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Novus Ordo Missae e Fede Cattolica

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2011 18:09
09/02/2011 18:07
 
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27. ... Il sacramento dell'eucaristia non è soltanto un convito fraterno,
ma è, ad un tempo, il memoriale che rende presente ed «attualizza» il
sacrificio del Cristo e la sua offerta mediante la chiesa...
(Sacra Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiaraz. Inter insigniores, 15
ott. 1976: EV 6, 2129)
28. L'eucarestia è soprattutto un sacrificio (...).
... In virtù della consacrazione, le specie dei pane e del vino,
ripresentano (cfr. Concilio di Trento), in modo sacramentale e
incruento, il sacrificio cruento propiziatorio offerto da lui in croce al
Padre per la salvezza del mondo.
(Giovanni Paolo Il, Lettera enc. Dominicae Cenae, 24 febb. 1980: EV
7, 190.195)
29. ... Questa celebrazione eucaristica non fa numero con il Sacrificio
della Croce; non vi si aggiunge e non lo moltiplica. La Messa e la
Croce non sono che lo stesso e unico Sacrificio (cfr. Lettera
Dominicae Cenae, n. 9).
E tuttavia la frazione eucaristica del pane ha una funzione
essenziale, quella di metterci a disposizione l'offerta primordiale della
Croce. La rende attuale oggi per la nostra generazione. Rendendo
veramente presenti il Corpo e il Sangue di Cristo sotto la specie del
pane e del vino, essa rende – nello stesso tempo – attuale e
accessibile, alla nostra generazione, il Sacrificio della Croce, che
resta, nella sua unicità, il perno della storia della salvezza,
l'articolazione essenziale tra il tempo e l'eternità. L'Eucaristia è così,
nella Chiesa, l'istituzione sacramentale che in ogni periodo serve da
«collegamento» al sacrificio della Croce, che offre una presenza
insieme reale e operante, in modo che esso possa manifestare in ogni
epoca la sua potenza di salvezza e di risurrezione. Grazie alla
successione apostolica e alle ordinazioni, Cristo ha dato alle parole
con cui ha istituito l'Eucaristia, unite all'azione del suo Spirito, forza
e potenza fino al tempo del suo ritorno. È Lui che le pronunzia per
bocca del sacerdote che consacra; è Lui che così ci fa partecipi alla
frazione del pane del suo unico Sacrificio.
(Giovanni Paolo II, Messaggio televisivo al Congresso Eucaristico di
Lourdes, 21 luglio 1981: La traccia 7, 1981, pp. 468-469)
30. Il sacramento più grande è la santissima Eucaristia, nella quale lo
stesso Cristo Signore è contenuto, offerto e ricevuto e per mezzo della
quale vive e cresce continuamente la Chiesa. Il sacrificio eucaristico,
memoriale della morte e della resurrezione del Signore, in cui è
perpetuato nei secoli il Sacrificio della Croce, è il culmine e la fonte
di tutto il culto e la vita cristiana, mediante il quale è significata e
fatta l'unità del popolo di Dio ed è perfezionata l'edificazione del
corpo di Cristo...
(Codex Iuris Canonici auctoritate loannis Pauli PP. II promulgatus,
Libreria Editrice Vaticana, Roma 1983, Can. 897)
31. La celebrazione eucaristica è azione dello stesso Cristo e della Chiesa
in cui Cristo Signore, per il ministero dei sacerdoti, offre se stesso,
sostanzialmente presente sotto le specie del pane e del vino, a Dio
Padre e si dona ai fedeli, associati nella sua offerta, come cibo
spirituale.
(Ibid. Can. 899, 1)
32. Ogni volta che ci raduniamo per partecipare all'Eucaristia, sappiamo
che ci parleranno i testi ispirati della Sacra Scrittura, i brani scelti
dall'Antico e dal Nuovo Testamento; che le nostre labbra
pronunceranno le parole della preghiera liturgica di adorazione, di
ringraziamento, di propiziazione, di impetrazione. Tuttavia, al di
sopra di tutto ciò, parla la Croce invisibile del Calvario e il sacrificio
offerto su di essa. Le parole della transustanziazione si riferiscono
direttamente a quel Sacrificio e non soltanto lo evocano nella
memoria, ma lo ripetono di nuovo, lo compiono di nuovo, in modo
incruento, sotto le specie del pane e del vino...
(Giovanni Paolo II, omelia del 23 febb. 1980: La parola di Giovanni
Paolo II 2-3, 1980, p. 23)
33. Sulla «mensa dominica» si rinnova l'oblazione sacrificale con cui.
Cristo ci ha redenti. Partecipandovi, i cristiani di tutti i tempi e di
tutti i luoghi sanno di impegnarsi a condurre un'esistenza immolata,
grazie alla quale potranno giungere, nell'ultimo compimento, al
mattino pasquale della risurrezione.
(Idem, Ai vescovi italiani durante la celebrazione giubilare, 15 aprile
1983: La traccia 4, 1983, p. 369)
34. Il Tridentino, poi, interpretando le affermazioni degli apostoli, della
lettera agli Ebrei e di tutta la Chiesa primitiva, afferma e spiega che
la Eucaristia è «presenza sacrificale» di Cristo nel tempo, è cioè la
rinnovazione del Sacrificio della Croce.
(Idem, Alle religiose di Milano e della Lombardia, 20 maggio 1983: La
traccia 5, 1983, p. 495)
35. ... La celebrazione dell'Eucaristia viene spesso intesa semplicemente
come un atto della comunità locale radunata per commemorare
l'ultima cena del Signore mediante la frazione del pane. Sarebbe
quindi più un convito fraterno, nel quale la comunità si ritrova e si
esprime, che non la rinnovazione sacramentale del sacrificio di
Cristo, la cui efficacia salvifica si estende a tutti gli uomini, presenti
o assenti, sia vivi che defunti.
(S. Congr. per la Dottr. della Fede, lettera Sacerdotium ministeriale
del 6 agosto 1983: Osservatore Romano 9 sett. 1983)
B. PRESENZA REALE
a) Documenti immediatamente precedenti il Vaticano II
36. Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della
transustanziazione, in quanto fondata su di un concetto antiquato di
sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di
Cristo nell'Eucarestia ad un certo simbolismo, per cui le specie
consacrate non sarebbero altro che segni efficaci della presenza
spirituale di Cristo e della sua intima unione con i membri fedeli del
Corpo mistico.
(Pio XII, Lettera enc. Humani generis, 12 agosto 1950: FdC 429)
b) Concilio Vaticano II
37. Per celebrare un'opera così grande (il suo mistero pasquale), Cristo è
sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni
liturgiche.
È presente nel sacrificio della Messa sia nella persona del ministro,
«Egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il
ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche.
È presente con la sua virtù nei sacramenti, di modo che quando
battezza, è Cristo stesso che battezza.
È presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella
Chiesa si legge la sacra Scrittura.
È presente infine quando la Chiesa prega e loda, Lui che ha
promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in
mezzo a loro» (Mt 18, 20).
(Sacrosanctum Concilium, n. 7: EV 1, 9)
38. Nella persona dei Vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, è presente in
mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo. Sedendo
infatti alla destra di Dio Padre non cessa di essere presente alla
comunità dei suoi pontefici...
(Lumen gentium, n. 21: EV 1, 334)
39. L'attività missionaria... con la parola e la predicazione, con la
celebrazione dei sacramenti, di cui centro e vertice è la SS.
Eucaristia, rende presente quel Cristo, che della salvezza è l'autore.
(Ad gentes, n. 9: EV 1, 1109)
40. Un pegno di questa speranza e un viatico per il cammino il Signore lo
ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale gli
alimenti naturali coltivati dall'uomo vengono tramutati
(convertuntur) nel corpo e nel sangue glorioso di lui, come banchetto
di comunione fraterna e pregustazione del convito del cielo.
(Gaudium et spes, n. 38: EV 1, 1438)
41. La casa di preghiera – (...) in cui la presenza del Figlio di Dio nostro
salvatore, che si è offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene
venerata a sostegno e consolazione dei fedeli – dev'essere nitida e
adatta alla preghiera e alle sacre funzioni. In essa i pastori e i fedeli
sono invitati a rispondere con riconoscenza al dono di colui che di
continuo infonde la vita divina, mediante la sua umanità, nelle
membra del suo corpo.
(Presbyterorum ordinis, n. 5: EV 1, 1256)
42. I presbiteri abbiano inoltre a cuore, se vogliono compiere con fedeltà
il proprio ministero, il dialogo quotidiano con Cristo Signore
andandolo a visitare nel tabernacolo e praticando il culto personale
della sacra eucaristia.
(Presbyterorum ordinis, n. 18: EV 1, 1306)
c) Documenti contemporanei o posteriori al Vaticano II
43. Cristo è presente alla sua Chiesa che prega, essendo Egli colui che
«prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi: prega per noi come
nostro Sacerdote, prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi
come nostro Dio» (sant'Agostino, in Ps. 85, 1); è Lui stesso che ha
promesso: «Dove sono due o tre riuniti in nome mio, là sono io in
mezzo a loro» (Mt 18, 20).
Cristo è presente alla sua Chiesa che esercita le opere di
misericordia, non solo perché quando facciamo un po' di bene a uno
dei suoi più umili fratelli, lo facciamo allo stesso Cristo, ma anche
perché è Cristo stesso che fa queste opere per mezzo della sua
Chiesa, soccorrendo sempre con divina carità gli uomini.
Cristo è presente alla sua Chiesa pellegrina anelante al porto della
vita eterna, giacché Egli abita nei nostri cuori mediante la fede, e in
essi diffonde la carità con l'azione dello Spirito Santo da Lui
donatoci.
In altro modo, ma verissimo anch'esso, Egli è presente alla sua
Chiesa che predica, essendo il Vangelo che essa annunzia Parola di
Dio, che viene annunziata in nome e per autorità di Cristo Verbo di
Dio incarnato e con la sua assistenza, perché sia «un solo gregge
sicuro in virtù di un solo pastore» (sant'Agostino, Contra Litt.
Petiliani, III, 10, 11). Cristo è presente alla sua Chiesa che regge e
governa il popolo di Dio, poiché la sacra potestà deriva da Cristo e
Cristo «pastore dei pastori» assiste i pastori che la esercitano,
secondo la promessa fatta agli Apostoli.
Inoltre in modo ancora più sublime Cristo è presente alla sua
Chiesa, che in suo nome celebra il sacrificio della Messa e
amministra i Sacramenti... Nessuno poi ignora che i Sacramenti
sono azioni di Cristo, il quale li amministra per mezzo degli uomini...
Ma ben altro è il modo, veramente sublime, con cui Cristo è presente
alla sua Chiesa nel Sacramento dell'Eucaristia, che perciò è tra gli
altri Sacramenti «più soave per devozione, più bello per l'intelligenza,
più santo per il contenuto»; contiene infatti lo stesso Cristo ed è
quasi la perfezione della vita spirituale e il fine di tutti i Sacramenti.
Tale presenza si dice reale non per esclusione, quasi che le altre non
siano reali, ma per antonomasia, perché è anche corporale e
sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa
presente.
Malamente dunque qualcuno spiegherebbe questa forma di
presenza, immaginando il corpo di Cristo glorioso di natura
«pneumatica» onnipresente; oppure riducendola ai limiti di un
simbolismo, come se questo augustissimo sacramento in niente altro
consistesse che in un segno efficace «della spirituale presenza di
Cristo e della sua intima congiunzione con i fedeli membri del Corpo
Mistico».
(Paolo VI, Lettera enc. Mysterium fidei, 3 sett. 1967: EV 2, 422-424)
44. Il Concilio Tridentino, appoggiato a questa fede della Chiesa,
«apertatamente e semplicemente afferma che nell'almo Sacramento
della SS. Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino,
nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è contenuto
veramente, realmente e sostanzialmente sotto l'apparenza di quelle
cose sensibili».
Pertanto il nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo
alla destra del Padre, secondo il modo di esistere naturale, ma
insieme anche nel Sacramento dell'Eucaristia secondo un modo di
esistere che, sebbene sia inesprimibile per noi a parole, tuttavia con
la mente illustrata dalla fede, possiamo intendere e dobbiamo
fermissimamente credere che è possibile a Dio.
(Ibid. 426)
45. Ora questa voce (della Chiesa)... ci assicura che Cristo non si fa
presente in questo sacramento se non per la conversione di tutta la
sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino
nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la chiesa
cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione (cfr.
Concilio di Trento: DS 1642. 1652).
(Ibid. 427)
46. Si istruiscano i fedeli perché conseguano una più profonda
comprensione del mistero eucaristico, anche riguardo ai principali
modi con cui il Signore stesso è presente alla sua Chiesa nelle
celebrazioni liturgiche.
È infatti sempre presente nell'assemblea dei fedeli riuniti nel suo
nome (cfr. Mt. 18,20).
È presente pure nella sua parola, perché parla lui stesso mentre
nella Chiesa vengono lette le sacre Scritture.
Nel Sacrificio eucaristico poi è presente sia nella persona del
ministro; perché «colui che ora offre per mezzo del ministero dei
sacerdoti, è il medesimo che allora si offrì sulla croce»; sia e
soprattutto, sotto le specie eucaristiche. In quel Sacramento infatti,
in modo unico, è presente il Cristo totale e intero, Dio e uomo,
sostanzialmente e ininterrottamente. Tale presenza di Cristo sotto le
specie «si dice reale, non per esclusione, quasi che le altre non siano
reali, ma per antonomasia».
(Sacra Congr. dei Riti, Istr. Eucharisticum mysterium, 25 maggio
1967, n. 9: EV 2, 1309)
47. Nessuno deve dubitare che «tutti i cristiani, secondo l'uso sempre
accettato nella chiesa cattolica, rendono, nella venerazione a questo
santissimo sacramento, il culto di latria dovuto al vero Dio. Non deve
infatti essere meno adorato, per il motivo che fu istituito da Cristo
Signore per essere ricevuto» (Tridentino: DS 1643). Giacché anche
nel sacramento che è riposto si deve adorare lo stesso Signore, lì
presente sostanzialmente per quella trasformazione del pane e del
vino che, secondo il concilio di Trento (DS 1642. 1652), molto
giustamente è chiamata «transustanziazione».
(Istr. Eucharisticum Mysterium: EV 2, 1301)
48. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore
nell'ultima cena sono stati convertiti nel suo corpo e nel suo sangue
che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla croce, allo stesso
modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel
corpo e nel sangue di Cristo glorioso regnante nel cielo; e crediamo
che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad
apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera reale e
sostanziale. Pertanto Cristo non può essere presente in questo
sacramento se non mediante la conversione nel suo sangue della
realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le
proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale
conversione misteriosa è chiamata dalla chiesa, in maniera assai
appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica che tenti
di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo
con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva,
indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di
esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo
e il sangue adorabili del signore Gesù ad essere realmente dinanzi a
noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino, proprio come il
Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci
all'unità del suo corpo mistico.
(Paolo VI, Professione di fede a chiusura dell'anno della fede, 30
giugno 1968, nn. 24-25: EV 3, 560)
49. Procuriamo di comprendere qualche cosa di questo mistero, perché,
innanzi tutto, dire «sacramento» vuol dire qualche cosa di nascosto.
Cioè di nascosto e insieme di manifestato; nascosto nella sua realtà
sensibile, ma manifestato per via di qualche segno. Di quale realtà si
tratta? si tratta niente meno che di Gesù Cristo. Di lui, proprio di Lui
vero e reale, quale ora si trova in cielo, nella gloria del Padre. E per
quale segno ci è rappresentato? Un segno che vuole ricordarcelo
quale Egli fu all'ultima cena, anzi quale fu nel suo sacrificio della
croce, perché anche l'ultima cena fu un segno, una memoria; ma
non solo segno, ma segno che contiene la realtà che vuole significare,
contiene Gesù, rivestito per noi nell'Eucaristia nei segni del pane e
del vino, i quali contengono e sono, mediante un miracolo di
trasformazione essenziale, la «transustanziazione», carne e sangue di
Cristo, cioè Gesù in stato di vittima, di sacrificio.
(Paolo VI, omelia dell'1 giugno 1972: Insegnamenti di Paolo VI, vol. X,
Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1973, p. 589)
50. Nella celebrazione della Messa sono gradualmente evidenziati i modi
principali della presenza di Cristo nella Chiesa. È presente in primo
luogo nell'assemblea stessa dei fedeli riuniti in suo nome; è presente
nella sua parola, allorché si legge in Chiesa la Scrittura e si fa il
commento;
è presente nella persona del ministro;
è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una
presenza, questa, assolutamente unica, perché nel Sacramento
dell'Eucaristia vi è il Cristo tutto intero, Dio e uomo, sostanzialmente
e ininterrottamente. Proprio per questo la presenza di Cristo sotto le
specie consacrate vien chiamata reale: «reale non per esclusione,
come se le altre non fossero tali, ma per antonomasia».
(Rituale Rom., De sacra Communione et de cultu mysterii eucharistici
extra Missam, n. 6, ed. typ. Vat. 1973, p. 8)
51. Per ragion del segno, è più consono alla natura della sacra
celebrazione che nel tabernacolo dell'altare sul quale viene celebrata
la Messa non ci sia fin dall'inizio, con le specie consacrate, la
presenza eucaristica di Cristo: essa infatti è il frutto della
consacrazione e, come tale, deve apparire.
(Ibidem)
52. L'esposizione della SS. Eucaristia, sia con la pisside che con
l'ostensorio, porta i fedeli a riconoscere in essa la mirabile presenza
di Cristo, e li invita alla comunione di spirito con lui: è quindi un
ottimo mezzo per ravvivare il culto a lui dovuto in spirito e verità.
(Ibid., n. 82, p. 38)
53. Il confessore si ricordi che il suo ministero è quello stesso di Cristo,
che per salvare gli uomini ha operato nella misericordia la loro
redenzione, ed è presente con la sua virtù divina nei sacramenti.
(Rituale Rom., Rito della Penitenza, n. 10, c. CEI, Roma 1974, pp.
22-23)
54. [Cristo] è presente quando si raduna l'assemblea, quando si
proclama la parola di Dio, quando la Chiesa supplica e salmeggia.
(Principi e Norme per la liturgia delle Ore, n. 13, promulg. il 1° nov.
1970, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1981)
55. L'eucaristia contiene realmente ciò che è il fondamento stesso
dell'essere e dell'unità della chiesa: il corpo di Cristo offerto in
sacrificio e dato ai fedeli come pane della vita eterna.
(Segr. per l'unità dei cristiani, Istr. In quibus rerum circumstantiis, 1
giugno 1972: EV 4, 1627)
56. (Il sacramento dell'eucaristia) è nello stesso tempo sacramentosacrificio,
sacramento-comunione e sacramento-presenza. E benché
sia vero che l'eucaristia fu sempre e deve essere tuttora la più
profonda rivelazione e celebrazione della fratellanza umana dei
discepoli e confessori di Cristo, non può essere trattata soltanto
come una «occasione» per manifestare questa fratellanza. Nel
celebrare il sacramento del corpo e del sangue del Signore, bisogna
rispettare la piena dimensione del mistero divino, il pieno senso di
questo segno sacramentale, nel quale Cristo, realmente presente, è
ricevuto, «l'anima è ricolmata di grazia e a noi vien dato il pegno della
gloria futura».
(Giovanni Paolo II, Lettera enc. Redemptor hominis, 4 marzo 1979:
EV 6, 1254)
57. Dalla partecipazione alla santa messa con devozione e spirito di fede,
gli alunni siano guidati ad una più sentita devozione verso la ss.ma
eucaristia, secondo le indicazioni dell'enciclica Mysterium fidei e
dell'istruzione Eucharisticum mysterium. Siano pertanto esortati a
rimanere in preghiera, dopo la comunione, per un tempo opportuno
e a recarsi durante il giorno alla cappella del seminario per pregare
davanti al ss.mo sacramento. In determinati giorni dell'anno poi, si
può fare l'esposizione del ss.mo sacramento, secondo le norme
stabilite dalla stessa istruzione e quelle date dall'ordinario del luogo.
Nella sistemazione della cappella del seminario, il tabernacolo ove si
conserva la ss.ma eucaristia, deve essere collocato in modo da
favorire la preghiera privata, ed essere facilmente accessibile perché
si onori il Signore con frequenza anche con culto privato.
(Sacra Congr. per l'Educazione catt., Istr. In ecclesiasticam
futurorum, 3 giugno 1979: EV 6, 1582)
58. ... L'insegnamento del concilio di Trento sulla realtà del sacrificio
deve essere professato in tutta la sua fermezza, come anche quello
della «presenza reale»; l'aspetto della comunione fraterna, per quanto
profondamente compreso, non dovrà portare pregiudizio all'aspetto
fondamentale, che è quello del sacrificio del Cristo, fuori del quale il
banchetto eucaristico perde il suo senso.
(Sacra Congr. per l'Educazione catt., Lettera The document, 6
gennaio 1980: EV 7, 68)
59. ... Il pane e il vino, presenti all'altare e accompagnati dalla devozione
e dai sacrifici spirituali dei partecipanti, sono finalmente consacrati,
sì che diventano veramente, realmente e sostanzialmente il corpo
dato e il sangue sparso di Cristo stesso.
(Giovanni Paolo II, Lettera enc. Dominicae Cenae, 24 febb. 1980: EV
7, 195)
60. Nell'eucaristia (...), dopo le parole della consacrazione, la realtà
profonda (non fenomenica) del pane e del vino è trasformata nel
corpo e sangue di Cristo. Questa meravigliosa trasformazione viene
chiamata dalla chiesa «transustanziazione». Perciò sotto le apparenze
(o realtà fenomenica) del pane e del vino è nascosta, in modo del
tutto misterioso, la stessa umanità di Cristo, non soltanto attraverso
la sua virtù ma per se stessa (cioè sostanzialmente), congiunta con la
sua divina Persona.
(Sacra Congr. per il Clero, Direttorio catechistico generale, 11 aprile
1971: EV 4, 539)
61. ... È necessario conservare tutta la loro forza alle parole del Signore,
così come la tradizione unanime della Chiesa, i Padri, i Concili, il
Magistero e il senso comune dei fedeli le hanno sempre ricevute e
comprese; cioè che il Signore Crocifisso e risuscitato è veramente,
realmente e sostanzialmente presente nell'Eucaristia, e lo è fintanto
che sussistono le specie del pane e del vino; a Lui è dovuto non solo
il più grande rispetto, ma anche il nostro culto e la nostra adorazione
(cfr. Lettera Dominicae Cenae, nn. 3, 12).
(Giovanni Paolo II, Messaggio televisivo al Congresso Eucaristico di
Lourdes, 21 luglio 1981: La traccia 7, 1981, p. 469)
62. Nel contesto della società agnostica in cui viviamo, dolorosamente
edonistica e permissiva, è essenziale approfondire la dottrina
riguardante l'augusto mistero dell' Eucaristia in modo da acquistare
e mantenere integra la certezza circa la natura e la finalità del
Sacramento che si può dire giustamente il centro del messaggio
cristiano e della vita della Chiesa. L'Eucaristia è il mistero dei
misteri, perciò la sua accettazione significa accogliere totalmente il
messaggio di Cristo e della Chiesa, dai preamboli della fede fino alla
dottrina della Redenzione, al concetto di sacrificio e di Sacerdozio
consacrato, al dogma della «transustanziazione», al valore della
legislazione in materia liturgica.
(Giovanni Paolo II, Allocuzione ai pellegrinaggi della diocesi di Milano
e Alessandria, 14 nov. 1981: La traccia 10, 1981, p. 680)
63. Presso il Tabernacolo, in cui è conservata la santissima Eucaristia,
brilli sempre una lampada speciale, con la quale sia indicata e
onorata la presenza di Cristo.
(Codex Iuris Canonici 1983, Can. 940; cfr. anche can. 899, 1: n. 31)
64. Un sacerdote – sia egli il Papa, un Vescovo o un parroco di campagna
– nel celebrare l'Eucaristia, un cristiano nel partecipare alla Messa e
ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo non possono fare a meno di
inabissarsi nelle meraviglie di questo sacramento. Sono tante le
dimensioni che in esso si possono considerare: è il sacrificio di Cristo
che misteriosamente si rinnova; sono il pane e il vino trasformati,
transustanziati nel Corpo e nel Sangue del Signore; è la Grazia che
viene comunicata mediante questo alimento spirituale all'anima del
cristiano...
(Giovanni Paolo II, omelia a Rio de Janeiro, 1 luglio 1980: La parola
di Giovanni Paolo II 7, 1980, pp. 31-32)
65. Il dogma eucaristico afferma la presenza vera, reale, sostanziale di
Cristo che si offre al Padre come sacrificio a nome nostro e si unisce
intimamente a noi nella Comunione. Il Concilio Tridentino;
richiamando ed interpretando con autorità definitiva le parole
espresse da Gesù sia nel discorso del Pane di Vita (Gv c. 6) sia
nell'Ultima Cena, così si esprimeva: ... (Sess. XIII, 3).
(Idem, Alle religiose di Milano e della Lombardia, 20 maggio 1983: La
traccia 5, 1983, p. 495)
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