Un pò di giustizia in Italia

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wheaton80
00martedì 2 dicembre 2014 20:16
Roma, 37 arresti per mafia. Indagato anche Alemanno:“Estraneo alle accuse”

Una "cupola" tra politica, mafia ed ex pezzi dell' eversione di destra e della criminalità che costituiva una holding di affari sporchi nella capitale: 37 persone sono state arrestate nell' ambito di una inchiesta su un vero e proprio sodalizio di stampo mafioso a Roma. In manette anche l' ex ad dell' Ente Eur, Riccardo Mancini, e l'ex terrorista dei Nar, Massimo Carminati. Tra gli oltre 100 indagati nella maxi-inchiesta della Procura di Roma c'è anche Gianni Alemanno. All' ex sindaco della Capitale il gip contesta il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Gli inquirenti hanno proceduto anche alla perquisizione della sua abitazione. "Dimostrerò la mia totale estraneità ad ogni addebito e da questa incredibile vicenda ne uscirò a testa alta", dice Alemanno. "Sono sicuro che il lavoro della Magistratura, dopo queste fasi iniziali, si concluderà con un pieno proscioglimento nei miei confronti". "A Roma - ha detto il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone - non c'è un' unica organizzazione mafiosa a controllare la città. Ci sono diverse organizzazioni mafiose. Oggi abbiamo individuato quella che abbiamo chiamato Mafia Capitale, romana e originale, senza legami con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso. Alcuni uomini vicini all' ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell' organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni". Tra i nomi c'è anche quello di Daniele Ozzimo (Pd), assessore capitolino alla casa, che si è dimesso. "Sono estraneo ai fatti ma per senso di responsabilità rimetto il mio mandato", ha dichiarato Ozzimo. Perquisizioni anche alla Regione Lazio e in Campidoglio.

I carabinieri del Ros hanno acquisito documenti presso gli uffici della Presidenza dell' Assemblea Capitolina e presso alcune commissioni della Regione Lazio. La Guardia di Finanza ha eseguito sequestro di beni riconducibili agli indagati per 200 milioni di euro. Una vera holding criminale che spaziava dalla corruzione, per aggiudicarsi appalti, all' estorsione, all' usura e al riciclaggio. Un sodalizio radicato a Roma con a capo il redivivo ex Nar ed ex Banda Magliana Massimo Carminati. Ai 37 indagati la Procura contesta i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d' asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati. Al centro dell' indagine del Ros, un sodalizio da anni radicato nella Capitale facente capo a Massimo Carminati, con infiltrazioni "diffuse" nel tessuto imprenditoriale politico e istituzionale. L' ex ad dell' Ente Eur, Riccardo Mancini, e l' ex amministratore di Ama, Franco Panzironi, rappresentano "pubblici ufficiali a libro paga che forniscono all' organizzazione uno stabile contributo per l' aggiudicazione degli appalti". Così i pm romani nel capo di imputazione che li riguarda. Gli inquirenti hanno documentato un sistema corruttivo finalizzato all' assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate, con interessi anche nella gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati. Sono 37 le ordinanze di custodia cautelare. In carcere sono finite 29 persone mentre otto sono state poste ai domiciliari.

I nomi degli arrestati: l'ex Nar e Banda della Magliana Massimo Carminati, l' ex ad di Ente Eur Riccardo Mancini, l' ex vicecapo di gabinetto del Campidoglio Luca Odevaine, l' ex ad dell' Ama Franco Panzironi, l' ex dirigente del servizio giardini del Comune di Roma Claudio Turella e il dirigente dell' Ama Giovanni Fiscon. E ancora in carcere Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Matteo Calvio, Fabio Gaudenzi, Raffaele Bracci, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Agostino Gaglianone, Salvatore Buzzi, Fabrizio Franco Testa, Carlo Pucci, Sandro Coltellacci, Nadia Cerrito, Claudio Caldarelli, Carlo Maria Guarany, Emanuela Bugitti, Alessandra Garrone, Paolo Di Ninno, Pierina Chiaravalle, Giuseppe Mogliani, Giovanni Lacopo, Claudio Turella, Emilio Gammuto, Giovanni De Carlo.

Ai domiciliari sono finiti invece: Patrizia Caracuzzi, Emanuela Salvatori, Sergio Menichelli, Franco Cancelli, Marco Placidi, Raniero Lucci, Rossana Calistri, Mario Schina.

Massimo Carminati sembrava imprendibile e intoccabile ed è uno dei personaggi chiave del libro di Floriana Bulfon e Pietro Orsatti nell' inchiesta "Grande raccordo criminale". Le inchieste da almeno da più di 30 anni l’avevano indicato come "l’anima nera” del crimine capitolino più spietato e ramificato. Oggi, grazie all’operazione dei Ros, è finito in manette con l’accusa di associazione mafiosa. Massimo Carminati sembrava imprendibile e intoccabile. Le inchieste da almeno da più di 30 anni l’avevano indicato come "l’anima nera” del crimine capitolino più spietato e ramificato. Oggi, grazie all’operazione dei Ros, è finito in manette con l’accusa di associazione mafiosa.

2 dicembre 2014
www.ansa.it/lazio/notizie/2014/12/02/roma-28-arresti-per-mafia.-indagato-anche-alemanno_36fd7abf-6a18-4ed7-a2e6-7423a2806...
wheaton80
00martedì 17 marzo 2015 00:54
ROS dei carabinieri arresta manager e imprenditori per corruzione (TAV e EXPO)

Il super-dirigente del Ministero dei Lavori Pubblici (ora consulente esterno), Ercole Incalza, è tra i quattro arrestati dell'inchiesta della Procura di Firenze e del ROS. Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Tutte le principali Grandi opere - in particolare gli appalti relativi alla TAV ed anche alcuni riguardanti l'EXPO, ma non solo - sarebbero state oggetto dell' "articolato sistema corruttivo" messo in piedi dalle persone arrestate ed indagate dalla procura di Firenze e dai carabinieri del ROS. Anche dei politici figurano tra gli oltre 50 indagati nell'ambito dell'inchiesta della procura di Firenze sulle tangenti per gli appalti delle Grandi opere.

16 marzo 2015
www.ilnord.it/b5492_ROS_DEI_CARABINIERI_ARRESTA_MANAGER_E_IMPRENDITORI_PER_CORRUZIONE_TA...
wheaton80
00venerdì 1 maggio 2015 04:08
Pensioni: legge Fornero bocciata dalla Corte Costituzionale

ANSA - La legge bocciata oggi dalla Corte Costituzionale in materia di perequazione delle pensioni è la cosiddetta norma Fornero contenuta nel ”Salva Italia”. L’impatto sui conti pubblici, stimato dall’Avvocatura dello Stato quando si tenne l’udienza pubblica, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013. La norma che, per il 2012 e 2013, ha stabilito, “in considerazione della contingente situazione finanziaria”, che sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo INPS scattasse il blocco della perequazione, ossia il meccanismo che adegua le pensione al costo della vita, è incostituzionale. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, ‘bocciando’ l’art. 24 del decreto legge 2010/2011. “L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”, afferma la Corte nella sentenza 70 depositata oggi, di cui è relatore il giudice Silvana Sciarra.

30 aprile 2015
www.imolaoggi.it/2015/04/30/pensioni-legge-fornero-bocciata-dalla-corte-costitu...
wheaton80
00sabato 2 maggio 2015 20:59
G8 Genova, Corte Strasburgo condanna l'Italia:"Alla Diaz fu tortura, ma colpevoli impuniti"

STRASBURGO - Quanto compiuto dalle forze dell'ordine italiane nell'irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 "deve essere qualificato come tortura". Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l'Italia non solo per il pestaggio subìto da uno dei manifestanti (l'autore del ricorso) durante il G8 di Genova , ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura; un vuoto legislativo che ha consentito ai colpevoli di restare impuniti. "Questo risultato - scrivono i giudici - non è imputabile agli indugi o alla negligenza della magistratura, ma alla legislazione penale italiana che non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri".


Il sangue sui pavimenti della Diaz dopo l'irruzione della polizia

Il ricorso
All'origine del procedimento c'era il ricorso presentato da Arnaldo Cestaro, manifestante veneto che all'epoca aveva 62 anni e che rimase vittima del violento pestaggio da parte della polizia durante l'irruzione nella sede del Genova Social Forum. L'uomo, il 21 luglio 2001, era il più anziano dei manifestanti presenti nella scuola Diaz a Genova. Gli agenti lo sorpresero mentre dormiva, gli ruppero un braccio, una gamba e dieci costole durante i pestaggi. Nel ricorso, portato avanti dagli avvocati Nicolò e Natalia Paoletti, Joachim Lau e Dario Rossi, Cestaro afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell'ordine tanto da dover essere operato e subire ancora oggi le conseguenze delle percosse subite. Sostiene inoltre che le persone colpevoli di quanto ha subìto avrebbero dovuto essere punite adeguatamente, ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi.

Il reato di tortura
I giudici gli hanno dato ragione in toto, decidendo all'unanimità che lo stato italiano ha violato l'articolo 3 della convenzione sui diritti dell'uomo dove recita:"Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti". La Corte di Strasburgo ha stabilito dunque che il trattamento che è stato inflitto al ricorrente deve essere considerato come "tortura". Ma nella sentenza i giudici sono andati oltre, affermando che se i responsabili non sono mai stati puniti è soprattutto a causa dell'inadeguatezza delle leggi italiane, che quindi devono essere cambiate. La mancata identificazione degli autori materiali dei maltrattamenti è dipesa, accusano poi i giudici, "in parte dalla difficoltà oggettiva della procura a procedere a identificazioni certe, ma al tempo stesso dalla mancanza di cooperazione da parte della polizia". Nella sentenza si sottolinea quindi che la mancata considerazione di determinati fatti come reati non permette, anche in prospettiva, allo Stato di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell'ordine.

Ritorno alla Diaz, parlano le vittime del pestaggio
In particolare per quanto riguarda il caso di Cestaro, "aggredito da parte di alcuni agenti a calci e a colpi di manganello", la Corte parla di "assenza di ogni nesso di causalità" fra la condotta dell'uomo e l'utilizzo della forza da parte della polizia nel corso dell'irruzione nella scuola e di maltrattamenti "inflitti in maniera totalmente gratuita" e qualificabili come "tortura"; reato per il quale non può essere prevista quella prescrizione che ha salvato anche i pochi responsabili delle violenze di quei giorni finiti sotto processo. L'azione avviata da Cestaro assume particolare rilevanza poiché è destinata a fare da precedente per un gruppo di ricorsi pendenti. L'Italia dovrà versare a Cestaro un risarcimento di 45mila euro.

Il commento di Cestaro
"I soldi non risarciscono il male che è stato fatto. E' vero, è un primo passo quello di oggi, ma mi sentirò davvero risarcito solo quando lo Stato introdurrà il reato di tortura", è stato il commento di Cestaro dopo la lettura della sentenza. "Oggi ho 75 anni, ma non cancellerò mai l'orrore vissuto. Ho visto il massacro in diretta, ho visto l'orrore con il volto dello Stato. Dopo quindici anni, le scuse migliori sono le risposte reali, non i soldi. Il reato di tortura deve essere introdotto nel nostro ordinamento".

La nuova legge

La proposta di legge che introduce nel codice penale il reato di tortura è all'esame del Parlamento da quasi due anni: approvata dal senato poco più di un anno fa, il 5 marzo 2014, dopo una discussione durata 8 mesi, ora è in seconda lettura alla camera dove il 23 marzo scorso è approdata in aula per la discussione generale. L'esame dovrebbe riprendere in settimana, dopo l'ok alla riforma del terzo settore, con i tempi contingentati e quindi certi e rapidi. Ma il testo, già modificato dalla Commissione giustizia di Montecitorio, dovrà tornare al Senato.

"Che tristezza, deve essere una "entità esterna" come la Corte di Strasburgo a spiegarci che a #Diaz e #Bolzaneto ci fu tortura". Così twitta Daniele Vicari, regista del film Diaz - Don't Clean Up This Blood, dopo il verdetto della Corte di Strasburgo.

Altre sentenze in arrivo
Le sentenze della Corte europea dei diritti umani sui fatti avvenuti a Genova dopo il G8 non sono ancora finite. Davanti ai giudici di Strasburgo pendono altri due ricorsi presentati da 31 persone per i pestaggi e le umiliazioni ai quali furono sottoposti nella caserma di Bolzaneto. La Corte non ha ancora deciso ufficialmente quando emetterà le sentenze, ma fonti di Strasburgo affermano che non tarderanno molto ad arrivare.

Giuliani:''Condanna positiva ma anche rabbia: la Corte bocciò nostro ricorso'
Secondo il Sap, il Sindacato autonomo di polizia, "Diaz non è stata sicuramente una bella parentesi, ma parlare di tortura mi sembra eccessivo". Il segretario nazionale del Sap, Gianni Tonelli, ha poi aggiunto:"In Italia la normativa c'è già ed è ampiamente presente - ha aggiunto - il problema è che non è stata ancora qualificata come tale perché si cerca di far passare un manifesto ideologico contro le forze dell'ordine". La sentenza di Strasburgo è stata commentata anche da Patrizio Gonnella, presidente dell'Associazione Antigone:"C'è una giustizia a Strasburgo. L'Italia condannata per le brutalità e le torture della Diaz che, finalmente in Europa e solo in Europa, possono essere chiamate tortura. In Italia questo non si può fare perché manca il reato nel codice penale. Un fatto vergognoso e gravissimo, lo avevamo detto più volte. Fra l'altro c'è un nostro ricorso analogo pendente a Strasburgo per le violenze nel carcere di Asti dove, ugualmente, la Corte ha rinunciato a punire in mancanza del reato. Speriamo che questa sentenza renda rapida la discussione parlamentare e ci porti ad una legge che sia fatta presto e bene, cioè in coerenza con il testo delle Nazioni Unite". Secondo Enrica Bartesaghi, presidente del Comitato 'Verità e Giustizia per Genova', l'associazione che riunisce i familiari delle vittime dei pestaggi durante il G8, la sentenza rappresenta un ‘risarcimento morale’:"Si tratta di un precedente ottimo. Un precedente che ci dà una risarcimento morale per le torture avvenute".

07 aprile 2015
www.repubblica.it/politica/2015/04/07/news/diaz_corte_strasburgo_condanna_l_italia_per_tortura-11...
wheaton80
00venerdì 5 giugno 2015 14:46
Mafia Capitale: altri 44 arresti. Indagato anche Sottosegretario Castiglione. Oggi i primi interrogatori

C'è anche il Sottosegretario all'Agricoltura, Giuseppe Castiglione (NCD), tra i sei indagati per turbativa d'asta nell'inchiesta della Procura di Catania sull'appalto per la gestione del Cara di Mineo. Lo si rileva dagli atti dell'inchiesta. “Ora basta”, attacca l'esponente centrista, che chiede “di fare luce nel più breve tempo possibile sulla mia posizione visto il ruolo istituzionale che ricopro". Prima tornata di interrogatori di garanzia per i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta Mafia Capitale. Oggi saranno sentiti dal GIP Flavia Costantini tutti coloro che sono stati reclusi a Regina Coeli: tra questi Mirko Coratti, già Presidente dell'Assemblea Comunale; Francesco Ferrara, Dirigente della cooperativa "La Cascina"; il Dirigente Comunale Angelo Scossafava e l'ex Assessore della Giunta Marino, Daniele Ozzimo. Domani sarà la volta di tutti gli indagati condotti ieri nel carcere di Rebibbia. Indagata Gabriella Errico, la Presidente della cooperativa "Un sorriso", finita sotto i riflettori alcuni mesi fa durante le violente proteste scoppiate nel quartiere della periferia romana di Tor Sapienza tra i residenti e gli immigrati del centro d'accoglienza gestito dalla cooperativa. Il reato che le viene contestato è quello di turbativa d'asta, anche se il GIP ha deciso di rigettare la richiesta di misura cautelare spiegando che nei suoi confronti "possa essere effettuata una prognosi favorevole, in ordine all'astensione dalla commissione di ulteriori reati, tenuto anche conto della pena che ragionevolmente potrà essere irrogata".

La vicenda di Castiglione
La notizia anticipata dal quotidiano La Sicilia di Catania ha trovato riscontro nel decreto di perquisizione eseguito ieri da carabinieri del capoluogo etneo negli uffici comunali di Mineo, compresa l'acquisizione di tutti gli apparecchi informatici e i supporti digitali negli uffici in uso diretto e indiretto del sindaco, ed emesso dal Procuratore Giovanni Salvi e dai sostituti Raffaella Agata Vinciguerra e Marco Bisogni. Nel decreto di sette pagine, che vale anche come informazione di garanzia, ci sono i nomi dei sei indagati: Giuseppe Castiglione, che è anche Deputato Nazionale e Coordinatore di NCD in Sicilia, "nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo"; Giovanni Ferrera, "nella qualità di Direttore Generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza"; Paolo Ragusa, "nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino"; Luca Odevaine "nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni", e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra. Nel decreto la Procura ipotizza che gli indagati "turbavano le gare di appalto per l'affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l'affidamento e prevedevano gare idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014". La Procura di Catania mantiene il massimo riserbo sull'inchiesta, limitandosi a richiamare quanto aveva scritto ieri durante le perquisizioni dei carabinieri del ROS di Catania "finalizzate a verificare se gli appalti per la gestione del Cara siano stati strutturati dal soggetto attuatore al fine di favorire l'ATI, condotta dalla cooperativa catanese Sisifo, così come emerso anche nelle indagini della Procura di Roma, con la quale è costante il coordinamento delle indagini".

Mafia Capitale, nuova ondata di arresti

Personaggi della politica con ruoli di raccordo tra l'organizzazione e le istituzioni, fiumi di denaro e cooperative coinvolte nel giro d'affari sporco, dove - si legge nell'espressione contenuta in un'intercettazione - "la mucca deve mangiare per essere munta". Una nuova ondata di arresti che scuote ancora il mondo politico, nel secondo capitolo dell'inchiesta "Mondo di Mezzo", su Mafia Capitale, condotta dalla procura di Roma e dai carabinieri del ROS: 44 gli arresti in Sicilia, Lazio e Abruzzo per associazione per delinquere ed altri reati. Oggi ci saranno i primi interrogatori in carcere. Ventuno gli indagati a piede libero. Sullo sfondo il business legato ai flussi migratori e alla gestione dei campi di accoglienza per migranti. Tra gli arrestati ci sono anche l'ex Presidente del Consiglio Comunale di Roma, Mirko Coratti, e Luca Gramazio, accusato di partecipazione all'associazione mafiosa capeggiata da Carminati, che avrebbe favorito sfruttando la sua carica politica: prima di capogruppo PDL al Consiglio di Roma Capitale ed in seguito quale capogruppo PDL (poi FI) presso il Consiglio Regionale del Lazio. In manette anche l'ex Assessore alla Casa del Campidoglio, Daniele Ozzimo e Angelo Scozzafava, ex Assessore Comunale a Roma alle Politiche Sociali. I ROS hanno arrestato anche i consiglieri comunali Giordano Tredicine, Massimo Caprari e l'ex Presidente del X Municipio (Ostia), Andrea Tassone. I provvedimenti hanno riguardato anche alti dirigenti della Regione Lazio come Daniele Magrini nella veste di responsabile del Dipartimento Politiche Sociali. Arrestati anche Mario Cola, dipendente del Dipartimento Patrimonio del Campidoglio e Franco Figurelli, che lavorava presso la segreteria di Mirko Coratti. Infine posto ai domiciliari il costruttore Daniele Pulcini. "Chi ruba, in galera, paghi tutto", commenta il premier Matteo Renzi. Il PD è sotto attacco ma mette in campo una difesa netta e chiara delle giunte Zingaretti e Marino.

Buzzi:'Consiglieri devono stare ai nostri ordini'
"I consiglieri comunali devono stare ai nostri ordini". Questa è la perentoria affermazione pronunciata da Salvatore Buzzi, in una telefonata con Massimo Carminati, intercettata e registrata dai carabinieri del ROS. "Ma perché dovrei stare agli ordini tuoi? Te pago!", replica Carminati dall'altro capo della cornetta. Poi l'intimidazione:"Dice, e se non rispetti gli accordi? Non rispetti gli accordi? Ma tu lo sai chi sono io? Ti ricordi da dove vengo?", sottolinea il leader dell'organizzazione, riferendosi ai trascorsi negli ambienti dell'eversione e della criminalità. Buzzi, ascoltando la minaccia, sorride. Carminati poi evoca "il rispetto". "Io gli accordi li rispetto - dice - ma dovresti rispettarli pure tu". Buzzi concorda:"Noi gli accordi li rispettiamo anticipati. Non so quanti sono quelli che li rispettano in anticipo". E conclude:"Abbiamo una grandissima credibilità".

'La mucca deve mangiare per essere munta'
"La mucca deve mangiare" per essere "munta". Lo dice il ras delle coop sociali Salvatore Buzzi in una telefonata intercettata con Franco Figurelli, componente della Segreteria dell'ex Presidente dell'Assemblea Capitolina Mirko Coratti (PD), entrambi, per i PM, a libro paga di Mafia Capitale. Buzzi:"Ahò, ma scusa, la sai la metafora? La mucca deve mangiare". Figurelli:"Aho ma questa metafora io gliela dico sempre al mio amico, mi dice:'Non mi rompere il ca.. perché se questa è la metafora lui ha già fatto, per cui non mi rompere'". Buzzi:"Aho, però diglielo:'Guarda che ha detto Buzzi che qui la mucca l'amo munta tanto'". Figurelli:"Allora, ieri me c'ha mannato aff... per avè detto sta cosa, tu non hai capito, me c'ha mannato aff..., dice:'Non ti può rispondere così l'amico Salvatore perché noi già fatto'". Secondo il ROS dei carabinieri, Buzzi avrebbe, tra le altre cose, assunto nelle sue cooperative una ragazza segnalata da Coratti, comunicando l'arrivo della giovane allo 'ndranghetista Rocco Rotolo, anch'egli inserito nelle coop.

'Carminati è un grande, ci fa fare un sacco di lavori'
"Massimo Carminati è un grande. Ci sta facendo fare un sacco di cose, un sacco di lavori", afferma Salvatore Buzzi, in una telefonata con il suo collaboratore Emilio Gammuto, intercettata dai ROS. "Su a Ostia - spiega Buzzi - anche se non direttamente ma attraverso un suo collaboratore, abbiamo preso un milione e due per il taglio del verde". "Per il campo nomadi ci ha messo pure i soldi, mi sa, eh?", chiede Gammuto. E Buzzi conferma:"Sì, ci ha messo 500mila euro di tasca sua". "Ma li ha ripresi?", chiede l'altro. "Ha ripreso tutto. A giugno ha ripreso tutto. E non solo: ci avrà guadagnato 300mila euro", spiega ancora Buzzi. "Eh, vabbé! Avrà anche aspettato, ma ne è valsa la pena", dice Gammuto. Nella stessa conversazione si parla anche di Luca Gramazio. "Avevamo un lavoro da due milioni di euro sui centri di prenotazione della ASL, come formula sociale", dice Salvatore Buzzi, spiegando che in un secondo momento è uscita la gara regionale. "Allora non abbiamo detto: scusa, facciamola insieme. Ce li lasci due milioni anche a noi, no?". A questo punto l'interlocutore, racconta sempre Buzzi, si sarebbe irrigidito. "Mi ha detto, 'ah no, a me me lo devono dire'. Ma come? E chi te lo deve dire? E insomma, non ce li ha voluti lasciare", dice Buzzi, che, visto l'intoppo, chiama subito Massimo Carminati. "Massimo è andato subito da Gramazio", conclude Buzzi, pronunciando, per precauzione, il nome del leader dell'organizzazione malavitosa a bassa voce. Il blitz dei carabinieri è scattato nelle province di Roma, Rieti, Frosinone, L'Aquila, Catania ed Enna. Nell'ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Roma, vengono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori ed altro. Altre 21 persone sono indagate per gli stessi reati.

Il ruolo di Gramazio
"Luca Gramazio svolge un ruolo di collegamento tra l'organizzazione da un lato e la politica e le istituzioni dall'altro, ponendo al servizio della stessa il suo 'munus publicum' e il suo ruolo politico", spiega il GIP Flavia Costantini nell'ordinanza di custodia cautelare per il Consigliere Regionale di Forza Italia. “Gramazio”, scrive il GIP, "può ricondursi al capitale istituzionale di Mafia Capitale: quel sistema di relazioni con uomini politici, apparati burocratici, soggetti appartenenti a vario titolo alle istituzioni, che costituiscono il contatto privilegiato dell'organizzazione con il mondo di sopra". L'esponente di FI rappresenta "un collegamento che, sul piano politico, si traduce nella costruzione del consenso necessario ad assecondare gli affari del sodalizio; sul piano istituzionale, in materia di iniziative formali e informali intese per un verso a collocare nei plessi - sensibili per l'organizzazione - dell'amministrazione pubblica soggetti graditi, per altro verso nell'orientare risorse pubbliche in settori nei quali il sodalizio, in ragione del capitale istituzionale di cui dispone, ha maggiori possibilità di illecito arricchimento". Per il gIP, elabora "insieme ai vertici dell'organizzazione le strategie di penetrazione della pubblica amministrazione".

Gramazio in un'intervista su La7



"Novantottomila euro in contanti in tre tranches (50.000-28.000-20.000); 15.000 euro con bonifico per finanziamento al comitato Gramazio; l'assunzione di 10 persone, cui veniva garantito nell'interesse di Gramazio uno stipendio; la promessa di pagamento di un debito per spese di tipografia". Sono alcune delle "utilità" che, secondo il capo di imputazione, avrebbe ricevuto Luca Gramazio per "porre le sue funzioni istituzionali al servizio" dell'associazione capeggiata da Massimo Carminati. In particolare, Gramazio è accusato di concorso in corruzione per una serie di atti contrari ai doveri d'ufficio di Consigliere Regionale (avrebbe favorito "la destinazione di risorse regionali destinate al Comune di Roma, poi orientate verso il X Municipio") e, soprattutto, comunale: in relazione allo stanziamento di un milione di euro per le piste ciclabili; alla proroga dei lavori sul verde pubblico alle cooperative sociali; al riconoscimento del debito fuori bilancio per l'emergenza dei minori non accompagnati provenienti dal Nord-Africa; all'assestamento del Bilancio di Previsione 2012 e pluriennale 2012-2014. Gramazio è poi accusato di aver partecipato all'associazione di stampo mafioso di Carminati con precisi compiti, indicati nel capo di imputazione:"Pone al servizio dell'organizzazione le sue qualità istituzionali, svolge una funzione di collegamento tra l'organizzazione, la politica e le istituzioni, elabora, insieme a Testa, Buzzi e Carminati, le strategie di penetrazione della Pubblica Amministrazione, interviene, direttamente e indirettamente nei diversi settori della Pubblica Amministrazione nell’interesse dell'associazione". Le indagini dei ROS hanno evidenziato "la straordinaria pericolosità di Luca Gramazio". E' quanto scrive il GIP di Roma, motivando le esigenze cautelari nei confronti di Gramazio; sottolinea il giudice:"Potrebbe sfruttare la rete ampia dei collegamenti per fornire nuova linfa alle attività delittuose e agli interessi dell'associazione" capeggiata da Massimo Carminati, "nonostante lo stato detentivo di numerosi sodali".

Perquisita anche sede cooperativa La Cascina, gestisce Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo in Sicilia

Delle perquisizioni in corso nell'ambito di Mafia Capitale, una riguarda la cooperativa "La Cascina", vicina al mondo cattolico. Gestisce tra l'altro il Cara (Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Mineo, in Sicilia. La perquisizione rientra nel quadro degli accertamenti sulla gestione degli appalti per i rifugiati. I manager della cooperativa 'La Cascina' erano "partecipi degli accordi corruttivi con Luca Odevaine" e hanno commesso "plurimi episodi di corruzione e turbativa d'asta" dal 2011 al 2014, mostrando così una "spiccata attitudine a delinquere" per ottenere vantaggi economici: è l'accusa che il GIP di Roma rivolge a Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara, tutti manager della cooperativa. Per Ferrara è stato disposto il carcere, mentre nei confronti degli altri tre sono scattati i domiciliari. Secondo il GIP, Odevaine avrebbe ricevuto dai quattro "la promessa di una retribuzione di 10.000 euro mensili, aumentata a 20.000 euro mensili dopo l'aggiudicazione del bando di gara del 7 aprile 2014, per la vendita della sua funzione e per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio in violazione dei doveri d'imparzialità della Pubblica Amministrazione". Nello specifico, Odevaine avrebbe tra l'altro orientato le scelte del Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, in modo da creare le condizioni per l'assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite dal gruppo La Cascina. Avrebbe inoltre fatto pressioni finalizzate a far aprire i centri per immigrati in luoghi graditi alla cooperativa e concordato con i manager il contenuto degli stessi bandi di gara, che venivano poi predisposti in modo da garantire l'attribuzione di un punteggio elevato alla stessa La Cascina.

Odevaine era il raccordo tra la cooperativa e il Viminale
Luca Odevaine sarebbe il 'raccordo' tra la cooperativa La Cascina e il Viminale. E' lo stesso appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale a spiegarlo ai manager de La Cascina nel corso di diverse intercettazioni riportate nell'ordinanza di custodia cautelare del GIP di Roma. Nel capitolo dedicato ai rapporti tra Odevaine e i manager, il GIP sottolinea che è stato lo stesso indagato, in dichiarazioni spontanee ai magistrati, a parlare di questo ruolo, sostenendo che in realtà il Tavolo aveva solo una funzione politica. "Non aveva nessun potere - ha messo a verbale Odevaine - nell'attivare Centri o spostare immigrati da un centro all'altro, semplicemente dettava le linee generali della politica". Scelte che invece spettavano al Viminale. Ed in questo quadro, ha aggiunto, "quello che facevo io... era di facilitare il Ministero da una parte nella ricerca degli immobili che potessero essere messi a disposizione per l'emergenza abitativa". Insomma il suo era un ruolo di "facilitatore dei rapporti con la Pubblica Amministrazione... in ragione delle mie conoscenze maturate nel tempo". Nelle conversazioni con i manager della cooperativa, però, Odevaine è più chiaro. Il mio compito, spiega infatti ad un dipendente de La Cascina, "non è tanto stare direttamente dentro ai Centri... il lavoro che gli faccio è di collegamento con il Ministero dell'Interno soprattutto per trovare... poi... la possibilità di implementare il lavoro... e facciamo accordi sugli utili in genere... insomma ci si dividono un pò gli utili". Ad un suo collaboratore racconta invece cosa ha detto ai manager della cooperativa:"Vi dico sinceramente... c'ho richieste da parte del Ministero di apertura di altri centri e li sto dando ai vostri concorrenti".

'Mi dai un euro per ogni migrante'
"Se me dai... me dai cento persone facciamo un euro a persona". E' il "criterio di calcolo delle tangenti", secondo il GIP di Roma, che Luca Odevaine spiega ai manager della cooperativa La Cascina, interessati alla gestione dei Centri per gli immigrati e disposti, sempre secondo l'accusa, a pagare uno stipendio fisso a Odevaine. Nell'ordinanza di custodia cautelare ci sono decine di intercettazioni tra i manager della Cascina e lo stesso Odevaine, tutte centrate su quale debba essere la percentuale da corrispondere, non solo per 'l'aiuto' ottenuto per la gara relativa al Cara di Mineo ma anche per quanto Odevaine potrebbe fare per i centri di Roma e di San Giuliano di Puglia. Ed in una di queste conversazioni, con Domenico Cammisa (agli arresti domiciliari) Odevaine spiega quello che il ROS e il GIP definiscono "criterio di calcolo delle tangenti". "Allora altre cose in giro per l'Italia - dice Odevaine a Cammisa - ...possiamo pure quantificare, guarda... se me... se me dai... cento persone facciamo un euro a persona... non lo so, per dire, hai capito? E... e basta uno ragiona così dice va beh... ti metto 200 persone a Roma, 200 a Messina... 50 là... e... le quantifichiamo, poi". “Parole che”, sottolinea il GIP, "arrivano a prospettare un vero e proprio 'tariffario per migrante ospitato'."

Dal clan mille euro al mese per il Consigliere Comunale
Il clan di Carminati e Buzzi avrebbe garantito mille euro al mese e un posto di lavoro per un conoscente al Consigliere Comunale Massimo Caprari del Centro Democratico, della maggioranza del sindaco Ignazio Marino. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare emessa a suo carico dal GIP Flavia Costantini. Il Consigliere, in cambio, avrebbe assicurato all'organizzazione "il suo voto favorevole al riconoscimento del debito fuori bilancio per l'anno 2014". In un colloquio intercettato tra Buzzi e il Vicepresidente della cooperativa "La Cascina", Francesco Ferrara, il braccio destro di Carminati afferma:"Te l'ho detto, Caprari è venuto da me: voleva tre posti di lavoro". Buzzi, scrive il GIP nel provvedimento, riferiva a Ferrara che, per accogliere le sue richieste, Caprari si era rivolto a lui chiedendogli in cambio l'assunzione di tre persone, che poi era stata ridotta a una sola, al che il rappresentante de La Cascina replicava dicendo che un posto di lavoro equivaleva a circa 30.000 euro l'anno". Concluso l'accordo e assunta la persona indicata da Caprari, lo stesso Buzzi, intercettato, avrebbe poi commentato:"Quello di Caprari l'ho preso per tre mesi, in tre mesi la mucca deve mangiare in tre mesi".

Alemanno chiese aiuto a Buzzi per le elezioni europee

Per le elezioni al parlamento europeo del maggio 2014, Gianni Alemanno chiese l'appoggio a Salvatore Buzzi. Quest'ultimo si sarebbe mosso per ottenere il sostegno alla candidatura anche con gli uomini della cosca 'ndranghetista dei Mancuso di Limbadi. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia in carcere dove vengono descritti i rapporti e le "cointeressenze di natura economico/criminali tra Mafia Capitale e la cosca calabrese". I 44 arresti di oggi scaturiscono dalla prosecuzione delle indagini avviate nel 2012 dal ROS e dalla Procura di Roma, che il 2 dicembre scorso avevano consentito di disarticolare l'organizzazione mafiosa capeggiata da Massimo Carminati. In quella occasione vennero arrestate 37 persone, accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio ed altri reati, con l'aggravante delle modalità mafiose e per essere l'associazione armata. Secondo gli investigatori, gli accertamenti successivi a quella tornata di arresti hanno confermato "l'esistenza di una struttura mafiosa operante nella Capitale, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali". In particolare le indagini hanno documentato quello che gli inquirenti definiscono un "ramificato sistema corruttivo finalizzato a favorire un cartello d'imprese, non solo riconducibili al sodalizio, interessato alla gestione dei centri di accoglienza e ai consistenti finanziamenti pubblici connessi ai flussi migratori".

Marino:'Non mi dimetto. Arresti in maggioranza? Bene se colpevoli'
"Dimissioni? Continuiamo in questo modo. Stiamo cambiando tutto", ha risposto il sindaco di Roma Ignazio Marino a chi gli chiede se avesse pensato di dimettersi dopo la nuova ondata di arresti per l'inchiesta su Mafia Capitale. "Credo che - ha aggiunto Marino - la politica nel passato abbia dato un cattivo esempio ma oggi sia in Campidoglio che in alcune aree come Ostia abbiamo persone perbene che vogliono ridare la qualità di vita e tutti i diritti e la dignità che la Capitale merita". "Non ho nessun giudizio da dare. Non spetta a me commentare il lavoro della Procura e della Magistratura, che deve fare il suo corso. Certamente se verranno individuate colpe e verranno puniti i colpevoli questo lo vedo estremamente positivo", ha detto il sindaco di Roma Ignazio Marino a chi gli ha chiesto un commento sulla nuova ondata di arresti, in cui figurano anche nomi di esponenti della maggioranza in Campidoglio.

05 giugno 2015
www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/06/04/-mafia-roma-44-arresti-business-su-immigrati-_eb2f8c9f-16c5-4072-940b-0dc90f4b9...
wheaton80
00giovedì 30 luglio 2015 01:20
Finanza sequestra Porto turistico Ostia, vincolati beni per 400 mln


Mauro Balini

ROMA (Reuters) - La Guardia di Finanza ha annunciato oggi di aver sequestrato il Porto turistico di Roma, una marina da oltre 800 posti barca a Ostia, nell'ambito di un'inchiesta della Procura capitolina. L'inchiesta, che vede quattro arrestati tra cui il presidente del porto, l'imprenditore Mauro Balini, è partita nel 2012, spiega una nota. "I 4 arrestati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, riciclaggio, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori", dice la nota. Altre 9 persone sono state denunciate a piede libero. Gli agenti hanno sequestrato beni - tra cui posti barca, parcheggi, strutture amministrative, commerciali e aree portuali - all'interno del porto per un valore commerciale complessivo di oltre 400 milioni di euro. Nell'inchiesta, che non è legata a quella su Mafia Capitale che negli ultimi mesi ha visto l'arresto di esponenti politici, dirigenti amministrativi del Comune e imprenditori per una serie di presunte vicende di corruzione, ci sono anche 15 indagati, ha detto a Reuters un ufficiale della Finanza. Non è stato possibile raggiungere per un commento i legali di Balini. Secondo gli inquirenti, Balini e gli altri arrestati avrebbero portato a fallimento la società che ha realizzato il porto e che fino al 2008 era concessionaria dell'infrastruttura, attraverso la distrazione di fondi, finiti poi ad altre società di Balini.

29 luglio 2015
it.reuters.com/article/topNews/idITKCN0Q30OD20150729
wheaton80
00giovedì 21 gennaio 2016 14:15
Spartivano con i rom i soldi dei furti, arrestati due poliziotti

Spartivano con i rom i soldi dei furti commessi in Stazione Centrale a Milano. Per questo, due agenti della Squadra Mobile di Milano, che erano in servizio alla sezione di contrasto ai crimini diffusi e in particolare all'unità antiborseggio, sono finiti agli arresti domiciliari con le accuse di concussione e falso in atti d'ufficio. Il PM Antonio D'Alessio aveva chiesto per loro il carcere, ma il GIP di Milano Giuseppe Vanore ha disposto la misura meno afflittiva. Sono finiti in carcere, invece, 23 nomadi serbo-bosniaci, tra cui molte donne. Due di loro sarebbero state tra i promotori dell'associazione per delinquere finalizzata ai furti perché avrebbero selezionato le persone che dovevano compiere i colpi. "Fino a ieri i due agenti - ha spiegato il capo della squadra mobile Alessandro Giuliano - facevano parte di una sezione che produce grandi risultati nel contrasto ai crimini predatori e se verranno provate le accuse sarà una cosa molto grave, un tradimento verso coloro che svolgono sempre egregiamente e con onestà le loro funzioni". Il dirigente della POLFER Francesco Costanzo, invece, ha precisato che gran parte dei furti al centro delle indagini sono stati compiuti prima che alla stazione Centrale di Milano fossero introdotti, quando è iniziato l'Expo lo scorso maggio, i gate di accesso ai binari (per entrare bisogna mostrare di avere un biglietto per i treni). "Con l'introduzione dei gate - ha spiegato - i furti sono calati del 75%". L'indagine va avanti da ottobre 2014. I poliziotti osservavano l'attività criminosa e intervenivano successivamente per chiedere la consegna di parte della refurtiva in cambio del loro silenzio, minacciando i rom di far perdere loro i figli minori, che spesso li accompagnavano nell'operazione. Ad accusare i due agenti sono stati i rom, che che sarebbero stati da loro taglieggiati. Agli inquirenti hanno raccontato di un "sistematico" taglieggiamento, confermato da pedinamenti, intercettazioni e filmati. In un caso, i poliziotti si sarebbero fatti consegnare 600 euro, in un altro mille. Ogni appartenente della banda di nomadi riusciva ad accumulare un bottino tra i 500 e i 1.000 euro al giorno, rubando orologi e preziosi. Il furto record è quello di gioielli per 120mila euro sottratti al passeggero di un treno. Le vittime erano spesso turisti stranieri, anche giapponesi e americani, a volte derubati con la scusa di un aiuto a sistemare i bagagli.

17 dicembre 2015
www.ilgiorno.it/milano/poliziotti-arrestati-furti-rom-1....
wheaton80
00domenica 14 febbraio 2016 03:09
Roma, carabinieri spacciavano la droga sequestrata dai colleghi: quattro arresti

La stessa droga che i loro colleghi sequestravano, loro tornavano a spacciarla con l’aiuto di quattro complici nell’antidroga. È quanto emerso da un’indagine molto complessa messa in atto dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma, che ha portato alla custodia cautelare verso 9 persone ritenute responsabili di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e peculato. L’indagine nasce da una verifica riguardante il coinvolgimento di quattro carabinieri nell’attività di cessione di stupefacenti. I militari in questione erano allo stesso tempo parte di una struttura investigativa volta a contrastare lo spaccio di droga e con loro sono stati individuati anche cinque complici, che si occupavano di custodire e poi commercializzare gli stupefacenti sequestrati. È stata la più nota unità investigativa romana, tuttavia, a scoperchiare il traffico illecito, dipanando una trama degna di un film giallo. I colleghi attuavano infatti strategie molto elaborate per non farsi scoprire, e solo un lavoro molto accurato da parte degli inquirenti è riuscito a far emergere questo losco traffico.

10 febbraio 2016
it.notizie.yahoo.com/roma-spacciavano-la-droga-sequestrata-dai-colleghi-quattro-arresti-200304...
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00mercoledì 2 marzo 2016 15:37
Il Consiglio di Stato manda al tappeto Renzi e Poletti

Le indennità di accompagnamento e le pensioni legate a situazioni di disabilità non possono essere considerate nel reddito disponibile ai fini del calcolo dell’ISEE. Sono un sostegno e non una fonte di reddito. A mettere la parola fine al contenzioso è stato il Consiglio di Stato, depositando una sentenza che dà torto a Renzi e Poletti, per i quali era cosa buona e giusta chiedere a un cittadino disabile di inserire nell’ISEE il suo assegno di accompagnamento. Secondo il Consiglio di Stato, “l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una migliore situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa”. Esattamente il contrario della teoria Renzi-Polettiana sul presunto arricchimento di una famiglia con un disabile a carico a cui venga erogato l’assegno di accompagnamento. E’ stato dunque respinto il ricorso dell’Esecutivo contro una sentenza del TAR del Lazio dell’11 febbraio 2015, che aveva giudicato illegittima la riforma dell’ISEE (indicatore della situazione economica equivalente, che costituisce il riferimento per l’accesso ad aiuti e a prestazioni sociali agevolate), entrata in vigore a inizio 2015, nella parte in cui si dispone il “conteggio” nel reddito disponibile anche le pensioni legate a situazioni di disabilità, le indennità di accompagnamento e gli indennizzi INAIL. Il ricorso al TAR era stato a sua volta presentato da familiari di persone disabili. Incassa e porta a casa il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, che in una nota fa sapere che “come Governo non possiamo che prendere atto della sentenza appena depositata dal Consiglio di Stato e provvederemo ad agire in coerenza con questa decisione”. Una figuraccia che il suo politichese non può certo ridimensionare. Esulta Luigi Di Maio, del M5S:“Con la sentenza di ieri del Consiglio di Stato, che ha bocciato il provvedimento del governo Renzi, le famiglie italiane con a carico un disabile hanno vinto questa battaglia e ripristinato un principio di giustizia che il governo stava cercando di calpestare”. “Nel gennaio 2014, ricorda il Vicepresidente della Camera dei Deputati, il TAR del Lazio aveva già negato la possibilità di inserire le provvidenze assistenziali tra le voci del reddito per il calcolo dell’‎ISEE, ma il governo aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato e così oggi ne esce doppiamente sconfitto”. “Renzi, Poletti, Biondelli e gli altri parlamentari che hanno difeso l’indifendibile - conclude Di Maio - devono scusarsi con gli italiani e adesso cambiare subito la legge”.

Ernesto Ferrante
1 marzo 2016
www.opinione-pubblica.com/il-consiglio-di-stato-manda-al-tappeto-renzi-e-...
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00venerdì 15 aprile 2016 21:44
Il Consiglio di Stato boccia il decreto sul canone RAI in bolletta

ROMA - Il decreto ministeriale sul canone RAI riceve una sonora - seppure non definitiva - bocciatura dal Consiglio di Stato, che per legge deve dare un parere su questo atto prima che sia promulgato. Un giudizio che arriva a metà aprile, quando mancano ormai poche settimane alla prima bolletta elettrica con dentro l'imposta della TV, quella di luglio. In un suo atto, il Consiglio di Stato lamenta che il decreto - scritto dal Ministero dello Sviluppo Economico - non offre una "definizione di apparecchio TV". E neanche precisa che il canone si versa una volta sola, anche se abbiamo più televisori in casa. E' dunque indispensabile chiarire che la famiglia deve versare la gabella un'unica volta, e soltanto se possiede una TV che riceve i programmi in modo diretto "oppure attraverso il decoder". In questo modo, il decreto chiarirà una volta e per sempre che non si deve pagare niente quando si hanno uno "smartphone o un tablet", che pure riescono oggi a intercettare il segnale televisivo. Il Consiglio di Stato osserva anche che la riscossione del nuovo canone pone un problema di privacy, vista l'elevata mole di dati che si scambieranno gli "enti coinvolti (Anagrafe Tributaria, Autorità per l'Energia Elettrica, Acquirente Unico, Ministero dell'Interno, Comuni e società private)". Eppure il decreto ministeriale non prevede neanche uno straccio di "disposizione regolamentare" che assicuri il rispetto delle normativa sulla riservatezza. Sempre il Consiglio di Stato stigmatizza la scarsa chiarezza del decreto ministeriale che pure tratta una materia molto sentita dagli italiani. Oscuro, ad esempio, è il passaggio che definisce le categorie di utenti tenute al pagamento dell'imposta per Viale Mazzini. E poi c'è il capitolo della dichiarazione che bisogna inviare all'Agenzia delle Entrate per attestare di non avere il televisore. Gli adempimenti in capo a chi non deve versare la gabella TV sono tali da imporre allo Stato una campagna d'informazione capillare, che il decreto però si guarda bene dal chiedere.

Infine il Consiglio di Stato punta l'indice sul fatto che il Ministero dell'Economia non ha dato un formale via libera (attraverso il meccanismo del "concerto") al decreto scritto dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il Ministero dell'Economia si è limitato ad una presa d'atto dell'esistenza di questo atto. In assenza del "concerto", però, si rischia di inficiare la "correttezza formale" dell'iter amministrativo. Il Sottosegretario alle Comunicazioni nega, però, che il Consiglio di Stato abbia prodotto una stroncatura:"Siamo di fronte a un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti - dice Antonello Giacomelli - peraltro nella prassi dei pareri del Consiglio stesso. Già in aula alla Camera il 6 aprile scorso avevo annunciato l'intenzione del governo di procedere ad una definizione di apparecchio TV più esplicita e meno tecnica". "Avevo dato notizia anche di una capillare campagna di comunicazione e di una proroga al 15 maggio del termine per la comunicazione alla Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni di esenzione" da parte di chi non dovrà pagare. "Anche sulla privacy - conclude Giacomelli - il testo è all'attenzione del Garante e lavoriamo insieme con spirito costruttivo perché la questione è delicata e importante". In serata, batte un colpo anche il Consiglio di Stato, con una sua nota ufficiale: abbiamo "espresso un parere interlocutorio sullo schema di decreto del Ministero dello Sviluppo Economico" sul canone, c'è scritto. Questo parere evidenzia "alcuni profili che richiedono un approfondimento da parte dell'amministrazione, quali l'individuazione di cosa si debba intendere per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo canone di abbonamento, e il rispetto della normativa sulla privacy".

Aldo Fontanarosa
14 aprile 2016
www.repubblica.it/economia/2016/04/14/news/canone_rai-13...
wheaton80
00sabato 14 maggio 2016 03:45
Sisma L’Aquila, confermate condanne per crollo Casa dello Studente

La 4/a sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato le quattro condanne per il crollo della Casa dello Studente avvenuto il 6 aprile 2009, in cui ci furono otto vittime: quattro anni per Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone e Berardino Pace, tecnici del restauro alla struttura eseguito nel 2000, e due anni e sei mesi per Pietro Sebastiani, tecnico dell'ADSU e Presidente della Commissione di Collaudo. Le accuse nei confronti degli imputati erano di omicidio colposo, disastro e lesioni. Alla lettura della sentenza da parte del Presidente del Collegio Giudicante Rocco Blaiotta, scene di commozione tra i numerosi famigliari delle vittime e i legali di parte civile presenti in aula.

11 maggio 2016
tg24.sky.it/tg24/cronaca/2016/05/11/sisma-l-aquila--crollo-casa-studente--cassazione-confer...
wheaton80
00martedì 5 luglio 2016 17:25
Mafia Capitale arriva in Regione Lazio: travolto il PD di Zingaretti


Marco Vincenzi, dimissionario

La terza ondata dell’inchiesta di Mafia Capitale si abbatte sulla Regione Lazio. Sono 28 gli indagati a cui è stato notificato ieri l’avviso di conclusione delle indagini da parte della Procura di Roma, con l’accusa di, a seconda delle posizioni, corruzione, turbativa d’asta, rivelazione di segreto d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti. Tra i nuovi nomi compaiono Marco Vincenzi, ex capogruppo al Consiglio Regionale del Lazio, Francesco D’Ausilio, ex capogruppo del PD in Consiglio Comunale e il Consigliere Regionale del PD, Eugenio Patané, si legge su “Il Tempo”.

La rete di Buzzi era presente anche in Regione Lazio
Vincenzi rischia di finire a processo con l’accusa di corruzione perché avrebbe presentato due emendamenti, approvati il 17 giugno 2014, finalizzati a mettere a disposizione direttamente ai municipi e ai comuni laziali i fondi erogati dalla Regione (1,2 milioni di euro), «così creando le premesse per consentire a Buzzi e alle cooperative allo stesso riconducibili di superare le difficoltà per accaparrarsi le risorse economiche», e di attivarsi per individuare ulteriori 600mila euro. In cambio il Consigliere Regionale avrebbe ricevuto da Buzzi un contributo di 10mila euro, per le spese della campagna elettorale di Emanuela Chioccia, candidata sindaco nel giugno 2014 al comune di Tivoli.

L’accusa: esponenti PD favorivano le coop di Buzzi
Appena ricevuto l’avviso di conclusione della indagini, Vincenzi ha deciso di rassegnare le dimissioni da Presidente della Commissione Bilancio della Regione Lazio, auto sospendendosi dal Partito Democratico. «Ribadisco la mia totale estraneità alla vicenda, sicuro di aver sempre operato nella più assoluta correttezza e nel pieno rispetto della legge», spiega il capogruppo dem in Regione che precisa:«Il contributo di 10mila euro dato da Salvatore Buzzi attraverso bonifico bancario» è «tracciato e nel rispetto della legge sul finanziamento ai partiti».

La cooperativa 29 Giugno assumeva i parenti dei politici
Nella lista dei 28 che rischiano di finire a giudizio ci sono alcuni già alla sbarra nel maxi processo in corso nell’aula bunker di Rebibbia: il ras delle coop e figura chiave della maxi inchiesta, Salvatore Buzzi, l’ex componente del tavolo sull’immigrazione Luca Odevaine, l’ex Direttore Generale di AMA Giovanni Fiscon, una delle strette collaboratrici di Buzzi, Nadia Cerrito, e l’ex collaboratrice dell’assessore alla Casa Brigidina Paone, accusata di aver ottenuto da Buzzi l’assunzione della figlia presso la cooperativa 29 Giugno in cambio della promozione in sede di Assemblea capitolina delle coop del presunto braccio economico dell’associazione di stampo mafioso.

02/07/2016
www.secoloditalia.it/2016/07/mafia-capitale-arriva-in-regione-lazio-travolto-pd-zin...
wheaton80
00sabato 26 novembre 2016 00:27
Pubblica amministrazione, Consulta boccia il cuore della riforma Madia

La riforma Madia è incostituzionale. Perché lede l'autonomia delle Regioni. E lo fa in quattro punti cruciali, il cuore stesso della riforma: dirigenti, società partecipate, servizi pubblici locali, organizzazione del lavoro. La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 251 appena emessa, non lascia adito a dubbi. La legge delega Madia (la 124 del 2015) - in pratica la legge "mamma" di riforma della pubblica amministrazione che poi si traduce in una serie di leggi "figlie" di attuazione - viola la Costituzione laddove prevede di riformare l'assetto pubblico solo "previo parere" e non "previa intesa" con le Regioni. In materie da cui queste non possono essere solo consultate: dai dirigenti della sanità alle partecipate e ai servizi locali come trasporti, rifiuti, illuminazione. Una bocciatura sonora, dunque. E una doccia fredda per il governo. Ad un giorno apppena dall'approvazione definitiva di ben cinque decreti attuativi della riforma Madia, tra cui quello importantissimo sulla dirigenza e l'altro sui servizi pubblici locali, oggi di fatto bollati come incostituzionali dalla Corte. Tutto da rifare quindi? Senz'altro la legge delega deve cambiare. E a ricasco anche tre su quattro dei decreti delegati incriminati. Si salva solo il testo unico del pubblico impiego, ma solo perché non ancora approvato dal Consiglio dei Ministri (c'è tempo fino a febbraio). Mentre gli altri tre (dirigenti, partecipate, servizi pubblici) devono di fatto essere riscritti. E questa volta non basterà il mero parere delle Regioni. Il ricorso alla Corte tra l'altro è partito proprio da una Regione, il Veneto a guida leghista, con il governatore Zaia che esulta e parla di "sentenza storica, un colpo al centralismo sanitario". A pochi giorni dal referendum costituzionale, che di fatto riporta molte materie concorrenti dalla periferia al centro. C'è da dire che la stessa legge "madre" prevede una finestra di tempo per apportare integrazioni e correttivi ai decreti figli.

Ma nel mirino della Corte c'è proprio la legge delega, cioè il quadro normativo impostato dal governo Renzi per rivoluzionare l'intero assetto della pubblica amministrazione. "Riforma Madia fallita, fallito Renzi", brinda Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia ed ex Ministro della pubblica amministrazione. La notizia è emersa proprio insieme alla convocazione dei sindacati al tavolo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, diramata dal Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, a CGIL, CISL e UIL per mercoledì 30 novembre alle 11, a Palazzo Vidoni. Accogliendo la decisione della Consulta, la Federazione Lavoratori Pubblici sottolinea che il "decreto attuativo della legge delega, relativo alla dirigenza pubblica, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, non è stato preceduto dalla prescritta intesa essendo stato acquisito semplicemente il parere della Conferenza Unificata". A questo punto, sarebbe a rischio:"Considerati i tempi per l'esercizio della delega, ormai in scadenza, è molto difficile che il Governo possa sanare l'incostituzionalità del Decreto Legislativo sulla Riforma della Dirigenza Pubblica". Da Vicenza, il commento del Premier Matteo Renzi alla sentenza:"Pensate che abbiamo fatto una legge delega con i decreti legislativi, per rendere licenziabile un dirigente pubblico che non si comporta bene, e la Corte Costituzionale ha detto che, siccome non c'è l'intesa con le Regioni, e avevamo chiesto i pareri, il decreto è illegittimo. E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Siamo circondati da una burocrazia opprimente".

Valentina Conte
25 novembre 2016
www.repubblica.it/economia/2016/11/25/news/corte_costituzionale_riforma_pubblico_impiego-152807...
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00lunedì 5 dicembre 2016 01:10
L’Unione Europea ed i collaborazionisti nostrani asfaltati sotto una valanga di no!

Un giorno storico per la Repubblica Italiana. L’assalto della finanza, tramite i collaborazionisti nostrani, è fallito. L’Unione Europea non entra definitivamente in Costituzione. Un muro composto da quasi il 60% di “no” ha fermato il golpe. Il testo che enunciava le ragioni della riforma voluta da questo governo di traditori parlava chiaro: serviva adeguare l’ordinamento interno agli stringenti vincoli europei. Le illecite riforme del 2001 e del 2012 non erano state sufficienti a legalizzare questo crimine. Ma visto che tutto ciò è fallito, visto che questo disegno eversivo è stato fermato dal popolo, la conclusione che ne possiamo trarre è unica: l’attuale normativa europea è incompatibile con la Costituzione. A questo punto mi auguro che il Tribunale di Genova, che a breve andrà a sentenza circa l’illegittimità delle cessioni di sovranità sino ad oggi compiute, ne prenda atto e ci porti fuori definitivamente da questo incubo aprendo la strada ai processi nei confronti di chi ha collaborato per tradire la Repubblica. Stasera abbiamo vinto la battaglia, ma non la guerra! È solo un primo passo, ora più decisi che mai! Domani vedremo che farà Renzi (ha annunciato le dimissioni), ma soprattutto che dirà Mattarella, l’amico della Commissione Trilaterale, che siede immeritatamente al Quirinale… Ma noi siamo qui, e non avremo pace finché non li avremo spazzati via, finché non sarà ripristinata la democrazia, finché il regno violento della finanza internazionale non sarà solo un ricordo, al pari del fascismo. Andiamo avanti! L’Italia s’è desta!

Marco Mori
05 dicembre 2016
www.studiolegalemarcomori.it/lunione-europea-ed-i-collaborazionisti-nostrani-asfaltati-sotto-una-valang...
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00martedì 20 dicembre 2016 00:07
Sentenza della Corte Costituzionale: i “Diritti Fondamentali” vengono prima del “pareggio di bilancio”

Con la sentenza n.275/2016, in merito ad una controversia tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara per quanto concerne il servizio di trasporto scolastico dei disabili, la Corte ha riconosciuto che le garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere condizionato da motivi di bilancio. Nella fattispecie, la Regione Abruzzo aveva negato in parte il finanziamento del 50% per il servizio trasporto degli studenti disabili alla Provincia di Pescara, in quanto l’articolo 6 comma 2-bis della legge regionale n.78 del 1978, aggiunto all’art.88 comma 4 del 2004, prevede l’erogazione “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa”. Nella dichiarazione di illegittimità della suddetta legge, la Consulta scrive:

11.− Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.

La sentenza conferma ciò che da anni economisti e giuristi affermano inascoltati: la costituzionalizzazione (Governo Monti) del dogma liberista del pareggio di bilancio e l’approvazione dei Trattati di Maastricht e Lisbona si pongono in antitesi con i diritti fondamentali della nostra Carta Costituzionale, che pone l’economia al servizio dell’interesse pubblico. Dopo la schiacciante vittoria del NO al Referendum, e alla luce della sentenza della Corte, le forze politiche che si sono battute per salvare la Costituzione dalla riforma Boschi-Renzi-Napolitano, dovrebbero iniziare una seria battaglia parlamentare al fine di abrogare l’attuale articolo 81. Solo così, la Costituzione potrà ritornare a garantire integralmente i diritti sociali del popolo italiano.

Qui il testo della sentenza: www.giurcost.org/decisioni/2016/0275s-16.html

Antonello Tinelli
19 dicembre 2016
www.opinione-pubblica.com/sentenza-della-corte-costituzionale-diritti-fondamentali-vengono-del-pareggio-b...
wheaton80
00sabato 18 marzo 2017 00:08
Il Governo Gentiloni abolisce i voucher introdotti dal Governo Renzi (legnata)

"Avevamo la risposta sbagliata ad una esigenza giusta e all'esigenza ora ci rivolgeremo con un confronto già nelle prossime settimane con le parti sociali e con il Parlamento". Lo dice il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, parlando del via libera del CDM all'abrogazione dei voucher. "Individueremo strumenti efficienti e moderni per regolare il lavoro saltuario e temporaneo", ha sottolineato il Premier. L'abolizione del voucher sarà applicata "naturalmente anche con le cautele necessarie a evitare che ci possano essere contraccolpi negativi, per cui il decreto prevede una fase transitoria nella quale sarà possibile utilizzare i voucher", ha aggiunto Gentiloni. "Potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre quelli già acquistati", ha precisato il Ministro Giuliano Poletti. A questo punto, il referendum promosso dalla CGIL decade, dato che chiedeva - appunto - l'abolizione del voucher. E c'è da annotare un'altra sconfitta del 'riformismo' di Renzi. Bocciato dal governo a guida PD.

17 marzo 2017
www.ilnord.it/b10031_IL_GOVERNO_GENTILONI_ABOLISCE_I_VOUCHER_INTRODOTTI_DAL_GOVERNO_RENZI...
wheaton80
00sabato 1 luglio 2017 13:28
Strage di Ustica, Stato condannato al risarcimento:“L’aereo fu abbattuto da un missile. E dopo ci furono depistaggi”

Il DC9 dell‘Itavia che si inabissò nel mare di Ustica fu abbattuto da un missile. E dopo ci furono vari depistaggi. Per questo lo Stato dovrà risarcire, e non per la prima volta, oltre 17 milioni di euro a 29 familiari delle vittime della strage del 27 giugno 1980 (in tutto morirono 81 persone). A stabilirlo una nuova sentenza, depositata ieri, pronunciata dalla prima sezione civile della Corte di Appello di Palermo. I giudici hanno rigettato l’appello che l’Avvocatura dello Stato aveva presentato contro la condanna di primo grado del tribunale civile di Palermo del settembre 2011 (oltre 100 milioni di risarcimento per 81 familiari). Secondo la Corte resta accertato il depistaggio delle indagini compiute all’indomani del disastro aereo. Il velivolo, che da Bologna andava a Palermo, con ogni probabilità fu abbattuto da un missile, ancora oggi non identificato, e a parere dei giudici civili, i Ministeri della Difesa e dei Trasporti non assicurarono adeguate condizioni di sicurezza lungo l’aerovia percorsa dal volo Itavia per raggiungere Punta Raisi. Per i giudici palermitani è esclusa l’ipotesi alternativa della bomba collocata a bordo o di un cedimento strutturale, in linea, quindi, con lo scenario della battaglia aerea e dell’intrusione di velivoli non identificati nella rotta del DC9 già tracciato dall’istruttoria conclusa nel ’99 dal giudice Rosario Priore. La Corte di Appello ha dichiarato la prescrizione del risarcimento per depistaggio, ma ha confermato il risarcimento “da fatto illecito” liquidando in tutto, in favore dei 29 familiari, oltre 17 milioni e 400mila euro di risarcimento.

“Ancora una volta la magistratura ha fatto giustizia degli eventi accaduti quella tragica sera”, commentano all’ANSA i legali dei familiari delle vittime, Daniele Osnato e Alfredo Galasso. “L’aereo Itavia – aggiungono – è stato abbattuto da un missile non identificato e i Ministeri dei Trasporti e della Difesa sono stati ritenuti colpevoli non solo di non avere garantito la sicurezza di quel volo civile ma di avere poi depistato le indagini. La Corte di Appello ha cancellato ogni contraria ipotesi, bomba o cedimento strutturale, ed è ormai assodato che quella notte nei cieli di Ustica avvenne una battaglia aerea”. Secondo i legali, il DC9 e i suoi 81 tra passeggeri e membri dell’equipaggio rimasero vittima “dei giochi di guerra di un Paese che ancora adesso non può essere identificato grazie al segreto di Stato”. “Segreto – proseguono Osnato e Galasso – che, nonostante la direttiva Renzi, è pervicacemente mantenuto. Nonostante le ragioni riconosciute ai parenti, la Corte di Appello ha ritenuto di dover ridimensionare i risarcimenti compensandoli con le eventuali indennità già ricevute. Questo consentirà allo Stato di ottenere un consistente, ed eticamente inaccettabile, sconto sulle somme che dovrà risarcire. Ma quello che è importante è il riconoscimento dell’avvenuto depistaggio e delle conseguenti responsabilità nell’accaduto”.

29 giugno 2017
www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/29/strage-di-ustica-stato-condannato-al-risarcimento-laereo-fu-abbattuto-da-un-missile-e-dopo-ci-furono-depistaggi/...
wheaton80
00martedì 28 novembre 2017 15:28
A Milano smantellate 2 organizzazioni criminali che favorivano immigrazione clandestina

Milano riciclaggio: 13 arresti

MILANO - Tredici persone arrestate e una raffica di perquisizioni. E' il bilancio dell'operazione ''Liquid Gold'', condotta dalla Guardia di Finanza di Milano. In manette sono finiti soprattutto cittadini stranieri, al centro di un'indagine coordinata dai PM Alberto Nobili e Adriano Scudieri. Le accuse contestate a vario titolo sono associazione a delinquere, riciclaggio e abusiva attività di prestazione di servizi a pagamento. Il blitz ha sgominato un gruppo criminale attivo nel riciclaggio internazionale di denaro frutto di spaccio di droga, traffico di armi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Soldi che sarebbero stati riciclati attraverso il sistema di compensazioni internazionali conosciuto come ''Hawala'', senza alcun trasferimento fisico del denaro. Tre dei tredici ordini di arresto disposti dal GIP di Milano Teresa De Pascale sono stati eseguiti in Ungheria. L'operazione della Guardia di Finanza ha anche portato al sequestro preventivo di 4 milioni di euro, di cui uno in contanti.

28 novembre 2017
www.ilnord.it/i-7093_MILANO_RICILAGGIO13_ARRESTI



Sei poliziotti arrestati


MILANO - Arrestati 6 agenti di polizia dell'Ufficio Immigrazione per condotte risalenti al 2013 e proseguite fino a metà 2016. Gli indagati, a quanto emerso, facilitavano dietro pagamento pratiche per i permessi di soggiorno. Le indagini sono state effettuate dalla Squadra Mobile di Milano a partire da alcuni arresti del novembre del 2016 nei confronti di un poliziotto che era finito ai domiciliari e di due cittadini stranieri in carcere. Ora 4 poliziotti sono finiti in carcere, 2 ai domiciliari e un settimo agente è stato sospeso dal servizio per un anno. Nella stessa operazione sono stati arrestati 3 stranieri che facevano da mediatori, uno arabo e due cinesi, mentre un italiano è stato condannato ad obbligo di firma. Gli agenti erano già stati spostati dall'incarico; alcuni erano nell'Ufficio Immigrazione della questura, altri in alcuni commissariati in cui facilitavano pratiche per carte di soggiorno e permessi. Per ogni documento potevano ricavare cifre a partire da qualche centinaia di euro. I casi sarebbero alcune decine. Tra gli arrestati non ci sono persone che ricoprono o ricoprivano ruoli di vertice. Nell'operazione è stato sequestrato anche un palazzo di pregio da 690.000 euro in provincia di Milano, in possesso di uno dei soggetti arrestati. Per i 6 agenti e i 3 stranieri arrestati l'accusa è di accesso abusivo ai sistemi informatici e a falso in atto pubblico; i 4 in carcere sono accusati anche di associazione a delinquere finalizzata all'illecito rilascio di permessi di soggiorno.

28 novembre 2017
www.ilnord.it/i-7096_SEI_POLIZIOTTI_ARRESTATI
wheaton80
00sabato 2 dicembre 2017 00:33
Galloni - Non è più capitalista l’Italia che sta battendo la crisi

Volevano ammazzare l’Italia? Ci hanno provato in tutti i modi. La bella notizia? Non ci sono ancora riusciti. E non ci riusciranno: perché il nostro Paese è più forte dei suoi potentissimi, aspiranti killer. E attenzione: c’è un’Italia che si sta risollevando. Come? Archiviando il capitalismo: una conversione silenziosa ma vincente. E’ qualcosa che non ha eguali, in tutto l’Occidente. Parola di Nino Galloni, economista post-keynesiano, già allievo del professor Federico Caffè. “La società italiana si sta già evolvendo in senso rivoluzionario”, afferma Galloni, nell’ambito di un convegno sulla Costituzione promosso dal Movimento Roosevelt, di cui è vicepresidente:



“In Italia”, rivela, “ci sono 4 milioni di imprese (su 4 milioni e mezzo) che sono ormai fuori dal capitalismo: non lavorano più per il profitto”. Si tratta di aziende che “perseguono il controllo di attività reali, che è tutta un’altra faccenda”. Aziende che “puntano alla valorizzazione del lavoro, che è esattamente l’opposto del capitalismo: è un nuovo paradigma”. E in prima linea figurano le ultimissime generazioni:“Ci sono 2,3 milioni di giovani che sono tornati all’agricoltura: senza che nessuno gliel’abbia chiesto, ci stanno sostituendo, dalla bilancia commerciale, 40 miliardi di importazioni di prodotti agricoli.

Sono cose enormi, di cui nessuno parla”. Per Galloni, sono almeno 7 milioni gli italiani che oggi stanno già interpretando questo rivoluzionario cambio di paradigma, pur nelle ristrettezze imposte dal regime ideologico neoliberista incarnato da Bruxelles, che prescrive tagli senza pietà allo Stato sociale. “Dietro”, sostiene, “c’è il fallimento di tutte quelle forze che sono passate dal welfare universale (che riguardava tutti, e che secondo me sta nella Costituzione) al welfare residuale, cioè solo per i poveri, che invece c’era già nella visione bismarckiana e liberale dei secoli precedenti”. Anche in passato, infatti, “nessuno ha mai negato che i poveri dovessero essere aiutati: ma questo non è democrazia, al limite è buon senso. Eliminare lo Stato per metterci gli enti filantropici e le “charity” è un progetto che fa parte della multinazionalizzazione della questione, con sottomissione generalizzata degli esseri umani, che è esattamente il contrario di quello che vogliamo noi», sottolinea Galloni. “La deriva qual’è stata? Difendere principi formali per tutti, e va bene, ma poi destinare risorse per tutelare solo le minoranze.

E questo”, aggiunge il professore, “ha spiazzato la sinistra dalla possibilità vera di rappresentare una maggioranza, perché è passata a difendere le minoranze”, e così «le maggioranze poi hanno seguito la Lega, Berlusconi, i 5 Stelle». Economista e insegnante (Sapienza, Luiss, Cattolica), oggi sindaco dell’INAIL e Presidente del Centro Studi Monetari, Galloni riflette sul cambio di paradigma silenziosamente in corso nel tessuto produttivo italiano:“Stiamo parlando di 7 milioni di casi, per i quali l’obiettivo non è più nemmeno la piena occupazione, o il lavoro, ma il pieno soddisfacimento dei bisogni della società. Dentro c’è l’ambiente, c’è la cura delle persone, c’è la cura e la valorizzazione del patrimonio esistente. E dietro questa solida realtà si nascondono almeno 7-8 milioni di posizioni lavorative aggiuntive, che esprimono lavoro produttivo e creativo, imprenditivo, artistico e organizzativo, in tutte le sue forme”. Questo cambio di paradigma, continua Galloni, “ci aiuta a uscire dal capitalismo”. Ed è anche “la ragione per cui poi la gente, alla fine, si allontana dalla politica”. Un tempo, gli astensionisti potevano essere qualunquisti e distratti. “Oggi, invece, quella che non va a votare, in gran parte è gente che “ci capisce”, e si dà da fare, come quei 7 milioni che ho citato”.

Resistono e “vincono”, quegli italiani, nell’indifferenza delle istituzioni. La Costituzione non li tutela? “Il punto debole della nostra Costituzione è che non si è realizzato quasi nulla, o ben poco, della parte sostanziale. Lo Stato non deve rimanere neutro, semplice arbitro, ma giocatore che scende in campo per attuare le funzioni-obiettivo contenute nei principi della Carta. Funzioni che ci portano al lavoro, alla scuola, alla sanità, alla dignità». Il Movimento Roosevelt chiede la piena attuazione della Costituzione: anziché il “reddito di cittadinanza”, sarebbe meglio garantire, per legge, la possibilità di lavoro per tutti. Come? Impegnando lo Stato a esercitare appieno la sua sovranità:“Non è vero che Maastricht l’abbia abolita”, sottolinea Galloni:“Se volesse, lo Stato potrebbe emettere tutta la moneta metallica che vuole, o anche “moneta fiduciaria”, non a corso legale e non spendibile all’estero, ma valida per pagare le tasse e coprire il disavanzo, rimediando così al pareggio di bilancio». Qualcosa bisognerà pur fare, in ogni caso, imparando da quei 7-8 milioni di italiani che, nel frattempo, in silenzio, si stanno risollevando: hanno scartato il capitalismo, puntando sul lavoro anziché sul profitto.

01/12/17
www.libreidee.org/2017/12/galloni-non-e-piu-capitalista-litalia-che-sta-battendo-l...
wheaton80
00giovedì 15 febbraio 2018 02:33
Mafia cinese, maxi operazione della polizia: arrestato il 'capo dei capi'

Erano riusciti a mettere su un'organizzazione criminale di portata europea con testa e direzione operativa a Prato. Con un obiettivo: la conquista del monopolio nel settore della logistica e dei trasporti, nella comunità cinese e il ricorso alle intimidazioni e alla violenza, con le quali via via venivano acquistate le aziende concorrenti. Alla stessa maniera della mafie tradizionali italiane ai loro albori. Ma le loro ambizioni sono finite all'alba di stamani con l'esecuzione di 33 mandati di custodia in carcere cautelare a carico di altrettanti orientali. L'operazione "China Truck", volta a sgominare la mafia cinese, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Firenze, soprattutto, ha portato alla cattura di Zhang Nai Zong, detto 'l'uomo nero', il numero uno, arrestato a Roma, in un condominio di viale Marconi ma che aveva scelto Prato come base operativa. Zhang Nai Zong aveva scalato il vertice della mafia cinese in Italia imponendo la 'pace' a Prato dopo una sanguinosa guerra fra bande, costata, è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa, numerosi morti ammazzati in città nel corso degli anni 2000. La sua organizzazione ha potuto così dedicarsi a promuovere infiltrazioni nell'economia legale e a controllare attività criminali in usura, prostituzione, droga, estorsioni, racket.

Tanto era il suo carisma criminale che appena ieri la polizia, nell'ultimo pedinamento, lo ha visto ricevere in un ristorante a Prato numerosi cinesi che lo hanno onorato anche con inchini. Tra gli arrestati c'è anche una donna: si tratta dell'amante del boss Zhang. Nella sua abitazione trovati anche 30mila euro in contanti. Sequestrate anche otto aziende, a Prato, Roma, Milano e in Francia e in Germania, oltre a immobili, veicoli e 61 conti correnti bancari. Il business principale del clan era nei trasporti, ma l'organizzazione aveva anche bische, ristoranti, locali notturni e money transfer. Complessivamente sono 54 gli indagati: 33 destinatari della misura cautelare in carcere emessa dal GIP di Firenze Alessandro Moneti con l'accusa di 416 bis e altri reati, e 21 indagati a piede libero, di cui 10 sempre per associazione a delinquere di stampo mafioso e 11 per altri reati. La maggior parte dei provvedimenti sono scattati a Prato: 25 indagati, di cui 16 arrestati e 9 denunciati a piede libero mentre sono otto gli arrestati a Roma (dove sono 10 gli indagati). A Milano e Padova sono state arrestate due persone mentre tra Firenze e Pisa gli indagati a piede libero sono 7. Altre 4 persone si trovavano invece già in carcere per altri motivi e due sono i soggetti di origine cinese arrestati in Francia (dove ci sono anche altri due indagati). Infine, due destinatari del provvedimento si trovano attualmente in Cina.

18 gennaio 2018
www.lanazione.it/cronaca/mafia-cinese-1.366910
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00lunedì 5 marzo 2018 14:34
Buone notizie: le sconfitte di PD, Bonino e partito "petaloso"

Arduo commentare i fatti delle elezioni 2018 mentre la realtà è ancora “calda” e in movimento. Quando cioè, in termini hegeliani, la nottola di Minerva della riflessione filosofica non è ancora nelle condizioni ideali per spiccare il suo volo serotino. A ogni modo alcune considerazioni possono essere svolte, sparsamente.

Il nemico è il finanz-capitalista

Sarebbe potuta andare meglio, certo. Personalmente, speravo in un fronte unico degli sconfitti del mondialismo contro il Capitale, da Marco Rizzo a Simone Di Stefano. Uniti contro il nemico. E il nemico oggi non è il fascista né il comunista: il nemico è il finanz-capitalista, con le tragedie che sta producendo.

Speravo in un partito anti-Europa

Speravo (lo ammetto) in un partito che meglio potesse trasformare in voce unificata le aspirazioni e le esigenze del Servo nazionale-popolare precarizzato e pauperizzato in nome dell’esiziale mantra «ce lo chiede il mercato» (o, il che è lo stesso, «l’Europa»). A ogni modo, non disperiamo. Non troppo. Alcune buone notizie vi sono. Ed è bene prenderne pacatamente atto, nec spe nec metu. Partiamo da quelle più sostanziose. Non riesce a raggiungere la soglia del 3% +Europa (2,4%). Queste sono notizie che colmano il cuore di gioia: cara Emma Bonino, i soldi non sono tutto, a quanto pare. L’amico Soros puntava tanto su +Europa. E invece...

Lorenzin è il declino della civiltà
Anche la sconfitta del nulla assoluto, il partito petaloso della Lorenzin (Civica Popolare), vuoto cosmico ed emblema del declino della nostra civiltà, è una splendida notizia. Danza e baldanza, direbbe il Nietzsche di Così parlò Zarathustra! E intanto, mentre tutto questo avveniva, giungeva, puntuale ut semper, l'omelia del papa laico e nichilista Eugenio Scalfari:"La sinistra per battere i populismi". Voleva dire: per battere i popoli e difendere l'interesse dell'aristocrazia finanziaria mondialista. Dà da riflettere invece la sorte meritata del Partito Democratico. Esso, partito d’elezione della classe dominante (l’aristocrazia finanziaria post-nazionale) ha cannoneggiato i lavoratori e i ceti medi, a colpi di “riforme” deemancipative (Jobs act, scuola, eccetera). E ceti medi e lavoratori l’hanno ripagato adeguatamente: affossandolo.

L'aristocrazia sceglierà nuovi riferimenti
I traditori di Marx e Gramsci sono stati traditi dalle classi che essi stessi hanno tradito violentemente: lavoratori in primis. Ma v’è da riflettere, con olimpica compostezza. Il PD è battuto. State pronti: l'aristocrazia finanziaria ora sceglierà un nuovo partito che la rappresenti a dovere. E non dite che non ve l'avevo detto.

Diego Fusaro
05 marzo 2018
www.lettera43.it/it/articoli/politica/2018/03/05/elezionirisultatisconfittepdboninolorenzin...
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00martedì 6 marzo 2018 00:17
Laura Boldrini, umiliata nel collegio a Milano, va a casa



Laura Boldrini, la pasionaria rossa, la femminista profeta di un femminismo sgangherato che voleva cambiare il mondo storpiandone le parole, è stata umiliata a Milano, dove era candidata per Liberi e Uguali nel collegio 12 uninominale alla Camera, finendo solo quarta con il 4,6 % e dando prova acclarata e manifesta che agli italiani di lei e delle sue battaglie non importa un fico secco. La Boldrini, da Presidente della Camera, ci ha quotidianamente angustiato con battaglie stucchevoli e di retroguardia, che oltretutto hanno nuociuto, e non poco, proprio alla causa che avrebbero dovuto perorare e cioè quella delle donne, causa peraltro importante, che i suoi atteggiamenti inutilmente provocatori ha seriamente compromesso. Per cinque anni la Boldrini, Presidente della Camera (ora lo possiamo dire con un sospiro di sollievo), ha fatto di tutto e di più nell’inessenziale e cioè in inutili ripicche, polemiche a ciclo continuo e proposte strampalate, come l’abbattimento dei monumenti del ventennio fascista, peraltro criticato anche dalla stessa sinistra. Anche i temi di un antifascismo esasperato ed esasperante non hanno giovato ad un clima politico alla ricerca del superamento del passato verso una vera pace sociale, e gli italiani l’hanno punita.

5 marzo 2018
www.lavocedeltrentino.it/2018/03/05/laura-boldrini-umiliata-nel-collegio-milano-...
wheaton80
00lunedì 11 giugno 2018 19:03
Soros, Bannon e la nuova centralità dell’Italia



Il diavolo e l’acquasanta
Steve Bannon e George Soros sono come il diavolo e l’acquasanta. Rappresentano simbolicamente i due fronti contrapposti della nuova guerra che sta ridisegnando la politica in Occidente. Entrambi, nei giorni scorsi, si sono schierati dentro la “questione italiana” appoggiando o attaccando il nuovo Governo Lega/M5S, a dimostrazione di come oggi il nostro Paese abbia recuperato un ruolo fondamentale nel complesso sistema di equilibri internazionali. Steve Bannon è un curioso intellettuale eclettico, eretico e reazionario, disprezzato dall’intellighenzia radical-chic; è stato l’uomo che ha costruito la campagna elettorale di Donald Trump, l’inventore della “alt/right”, la destra alternativa made in USA, il nemico giurato dell’élite globalista; in questi anni Bannon, dal suo sito Breitbart, ha lanciato strali contro le tecnocrazie internazionali e la grande finanza che vogliono distruggere Nazioni e sovranità popolari. Trump ha dovuto allontanarlo dalla Casa Bianca (dove lui stesso l’aveva nominato Consigliere strategico) sotto le pressioni del Deep State ma Bannon è rimasto centrale; oggi è in pratica la voce del trumpismo nel mondo. George Soros invece è l’ideologo dell’élite globalista; il teorico e costruttore della Società Aperta cara alla tecnocrazia apolide.

Lo speculatore privo di scrupoli che nel 1992 mise in ginocchio la nostra economia con un attacco finanziario che fece bruciare alla Banca d’Italia 48 miliardi di dollari; un disastro che le famiglie italiane pagarono con una manovra finanziaria di 93 miliardi di lire per evitare il tracollo della nostra economia. Nonostante questo, Soros è di casa in Italia, dove invece di essere cacciato con ignominia, viene invitato ai dibattiti e ascoltato come un guru. Con la sua Open Society (la fondazione ragnatela di ONG e Istituti internazionali), finanzia tutto ciò che è finanziabile dell’agenda politica della sinistra mondiale: dalle campagne elettorali dei leader liberal (da Obama e Hillary alla Bonino), alla politiche internazionali per aborto, diritti gay, liberalizzazioni droghe, multiculturalismo. È in prima fila a favore dell’accoglienza dei migranti e le sue ONG sono il passepartout per l’immigrazione clandestina in Europa. Con i suoi miliardi ha generato le rivoluzioni colorate che hanno insanguinato e destabilizzato aree intere dell’Europa orientale: l’ultima quella in Ucraina, che lui stesso si vanta di aver alimentato dal 2009. I suoi nemici principali sono Putin, Trump e Orbán, i leader di tre Nazioni che non ne vogliono sapere di lasciare pezzi di sovranità alla tecno-finanza di cui lui è espressione.

Entusiasmo e timore
Steve Bannon è entusiasta del nuovo governo italiano. George Soros lo teme. Nei giorni scorsi Bannon ha girato l’Italia tra Roma e Milano incontrandosi più volte con Salvini; ha analizzato il progetto di Flat Tax del leghista Armando Siri (“sarà un successo”, ha detto); ha parlato con diversi esponenti dei 5Stelle. Ora in Europa “hanno paura dell’Italia”, ha dichiarato; per lui siamo tornati ad essere una Nazione sovrana che può farla finita con i “diktat di Bruxelles e il fascismo dello spread”. Noi sovranisti “siamo dalla parte giusta della storia”, ha ammonito in maniera apocalittica. Tutti a prenderlo in giro. Fatto sta che al G7 di Charlevoix, Donald Trump ha fatto un’apertura di credito al neo-Premier italiano Conte inaspettata e amichevole ben sopra le previsioni, invitandolo alla Casa Bianca con tutti gli onori. Entrambi, spiazzando i leader della UE, hanno aperto al ritorno del G8 con la Russia.

twitter.com/realDonaldTrump/status/1005550889422110721?ref_src=twsrc%5Etfw&ref_url=http%3A%2F%2Fblog.ilgiornale.it%2Frossi%2F2018%2F06%2F11%2Fsoros-bannon-e-la-nuova-centralita-delli...

Anche Soros è venuto in Italia, invitato a Trento al Festival dell’Economia; e ha spiegato di essere molto preoccupato dal nuovo governo di Roma per la sua apertura alla Russia e per la volontà di spingere per togliere le sanzioni, arrivando ad affermare che l’opinione pubblica italiana deve sapere se Putin finanzia Salvini (https://2018.festivaleconomia.eu/-/di-quale-europa-abbiamo-bisogn-1) fatto che l’opinione pubblica italiana è più interessata a sapere se lui finanzia l’immigrazione clandestina con le sue ONG.

Sovranismo non è isolamento

I soloni dei grandi media e gli esperti del nulla cosmico che abbondano sul mainstream ci hanno sempre spiegato che nell’epoca della globalizzazione il richiamo al sovranismo è una sorta di malattia di auto-isolamento; ci hanno raccontato che l’Italia (che per loro è un pò come Calimero) non può rivendicare sovranità ma deve cederla se non vuole essere annullata; ennesima fake news dei loro neuroni. Oggi la nuova Italia sovranista non è più un Paese isolato; al contrario, sta recuperando centralità e ruolo internazionale come non l’aveva dai tempi di Berlusconi. Il nuovo governo di Roma piace a Washington e piace a Mosca; è temuto da Berlino e da Bruxelles e questo è un bene, perché ora lassù iniziano ad ascoltarci e non solo ad impartirci ordini. Per Trump l’Italia può aiutare a ridisegnare l’Europa facendo abbassare la testa alla prepotenza tedesca e all’arroganza della Merkel. Per Putin, l’Italia può essere l’anello di congiunzione di un nuovo dialogo tra Russia e Occidente. Bannon (e Trump), Soros (e la Merkel), dimostrano una cosa: l’Italia sta tornando al centro della scena internazionale facendo sentire le proprie ragioni. Comunque la si legga, è la prima vittoria del sovranismo.

Giampaolo Rossi
11 giugno 2018
blog.ilgiornale.it/rossi/2018/06/11/soros-bannon-e-la-nuova-centralita-del...
wheaton80
00sabato 23 giugno 2018 13:36
Lucravano sui migranti, arrestato il “re dei rifugiati” Di Donato e altri quattro

Arrestate a Benevento cinque persone per illeciti riguardanti la gestione dei centri di accoglienza per i migranti: tra le persone colpite dall’ordine di custodia cautelare l’imprenditore Paolo Di Donato, un funzionario pubblico, un impiegato del Ministero della Giustizia ed un appartenente alle forze dell’ordine, accusati a vario titolo di diversi reati di truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode in pubbliche forniture, corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio. L’indagine, partita nel novembre 2015 e coordinata dalla Procura di Benevento, ha avuto origine da un esposto ed ha fatto luce su di una serie di gravi comportamenti relativi a 13 centri di accoglienza della provincia di Benevento con circa 800 rifugiati. Le investigazioni hanno permesso di ricostruire un sistema criminale che sostanzialmente lucrava sulle assegnazioni pilotate dei migranti, sul sovraffollamento dei centri, sulla falsa attestazione di presenze degli ospiti, con la connivenza di alcuni pubblici dipendenti. Nello stesso procedimento sono indagate altre 36 persone, accusate di diversi reati. L’inchiesta ha portato agli arresti domiciliari per Paolo Di Donato, soprannominato il “re dei rifugiati”, al vertice del consorzio ‘Maleventum’. Di Donato respingeva i sospetti a suo carico osservando:“Io faccio l’imprenditore: mi occupo del sociale sì, ma non sono mica la Caritas”. In pochi anni infatti ha guadagnato un milione grazie al business dell’accoglienza cui sono stati dedicati vari servizi giornalistici. Ma ora si scopre che, stando all’impianto accusatorio, con la presunta complicità di funzionari pubblici truffava lo Stato e lucrava due volte sulla pelle dei migranti: per i quali percepiva contributi anche se molti rifugiati che risultavano ospiti delle sue strutture erano andati via da un pezzo.

Riccardo Arbusti
21 giugno 2018
www.secoloditalia.it/2018/06/lucravano-sui-migranti-arrestato-il-re-dei-rifugiati-di-donato-e-altri-quattr...
wheaton80
00domenica 24 giugno 2018 19:23
Perché un’Italia senza paura è così pericolosa per l’UE

Il vero pericolo che viene dall’Italia per l’UE non è un ipotetico piano di uscita dall’euro. O una presa di posizione più dura sull’immigrazione. Questo è un tipo di diavolo che conosciamo. La vera minaccia viene da un’improvvisa perdita della paura. È la paura dell’isolamento che nel corso dei decenni ha tenuto in riga l’Italia, pronta ad accettare ogni normativa anche manifestamente contraria all’interesse del Paese, come la direttiva sulla risoluzione delle banche o anche il trattato dell’ESM, almeno per come è costruito. Dopo che Giuseppe Conte aveva minacciato di non recarsi questa domenica al mini-summit sull’immigrazione, Angela Merkel lo ha chiamato per assicurargli che la bozza di risoluzione sarebbe stata messa da parte. Conte ha ottenuto un impegno: che da questo incontro non sarebbe arrivata alcuna conclusione. Questa è anche la posizione dei Paesi di Visegrad, con cui l’Italia è allineata. Il primo segno concreto dell’assertività italiana è arrivato a Bruxelles ieri, secondo una cronaca riportata dal Corriere della Sera. Fabrizio Massari, l’ambasciatore italiano, ha formulato una riserva formale sui fondi che l’UE ha stanziato per la Turchia e l’Africa. Il documento sottolinea giustamente che la presentazione di una riserva formale al COREPER spesso prefigura un voto negativo al Consiglio. L’articolo scrive che l’Italia passa dalle parole ai fatti. “L’Italia si sta predisponendo, senza paura delle conseguenze, a una vera e propria guerra diplomatica: sa che potrebbe non ottenere nulla, ma sembra fermamente convinta di non poter fare passi indietro, anche a costo di isolarsi”. Dobbiamo ancora vedere la reazione formale dell’Italia alle riforme dell’eurozona, ma dubitiamo che le idee franco-tedesche sopravviveranno al filtro politico italiano. Se è previsto un cambiamento del trattato, questo governo italiano richiederà come minimo la fine del fiscal compact e delle relative regole fiscali. Anche il PD lo aveva chiesto durante la campagna elettorale. La paura dell’isolamento rimane però nel DNA dei commentatori politici italiani. Massimo Franco scrive sul Corriere della Sera che con questa amministrazione questo rischio rimarrà sempre sullo sfondo.

Ricordiamo che uno dei primi atti di Matteo Renzi come Primo Ministro è stato quello di cercare di farsi fotografare con la Merkel, dopo avere a lungo denunciato le sue politiche nella fase precedente alla sua ascesa al governo. Ora è evidentemente diverso. Ciò che rende Matteo Salvini così pericoloso per l’UE è la sua completa mancanza di paura. Un tipo di politico deciso e ostinato, che nell’UE la Merkel non aveva ancora incontrato. Conte non decide da solo. Egli agisce in accordo con le istruzioni dei suoi due leader. Sull’immigrazione, è Salvini quello che conta. In questo nuovo clima politico non è intelligente da un punto di vista diplomatico per Germania e Francia perseguire la loro classica diplomazia pre-summit. La Merkel ha disperatamente bisogno di un accordo nel giro di una settimana per tenere insieme il suo governo. Cosa che sembra sempre più improbabile. Dubitiamo che Conte accetterà di firmare qualsiasi pezzo di carta che affermi che l’Italia prenderà i rifugiati dalla Germania. Accetterà solo proposte finalizzate a proteggere le frontiere esterne dell’UE. Sono in atto dei tentativi di placare la nuova amministrazione italiana. È trapelata una bozza di conclusioni del Consiglio Europeo della prossima settimana che prevede le piattaforme di sbarco regionali. Notiamo anche due importanti nomine che sembrano aver scioccato alcuni osservatori. Una è quella di Claudio Borghi alla Presidenza della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati; l’altra è quella di Alberto Bagnai alla Commissione Finanze del Senato. Sono due euroscettici. Hanno all’attivo diverse pubblicazioni sull’uscita italiana dall’euro. Abbiamo sempre detto che la campagna contro Paolo Savona era una falsa pista. Non pensiamo che questo governo pianifichi un’uscita dall’euro, anche se pensiamo che metterà in atto preparativi tecnici. Ma con Borghi e Bagnai ai posti di comando del Parlamento, il Ministero delle Finanze è fortemente costretto. Lo spread delle obbligazioni italiane ieri a un certo punto è salito a 242,6 punti base e le azioni sono calate del 2%. La Repubblica ha osservato che Salvini si stava ancora riprendendo dal rifiuto della nomina di Savona a Ministro delle Finanze.

Eurointelligence, 22 giugno 2018
vocidallestero.it/2018/06/23/eurointelligence-perche-unitalia-senza-paura-e-cosi-pericolosa-...
wheaton80
00mercoledì 27 giugno 2018 15:08
Primo colpo alla Buona Scuola: cancellata la chiamata diretta dei docenti

E' stato firmato tra MIUR e i sindacati l'accordo che prevede che il personale docente venga assegnato alla scuola dall'Ufficio Scolastico Territoriale attraverso i titoli e il punteggio della mobilità. Dunque si prevede il passaggio dei docenti dall'ambito territoriale alla scuola "disapplicando" la chiamata diretta prevista dalla Buona Scuola. In dettaglio, l'articolato prevede due fasi:

- Copertura dei posti disponibili prioritariamente con personale che ha ottenuto la mobilità su ambito con una delle precedenze previste dall'art. 13 del CCNI sulla mobilità

- Copertura dei posti residuati col restante personale, secondo il punteggio di mobilità. Quest'ultimo personale, nella presentazione della domanda, che avverrà a partire dal 27 giugno tramite l'apposita sezione di istanze online, indicherà la scuola da cui partire. Nel caso di mancata indicazione sarà considerata la scuola capofila dell'ambito

Queste operazioni saranno concluse entro il 27 luglio. Successivamente saranno effettuate le operazioni per l'assegnazione della sede per il personale neo immesso in ruolo. Anche in questo caso si seguirà il punteggio di graduatoria. I vincitori di concorso ordinario precederanno i docenti provenienti dalle graduatorie ad esaurimento. L'assegnazione della sede di incarico avverrà contestualmente all'assegnazione dell'ambito di titolarità. Soddisfazione per il risultato raggiunto è stata espressa anche dal Gilda:“Abbiamo siglato questo CCNI che salutiamo con viva soddisfazione”, dichiara Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della FGU Gilda degli insegnanti, “come un primo passaggio per l'abolizione della chiamata diretta, introdotta dalla legge 107/2015, e il ritorno alla titolarità su scuola degli insegnanti".

26/06/2018
www.huffingtonpost.it/2018/06/26/primocolpoallabuonascuolacancellatalachiamatadirettadeidocenti_a_2...
wheaton80
00domenica 1 luglio 2018 16:30
Borsellino, ‘tra i più grandi depistaggi della storia’. Dietro falsi pentiti (e agenda rossa) gli apparati che lo temevano

“È uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”. I giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta hanno depositato ieri le motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater sulla strage che il 19 luglio 1992 uccise il Procuratore Aggiunto e i poliziotti della scorta: 1.856 pagine, 12 capitoli. La corte che 14 mesi fa concluse l’ultimo processo sulla strage di via d’Amelio non fa sconti. L’atto è una pietra essenziale del lungo e faticoso lavoro di ricostruzione della verità, nella quale si fissa nero su bianco la stagione dei misteri e dei depistaggi senza fine che puntano al cuore dello Stato. Di fatto i giudici imputano il depistaggio agli investigatori dell’epoca e parlano espressamente di “disegno criminoso”. Il movente dunque sarebbe proprio da cercare nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato. “È lecito interrogarsi sulle finalità realmente perseguite dai soggetti, inseriti negli apparati dello Stato, che si resero protagonisti di tale disegno criminoso, con specifico riferimento ad alcuni elementi”, scrive la corte quando parla di “soggetti inseriti nei suoi apparati” che indussero Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni.

Gli uomini dello Stato chiamati in causa sono alcuni investigatori del gruppo Falcone e Borsellino guidati dall’allora capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera: dovevano scoprire i responsabili delle bombe, invece costruirono a tavolino alcuni falsi pentiti. Che sarebbe stata una sentenza importante lo si era compreso dalla complessità del dispositivo che, il 20 aprile del 2017, condannò all’ergastolo per strage Salvino Madonia e Vittorio Tutino e a 10 anni per calunnia Francesco Andriotta e Calogero Pulci, finti collaboratori di giustizia usati per mettere su una ricostruzione a tavolino delle fasi esecutive della strage costata l’ergastolo a sette innocenti. Per Vincenzo Scarantino, il più discusso dei falsi pentiti, protagonista di rocambolesche ritrattazioni nel corso di vent’anni di processi, i giudici dichiararono la prescrizione concedendogli l’attenuante prevista per chi viene indotto a commettere il reato da altri. Ed è a questi “altri” che la corte si riferisce nelle motivazioni della sentenza. A quegli investigatori mossi da “un proposito criminoso”, a chi “esercitò in modo distorto i poteri”. La corte d’assise di Caltanissetta, dunque, usa parole durissime verso chi condusse le indagini: il riferimento è al gruppo che indagava sulle stragi del ’92 guidato da Arnaldo la Barbera, funzionario di polizia poi morto.

Sarebbero stati loro a indirizzare l’inchiesta e a costringere Scarantino a raccontare una falsa versione della fase esecutiva dell’attentato. Sarebbero stati loro a compiere “una serie di forzature, tradottesi anche in indebite suggestioni e nell’agevolazione di una impropria circolarità tra i diversi contributi dichiarativi, tutti radicalmente difformi dalla realtà se non per la esposizione di un nucleo comune di informazioni del quale è rimasta occulta la vera fonte”. La Barbera è morto, l’inchiesta sulla scomparsa dell’agenda rossa è stata archiviata, ma a Caltanissetta, forse a maggior ragione dopo questa sentenza, si continuerà a indagare. Non si sono accontentati delle verità ormai passate in giudicato, i PM della Procura Stefano Luciani e Gabriele Paci che, anche grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, hanno riaperto le indagini sulla strage scoprendo il depistaggio. E una nuova inchiesta è già in fase avanzata e riguarda i poliziotti che facevano parte del pool di La Barbera. Ma quali erano le finalità di uno dei più clamorosi depistaggi della storia giudiziaria del Paese? si chiedono i giudici.

La corte tenta di avanzare delle ipotesi: come la copertura della presenza di fonti rimaste occulte, “che viene evidenziata”, scrivono i magistrati, “dalla trasmissione ai finti collaboratori di giustizia di informazioni estranee al loro patrimonio conoscitivo ed in seguito rivelatesi oggettivamente rispondenti alla realtà”, e, sospetto ancor più inquietante, “l’occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato”. I magistrati dedicano, poi, parte della motivazione all’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, il diario che il magistrato custodiva nella borsa, sparito dal luogo dell’attentato. La Barbera, secondo la corte, ebbe un “ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione, connotata da una inaudita aggressività, nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre”.

1 luglio 2018
www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/01/borsellino-tra-i-piu-grandi-depistaggi-della-storia-dietro-falsi-pentiti-e-agenda-rossa-cosa-nostra-e-centri-di-potere/...
wheaton80
00sabato 21 luglio 2018 01:47
Scacco al clan Casamonica: arrestato anche il pugile Domenico Spada

Vasta operazione dei Carabinieri per sgominare il clan Casamonica. Sono 37 le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal GIP di Roma, che i militari hanno eseguito fin dall’alba tra Roma e le province di Reggio Calabria e Cosenza su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di soggetti appartenenti al Clan Casamonica, ai quali viene contestato l’art. 416 bis del Codice Penale, ovvero l’associazione di stampo mafioso. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, in concorso fra loro e con ruoli diversi, di aver costituito un’organizzazione dedita a traffico di droga, estorsione e usura, commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Al vertice del clan, Giuseppe Casamonica, uscito recentemente dal carcere dopo una detenzione di 10 anni. Dietro le sbarre è finito anche il pugile e campione italiano Domenico Spada, detto Vulcano, la cui palestra è stata sequestrata stamane all’alba dai carabinieri del gruppo Frascati, diretti dal colonnello Stefano Cotugno. E’ stato proprio Cotugno a spiegare il significato del nome dell’operazione, denominata “Gramigna”, con queste parole:“La Gramigna è una erba infestante, detestata dai contadini poiché ovunque si diffondeva proliferava velocemente e rovinava le colture. Una pianta che si insinua tra le erbe buone ed è difficile da estirpare. L’accostamento allo stile dei Casamonica è facile farlo”. Tra le vittime di usura, secondo la ricostruzione degli inquirenti, c’era anche il conduttore radiofonico Marco Baldini. I Casamonica, la cui roccaforte è nella zona di Porta Furba, sono un gruppo strutturato e fortemente unito anche per il vincolo di sangue e di lingua (un dialetto sinti) tra gli affiliati, capace di stabilire solidi legami con le famiglie più influenti della ‘ndrangheta calabrese.

In una delle intercettazioni si parla di loro in questi termini:“È la famiglia più pericolosa d’Italia, perché sono degli animali che squartano le persone, lo sanno tutti, sparano in testa veramente perché so zingari, so tanti, sono dappertutto”. Per definire i caratteri dell’associazione mafiosa, dedita ad estorsioni, traffico di droga e altri reati, sono state utili le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (Massimiliano Fazzari e Debora Cerreoni, che è stata sposata con Massimiliano Casamonica, fratello dell’attuale capoclan Giuseppe) e le intercettazioni. Numerosi i beni sequestrati: un ristorante al Pantheon, una discoteca a Testaccio, un centro benessere al Tuscolano e la palestra di Domenico Spada a Ciampino, oltre a numerosi conti correnti ed autovetture. Durante le indagini sono stati sequestrati anche quattro alloggi popolari: uno ad Ostia in piazza Gasparri, uno a Pietralata e altri due sparsi tra Roma e Provincia. Secondo quanto emerso dall’indagine, gli alloggi erano occupati irregolarmente da alcuni degli indagati ed è stato accertato come da oltre 10 anni uno di essi sia stato sottratto con la violenza e la minaccia armata al legittimo possessore, un ultrasettantenne ora costretto a vivere in strada. “Chi vi ha mandato? Salvini?”. Questa, secondo quanto si è appreso, una delle frasi pronunciate all’indirizzo dei Carabinieri da uno degli appartenenti alla famiglia Casamonica questa mattina durante il blitz in vicolo di Porta Furba. Duro il commento del Ministro dell’Interno su Facebook:“Anche per loro la PACCHIA è finita”. Salvini ha lanciato anche l’hashtag #lamafiamifaschifo.

Ernesto Ferrante
17 luglio 2018
www.opinione-pubblica.com/scacco-al-clan-casamonica-arrestato-anche-il-pugile-domenic...
wheaton80
00giovedì 9 agosto 2018 01:51
Decreto Dignità: la norma anti-delocalizzazione

Le imprese che hanno utilizzato agevolazioni e incentivi pubblici non possono delocalizzare per cinque anni, nemmeno spostandosi all’interno dell’Unione Europa. Se lo fanno, non solo perdono l’agevolazione, dovendo restituire quanto incassato, ma pagano anche una sanzione. E’ la norma anti-delocalizzazione contenuta nel Decreto Dignità approvato dal Governo Conte, che riguarda in particolare le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell’attribuzione del beneficio. E prevede che non possano delocalizzare, in tutto o in parte, l’attività economica interessata dall’agevolazione, ovvero un’attività analoga, per cinque anni dalla conclusione dell’attività agevolata. Se lo fanno, decadono dal beneficio, restituiscono l’agevolazione applicando il tasso di interesse maggiorato fino a cinque punti e pagano una sanzione che può andare da due a quattro volte l’importo dell’aiuto. Saranno le diverse amministrazioni pubbliche a stabilire regole di prassi e tempistiche per l’applicazione delle sanzioni e la restituzione degli aiuti ricevuti. C’è anche una clausola di transizione, per cui per le agevolazioni già in corso le amministrazioni hanno 180 giorni per apportare i necessari adeguamenti alla disciplina.

Attenzione
La stessa regola vale anche per l’iperammortamento Industria 4.0. Le imprese che hanno acquistato macchinari digitali utilizzando l’agevolazione, non possono cederli ad altri o destinarli a strutture produttive fuori dall’Italia. In questo caso, però, la trasgressione è punita sostanzialmente con la decadenza dall’ammortamento al 250% e alla restituzione di quanto eventualmente già dedotto (attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile). Per le imprese che ricevono agevolazioni c’è anche una analoga norma che tutela l’occupazione: se utilizzano agevolazioni che prevedono una valutazione di impatto occupazionale, non possono ridurre l’organico per cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa incentivata. Anche in questo caso, sono le singole amministrazioni a stabilire modalità di attuazione e tempi, provvedendo comunque entro sei mesi a introdurre la regola agli aiuti in essere. Per le misure di aiuto che, pur non prevedendo la valutazione dell’impatto occupazionale ai fini dell’attribuzione dei benefici, richiedono una valutazione delle ricadute economiche e industriali dei progetti agevolati, la norma si applica se la riduzione di organico preclude il raggiungimento degli obiettivi.

Barbara Weisz
4 luglio 2018
www.pmi.it/economia/lavoro/273443/decreto-dignita-la-norma-anti-delocalizzazi...
wheaton80
00venerdì 10 agosto 2018 16:54
Gioco d’azzardo: Caritas Roma, “apprezzamento” per le misure contenute nel “Decreto Dignità”

La Caritas di Roma esprime “apprezzamento” per l’approvazione della normativa che regolamenta, in parte, il gioco d’azzardo e le scommesse sportive. Le nuove disposizioni, contenute nel cosiddetto “Decreto Dignità” approvato oggi in via definitiva dal Senato, introducono una serie di misure che mettono un freno al dilagare di un fenomeno che sempre più grava sulle famiglie italiane, soprattutto su quelle povere. Sono infatti previsti il divieto assoluto di pubblicità e di sponsorizzazioni, equiparando così le scommesse al tabacco; l’obbligo della tessera sanitaria per giocare alle slot-videolottery, una misura che consentirà, con opportuna regolamentazione, anche l’introduzione di un massimo di spesa per giocatore e il controllo più capillare del divieto per i minorenni; l’introduzione del marchio “no slot” per tutti i locali pubblici che rifiutano l’installazione di slot-vlt; l’avvertenza “nuoce alla salute” su biglietti di lotterie istantanee, gratta e vinci, schermi slot-vlt; l’aumento delle sanzioni per chi viola i divieti. “Finalmente”, commenta Mons. Enrico Feroci, Direttore della Caritas di Roma, “il Parlamento italiano ha preso coscienza della gravità della situazione. Come Caritas ringraziamo i gruppi parlamentari e gli esponenti di governo che si sono battuti per introdurre misure così importanti. Impegno non semplice, come dimostrano i numerosi tentativi falliti nel passato. Il divieto di pubblicità e il controllo dell’identità dei giocatori sono capisaldi per tutte le politiche di regolamentazione e di prevenzione del “disturbo da gioco d’azzardo” che si vorranno mettere in atto in futuro”. Insieme alle associazioni e organizzazioni che si impegnano in questo ambito, “vigileremo affinché i provvedimenti approvati siano rispettati: ci preoccupa il potere economico delle lobby legate al settore e l’influenza che queste esercitano sugli editori attraverso i consistenti investimenti pubblicitari. Per questo rivolgiamo un appello al mondo dello sport, professionistico e dilettantistico, affinché si liberi al più presto da questo giogo e sappia trovare finanziamenti che rispecchino i valori che contraddistinguono lo spirito di ogni atleta”. Mons. Feroci auspica che “tutti i gruppi parlamentari collaborino proficuamente”.

7 agosto 2018
agensir.it/quotidiano/2018/8/7/gioco-dazzardo-caritas-roma-apprezzamento-per-le-misure-contenute-nel-decreto-...
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