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Il loro piano sta fallendo: Benvenuti nel Nuovo Disordine Mondiale. Ora tutto dipende da noi

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2024 14:35
19/03/2022 16:31
 
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La Delta Force si impadronisce della roccaforte dello Stato Profondo

La Delta Force e altre unità della comunità delle operazioni speciali delle forze armate hanno sfacciatamente sequestrato un'importante roccaforte dello Stato Profondo che ospitava le forze di polizia-gestapo del regime criminale di Biden, la Federal Emergency Management Agency (FEMA), e il suo quartier generale non così segreto in Virginia. La pietra angolare del mondo segreto della FEMA si trova incastonata nelle tentacolari Blue Ridge Mountains della Virginia, a meno di cinquanta miglia da Washington. È stato il principale rifugio di emergenza del governo ombra dagli anni '50. Sotto la montagna si trova un vasto labirinto di tunnel, corridoi e camere da dove il Deep State complottava per ridurre in schiavitù cittadini americani rispettosi della legge. Include tutti i comfort e i sistemi di supporto vitale di un bunker al top. Piste di atterraggio per elicotteri e un impianto di trattamento delle acque reflue incoronavano la montagna, ma sotto c'era la struttura reale, con serbatoi sotterranei sia per l'acqua potabile che per il raffreddamento, generatori diesel, un ospedale, strutture per la trasmissione radiofonica e televisiva, caffetterie, un proprio servizio antincendio e forze di polizia. Circa 800 amache a rete blu erano pronte per il personale evacuato, che dormiva a turni per l'intero giorno. Fiori di plastica punteggiavano i tavoli della caffetteria. Dietro le sue porte blindate da 13 tonnellate, un labirinto di corridoi tortuosi scendeva nelle profondità della Terra. Il bunker è stato progettato per ospitare centinaia di funzionari per un massimo di cinque anni. Le cucine della struttura erano preparate per servire 3.000 pasti al giorno e le loro celle frigorifere avevano anche la funzione di obitorio; verdure surgelate e cadaveri accantonati. Mount Weather ospita anche il principale "sistema di trasmissione di emergenza" della Nazione o EBS, un trasmettitore, una rete di computer in grado di interrompere ogni tipo di comunicazione, dai telefoni cellulari alla televisione via cavo alle dorsali Internet. In sostanza, l'EBS nazionale è una versione più potente e sofisticata dei trasmettitori di emergenza come l'Amber Alert System e il sistema di messaggistica di emergenza utilizzato dal National Weather Service. Prendere il controllo dell'EBS era l'obiettivo principale della Delta Force, ha detto a RRN una fonte militare di alto rango. Sebbene si fosse rifiutato di fornire dettagli operativi specifici, ha affermato che un operatore della Delta Force sotto copertura si era infiltrato nei ranghi della FEMA con un incarico annuale, conclusosi con l'infiltrazione nella gerarchia della FEMA e con l'amicizia dei supervisori regionali.

Alla fine raggiunse una posizione che gli dava accesso alle porte blindate, l'unico mezzo di ingresso di Mount Weather. Tuttavia, l'accesso all'EBS gli era ancora precluso, trovandosi in una stanza dietro porte che richiedevano sia l'impronta digitale che la scansione della retina. “Mentre era sotto copertura ha appreso che un agente FEMA in loco aveva sempre accesso all'EBS, per ogni evenienza. In un giorno normale ci sono quasi 100 agenti a Weather, ma ha anche appreso che la FEMA stava pianificando un seminario di addestramento in Louisiana e la maggior parte del personale sarebbe stato lì, lasciando solo un equipaggio ridotto di 20 agenti a guardia della montagna. È stato in grado di aprire le porte blindate per far entrare la Delta Force", ha detto la nostra fonte. Martedì 15 marzo, un numero imprecisato di operatori della Delta Force e soldati dell'Esercito Americano del 75° reggimento Ranger hanno preso d'assalto Mount Weather e hanno incontrato resistenza quasi immediatamente dopo essere penetrati nel sottosuolo. Ne è seguito un feroce scontro a fuoco, con gli agenti della FEMA che estraevano le armi da fianco e svuotavano i caricatori. Ma la Delta Force si era messa al riparo e aveva risposto al fuoco, uccidendo 6 agenti in pochi secondi. “Gli operatori presumevano che chiunque avesse avuto accesso all'EBS non avrebbe preso parte allo scontro a fuoco. Fortunatamente, avevano ragione", ha detto la nostra fonte. Colti di sorpresa e incapaci di raggiungere l'armeria di fucili d'assalto di Mount Weather, la FEMA si è arresa dopo aver subito 12 vittime. Due agenti della Delta Force sono stati colpiti da armi da fuoco, ma le loro ferite non li mettono in pericolo di vita, ha detto la nostra fonte. Gli operatori della Delta Force hanno afferrato gli agenti della FEMA sopravvissuti e li hanno costretti a mettere i pollici e gli occhi contro gli scanner che proteggevano la stanza dell'EBS. Alla fine, il pollice e l'occhio di un agente hanno aperto la porta, la porta di accesso a quello che i militari hanno definito un "bersaglio di alto valore". Nel frattempo, una compagnia di soldati d'élite (ci è stato chiesto di non rivelare il ramo o l'unità) ha raggiunto Mount Weather per via aerea e terrestre, calandosi in corda doppia da elicotteri in volo e smontando da una dozzina di Hummer, dopo aver ricevuto la notizia della riuscita dell'operazione. In tutto, 150 soldati statunitensi fedeli al movimento White Hat si sono assicurati Mount Weather, hanno cambiato i codici di accesso e sigillato le porte blindate. Quando la FEMA è tornata, gli agenti si sono ritrovati davanti ad un dilemma senza speranza. “I militari ora controllano la montagna. Le porte sono inespugnabili. Questa missione ha richiesto molto tempo e ora controlliamo l'EBS. Resta sintonizzato: un messaggio potrebbe arrivare molto presto", ha detto la nostra fonte.

Michael Baxter
17 marzo 2022

Traduzione: Wheaton80
realrawnews.com/2022/03/delta-force-seizes-deep-state-str...
23/03/2022 02:10
 
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L’agonia delle big tech cinesi. Alibaba e Tencent demolite da Xi

Un crollo, di quelli pesanti, destinati a segnare la storia dell’industria tecnologica cinese. Stavolta la caduta dei giganti del mattone, Evergrande su tutti, c’entra poco. Altri colossi, ma di tutt’altra pasta: Alibaba, Tencent, solo per citarne alcuni. Aggrediti a suon di regole, tentate scalate, multe e nazionalizzazioni dal governo cinese, nel corso di questi due anni le grandi tech del Dragone hanno perso gran parte del loro valore in Borsa, assistendo spesso alla demolizione sistematica del proprio capitale, ai minimi dal 2008, l’anno di Lehman Brothers. Oggi l’impero fondato da Jack Ma vale il 66% in meno, Tencent il 50%. Non può stupire che Jp Morgan abbia sconsigliato gli investitori globali dall’avvicinarsi alle azioni di queste aziende, per i prossimi 6-12 mesi. All’intervento del governo si sono aggiunti la guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione. E, soprattutto, la pandemia è tornata a mordere la Cina, la cui strategia zero-Covid a suon di lockdown non ha certo portato benefici all’economia. In pochi giorni, il comparto tech cinese ha bruciato 100 miliardi di capitalizzazione. Ce ne è abbastanza per andare knock out. Secondo Bloomberg, le perdite sono aumentate vertiginosamente dopo che Jp Morgan Chase ha declassato 28 titoli tech cinesi tra cui, per l’appunto, Alibaba, Tencent Holdings e Meituan. “Con la situazione attuale, è troppo difficile dare una valutazione a queste società, considerando i rischi geopolitici legati all’Ucraina e il conflitto tra Cina e Stati Uniti”, ha affermato l’analista di Kay Hian, Julia Padella. “L’indicatore delle 30 principali società tecnologiche cinesi ha perso il 39% quest’anno, spazzando via oltre 460 miliardi di dollari di valore di mercato. Più di mille miliardi di dollari sono stati persi l’anno scorso a causa di una repressione da parte del governo di Pechino”. E a poco servono le ultime sedute sprint per Alibaba e Tencent, tradottesi in un aumento del 20%. Ad azionare la molla è stata la notizia, giunta dall’agenzia di stampa del governo cinese Xinhua secondo la quale le autorità di Pechino metteranno in campo una vasta politica di stimoli monetari che include nuovi prestiti per sostenere le aziende cinesi. Ma il danno è ormai fatto. Se si conta quanto denaro è stato spazzato via da luglio 2020 riguardo tutte le società che in qualche modo sono finite nel mirino del governo di Xi Jinping, si registra una cifra di oltre 1.500 miliardi di dollari. Molti osservatori pensavano che nel 2022 l’ira di Pechino si sarebbe placata, ma in realtà gli effetti sismici si sono sentiti tutti. Alla fine, sfibrando le società più preziose e nel nome della prosperità comune predicata da Xi Jinping, si rischia di affossare quella che è stata la colonna portante della straordinaria crescita cinese in tutti questi anni. Anzi, forse è già successo.

Gianluca Zapponini
18/03/2022
formiche.net/2022/03/cina-alibaba-tencent-jp-morgan-fintech/
26/03/2022 12:42
 
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Crolla Black Rock: la globalizzazione è davvero finita

«La globalizzazione così come la conosciamo è finita». Lo abbiamo scritto molte volte, sin dall’inizio della guerra in Ucraina, che con il conflitto il mondo entrava in una nuova era, soprattutto dal punto di vista dell’economia, ma ora ad ammetterlo esplicitamente è nientemeno che Larry Fink, Presidente di Black Rock, il maggiore fondo di investimento del mondo. Per avere un’idea delle dimensioni di questa entità basti dire che il fondo gestisce un patrimonio di 10mila miliardi di dollari, una cifra al cui confronto il tanto decantato recovery fund è un’inezia. Nella consueta lettera annuale agli azionisti Fink sostiene che «il disaccoppiamento dall’economia globale spingerà le aziende e i governi di tutto il mondo a rivalutare le loro dipendenze e a rianalizzare le loro impronte di produzione e assemblaggio». Tradotto, significa che i Paesi occidentali (tutto il mondo o “comunità internazionale” per i signori della finanza significa gli USA e i loro alleati), saranno costretti dalla nuova realtà geopolitica creatasi con l’attacco della Russia ai piani NATO e il sostanziale appoggio della Cina a Putin, a cancellare il processo di globalizzazione economica che viene portato avanti da 30 anni. Non potendo più controllare politicamente i Paesi su cui si è fondato il processo di globalizzazione (Cina e Russia, che nella prima fase dell’epoca unipolare si erano uniformate ai voleri di Washington), i signori di Davos si vedono obbligati a “smontare” la globalizzazione che hanno tenacemente costruito. Il processo ovviamente non è indolore, e ammesso che sia possibile raggiungere l’indipendenza dal gas russo e dai prodotti della manifattura cinese, l’Occidente, soprattutto l’Europa, andranno incontro a una fase di scarsità come non si è mai vista. Ma c’è un altro corollario a questo teorema: ed è la morte prematura della transizione ecologica che avrebbe dovuto, nei desideri dei grandi fondi, generare una gigantesca “distruzione creatrice” che avrebbe messo fuori combattimento le piccole e medie aziende (impossibilitate a convertire la produzione in base ai nuovi parametri “green”), concentrare ulteriormente la produzione nelle grandi multinazionali e creare giganteschi guadagni speculativi in borsa. A causa dello shock energetico dovuto alla guerra, molti Paesi stanno “cercando nuove fonti di energia. Negli Stati Uniti gran parte dell’attenzione è rivolta all’aumento dell’offerta di petrolio e gas, mentre in Europa e in Asia il consumo di carbone potrebbe aumentare nel corso del prossimo anno. Questo rallenterà inevitabilmente il progresso del mondo verso il net-zero nel breve termine”, afferma Fink, e in effetti pare proprio che il mercato confermi la sua mesta analisi. Black Rock, che della cosiddetta green economy è il motore principale, ha subito perdite colossali in queste settimane e un suo fondo ha addirittura perso il 91% del suo valore, si è praticamente azzerato. Si tratta, guarda un pò, del secondo al mondo nel tracciamento e investimento nel campo della sostenibilità ambientale. La bolla verde, a quanto pare, è già scoppiata.

Arnaldo Vitangeli
25 marzo 2022
visionetv.it/crolla-black-rock-la-globalizzazione-e-davvero...
14/05/2022 17:50
 
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Cina: altro default immobiliare, Sunac non rimborsa gli interessi sul debito

Sunac, uno dei maggiori player immobiliari in Cina, ha annunciato giovedì un default sul rimborso degli interessi, in un contesto di crisi del settore alimentata dalle battute d'arresto di Evergrande. Sunac doveva l'equivalente di circa 28 milioni di euro e non ha rimborsato la somma, come si evince da un comunicato stampa inviato alla Borsa di Hong Kong, dove il gruppo è quotato. Gli immobili e le costruzioni rappresentano oltre un quarto del PIL cinese e fungono da locomotiva per molti altri settori, come quello dell'acciaio o dei mobili. Ma per ridurre l'indebitamento del settore, Pechino ha inasprito nel 2020 le condizioni di accesso al credito per i promotori immobiliari. Da allora, molte società si sono trovate a corto di denaro, incluso il leader del settore Evergrande.

12 maggio 2022
www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/radiocor/finanza/dettaglio/cina-altro-default-immobiliare-sunac-non-rimborsa-gli-interessi-sul-debito-nRC_12052022_0944_228423664.html...
27/05/2022 17:12
 
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Il Nuovo Ordine Mondiale ha già perso
Una approfondita analisi sulla vera posta in gioco in Ucraina

Secondo un recente articolo del DailyMail.com, il figlio del Presidente degli Stati Uniti d’America Hunter Biden risulta aver inviato alcune e-mail che confermano il suo coinvolgimento nei biolaboratori presenti in Ucraina [1], in cui si lavorava, fino all’entrata dell’Esercito Russo, alla produzione di armi biologiche, quali virus e batteri coltivati in laboratorio. Il rampollo dell’attuale capo USA avrebbe contribuito ad ottenere milioni di dollari di finanziamenti per l’azienda Metabiota, un gigante biotecnologico che dichiara nella propria pagina ufficiale di voler rendere il mondo più resiliente alle epidemie [2]. Non solo. Lo stesso Biden junior avrebbe presentato Metabiota a Burisma Group [3], una holding registrata a Cipro ma con sede a Kiev, che opera sul gas ucraino dal 2002, nel cui sito spiccano sponsor come USUBC (US-Ukraine Business Council [Consiglio di business USA-Ucraina]), che promuove affari tra USA e Ucraina dal 1995, come si legge nel relativo sito WEB [4]. Lo scopo di questo incontro consisterebbe in un progetto scientifico che coinvolge laboratori ad alto livello di biosicurezza in Ucraina, con investimenti diretti di Hunter Biden di 500.000 dollari trasferiti a Metabiota attraverso la Rosemont Seneca Technology Partners (Azienda tecnologica che fa capo a lui [5]) e diversi milioni di dollari provenienti da grandi investitori, come i 36 milioni di dollari di Goldman Sachs ricevuti nel lontano 2014, facenti capo a Counsyl, ora Myriad Genetics, colosso della ingegneria genetica quotato al Nasdaq (Nasdaq Global Select Market), con il simbolo MYGN, che dichiara sulla propria pagina WEB di voler sbloccare il potere della genetica [6]. Come è facile immaginare, la Russia denuncia pubblicamente il coinvolgimento di capitali americani, estremamente vicini all’attuale Presidente, che da anni lavorano alla produzione di armi biologiche in un Paese che doveva essere neutrale nello scacchiere geopolitico europeo e mondiale, perché il più vicino di tutti a Mosca, capitale della Russia. La versione occidentale è invece costituita dalla piena negazione di questi eventi, e la liquidazione delle accuse a mere illazioni diffamatorie, per giustificare l’azione russa in territorio straniero, volgarmente dette bufale. Ora, se si vuole cercare di separare le manipolazioni da una parte e dall’altra per afferrare il più possibile la verità, vera vittima delle guerre, si potrebbe provare a seguire una logica elementare: se non fosse vero che in Ucraina si sta lavorando da anni a laboratori di armi biologiche quali virus e batteri potenzialmente letali, non vi sarebbe stato un invito frettoloso da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a distruggere tutti i virus e batteri prodotti e presenti in quei laboratori durante l’ingresso delle truppe russe in Ucraina.

Queste allarmanti avvertenze, riportate anche dai nostri media [7], smentiscono le dichiarazioni degli USA di non aver alcun coinvolgimento con i biolaboratori ucraini [8], perché quei patogeni devono pur esistere, e l’OMS ne deve altresì essere al corrente, se chiede di eliminarli prima che cadano in mani russe, e possano essere usati come armi biologiche [9]. Inoltre, il fatto che possano venire utilizzate come armamenti offensivi, non testimonia a favore della tesi secondo cui l’Ucraina sia sempre stata un Paese pacifico e inerme, che dal 24 febbraio 2022 subisce un’invasione immotivata, arbitraria e totalmente contraria al diritto internazionale da parte della Russia. La versione occidentale di questa dichiarazione ufficiale [10] sostiene che il timore della perdita del controllo delle armi batteriologiche e virali da parte occidentale risiede nel possibile scoppio di nuove epidemie, anche solo per effetto dei bombardamenti, ma, di nuovo, ciò significa che l’Ucraina non era neutrale negli anni che precedono l’azione russa ora in corso, e tantomeno inoffensiva. Afferma il corrispondente per la sicurezza nazionale dei media mainstream David Martin:“La preoccupazione è che i russi si impadroniscano di una di queste strutture di ricerca biomedica che ha l’Ucraina, dove fanno ricerca su patogeni come il botulismo e l’antrace… perché gli Stati Uniti hanno fornito supporto per alcune delle ricerche svolte in quelle strutture”[11]. In uno scambio di e-mail, la vicepresidente di Metabiota, Mary Guttieri così scriveva a Hunter nell’aprile 2014, due mesi dopo l’annessione della regione della Crimea da parte della Russia:“Come promesso, ho preparato il promemoria allegato, che fornisce una panoramica di Metabiota, il nostro impegno in Ucraina e di come possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e le nostre idee per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la continua integrazione nella Società occidentale” [12]. E i bioloaboratori non sarebbero pochi [13].



L’attività americana di ricerca in ambito sanitario a scopi bellici è cresciuta appunto nel 2014, dopo lo scoppio della guerra civile ucraina nelle regioni russofone orientali, che ha visto per otto anni l’Esercito Ucraino bombardare i civili della minoranza russa. Si legge nello stesso articolo:“Il vicepresidente di Metabiota, in un’e-mail inviata a Hunter, nel 2014 evocava progetti per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia. Le e-mail che tracciano gli interessi di Hunter sono state pubblicate prima sul New York Post, lo stesso tabloid statunitense che parlò per primo, nel 2020, dell’esistenza di questo computer, poi dal Daily Mail” [14]. Dunque i biolaboratori sono stati potenziati, finanziati e controllati per portare l’Ucraina verso l’Occidente, sottraendola alla Russia. E il mezzo per farlo consiste in armi biologiche. Non proprio un motivo di serenità per la Russia, che assiste dal 2014 alla persecuzione di chi vorrebbe mantenere lingua, tradizioni e cultura pur minoritarie in Ucraina. Lasciamo per ultima, tra le argomentazioni di natura sanitaria a riguardo delle vicende ucraine, forse la più difficile anche solo da descrivere, penosa e quantomeno discutibile sul piano etico-morale. Da un documento dell’europarlamento intitolato:“Traffico di cellule staminali e organi prelevati da neonati ucraini uccisi” [15] apprendiamo di una abominevole attività in voga in Ucraina dalla sua indipendenza che riguarda appunto l’espianto a cuore battente di organi e cellule staminali dai neonati (vivi) ucraini. Il documento in esame al Consiglio d'Europa risale al 2007, ma la denuncia promossa da una inchiesta della BBC è precedente, e l’articolo che ne descrive le attività è del 2006 [16]. Viene denunciato un muro di silenzio attorno alle attività di sottrazione dei neonati da parte del reparto di maternità alle madri naturali dell’ospedale numero 6 di Kharkiv. Da questi bambini venivano espiantate cellule staminali dal midollo, probabilmente da vivi, attraverso uno smembramento dei corpicini, come osserva un ispettore alla visita di un cimitero di neonati:“Un anziano patologo forense britannico dice di essere molto preoccupato di vedere i corpi a pezzi, dato che non è una pratica standard post-mortem” [17].

Le autorità nel 2003 avevano dunque riesumato i corpi di questi neonati, e rilevato le anomalie delle condizioni in cui si trovavano, che facevano pensare appunto al peggio [18]. Mentre vengono battute queste parole su una pagina di Word, corre l’anno 2022, mese di maggio, quindi esattamente quindici anni dopo l’interrogazione parlamentare europea datata 23 maggio 2007. Verrebbe naturale chiedersi cosa sia successo da allora, quanto sia stata di impatto nelle coscienze dei nostri rappresentanti colà allocati, profumatamente retribuiti per amministrare la democrazia e i suoi valori… nulla. Il testo della interrogazione, come l’inchiesta della BBC, galleggia nel nulla cosmico di Bruxelles. Evidentemente le atroci sofferenze inflitte a neonati da parte della sanità corrotta ucraina non hanno scosso le coscienze altrettanto insalubri degli interpellati in sede europea. Eppure il testo parla chiaro:“Secondo quanto riferito dalla BBC, in Ucraina esiste un traffico di cellule staminali e organi che vengono prelevati da neonati uccisi. Alcune madri ucraine hanno raccontato che nel 2002 in una clinica di Kharkiv si sono viste portare via, subito dopo la nascita, i loro bambini, poi dichiarati morti in base a motivazioni non attendibili. Ai genitori non è stato per altro permesso di vedere le salme. Nel 2003, per ordine delle autorità, molti corpi di neonati sepolti nel cimitero di un ospedale sono stati riesumati. È emerso che i neonati avevano subito il prelievo degli organi e presumibilmente anche delle cellule staminali. Secondo quanto afferma un’organizzazione non governativa ucraina, fra il 2001 e il 2003 per gli stessi motivi potrebbero essere stati uccisi più di 300 neonati. Nel frattempo, persino il Consiglio d’Europa sta indagando su tali casi” [19].

Curiosità: dopo approfondimenti, intere serate a scandagliare le foto satellitari, ispezioni che accertino le responsabilità sugli autori del massacro di Bucha, o del missile su Kramatorsk, anche chi volesse interessarsi d’altro si troverebbe catapultato nelle tragiche vicende ucraine all’accensione del televisore… E dei 300 bambini smembrati da neonati sottratti alle madri partorienti? È molto probabile che il silenzio mediatico e l’apatica reazione europea siano determinate da una corresponsabilità a qualche livello, per esempio partendo dai finanziamenti milionari di cui da anni beneficia la sanità ucraina. Chi compra quelle cellule staminali, oltre ai giganti farmaceutici e biotecnologici che lì operano? Sappiamo per certo che l’Ucraina fino all’intervento russo era il Paese d’Europa dove adottare-comprare un bambino era più economico, semplice e rapido. Naturalmente non è pensabile che l’intervento russo sia determinato da questi fatti pur rivoltanti, visto che il suo stesso capo ha sempre dichiarato di voler denazificare l’Ucraina e difendere il Donbass come unici scopi. Saremmo accusati d’esser più putiniani di Putin, se volessimo descriverlo come il salvatore degli ospedali pediatrici, e verremmo spediti a quelli psichiatrici. Si vuol solo chiedere al lettore di frequentare la domanda, che rimane retorica, del perché si parli a senso unico e solamente di alcuni morti, non di altri. Eppure anche quei neonati sono vittime ucraine, come i morti del Donbass. Torniamo alla neutralità ucraina. Nel 2017 fu desecretato un verbale che descrive i colloqui intercorsi tra il 1990 e il 1991 tra i ministri degli esteri USA, Regno Unito, Francia, Germania sull’unificazione delle due Germanie dopo i noti fatti del 1989 a Berlino. Il 6 marzo 1991 si parlò di sicurezza in Europa e i rapporti con la Russia, all’epoca guidata da Michail Gorbaciov. Rottosi il blocco sovietico, alcuni Paesi appena riconosciuti indipendenti, primo fra tutti la Polonia, chiesero di entrare nella NATO. “(…) i rappresentanti dei quattro Paesi occidentali (USA, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest), impegnati con Russia e Germania Est nei colloqui del gruppo «2+4», concordarono nel definire «inaccettabili» tali richieste. Il diplomatico tedesco occidentale Juergen Hrobog, stando alla minuta della riunione, disse:«Abbiamo chiarito durante il negoziato 2+4 che non intendiamo fare avanzare l’Alleanza Atlantica oltre l’Oder. Pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre Nazioni dell’Europa centrale e orientale di aderirvi». Tale posizione, precisò, era stata concordata con il Cancelliere tedesco Helmuth Kohl e con il Ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher” [20]. Persino il successore russo Boris Yeltsin, passato alla storia come liberale e occidentalista, scrisse a Bill Clinton nel 1993 a proposito della intenzione di entrare nella NATO dei Paesi ex-sovietici, una formale accusa di aver rotto la parola data due anni prima, come ci mostra un articolo del Der Spiegel:“Certamente, ha osservato Yeltsin, ogni Paese può decidere in autonomia di quale alleanza far parte. Ma l’opinione pubblica russa, ha proseguito, ha visto l’espansione occidentale della NATO come una sorta di neo-isolazionismo della Russia, un fattore, ha insistito, che deve essere preso in considerazione. Yeltsin ha anche fatto riferimento al trattato Due più Quattro relativo alla riunificazione della Germania del 1990” [21]. La risposta di Clinton fu il rifiuto di riconoscere le parole del suo omologo russo, e quella dei quattro presidenti americani succeduti, due repubblicani e due democratici, è storia degli ultimi trent’anni:

- Nel 1997 vengono invitati ad entrare nella alleanza Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca
- Nel 2002 vengono invitati Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria e Romania, quindi sette Paesi ex-sovietici, tutti in Europa dell’Est, alcuni confinanti con la Russia, vengono occupati da forze militari americane in nome dell’alleanza NATO, che definisce se stessa alleanza difensiva. Le proteste russe furono inascoltate e insabbiate dalla stampa, come accade attualmente, e le promesse solenni in campo diplomatico totalmente disattese
- Nel 2008 toccò ad Albania e Croazia
- Nel 2015 Montenegro, nonostante le puntuali ma “afone in occidente” proteste di Russia, Cina e Venezuela

Ora una domanda: come funziona un’alleanza? Immaginiamo due tifoserie di due diverse squadre di calcio che stringono un gemellaggio, l’equivalente di una alleanza militare in ambito decisamente più ludico. I tifosi di una squadra indossano le sciarpe ed espongono striscioni amichevoli nei confronti dei gemellati, e viceversa: si festeggia al goal degli avversari e si sventolano i loro colori. E viceversa, perché appunto è una alleanza. Quando invece si entra nel territorio della tifoseria opposta, e si esibiscono le proprie bandiere, solitamente più che di gemellaggio si tratta di invasione, che prelude ad uno scontro, spesso anche violento e non solo verbale. L’elemento che contraddistingue i due fenomeni, da tener presente se si va a vedere una partita e si vuol tornare a casa incolumi, è la reciprocità. Quella della NATO invece è una strana alleanza, diciamo fortemente asimmetrica. In tutto il territorio americano, circa nove milioni e ottocentomila chilometri quadrati, sventolano solamente bandiere a stelle e strisce. Niente tricolori, a parte i ristorantini italiani, per esempio. Mentre negli altri alleati, se così vogliamo chiamarli, troviamo insieme a quelle nazionali, le bandiere dello zio Sam. Bandiere che spiccano da basi militari della NATO, che rispondono al comando americano, con militari che vi operano, americani, con armi americane e anche se in un certo Paese si è votato contro il nucleare, come in Italia, per gli accordi “speciali” presi nell’alleanza, ad uno dei due, il più forte, incommensurabilmente più potente e cioè gli USA, è concesso tutto: depositare ad libitum bombe atomiche, facendo fare agli abitanti di quel Paese da bersaglio in caso di conflitto; mentre all’altro, lo Stato più piccolo, debole, ospitante, nemmeno il diritto di obiettare o condurre una interrogazione diplomatica. Si deduce da queste considerazioni che la differenza tra un Paese occupato e un Paese libero, è che per Paese occupato si intende interessato dalla presenza di forze armate Russe, o comunque sotto il controllo della Russia, mentre il Paese libero è tale quando è occupato dagli americani [!]. Si dirà: è per il nostro bene, l’alleanza NATO è appunto difensiva. Il 24 febbraio 1999, in modo unilaterale, senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la NATO bombarda a tappeto per undici settimane la Serbia, con quella che viene definita dalla neutralissima stampa occidentale “ingerenza umanitaria”. Nessun collegamento televisivo con i cittadini sotto le bombe yankee, nessuna difesa a tavolino della sovranità di uno Stato, nessuna accusa di aver portato la guerra alle porte dell’Europa, come viene detto oggi sull’Ucraina. Nessun inviato a riprendere peluche insanguinati in primo piano sullo sfondo della cameretta di un bambino, demolita dalle esplosioni. Lo stesso si dica per la ventennale guerra in Afghanistan: 2.000 miliardi di dollari spesi in vent’anni, e mai la foto di un vecchietto almeno azzoppato dalle bombe, per finire con la ritirata nel 2021 e circa sei miliardi di armamenti lasciati ai terroristi talebani. Per non parlare dell’Iraq, aggredita per rovesciare il governo di Saddam con il pretesto delle armi di distruzione di massa, che lo stesso Colin Powell aveva dapprima mostrato al mondo agitando la famosa provetta, e anni dopo riconosciuto come false [22].

Nelle settimane precedenti l’invasione, Bush aveva negato pubblicamente di avere intenzione di invadere l’Iraq, ma nessuno dei nostri impavidi giornalisti gli rimproverò di essere pretestuoso e inaffidabile non appena lo fece, come oggi fanno a gran voce contro Putin, per aver dichiarato di non voler invadere l’Ucraina prima del 24 febbraio scorso. Quando è cominciato l’attacco, l’Iraq era un tipico Stato mediorientale arabo, con il suo semi-dittatore e leggi un pò discutibili ma stabile. Grazie all’intervento americano è interessata dall’ISIS (un’organizzazione terroristica il cui capo Ibrahim Awwad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarri si è autoproclamato califfo Ibrahim I dello Stato Islamico nel giugno 2014) ed è in mano a fazioni belligeranti, con nuovi terroristi finanziati originariamente dagli USA, come ammise la stessa Hilary Clinton durante la campagna elettorale contro Trump [23]. Giusto per dovere di cronaca, anche Gheddafi era a capo di uno Stato sovrano; in quel caso, con la scusa dei diritti umani, lo si abbatté nel 2011, con bombardieri decollanti da Sigonella e altre basi dispiegate sulla più grande portaerei americana del mondo: l’Italia. Come sappiamo bene, da quel meraviglioso intervento umanitario armato, la Libia è un vero inferno a cielo aperto, dove gli esseri umani subiscono le peggiori torture, soprusi e abusi, vengono trattati come merce di scambio, con orde ininterrotte di migranti provenienti da tutta l’Africa e dall’Asia, ricattati, spolpati di ogni capitale, caricati peggio del bestiame su carrette a malapena galleggianti e spediti in mare a giocare la fortuna. Questa operazione [mai parlare di guerra, se non si tratta della Russia!] fu condotta dal Nobel per la pace Obama, un Presidente nero, democratico, progressista e impegnato, appunto, nella difesa dei diritti civili. Una curiosità: i talebani in Afghanistan furono armati dagli americani in chiave antisovietica nel secolo scorso, così Saddam Hussein e il suo regime in Iraq contro l’Iran, altrettanto Gheddafi in Libia, con cui anche l’Italia aveva avuto rapporti commerciali per quarantuno anni. A guardarle in retrospettiva, le ultime guerre-operazioni NATO paiono avere più di un elemento in comune: il Paese attaccato ufficialmente per ristabilire l’ordine versa in condizioni mediamente molto più caotiche e contrarie alla salvaguardia dei diritti umani che prima dell’intervento.

Viene da chiedersi: l’ordine che gli Stati Uniti vogliono imporre al mondo intero corrisponde allo svuotamento dei poteri nazionali e indebolimento delle strutture statuali per controllarne poi facilmente le politiche interne attraverso i soliti finanziamenti e dipendenza dall’estero? Un segnale per gli alleati potrebbe essere che se sei sotto l’ala protettrice atlantista devi sottostare al volere d’oltreoceano, oppure, semplicemente, quando non servi più, così come ti hanno appoggiato prima, ti eliminano poi, attraverso la mostrificazione mediatica e quindi l’azione materiale-militare. È una alleanza da sorvegliati speciali, in regime di sovranità delocalizzata, per così dire. O ancora meglio: una democrazia dal guinzaglio corto, come ci definiscono gli stessi americani nei preziosissimi rapporti di spionaggio che abbiamo potuto consultare grazie alle rivelazioni note col termine Wikileaks di Julian Assange [24]. A proposito, fino a che punto il nostro sistema mediatico è libero e minimamente attendibile, se tace della persecuzione di questo eroe del giornalismo d’inchiesta, murato vivo da decenni in 15 metri quadrati e che ora verrà estradato in America per scontare la condanna a 175 [25] anni in una prigione di massima sicurezza, per aver detto verità scomode a partire dalle torture americane su prigionieri a Guantanamo? Tutti leoni i nostri giornalisti quando devono inchiodare Putin mostrandoci l’uccisione sospetta della giornalista Anna Politkovskaja, e altrettanto disattenti quando si tratta di informarci sul nostro salvatore dell’articolo 21, colui che sta deperendo per anni di isolamento coatto in una ambasciata a Londra, al quale i magistrati inglesi intendono dare l’estradizione in USA, secondo la migliore tradizione garantista britannica…?

Reperire queste informazioni non è immediato in Italia, dal momento che la comunicazione sugli eventi in corso è quasi a senso unico, in una parola si può definire russofoba. Stando a questa, la guerra scoppierebbe solo a fine febbraio 2022, sino al giorno precedente non c’era traccia nei notiziari delle uccisioni che hanno prodotto 14.000 morti nelle regioni di Lugansk e Donetsk. Erano pure quelli morti ucraini, di cui non è importato nulla per otto anni a nessuno in occidente, perché colpevoli di essere di cultura russa. Alla luce del coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nei biolaboratori ucraini, invece, appare chiara la motivazione dell’atteggiamento iperbellicista che l’attuale Presidente Biden ha nei confronti del suo omologo russo, definito pubblicamente a più riprese criminale, assassino, macellaio ed altre amenità, sulla base delle quali diventa assai improbabile costruire un possibile negoziato per la pace. L’attuale conflitto in corso in Ucraina, che vede le forze militari russe impegnate in territorio ucraino da quasi tre mesi, potrebbe rappresentare una risposta alle azioni ucraine nel Donbass come afferma la versione ufficiale russa, ma anche una prevenzione delle imminenti azioni antirusse, che avrebbero potuto determinare un attacco biologico o bioterroristico, magari presentato come casuale o frutto di un incidente. Non esistono prove al momento che questa intenzione fosse nei programmi ucraino-americani, ma i finanziamenti a laboratori biotecnologici da parte USA anche in territori ufficialmente estranei come l’Ucraina, o addirittura ostili come il famoso laboratorio di Wuhan in Cina, oggi non suonano per nulla nuovi. Il biolaboratorio di Wuhan, infatti, era non solamente finanziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità [26] (informazione dapprima negata come bufala, poi ammessa dallo stesso Anthony Fauci [27]), ma anche dalla fondazione Gatesfoundation di Bill Gates [28].



C’è di più, il famigerato centro tecnologico-militare di Wuhan era ritenuto già da tempo pericoloso per la nota lavorazione di virus artificiali come quello della Sars, con innesti di proteine del coronavirus presi da pipistrelli e prodotti artificialmente, come riportava una trasmissione andata in onda sulla RAI nel 2015 [29]. Questa notizia tuttavia nel 2020 fu dichiarata una enorme e colossale bufala, non appena scoppiò la pandemia [meglio sarebbe dire psico-pandemia] del sars-cov-2, ma ora che l’attenzione emotivo-mediatica mondiale si sta spostando su altri temi, forse è possibile guardare le cose con maggiore distacco e prendere in considerazione l’ipotesi che si sia trattato di un evento non accidentale, bensì artificiale. Già che siamo su Bill Gates, non sarebbe fuorviante chiedersi come mai i ricchissimi russi siano oligarchi, mentre gli occidentali tutti filantropi, superata una certa soglia di ricchezza: diventano tutti santi e altruisti allorché multimiliardari. Agli uni si sequestrano beni e conti correnti ad libitum, agli altri si lustrano le scarpe, da parte di inservienti che ricoprono cariche politiche di rappresentanza popolare, come quando la Ministra Lorenzin andò a prendere ordini al GAVI (alleanza globale per la vaccinazione da lui presieduta) [30] nel 2014 con l’ex presidente di AIFA Sergio Pecorelli e il responsabile ministeriale per la medicina preventiva Ranieri Guerra, e da allora tutti i ministri della salute succeduti a Beatrice. Compresa la grillina pentastellata Grillo, sono diventati tutti, se non lo erano prima, ipervaccinisti. Potere della persuasione dei miliardari: vai a colloquio da uno di loro e torni convinto sostenitore dei progetti mondiali che ha in mente! Gates, tra parentesi, da anni profetizza epidemie catastrofiche, ma guadagna anche miliardi di dollari dalle pandemie, per i lockdown che innalzano le entrate dei titoli tecnologici, e grazie alle sue partecipazioni nelle principali case farmaceutiche che producono vaccini, per non parlare del fatto che è il secondo finanziatore dell’OMS, dopo gli Stati Uniti, cosa che la rende non proprio un’organizzazione pubblica e trasparente. Temi che avrebbero dovuto acquisire risonanza e interesse internazionale con le conseguenze della pandemia, mentre furono quasi totalmente ignorati dai nostri media. Sempre per quella libertà di stampa di cui tanto ci vantiamo quando critichiamo la Russia per i suoi metodi per noi inaccettabili. Durante la cosiddetta prima ondata, la Russia inviò all’Italia aiuti immediati, a differenza degli alleati USA e dei cari Stati europei, che addirittura vietarono lo spazio aereo costringendo i velivoli russi a passare per la Turchia costeggiando i confini europei fino allo stivale.

Lo stesso Ministro degli Esteri tentò di farne un vanto personale nel ringraziare al primo atterraggio a Pratica di Mare il Presidente russo dicendo:“(…) Questo dimostra che l’Italia non è sola e che coltivare amicizie con altri Stati è fondamentale” [31]. Come no…, fu chiaro da subito a tutti che i russi vennero ad aiutarci perché avevamo un ministro di quella caratura. Del resto… chi non si farebbe in quattro per soccorrere un Paese rappresentato da uno statista tanto acuto! Ora che il vento è cambiato, il ministro senza macchia e senza vergogna, è l’alfiere più convinto sulle sanzioni alla Russia (a spese dei popoli europei) e sicuro del fatto suo garantisce:“C’è un altissimo consenso alle sanzioni, siamo pronti ad aumentarle, con circa 200 bambini morti in quasi due mesi di guerra. E a Putin bisogna farlo capire solo togliendogli i soldi, solo con le sanzioni” [32]. Al momento però l’ENI non solo continua a dare soldi alla Russia, ma accetta anche di pagare in rubli, permettendo all’Italia di aggirare le sanzioni assurde e suicide, adottate dall’Italia stessa. La coerenza in politica è tutto. Un altro esempio di quanto poco sia vantaggiosa l’alleanza NATO per chi è “socio di minoranza” è proprio la quesitone energetica: lo zio Sam incassa miliardi di dollari per un gas che non sapeva a chi rifilare, di minore qualità rispetto a quello russo, molto più inquinante nella consegna vista la necessità della traversata atlantica, ulteriormente costoso vista la inevitabile costruzione di rigassificatori per la riconversione da uno Stato all’altro una volta approdato alle coste italiane, a tutto carico della spesa pubblica nazionale. Sorvoliamo sugli aiuti militari all’Ucraina non gratuiti, bensì a titolo oneroso differito, per così dire, perché il meccanismo del debito che dalla nascita della Fed strangola le economie mondiali, compresa quella americana, si frega le mani ora che finalmente può aggiungere l’Ucraina alla lunga lista dei Paesi dollarocentrici (la BCE è una entità totalmente dipendente in realtà dalla Fed, come dimostra la ricollocazione dell’attuale governatore Lagarde). Lo scacchiere internazionale sta cambiando a sfavore dell’occidente oramai al tramonto, a dispetto di ciò che si racconta sui nostri schermi, dato che le sanzioni alla Russia, l’estromissione dal circuito interbancario Swift delle banche russe, la confisca dei beni mobiliari e immobiliari dei russi in Paesi che hanno fondato il diritto occidentale come l’Italia, fino a forme odiose di discriminazione su atleti disabili alle paraolimpiadi, musicisti, direttori d’orchestra, squadre di calcio e persino lezioni universitarie su autori russi, stanno generando una polarizzazione internazionale per la quale l’altra metà del pianeta, che in termini di popolazione supera di gran lunga il vecchio continente e la decadente società americana, si sta stagliando su posizioni antimperialistiche.

Le sanzioni stanno compattando innanzi tutti i russi, che si sentono sempre più isolati e discriminati, minacciati e accerchiati, e secondariamente le altre Nazioni, a cominciare dalle potenze atomiche come Cina, India, Corea del Nord e Pakistan. Parimenti la Serbia e diversi Stati africani stanno allineandosi su posizioni non atlantiste. Da questa parte del mondo ci dicono che il problema è Putin, la Russia, 140 milioni di putiniani disposti su undici fusi orari, numero maggiore di tutti gli Stati del mondo: quando in una parte della Russia è pieno giorno, nell’altra è notte fonda. Si chiede la condanna di Putin al tribunale dell’Aja come per Slobodan Milošević, senza neanche sapere che dieci anni dopo la sua morte fu assolto, come apprendiamo da un interessante articolo del 2016 che chiude in modo paradigmatico:“(…) Peccato che solo dopo 20 anni sia emersa la verità e che questa verità non trovi spazio sui media, i quali si erano superati in passato nel dipingere Milosevic come il mostro senza scrupoli che aveva pianificato la pulizia etnica nei Balcani. L’ex Presidente serbo è morto dietro le sbarre per soddisfare la sete di rappresaglia di chi non tollerava che un popolo orgoglioso sfidasse il Nuovo Ordine Mondiale” [33]. Già, il Nuovo Ordine Mondiale, quello di cui ci parlava già Bush senior, per giustificare la prima tempesta nel deserto contro l’Iraq, che nel 1990 aveva invaso uno Stato sovrano, il Kuwait, permettendosi di fare quello che solo il gendarme del mondo può intraprendere, senza aspettare alcun permesso, fosse anche dalle Nazioni Unite. Quindi in gioco non c’è l’Ucraina, usata da entrambe le parti (USA e Russia) per i propri interessi. Questo è ciò che appare. In gioco c’è da una parte il Nuovo Ordine Mondiale, sotto l’egida dell’unica superpotenza che non accetta rivali, e dall’altra il mondo multipolare, costituito da più potenze e superpotenze, che devono imparare a bilanciarsi reciprocamente, se non si vuol mettere fine alla vita umana sul pianeta. Se questa è la vera cornice entro cui si svolgono gli avvenimenti, solo un pazzo che vive in un mondo parallelo può pensare che Putin sia destinato a capitolare, ritirarsi e chiedere magari scusa per il gesto inconsulto. Tutto ciò non avverrà, ma non per orgoglio putiniano o per non doversi umiliare dinnanzi al suo popolo e al mondo intero. Semplicemente perché il mondo è già ora uno scenario geopolitico multipolare, con potenze e superpotenze che da tempo non sono inferiori a quella americana (prima assoluta solo nel debito pubblico, che ha superato i trentamila miliardi di dollari). In altre parole, il Nuovo Ordine Mondiale ha già perso, ma ancora ce lo devono dire. In quanto colonie della potenza decadente, lo sapremo per ultimi.

Note

[1] www.dailymail.co.uk/news/article-10652127/Hunter-Biden-helped-secure-millions-funding-military-biotech-research-program-Ukra...
[2] “Our mission: Making the world more resilient to epidemics” [notare che scrivono in maiuscolo il verbo making, fare, e non il termine world, mondo] metabiota.com/
[3] web.archive.org/web/20171206172327/http://burisma-group...
[4] web.archive.org/web/20171211112651/http://www.usubc.org/
[5] www.gaebler.com/VC-Investors-6C8D2EED-CC28-4667-85BA-E88080F2E6E9-Rosemont-Seneca-Technology-...
[6] myriadwomenshealth.com/
[7] www.corriere.it/cronache/22_marzo_12/laboratori-ucraina-virus-oms-distruggere-d255a6ee-a1ee-11ec-9a6c-d0d087f8f56a.shtml?re...
[8] www.corriere.it/esteri/22_marzo_11/armi-chimiche-accuse-russia-usa-ucraina-cina-57d35af4-a164-11ec-a587-4d905bf0ce...
[9] www.reuters.com/world/europe/exclusive-who-says-it-advised-ukraine-destroy-pathogens-health-labs-prevent-2022... As part of this work, WHO has strongly recommended to the Ministry of Health in Ukraine and other responsible bodies to destroy high-threat pathogens to prevent any potential spills
[10] Ibidem
[11] “The concern is that the Russians will seize one of these biomedical research facilities that Ukraine has, where they do research on deadly pathogens like botulism and anthrax… because the US has been providing support for some of the research being done in those facilities” - www.globaltimes.cn/page/202203/1255208.shtml
[12] www.agi.it/estero/news/2022-03-26/ucraina-email-hunter-biden-contatti-con-biolab-a-kiev-1...
[13] www.globaltimes.cn/page/202203/1255208.shtml
[14] Ibidem
[15] www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-6-2007-2644_IT.html
[16] news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6171083.stm
[17] www.thelivingspirits.net/nel-2006-la-bbc-neonati-sani-in-ucraina-potrebbero-essere-stati-uccisi-alla-nascita-per-commercio-cellule-st...
[18] news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6171083.stm
[19] www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-6-2007-2644_IT.html
[20] www.startmag.it/mondo/nato-est/
[21] www.spiegel.de/international/world/nato-s-eastward-expansion-is-vladimir-putin-right-a-bf318d2c-7aeb-4b59-8d5f-1d8c... [Of course, Yeltsin noted, every country can decide for itself what alliance it would like to be a part of. But the Russian public, he continued, saw the eastern expansion of NATO as “as a sort of neo-isolation” of Russia, a factor, he insisted, that must be taken into account. Yeltsin also made a reference to the Two Plus Four Treaty pertaining to Germany’s reunification in 1990. “The spirit of the treaty,” he wrote, “precludes the option of expanding the NATO zone into the East”]
[22] www.ilpost.it/2011/02/16/armi-di-distruzioni-di-massa-iraq/
[23] www.theatlantic.com/international/archive/2014/08/hillary-clinton-failure-to-help-syrian-rebels-led-to-the-rise-of-isis...
[24] www.articolo21.org/2021/08/una-democrazia-dal-guinzaglio-corto-dal-libro-di-stefania-...
[25] www.wired.it/article/julian-assange-estradizione-stati-uniti...
[26] nypost.com/2021/11/04/letter-confirms-wuhan-lab-virus-study-was-funded-by-tax... si veda anche: www.bbc.com/news/57932699
[27] deadline.com/2021/07/anthony-fauci-cnn-state-of-the-union-jake-tapper-wuhan-lab-research-funding-123...
[28] www.gatesfoundation.org/about/committed-grants/2018/11/op...
[29] www.youtube.com/watch?v=uwyU5P5AuMk&t=3s
[30] www.gavi.org/
[31] www.repubblica.it/cronaca/2020/03/22/news /dalla_russia_con_amore_in_arrivo_gli_aiuti_di_putin-252006026/
[32] www.ilgiornale.it/news/politica/maio-putin-capisce-solo-questo-2026...
[33] www.ilgiornale.it/news/politica/allaia-ci-ripensano-milosevic-non-era-colpevole-1300...

Massimiliano Bonavoglia (docente universitario di Filosofia del diritto)
25 maggio 2022
comedonchisciotte.org/il-nuovo-ordine-mondiale-ha-gia-perso/
31/05/2022 02:25
 
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Contro l’OMS-dittatura ha vinto monsignor Viganò (per ora)

Solo pochi giorni fa, monsignor Viganò aveva invitato ad opporsi, con preghiere e con azioni, all’imminente votazione presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità in cui agli Stati aderenti veniva proposto di cedere la loro sovranità in materia sanitaria a questa organizzazione sovranazionale, e il cui primo finanziatore è notoriamente Bill Gates. “Se queste risoluzioni verranno approvate a maggioranza, l’OMS avrà l’autorità di imporre in maniera esclusiva tutte le regole in caso di pandemia, ivi comprese quarantene, lockdown, vaccinazioni obbligatorie e passaporti vaccinali. Si tenga anche presente che questa organizzazione gode dell’immunità e i suoi membri non possono essere processati né condannati in caso di crimini”. Ora, il tentativo che, come stupirsi, aveva Biden come promotore, è stato per il momento sventato da valorosi attivisti americani e da “persone di tutto il mondo”.

www.wnd.com/2022/05/withdraws-12-biden-sovereignty-amendments-amid-fierce-opp...

Tra fiere accuse di aver ceduto la sovranità degli Stati Uniti all’Organizzazione Mondiale della Sanità, 12 dei 13 emendamenti presentati dall’Amministrazione Biden per un voto all’Assemblea Mondiale della Sanità questa settimana a Ginevra sono stati rimossi dalla proposta. Gli emendamenti sono stati pubblicizzati solo il mese scorso ed è stata la difesa del ricercatore indipendente James Roguski ad allertare il pubblico. Roguski, che ha monitorato il procedimento dell’OMS, iniziato domenica, ha affermato che il ritiro sembra essere il risultato “della massiccia risposta da parte di persone di tutto il mondo in opposizione agli emendamenti ai regolamenti sanitari internazionali, insieme ad azioni legali nel Regno Unito (e molta preghiera). Il gruppo di lavoro dell’OMS per la risposta alla pandemia non è stato in grado di raggiungere un consenso”. S’intende: gli emendamenti possono essere ripresentati in futuro e l’obiettivo finale e a cui non rinuncia l’OMS è che le Nazioni leader firmino un trattato sulla pandemia globale, non è il momento di rilassarsi”, ha scritto Roguski sulla sua pagina Substack dedicata alla questione. In un’intervista martedì a “War Room”, Roguski ha spiegato che gli oppositori della mossa per dare più potere all’OMS non dovrebbero riposare, perché il gruppo di lavoro per la risposta alla pandemia “non si arrenderà mai”. “Continueranno a provare a farlo di nuovo in futuro”, ha detto. “Dobbiamo rimanere vigili”. La scorsa settimana, durante un'intervista con WND, l’acclamato riformatore sanitario Dr. Peter Breggin, l’inventore della tecnologia mRNA Dr. Robert Malone e l’ex membro del Congresso Michele Bachmann hanno avvertito che gli emendamenti Biden equivalgono a un passaggio di consegne della sovranità statunitense sull’assistenza sanitaria. Breggin ha affermato che “gli Stati Uniti sono l’unica potenza che ostacola il globalismo”. Malone ha descritto la mossa di Biden come la consegna da parte degli Stati Uniti delle “chiavi del regno” all’OMS controllata dalla Cina (sic). E Bachmann, indicando la capitolazione degli Stati Uniti davanti all’OMS durante la pandemia, ha esortato gli americani a “fondere le linee telefoniche” dei loro funzionari eletti.

Maurizio Blondet
25 maggio 2022
www.maurizioblondet.it/contro-loms-dittatura-ha-vinto-monsignor-vigano-...
08/06/2022 03:36
 
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Il vertice della piramide si sta spaccando sull'Ucraina?

Potrebbero suscitare qualche perplessità le parole di Kissinger a Davos, parole con cui ha invitato i leader europei a non esasperare il dissidio con la Russia, evidenziando il valore che questa Nazione ha avuto per l’Europa. Ma il grande stratega si è spinto più in là, auspicando che l’Ucraina ceda alla Russia qualche territorio e invitando gli Ucraini alla saggezza, per un ritorno allo status quo ante. Idealmente, la linea di demarcazione dovrebbe essere il ritorno allo status quo ante. Proseguire la guerra oltre quel punto non sarebbe per la libertà dell’Ucraina, ma per una nuova guerra contro la Russia stessa”, ha dichiarato Kissinger al Daily Mail. Ha aggiunto che sarebbe fatale dimenticare la posizione di potere della Russia in Europa e che l’Occidente si lascerebbe trascinare dallo “stato d’animo del momento”. Spero che gli ucraini sappiano abbinare la saggezza all’eroismo che hanno mostrato. L’Ucraina avrebbe dovuto essere un ponte tra l’Europa e la Russia, ma ora, man mano che le relazioni si stanno riformulando, potremmo entrare in una situazione in cui la linea di demarcazione è ridisegnata e la Russia è completamente isolata. Siamo in una situazione in cui la Russia potrebbe allontanarsi completamente dall’Europa e cercare una alleanza permanente altrove. Ciò potrebbe portare a distanze diplomatiche come nella Guerra Fredda, riportandoci indietro di decenni.

Kissinger Vs Soros? Scontro tra Titani: USA, Cina e Taiwan
Secondo Kissinger, bisogna evitare il ritorno a una nuova “Guerra Fredda” e impegnarsi a lavorare per una pace duratura. Destano sorpresa, inoltre, le sue parole sul rapporto USA-Cina per la questione di Taiwan, soprattutto dopo le affermazioni di Biden su un possibile intervento militare americano in caso di invasione dell’isola da parte della Cina. Gli Stati Uniti non dovrebbero, con un sotterfugio o con un processo graduale, sviluppare una soluzione “a due Cine”, ma che la Cina continui ad esercitare la pazienza che ha esercitato fino ad ora.

Eurasiatismo e nuovo ordine multipolare
Per Kissinger, insomma, è necessario che l’Ucraina ceda territori alla Russia e che l’Europa rivaluti il valore della Russia, smettendo di trattarla da Nazione nemica, al fine di evitare che questa possa consolidare la sua alleanza con la Cina e il Sud-Est asiatico. Sembrerebbe quasi che il celebre consigliere americano voglia frenare quel processo già in atto volto a costruire un nuovo ordine multipolare e che vedrebbe l’instaurazione di un’alleanza euroasiatica incentrata proprio sulla posizione strategica della Russia. Costituisce, chiaramente, una posizione liberal-conservatrice, volta a ripristinare lo status quo ante, al fine di rallentare il più possibile il crollo del sistema unipolare e la fine del secolo americano. Questo potrebbe voler dire una sola cosa: la quarta rivoluzione industriale di Davos ha fallito, e se ne è accorto anche il mainstream, accelerando, di fatto, il processo di dissoluzione del sistema imperialistico USA-NATO-UE.

Kissinger Vs Soros, i Titani scendono in campo
Dall’altra parte, invece, la lettera “privata” di Soros a Draghi via Ansa. Qui Soros insiste sulla necessità di andare avanti ad oltranza, nonostante il rischio di una distruzione totale. Lo speculatore, infatti, ha esortato l’ex banchiere BCE, (ex) consigliere Goldman Sachs, a far valere la posizione europea, cioé, “a usare il suo potere negoziale” nei confronti di una Russia, che, secondo Soros, “sta chiaramente ricattando l’Europa minacciando di trattenere il gas, che ha messo a riserva piuttosto che alimentare le forniture all’Europa”. Questo dovrebbe tradursi in maggiori imposte sul gas per gli Italiani al fine di contrarre la domanda di gas e creare danni economici alla Russia, che, però, può sempre vendere il suo gas alla Cina, Paese con cui ha realizzato due lunghi gasdotti! Imporre una pesante tassa sulle importazioni di gas, in modo che il prezzo al consumo non scenda, ma la UE guadagni un gettito da usare per sostenere i poveri e investire in energia verde; [in questo modo] la Russia non recupererà mai le vendite che ha perso.

La guerra del gas
Mentre Soros propone di mantenere alti i prezzi del gas (che la Russia non ha mai smesso di distribuire in Italia, ragion per cui i rialzi sono dovuti alla speculazione dei distributori, che acquistano all’ingrosso dalla Russia e rivendono sulla borsa), l’Europa sta progettando un gasdotto di 700 km tra l’Italia e la Spagna, la quale ha la più grande capacità di rigassificazione del gas naturale liquefatto (GNL), che verrebbe fornito dagli USA. Sembra infatti che le due compagnie Enagas e Snam, su richiesta del governo Draghi e Sanchez, abbiano firmato un memorandum d’intesa per uno studio di fattibilità per la costruzione di un gasdotto tra la Spagna e l’Italia, che collegherebbe Barcellona a Genova. In alternativa, “si potrebbe organizzare un gasdotto virtuale con un sistema di piccole navi per trasportare il GNL dalla Spagna a Panigaglia, dove solo le navi più piccole possono scaricare”. La guerra tra lobby sembra ormai essere giunta alla fase di massima esposizione. I titani sono scesi in campo.

31/05/2022
terrarealtime.blogspot.com/2022/05/il-vertice-della-piramide-si-...
21/06/2022 02:23
 
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Logistica e traffici, come il Covid e la guerra stanno cambiando i modelli d’impresa

L’approvvigionamento delle merci e la logistica sono usciti sconvolti dalla pandemia. I porti cinesi bloccati, il Canale di Suez paralizzato da un incidente e poi dall’impossibilità di smaltire velocemente il sovraccarico conseguente, la mancanza di container, il rincaro dei noli marittimi. Tutti aspetti di una stessa crisi globale scoppiata con la ripresa successiva alle fasi più difficili della epidemia da coronavirus. Ne parliamo nel numero del mensile Nordest Economia in uscita martedì 21 giugno. In effetti la guerra in Ucraina si è innestata su uno scenario già difficile, aggiungendo oltre al carico di sangue e dolore, specifiche emergenze economiche, anche nel campo dei trasporti globali delle merci. È uno scenario, tuttora in evoluzione, che non ha lasciato immobili le imprese, chiamate a riprogettare il proprio funzionamento e le proprie relazioni con clienti e fornitori. Il che comporta che proprio i problemi mondiali della logistica, che poi è il modo stesso in cui sta cambiando l’economia globale, abbiano rappresentato un motore potente di una trasformazione tuttora in atto proprio nelle imprese e nelle loro reciproche relazioni. Una delle risposte adottate è l’accorciamento della catena delle forniture. Secondo una indagine per Nordest Economia di Intesa Sanpaolo presso i propri gestori, già a fine 2021 emergeva con chiarezza la tendenza ad una revisione. Circa il 60% dei gestori dichiarava di aver osservato un ripensamento nelle politiche di approvvigionamento della propria clientela verso fonti più vicine, rivolgendosi, in particolare, a fornitori della stessa regione o comunque basati in Italia. Nel Nordest questa percentuale era addirittura superiore ed era pari a circa il 66%: di questi il 25,2% indicava un maggior ricorso a fornitori in regione, il 18,4% in altre regioni italiane e il 22,2% in Europa. Insomma una delle risposte è stato il reshoring, il “rimpatrio” delle basi produttive dall’Estremo Oriente a territori meno remoti. Un’altra risposta possibile è stata la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di materie prime e semilavorati, specialmente dopo che alla pandemia si è aggiunto il secondo disastro epocale dei nostri anni, vale a dire la guerra in Ucraina. Poi ci sono le imprese più attrezzate sul piano dimensionale e su quello della ramificazione internazionale. Una strategia perseguita da questa élite è stato lo shopping internazionale e l’apertura di stabilimenti nei mercati dei clienti finali, ad esempio negli Stati Uniti. Complessivamente, il mondo è diventato sicuramente diverso rispetto agli anni d’oro della globalizzazione. E l’esito di tutto il processo in corso non è ancora del tutto definito. Come afferma Lucio Caracciolo, Direttore della rivista di geopolitica Limes, "è prematuro ipotizzare che il mondo possa evolvere verso due blocchi ben distinti. È più probabile, e i segnali ci sono già", sottolinea Caracciolo, "che emergano tendenze autarchiche, con le produzioni che vengono trasferite in patria o spostate da un Paese all’altro».

Maurizio Caiaffa
18 giugno 2022
nordesteconomia.gelocal.it/economia/2022/06/18/news/logistica-e-traffici-come-il-covid-e-la-guerra-stanno-cambiando-i-modelli-d-impresa-1....
05/07/2022 19:26
 
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L’agonia dell’Occidente

I vertici del G7 in Baviera e della NATO a Madrid dovevano annunciare la punizione che l’Occidente intende infliggere al Cremlino per l’«operazione militare speciale in Ucraina». Ma se l’immagine esibita dagli Occidentali è quella della coesione, i fatti dimostrano lo scollamento dalla realtà, la loro perdita di credibilità agli occhi del mondo e, a conti fatti, la fine della loro supremazia. Mentre gli Occidentali si crogiolano nella convinzione che la posta in gioco sia l’Ucraina, il mondo vede l’Occidente esporsi alla «trappola di Tucidide» [1]. Continuerà a essere l’epicentro attorno cui le relazioni internazionali si organizzano o queste diventeranno multipolari? I popoli finora sottomessi si libereranno e avranno accesso alla sovranità? Sarà possibile pensare in termini diversi dall’egemonia globale e ogni Paese potrà badare al proprio sviluppo? Gli Occidentali hanno elaborato una narrazione dell’«operazione militare speciale» che salta a pié pari la storia di cui sono stati protagonisti dallo scioglimento dell’Unione Sovietica. Hanno dimenticato di aver firmato la Carta della Sicurezza Europea (detta anche Dichiarazione d’Istanbul dell’OSCE) e come l’abbiano violata facendo aderire uno dopo l’altro quasi tutti i Paesi ex membri del Patto di Varsavia, nonché parte dei nuovi Stati post-sovietici. Hanno dimenticato come nel 2004 abbiano sostituito il governo ucraino; si sono scordati il colpo di Stato del 2014 con cui hanno messo al potere a Kiev nazionalisti banderisti. Avendo fatto tabula rasa del passato, addossano la responsabilità di tutti i mali alla Russia. Rifiutano di mettere in discussione i propri atti e ritengono di essersi all’epoca imposti con pieno diritto. Ritengono che le loro vittorie facciano il Diritto. Per difendere questa fantasiosa interpretazione, hanno già messo a tacere a casa propria i media russi: sebbene si proclamino “democratici”, meglio è censurare le voci dissidenti prima di mentire. Gli Occidentali approcciano quindi il conflitto ucraino senza contraddittorio, convinti di essere gli unici ad avere il diritto di giudicare, di condannare e sanzionare la Russia. Ricattando piccoli Stati, sono riusciti a far passare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite un testo che sembra dar loro ragione.

Intendono ora smantellare la Russia, come fecero con la Jugoslavia e tentarono di fare con Iraq, Libia, Siria e Yemen (strategia Rumsfeld/Crebrowski). Per conseguire lo scopo hanno iniziato con l’escludere la Russia dalla finanza e dal commercio mondiali. Nell’intento di provocarne il crollo economico, le hanno precluso l’accesso al sistema SWIFT e ai Lloyd’s, impedendole di acquistare e vendere merci, nonché di assicurarne il trasporto. Di fatto, il 27 giugno 2022 la Russia non ha potuto onorare un debito di 100 milioni di dollari, sicché l’agenzia di rating Moody’s l’ha dichiarata insolvente [2]. Le sanzioni dell’Occidente non hanno però avuto l’effetto previsto: tutti sanno che le riserve della Banca Centrale russa traboccano di valute e oro. Il Cremlino ha pagato i 100 milioni di dollari, ma non ha potuto trasferirli in Occidente a causa delle sanzioni. Li ha perciò messi a disposizione dei creditori in un conto bloccato. Nel frattempo il Cremlino, che gli Occidentali hanno smesso di pagare, ha cominciato a vendere prodotti, soprattutto idrocarburi, ad altri acquirenti, in particolare alla Cina. Le transazioni, non potendo avvenire in dollari, sono concluse in altre valute. Di conseguenza i dollari, in precedenza usati abitualmente dai clienti, ora rifluiscono negli Stati Uniti. Un processo iniziato già da diversi anni e che le sanzioni unilaterali occidentali hanno bruscamente accelerato. L’enorme quantità di dollari che si accumula negli Stati Uniti provoca un massiccio rialzo dei prezzi. La Federal Reserve fa il possibile per condividere l’inflazione con la zona euro. L’aumento dei prezzi si propaga infatti velocemente in tutto il continente europeo occidentale.

La Banca Centrale Europea non è un organismo per lo sviluppo economico. Il suo compito principale è gestire l’inflazione all’interno dell’Unione. Prendendo atto che non può assolutamente frenare il brusco rialzo dei prezzi, cerca di utilizzarlo per ridurre il debito. Gli Stati dell’Unione sono invitati a compensare, attraverso l’abbassamento di imposte e concessione di sussidi, la riduzione del potere d’acquisto dei cittadini. Ma è un circolo vizioso: aiutando i concittadini, gli Stati si legano mani e piedi alla Banca Centrale Europea, si asserviscono sempre più agli indebitamenti USA e s’impoveriscono ancora di più. Non c’è rimedio a questa inflazione. Infatti è la prima volta che l’Occidente deve riassorbire i dollari dissennatamente emessi per anni da Washington. L’aumento dei prezzi in Occidente è il corrispettivo del costo delle spese imperiali degli ultimi trent’anni. Ora, soltanto ora, l’Occidente paga le guerre di Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Yemen. Fino a oggi gli Stati Uniti hanno ucciso chi minacciava la supremazia del dollaro. Hanno impiccato il Presidente Saddam Hussein, che la rifiutava, e saccheggiato la Banca Centrale irachena. Hanno torturato e linciato la Guida Muhammar Gheddafi, che preparava una nuova moneta panafricana, e saccheggiato la Banca Centrale libica. Le gigantesche somme di denaro accumulate da questi Stati petroliferi sono scomparse senza lasciare traccia. Abbiamo soltanto visto i GI’s imbarcare decine di miliardi di dollari, imballati in grandi sacchi della spazzatura. Escludendo la Russia dagli scambi in dollari, Washington ha provocato ciò che tanto temeva: il dollaro non è più la moneta internazionale di riferimento. La maggior parte dei Paesi del resto del mondo non è cieca. Hanno capito quanto sta accadendo e si sono affrettati al Forum Economico di San Pietroburgo, poi hanno provato a iscriversi al vertice virtuale dei BRICS. Realizzano solo ora, in ritardo, che nel 2016 la Russia ha lanciato il Partenariato dell’Eurasia Allargata e che a settembre 2018 il suo Ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, l’aveva solennemente annunciato all’Assemblea Generale dell’ONU [3]. In quattro anni sono state costruire quantità di strade e ferrovie per integrare la Russia nelle reti marittime e terrestri delle nuove “vie della seta”, progettate dalla Cina. Grazie a ciò la Russia ha potuto in pochi mesi spostare i flussi commerciali.

Il riflusso dei dollari e lo spostamento dei flussi commerciali provocano un rialzo ancora più marcato del prezzo dell’energia. Le entrate della Russia, uno dei primi esportatori al mondo d’idrocarburi, sono cospicuamente aumentate. La sua moneta, il rublo, non è mai stata così forte. Per fronteggiare la situazione, il G7 ha fissato un tetto massimo al prezzo del gas e del petrolio russo e ordinato alla comunità internazionale di non accettare di pagare un prezzo maggiore. Ma ovviamente la Russia non consentirà agli Occidentali di stabilire il prezzo dei propri prodotti. Chi non vorrà pagarli a prezzo di mercato non potrà acquistarli, ma nessun cliente ha intenzione di privarsene per far felici gli Occidentali. Il G7 tenta di organizzare, perlomeno sul piano intellettuale, la propria supremazia [4]. Ma non funziona più. Il vento ha girato. I quattro secoli di dominio occidentale sono finiti. Come ultima spiaggia, il G7 si è assunto l’impegno di risolvere la crisi alimentare mondiale, provocata dalla sua politica. I Paesi interessati sanno quanto valgono gli impegni del G7. Stanno ancora aspettando il grande piano di sviluppo per l’Africa e altri specchietti per le allodole. Sanno che gli Occidentali non sono in grado di produrre i concimi azotati e che impediscono alla Russia di vendere i suoi. Gli aiuti del G7 sono palliativi: hanno il solo scopo di farli pazientare e di non mettere in discussione i sacri principi del libero scambio. Per salvare l’egemonia dell’Occidente non rimane che la guerra. La NATO deve riuscire a distruggere militarmente la Russia, come a suo tempo Roma fece con Cartagine. Ma è troppo tardi: le forze armate russe hanno armi molto più sofisticate di quelle occidentali. Dal 2014 Mosca le ha sperimentate in Siria. È in grado in qualsiasi momento di schiacciare i nemici. Nel 2018 il Presidente Putin aveva mostrato ai parlamentari gli stupefacenti progressi dell’arsenale russo [5]. Il vertice NATO è stato una bella operazione di propaganda [6]. Ma è il canto del cigno. I 32 Stati membri hanno proclamato la propria coesione con la disperazione di chi teme di morire. Quasi fosse una bazzecola, dapprima hanno adottato una strategia per dominare il mondo nei prossimi dieci anni, definendo preoccupante la “crescita” della Cina [7], ammettendo in questo modo che lo scopo non è garantire la propria sicurezza, ma dominare il mondo.

Poi hanno avviato il processo di adesione di Svezia e Finlandia ed esaminato la possibilità di approssimarsi alla Cina, iniziando da una possibile adesione alla NATO del Giappone. L’unico incidente, rapidamente rimosso, è la pressione turca, che ha costretto Finlandia e Svezia a condannare il PKK [8]. Incapaci di opporsi, gli Stati Uniti hanno mollato gli alleati: i mercenari kurdi in Siria e i loro leader all’estero. Gli Stati membri hanno perciò deciso di moltiplicare di 7,5 volte la Forza d’Azione Rapida della NATO, portandola da 40 a 300 mila uomini, e di schierarla lungo la frontiera russa. In questo modo hanno rinnegato ancora una volta la propria firma sulla Carta della Sicurezza in Europa, minacciando direttamente la Russia. Quest’ultima infatti non è in grado di difendere i propri immensi confini e può garantire la propria sicurezza solo badando a che nessuna potenza straniera piazzi basi militari in prossimità delle sue frontiere (strategia della terra bruciata). Già ora il Pentagono fa circolare carte geografiche avveniriste della Russia smantellata. L’attuale Direttore di Roscosmos, nonché ex ambasciatore russo alla NATO, Dmidry Rogozin, ha risposto pubblicando sul canale Telegram le coordinate di tiro dei centri decisionali della NATO, compresa la sala del vertice di Madrid [9]. La Russia dispone di missili ipersonici, al momento impossibili da intercettare, che in pochi minuti possono portare una carica nucleare sulla sede della NATO a Bruxelles o sul Pentagono a Washington. Affinché non ci fossero fraintendimenti, Lavrov ha precisato, alludendo agli Straussiani, che le decisioni marziali dell’Occidente non sono prese dai militari, ma dal Dipartimento di Stato USA, che sarebbe perciò il primo bersaglio. La questione è: gli Occidentali giocheranno il tutto per tutto? Correranno il rischio di una terza guerra mondiale, sebbene persa in partenza, pur di non essere gli unici a morire?

Note

[1] Destined For War: Can America and China escape Thucydides’s Trap?, Graham T. Allison, Houghton Mifflin Harcourt (2017)
[2] «Government of Russia: Missed coupon payment constitutes a default», Moody’s, June 27, 2022
[3] www.voltairenet.org/article203198.html, www.voltairenet.org/article203251.html
[4] www.voltairenet.org/article217500.html
[5] www.voltairenet.org/article199947.html, www.voltairenet.org/article199987.html
[6] www.voltairenet.org/article217524.html
[7] www.voltairenet.org/article217522.html
[8] www.voltairenet.org/article217521.html
[9] www.voltairenet.org/article217483.html

Thierry Meyssan
05 luglio 2022

Traduzione: Rachele Marmetti
www.voltairenet.org/article217565.html
24/09/2022 01:06
 
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Perché alcuni governi europei stanno nazionalizzando le imprese dell'energia

La Germania ha annunciato che nazionalizzerà il suo più grosso importatore di gas, Uniper, dopo che qualche mese fa l’azienda aveva chiesto aiuto al governo per essersi ritrovata quasi in bancarotta a causa del forte aumento del prezzo del gas. L’annuncio dell’operazione, che costerà circa 8 miliardi di euro, è arrivato dopo che a luglio il governo francese aveva annunciato la completa rinazionalizzazione di EdF, la principale azienda di energia del Paese, per poco meno di 10 miliardi di euro. Quella di nazionalizzare le compagnie energetiche sta quindi diventando una strategia sempre più utilizzata dai governi europei per consentir loro di resistere alla crisi energetica attuale, una delle conseguenze più evidenti della guerra in Ucraina.

La Germania e Uniper
A luglio, l’azienda energetica tedesca Uniper era entrata in crisi di liquidità a causa della scarsità del gas russo, dopo che la compagnia energetica di Stato russa Gazprom ha arbitrariamente ridotto e per certi periodi azzerato le forniture di gas tramite il gasdotto Nord Stream, e più in generale dell’aumento del prezzo dell’energia sul mercato. È ormai da mesi che Uniper compra gas a prezzi altissimi, e a causa di contratti di fornitura di lunga data con i propri clienti è costretta a rivenderlo a prezzi che sono stati fissati precedentemente agli aumenti. Era ormai da mesi che quindi operava in perdita, e per salvarla dalla bancarotta il governo guidato da Olaf Scholz ha deciso di nazionalizzarla. Secondo Il Sole 24 Ore, la nazionalizzazione di Uniper era l’unica strada percorribile per il governo per mantenere in funzione il mercato di distribuzione energetica domestica. Lasciare fallire l’azienda avrebbe infatti scatenato un effetto a catena sull’indotto, rischiando di innescare una crisi sistematica. Si prevede che altre due società distributrici di gas, Sefe e VNG, potrebbero essere salvate dallo Stato tedesco per gli stessi motivi.

La Francia e EdF
Discorso simile per Électricité de France (più nota come EdF), la principale azienda energetica francese, che è stata rinazionalizzata a luglio. Fondata nel 1946 e azienda pubblica fino al 2004, EdF si occupa principalmente di energia nucleare, e l’obiettivo della nazionalizzazione è di superare una crisi che durava ormai da anni ma che è stata ulteriormente accentuata dalle conseguenze della guerra in Ucraina. L’azienda è stata quotata in borsa nel 2005 e prima della nazionalizzazione era posseduta dallo Stato per l’84%. Con un investimento di 9,9 miliardi di dollari, lo Stato ha acquisito il restante 14%. Anche in questo caso, secondo diversi analisti, la nazionalizzazione era l’unica via percorribile per continuare a far funzionare adeguatamente il mercato di distribuzione dell’energia.

21.09.2022
www.wired.it/article/energia-uniper-edf-nazionalizzazione-crisi...
15/10/2022 00:11
 
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Il discorso di Putin: la fine del Nuovo Ordine Mondiale. L’alba del mondo multipolare

Il discorso di Putin che si è tenuto nel Cremlino e in particolare nella splendida cornice del salone di San Giorgio è uno di quelli che resterà nei libri di storia. Esisterà un prima e un dopo le parole di Putin pronunciate lo scorso 30 settembre per decretare l’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina Orientale nel territorio della Federazione Russa. Dallo scorso 30 settembre, la Russia comprende la Repubblica del Donetsk, la Repubblica del Lugansk, la regione di Kherson e quella di Zaporozhye. Sono stati i popoli di tali repubbliche autonome e regioni a pronunciarsi attraverso i referendum, e la loro voce è stata pressoché inequivocabile. Attraverso i referendum che si sono svolti in tali territori, non meno del 96% degli elettori chiamati a pronunciarsi se entrare o meno nella Federazione Russa, si sono espressi favorevolmente. È la fine di un incubo per tali popolazioni che è durato almeno otto anni, da quando nel 2014 ci fu il famigerato e infausto golpe dell’Euromaidan. L’Ucraina fino ad allora aveva un Presidente, Viktor Yanukovich, che stava mantenendo rapporti di amicizia e collaborazione con Mosca. Ciò era inaccettabile per determinati poteri. Era inaccettabile per il potere dello Stato Profondo di Washington, che non poteva tollerare che l’Ucraina, uno Stato che è storicamente legato alla Russia, si avvicinasse ad una Nazione sorella. La macchina della sovversione internazionale allora si mise in moto ed è la stessa macchina che si è vista tristemente all’opera in molte altre svariate occasioni. Dal secondo dopoguerra in poi, Washington è stata il centro privilegiato della rivoluzione nel mondo. Ovunque nel mondo salissero al potere governanti decisi a difendere la sovranità e l’indipendenza della propria patria, ecco che interveniva il pugno di ferro del governo occulto che ha manovrato gli Stati Uniti per decenni. Fu così per il Presidente iraniano Mossadeq, rovesciato nel 1953 in un golpe della CIA per via della sua decisione di nazionalizzare le risorse petrolifere dell’Iran, che fino a quel momento erano in mano al famigerato cartello petrolifero delle sette sorelle. Fu così per il Presidente cileno Salvador Allende, che nel 1973 aveva a sua volta deciso di nazionalizzare la produzione di rame, andando così a minare gli interessi delle corporation angloamericane, e fu così per Aldo Moro, minacciato di morte dall’eminenza grigia del Bilderberg, Henry Kissinger, e ucciso nel 1978 per via del suo disegno di trascinare l’Italia fuori dalla sfera atlantista e restituirle così la piena sovranità che questa Nazione non possiede dalla seconda guerra mondiale. Il crollo del Muro di Berlino ha accentuato il dominio dell’impero di Washington nel mondo. Venute meno le vestigia dell’Unione Sovietica, rimossa attraverso una operazione di demolizione controllata con la Presidenza del recentemente scomparso Mikhail Gorbachev, nulla restava che poteva contrastare il dominio americano. Fu proprio per tale ragione che il Presidente russo era stimatissimo nei circoli del potere internazionale e soprattutto dal gruppo Bilderberg, la società segreta che ogni anno si riunisce per dettare le linee guida da seguire nell’applicazione della sua agenda.

La “visione” anticristiana del globalismo
E l’agenda di questi poteri transnazionali è quella di disfarsi delle Nazioni e delle loro identità religiose, culturali, morali ed economiche per sostituirle con il dominio dispotico e assoluto di un’unica entità globale. Una entità che racchiude in sé un potere immenso e sconfinato e che rappresenta il più feroce totalitarismo che si sia mai affacciato sul pianeta. Fu un gruppo di intellettuali liberali e socialisti, tra i quali Thomas Mann e Gaetano Salvemini, a teorizzare già negli anni '30 tale idea in un manifesto chiamato “La città dell’uomo”, che avrebbe dovuto essere il futuro delle relazioni internazionali. Non un futuro fatto di indipendenza delle Nazioni, ma uno nel quale assurgeva sulla scena mondiale un superstato globale che avrebbe dovuto dominare ogni aspetto religioso, sociale ed economico di tutte le differenti culture e società presenti sulla Terra. La città dell’uomo è l’antitesi della società di Dio di cui parlava Sant’Agostino. La prima è fondata sul sistema liberal-democratico e sul trionfo del relativismo dei valori coniato dal pensiero illuminista. La seconda è fondata sulle eterne ed immutabili verità dei valori cristiani che non sono cangianti, ma restano scolpite nel tempo. Verità assolute che non sono soggette al capriccio della democrazia e agli umori del popolo, che nella democrazia non è altro che lo strumento per formare il dominio del capitale sulla società e sullo Stato. La democrazia è così benvoluta dal pensiero liberale proprio perché essa è semplicemente perfetta per assicurare il trionfo incontrastato delle oligarchie finanziarie, che in tale sistema risultano essere padrone assolute della politica e dei partiti. Più semplicemente, in democrazia comanda il dio denaro. Ed è tale sistema che i pensatori del manifesto in questione volevano per il mondo intero e agli Stati Uniti e alla sua superpotenza era assegnato il compito di trascinare le altre Nazioni, volenti o nolenti, verso questo nuovo autoritarismo globale. Un autoritarismo nel quale non è ammessa altra politica che non sia quella dei veri governanti che hanno avuto il controllo di questa Nazione per decenni. Sono i poteri della Commissione Trilaterale, del già citato Gruppo Bilderberg e del Bohemian Grove, dove ogni anno si mettono in scena dei riti che rimandano ai sacrifici perpetrati nell’antichità in omaggio al dio Moloch, l’antica divinità pagana alla quale venivano sacrificati gli infanti. Vladimir Putin conosce perfettamente la natura del pensiero che domina l’Occidente e non ha esitato nel suo discorso a denunciare come la religione di tale sfera di potere non sia null’altro che il satanismo. È satanismo strappare un bambino ai propri genitori naturali per affidarlo ad una coppia di omosessuali, così come è satanismo privare il padre e la madre delle proprie identità genitoriali riducendoli agli amorfi nomi di “genitore 1” e “genitore 2”. È satanismo consentire di far entrare nelle scuole la propaganda omosessuale e avviare un processo di indottrinamento attraverso libercoli pornografici tali da far credere al bambino o alla bambina che la propria identità sessuale sia opzionale, che si possa cambiare indistintamente e che non ci sia nulla di male in tutto ciò. Vladimir Putin nel suo discorso non ha solo denunciato la deriva morale che affligge l’Occidente ma ha anche indirettamente messo in rilievo come alla fine il liberalismo non sia null’altro che una delle numerose maschere del satanismo. Attraverso la ipocrita idea che lo Stato debba essere “neutrale” nella scelta dei suoi valori di riferimento e che la religione debba essere lasciata fuori dalla porta si è già presa una decisione che inevitabilmente non appartiene al campo della neutralità. Si è scelto arbitrariamente di cancellare secoli e secoli di storia nei quali si sono perpetrati e difesi i valori della cristianità e della filosofia greco-romana, che sono il sostrato pulsante dell’identità dell’Italia e dell’Europa, la quale ha un debito culturale enorme nei confronti della prima. Ciò che vediamo ora non è null’altro che la naturale evoluzione, o meglio involuzione, verso la quale il liberalismo ha condotto l’Occidente. Un deserto di valori che si esterna nel caos permanente. Nulla è buono e cattivo di per sé. Tutto è buono e cattivo a seconda della forza del potere che si impone al momento. La farsa pandemica è stata la massima perversa affermazione dell’assolutismo liberale.

Dal crollo dell’URSS alla rinascita della Russia
La Russia ha scelto un’altra via. La Russia ha scelto la via della preservazione della sua identità storica e culturale, che è quella cristiana come lo era per l’Europa Occidentale. La Russia ancora appartiene culturalmente a quella originaria Europa, ma giustamente non può e non vuole riconoscersi in una Europa liberale fondata sul ripudio e la rimozione di una religione che ha modellato la storia del vecchio continente per 2000 anni. L’UE non è l’Europa. È la sua più profonda negazione. L’UE liberale è intrisa di odio verso il cristianesimo sia nella scrittura dei suoi trattati di carattere economicista sia nella sua dottrina politica fatta di venerazione al tempio dei diritti umani. La Russia, prima ancora che scegliere una diversa strada geopolitica, ha scelto un diverso percorso morale che oggi l’ha portata ad essere il baluardo della tradizione cristiana nel mondo. Ed è stato il percorso morale che ha guidato il suo cammino politico ed economico e non viceversa. Una volta che dell’URSS comunista erano rimaste solamente le macerie, la Russia ha dovuto iniziare il suo cammino di rinascita, che all’inizio è stato fatto di passione e sofferenza. I russi ricordano gli anni '90 come la stagione del dolore. Si chiudeva nella violenza generale l’epoca dell’Unione Sovietica che fu costruita per volontà della finanza internazionale che finanziò la rivoluzione bolscevica dei russi di origine ebraica Lenin e Trotskij. Il comunismo fu finanziato dal neoliberismo a dimostrazione che non esiste nessuna reale contrapposizione tra queste due ideologie, poiché esse tendono agli stessi obbiettivi. Entrambe mirano alla cancellazione del nemico comune della cristianità ed entrambe mirano a rimuovere lo Stato per lasciare il posto al dominio assoluto della finanza. Il comunismo in questo mostra persino più ipocrisia del neoliberismo, perché esso nei suoi testi fondamentali parla di trasferire il potere al proletariato quando questo non solo non ha mai nemmeno sfiorato il governo, ma è stato duramente represso dalla borghesia comunista salita poi al potere. Le stragi dei bolscevichi negli anni '20 e '30 contro i contadini russi sono lì a pronunciare la verità sulla natura del comunismo. Il mondo quindi ha vissuto un bipolarismo controllato per molti decenni nei quali c’è stato un controllato gioco delle parti. La logica delle superpotenze che si fronteggiavano era la logica di un conflitto controllato che non sarebbe mai sboccato in un vero e proprio scontro aperto tra i due blocchi. Negli anni '80 si decise di dire basta all’URSS. Mikhail Gorbachev fu l’uomo eletto dall’Occidente per giungere all’obbiettivo di demolire tale blocco e lasciare posto sulla scena internazionale solamente allo Stato Profondo di Washington. Il caos che investì la Russia negli anni '90 fu voluto per costruire uno stato vassallo, privo della sua sovranità e ridotto ad entità coloniale al servizio degli angloamericani. Erano gli anni del Presidente fantoccio Boris Eltsin, sbeffeggiato dalla controparte americana, ed erano gli anni nei quali l’economista inviato dagli ambienti finanziari di New York, Jeffrey Sachs, spolpava la Russia di tutte le sue industrie pubbliche portandole in dote alla finanza anglosionista, che metteva in atto gli stessi saccheggi in Italia nel 1992. A Mosca regnava lo Stato Profondo di Washington e il Paese era investito dalla fame e dalla miseria. Ciò durò fino a quando non salì al potere Vladimir Putin, che nel 2000 iniziò la bonifica dello Stato russo dalla presenza delle agenzie di Intelligence americane. Fu lo stesso Presidente russo a raccontare di come negli uffici del Cremlino ci fosse la bandiera americana piuttosto che quella russa e fu sempre lui a raccontare di come fu necessario ripulire lo Stato dalle quinte colonne straniere che lo avevano infiltrato. A poco a poco, la Russia si è rimessa in piedi ed è tornata ad essere il gigante geopolitico che era un tempo. Adesso la mappa delle relazioni internazionali è completamente cambiata e la rinascita della Russia è stata ciò che ha impedito a Washington di prendere definitivamente il sopravvento negli ultimi dieci anni. Se non fosse stato per la Russia, a quest’ora la Siria probabilmente non esisterebbe nemmeno più. Sarebbe stata smembrata e annessa da Israele e altri Stati limitrofi, poiché è la lobby sionista che ha scatenato l’ISIS contro Assad e portato morte e distruzione nel Paese. E se non fosse stato per la Russia di Putin, il governo mondiale che anelano i signori del globalismo oggi sarebbe una realtà. La Russia negli ultimi anni ha rappresentato una sorta di katehon, un formidabile bastione di contenimento contro l’avanzata della Bestia del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale.

La Presidenza Trump: l’atlantismo in crisi profonda
Certamente a dare l’accelerazione definitiva al crollo dell’Occidente è stato un elemento nuovo e non previsto dalle élite liberali. La Casa Bianca ha smesso di essere il centro della sovversione internazionale. La Presidenza di Donald Trump nel 2016 ha allontanato irrimediabilmente gli Stati Uniti dalla tradizionale sfera dei poteri atlantisti e sionisti. Gli Stati Uniti hanno smesso di portare sulle proprie spalle il fardello della missione che le massonerie gli avevano affidato. La stagione di America First ha messo fine alle guerre scatenate in giro per il mondo da Washington. La Presidenza Biden non è servita a ricomporre la frattura del 2016 per una serie di ragioni che fanno pensare che tale amministrazione non sia realmente controllata dallo Stato Profondo. La rotta tracciata da Trump sul disimpegno militare americano non è stata invertita da Biden, che piuttosto ha proseguito a ritirare le truppe USA nel mondo, come accaduto in Afghanistan. Si è di conseguenza creata una naturale intesa tra Trump e Putin volta a mettere fine alla stagione del dominio del globalismo. L’atlantismo, il braccio armato di tale ideologia, è ormai agonizzante. Attraverso il riconoscimento delle repubbliche dell’Ucraina Orientale la NATO ha dimostrato di essere completamente impotente di fronte alla Russia senza l’indispensabile appoggio, venuto meno, degli Stati Uniti. La NATO si rivela quindi essere una tigre di carta che non ha saputo impedire l’operazione militare della Russia in Ucraina. La stagione del mondo unipolare nella quale alcuni guerrafondai che occupavano la Casa Bianca decidevano il destino del mondo è finita. È iniziata quella del mondo multipolare, che è stata possibile solamente sia grazie alla Russia, che già negli anni passati lavorava per costruire un blocco che fosse fondato sul rispetto delle Nazioni sovrane, e sia grazie al disimpegno degli Stati Uniti, che non sono più interessati a salvaguardare un ordine ormai decaduto, che appartiene al passato. È questo quindi il periodo nel quale si assisterà ad una fase nuova nella storia del mondo. Non sarà più l’Occidente il padrone assoluto dei destini del mondo. L’establishment atlantico non sarà più in grado di piegare la volontà di chi non si allinea agli ordini della NATO. Ci sarà una redistribuzione del potere. Il vecchio (dis)ordine degli anni '90 nei quali Washington regnava incontrastata non esiste più perché quel (dis)ordine è oggi orfano della stessa Washington. Il globalismo ha perduto il suo gendarme. A provare a salvaguardare uno status quo decaduto è ormai solo la debole UE, che sta vivendo una crisi sempre più profonda dalla quale probabilmente non uscirà viva.

L’avvento del mondo multipolare
Il XXI secolo, che avrebbe dovuto prefigurarsi nell'idea del liberalismo come il secolo nel quale si sarebbe affermata la globalizzazione, si sta affermando come il suo contrario. Non saranno più i centri di potere sovranazionali a determinare le politiche degli Stati, ma saranno gli Stati stessi a riappropriarsi degli strumenti che tali organizzazioni gli hanno sottratto. E il 2022 è stato l’anno nel quale si è assistito ad una accelerazione impressionante che sta abbattendo tutti i pilastri fondanti del precedente (dis)ordine. Le monete della finanza internazionale stanno perdendo la loro rilevanza. Il dollaro e l’euro vengono utilizzati sempre di meno negli scambi internazionali. Il rublo è stato la valuta che ha fatto registrare le performance migliori. Per la prima volta, sempre più Paesi, persino quelli un tempo vicini a Washington e Tel Aviv, come l’Arabia Saudita, prendono in considerazione l’idea di utilizzare le monete nazionali negli scambi commerciali. E se a Riyad prendono in esame uno scenario simile, a New York e Londra staranno probabilmente tremando perché il dollaro è valuta di riserva globale solamente grazie all’accordo tra Stati Uniti ed Arabia Saudita che si stabilì negli anni '70 e secondo cui il petrolio si sarebbe dovuto pagare con la valuta statunitense. Nel giro di pochi mesi, sta crollando un mondo che durava da decenni. Crolla a poco a poco tutta la divisione del potere fatta dopo la seconda guerra mondiale a Yalta e successivamente dopo il crollo del muro di Berlino. Stanno sorgendo i BRICS assieme ad altri attori internazionali a rappresentare un’alleanza geopolitica fondata sulla preminenza degli Stati nazionali. È una fase che potremmo definire senza precedenti e che ha lasciato sconvolti persino coloro che da anni servono fedelmente l'ideologia del globalismo. È il caso di Massimo D’Alema, che qualche tempo fa al festival dell’economia di Trento dichiarò esplicitamente che “avevamo tutti pensato che con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo ci sarebbe stato un nuovo ordine mondiale basato sulla globalizzazione capitalistica e sull’espansione del suo modello culturale e politico”. Da notare come D’Alema abbia esplicitamente utilizzato le parole “Nuovo Ordine Mondiale” per descrivere quale sia il fine ultimo di questa élite globale da lui fedelmente servita nel corso della sua (troppo) lunga carriera politica. Si è passati in pochi anni dalla prospettiva di un mondo autoritario globale integrato ad uno nel quale il potere è frammentato e condiviso da Nazioni che, piuttosto che dichiararsi guerra a vicenda, si mettono al tavolo per trovare vie che garantiscano la reciproca pace e prosperità. È appunto il mondo multipolare e dopo il 30 settembre, l’umanità tutta ha messo piede in una fase nuova della sua storia. È il tempo della fine della globalizzazione. È il tempo della fine del liberalismo.

Cesare Sacchetti
05 ottobre 2022
www.lacrunadellago.net/il-discorso-di-putin-la-fine-del-nuovo-ordine-mondiale-lalba-del-mondo-mult...
15/11/2022 02:51
 
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Stati Uniti, crolla l’impero delle criptovalute: FTX dichiara bancarotta

La piattaforma di scambio di criptovalute FTX ha presentato istanza di fallimento negli Stati Uniti, segnando così il crollo dell’impero da 32 miliardi costruito dall’imprenditore trentenne Sam Bankman-Fried, che ha deciso di rassegnare le sue dimissioni come Amministratore Delegato dell’azienda. L’istanza presentata ieri alla Corte Federale del Delaware comprendeva la principale borsa internazionale FTX, il suo mercato di criptovalute negli Stati Uniti, il gruppo di trading proprietario di Bankman Fried, Alameda Research e circa 130 società affiliate. Il crollo di quella che si credeva essere una delle aziende di criptovalute più stabili al mondo, secondo Changpeng Zhao, amministratore dell’exchange di criptovalute rivale Binance, che si era offerto inizialmente di salvare FTX, per poi ritrattare l’accordo, «potrebbe portare a conseguenze disastrose anche per altre aziende del settore», ha dichiarato citato dal Financial Times. La decisione della società ha avuto pesanti ripercussioni sul mercato delle criptovalute: il bitcoin ha infatti perso il 5,71%, arrivando a 16.791 dollari. I clienti FTX al momento non possono prelevare i propri fondi e chi aveva acquistato Bitcoin o altre criptovalute ha visto crollare il valore del proprio investimento. Si tratta del terzo crollo nel mondo crypto dall’inizio dell’anno: dopo il crash della stablecoin Terra a maggio, seguito dalla bancarotta della società di prestiti in criptovalute Celsius, che aveva quasi 1,8 milioni di utenti, a luglio.

11 novembre 2022
www.open.online/2022/11/11/usa-crolla-impero-criptovalute-ftx-ban...
16/11/2022 19:21
 
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Meta, Twitter, Amazon, 5G e criptovalute: sta venendo giù tutto?



Il TecnoRibelle di Maurizio Martucci
[Modificato da wheaton80 16/11/2022 19:21]
17/02/2023 17:09
 
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Investitori svendono le quote delle società tecnologiche cinesi

Nel contesto di un quadro cupo che si prospetta per l’economia cinese, in particolare per il suo settore tecnologico, gli investitori stranieri hanno incassato i loro guadagni sui titoli cinesi, temendo che i valori potessero precipitare ulteriormente. Nel frattempo, alcuni investitori hanno rivolto la loro attenzione alle aziende tecnologiche taiwanesi. Berkshire Hathaway, la società di investimento di Warren Buffett, ha ridotto di sei volte in meno di quattro mesi le sue partecipazioni in Byd, un conglomerato cinese di veicoli elettrici (EV), ma recentemente ha acquisito una sostanziale partecipazione in Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC). Secondo i dati della Borsa di Hong Kong (HKEX), l’8 dicembre Berkshire Hathaway ha venduto 1.329.500 azioni di Byd a un prezzo medio di 201,3432 dollari di Hong Kong per azione (circa 24,66 € per azione), incassando 267 milioni e 700mila dollari di Hong Kong (circa 32 milioni e 600mila euro). In meno di quattro mesi, Berkshire Hathaway ha venduto un quarto delle sue azioni in Byd. Buffett ha acquistato 225 milioni di azioni di Byd per 232 milioni di dollari nel 2008 e non aveva mai venduto o ridotto le sue partecipazioni negli ultimi 14 anni. Di recente, il prezzo delle azioni della società si è moltiplicato fino a 33 volte, con una capitalizzazione di mercato che ha raggiunto i 7,7 miliardi di dollari. Tuttavia, il 24 agosto Buffett ha scaricato le sue azioni Byd per sei volte consecutive, 1 settembre, 1 novembre, 8 novembre, 17 novembre e 8 dicembre. L’attuale partecipazione di Berkshire Hathaway in Byd è stata ridotta dal 20,04% di agosto al 14,97%.

La legge sulla riduzione dell’inflazione prende di mira l’industria cinese dei veicoli elettrici
Al momento non è chiaro perché Buffett abbia ridotto la sua partecipazione in Byd. Tuttavia, appena una settimana prima che Buffett riducesse per la prima volta la sua partecipazione in Byd, il 16 agosto il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato l’Inflation Reduction Act (IRA). La legge stabilisce che i veicoli elettrici devono contenere una batteria costruita con minerali estratti o riciclati in Nord America per poter beneficiare del credito d’imposta federale. E che, entro il 2024, almeno il 50 percento delle batterie dei veicoli elettrici deve provenire da Stati Uniti, Canada o Messico, con una cifra che salirà al 100 percento entro il 2028. Si ritiene che queste regole mirino a frenare la catena di fornitura di veicoli elettrici in Cina. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), le aziende cinesi detengono attualmente più della metà della capacità di elaborazione e raffinazione di componenti critici di litio, cobalto e grafite per le batterie dei veicoli elettrici. Il disegno di legge è considerato un duro colpo per le aziende cinesi di veicoli elettrici e batterie. Secondo Bloomberg, sotto l’effetto dell’IRA, Stella Li, vicepresidente esecutivo di Byd, ha dichiarato che la società attualmente non prevede di vendere veicoli elettrici negli Stati Uniti. Tuttavia, Byd sta ancora cercando di costruire una fabbrica di batterie negli Stati Uniti. Li ha anche definito «confusa» l’esigenza dell’IRA di reperire materie prime da Paesi con accordi di libero scambio con gli Stati Uniti, il che inevitabilmente emarginerà le aziende cinesi. Inoltre, anche l’attività fotovoltaica di Byd sta affrontando problemi.

Produttori solari cinesi sotto inchiesta per evasione dei dazi
Il 2 dicembre, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha annunciato misure preliminari su quattro produttori di celle solari cinesi in un’indagine sull’evasione dei dazi. L’indagine preliminare ha rilevato che quattro delle otto società solari cinesi sotto inchiesta, tra cui Byd Hong Kong, inviavano moduli fotovoltaici a Paesi del sud-est asiatico, come Malesia, Tailandia, Vietnam o Cambogia, per lavorazioni minori, prima di esportarli negli Stati Uniti al fine di evitare le sanzioni statunitensi. Sebbene l’Amministrazione Biden abbia annunciato nel giugno di quest’anno che avrebbe sospeso per due anni i dazi all’importazione di celle solari e componenti dai quattro suddetti Paesi del sud-est asiatico, si prevede che l’elusione delle sanzioni statunitensi da parte di Byd avrà un impatto sul successivo sviluppo dell’azienda. Non è chiaro se Buffett continuerà a ridurre la sua partecipazione in Byd. Tuttavia, mentre riduceva le sue partecipazioni in Byd, ha rivolto la sua attenzione a TSMC, il produttore di chip più grande e avanzato al mondo, che produce oltre il 90% dei chip di fascia alta del mondo. Il 14 novembre, Berkshire Hathaway ha rivelato di aver acquistato più di 4,1 miliardi di dollari di azioni di TSMC. Nei documenti presentati alle autorità di regolamentazione statunitensi, Berkshire Hathaway ha acquisito oltre 60 milioni di ADR da TSMC in tre mesi fino alla fine di settembre di quest’anno.

La taiwanese Foxconn abbandona Tsinghua Unigroup
Il 16 dicembre, il gruppo Foxconn di Taiwan ha rivelato che la sua affiliata Foxconn Industrial Internet avrebbe venduto tutte le sue azioni della cinese Tsinghua Unigroup, allo Yantai Haixiu Ic Investment Center. Dopo cinque mesi dall’acquisizione, Foxconn aveva deciso di scaricare tutte le sue azioni di Tsinghua Unigroup, il più grande produttore di chip della Cina. In una dichiarazione separata, Foxconn ha affermato che la mossa della società è stata motivata dalla volontà di evitare l’incertezza, poiché l’investimento deve ancora essere finalizzato. Il 14 luglio, Foxconn Industrial Internet ha acquisito indirettamente una partecipazione di quasi il 10% in Tsinghua Unigroup. Tuttavia, la mossa di investire nell’impresa statale cinese ha suscitato una revisione da parte del governo taiwanese. Tsinghua Unigroup è una società di semiconduttori di importanza critica in Cina. Uno dei suoi maggiori investimenti, il produttore cinese di chip di memoria Yangtze Memory Technologies (YMTC), il 15 dicembre è stato tra le 35 società cinesi aggiunte alla US Entity List, secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Si ritiene che la recente aggiunta di importanti produttori di chip cinesi alla lista nera del commercio, abbia ampliato la repressione degli Stati Uniti sull’industria cinese dei chip. Il 7 ottobre, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha svelato nuovi e radicali controlli sulle esportazioni volti a ostacolare la modernizzazione militare di un regime cinese sempre più ostile. Tra le nuove regole sull’esportazione c’è una misura che escluderà la Cina comunista dall’utilizzo di apparecchiature all’avanguardia per la produzione di chip e di alcuni chip semiconduttori avanzati realizzati con tecnologie statunitensi, indipendentemente dal fatto che i chip siano stati fabbricati negli Stati Uniti.
Tsinghua Unigroup è caduta in una crisi del debito alla fine del 2020. Nel luglio dello scorso anno, la società ha rivelato che uno dei suoi creditori aveva chiesto al tribunale di avviare una procedura di fallimento e di riorganizzazione a causa del mancato rimborso dei debiti del gruppo e della sua palese insolvenza.

Vendute partecipazioni a Tencent e Alibaba
Anche le partecipazioni in altri due giganti tecnologici cinesi, Alibaba e Tencent, sono state pesantemente vendute quest’anno. I prezzi delle azioni di Tencent e Alibaba hanno continuato a precipitare a causa del pesante giro di vite normativo di Pechino sulle società tecnologiche cinesi, innescato dall’ingresso del gigante Didi nella Borsa di New York (NYSE) nel luglio dello scorso anno. Il 16 dicembre, la Borsa di Hong Kong (HKEX) ha rivelato che il maggiore azionista di Tencent, il gruppo mediatico sudafricano Naspers, il 13 dicembre ha nuovamente ridotto le sue partecipazioni Tencent di 993mila azioni. Naspers, un gruppo di internet e media sudafricano, ha acquisito una partecipazione del 45,6% in Tencent nel 2001. Il 27 giugno di quest’anno, Naspers ha annunciato un piano per ridurre a tempo indeterminato le sue partecipazioni in Tencent, cosa che ha causato il panico nel mercato. Il prezzo delle azioni di Tencent sull’HKEX è sceso di quasi il 60% rispetto al massimo di febbraio 2021. Il 10 agosto, il gruppo giapponese Softbank ha annunciato che il consiglio di amministrazione della società ha approvato una significativa riduzione delle sue partecipazioni in Alibaba entro la fine di settembre di quest’anno. La società ha venduto 242 milioni di ricevute di deposito americane (ADR) di Alibaba, riducendo la sua partecipazione nella società dal 23,7% al 14,6%. SoftBank Group ha investito 20 milioni di dollari in Alibaba nel 2000: una decisione che è stata a lungo considerata tra le decisioni di investimento di maggior successo che l’azienda abbia mai preso. La scommessa valeva 60 miliardi di dollari quando Alibaba è diventata pubblica nel 2014. Tuttavia, nel quarto trimestre del 2021, SoftBank ha iniziato a vendere una piccola quota di Alibaba. E la significativa riduzione di quest’anno ha notevolmente ridotto la dipendenza dell’azienda dagli investimenti cinesi. Il valore di mercato di Alibaba è diminuito di due terzi rispetto al massimo di ottobre 2020. Le prospettive per le società tecnologiche cinesi si sono attenuate negli ultimi anni. Gli analisti di Wall Street ritengono che investitori come Berkshire Hathaway, Naspers e Softbank «vogliano realizzare alcuni dei loro massicci guadagni sulle azioni cinesi prima che potenzialmente scompaiano», scrive il Business Insider.

Anna Zhang e Sean Tseng
03 gennaio 2023
www.epochtimes.it/news/investitori-svendono-le-quote-delle-societa-tecnologiche...
24/02/2023 16:00
 
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Nuovo libro: la fine del Nuovo Ordine Mondiale



Questo libro parla del cosiddetto Deep State (Stato Profondo) composto dall’élite finanziaria transazionale, ovvero le grandi dinastie come Rothschild, Rockefeller, Warburg, ma anche dal Vaticano, dalle famiglie reali e da una pletora globale di funzionari e/o politici al soldo di questa élite, il cui vero potere resta semplicemente la creazione di denaro dal nulla… che compra tutto e tutti. Tuttavia, questa élite è ormai agli sgoccioli: il progetto del Nuovo Ordine Mondiale, infatti, è stato sabotato da un’alleanza internazionale formata da alcuni capi di Stato, apparati militari e di intelligence che hanno studiato per anni la struttura e le modalità operative di questa organizzazione criminale. L’élite globale, ormai è chiaro, è un vero cancro per questa umanità: moltissimi dei nostri problemi derivano solo da essa, ecco perché è giunto il momento della vera liberazione dell’umanità, liberazione che non sarà solo economica, ma anche politica, umana, sociale e finanche spirituale.

19 giugno 2021
gabrielesannino.it/nuovo-libro-la-fine-del-nuovo-ordine-m...
14/03/2023 20:22
 
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USA nel panico: non solo Silicon Valley Bank, falliscono anche la Signature Bank e la Silvergate Bank. Trema anche l'EU

La Signature Bank è la 21esima banca statunitense per dimensioni, con un patrimonio stimato dalla Fed in 110 miliardi di dollari alla fine del 2022. Il suo fallimento è il terzo più grande nella storia degli Stati Uniti, dopo quello di Silicon Valley Bank e Washington Mutual nel 2008. Ieri infatti le autorità finanziarie statunitensi hanno chiuso anche la Signature Bank, istituto con sede a New York, e hanno nominato la Federal Deposit Insurance Corporation come curatore fallimentare. La dinamica di quanto sta accadendo è facile da analizzare: i rialzi dei tassi di interesse hanno spinto i clienti a investire il loro denaro in prodotti finanziari che rendono meglio dei conti correnti e hanno sconvolto il settore tecnologico, affamato di liquidità. Poi pero c’è stata un’ondata di prelievi bancari che ha portato al fallimento delle tre banche. Questa la dinamica dell’assalto agli sportelli. La Silicon Valley Bank aveva una clientela di start-up tecnologiche e si è sbilanciata a fargli credito. Quando è arrivata la crisi di Big Tech alcuni dei suoi investimenti sono andati all’aria. Ma altri investimenti erano sicuri. A differenza di quanto successe con Lehman nel 2008, la Silicon Valley Bank però non ha investito in “finanza tossica”, né in marchingegni sospetti, anzi aveva la pancia piena di Buoni del Tesoro. Però un Treasury Bond emesso anni fa, quando i rendimenti erano all’un per cento, vale meno oggi che lo stesso Tesoro USA paga interessi molto superiori. Se una banca vive in una situazione tranquilla, può aspettare che i titoli arrivino alla loro scadenza naturale, e il Tesoro li rimborserà per il valore ufficiale. Se è costretta a venderli in anticipo per fare cassa, ci perde. Ecco il meccanismo banale di questa crisi. Prima si diffonde la voce tra i clienti della Silicon Valley Bank che l’istituto ha dei guai. Tutti si precipitano a svuotare i conti correnti. Ma nessuna banca tiene così tanta liquidità da poter fronteggiare un “assalto agli sportelli”. Deve vendere titoli e aggrava le cose, visto che subisce perdite. Le maxi-banche di Wall Street dovrebbero essere più solide perché a loro si applicano obblighi di riserve più rigorosi, frutto della crisi del 2008. Il timore di contagio riguarda banche medie, come la Silicon Valley Bank, che era la 16esima del Paese. Altre hanno lo stesso problema, stanno sedute su una montagna di titoli magari “buoni” però svalutati.

14 marzo 2023
www.fattieavvenimenti.it/usa-nel-panico-non-solo-silicon-valley-bank-falliscono-anche-la-signature-bank-e-la-silvergate-bank-trema-an...
31/03/2023 17:19
 
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La crisi delle banche è la sconfitta del grande reset



A oltre dieci anni dal crack della Lehman Brothers il sistema finanziario occidentale sembra nuovamente sul punto di collassare. Il fallimento della banca californiana Silicon Valley Bank, seguita a ruota da altre banche di medie dimensioni negli USA, ha creato uno tsunami che ha rapidamente investito anche l'Europa, che ha visto entrare in crisi colossi bancari come Credit Suisse e Deutsche Bank. Ma cosa c'è alla base di questa nuova tempesta finanziaria? Naturalmente ci sono i problemi mai affrontati della finanza speculativa ma potrebbe esserci anche dell'altro: lo scontro ai vertici del potere economico mondiale tra i fautori del Grande Resert, che da questa crisi escono sconfitti, e i conservatori "trumpiani", che puntano al ritorno all'economia reale. Ce lo spiega in questa intervista l'analista finanziario Gianmarco Landi.
04/04/2023 14:48
 
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Ora lo ammette anche il mainstream: avevamo ragione su tutto



In questa nuova puntata dei Multipolari, il programma di Arnaldo Vitangeli e Debora Billi, parliamo delle verità emerse dalle chat, ormai divenute di dominio pubblico, dei principali gestori dell'emergenza del 2020. Oggi tocca a Magrini dell'AIFA e a Zaccardi, il capo di gabinetto di Speranza, essere pubblicamente sbugiardati. Ma è tutta la narrazione che ci hanno inflitto per anni ad essere ormai crollata. C'è poi la situazione in Francia, dove Macron è alle prese con proteste intensissime e l'Africa, un tempo "cortile di casa" di Parigi, che gli volta le spalle per correre tra le braccia di Putin. E poi la guerra, con l'asse Russia-Cina sempre più unito e la pericolosissima decisione di Londra di attaccare con armi all'uranio impoverito, perché si sa, in Occidente ci teniamo all'ambiente. Infine la polemica sull'utero in affitto e lo strano silenzio della Chiesa di Bergoglio sul tema.
[Modificato da wheaton80 04/04/2023 14:49]
15/04/2023 14:27
 
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L'economia sulla strada della deglobalizzazione (anche se i numeri ancora non lo certificano)

La ricerca intitolata “L’economia globale si sta deglobalizzando? E se sì, perché? E quale sarà il prossimo passo?” di Pinelopi K. Goldberg dell’Università di Yale e Tristan Reed della Banca Mondiale offre un’analisi dettagliata sui trend della cosiddetta deglobalizzazione dell’economia.

www.nber.org/papers/w31115

Le origini nella crisi del 2008-2009
Il rallentamento della globalizzazione dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 ha dato il via a una nuova era caratterizzata da cambiamenti significativi nel contesto politico ed economico. La riduzione del commercio internazionale e l’intensificarsi di politiche protezionistiche hanno innescato un’inversione di rotta rispetto alla globalizzazione che ha dominato l’ultima parte del XX secolo. Questa fase è stata da alcuni definita “deglobalizzazione”. Gli economisti tuttavia non sono concordi sull’uso di questo termine, dal momento che i numeri relativi al commercio internazionale sembrano non certificare ancora questo fenomeno. La ricerca individua e analizza alcune cause di questa tendenza, tra cui la creazione di nuove barriere commerciali e l’emergere di nuove tensioni geopolitiche, ma anche altri fattori come l’aumento dei costi di produzione in Cina e la necessità di ridurre l’inquinamento e l’impatto ambientale.

L’impatto della pandemia e il focus sulla resilienza delle supply chain

La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto significativo sull’economia internazionale, ponendo in evidenza la fragilità delle catene di fornitura globali. La chiusura delle fabbriche e delle attività commerciali in tutto il mondo ha causato una riduzione significativa delle importazioni e delle esportazioni. Anche l’approvvigionamento di materie prime è stato interrotto, creando ulteriori problemi. Tutto questo ha messo in luce la necessità di rivedere le catene di fornitura globali e di renderle più resilienti. Molte aziende hanno iniziato a riesaminare le loro catene di fornitura, ricercando fonti alternative di materie prime e componenti, cercando di ridurre la dipendenza da un solo mercato e valutando l’ipotesi di fare re-shoring o near-shoring. Tuttavia, spiegano i ricercatori, “la deglobalizzazione non è ancora pienamente visibile nei dati”: questo perché, nonostante tutto, le importazioni mondiali hanno registrato un’importante ripresa nel 2021 dopo il calo del 2020. Quello che emerge, piuttosto, è che il peso delle importazioni in rapporto al prodotto interno lordo è leggermente diminuito. Per questo, piuttosto che di deglobalizzazione, gli analisti preferiscono parlare di “slowbalisation”, cioè di un rallentamento della globalizzazione.

Il fattore geopolitico e la deglobalizzazione
Successivamente, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha sollevato nuove preoccupazioni sulla sicurezza nazionale e sull’esposizione delle catene di approvvigionamento al rischio geopolitico. Questo ha fatto emergere l’esigenza di diversificare i mercati di approvvigionamento (non solo in relazione all’energia) anche in base a criteri geopolitici, riducendo la dipendenza dai cosiddetti Paesi “non amici”. Sono inoltre state avviate, sia in Europa che negli USA, politiche volte a contrastare la dipendenza dalla Cina. "Il quadro", scrivono i ricercatori, "è cambiato radicalmente nel 2018, quando gli Stati Uniti hanno annunciato una prima serie di aumenti tariffari rivolti a diversi Paesi, ma soprattutto alla Cina. Alla fine questi aumenti tariffari hanno portato a una guerra tariffaria tra Stati Uniti e Cina, le due maggiori economie mondiali nel 2018 e nel 2019. Gli Stati Uniti hanno inoltre imposto aumenti tariffari sulle importazioni di acciaio e alluminio da quasi tutti i Paesi. Nonostante il cambiamento dell’amministrazione statunitense, la maggior parte di queste tariffe è tuttora in vigore. Gli Stati Uniti continuano a sostenere che queste tariffe sono necessarie per la sicurezza nazionale”. A questo hanno fatto seguito la “Strategia di Sicurezza Nazionale”, il Chips Act e l’Inflation Reduction Act. In sintesi, scrivono gli autori, “il ripiegamento degli Stati Uniti verso l’interno può avere importanti implicazioni per il futuro della globalizzazione”.

Le conseguenze

Il futuro della globalizzazione, scrivono Goldberg e Reed, “è incerto, ma una cosa è sicura: non c’è più un sostegno diffuso alla globalizzazione sfrenata e guidata dal mercato”. Quali sono le possibili conseguenze? “Nel breve e medio periodo non si prevedono effetti drammatici, poiché l’economia mondiale sta lentamente passando a un nuovo stato. Occorre inoltre distinguere tra livello e direzione del cambiamento. Il livello di globalizzazione rimane estremamente elevato rispetto agli standard storici, anche se la direzione del cambiamento è verso la deglobalizzazione”, scrivono gli autori. Con la riorganizzazione delle catene di approvvigionamento globali in tutto il mondo, potrebbe emergere un nuovo sistema economico internazionale, che si basa maggiormente su accordi bilaterali e regionali e su partnership tra “Paesi amici”. Ma anche se il commercio probabilmente sopravviverà alle nuove tensioni geopolitiche, “le conseguenze del nuovo sistema economico emergente sull’economia globale potrebbero rivelarsi più gravi nel lungo periodo”, avvertono gli autori: il crescente nazionalismo, il rallentamento della crescita dell’economia globale e l’aumento del debito pubblico rallenteranno, se non addirittura impediranno, un ritorno alla globalizzazione.

Priorità alla resilienza
Un altro punto è la difficoltà di valutare i trend in atto. Se infatti in passato il “driver” della globalizzazione era principalmente l’efficienza economica, che aveva dei precisi indicatori di riferimento, oggi la priorità è la resilienza, un parametro che è difficile anche da misurare per i ricercatori. Nelle conclusioni i ricercatori rimarcano che, indipendentemente dalla forma che la globalizzazione assumerà in futuro, occorrerà prestare molta attenzione ai suoi potenziali effetti sulle disuguaglianze all’interno delle economie dei Paesi avanzati e tra i Paesi, ai rischi associati a un’elevata concentrazione di importazioni di prodotti critici e alle preoccupazioni per la sicurezza nazionale. "Resta da vedere", concludono Goldberg e Reed, "se la politica industriale e le restrizioni commerciali volte a contenere lo sviluppo tecnologico della Cina riusciranno a raggiungere questo obiettivo”.

Franco Canna
10 aprile 2023
www.innovationpost.it/attualita/leconomia-sulla-strada-della-deglobalizzazione-anche-se-i-numeri-ancora-non-lo-cert...
25/04/2023 12:50
 
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Il mondo volta le spalle agli USA: anche Lula con Putin e la Cina

L’aveva prescritto il medico, che dovesse essere proprio il dollaro a regolare il commercio mondiale? Perché non possiamo utilizzare le nostre valute? Questo il tono del Presidente brasiliano Lula, reduce da una storica visita a Pechino. Missione: far rinascere l’industria del colosso sudamericano grazie al sostegno cinese, visto che la finanza statunitense starebbe battendo in ritirata. Colpo durissimo al prestigio yankee: parole di fuoco contro l’unilateralismo atlantista anche a Shangai, dove Lula ha incontrato l’ex Presidente carioca Dilma Rousseff, oggi a capo della Banca di Sviluppo dei BRICS. Autentiche bordate contro i ricatti del Fondo Monetario Internazionale in Paesi come l’Argentina: chi accetta quei prestiti poi deve sottostare a pesanti condizionamenti politici.

Il Brasile contro gli USA
Già smentiti, a quanto pare, i timori legati all’avvicendamento a Brasilia a spese di Bolsonaro, dopo un risultato elettorale fortemente contestato, tra accuse di brogli e le inquietudini dei militari. Bolsonaro aveva avuto il coraggio di opporsi al diktat “vaccinale”, allineando il Brasile alla Russia anche nel respingere le sanzioni contro Mosca. La notizia: oggi lo stesso Lula attribuisce agli USA la maggiore responsabilità nel conflitto in Ucraina. Per Washington, un vero e proprio affronto. Lo sottolinea John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale:«Il Brasile sta ripetendo a pappagallo la propaganda russa e cinese senza guardare ai fatti». Parole che dimostrano essenzialmente frustrazione e impotenza: agli USA starebbe sfuggendo il controllo su vaste aree del pianeta.

Lula, i sauditi e l’Iran
Colpisce sicuramente il posizionamento di Lula, che infrange una serie di tabù atlantisti. L’antagonista di Bolsonaro era considerato una sorta di totem della sinistra, dunque, si presumeva, non ostile all’agenda di Davos contestata dai biechi “sovranisti”. Il pragmatismo di Lula spiazza tutti: sembra comportarsi come Trump, senza imbarazzi nello stringere alleanze eterodosse. I media sottolineano un altro passaggio simbolico del viaggio di Lula in Oriente: la tappa ad Abu Dhabi per siglare ulteriori accordi economici, dopo quelli con Xi Jinping. Sullo sfondo: la vicinanza degli Emirati all’Arabia Saudita, protagonista di una ribellione senza precedenti. Riyad infatti disobbedisce agli USA, tagliando l’estrazione del greggio in modo da far pesare l’assenza del petrolio russo, colpito dalle sanzioni. E i sauditi si avvicinano addirittura all’Iran, partner di Mosca e storico bersaglio degli Stati Uniti.

Occidente isolato, Europa KO
Sta franando il sistema atlantico? Lo dimostra in modo plastico proprio la geografia delle sanzioni contro la Russia: a essere sempre più isolato è ormai l’Occidente, mentre il resto del mondo (Asia, Africa, Sudamerica) si sta coalizzando per imporre una propria governance, alternativa alla supremazia del dollaro e delle portaerei. Vero e proprio vaso di coccio, l’Europa: la Germania sabotata dall’embargo del gas russo, l’Italia ridotta a zerbino della NATO, la Francia dilaniata dalla rivolta sociale contro Macron (l’unico, peraltro, a manifestare insofferenza verso il bellicismo americano). In Finlandia, poi, gli elettori hanno appena bocciato la giovane Sanna Marin, prototipo della generazione NATO-Davos.

Ungheria e Polonia sfidano l’UE
E se Washington esprime la sua rabbia verso Lula, Bruxelles se la prende, in modo altrettanto tragicomico, con l’Ungheria e la Polonia, entrambe disobbedienti. Sonoro il ceffone inflitto agli euro-vassalli americani da Orbán, che ha siglato clamorosi accordi energetici con Mosca. Dal canto loro, i polacchi hanno cessato di sostenere l’Ucraina tramite l’acquisto del grano: rinunciano al cereale proveniente da Kiev. Analoghi smottamenti sono in corso praticamente ovunque, a cominciare dal Nordafrica. Le massime potenze regionali, Egitto e Algeria, sono in lista d’attesa per entrare nei BRICS, il cartello mondiale trainato da Cina, Russia e India. La stessa Tunisia ha appena messo alla porta l'FMI. È Pechino il nuovo playmaker dell’economia africana, mentre Paesi come il Burkina Faso chiedono l’aiuto militare della Federazione Russa per stabilizzare le frontiere, minacciate dal neo-terrorismo islamista.

Trump: il mondo ride dell’America

«Il mondo ha perso il rispetto per l’America», ha scandito di recente Donald Trump:«Ormai ridono di noi». Di sicuro, con Biden, la credibilità della Casa Bianca è crollata. Ne sanno qualcosa proprio gli africani; si ripetono riunioni di vertice tra Paesi che lanciano lo stesso allarme: armamenti pesanti occidentali che, da Kiev, raggiungono i tagliagole di Boko Haram, succursale africana dell’ISIS. Sembra che stia davvero cadendo in mille pezzi, il vecchio mappamondo americano. Persino il disastrato Venezuela post-Chávez è riuscito a resistere all’aggressione “yanqui”. I dietrologi, addirittura, arrivano a sospettare che qualcosa di anomalo (armi segrete?) possa aver aggravato il bilancio del devastante terremoto in Turchia e Siria. Fantasie?

In pezzi il mappamondo USA

Non ci sono prove, del fatto che l’evento sismico non sia stato di origine esclusivamente naturale. In compenso, non è un mistero l’ostilità degli USA verso l’ondivago Erdoğan, incline ad accordi proibiti con Mosca: come quello per l’acquisto del sistema missilistico S-400. Fino all’altro ieri, Erdoğan era il principale supporter occulto dell’operazione-ISIS in Siria. Ora invece la situazione si è capovolta anche su quel fronte: Ankara e Damasco hanno ricominciato a parlarsi. Quanto all’altro storico partner regionale della superpotenza atlantica, le immagini parlano da sole: la popolazione israeliana sta animando una ribellione di massa contro Netanyahu, che vorrebbe nominare lui stesso i giudici che dovrebbero processarlo per corruzione. Neppure Israele (prudente, sull’Ucraina) è spendibile, in questo momento, per operazioni come quelle in cui sono specializzati i servizi segreti anglosassoni.

Alleanza mondiale contro il dollaro
Il mondo guarda: vede benissimo chi è stato, a far saltare i gasdotti. Capisce che i carri armati russi sono entrati nel Donbass dopo otto anni di bombardamenti ucraini sulla popolazione civile. La mano è sempre la stessa: quella che ha usato l’11 Settembre per scatenare la “guerra infinita”, come la chiamava Giulietto Chiesa. Afghanistan e Iraq, poi la Libia, lo Yemen, la Siria. E adesso, dulcis in fundo, l’Ucraina. Di fatto, sette miliardi di esseri umani sfuggono al mainstream occidentale. E oggi si stanno coalizzando, contro gli abusi del “miliardo d’oro” (o meglio, della sua leadership neoliberista e imperialista). È un cataclisma geopolitico, quello che sta esplodendo? Nel caso, non sfugge il ruolo, anche simbolico, svolto dalla Russia: la fermezza di Putin, nel reggere alla tempesta. Era stato tutto concertato fin dall’inizio, in modo sotterraneo? Lo sostengono gli analisti che parlano del silenzioso ritorno al “gold standard” (Quantum Financial System) per liquidare lo storico signoraggio globalista del dollaro e lo strapotere dell’élite atlantista. E mentre la casta di Washington mette sotto processo Trump, si prenota un altro formidabile outsider: Robert Kennedy Junior, campione della resistenza contro il delirio Covid. Sarà candidato alle primarie dei democratici. Missione: insidiare il fortino dei signori della guerra, sempre più feroci. E sempre più invisi al resto del mondo.

Giorgio Cattaneo
19 aprile 2023
visionetv.it/il-mondo-volta-le-spalle-agli-usa-anche-lula-con-putin-e-...
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