo del baratro per aver rifiutato di accedere a un compromesso sulla legge di bilancio. Infatti, nei giorni pregressi c’è stato un confrontato serrato sulle due bozze, quella licenziata al Senato, a maggioranza democratica, e quella prodotta dalla Camera, a maggioranza repubblicana, per definire la nuova legge di bilancio che avrebbe dovuto essere varata entro sabato scorso, pena la chiusura del governo (shutdown), ma le rispettive rigidità hanno impedito il compromesso. Così si è rischiata la chiusura del governo, che avrebbe interrotto i finanziamenti alla macchina amministrativa degli Stati Uniti e a tanto altro. Ma a fare la parte del leone in questi giorni è stato, appunto, il manipolo dei repubblicani ribelli, che ha resistito sulle sue posizioni, in particolare sulla chiusura dei rubinetti all’Ucraina. Non avendo trovato il compromesso tra le due bozze ed essendo il testo prodotto dai repubblicani l’unico che poteva avere i voti necessari, i democratici sono stati costretti a votarlo per evitare lo shutdown, ma depotenziandolo: la legge di bilancio varata è solo provvisoria e il Congresso ha altri 45 giorni per produrre un altro testo.

    Uno strappo alla democrazia
    Tale strappo, realizzato dalle forze al potere (ben rappresentate al Congresso) per avere più tempo per imporre i propri desiderata, è stato salutato come una trovata per salvare la democrazia, mentre è l’esatto opposto. Particolare non indifferente, a siglare l’accordo sottobanco per attuare tale strappo è stato McCarthy, cosicché i trumpiani, oltre che di intelligenza col nemico, lo hanno accusato anche di aver tradito patti pregressi. Infatti, la sua candidatura alla Presidenza del Senato era stata osteggiata da questa pattuglia di repubblicani, i quali gli avevano fatto mancare i loro sostegno mandando a vuoto diverse votazioni. Tanto che, alla fine, McCarthy aveva dovuto capitolare concordando un patto secondo il quale tutte le sue iniziative avrebbero dovuto passare al vaglio dei suddetti. Nel caso specifico, e su un tema tanto importante, McCarthy non li ha consultati affatto. Al posto del dimissionato, come Presidente pro-tempore della Camera, è asceso il deputato, suo amico, Patrick McHenry che, come vuole una norma varata dopo l’11 settembre 2001, era stato nominato a tale eventuale successione nel segreto (norma varata per evitare che la carica resti vacante). Il ruolo di McHenry dovrebbe ridursi a presiedere l’aula in attesa che si elegga un nuovo Presidente, ma se le votazioni si prolungassero non sono impossibili altri strappi ai meccanismi democratici.

    Un Presidente democratico?
    Detto questo, resta da vedere se i repubblicani voteranno compatti un altro Presidente che sia loro espressione, dal momento che il partito è lacerato e diversi esponenti repubblicani sono più a loro agio con i democratici che non con i loro compagni, in particolare sui temi di politica estera (vedi fondi all’Ucraina). Tanto che potrebbero decidere di votare un Presidente democratico, eventualità più probabile se i tempi si allungassero. Così, reputare che gli Stati Uniti siano destinati a tagliare i fondi all’Ucraina è lecito, ma al momento è solo una possibilità. Questa, appunto, la vera posta in gioco, perché se venissero a mancare i fondi USA sarebbe difficile per Zelenky continuare a propugnare la prosecuzione del conflitto fino all’ultimo ucraino, perché la UE non può sobbarcarsi da sola tale peso, soprattutto in un momento di recessione come l’attuale. Peraltro, la notizia di oggi che l’adesione dell’Ucraina alla UE costerebbe 186 miliardi di euro è un’altra doccia fredda per gli entusiasti della guerra infinita, che avevano fatto pressioni su tale prospettiva (invero suicida per il Vecchio Continente), perché prometteva un irenico Endgame a Kiev, che con queste cifre si allontana.

    “Potrebbero uccidere Elon…”
    Fattasi più ardua la prospettiva di una ricomprensione nell’ecumene europeo, senza luce in fondo al tunnel, quanti in Ucraina hanno ancora un barlume di lucidità potrebbero comprendere che prima la guerra finisce meglio è. A rischio non sono solo le regioni controllate dalla Russia, ma l’intero territorio, avviato verso il triste destino che accomuna i tanti Stati falliti prodotti dalle guerre infinite che hanno arricchito l’apparato militar industriale USA e incrementato il potere dei loro terminali politici, liberal e neocon. Ma su questo ci torneremo nella nota correlata. Per inciso, se nel titolo abbiamo segnalato la “vittoria di Trump”, al quale certo fanno riferimento i repubblicani ribelli, c’è tanta America dietro questa svolta. Anzitutto i cittadini americani, sempre più critici verso il sostegno all’Ucraina, ma anche tanto potere avverso a tale follia, un potere a cui dà voce Elon Musk, che negli ultimi giorni ha ingaggiato un vero e proprio duello con la leadership di Kiev sul tema dei finanziamenti. Coraggioso. Il padre Errol, in un’intervista rilasciata al Sun a inizi settembre aveva detto:“Potrebbero uccidere Elon“…

    04 ottobre 2023
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    00 01/11/2023 05:29
    Tucker Carlson. George Floyd non è stato ucciso



    Rimarrai scioccato nell'apprendere questo fatto, ma si scopre che l'intera storia di George Floyd era una enorme bugia. L’ospite Vince Everett Ellison, autore del libro “Crime Inc.”, afferma:“Il Partito Democratico ha trasformato George Floyd in un eroe e continua a creare nelle scuole dei nuovi “George Floyd” perché voteranno il Partito Democratico e sono ignoranti, dipendenti dalle droghe, obbedienti, servili, controllabili e continuano ad essere schiavi e non “Uomini Liberi”".
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    00 29/11/2023 16:31
    Le prove del complotto di Capitol Hill



    Dopo il rilascio di tutti i filmati del 6 gennaio del 2021 la verità risulta evidente. Capitol Hill è stata una chiara farsa costruita per screditare i repubblicani realizzata grazie alla complicità di agenti che servivano non le istituzioni ma una parte politica. Una manovra che per certi aspetti è stata ripetuta in scala minore in Italia il 9 ottobre dello stesso anno con l'assalto alla CGIL pianificato da noti facinorosi agevolati da poliziotti che testavano la "forza ondulatoria dei mezzi" (Lamorgese dixit). Francesco Toscano ed Enrica Perucchietti ne parlano a "Dietro il Sipario" in compagnia di Gianmarco Landi, Luca Marfé, Roberto Vivaldelli e Pino Cabras.

    20 novembre 2023

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    wheaton80
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    00 16/01/2024 19:32
    Cosa ci dice il trionfo di Trump in Iowa alle primarie repubblicane

    Donald Trump vince, anzi stravince in Iowa le primarie repubblicane per la corsa alla Casa Bianca 2024, come riporta anche l’AGI. Il fatto ha conseguenze politiche chiare, per molti versi prevedibili.

    Trump, il trionfo in Iowa contro Ron DeSantis
    Sui numeri c’è poco da discutere, e quelli vanno a favore di un Trump “stellare” in Iowa: l’ex Presidente domina le consultazioni repubblicane appena svoltesi nello Stato in questione. Neve e temperature di meno venti gradi non hanno impedito agli elettori di dare una maggioranza schiacciante al Tycoon. È bastata mezz’ora di conteggi perché i giochi fossero ormai fatti: Associated Press e CNN hanno dato la vittoria a Trump con una percentuale aggiratasi intorno al 50 per cento, più del doppio rispetto dei concorrenti, ovvero Nikki Haley e Ron DeSantis, in lotta giusto per un simbolico ma inutile secondo posto. Un risultato abbastanza “telefonato”: secondo i sondaggi degli ultimi mesi, DeSantis non aveva alcuna speranza di vincere con Trump. Troppa la differenza di popolarità e di sostegno da parte delle classi lavoratrici statunitensi. Edison Research Projects stessa riteneva che il 63 per cento dei partecipanti ai caucus aveva promosso Trump come Presidente degli Stati Uniti “anche in caso di condanna in uno dei quattro processi che lo vedono imputato”. E, aggiungeremmo noi, le artificiose esclusioni da altre aree di competizione elettorale.

    L’accanimento giudiziario giova al Tycoon, che mantiene una capacità di mobilitare le masse fuori dal comune
    L’accanimento contro Trump non gli ha impedito di dominare la scena in Iowa, e questo è il primo dato che si trae dalle consultazioni elettorali appena effettuate. Poi c’è la capacità oggettiva del Tycoon di smuovere le folle come nessun altro, un altro aspetto difficile da ignorare tanto per gli avversari dem che per i concorrenti allo stesso interno del Partito Repubblicano. Se perfino il Presidente dem Joe Biden è costretto a definire “The Donald” come “il candidato repubblicano ufficiale per il 2024” e che “dobbiamo fare qualsiasi cosa per sconfiggerlo”, qualcosa vuol dire. Le presidenziali del 2024 cominciano qui. E il terreno dello scontro si fa già rovente, per delle elezioni, quelle statunitensi, che sembrano ancora più dirimenti di quelle, convulse e chiacchierate, di quattro anni fa. Cbiacchierate al punto che i sondaggi parlano chiaro: per il 68 per cento degli intervistati Biden non venne eletto nel 2020 in modo legittimo. Uno strascico

    Alberto Celletti
    16 gennaio 2024
    www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/cosa-ci-dice-il-trionfo-di-trump-in-iowa-alle-primarie-repubblicane...
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    00 23/01/2024 01:46
    Trump conquista (ancora) il partito repubblicano: il punto dopo il ritiro di DeSantis

    Lo avevamo sottolineato già dopo le elezioni in Iowa: Donald Trump è un fenomeno culturale, interno al partito repubblicano e non solo, più che una “semplice” affermazione elettorale (ottenuta praticamente in tutte le consultazioni in cui è stato protagonista, dal 2016 in poi). Nonostante le resistenze di un universo che gradirebbe sostenere personaggi come Ron DeSantis e Nikky Haley. Il ritiro dalla corsa del primo dei due non fa altro che dimostrare che la tendenza, in questi anni, non sia mai cambiata, nonostante le resistenze.

    Trump, il ritiro di DeSantis e il conflitto del partito repubblicano
    Le ultime stagioni politiche hanno mostrato nei riguardi di Trump un atteggiamento ostile perfino da parte dei vertici interni del partito repubblicano. Atteggiamento senza risultati, ovviamente, dal momento che il consenso del tycoon non è mai calato ma, anzi, si è radicalizzato nel corso del tempo. Significativo il ritiro di quello che veniva considerato il principale concorrente, DeSantis, ma soprattutto la sua dichiarazione d’appoggio all’ex Presidente nella futura corsa alla Casa Bianca. Sembra quasi supportare una storia di opposizione finita male e destinata ad adeguarsi alla cosiddetta “volontà della maggioranza”. Ora restano due scogli: Nikky Haley ma anche il fronte giudiziario statunitense.

    Gli attacchi di Haley all’ex Presidente
    Come riporta Tgcom24, quella che attualmente si può considerare la principale concorrente, quella Haley “tirata su” enormemente dai media di massa e perfino dai “rivali” dem, l’ex governatrice, 52 anni, punta l’età avanzata del suo rivale:“Ha detto che Joe Biden ci stava portando verso la seconda guerra mondiale, forse intendeva la terza… Ha detto di aver corso contro Barack Obama, ma non lo ha mai fatto. A 80 anni la salute mentale continuerà a calare. È la natura umana”. Nel New Hampshire, sede delle primarie che si terranno domani, il vantaggio del tycoon è però di 11 punti, secondo il sondaggio riportato dalla CNN. Trump intorno al 50%, Haley sul 39. Cronache di un dibattito (o guerra?) interno che, forse, si concluderà solo con le presidenziali.

    Alberto Celletti
    22 gennaio 2024
    www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/trump-conquista-ancora-il-partito-repubblicano-il-punto-dopo-il-ritiro-di-desantis...
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    wheaton80
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    00 24/01/2024 11:29
    "Nottataccia per Haley": Trump si prende anche le primarie in New Hampshire

    Nessun sussulto e nessuna sorpresa: Donald Trump ha vinto le primarie del New Hampshire. L'ex Presidente rafforza così la sua presa sul Partito Repubblicano. Ma nessun candidato ha perso la nomination dopo aver vinto le prime due tappe delle primarie. Non solo. Trump è anche il primo candidato a vincere le prime due tappe delle primarie senza essere in carica. Il voto nel Granite State nei fatti rappresenta una battuta di arresto, forse definitiva, per l'ex ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley, che proprio in New Hampshire ha investito grandi risorse finanziarie e capitale politico. Negli ultimi giorni di campagna aveva attaccato duramente il Presidente, mettendo in dubbio la sua acutezza mentale e presentandosi come un candidato in grado di unificare il partito e di inaugurare un cambiamento generazionale.

    "Haley lasci la corsa"
    The Donald si è imposto con un margine ampio conquistando il 55,9% dei voti, contro il 43,2% di Haley. Certo, il distacco rispetto ai trenta punti dell'Iowa si è ridotto, ma la distanza rimane incolmabile se si considerano i prossimi Stati al voto. "Nikki Haley non ha vinto. Ha perso", sono state le prime parole di Trump dopo la vittoria. L'ex Presidente ha poi affondato il colpo contro la sfidante:"Ha parlato come se avesse vinto", ha detto il tycoon parlando a Nashua, ma "ha avuto una nottataccia". Trump è poi tornato sui sondaggi degli ultimi tre mesi che lo danno vincitore contro "il corrotto Joe Biden". Sul palco, a fianco dell'ex Presidente, l'imprenditore Vivek Ramaswamy e il senatore della South Carolina Tim Scott, ex rivali nelle primarie GOP, che hanno annunciato il loro endorsement per il tycoon.

    Il tycoon si è detto "molto onorato" della vittoria ed ha affermato che il GOP è "molto unito" dietro alla sua candidatura alla Casa Bianca. "Non vedo l'ora di andare contro il peggior Presidente nella storia del nostro Paese", ha anche detto il tycoon in un'intervista esclusiva a Fox News. Quanto alla sua rivale Nikki Haley, l'ex Presidente ha detto che l'ex governatrice della South Carolina "dovrebbe" abbandonare la corsa per la nomination, "altrimenti dobbiamo continuare a sprecare soldi, invece di spenderli per Biden, che è il nostro obiettivo".

    Haley:"Non è finita"
    Haley è stata la prima a parlare, a spoglio ancora in corso. L'ex governatrice del Sud Carolina, ha prima ammesso la sconfitta e poi si è congratulata con Trump, ma ha promesso ai suoi sostenitori di continuare a fare campagna elettorale. "La gara", ha detto ai sostenitori, "è lontana dall'essere finita". "New Hampshire è la prima", ha aggiunto, "non l'ultima". Haley ha dato appuntamento alle primarie proprio in Sud Carolina, dove è stata governatrice. L'appuntamento è in programma il 24 febbraio.

    Verso la fine delle primarie
    La netta vittoria di Trump, che nei fatti chiude un cerchio dopo quella nelle primarie del 2016, in un certo senso chiude le primarie. Tutti i sondaggi nei prossimi Stati in cui si vota, come il Sud Carolina, lo danno abbondantemente in vantaggio su Haley. L'ex rappresentante all'ONU, rimasta l'unica sfidante del tycoon, per sperare di poter condurre una campagna efficace avrebbe dovuto vincere in New Hampshire, un successo nel Granite State le avrebbe dato non solo una maggiore esposizione mediatica, ma spinto un "momentum" che magari poteva aiutarla nei sondaggi. Nei fatti è fallito il tentativo ambizioso di Nikki Haley di creare una coalizione alternativa a quella di Trump che tenesse insieme gli elettori indipendenti e i repubblicani anti-Trump. Secondo gli exit polls la Haley è riuscita a raccogliere il 60% delle preferenze tra gli indipendenti, ma solo il 25% tra i repubblicani. Questo ci dice sia come il GOP sia ormai il partito di Trump, ma anche che tra gli indipendenti il tycoon fatichi ancora.

    Anche per la Casa Bianca le primarie sono di fatto finite. Per Joe Biden il suo ex sfidante "sarà chiaramente il candidato dei Repubblicani" alle elezioni presidenziali. Biden si è poi scagliato contro Trump:"Il mio messaggio al Paese è chiaro: la posta in gioco non potrebbe essere più alta. Si tratta della nostra democrazia, delle nostre libertà personali, del diritto di scelta al diritto di voto. La nostra economia, che ha conseguito la ripresa più forte nel mondo dopo il Covid. È tutto in ballo", ha affermato il Capo della Casa Bianca in una nota.

    Alberto Bellotto
    24 gennaio 2024
    www.ilgiornale.it/news/politica-estera/nottataccia-haley-trump-si-prende-anche-primarie-new-2272...
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    wheaton80
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    00 27/02/2024 22:59
    Trump annichilisce Nikki Haley in Carolina del Sud:“A novembre dirò a Biden: vai via, sei licenziato”

    Donald Trump ha vinto anche le primarie della Carolina del Sud con un margine di 20 punti sull’avversaria Nikki Haley, che pure è stata una popolare governatrice di questo Stato. E’ la quarta vittoria consecutiva, dopo i successi alle prime tre primarie in Iowa, New Hampshire e Nevada. A novembre “guarderò dritto negli occhi di Joe Biden e gli dirò: sei licenziato”, ha dichiarato Trump, riprendendo le parole del suo show televisivo “The Apprentice”. Arrivata seconda con il 40%, mentre Trump è al 60%, Haley ha annunciato che non intende arrendersi. Il 40% “non è un gruppo così piccolo", ha detto l’ex ambasciatrice all’ONU. "Ci sono importanti numeri di elettori alle primarie repubblicane che dicono di volere una alternativa. Non abbandonerò la lotta quando c’è una maggioranza di americani che disapprovano sia Donald Trump che Joe Biden“.

    Trump ha vinto ma si attende il test del “super martedì”
    Tutti gli occhi sono ora rivolti al 5 marzo, il “super martedì”, quando le primarie si svolgeranno contemporaneamente in Alabama, Alaska, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota,North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia e le Samoa americane. Finora Trump ha sempre vinto con largo margine e sembra sulla strada per poter avere la nomination in tasca ben prima della convention repubblicana di Milwaukee il 15-18 luglio, che incoronerà formalmente il candidato del GOP alle elezioni di novembre.

    Nikki Haley non si arrende e resta in corsa
    “Donald Trump non vincerà le elezioni generali, può vincere tutte le primarie che vuole, ma non le elezioni di novembre“, è la previsione di Nikki Haley, una repubblicana rimasta in campo contro la nomination annunciata dell’ex Presidente, che poi ripete la convinzione che nel 2024 si avrà per la prima volta, “una presidente degli Stati Uniti donna, io o Kamala Harris”. “Se Donald Trump è il candidato, ricordatevi le mie parole, non vincerà a novembre“, ha ripetuto l’ex ambasciatrice all’ONU intervistata dalla CNN alla vigilia delle primarie, decisive per le sorti della sua candidatura, in South Carolina, dove Trump viene dato in vantaggio di 30 punti. E poi si è rivolta agli elettori repubblicani, che continuano a dare in massa la loro preferenza a Trump, invitandoli a “non lamentarsi poi di quello che succede nelle elezioni generali, se non riflettete al momento delle primarie”.

    Robert Perdicchi
    26 febbraio 2024
    www.secoloditalia.it/2024/02/trump-annichilisce-nikki-haley-in-carolina-del-sud-a-novembre-diro-a-biden-vai-via-sei-lic...

    [Modificato da wheaton80 27/02/2024 23:00]
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    wheaton80
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    00 28/02/2024 22:58
    Trump surclassa la Haley pure in Michigan

    Come era ampiamente previsto, l’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha vinto le primarie presidenziali repubblicane nello Stato del Michigan. Lo hanno riferito le emittenti statunitensi CNN e NBC mercoledì notte, citando le proprie previsioni. E i dati hanno poi confermato che l’ultima rivale di Trump, l’ex ambasciatrice all’ONU Nikki Haley, ha subito una netta sconfitta: a spoglio non ancora completato, il magnate era al 68% e la sua avversaria al 26%. La Haley aveva già perso contro Trump nelle primarie in Iowa, New Hampshire e lo scorso fine settimana in South Carolina. La 52enne è considerata politicamente e retoricamente più moderata del suo rivale. Resta da vedere per quanto tempo rimarrà in corsa per la candidatura, dato che di fatto non si ritiene più che abbia la possibilità di battere Trump. Senza contare che il politico newyorkese 77enne gode di un forte sostegno da parte della base del partito. Dal canto suo, il Presidente in carica Joe Biden ha vinto le primarie democratiche anche in Michigan, secondo le previsioni delle emittenti statunitensi. Il Capo di Stato americano non ha rivali seri all’interno del partito nella corsa alla candidatura presidenziale. Tuttavia, molti elettori hanno votato “indecisi” e si saprà quanto tale cifra sia effettivamente alta solo dopo lo spoglio dei voti. Ma in Michigan vivono molti musulmani che non condividono il sostegno di Biden a Israele nella guerra a Gaza e che quindi potrebbero non averlo sostenuto al voto come espressione di protesta. Il Michigan è considerato un cosiddetto “Swing State”, che non può essere classificato né come democratico, né come repubblicano. E con il voto delle primarie dem, Biden ha visto erodere significativamente il suo sostegno tra i musulmani e gli americani di origine araba, un blocco che era stato cruciale per lui nel 2020 contro Donald Trump in Michigan. Il leader democratico si era imposto in questo Stato settentrionale per soli 150.000 voti quattro anni fa.

    28 febbraio 2024
    www.rsi.ch/info/mondo/Trump-surclassa-la-Haley-pure-in-Michigan--2082...
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    00 05/03/2024 13:09
    Assalto a Capitol Hill, per la Corte Suprema Trump è eleggibile in Colorado - "Una grande vittoria per l'America"

    La decisione arriva appena un giorno prima delle primarie del Colorado, dove ora Trump potrà correre, sfidando Nikki Haley. Quanto deciso dai giudici supremi avrà un impatto anche su altri due Stati, il Maine e l'Illinois, che avevano seguito il Colorado nella scelta di escludere l'ex Presidente dalle schede delle primarie. Negli USA i singoli Stati non hanno l'autorità per rimuovere un candidato presidenziale in base al 14esimo emendamento:"Questo potere ce l'ha solo il Congresso". Questa la motivazione addotta dalla Corte Suprema nella sua sentenza sull'eleggibilità di Donald Trump.

    04 marzo 2024
    www.tgcom24.mediaset.it/elezioni-estero/usa-2024/primarie/assalto-capitol-hill-corte-suprema-trump-eleggibile-colorado_78565768-20240...
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    wheaton80
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    00 06/03/2024 17:57
    Nikki Haley si è ritirata dalle primarie del Partito Repubblicano

    Mercoledì, durante un comizio vicino a Charleston, in South Carolina, Nikki Haley ha annunciato di aver ritirato la propria candidatura alle primarie del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali statunitensi, previste per il prossimo 5 novembre. Haley era considerata la principale avversaria interna al partito per l’ex Presidente Donald Trump, che però finora ha vinto in quasi tutti gli Stati in cui si è già votato per le primarie. Con il ritiro di Haley è praticamente certo che Trump diventerà il candidato del Partito Repubblicano, ma la nomina verrà ufficializzata durante la convention del partito a luglio. Haley non ha espresso esplicitamente sostegno a Trump, ma si è limitata ad augurarsi che l’ex Presidente cerchi di guadagnarsi i voti degli elettori che hanno preferito lei.

    Martedì negli Stati Uniti è stato il cosiddetto “Super Tuesday”, uno dei giorni più importanti della campagna elettorale per le presidenziali, in cui si è votato alle primarie in 15 Stati. Haley ha perso in tutti, tranne in Vermont. Nonostante le possibilità di vittoria fossero fondamentalmente nulle, finora Haley aveva deciso di rimanere in corsa per motivi legati soprattutto ai fondi a disposizione della sua campagna, relativamente abbondanti, al posizionamento politico in vista del futuro e all’attesa di possibili eventi imprevisti. Fra questi c’è la remota possibilità che Trump venga escluso dalle elezioni a causa delle conseguenze dei vari procedimenti legali in cui è coinvolto.

    Haley è stata governatrice del South Carolina dal 2011 al 2017, e ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite durante il mandato presidenziale di Trump, tra il 2017 e il 2018. Era stata la prima candidata di rilievo a sfidare l’ex presidente alle primarie, ed è stata l’ultima a ritirarsi (tutti gli altri si erano ritirati prima dell’inizio delle primarie, o dopo le prime votazioni a gennaio in Iowa, vinte da Trump). Alle primarie si è presentata agli elettori come una conservatrice moderata e ha sostenuto le posizioni tradizionali del Partito Repubblicano, tra cui una politica estera di stampo interventista e un ridotto ruolo dello stato nell’economia.

    Le primarie servono a selezionare il candidato di ciascun partito per le elezioni presidenziali: fin da subito Trump è apparso il favorito per ottenere la “nomination” repubblicana, e nelle ultime settimane Haley aveva accumulato molte sconfitte elettorali. Ha perso anche in South Carolina, lo stato di cui era stata governatrice per due mandati, e nelle primarie del Nevada, alle quali Trump non aveva formalmente partecipato: i suoi sostenitori avevano votato “nessuno dei candidati” piuttosto che votare Haley.

    Le uniche vittorie elettorali di Haley sono arrivate nei giorni appena prima dell’annuncio del ritiro: nella capitale Washington, D.C., dove gli elettori sono solitamente molto più progressisti e meno favorevoli a Trump che nel resto del paese; e in maniera un pò sorprendente in Vermont, durante il Super Tuesday. Entrambe le vittorie sono però abbastanza irrilevanti nel quadro più ampio delle primarie repubblicane e delle elezioni di novembre.

    Nelle ultime settimane Haley aveva alzato notevolmente il tono dei suoi attacchi nei confronti di Trump: lo aveva definito «instabile e non completamente in sé, ossessionato dai suoi demoni» oltre che «un bullo, di quelli che combatto da tutta la vita». La sua campagna insisteva da tempo su come Trump fosse destinato a portare il partito alla sconfitta, e da alcune settimane Haley diceva che Trump non potrà vincere «se dovrà passare i prossimi mesi in un’aula di tribunale a difendersi da accuse, che solo in parte sono motivate politicamente». A questo punto è quasi certo che alle elezioni presidenziali di novembre i candidati saranno gli stessi delle elezioni del 2020, ossia Donald Trump e il democratico Joe Biden, che non ha avversari credibili all’interno del suo partito.

    Il futuro politico di Haley è incerto. Se Trump perderà le presidenziali contro Biden, dopo le elezioni Haley potrà proporsi come una nuova guida per i Repubblicani, lontana dal modello estremista e radicale sostenuto da Trump. Se invece Trump dovesse vincere, la visibilità guadagnata da Haley in questa campagna può comunque essere spendibile alle presidenziali del 2028: in quattro anni molte cose possono cambiare.

    06 marzo 2024
    www.ilpost.it/2024/03/06/nikki-haley-ritirata-primarie-elezioni-presidenziali-statu...


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