Un pò di giustizia in Italia

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wheaton80
00giovedì 23 agosto 2018 18:21
L'Italia dice addio all'Air Force Renzi

Il Governo Italiano ha ufficialmente rescisso il contratto di leasing per l'aereo a turbogetto di lungo Airbus 340-500 per le esigenze del Primo Ministro; in Italia l'aereo è stato soprannominato con scherno Air Force Renzi, dato che era stato voluto dall'ex Premier Matteo Renzi. La decisione è stata comunicata dal Ministro della Difesa Elisabetta Trenta su Facebook. Secondo il capo del dicastero militare italiano, il personale tecnico del Ministero della Difesa ha recentemente avuto una riunione con i rappresentanti di Alitalia per "mettere fine definitivamente al caso dell'Airbus di Matteo Renzi". "Proprio oggi la questione è stata chiusa. D'ora in poi l'aereo, vecchio simbolo dell'arroganza del potere, non c'è più! E' un passo nella giusta direzione, perché il Paese ed i suoi cittadini meritano un rapporto normale, ma soprattutto il rispetto!", la Trenta ha scritto su Facebook. Su iniziativa di Renzi, il velivolo Airbus 340-500 era stato messo a disposizione del governo nel 2016 con un contratto di leasing con la compagnia aerea Etihad Airways, che detiene il 49% delle azioni di Alitalia.

23.08.2018
it.sputniknews.com/italia/201808236402867-governo-Trenta-palazzo-chigi-viaggi-Alitalia-Airbus-Renzi-M...
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00venerdì 28 settembre 2018 01:37
RAI, Marcello Foa è il nuovo Presidente

Via libera dalla Vigilanza: Marcello Foa è il nuovo Presidente della RAI, dopo aver ottenuto la maggioranza qualificata dei componenti della commissione bicamerale dopo la votazione a scrutinio segreto. Il semaforo verde è arrivato con i voti a favore di Lega, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Non hanno partecipato al voto in segno di protesta i parlamentari del PD e Pier Ferdinando Casini. LeU ha votato no. In totale il parere favorevole è arrivato con 27 sì, tre no, una scheda bianca e una nulla. Otto commissari non hanno partecipato al voto. "La votazione ha avuto esito favorevole", ha annunciato il Presidente della Vigilanza RAI Alberto Barachini. "Sono per il pluralismo autentico, non ho mai voluto mancare di rispetto a Mattarella", ha detto oggi Foa nella sua audizione in Vigilanza. Il primo agosto, nella stessa commissione, a Foa erano mancati i voti necessari (almeno 27 su 40) all'elezione, dopo che i membri di Forza Italia si erano astenuti aprendo così una frattura nel centrodestra. Frattura ricucita proprio nei giorni scorsi e che ha riaperto i giochi per il giornalista italo-svizzero. Il via libera della Vigilanza alla riproposizione dello stesso nome arrivato la scorsa settimana ha quindi portato alla sua elezione.

Chiara Sarra
26/09/2018
www.ilgiornale.it/news/politica/rai-marcello-foa-nuovo-presidente-1581...
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00sabato 29 settembre 2018 01:40
Jobs Act bocciato dalla Corte Costituzionale

La Consulta boccia il criterio di determinazione delle indennità di licenziamento del Jobs Act. Nello specifico, si legge nel comunicato della Corte, viene dichiarato "illegittimo l'articolo 3, comma 1, del Decreto legislativo n.23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte - non modificata dal successivo Decreto legge n.87/2018, cosiddetto 'Decreto dignità' – che determina in modo rigido l'indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato".

Jobs Act: incostituzionale criterio indennità licenziamento
Per la Consulta, in sostanza, "la previsione di un'indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione". Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti, invece, sono state dichiarate inammissibili o infondate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

26/09/2018
www.studiocataldi.it/articoli/31969-jobs-act-bocciato-dalla-corte-costituzio...
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00lunedì 1 ottobre 2018 16:02
Fassina (LeU):"Questo DEF doveva farlo il PD. Governo coraggioso"

Da uomo di sinistra, che cosa pensa del DEF approvato dal Governo Lega-M5S con il deficit/PIL al 2,4% per tre anni?
"Sono stati fissati obiettivi necessari e coraggiosi. E, proprio perché coraggiosi, anche pericolosi, in quanto colpiscono interessi che, ovviamente, reagiscono rispetto a una politica di bilancio che, finalmente, pone le condizioni per tornare ad affrontare le priorità economiche e sociali. Poi vedremo nella Legge di Bilancio come il governo utilizzerà questo spazio di extra-deficit".

Quali sono questi interessi che reagiscono e in che modo lo fanno?
"Come reagiscono è semplice, con la vendita dei nostri titoli di Stato. E parlo di tutti coloro che vogliono mantenere lo status quo, ovvero il pesante sfruttamento del lavoro e un modello che favorisce le grandi imprese che esportano e la grande finanza. Questi poteri hanno i propri capisaldi in Germania. E, come è successo con Syriza in Grecia, verso chi compie atti di insubordinazione c'è una reazione forte".

La bocciatura UE della manovra è abbastanza scontata...
"Non lo so, ma è l'aspetto meno preoccupante. Il punto è che cosa farà la BCE in interazione con Berlino. Sono fenomeni politici e non economici, scelte politiche che la Banca Centrale Europea prende in stretta relazione con il governo tedesco. Devo dire però che l'attenzione manifestata da Manfred Weber, capogruppo del PPE all'Europarlamento e candidato della Merkel alla Commissione, verso i sovranisti, rispetto ai quali si è posto come pontiere, mi porta a dire che non necessariamente ci sarà una rigidità dalle parti di Berlino. Quelli fissati nel DEF sono obiettivi necessari e coraggiosi, quindi pericolosi, perché è una partita tutta politica. Bisogna vedere cosa faranno anche i governi di quei Paesi extra-europei che sono stati visitati in queste settimane da Tria, Savona e Conte con i loro fondi sovrani e le loro banche centrali. Ripeto, è una partita tutta politica che inevitabilmente si apre. Tuttavia, finalmente la politica ritrova il primato sull'economia".

Quindi Cina, Russia e USA potrebbero comprare BTP al posto della BCE quando finirà il QE?

"Non è un'ipotesi da escludere. Si apre un gioco politico dove ci sono attori e interessi diversi nei confronti dell'Italia che interagiranno".

Obiettivi coraggiosi ma pericolosi ha detto, perché?
"Potrebbe esserci lo scenario greco, che però penso non convenga a nessuno visto il peso finanziario dell'Italia, decisamente superiore a quello della Grecia. Vi sarà un'attenzione anche perché il governo ha fissato un obiettivo distante dall'autolesionismo del Fiscal Compact, ma con il 2,4% aumenterà la crescita e tutto ciò avrà effetti compensativi sul debito pubblico. Non stiamo parlando di un obiettivo di deficit fuori dal mondo, ma certamente di una rottura e di una forzatura rispetto al Fiscal Compact. Un'azione necessaria, poi vedremo che uso ne farà il governo. Un conto sono investimenti pubblici che si moltiplicano, altro operazioni di carattere elettorale. Ma oggi ci sono le condizioni per fare investimenti pubblici; ieri con l'1,6% o anche con il 2 non c'erano".

Qual'è il provvimanteo che la convince maggiormente? Il reddito di cittadinanza?

"Il reddito di cittadinanza vedremo come verrà fatto. Se sarà un reddito di inclusione e punterà al potenziamento della promozione del lavoro, bene; se invece sarà solo assistenzialismo puro non funzionerà perché sarebbe uno strumento di passivizzazione e di manenimento della marginalità sociale. Il modello deve essere il REI (Reddito di Inclusione, ndr) potenziato significativamente. L'altro provvedimento importante e positivo è l'allargamento del forfettone fiscale per le partite IVA, ovvero l'innalzamento della soglia di fatturato alla quale si applica l'aliquota del 15%".

Strano che un uomo di sinistra come lei dica queste cose di un governo dove dentro c'è un partito, la Lega, che per molti suoi colleghi è razzista e fascista. No?
"A parte che non ritengo che siamo di fronte ad un governo fascista, penso che prendano misure sbagliate rispetto a problemi veri. Dopodiché, come dissi quando fu bloccata la nomina di Savona, è necessario cambiare rotta e a farlo è un governo che per alcuni aspetti non condivido, anche se tutto ciò avrebbe dovuto farlo la sinistra ma non lo ha fatto perché pesantemente sfiduciata da parte di quelle categorie sociali che avrebbe dovuto rappresentare e che invece ora si affidano a chi sta al governo. Se chi governa attua provvedimenti nella giusta direzione, tali misure vanno sostenute perché fanno gli interessi di coloro che proprio la sinistra dovrebbe rappresentare. Purtroppo la larga parte degli eredi della sinistra storica ha definitamente deciso di difendere gli interessi dei più forti".

Alle elezioni europee del 2019 potrà nascere un sovranismo di sinistra?
"E' già nato. Mélenchon in Francia, con una piattaforma che da noi a sinistra definiscono per ottusità populista e sovranista, ha preso oltre il 20% alle Presidenziali. E c'è una parte della Linke, quella della Wagenknecht, che ha lanciato un movimento che sta ottenendo un consenso molto ampio proprio sulla stessa linea di Mélenchon".

Una linea che non è certo quella di Renzi...
"Assolutamente no. Lo spazio c'è, ma oggi è occupato, con tante contraddizioni, dal M5S. Uno spazio che va riconquistato. Con alcuni compagni e con alcune compagne e con tanti intellettuali l'8 settembre scorso abbiamo lanciato l'associazione 'Patria e Costituzione', che ha scandalizzato la sinistra del 'main stream', sia radicale che riformista, perché afferma il primato della nostra Costituzione sui trattati europei".

Una convergenza al Parlamento Europeo tra sovranisti di destra e di sinistra?
"Un'alleanza è impraticabile perché ci sono questioni di fondo che sono inconciliabili. C'è un'evidente distanza ma c'è anche un'alternativa radicale all'europeismo liberista di Macron, del PD e dell'SPD".

Alberto Maggi
28 settembre 2018
www.affaritaliani.it/politica/fassina-leu-questo-def-doveva-farlo-il-pd-governo-coraggioso562908.html?re...
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00domenica 21 ottobre 2018 00:46
I dati INPS promuovono il “Decreto Dignità”

Contratti a termine dimezzati (165.998 ad agosto a fronte dei 310.838 di luglio) e trasformazioni di quelli già in essere negli attesi contratti a tempo indeterminato (35.516). Iniziano a palesarsi gli effetti del Decreto Dignità, tanto dileggiato dai rottamatori del lavoro renziani. I dati di agosto 2018 dell’Osservatorio sul Precariato evidenziano una frenata nell’attivazione dei rapporti a termine, dovuta evidentemente all’irrigidimento delle regole. Migliora il trend già positivo per le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato, registrato nei primi otto mesi del 2018, rispetto allo stesso periodo preso come riferimento del 2017. Nel settore privato, nel periodo gennaio-agosto 2018, le assunzioni sono state 5.045.926, in aumento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2017. In crescita risultano tutte le componenti: contratti a tempo indeterminato +3,1%, contratti a tempo determinato +6,5%, contratti di apprendistato +12,5%, contratti stagionali +4,1%, contratti in somministrazione +12,3% e contratti intermittenti +7,3%.

La dinamica dei flussi
Nei primi otto mesi dell’anno si conferma l’aumento delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato (+119.475), che registrano un forte incremento rispetto al periodo gennaio-agosto 2017 (+62,5%). Le cessazioni sono state 4.160.178, in aumento rispetto all’anno precedente (+10,5%): a crescere sono le cessazioni di tutte le tipologie di rapporti a termine, soprattutto contratti intermittenti e in somministrazione, mentre diminuiscono quelle dei rapporti a tempo indeterminato (-3,7%). Nei primi otto mesi del 2018 sono stati incentivati 78.287 rapporti di lavoro con i benefici previsti dall’esonero triennale strutturale per le attivazioni di contratti a tempo indeterminato di giovani: 42.148 riferiti ad assunzioni e 36.139 relativi a trasformazioni a tempo indeterminato. Aumentano i contratti a tempo indeterminato, dunque. Però è necessario intensificare i controlli. Troppi pseudo-imprenditori, alla scadenza dei contratti a termine stanno invitando i lavoratori ad aprire partite IVA con il ricatto del licenziamento. Pubblicato l’Osservatorio Cassa Integrazione Guadagni con i dati di settembre 2018. Il numero di ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate a settembre 2018 è stato di 11.319.157, in diminuzione del 44,18% rispetto allo stesso mese del 2017. Nel dettaglio, a settembre 2018 le ore autorizzate per gli interventi di: Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) sono state 5.503.831, in diminuzione del 25,64% rispetto a settembre 2017; Cassa Integrazione Guadagni Straordinari (CIGS) sono state 5.785.004 (2.146.819 di solidarietà) in diminuzione del 44,86% rispetto a settembre 2017; Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD) sono state 30.322, in diminuzione del 98,73% rispetto a settembre 2017. Ad agosto 2018 sono state presentate 112.429 domande di NASpI e 2.051 di DIS-COLL. Nello stesso mese sono state inoltrate 445 domande di ASpI, mini ASpI, disoccupazione e mobilità, per un totale di 114.925 domande, in aumento del 8,5% rispetto ad agosto 2017.

Ernesto Ferrante
20 ottobre 2018
www.opinione-pubblica.com/i-dati-inps-promuovono-il-decreto-...
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00domenica 21 ottobre 2018 19:23
Folkerts-Landau (Deutsche Bank) attacca l'UE:'Sto con l'Italia, paga più di tutti'

L'Italia che aumenta il debito per finanziare le proprie misure sociali è una prospettiva che non affascina l'Europa. Il Ministro Tria ha già ricevuto una lettera in cui da Bruxelles vengono mosse tutte le perplessità rispetto all'idea che il Paese possa mantenere gli impegni con un debito ampliato fino al 2,4%. E, al di là delle comunicazioni ufficiali, le dichiarazioni pubbliche di Juncker, Presidente della Commissione Europea, dimostrano come l'idea di un "muro contro muro" tra Roma e l'UE sulle politiche economiche sia tutt'altro che un'ipotesi remota. Conte, Di Maio e Salvini hanno già detto che hanno poche o nulle intenzioni di indietreggiare rispetto a quella che definiscono "manovra del popolo".

L'Italia è fondamentale per l'Europa
L'aumento dello spread costante e la risposta dei mercati raccontano come l'economia internazionale non si fidi delle potenziali politiche di crescita messe in atto dal Governo italiano. A sua volta, chi ha voce in capitolo all'interno dell'esecutivo dice di non temere le risposte dell'economia internazionale, anche perché l'Italia è un Paese virtuoso. Un punto di vista piuttosto in voga nelle forze di maggioranza, ma che viene condiviso da David Folkerts-Landau, capo economista della Deutsche Bank. La sua analisi si sofferma sia sui tecnicismi delle ultime vicende che sui potenziali effetti sociali. L'Italia, secondo l'esperto, avrebbe un avanzo di bilancio se non fosse per gli interessi che sta pagando. Sottolinea inoltre come lo sforzo fiscale italiano, ad oggi, sia il più corposo che si conosca in Europa. L'Italia avrebbe accumulato avanzi primari per il 13% del PIL, persino più della Germania (5%). “L'Italia”, afferma in questo senso, “è il Paese più virtuoso in Europa". Il suo intervento è stato tra gli altri ripreso dal blog ilblogdellestelle.it, organo d'informazione del movimento grillino.

Folkerts-Landau non approva comportamento europeo su manovra
Il capo economista della Deutsche Bank, in questa fase, non approva il comportamento dell'Europa. Paragona il ruolo dell'UE a quello di qualcuno che si presenta davanti al Governo italiano con una "mazza da baseball" e dice:"Devi diminuire il deficit affinché sia sostenibile". Questo, secondo Folkerts-Landau, va "contro le ragioni e le logiche politiche". La ritiene infatti una minaccia, una pressione che rischia di far radicalizzare la Nazione, generando un pericolo per l'esistenza dell'Eurozona. “Sì”, ha detto, “sto dalla parte degli italiani su questa discussione".

21/10/2018
it.blastingpop.com/economia/2018/10/folkerts-landau-deutsche-bank-attacca-lue-sto-con-litalia-paga-piu-di-tutti-002752...
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00mercoledì 24 ottobre 2018 22:40
Nasce l'asse tra Italia e Russia. Il Cremlino al fianco del governo



Successo della visita del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Russia. Mentre l'Unione Europea si schiera contro l'Italia, il governo trova un importante alleato nel Cremlino. Si è svolto a Mosca l'incontro tra il Premier e il Presidente russo Vladimir Putin. Conte e Putin si sono stretti la mano nella sontuosa Sala Verde del Cremlino, dove sono schierate quattro guardie in alta uniforme. Sono presenti anche il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, il Ministro dell'Industria e del Commercio russo Denis Manturov, il Consigliere del Cremlino per la Politica Estera Iuri Ushakov, l'ambasciatore italiano Pasquale Terracciano e il Consigliere Diplomatico della Presidenza del Consiglio Pietro Benassi.

"Mi auguro che lei possa venire in Italia al più presto, manca da troppo tempo: non vorrei che il popolo italiano pensasse che lei non gli presta attenzione". Così il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso dei saluti di rito prima dell'inizio dei negoziati con il Presidente russo Vladimir Putin. "La nostra economia è solida e il governo farà la sua parte: dobbiamo fare squadra, sistema, governo, imprenditori e lavoratori". Lo ha detto il Presidente del Consiglio Conte incontrando in mattinata a Mosca una delegazione di imprenditori del settore delle calzature, alla presenza dell'ambasciatore italiano in Russia Pasquale Terracciano e del Direttore dell'ICE di Mosca, Pierpaolo Celeste. "Agli imprenditori stiamo riservando attenzione nella manovra anche con sgravi fiscali.

L'Italia è la seconda manifattura in Europa; nel 2018 l'export con la Russia ha ripreso slancio e mi auguro che anche voi possiate prendere questo treno", ha aggiunto Conte rispondendo alle richieste di sostegno della Presidente di Assocalzature, Annarita Pilotti, che in particolare ha chiesto che vengano finalmente tolte le sanzioni alla Russia, sollevando una vera e propria ovazione tra gli espositori presenti. "La Russia è un partner strategico dell'Italia e mi darete atto che fin da subito ho dimostrato particolare attenzione per questo Paese". Lo ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Mosca incontrando una delegazione di imprenditori italiani del settore delle calzature. "Sono qui oggi per dimostrare al Presidente Putin la costante disponibilità dell'Italia al dialogo: le sanzioni non possono essere un fine ma un mezzo per risolvere le divergenze".

Rosneft: con ENI e Saipem nel Mar Nero
La joint venture costituita vede una partecipazione di Rosneft al 66,67% e di ENI al 33,33%. Come nel marzo scorso, la major italiana non conferma le indiscrezioni russe ma conferma i progetti congiunti che continuano a legare ENI e Rosneft, dall’Egitto al Golfo del Messico. Tanto è vero che l’AD di ENI, Claudio Descalzi, ha incontrato martedì a Mosca il numero uno di Rosneft, Igor Sechin. Un incontro "molto cordiale” che è stato anche occasione per affrontare “i possibili scenari futuri” della collaborazione tra ENI e Rosneft, “ovviamente nel pieno rispetto delle regole internazionali”.

24 ottobre 2018
www.affaritaliani.it/politica/nasce-l-asse-tra-italia-e-russia-il-cremlino-al-fiancodelgoverno568335.html?re...
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00giovedì 25 ottobre 2018 22:07
Conte da Putin:“Sanzioni da superare”. Firmati 13 accordi commerciali Italia-Russia

Sanzioni, Siria, Libia, Ucraina e tutti gli aspetti della cooperazione bilaterale fra Russia e Italia che possono, anzi "devono", esprimere tutto il loro potenziale. La prima del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Russia, accolto con calore dal leader russo Vladimir Putin al Cremlino, si chiude suggellando la storica intesa fra Roma e Mosca. Con lo zar che sulla tanto chiacchierata ipotesi di un aiutino russo al debito pubblico italiano non chiude la porta:"Non c’è nessuna remora politica all’acquisto dei vostri titoli di Stato, l’Italia ha basi economiche molto solide".

Putin:“I problemi tra Italia e UE saranno risolti”

Putin, ad ogni modo, ha sottolineato che oggi la questione non è stata discussa nei colloqui avuti con Conte. “Non siamo venuti qui a chiedere alla Russia di comprare i titoli italiani attraverso il suo fondo sovrano”, ha aggiunto il Premier, notando che l’economia italiana è “forte” e che questo "ci viene riconosciuto più all’estero che in patria". “Se poi”, ha rimarcato con un sorriso, “il fondo volesse davvero comprarli farebbe un affare". Insomma, nessun mistero, nessun intrigo, solo valutazioni di natura "tecnica". Putin si è detto consapevole del dibattito "intorno al debito italiano" e delle differenze di vedute fra Italia e Commissione Europea riguardo alla manovra. "Su questo aspetto noi non ci intromettiamo ma siamo sicuri che i problemi saranno risolti". L’Italia d’altra parte resta agli occhi della Russia un partner affidabile e lo zar ha detto chiaro e tondo di aspettarsi che gli investimenti diretti possano crescere. Non a caso al termine dei colloqui privati Putin, seduto accanto a Conte, ha ricevuto una delegazione di imprenditori italiani attivi in Russia come Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Francesco Starace (ENEL), Guido Barilla, Claudio De Eccher (CODEST), Philippe Donnet (Generali) e Gianni Armani (ANAS), per citarne solo alcuni.

Nel corso dell’evento, ospitato tra i marmi e gli ori della sala di Alessandro, è stata trasmessa in videoconferenza l’inaugurazione di uno stabilimento per la produzione di motori elettrici ad alta tensione della società "Motori elettrici russi" a Celiabinsk (costruito in cooperazione con la società italiana NIDEC). Quindi, prima della conferenza stampa congiunta, la cerimonia della firma degli accordi e delle intese (13 in tutto) per un controvalore pari a circa 1,5 miliardi di euro. Un tema, quello della cooperazione bilaterale, che è stato il vero cuore della visita di Stato di Conte, peraltro evidenziato anche nel corso dello scambio di vedute con il Premier russo Dmitri Medvedev, poco prima della colazione di lavoro con Putin e durata ben oltre il tempo previsto.

“Stabilizzare la Siria per ridurre il problema migratorio”
Lo zar, che ha aggiornato il suo ospite sull’andamento della crisi siriana, sottolineando come la stabilizzazione di Damasco contribuirà a "ridurre" il problema migratorio in Europa, ha ribadito di apprezzare la posizione italiana sulla Libia e ha promesso il suo sostegno alla conferenza di Palermo, per quanto non abbia confermato (ma nemmeno escluso) la sua presenza. Di sicuro ci sarà una delegazione russa "di alto livello". Conte, dal canto suo, ha voluto ribadire, "in questa occasione solenne", che le sanzioni alla Russia "non sono un fine ma uno strumento, da superare il prima possibile". Sulla questione del veto italiano in sede UE al rinnovo delle misure il Premier ha però messo in chiaro che il sostegno all’Europa "non è in discussione" e che l’Italia, piuttosto, ha l’ambizione di "persuadere i partner" e puntare "al dialogo", consapevole che all’attuazione degli accordi di Minsk per superare la crisi ucraina "non vi è alternativa". Conte ha poi invitato Putin in Italia quanto prima. “Lei”, ha osservato, “manca da troppo tempo...”.

13 tra accordi e intese Italia-Russia
Ambiente, energia, infrastrutture, sono solo alcuni dei settori su cui, alla presenza del Premier Giuseppe Conte e del Presidente russo Vladimir Putin, nella Sala della Malachinte al Cremlino, sono stati scambiati 13 tra accordi e intese per un valore stimato, in prospettiva, di circa 1,5 miliardi di euro, firmati nel corso della visita di Conte a Mosca. Di seguito, l’elenco dettagliato dei documenti firmati:

- Il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Mare della Repubblica Italiana e il Ministero delle Risorse Naturali e dell’Ecologia della Federazione Russa hanno siglato un memorandum d’intesa nel campo della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile

- ENEL ha firmato il prolungamento dell’accordo, in scadenza nel 2023, per il contratto di fornitura di energia elettrica alle Ferrovie Russe (RZD)

- Barilla e la Regione di Mosca hanno firmato un Memorandum of Understanding per l’acquisizione di un terreno per realizzare un nuovo mulino, uno stabilimento produttivo e un magazzino e un raccordo ferroviario a esso collegato

- Pietro Fiorentini e Rosneft hanno siglato un accordo di cooperazione industriale per la produzione di impianti "Hipps" (impianti meccanici che evitano sovraccarichi di pressione nelle tubature utilizzate nell’oil & gas)

- L’azienda italiana di biotecnologie Bio.On e il gruppo del Tatarstan Taif hanno siglato un accordo per la realizzazione di un impianto di produzione di plastiche biodegradabili

- Il Gruppo Adler, che progetta, sviluppa e industrializza componenti e sistemi per l’industria del trasporto, e il Fondo Strategico Italiano hanno firmato con il Fondo di Investimenti Diretto Russo (RDIF) un accordo per la creazione di un impianto di autocomponentistica in Russia

- Il Gruppo Ferretti ha firmato con il Fondo di Investimenti Diretti Russo (RDIF) un accordo propedeutico all’istituzione di una joint-venture produttiva

- La società di gestione di fondi che forniscono prestiti alle piccole imprese, Mikro Kapital e la Corporazione PMI russe hanno firmato un accordo per la creazione di un fondo congiunto per finanziare progetti di PMI russe

- L’italiana Fornovo e la russa Kamaz hanno firmato un accordo di partnership prodromico alla licenza per produrre compressori da montare su camion speciali, commissionati a Kamaz dal colosso russo del gas, Gazprom

- Il Gruppo Techint e il Governo della regione di Kaluga hanno firmato un Memorandum of Understanding per la creazione di un ospedale.

- Coparm, una delle maggiori aziende europee nella progettazione e costruzione di impianti trattamento rifiuti, ha firmato con Chisty Gorod un accordo per la fornitura di apparecchiatura di riciclaggio e smaltimento di rifiuti

- Confindustria Russia ha firmato un accordo con una delle maggiori associazioni di impresa del Paese, Opora Russia

- Pirelli ha firmato con Rostec accordo per il raddoppio dello stabilimento di Voronezh

24/10/2018
www.lastampa.it/2018/10/24/esteri/putin-riceve-conte-litalia-partner-economico-importante-della-russia-wZ7LvVSGdAoTrFjD0O7KbM/pag...
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00venerdì 26 ottobre 2018 15:42
Il governo raggiunge accordo da 250 milioni con la Whirlpool

Il governo scongiura il rischio esuberi e ottiene un accordo con la multinazionale Whirlpool. È quanto annunciato dal vicepremier Luigi Di Maio, titolare del Ministero dello Sviluppo Economico. Questo accordo del governo gialloverde dimostra che esiste la possibilità di tenere le grandi aziende sul territorio italiano. Senza le scenate compiute da Calenda in vista della campagna elettorale che avrebbe visto il PD perdere le elezioni, Di Maio ha messo a disposizione della società statunitense la cassa di integrazione straordinaria sino al 31 dicembre 2020. In cambio la multinazionale si impegna a riportare in Italia uno dei suoi stabilimenti attualmente dislocato in Polonia per la produzione di lavatrici e lavastoviglie: il tutto per un investimento di 250 milioni. L’annuncio Di Maio, lanciato oltre che nei canali ufficiali del governo, anche sui suoi canali social, scrive nell’agenda politica una nuova parola chiave:“Rilocalizzazione” è la parola usata dal vicepremier pentastellato stamane sul social network “Instagram”:“Rilocalizzazione, che bella parola!”, scrive il leader del M5S, alle cui parole segue lo slogan “stiamo riportando il lavoro in Italia”. Un obiettivo che i Cinquestelle e la Lega tengono molto a cuore da sempre e che conferma come le teorie sulla globalizzazione ineluttabile siano piuttosto state delle strumentalizzazioni ad uso e consumo di certe formazioni politiche follemente liberiste. Nell’accordo il Ministro Di Maio annuncia anche un accordo per gli stabilimenti della Flex, dove verranno riconvertite in contratto a tempo determinato le situazioni di 100 dipendenti e l’assunzione in leasing di altri 127 lavoratori attualmente a contratto di somministrazione. Un’altra vittoria per il Movimento Cinque Stelle, che può dimostrare l’affidabilità dei decreti varati in questi mesi, a partire dal discusso Decreto Dignità.

“Ho appena firmato un accordo di cui sono davvero orgoglioso, perché rappresenta un cambio di passo per l'Italia. Appena giunti al governo abbiamo iniziato una dura lotta contro le delocalizzazioni. Oggi sta succedendo qualcosa che va oltre: stiamo riportando lavoro in Italia. È un primo passo, ma molto importante. Si è chiuso infatti il tavolo che vedeva coinvolta l’azienda Whirlpool e siamo riusciti ad ottenere zero esuberi e un ritorno delle produzioni dalla Polonia all’Italia. Rilocalizziamo, che bella parola! Alla faccia di tutti quelli che dicono che il nostro Paese non è un bel posto per investire, che qui non si può fare business. Ieri sera abbiamo anche chiuso il tavolo che coinvolgeva lo stabilimento di Trieste della Flex, ottenendo la trasformazione di 227 contratti su somministrazione in contratti a tempo indeterminato. Sono risultati importanti, lo voglio ripetere, per gli imprenditori, per i lavoratori e per l’Italia. Non dobbiamo avere paura, non dobbiamo farci spaventare da nessuno: ve lo ricordate quando ci dicevano che con il decreto dignità le aziende sarebbero fuggite, che i lavoratori sarebbe stati licenziati? Questo non sta accadendo. E accadrà l’esatto opposto anche per gli investimenti previsti dalla Manovra del Popolo. Tutti vogliono incutere ansie e timori sul cambiamento che sta avvenendo, ma non ce n'è ragione. L'unica cosa di cui avere paura è la paura stessa! Andiamo avanti!”.
- www.instagram.com/p/BpXkRlRHjkL/?utm_source=ig_embed

26 ottobre 2018
www.opinionepubblica.com/ilgovernoraggiungeaccordoda250milioniconlawhirlpool/fbclid=IwAR2Q3pnDyq7DW-b_1HLrdMdRU7MGn-ueX4VNIAt8pVkVyMCmb4J...
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00domenica 4 novembre 2018 20:17
Carpeoro: S&P, l’America è con l’Italia (cioé contro Draghi)

Il verdetto di Standard & Poor’s è un segnale importante, perché vuol dire che c’è una frattura, all’interno delle Ur-Lodges reazionarie, e che l’America non segue completamente l’Europa e la linea Draghi, di sconfessione del governo italiano, ma furbescamente si posiziona a metà strada: non toglie all’Italia l’etichetta di Paese dal rating ancora accettabile, ma in compenso cambia le previsioni, nel senso che ci vede nero (quindi, un colpo al cerchio e uno alla botte). Sta di fatto, però, che gli ambienti finanziari americani non sono completamente allineati a quelli europei, e questo è un segnale da registrare. Un segnale non necessariamente positivo, ma nemmeno negativo come quelli degli ambienti finanziari europei.

Ne è consapevole, il nostro governo? Non ci mettono molto, a capirlo, se il loro unico neurone funziona. Poteva andare peggio, dite? No:“doveva” andare peggio, perché il “fratello” Draghi non se l’aspettava, questa botta. La sovragestione non è granitica, quei poteri discutono e litigano, hanno interessi diversi. Poi, l’Italia ha lanciato un messaggio giusto: perché, prima di questo giudizio, Conte è andato da Putin. Era un modo per non far emettere a Standard & Poor’s una sentenza negativa. Un verdetto totalmente negativo avrebbe avuto, come conseguenza, di far salire ulteriormente lo spread, o comunque di non farlo salire quanto sarebbe salito in caso di verdetto negativo. Un aiutino al governo? Per certi aspetti sì, ma è un aiutino basato sulle menzogne. Lo spread stesso è una menzogna. Soprattutto, vorrei contestare ufficialmente, a Draghi, di essere un bugiardo. Se rivelo pubblicamente la sua identità massonica, è perché lui stesso è venuto meno alle regole della massoneria.

Tutti quelli che stanno facendo questa operazione sono dei bugiardi: lo spread non può incidere sui risparmi degli italiani, che sono in euro, e l’euro non si è mai svalutato in vita sua. Quindi la smettano, di mentire. Quella sullo spread è una manipolazione, anche mediatica. Con Berlusconi gli era pure andata bene. Allora la cosiddetta opinione pubblica si allarmò molto. Questa volta lo spauracchio dello spread farà presa quasi solo nell’elettorato del PD? Bé, le iniziative giudiziarie allora intraprese nei confronti di Berlusconi mi sembrano di entità ben diversa, rispetto a quelle nei confronti di Conte, Salvini e Di Maio. All’epoca avevano creato il terreno, per la capitolazione. Dove porterà l’asse con Putin? Innanzitutto, Putin si è prestato ad aiutarci lanciando il segnale.

Poi, vedremo dove questo potrà portare. Standard & Poor’s è un organo occulto del governo americano. E’ un organo di governo, non un’entità indipendente come si vorrebbe far credere: ha sempre fatto quello che conviene al governo statunitense. Attraverso S&P, è come se il governo americano dicesse: attenzione, l’Italia appartiene alla NATO, quindi non possiamo permettere che l’emergenza induca gli italiani a stringere legami forti con i russi, quindi vediamo di fare qualcosa che non crei all’Italia una situazione straordinariamente difficile, costringendola poi a dichiararsi alleata di Putin in tutto e per tutto.

Trump e Putin? Hanno interessi comuni e interessi opposti. I loro rapporti sono molto controversi. Putin ha avuto interesse che Trump venisse eletto, anche perché Trump ha fatto un dispetto a tutti i partiti americani: era odiato dagli stessi conservatori, di cui pure fa parte; candidandosi, Trump aveva fatto un accordo sulla base della previsione di non essere eletto (non di esserlo: non se l’aspettava neanche lui, l’elezione). Poi lo scenario è cambiato, e adesso Trump deve difendersi anche da un’accusa di connivenza con i russi sulla sua elezione, quindi Trump e Putin devono anche mostrarsi ostili; ma la loro non è un’ostilità profondissima. Se lo stesso spread può essere considerato un’applicazione della sovragestione, un altro caso di sovragestione è quello della Banca Centrale Europea, che non è un organo politico né un organo democratico, eppure governa l’Europa.

Sempre a proposito di sovragestione: vi chiedete che fine ha fatto l’ISIS? E’ dormiente, prima o poi si sveglierà. Certo, ieri l’ISIS è stato usato per finalità oscure, di potere, e oggi non sta avvenendo. L’ISIS resta uno strumento: e la sovragestione non lo usa, uno strumento, quando non le serve. Sarebbe “utile”, da parte di qualcuno, rispolverare lo strumento degli attentati terroristici, magari per colpire l’Italia anche da quel lato? Secondo me, no: perché oggi il pericolo, per l’establishment, sono i partiti cosiddetti sovranisti, ed eventuali attentati targati ISIS li aiuterebbero. Piuttosto, consiglio al governo di non toccare i servizi segreti. Ho sentito parlare di rimozioni e sostituzioni, ma sarebbero un errore. Da anni, i servizi italiani sono leali verso lo Stato e straordinariamente efficienti: ci hanno risparmiato decine di attentati, lavorando per la nostra sicurezza quotidiana.

Gianfranco Carpeoro (dichiarazioni rilasciate nel corso della conversazione con Fabio Frabetti di “Border Nights” durante la diretta in web-streaming “Carpeoro Racconta”, il 27 ottobre 2018 su YouTube)

29/10/18
www.libreidee.org/2018/10/carpeoro-sp-lamerica-e-con-litalia-cioe-contro...
wheaton80
00sabato 24 novembre 2018 04:17
L’Italia non si inchina alla UE

Gli interessi sul debito pubblico esploderebbero. Le banche sarebbero in pericolo. Le aziende rimarrebbero senza liquidità e i capitali abbandonerebbero il Paese. In breve tempo, si instaurerebbe una spirale negativa. Mentre il sistema finanziario si avvierebbe verso il collasso, il governo “populista” italiano sarebbe costretto ad abbandonare le sue stravaganti promesse elettorali, abbassare i toni, e obbedire agli ordini della UE. O quantomeno, questo era il copione scritto da Bruxelles quando la Lega e il Movimento Cinque Stelle hanno preso il potere nella prima metà dell’anno. Ciò nonostante, l’Italia ha deciso di aumentare la spesa, sfidando le regole che la tengono soggiogata nell’euro. Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha scritto al governo lettere di richiamo. “Le uniche lettere che accetto sono quelle di Babbo Natale” ha risposto Matteo Salvini, il Ministro degli Interni italiano e leader della Lega.

Un problema di copione

Nemmeno i “bond vigilantes” stanno seguendo il copione. I mercati finanziari non possono o non vogliono fare il lavoro di Bruxelles. Forse non dovremmo stupirci. Secondo lo standard dello scorso decennio, il bilancio presentato dal governo italiano non si può certo definire estremo. Qualche riduzione della tassazione e un po’ di spesa pubblica aggiuntiva spingerebbero il deficit al 2,4% del PIL. Solo qualche anno fa Paesi come il Regno Unito facevano deficit del 10% del PIL. Quindi il 2,4% non sembra proprio la fine del mondo. Tuttavia, le regole della moneta unica richiedono ai membri di non fare deficit eccessivi. E la commissione insiste che l’Italia debba rivedere il suo bilancio. Comprensibilmente, il governo ha rifiutato, e viene ora minacciato di sanzioni se non obbedisce. La verità è che una multa in più o in meno non sarebbe molto rilevante. Ma la bancarotta nazionale fa paura a qualsiasi governo, e dovrebbe imporre un cambio di politica. L’Italia ha un debito di 2.100 miliardi di euro, o 131% del PIL. Per alimentarlo, deve pagare miliardi di interessi ogni anno, e rinnovarlo quando arriva a scadenza.

Un significativo aumento nel costo del prestito, o la minaccia di tagliarla fuori dai mercati dei capitali, la metterebbero velocemente in ginocchio. È quanto accadde quando la Grecia sfidò la UE, e nel 2011 quando Silvio Berlusconi fu rimpiazzato dal tecnocrate pro-UE Mario Monti. Prima o poi i populisti vengono docilmente costretti all’obbedienza e la crisi è finita. Solo che stavolta non sta andando proprio così. Gli interessi sui bond italiani sono saliti e le azioni delle banche sono scese. Ma neanche lontanamente in modo catastrofico. Non esiste alcuna vera pressione sul governo perché ceda. Come mai? La prima ragione è che un bilancio moderatamente espansivo è una politica perfettamente sensata per l’Italia. Si tratta di un Paese che non è praticamente cresciuto nei due decenni da quando si è unito all’euro. Nell’ultimo trimestre, è riscivolato nella crescita zero e si trova a un passo dalla recessione. Ha un alto livello di disoccupazione, e un sacco di risorse economiche inutilizzate. Non c’è bisogno di essere John Maynard Keynes per concludere che un pò di spese pubbliche aggiuntive potrebbero essere appropriate quest’anno. È l’insistenza dell’UE nell’imporre altra austerità ad apparire estremista.

“Too big to fail”

Inoltre, le regole del gioco sono cambiate. Nell’ultima euro-crisi, non si sapeva se la Banca Centrale Europea sarebbe intervenuta. Gli investitori correvano un rischio concreto di default sui titoli greci e italiani. Quindi non stupiva che gli interessi andassero alle stelle. Ma con la Banca Centrale che attualmente sta stampando migliaia di miliardi di euro, oggi questo scenario sembra molto meno probabile. Infine, l’Italia è troppo grande perché possa fallire. Il suo debito potrebbe distruggere il sistema bancario di tutta Europa e potenzialmente innescare il collasso della moneta unica. I mercati lo sanno e quindi non faranno il lavoro al posto della UE così come lo fecero nel 2011 e nel 2012. Nelle prossime settimane il governo italiano potrebbe subire una sanzione tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Ma non verrà esclusa dai mercati e le sue banche non collasseranno. Proseguirà come se nulla fosse successo. Questo rappresenterà un grosso problema per Bruxelles. Non ci vorrà molto prima che i greci, gli spagnoli e in verità anche i francesi prendano atto che si può sfidare Bruxelles a piacimento, e non c’è molto che Bruxelles possa fare a riguardo.

Matthew Lynn
18 novembre 2018

Fonte: moneyweek.com/497889/italy-stands-up-to-the-eu/
vocidallestero.it/2018/11/22/moneyweek-litalia-non-si-inchina-...
wheaton80
00lunedì 3 dicembre 2018 14:13
Smantellato clan nigeriano di spacciatori tra Potenza e Napoli: 21 arresti

Ventuno misure cautelari sono state eseguite stamani dai carabinieri al termine di indagini su altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione a fini di spaccio di droga, proprio nel capoluogo lucano. Le misure cautelari sono state eseguite a Potenza, dove è stata sgominata «una cellula criminale nigeriana», a Napoli e in alcuni comuni della provincia di Potenza. Alcuni dei 21 indagati sono stati arrestati e saranno detenuti in carcere, ad altri è stato notificato il divieto di dimora. La base del clan era proprio a Potenza. Tredici cittadini nigeriani, richiedenti asilo ospiti di centri di accoglienza del Potentino, sono stati arrestati perché ritenuti responsabili di aver organizzato una «frenetica attività di spaccio» di eroina, hashish e marijuana (acquistate a Napoli) nel centro storico di Potenza. I carabinieri hanno eseguito anche otto divieti di dimora nel capoluogo lucano, a carico di persone sia italiane sia nigeriane. All’operazione, denominata «Level», hanno partecipato 120 Carabinieri e un elicottero del Nucleo di Pontecagnano-Faiano (Salerno) dell’Arma. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, sono cominciate nell’ottobre del 2017. I carabinieri hanno stabilito che al vertice del clan vi era un cittadino nigeriano, Samuel Dumkwu, che, grazie alla sua «posizione di supremazia», assicurava «un continuo rifornimento di sostanza stupefacente alla piazza di spaccio di Potenza», dove poi la droga veniva venduta: secondo l’accusa, ha agito con «criteri tipicamente imprenditoriali», rilevabili dalla «precisa ripartizione dei compiti affidati ai suoi connazionali». La droga veniva comprata a Napoli e ciò ha confermato l’"allarmante sinergia fra criminalità straniera e quella operante nell’area partenopea». Lo spaccio avveniva nel centro storico di Potenza, che il clan controllava in modo «monopolistico».

Avevano creato un meccanismo organizzato per lo spaccio di droga a Potenza, in prevalenza nel centro storico della città, diventando il riferimento “stabile” di consumatori e piccoli spacciatori: il gruppo era composto da cittadini nigeriani, tutti richiedenti asilo per motivi umanitari, in Italia da circa tre anni e ospitati in alcune strutture del capoluogo lucano, per i quali sono state emesse 18 ordinanze di custodia cautelare (di cui 13 in carcere e otto divieti di dimora). I particolari dell’operazione «Level», condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura e dai Carabinieri del nucleo investigativo, sono stati illustrati stamani nel corso di una conferenza dal Procuratore, Francesco Curcio, dal PM Antonio Natale e dal Comandante del Comando Provinciale dei Carabinieri, il Colonnello Nicola Albanese. Nel corso dell’operazione sono stati impiegati 120 militari, un elicottero e tre unità cinofile. L’organizzazione, diventata il riferimento della droga in città, era guidata da un nigeriano che si occupava dei «rifornimenti» a Napoli, in prevalenza eroina, hashish e marijuana: lo stupefacente veniva poi consegnato agli spacciatori, sempre nigeriani, per essere venduto nel centro storico e nella villa di Santa Maria, a volte anche a piccoli spacciatori italiani, con un giro di affari di molte migliaia di euro al mese. Il Procuratore ha evidenziato la difficoltà delle indagini, in quanto «gli spacciatori comunicavano in un dialetto del delta del Niger», e non avevano mai addosso grandi quantità di droga:“Non solo l’eroina era pericolosa per i composti chimici con cui era tagliata”, ha aggiunto Curcio, “ma il gruppo si era ormai 'insediato' nella città in cui era ospitato, per altro in strutture pubbliche, ovvero due hotel del centro e alcune abitazioni».

27 Novembre 2018
www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1085166/potenza-smantellato-clan-nigeriano-di-spacciatori-21-arre...
wheaton80
00domenica 13 gennaio 2019 11:27
Soros ha chiesto a Timmermans, vice di Juncker, di attivarsi per fare arrivare la Troika a Roma. Ma gli è andata ancora buca

In vista delle prossime elezioni europee, George Soros, 88 anni, attivissimo nonostante l'età anche sul fronte politico europeo, dove non ha mai nascosto la propria simpatia per i partiti socialdemocratici, è stato tra i primi a incontrare l'olandese Frans Timmermans, 57 anni, subito dopo che, in novembre, i partiti socialisti europei l'avevano designato quale spitzenkandidat, ovvero quale candidato alla Presidenza della Commissione UE in caso di vittoria del gruppo S&D (Socialisti e Democratici) nelle elezioni per il Parlamento Europeo. Timmermans, 57 anni, è uno degli attuali vice di Jean-Claude Juncker, è stato un diplomatico ed ex Ministro degli Esteri dell'Olanda, parla diverse lingue compresa quella italiana (da ragazzo ha studiato a Roma), ed è stimato per le doti personali di abile tessitore politico ai più alti livelli, anche con i leader dei partiti europei diversi dal suo. Soros lo ha incontrato alla fine del novembre scorso a Bruxelles: un meeting riservato, che però non è sfuggito ad alcuni giornalisti, che ne hanno dato la notizia. Tra questi, il corrispondente del Corriere della Sera, Ivo Caizzi, che il 3 dicembre segnalò l'incontro nella rubrica che tiene sul supplemento economico del Corrierone, con una nota intitolata «Imbarazzo a Bruxelles per la visita di Soros». Il motivo dell'imbarazzo? In quei giorni era in corso la trattativa tra il governo italiano e la Commissione UE sulla manovra di bilancio 2019 del nostro Paese, e alcuni corrispondenti da Bruxelles chiesero alla portavoce della Commissione UE, Natasha Bertaud, se anche questo tema fosse stato affrontato nel colloquio tra Soros e lo spitzenkandidat socialista. «Non posso né confermare, né smentire», rispose imbarazzata la portavoce. Una frase diplomatica che, di solito, serve più a confermare che a smentire. Grazie a una fonte confidenziale vicina a Timmermans, posso ora aggiungere che la manovra italiana è stata uno dei principali argomenti di quel colloquio.

Senza tanti preamboli, Soros chiese a Timmermans di attivarsi perché la Commissione UE bocciasse la manovra italiana, aprendo la strada alla Troika. Il terreno sui mercati, con il rialzo dello spread, era già stato preparato. Mancava solo il colpo finale. E in questo la componente socialdemocratica della Commissione UE, insieme a quella del Parlamento Europeo, poteva giocare un ruolo decisivo, vuoi per la propria collocazione antipopulista e antisovranista rispetto al governo di Roma, ma anche perché debitrice a Soros e alla sua Open Society Foundation di un sostegno generoso, quanto dichiarato: è noto infatti che in un recente bilancio della Open Society era compreso un elenco di 226 eurodeputati (sui 751 dell'attuale Parlamento Europeo) definiti «alleati affidabili», per lo più facenti parte del gruppo S&D. Per la verità, chiedere l'invio della Troika in Italia è da anni un pallino fisso di Soros. Ne sa qualcosa anche Mario Monti, che di recente, durante una puntata di Otto e Mezzo, ha raccontato che nel 2012, quando era Premier, Soros lo chiamò al telefono per complimentarsi e chiedergli di chiamare la Troika a Roma, cosa che Monti si rifiutò di fare, se non altro per non smentire il decreto «Salva Italia» da lui appena varato. La stessa risposta, un secco no, Soros l'ha ricevuta anche da Timmermans, con argomentazioni molto semplici: la bocciatura della manovra italiana avrebbe aperto una crisi finanziaria drammatica, con ripercussioni in tutta l'Europa, comprese Germania e Francia. Un rischio che nessun capo di governo intendeva correre, tanto meno Angela Merkel e Emmauel Macron, con i quali Timmermans si consulta regolarmente. La Merkel, a inizio dicembre, aveva problemi molto seri non solo di politica interna (soprattutto la successione alla guida del suo partito), ma anche di tipo finanziario, con le due maggiori banche tedesche in gravi difficoltà. Un guaio, quest'ultimo, tutt'altro che superato. Quanto a Macron, era già iniziata la rivolta dei gilet gialli, e per cercare di sedarla stava meditando di andare ben oltre il 2,4% di deficit chiesto dall'Italia, arrivando al 3,5%.

Due ragioni più che sufficienti, spiegò Timmermans a Soros, per trovare un compromesso con l'Italia volto a calmare i mercati, sia pure tenendo le briglie corte, con l'annuncio di controlli più severi dell'UE sull'Italia nella prossima primavera. Che questa fosse la linea della Commissione UE, lo confermò dopo la visita di Soros anche Valdis Dombrovskis, leader dei commissari più duri con l'Italia, che giudicò ancora insufficiente l'apertura del Premier Giuseppe Conte a ridurre il deficit, apertura tuttavia sui cui Merkel e Macron avevano espresso apprezzamento. Ancora pochi giorni di manfrina, e prima di Natale l'accordo sul 2,04% di deficit era cosa fatta. Per Soros, una sconfitta politica. Non solo. Poiché si tratta di un noto speculatore, che da tempo punta sulla Troika in Italia e sugli inevitabili effetti devastanti sul sistema bancario e finanziario, da cui trarre profitto, la sconfitta è stata duplice. Notazione a margine. In base allo scenario appena descritto, potrebbe risultare più agevole la lettura dello scontro che si è verificato all'interno del Corriere della Sera tra il corrispondente da Bruxelles, Ivo Caizzi, da una parte, e dall'altra l'editorialista Federico Fubini e il Direttore Luciano Fontana, accusato da Caizzi di avere dato spazio soprattutto agli articoli di Fubini sull'imminenza di una procedura di infrazione contro l'Italia, rispetto a quelli provenienti da Bruxelles sul prevalere del dialogo. Fubini siede nell'European Advisory Board della Open Society di Soros, e fa parte della task force della Commissione UE contro le fake news. Il sito della Open Foundation, nel tesserne le qualità, certamente gradite a Soros, lo definisce «un influente opinion maker nel suo Paese». Resta però un fatto: i titoli del Corriere, che più volte hanno annunciato come imminente la procedura d'infrazione contro l'Italia, al dunque, si sono rivelati fake news.

Tino Oldani
11/01/2019
www.italiaoggi.it/news/soros-ha-chiesto-a-timmermans-vice-di-juncker-di-attivarsi-per-fare-arrivare-la-troika-a-roma-ma-gli...
wheaton80
00martedì 19 febbraio 2019 00:32
A Verhofstadt è partito l'embolo di LNG. Il ‘burattino’ Conte non c'entra

Non so se qualcun altro l’ha già scritto. La ragione del rabbioso attacco di Verhofstadt a Conte sta esattamente nelle sue parole dal minuto 0:34 al minuto 1:04, ed è un embolo di gas LNG, piuttosto raro fra gli umani, ma non fra quelli come lui. Roba da tanti, ma tanti soldi:

www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=kvKglh6C01c

Al belga sono rimasti piantati a metà trachea il Venezuela e Putin, e soprattutto la mite posizione italiana su di essi. Per questo ci odia, e, ancor più di lui, ci odia la Exmar, che come avrete di certo letto sui giornali è la Corporation navale belga che gli paga le parcelle, mentre 'sto lobbista siede a fare il parlamentare europeo. Una storia multimiliardaria di LNG (gas naturale liquefatto), le cui maggiori comparse sono: un incontro dell’ottobre 2017 fra Putin e l’iraniano colosso petrolifero NIOC; un contratto andato in malora l’anno precedente fra la Exmar e la canadese Pacific Exploration & Production Corporation in Colombia; la Carribean FLNG, che è la mega chiatta per la lavorazione e il trasporto del LNG strapagata dalla Exmar, che oltretutto se la fece recapitare dalla Cina con l’ambizione di farci una montagna di soldi, ma rimasta piantata ad arrugginirsi per via del sopraccitato contratto andato a vuoto e anche di un secondo contratto andato a puttane, poi graziata all’ultimo dall’odierno arcinemico latino-americano del Venezuela, cioè il Presidente argentino Macri; l’ENI che si lavora il LNG di Maduro mentre i belgi della Exmar schiumano alla bocca per vederlo morto. Il Belgio è un Paese di sfigati, che dopo aver ammazzato 11 milioni di congolesi, per rimanere poi a mani vuote, circa 130 anni fa (il cobalto e il coltan, che oggi nell’IT e nella Smart TV-Smart Phones Industry valgono più dei diamanti, se li sono presi i Kabila, l’americana Glencore e gli israeliani), si sono distinti di recente per aver avvelenato i maiali di tutt’Europa con la diossina, e poi sono rimasti sfigati.

Possono vantare solo quella cloaca di politica autocratica e infestata di lobbies che è Bruxelles, ma mica tanto altro. La loro Exmar è dal 1981 che si è fatta un nome nel mondo per i servizi di trasporto navale e di rigassificazione soprattutto di gas naturale, che viene trasformato in LNG. Ne vanno fieri, e che ci sia un Paese in UE che non solo gli piscia in testa sugli idrocarburi con l’ENI, ma che è pure ‘amico’ di due giganti odiosi per la Exmar nel business LNG come Russia e Venezuela, bè, questo per Verhofstadt e per le ambizioni smisurate di chi ce l’ha a busta paga, la Exmar appunto, è stato troppo. Fra poche righe capirete il perché. Tutto il resto della sua sparata su Italia vs UE, immigrazione, gran valori di Spinelli, Ciampi e Bonino, la recessione, i populismi, sono stati pretesti. Contano i soldi, follow the money, eh? Un po’ di background in breve. Dunque, nel luglio 2017 i padroni di 'sto Verhofstadt, la Exmar, si fanno recapitare dall’altra parte del pianeta questa mega chiatta chiamata Carribean FLNG che avevano costruito a costi stratosferici nella speranza di concludere un accordo multimilionario con l’Iran. Ma nel novembre successivo la Gazprom di Putin arriva a Tehran, incontra la NIOC (la regina degli idrocarburi iraniana) e di colpo tutto per la Exmar va storto. L’Iran, si disse allora, avrebbe usato altri vascelli per il LNG, quelli norvegesi, e gli oleodotti russi dell’amico Vladimir. Questo aprì ulcere gastriche in Belgio dove ci passava un pallone da calcio, soprattutto perché era la seconda volta che la super chiatta della Exmar veniva cestinata con milioni di dollari di perdite: era successo nel 2016 nel sopraccitato flop in Colombia in associazione con la fallita canadese Pacific Exploration & Production Corporation.

I padroni di Verhofstadt ora hanno buchi contabili che si vedono dalla Luna con sta mega chiatta Carribean FLNG piantata sul gozzo, mentre altri si stanno spartendo l’immane mercato del gas LNG. Putin è il target N.1 dell’odio della Exmar, e non solo per la faccenda dell’Iran del 2017, ma anche perché in tutto l’affare Nord Stream 2 (il super gasdotto dalla Russia alla Germania) le mega chiatte della Exmar e tutti i suoi servizi aggiunti per il trasporto del gas LNG sono ovviamente tagliati fuori. La Corporation belga e il suo scagnozzo lobbista Verhofstadt sono impotenti contro Mosca in UE. Per ovvi motivi ‘l’amico del tuo nemico è il tuo nemico’, cioè tradotto: l’Italia di Salvini, che è di casa in Russia, diventa oggetto d’odio alla Exmar-Verhofstadt. Ma non solo. C’è il Venezuela. Caracas, come si sa, è un colosso di idrocarburi, ora ingabbiato dalle sanzioni Obama-Trump, ma lo stesso una miniera d’infinite ricchezze, anche di gas LNG. Infatti si sappia che, sorprendentemente, uno del 10 maggiori esportatori al mondo di LNG è Trinidad & Tobago nei Caraibi, ma la sua vera fonte è la compagnia petrolifera di Stato di Caracas, la PDVSA. A Bruxelles gli ulcerati della Exmar stanno solo a guardare tutto quel ben di Dio in mano al “socialista” Maduro, a cui loro non hanno significativi accessi, mentre l’ENI sì, eccome. Sti italiani, di nuovo in mezzo alle palle, eh? Allora che si fa? Bè, com’è noto, nell’America Latina esiste oggi un gruppo di Nazioni totalmente a baciapile di Washington che si chiama il Gruppo di Lima, e chi le capeggia? L’Argentina del Presidente Macri.

E allora, si dicono gli ulcerati della Exmar a Bruxelles, dove la piazziamo 'sta emorragia di milioni di dollari che si chiama super chiatta Carribbean FLNG? Eh, da un signor nessuno mondiale del gas LNG, cioè proprio da Macri, ma la rinominiamo Tango FLNG, giusto per smussare un pò le figurette di cacca del passato. E giù a ingoiare magoni, loro e il loro servetto Verhofstadt. Insomma, quello che doveva essere per i padroni di Verhofstadt l’inizio di un business multimilionario nel 2016, finisce a far da carretta per il mediocre business del LNG in Argentina, mentre è proprio l’Italia che ostacola l’appoggio dell’infame UE al golpe americano in Venezuela, che avrebbe aperto ogni singolo rubinetto di petrolio e gas LNG agli USA e ai Verhofstadt-Exmar-Bruxelles per mano del cagnolino di Washington, Juan Guaidò. Poi Salvini che strizza l'occhio a Putin, quello dei due mega calci in culo alla Exmar e al suo prezzolato Verhofstadt… dai, le ulcere di 'sti belgi non hanno retto. Non so se serve sapere altro. Non credo. Ora sapete che significava il bau-bau di 'sto cane da guinzaglio. Poi, lo ribadisco, Conte non Conta in effetti una mazza, ma con 'sta storia i burattini non c’entrano proprio per nulla.

Paolo Barnard
paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2133
wheaton80
00martedì 19 febbraio 2019 01:07
Fallimento delle cooperative, genitori di Matteo Renzi agli arresti domiciliari



Sono agli arresti domiciliari i genitori dell'ex Premier Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, lo rende noto il Corriere della Sera (https://www.corriere.it/cronache/19_febbraio_18/tiziano-renzi-laura-bovoli-papa-mamma-matteo-renzi-arresti-domiciliari-730ce7b0-33ab-11e9-8ba2-1cae66b0283a.shtml). I reati a loro imputati risultano essere bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. La Guardia di Finanza ha provveduto alla cattura dei genitori dell'ex Premier. Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono accusati di aver provocato «dolosamente» il fallimento di tre cooperative dopo averne svuotato le casse, ricavando così in maniera illecita svariati milioni di euro. Sono aziende collegate alla "Eventi 6", la società di famiglia già finita sotto inchiesta proprio per una gestione allegra e la sparizione di fondi. Con loro è stato arrestato anche Gian Franco Massone, vicepresidente di una delle coop.

18.02.2019
it.sputniknews.com/italia/201902187298345-Fallimento-delle-cooperative-genitori-di-Matteo-Renzi-agli-arresti-domiciliari/?fbclid=IwAR1IgUC_so0ZVZ6CYYdmiCqr0fX68DF-bTC_8PP1gkEXX1zZpcO...
wheaton80
00giovedì 7 marzo 2019 18:24
Mutuo per la casa mai così basso. Ehm, e lo spread?

Ogni tanto il Sole24Ore fa più ridere di Cuore o del Vernacoliere. Dopo averci sfracellato gli ammennicoli con l’incubo dello spread, ora il maggior quotidiano finanziario d’Italia pubblica uno studio dove URLA che i mutui per le case non sono mai stati così bassi. Il report non è affatto di bassa qualità, perché prende in esame i maggiori gruppi bancari italiani e li mette in tabella. In estrema sintesi, secondo il Sole, i mutui a tasso variabile per acquistare la casa in Italia hanno una forbice che va dall’1,20 all’1,40 per cento. I tassi fissi, invece, possono andare dall’1,80 ad un massimo del 2 per cento. Ricordo, per chi non lo sapesse, che il tasso variabile è quel tasso che la banca fornitrice del credito chiede al cliente sulla scorta dell’andamento dei valori dell’indice Euribor e che a sua volta dipende del tasso ufficiale fissato dalla BCE e dai prestiti concessi dalle altre banche in Europa, mentre il tasso fisso si riferisce ad una media ponderata dei valori Euribor-Eurirs cristallizzati al momento della stipula del contratto di mutuo. Come sanno anche i sassi, lo spread, cioè la differenza tra il rendimento dei BTP italiani ed i Bund tedeschi, non è correlato all’Euribor. Come recita la Bibbia dei liberisti italiani:“Se lo spread BTP-Bund sale, chi sta pagando un mutuo a tasso variabile non vede aumentare la propria rata. E non deve pertanto cadere in facili allarmismi. Anzi, paradossalmente, può valere il contrario. Perché se lo spread dovesse salire ulteriormente e la tensione in Italia dovesse trasformarsi in un attacco speculativo e a sua volta questo attacco speculativo dovesse contagiare altri Paesi dell’Eurozona a tal punto da compromettere la crescita economica, a quel punto è ragionevole supporre che la BCE possa essere spinta a rimandare i tempi di una stretta monetaria (rialzo dei tassi). E quindi questo scenario di allarme (non all’orizzonte al momento, va detto) sul mercato obbligazionario potrebbe addirittura contribuire a tenere basso l’Euribor per ancora più tempo”
Fonte: www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-10-03/mutui-perche-non-c-e-correlazione-spread-btp-bund-ed-euribor--181504.shtml?uuid=...

finanza-mercati.ilsole24ore.com/spread.php?QUOTE=spread-btp&re...

Queste cose, che sanno tutti gli economisti onesti, sono state rovesciate dai media nei mesi scorsi, con lo spread tornato ai livelli del 2013, e cioè a quota 300. Ora il Sole fa ulteriore chiarezza e occorre riconoscerlo. Lo spread, infatti, è cresciuto dell’1 per cento in più rispetto allo scorso anno, e si mantiene su livelli alti. Mentre scrivo, ad esempio, è a quota 253 punti. Ma i mutui sono a minimi storici, come riporta il quotidiano di confindustria, e dunque era una bugia che sarebbero saliti i costi dei mutui, come ripetuto su Micidial fino alla nausea. Ora abbiamo tutti i dati che lo comprovano. L’atteggiamento della carta stampata su questo argomento è consolante. Significa che la satira non è morta.

Massimo Bordin
05/03/2019
micidial.it/2019/03/mutuoperlacasamaicosibassoehmelospread/fbclid=IwAR3dvodbrqOjRlaPdh0EsT5Lr9LQ_WxuXKUe6Z4XxBLkxKmVOwU...
wheaton80
00martedì 26 marzo 2019 19:52
La visita di Xi Jinping a Roma vale più di quella a Parigi, al di là dei numeri

Dopo le visite ufficiali compiute tra Italia, Francia e Principato di Monaco, Xi Jinping sta ripartendo, in queste ore, a bordo del suo aereo alla volta di Pechino con una valigetta piena zeppa di documenti firmati. Guardando alle cifre nell'immediato, è senz'altro vero che in Francia il leader cinese ha concluso accordi di valore molto superiore, per circa 40 miliardi di euro, contro i 2,5 miliardi di quelli sottoscritti nel nostro Paese. Eppure, gran parte del giro d'affari derivato dalle intese firmate a Parigi chiama in causa ordini pregressi per 300 aerei, nel quadro di un singolo accordo tra il consorzio europeo Airbus e China Aviation Supplies Holding Company per la fornitura, nel dettaglio, di 290 A320 family e 10 A350 wide-body. Oltre ad essere ben più diversificato, il memorandum firmato a Roma può vantare un potenziale stimato sino a 20 miliardi di euro, con effetti indiretti, ovviamente al momento non quantificabili, provenienti anche da alcuni degli accordi istituzionali, come quello sulla cooperazione fra start-up innovative, quello sul gemellaggio tra siti UNESCO o quello riguardante la collaborazione fra agenzie spaziali nell'ambito della missione China Seismo-Electromagnetic Satellite 02. Nel suo colloquio di venerdì scorso con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale, Xi Jinping ha anche annunciato che l'Italia sarà invitata quale Paese ospite d'onore alla prossima China International Import Expo di Shanghai, il nuovo evento-clou con cui Pechino sta cercando di incrementare le importazioni di beni e servizi di fascia medio-alta dall'estero.

La prima edizione dello scorso novembre aveva già visto la delegazione italiana, guidata dal Ministro Di Maio, concludere significativi contratti, in particolare per quel che riguarda tre colossi della nostra industria strategica: Fincantieri, che si occuperà di realizzare un hub crocieristico nel distretto di Baoshan, a Shanghai; Leonardo SPA, con il suo distributore elicotteristico cinese, Sino-US Intercontinental Helicopter Investment (Sino-US), per la fornitura di 15 elicotteri AW139; e Ansaldo Energia, chiamata a fornire la prima turbina a gas GT36 alla centrale a ciclo combinato di Minhang in Cina. Insomma, se i freddi numeri non sono (ancora) dalla parte dell'Italia, è in realtà il significato (geo)politico della visita di Xi Jinping ad aver rappresentato un dirompente elemento di novità nella politica europea. Nonostante le critiche e le banalizzazioni del mondo politico di casa nostra, la delegazione cinese ha trascorso una parte significativa del suo tempo (poco meno di tre giorni) fra Roma e Palermo, per firmare un memorandum d'intesa composto da 10 accordi di carattere economico-commerciale, che coinvolgono nomi del calibro di ENI, SNAM, CDP, Ansaldo Energia, ICE-Agenzia, Intesa Sanpaolo e Gruppo Danieli, e 19 di carattere istituzionale, facendo dell'Italia il primo e finora unico Paese del G7 ed il secondo dell'Europa occidentale, dopo il Portogallo, ad aver aderito all'iniziativa Belt and Road (BRI), lanciata dallo stesso Presidente cinese nell'autunno del 2013 dal palco dell'aula magna dell'Università Nazarbayev di Astana, in occasione di una visita in Asia Centrale, crocevia dell'antica Via della Seta.

In particolare sono tre gli accordi, uno istituzionale e due economici, ad aver catalizzato l'attenzione internazionale nei giorni scorsi. Il primo vero nodo sciolto dal memorandum è l'adesione di Roma alla Cintura Economica della Via della Seta e all'Iniziativa per una Via della Seta Marittima del XXI secolo, ovvero le due componenti (una terrestre e l'altra navale) della BRI. Questa decisione, per molti aspetti storica, incrementerà non solo la cooperazione commerciale bilaterale fra Italia e Cina ma coinvolgerà anche i cosiddetti "Paesi terzi", un capitolo ancora scarsamente esplorato che, attraverso la BRI, va attualmente a coinvolgere circa 70 Nazioni nel mondo, in regioni ad alto potenziale di sviluppo come il Sud-Est Asiatico, l'Estremo Oriente Russo, l'Asia Centrale, il Caucaso, il Medio Oriente e l'Africa Orientale. In questo senso, il memorandum firmato a Roma include già l'installazione congiunta italo-cinese, tra Danieli & C. Officine Meccaniche e China CAMC Engineering, di un complesso siderurgico integrato in Azerbaigian. Gli altri due accordi di grande impatto sono quelli, di natura infrastrutturale e logistica, relativi alla cooperazione che vedrà China Communications Construction Company (CCCC), il colosso edilizio cinese da 70 miliardi di dollari di fatturato e circa 118.000 dipendenti, lavorare al fianco dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale-Porti di Trieste e Monfalcone, da un lato, e del Commissario Straordinario per la Ricostruzione di Genova e dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, dall'altro.

Dopo almeno tre anni a discutere soprattutto su Venezia, fino a quel momento indicata quale snodo intermodale delle due direttrici della nuova Via della Seta in quasi tutte le mappe del progetto intercontinentale che circolavano nei siti specializzati, alla fine sono state Trieste e Genova a spuntarla in una competizione fra hub portuali che comunque appariva già segnata da almeno un anno in favore della città giuliana e di quella della Lanterna, grazie a condizioni geografiche e logistiche più vantaggiose rispetto a quelle presenti a Venezia, che sarà comunque sempre più meta imprescindibile per la crescente mole di turisti cinesi in visita nel nostro Paese. Il lavoro svolto nel corso degli ultimi anni, spesso persino a livello di amministrazioni ed enti locali, per aumentare la competitività e l'attrattività dei due scali, è proseguito a ritmi serratissimi con la realizzazione di nuove infrastrutture e l'accensione di servizi pensati per il trasporto intermodale avanzato, come il Polo di Trieste Airport, il debutto di nuovi voli dall'Aeroporto Internazionale "Cristoforo Colombo" di Genova o il collegamento ferroviario commerciale con la Cina dell'Interporto di Mortara, in provincia di Pavia, un centro particolarmente strategico della Lomellina, nel cuore del vecchio triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Sullo sfondo, malgrado qualche difficoltà, entro l'anno dovranno riprendere a pieno ritmo (come annunciato dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini) i lavori per la realizzazione della tratta ad alta velocità Brescia-Padova, che, una volta completata, consentirà finalmente un collegamento rapido diretto tra Torino, Milano e Venezia, cioè tra l'ovest e l'est del Nord Italia.

Più estesamente, è opportuno interpretare il memorandum d'intesa Italia-Cina nel quadro di un meccanismo che vede il nostro Paese porre fondamentali basi per poter tornare a recitare un ruolo di primo piano sul Mediterraneo e nel mondo, dopo almeno venticinque anni di ridimensionamento e marginalità nel quadro europeo, rispetto ad un processo decisionale evidentemente sbilanciato sull'asse Berlino-Parigi ed impostato sulla base di una concezione anacronistica dell'Europa. Malgrado i sorrisi ed il clima cordiale di Parigi, a Xi Jinping non sono certamente sfuggite le parole del Presidente transalpino Emmanuel Macron quando, nei giorni della visita in Italia, ha detto chiaramente di considerare la Cina un partner ma allo stesso tempo anche un "rivale sistemico" dell'UE, dando corda per l'ennesima volta ad un europeismo ambiguo, ancorato acriticamente al quadro atlantico, incapace di uscire dai vecchi schemi della Guerra Fredda e di guardare ad est senza sospetto e diffidenza. Se la polemica Roma-Parigi andrà comunque smorzata per il bene delle relazioni italo-francesi e la stabilità europea, c'è senz'altro del vero nelle parole di Di Maio quando afferma che il monito dei partner all'Italia affinché rinunciasse alla firma del memorandum nascondeva, in realtà, fra le righe un "richiamo all'ordine" che il nostro Paese, tuttavia, non può più accettare se vuole uscire da un'ormai cronica crisi occupazionale e da una condizione di subalternità che per troppo tempo gli ha impedito di dare sostanza e continuità ai suoi naturali vettori mediterranei e balcanici di politica estera. Chissà che, alla fine, un abbraccio con il piccolo puparo siciliano non valga più di un brindisi a base di champagne.

Andrea Fais
26 Marzo 2019
agenziastampaitalia.it/politica/politica-estera/44795-la-visita-di-xi-jinping-a-roma-vale-piudi-quellaaparigialdiladeinumerifbclid=IwAR3AZMi5VfyhFIInfMD16yCqpGyqDPHqBh0_R8TDtBp3vpgXDz...
wheaton80
00sabato 13 aprile 2019 01:10
La Class Action è legge

Con emozione e con orgoglio vi comunico che hanno appena approvato al Senato in via definitiva la legge sulla Class Action. È un’emozione importante per me. Ve lo confido perché è una delle prime proposte di legge che ho presentato nella scorsa legislatura e oggi è diventata legge. Perché la Class Action è importante per tutti i cittadini italiani? Avrete visto probabilmente il film Erin Brockovich, in cui la protagonista era Julia Roberts, che raccontava di cittadini che riuscivano ad unirsi e a fare causa contro un Colosso economico. Ecco, la Class Action in Italia fino ad ora era limitatissima, rivolta soltanto ai consumatori, e tra l’altro aveva diversi paletti che l’avevano resa praticamente inutilizzabile nel corso degli anni. Noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo fatto diventare la Class Action uno strumento generale. I cittadini, ogni volta che viene leso un loro diritto, possono unirsi, se ci sono chiaramente i presupposti, e far valere i loro diritti tutti insieme. Questo è importante perché dà la possibilità a tanti cittadini, che da soli sarebbero deboli, di unirsi e diventare forti, magari nel caso in cui dall’altra parte ci sia un soggetto economicamente molto potente. Ci sono cittadini che da soli non farebbero mai una causa. Oggi quei cittadini hanno la possibilità di far valere i propri diritti. Un punto importante è che questo strumento non vale soltanto per il privato cittadino ma anche per le imprese. Noi con questa legge diamo la possibilità di unirsi anche ai piccoli imprenditori, per esempio, se un loro diritto è stato leso.

Tra l’altro, mentre fino ad ora un’impresa che decideva di comportarsi scorrettamente aveva la possibilità di pensare “mai nessuno singolarmente mi farà causa”, adesso sarà disincentivata a pensarlo. Si tratta di un incentivo per tutte le imprese a comportarsi correttamente. In Italia la stragrande maggioranza degli imprenditori lavora correttamente, non ci sono dubbi, ma proprio a tutela di quegli imprenditori onesti noi dobbiamo fare in modo che non ci possa essere nessuno che decide di mettere in atto sul mercato una pratica scorretta. Perché quell’impresa adesso saprà che c’è la legge sulla Class Action e che quindi i cittadini possono agire per far tutelare i loro diritti. Non solo. Con la Class Action non avremo meno processi, proprio perché i cittadini possono agire insieme. Lanciamo un messaggio importante, perché noi non dobbiamo convincere i cittadini a non far valere i loro diritti per liberare le aule giudiziarie. Dobbiamo dire loro:“Vi potete unire e fare valere i vostri diritti tutti insieme” e a questo punto tanti processi diventeranno soltanto uno. Le cause possono essere di diverso tipo, dal classico problema in bolletta di una compagnia telefonica al danno ambientale che lede i diritti alla salute di diversi cittadini. Chiaramente la magistratura valuterà caso per caso, però questo è uno strumento importante. Voglio ricordare che nella scorsa legislatura c’era una mia proposta di legge alla Camera dei Deputati. Venne approvata all’unanimità. Poi, tre giorni dopo, Maria Elena Boschi, non so a nome di chi, disse che quella legge andava rivista. Era un segnale chiaro, dal mio punto di vista. Comunque i fatti dicono che quella legge si è arenata per circa 3 anni al Senato.

Adesso, con il nostro governo, in 9 mesi il provvedimento è stato incardinato e, voglio sottolinearlo, non si è trattato di un decreto legge, ma di un disegno di legge di iniziativa parlamentare e si sono tenute le audizioni con gli addetti ai lavori che sono venuti a dare il loro contributo. Il Parlamento ha potuto esaminare e votare la legge con i tempi necessari. In nove mesi la Class Action ha iniziato il suo percorso ed è diventata legge. Era un punto del contratto di governo. Contratto di governo che viene realizzato in pochissimo tempo. Nelle prossime ore, alla Camera, ci sarà la prima lettura per l’approvazione della legge sul Codice Rosso e il pacchetto antiviolenza sulle donne: un’altra sfida importante. Un altro punto del contratto di governo che ci teniamo ad approvare in tempi rapidissimi. Lo ribadisco sempre con orgoglio e con emozione, faccio parte di un governo che ha deciso di mettere la Giustizia tra le vere priorità dei cittadini italiani.

Alfonso Bonafede
3 aprile 2019
www.ilblogdellestelle.it/2019/04/la-class-action-e-le...
wheaton80
00domenica 14 aprile 2019 19:35
L’Italia va meglio della Germania. Qui la produzione è in crescita
Parla l’economista Rinaldi:“Col PD staremmo peggio. Il governo sta facendo più dei suoi predecessori”

“Se andiamo a vedere i dati della produzione industriale, mentre è in caduta libera quella tedesca, in Italia è stata positiva sia a gennaio che a febbraio”. Per il professor Antonio Maria Rinaldi (papabile ad una candidatura con la Lega alle elezioni europee) l’economia italiana sta meglio di come ci raccontano.

I numeri contenuti nel Documento di Economia e Finanza hanno fatto gridare in molti che l’Italia va malissimo, cosa ne pensa?
“Questo bisognerebbe dirlo al vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, che dice che ‘se l’Italia è la lumaca d’Europa la colpa è di questo Governo’; evidentemente è un novellino sulla scena politica internazionale per non essersi accorto che l’Italia è dal 2000 il fanalino di coda della UE. Se non se ne è accorto fino ad ora mi preoccupo. Eppure è il vicepresidente della Commissione Europea. Siamo stufi di prendere rimbrotti da persone incompetenti. La Germania cresce dello 0,8%, mentre l’Italia cresce dello 0,2, ma fino a poco tempo fa la Germania viaggiava sull’1,9 e noi all’1%, questo significa che il divario si è ridotto”.

Però non è un gran risultato, o sbaglio?

“Se andiamo a vedere i dati della produzione industriale, mentre è in caduta libera quella tedesca, in Italia è stata positiva sia a gennaio che a febbraio. Quindi di cosa stiamo parlando”.

Cosa pensa dell’andamento della Borsa di Milano dall’inizio di quest’anno?

“Piazza Affari continua a crescere in maniera sostenuta, questo significa che i mercati danno delle valutazioni diverse rispetto a queste dichiarazioni di Dombrovskis, che sanno tanto di contenuto politico ed elettorale visto”.

Oggi l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nel validare le previsioni del DEF, ha messo però sull’avviso dal rischio di un peggioramento dell’economia internazionale, e di quella italiana. Quale può essere l’impatto di queste valutazioni sulla Borsa?
“Io credo che i mercati, da questo punto di vista, siano molto più razionali dei commenti politici. In Italia, dal 4 marzo dell’anno scorso, si è creato un partito dello spread che rema contro questo Paese. E’ chiaro che sono tutti sordi e ciechi nel constatare che c’è una recessione a livello mondiale che coinvolge tutti i Paesi. E l’Italia non ne è esente. Sono convinto che se al governo ci fosse l’opposizione questi numeri sarebbero anche peggiori. D’altronde un grosso errore dei precedenti esecutivi è stato quello di aver riposto, quasi esclusivamente, nell’export il vantaggio dell’economia italiana, trascurando completamente i consumi interni”.

Caris Vanghetti
12 aprile 2019
www.lanotiziagiornale.it/italia-va-meglio-della-germania-qui-la-produzione-e-in-crescita-parla-economista-rinaldi/?fbclid=IwAR1pyBv6g6dM8zkLHH4GKKSibUhbFVI88xrJEri8pOQTDPckmlnbkIn2CeE#.XLBuN9lAa2g...
wheaton80
00lunedì 29 aprile 2019 00:51
Incremento record per l’agro-alimentare italiano in Cina

Incremento da record per l’agro-alimentare italiano in Cina, che fa segnare un aumento del 17% delle esportazioni nel 2019 rispetto al 2018. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti, basata sui dati ISTAT relativi al mese di gennaio, divulgata in occasione della visita del Premier Giuseppe Conte in Cina. Un dato che conferma e migliora la tendenza in atto da anni con le esportazioni di prodotti agroalimentari di casa nostra in Cina, che hanno raggiunto nel 2018 il record storico di 439 milioni di euro. Un valore che è più che triplicato negli ultimi 10 anni (+254%). “Il prodotto più esportato in Cina, precisa la Coldiretti, è di gran lunga il vino, che aumenta dell’11% il valore delle spedizioni nel 2019, seguito dai formaggi, che praticamente raddoppiano le esportazioni (+95%), ma anche olio di oliva, frutta e dolci”. “E un impulso”, continua Coldiretti, “può venire dai nuovi accordi con la Cina per l’esportazione nell’agroalimentare, dalle arance alla carne suina congelata, che sono stati siglati nell’ambito della Via della Seta”. L’imponente urbanizzazione e la crescita del potere di acquisto della classe media sono alla base della costante crescita dei consumi. Ciò non solo nelle cosiddette città di prima fascia (Pechino, Shanghai e Canton) ma anche in quelle di seconda e terza fascia (20 metropoli, ciascuna con 7-10 milioni di abitanti), oltre a numerose altre aree urbane da 3-5 milioni di abitanti. Si cerca la qualità e vi è la disponibilità economica necessaria a pagarla. A frenare le spedizioni agroalimentari italiane sono però le barriere tecniche ancora presenti per le produzioni nazionali. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, per quanto riguarda la frutta fresca l’Italia può esportare nel Paese asiatico solo kiwi e agrumi, mentre sono ancora bloccate le mele e le pere, oggetto di uno specifico negoziato.

Ernesto Ferrante
28 Aprile 2019
www.opinione-pubblica.com/incremento-record-per-lagro-alimentare-italiano-in-cina/?fbclid=IwAR3BQZ4kUDOrTuHWhoSrv9YcFWfp9Dre2yoGn56CZ5cnPn-apHZ...
wheaton80
00martedì 30 aprile 2019 01:37
Abbiamo vinto: abbiamo respinto un’altra volta la direttiva Bolkestein

Associazioni, movimenti sociali, sindacati, consiglieri comunali, comuni e campagne come l'italiana Stop TTIP/CETA portano a casa oggi un’importante vittoria: la Commissione Europea ha dovuto abbandonare l’ennesima riproposizione della Direttiva Bolkestein, che introduceva una procedura di notifica che avrebbe conferito alla Commissione il potere di veto sulle norme e sui regolamenti presentati dalle istituzioni nazionali nel settore dei servizi. E’ stato chiaro fin dall’inizio che la Bolkestein zombie avrebbe riguardato settori quali l’assistenza all’infanzia, i servizi pubblici, l’urbanistica e i diritti dei lavoratori a tutti i livelli di governo, dal livello locale a quello nazionale. In un’area vasta e delicata dell’economia e della democrazia nazionale, la Commissione ha rivendicato il diritto di esaminare attentamente i progetti di legge prima della loro adozione, di modificarli e di farli abrogare qualora venissero adottati in una forma non in linea con la libertà di mercato. Fortunatamente, questo attacco frontale alla democrazia è stato respinto e il Parlamento Europeo ha abbandonato il dossier. Non abbassiamo la guardia, perché potrebbe riaffacciarsi se la nuova Commissione che entrerà in carica alla fine del 2019 deciderà di ripresentare la proposta. Questa direttiva è riemersa dopo anni di pressioni da parte di potenti lobby industriali e dei servizi che chiedevano da parte della Commissione un’attuazione più incisiva della direttiva sui servizi.

La direttiva Bolkestein copre un’ampia gamma di servizi e introduce norme di vasta portata che hanno gravi implicazioni per il benessere, le politiche ambientali e i diritti sociali. E' anche formulata in modo molto generico, in parte grazie alle forti proteste che molte delle nostre organizzazioni hanno animato al momento della sua adozione nel 2006. Questo, però, porta a uno spazio di interpretazione troppo ampio che le lobby delle imprese vogliono risolvere in modo semplice: assegnare all’istituzione di cui si fidano di più (la Commissione appunto) il potere di decisione e di veto sulla gestione dei servizi. Oggi festeggiamo, ma siamo certi che la Commissione Europea, se il suo ruolo non verrà messo seriamente in discussione, farà di tutto per compiacere i propri “grandi elettori” e far rispettare, costi quel che costi, l’ideologia liberista che promuovono. Questa vittoria contro la direttiva sulla procedura di notifica, quindi, deve servire come campanello d’allarme per tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e la sovranità delle nostre istituzioni per unire le forze e capire come difendere il diritto di governare e amministrare per difendere ed espandere il welfare, per garantire servizi pubblici per tutti e amministrare le città e i territori secondo i diritti e i desideri di coloro che ci vivono. E’ arrivato il momento di un dibattito pubblico chiaro e ampio su come fermare i tentativi della Commissione Europea di imporre la sua crociata contro le nostre regole, i nostri diritti e la nostra sovranità costituzionale.

24 aprile 2019
stop-ttip-italia.net/2019/04/24/abbiamo-vinto-abbiamo-respinto-unaltra-volta-la-direttiva-bolkestein/fbclid=IwAR3qA6lHhMlShMXtCgYs9lJF1X2GxbBjX6R_MHlnjmKwrYpjqCS...
wheaton80
00giovedì 2 maggio 2019 00:38
L’Italia è fuori dalla recessione: nel primo trimestre PIL +0,2%

Nel primo trimestre dell’anno il PIL italiano è cresciuto dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Un dato migliore rispetto alle previsioni degli analisti, che avevano stimato un +0,1% congiunturale e un -0,1% annuo. L’economia è uscita dalla recessione tecnica dovuta ai due cali consecutivi del prodotto interno lordo registrati negli ultimi due trimestri del 2018, entrambi chiusi a -0,1%. Buone nuove anche sul fronte lavoro. Oltre al positivo calo del tasso di disoccupazione, a marzo aumentano gli occupati di 60mila unità rispetto a febbraio, raggiungendo il livello massimo da aprile 2008 (58,9% della popolazione. Sale in particolare l’occupazione stabile, +46mila, quella giovanile dai 15 ai 34 anni, +69mila e quella delle donne, +29mila). Lo sblocco degli avanzi di amministrazione e il piano da 400 milioni di euro per gli investimenti nei Comuni hanno dato ossigeno a imprese e fornitori. La ripresa dei consumi e della domanda interna sconfessa le previsioni catastrofiche delle opposizioni e dei tanti “esperti” al seguito. Dai dati ISTAT emerge “il positivo andamento del mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione che scende a marzo al 10,2%”, afferma il Ministro dell’Economia Giovanni Tria. Il Ministro evidenzia “oltre all’aumento dei giovani occupati e delle posizioni permanenti, il miglioramento del tasso di occupazione che risale al 58,9%, tornando ai livelli massimi da aprile 2018. Numeri che testimoniano la solidità e la tenuta dell’economia italiana”. Per Giovanni Tria, l’andamento del PIL nel primo trimestre “lascia intravedere che la previsione di crescita annuale (0,2% in termini reali) indicata nel DEF possa essere raggiunta e anche superata se il contesto internazionale sarà moderatamente favorevole”. “L’Italia è fuori dalla recessione”, spiega.

“La stima dell’ISTAT evidenzia come l’economia italiana abbia quasi integralmente recuperato la caduta del PIL registrata nella seconda metà del 2018”. All’inizio del 2019, l’economia italiana ha registrato “un moderato recupero che ha interrotto la debole discesa dell’attività registrata nei due trimestri precedenti”. L’ultimo anno “si è caratterizzato come una fase di sostanziale ristagno del PIL, il cui livello risulta essere nel primo trimestre del 2019 pressoché invariato rispetto a quello di inizio del 2018”. “L’Italia fuori dalla recessione dimostra che la direzione intrapresa è quella giusta”, dichiara il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio commentando i dati sul PIL diffusi dall’ISTAT. “Andiamo avanti come un treno verso il cambiamento”, conclude Di Maio. “I dati positivi sul PIL, sul lavoro e sulla ripresa economica impongono al governo una doverosa e sostanziale riduzione delle tasse. È obbligatorio realizzare al più presto la Flat Tax per imprese, lavoratori e famiglie, come da contratto di governo, senza dubbi o ritardi”, afferma il vicepremier Salvini. “L’Italia torna a crescere, il dato ISTAT sul PIL ci conforta molto su bontà della manovra e misure adottate, tenendo conto del contesto internazionale difficile e con le ultime misure ancora non in vigore. Ci auguriamo nel secondo semestre l’economia possa crescere in maniera sostenuta”. Queste le parole del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, da Tunisi.

Ernesto Ferrante
30 Aprile 2019
www.opinione-pubblica.com/litalia-e-fuori-dalla-recessione-nel-primo-trimestre...
wheaton80
00domenica 19 maggio 2019 13:47
ENI e Sonatrach siglano nuovo contratto: ecco l’importanza dell’Algeria

Una novità sotto il profilo economico-energetico, ma anche una conferma dell’importanza strategica dell’Algeria per il nostro Paese: il rinnovo del contratto tra ENI e Sonatrach siglato lo scorso giovedì per l’Italia segna un punto importante e dimostra come la stabilità di Algeri sia quanto mai essenziale per l’intero bacino del Mediterraneo.

Il rinnovo della collaborazione tra i due giganti dell’energia
La Sonatrach è l’azienda di Stato algerina che si occupa degli idrocarburi e di energia: non solo estrazione, ma anche raffinazione del petrolio ed esportazione del gas, elemento questo ancora più importante del greggio nella bilancia commerciale di Algeri. Sonatrach di recente investe anche in Italia; la svolta in tal senso arriva con l’acquisto da Exxon di parti dello stabilimento petrolchimico di Augusta, in Sicilia. Ma per il nostro Paese, complessivamente, le fonti di approvvigionamento energetico algerine risultano vitali: qualcosa come il 15% del gas che ogni anno consumiamo in Italia proviene dal Paese nordafricano. Il rinnovo fino al 2027, con due anni opzionali, del contratto tra ENI e Sonatrach garantisce dunque un altro decennio di collaborazione tra le due società ma soprattutto solidifica l’asse energetico tra le due sponde del Mediterraneo. Un filo comune che ha origini lontane, dimostrato dal fatto che il gasdotto che collega l’Algeria con l’Italia, passando per la Tunisia, è in funzione dal 1982 ed è dedicato ad Enrico Mattei. La sottoscrizione del contratto, come scritto da AgenziaNova, viene siglata nella scorsa giornata di giovedì:

www.agenzianova.com/a/5cde8a473f45a6.88779508/2444454/2019-05-16/energia-eni-e-sonatrach-rinnovano-contratto-di-fornitura-gas-fino-al-202...

Per ENI e Sonatrach è un accordo economico di una certa rilevanza, per l’Italia la dimostrazione di come con la controparte algerina è possibile ancora concludere contratti ed accordi. Circostanza non scontata visti i tumulti che attraversano il Paese nordafricano per via delle proteste contro Bouteflika e delle dimissioni di quest’ultimo dalla Presidenza.

L’importanza della stabilità dell’Algeria
Il contratto sopra descritto, inoltre, mostra ancora di più la delicatezza del ruolo economico e politico dell’Algeria nel contesto del Mediterraneo. In tanti, durante le proteste degli ultimi mesi, temono una deriva molto simile a quella avuta da altri Paesi arabi a seguito delle primavere del 2011. Libia e Siria su tutti appaiono spauracchi sia per le Nazioni interessate dalle proteste e sia per i Paesi europei che vedono un pericolo per i propri interessi. Sicurezza, ma anche come in questo caso approvvigionamento energetico ed economia risultano in cima alle preoccupazioni. Per adesso l’Algeria sembra affrontare in modo pacifico la transizione del post Bouteflika, con nuove elezioni convocate per il 4 luglio ed un governo ad interim chiamato a gestire la situazione. Inoltre, l’esercito non solo non reprime le manifestazioni ma si erge più volte come sostegno alle ragioni dei manifestanti. Ma le preoccupazioni permangono: ogni venerdì le città algerine vedono un susseguirsi di proteste e cortei, la tensione è sempre alta ed ancora non emerge alcun leader in grado di prendere in mano la situazione. E l’Europa osserva da vicino, nella speranza di non vedere analoghe situazioni a quelle di altri Paesi nella regione.

Mauro Indelicato
19 maggio 2019
it.insideover.com/politica/eni-sonatrach-nuovo-contratto-algeria.html?fbclid=IwAR1fhVjdWWy_wDo1S5XIJChLbILQdOgY4STryEP1QaI05yF5Vrp...
wheaton80
00lunedì 27 maggio 2019 20:25
La disfatta dei mondialisti

Nell’esito delle elezioni europee svoltesi in Italia, non bisogna trascurare che, oltre a Gigino Di Maio, ci sono altri due grandi sconfitti da questi risultati elettorali: Emma Bonino e Papa Bergoglio. Sono miseramente naufragate sulla soglia di sbarramento (4%) le ambizioni Emma Bonino, fiduciaria di George Soros ed animatrice di +Europa. Secondo la Bonino, come si era espressa in dichiarazioni prima del 26 maggio, avere degli eletti nel gruppo dell’ALDE, dove aspirava ad entrare nel Parlamento Europeo, rappresentava “un interesse nazionale”, confondendo la Bonino gli interessi dello speculatore George Soros (suo finanziatore) con quelli dell’Italia. Al contrario le aspettative della Bonino si sono scontrate con la diffusa ripulsa della maggior parte degli italiani, che non sopportano più le regole imposte dalla UE e le assurde pretese di consegnare agli oligarchi di Bruxelles la propria sovranità, tanto meno di affidare a questi loschi figuri (tipo Juncker e Moscovici) l’amministrazione dello Stato Italiano e l’apertura di tutte le frontiere per farsi “africanizzare” come vorrebbero la Bonino e il suo drappello di mondialisti ossessionati dalle frontiere aperte. Il messaggio degli italiani è stato chiaro ed univoco: vattene a casa e curati, ne hai bisogno. L’altro grande sconfitto di questa tornata europea possiamo considerare Papa Bergoglio, il vero leader della sinistra globalista, visto che quest’ultimo ha preso posizioni sempre a favore dell’europeismo e delle migrazioni incontrollate. Bergoglio non ha perso occasione per sostenere di dover accogliere tutti i clandestini ed ha sempre attaccato il Ministro dell’Interno, rifiutando di incontrarlo fino a che non avesse cambiato politica.

Anche questa volta “solo una sana e inconsapevole libidine ha salvato gli italiani dallo stress e dall’azione cattolica”, ovvero di mettersi a seguire i precetti del Papa gesuita Bergoglio e delle sue ossessioni mondialiste per la nuova “Religione Universale”. Questo dovrebbe far riflettere i papisti filo-Bergoglio, che sostiene posizioni incompatibili con la funzione e con la storia millenaria della Chiesa. Di conseguenza i fischi indirizzati a papa Bergoglio a Milano sono stati una riprova della ripulsa di buona parte della popolazione cattolica nei confronti di questo personaggio vestito di bianco che, dal suo scranno papale, fa politica e si intromette nelle questioni dello Stato italiano. Sembra che gli italiani non accettino le ingerenze del papa gesuita e della sua visione sorosiana delle migrazioni. Gli italiani hanno dato il loro voto esattamente a quelle forze che si sono opposte alle migrazioni ed in particolare a quelle posizioni prese da Papa Bergoglio. Questi dovrà farsene una ragione. Si potrà lasciare adesso ai grandi opinionisti, quelli a contratto dei media, il compito di commentare i risultati delle elezioni italiane per il Parlamento Europeo, ma rimane il fatto incontrovertibile del successo delle forze sovraniste, con la Lega sovranista di Salvini che è cresciuta di 7 milioni e 451mila voti; in buona parte anche Fratelli d’Italia della Meloni, cresciuta di 717.000 voti. Nello stesso tempo il PD, partito filo UE e filo migrazioni, è sceso di 6 milioni e 29 mila voti e Forza Italia di Berlusconi (ambigua e opportunista) è scesa di 2 milioni dopo che Berlusconi ha proposto Mario Draghi come nuovo Premier. Gli italiani dei tecnoburocrati della UE e dei mondialisti ne hanno avuto già abbastanza con Mario Monti e la sua compagnia di giro. Il risultato delle elezioni europee sta lì a dimostrarlo.

Luciano Lago
27 Maggio 2019
www.controinformazione.info/ladisfattadeimondialisti/fbclid=IwAR1ESlBk3NYyJ5TJ8_044bgGRlgSUkWi8V-bCNe7I2Y8Qv9v7KF...
wheaton80
00venerdì 7 giugno 2019 13:31
Il Re(gime) è nudo. Palamara e la “spartitopoli” togata

Il regime c’era ma non si vedeva. Aveva toghe e poltrone pesanti. Era tentacolare ma ben mimetizzato e protetto da una fitta coltre di ipocrisia spacciata per illibatezza. Dall’inchiesta perugina sta uscendo fuori di tutto: cene, politici, donne, vacanze, ristrutturazioni, indagati che decidono le nomine dei giudici, i giudici che si preoccupano di indagare i loro colleghi concorrenti ma anche giornalisti non liberi al servizio del magistrato “amico”. Luca Palamara, ex membro del CSM ed ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, avrebbe ottenuto soldi e regali da alcuni lobbisti vicini a importanti imprenditori per influenzare delle sentenze. Palamara, di cui è celebre lo scontro con l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, sarebbe poi venuto a conoscenza dell’indagine a suo carico “grazie” alle sue amicizie tra i colleghi. A quel punto avrebbe cercato di influenzare la nomina del prossimo procuratore di Perugia, in modo da avere un alleato a capo dei magistrati che stavano indagando su di lui. La tanto decantata indipendenza dell’organo di autogoverno dei giudici e la separazione dei poteri e l’equilibrio fra di loro appaiono adesso alla stregua di barzellette da “Bar Sport”. Deferimento ai probiviri per i magistrati investiti dalla bufera scaturita dall’indagine della Procura di Perugia, a partire da Luca Palamara e compresi i consiglieri del CSM e il deputato del PD Cosimo Ferri, che non ha mai lasciato la toga. Lo ha deciso il Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, il potentissimo “sindacato” delle toghe.

Il comitato “deferisce al collegio dei probiviri, cui spetterà di verificare la sussistenza di violazioni del codice etico, i colleghi Palamara, Ferri, Spina, Lepre, Cartoni, Criscuoli e Morlini, riservandosi di deferire altri colleghi che risultassero coinvolti nella medesima vicenda o in altre simili. A tal fine richiede la trasmissione degli atti ostensibili del relativo procedimento penale alla Procura Generale della Corte di Cassazione e al Consiglio Superiore della Magistratura”. È quanto si legge nella delibera approvata all’unanimità. “Le notizie di stampa”, ha detto Pasquale Grasso, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, delineano una situazione che, ove pienamente confermata, disegna uno dei più gravi momenti di crisi della magistratura della storia repubblicana, per il nocumento arrecato all’organo di autogoverno della magistratura”. “Degenerazioni correntizie“, “giochi di potere” e “traffici venali”. Il Consiglio Superiore della Magistratura è a pezzi: quattro consiglieri togati (Gianlugi Morlini, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Corrado Cartoni) su sedici si sono autosospesi. Uno, Luigi Spina, che invece è indagato per favoreggiamento e violazione di segreto, si è già dimesso da qualche giorno. Volano accuse incrociate pesantissime e su Palazzo dei Marescialli spira aria di bufera.

“Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti”, ha avvertito David Ermini, il vicepresidente del CSM riferendosi all’inchiesta della Procura di Perugia. Pesantissime le parole di Giuseppe Cascini, consigliere eletto da Area, la corrente di sinistra delle toghe, secondo cui “l’unica vicenda assimilabile, sotto più aspetti a quella che stiamo vivendo in questi giorni, è quella dello scandalo P2 dei primi anni ’80 del secolo scorso”. Rigore e intransigenza esibite di giorno e pulsioni irrefrenabili di potere sfogate durante gli incontri notturni, molto spesso in albergo, qualche volta a casa della sorella di Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla giustizia nei governi PD. Almeno tre documentati, specie dal 7 al 16 maggio, per decidere a tavolino le nomine dei procuratori capi, spostando voti all’interno del CSM con l’obiettivo di individuare ed eleggere magistrati controllabili politicamente. Luca Palamara a dirigere l’orchestra. Tra i “presenti” figurerebbe anche Claudio Lotito, amico di Palamara, Presidente della Lazio ed elargitore di biglietti in tribuna VIP per le partite dei biancocelesti, come la finale di Coppa Italia del 15 maggio scorso, a cui assiste Luigi Spina dalla tribuna autorità. L’ultimo incontro in un hotel, in cui Palamara con gli altri “fa la conta dei voti per il Procuratore di Roma”, dopo l’uscita di Pignatone, per centrare il suo obiettivo: mettere Marcello Viola, Procuratore Generale di Firenze, a capo dell’Ufficio della Capitale.

Non solo lusso ma anche sconti e “carinerie”, come la ristrutturazione della casa romana in cui vive in affitto Luca Palamara, con i lavori affidati ad una ditta di Fabrizio Centofanti, lobbista, nonché colui che pagava weekend e regali all’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Franco Roberti, ex capo della Direzione Nazionale Antimafia, da poco eletto al Parlamento Europeo tra le file del PD, dopo aver imputato a Renzi e al suo governo la responsabilità di aver contribuito ad ulteriormente politicizzare le nomine degli uffici giudiziari e l’errore di aver abbassato solo per questioni di poltrone l’età pensionabile, ha rivolto un duplice appello: alla libera informazione ha chiesto “di non perdere l’attenzione su questo scandalo”; al Partito Democratico, “finora silente, di prendere una posizione di netta e inequivocabile condanna dei propri esponenti coinvolti in questa vicenda, i cui comportamenti diretti a manovrare sulla nomina del successore di Giuseppe Pignatone sono assolutamente certi, se vuole essere credibile nella sua proposta di rinnovamento e di difesa dello Stato costituzionale di diritto dall’aggressione leghista”. Molto vago e inconcludente Nicola Zingaretti, segretario del PD. “Sulla vicenda del CSM”, dice, “va fatta al più presto chiarezza e le indagini dovranno accertare la verità e le responsabilità individuali affinché non rimangano ombre su temi così delicati. Capire che cosa è accaduto è indispensabile, anche per pensare ad anticorpi e possibili riforme a tutela del miglior funzionamento della giustizia e del CSM”.

Zingaretti si limita “all’auspicio che tutti coloro che in qualche modo sono rimasti coinvolti collaborino ad accertare la verità”. Qualche ultima considerazione, di carattere tecnologico, sulle intercettazioni effettuate con i ‘Trojan’, rivelatesi importantissime anche nella vicenda che riguarda il CSM. “Se oggi gli inquirenti possono utilizzare con maggiore incisività i captatori informatici è grazie al Movimento 5 Stelle che, bloccando la riforma Orlando (PD), ne ha preservato ed esteso l’impiego”. E’ quanto scrive il Blog delle Stelle. “Il PD di Renzi e Orlando, aggiunge il M5S, voleva depotenziare questo mezzo di indagine straordinario; noi, con la legge ‘spazzacorrotti’, lo abbiamo reso ancora più potente. Per farlo abbiamo dato al Paese un pacchetto di norme coraggiose e avanzate al punto di prevedere l’attivazione dei ‘captatori informatici’ sui telefoni degli indagati per corruzione, esattamente come avveniva già per i mafiosi e per i terroristi”. La bufera giudiziaria che ha travolto Palamara e soci dovrebbe suggerire a molti una riflessione seria e profonda sul ruolo delle toghe negli ultimi trent’anni della politica italiana, a partire da quel “Mani pulite”, mito fondante di un sistema di potere caratterizzato da logiche spartitorie, sete di potere e connessioni opache, in molti casi in combutta con la partitocrazia più famelica.

Ernesto Ferrante
6 Giugno 2019
www.opinione-pubblica.com/il-regime-e-nudo-palamara-e-la-spartitopoli...
wheaton80
00sabato 6 luglio 2019 17:43
Antonio Maria Rinaldi nominato alle commissioni Affari Economici e Monetari (con Marco Zanni) ed Affari Costituzionali. Ora buon lavoro

Antonio Maria Rinaldi, risultato secondo nelle elezioni in Centro Italia per la Lega con 80mila preferenze, preceduto solo da Matteo Salvini, è stato nominato nella Commissione Affari Monetari ed Economici del Parlamento Europeo, in compagnia di Marco Zanni, che ricopre anche la carica di capogruppo dell’ID. Come sappiamo le nomine sono state fatte in un ambiente antidemocratico che si è costituito nel Parlamento, con il tentativo da parte del Presidente Sassoli (PD e S&D) di creare il famoso “Cordone sanitario” contro i sovranisti. Un’operazione che sinora in tutta Europa si è solo convertita nella loro crescita. La Commissione Affari Economici e Monetari si occuperà di temi molto pesanti quali, ad esempio, le prossime proposte per lo ESM e per lo schema di assicurazione sui depositi. Antonio Maria Rinaldi è stato anche nominato alla Commissione Affari Costituzionali, che deve occuparsi delle questioni legate al futuro della costruzione europea e alle sue evoluzioni, oltre che alla coerenza delle decisioni, anche di bilancio, con le normative europee esistenti. Complimenti ai nominati e Buon Lavoro!!

scenarieconomici.it/antonio-maria-rinaldi-nominato-alle-commissioni-affari-economici-e-monetari-con-marco-zanni-ed-affari-costituzionali-ora-buon-lavoro/?fbclid=IwAR3gtaUUi1y8ioNYBi-WI6cp-OxTfNd6nzZBBSwMgnRa25DUg8U...

wheaton80
00giovedì 18 luglio 2019 03:26
Vola l’export, e per fortuna che “non siamo competitivi”

Oggi siamo alla rubrica “strano, ma vero”. L’Italietta, quella del debito pubblico insostenibile e delle riforme strutturali da fare per “essere competitivi”, ha superato come tasso di crescita dell’export la Cina. Rispettivamente +4% nei primi 5 mesi di quest’anno dell’Italia contro +3,9% della Cina. Poco fa sono usciti i dati: si stimava un surplus di 2,2 miliardi, il dato reale è 5,3 miliardi; mentre quello dell’UE, stranamente, visto che abbiamo a che fare con i campioni del mercantilismo, Olanda e Germania, che passa da 0,9 miliardi a 2,2 miliardi. Nei primi 5 mesi il surplus passa da 13,3 miliardi del 2018 ai 16,4 miliardi del 2019. Il surplus, al netto dell’energia, passa da 29 a 33 miliardi. Ebbene, data la vulgata per cui “non si è competitivi”, la settimana scorsa è uscito un dato dell’UNCTAD: l’Italia è il quinto Paese al mondo per surplus commerciale, con 107 miliardi di dollari. A quanto pare quest’anno andrà ancora meglio, con riflessi sulla bilancia dei pagamenti (il dato di maggio uscirà domani sul sito di Bankitalia), sulla posizione finanziaria estera netta, quasi in pareggio, come abbiamo rilevato qualche giorno fa, e con un surplus dei redditi primari e della bilancia turistica ancora in aumento.

Morale: viviamo molto al di sotto delle nostre possibilità. Per citare qualche dato: a maggio il settore farmaceutico ha avuto +49% di export. Mancano farmaci in tutto il mondo, specie in USA e Europa, e in più i prezzi italiani, a parità di prestazione, sono inferiori del 25%. Ne beneficia il Lazio, hub nazionale della farmaceutica, che nei primi mesi del 2019 ha avuto un boom dell’export del 15%, ma anche Toscana e Campania, dove vi sono siti produttivi di livello europeo. E poi: boom di tessile e pelletteria (al servizio dei possidenti mondiali), dei macchinari (dove le performance da diversi anni superano quelle tedesche), e agroalimentare. La favola che “non siamo competitivi” serve solo a continuare a tener bassi i salari e precarizzare ancor di più il mercato del lavoro. Di queste performance non ne parlano i media mainstream, altrimenti vedresti i forconi nelle strade. Siamo diventati la Germania dell’Ovest del sud Europa, senza però avere il suo welfare. Un giorno dovremmo presentare il conto.

Pasquale Cicalese
16 Luglio 2019
contropiano.org/news/news-economia/2019/07/16/vola-lexport-e-per-fortuna-che-non-siamo-competitivi-0117382?fbclid=IwAR1XON16b3_MLOy8eS4NO0xqJF0ZWyca2sO9NZCt-wY7qi3WE07...
wheaton80
00sabato 20 luglio 2019 18:04
La legge sul ‘Codice Rosso’ è stata approvata dal Senato

Con 197 voti a favore, nessun contrario e 47 astensioni, il Senato ha approvato il DDL cosiddetto ‘Codice Rosso’ contro la violenza sulle donne. Non essendo state apportate modifiche rispetto al testo trasmesso dalla Camera, il via libera del Senato significa approvazione definitiva del provvedimento. I voti favorevoli sono giunti da M5S, Lega, FI, Fratelli d’Italia e Autonomie. Si sono astenuti i senatori del PD e di LEU. Il provvedimento, voluto dai Ministri della Giustizia e della Pubblica Amministrazione Alfonso Bonafede e Giulia Bongiorno, va a modificare il codice penale e altre disposizioni di legge in materia di violenza sulle donne, prevedendo l’obbligo di ascoltare una donna entro 3 giorni dalla denuncia, l’inasprimento delle pene per i reati di violenza sessuale, l’eliminazione delle attenuanti per il femminicidio, l’introduzione di nuovi reati come il “revenge porn” e la deformazione permanente del volto. Il testo si compone di 21 articoli che individuano un catalogo di reati attraverso i quali la violenza domestica e di genere si esercitano. E’ uno strumento pensato e fortemente voluto dal Governo per aiutare le tante donne che quotidianamente sono minacciate e perseguitate da ex compagni, mariti, o semplicemente da conoscenti, in un Paese in cui i dati parlano di una vittima ogni 72 ore. “Il nuovo pacchetto di norme rappresenta un miracolo”, ha commentato il Ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno. “Le donne ora”, sottolinea ancora Bongiorno, “potranno chiedere e ottenere giustizia entro tre giorni”. Per il Guardasigilli Alfonso Bonafede, “lo Stato dà una risposta molto forte: dice ad alta voce che le donne in Italia non si toccano”. Critiche le opposizioni, inconsistenti e poco produttive anche in questo campo durante le rispettive lunghe stagioni di governo. Forza Italia parla di “un piccolo passo avanti”, per il PD è addirittura solo uno “spot pubblicitario”.

Ernesto Ferrante
19 Luglio 2019
www.opinione-pubblica.com/la-legge-sul-codice-rosso-e-stata-approvata-dal-senato/?fbclid=IwAR16dEFudQRNbLltGv1gkekN2Wu6MoXbSjaczdlLrgojVNTU7cn...
wheaton80
00sabato 3 agosto 2019 01:46
I primi effetti positivi del reddito di cittadinanza sull'economia italiana

Sembra che il reddito di cittadinanza stia avendo i primi effetti. Partito alla fine di aprile, le vendite al dettaglio a maggio non ne risentirono forse perché i percettori dovevano pagare bollette e affitti arretrati o togliersi qualche debito. A giugno invece, inaspettatamente, visto che davano le vendite al dettaglio in crescita su anno dello 0.2% e su mese dello 0.4%, sono cresciuti rispettivamente dell' 1.3% su anno e di ben 1.9% su mese. Mentre su anno i beni alimentari crescono dello 0.5%, su mese crescono di ben 1.6%. Sembra che i percettori abbiano preferito telefonini e scarpe, entrambe cresciuti molto. Ma è molto probabile che i percettori stiano ancora coprendo in parte spese e debiti arretrati, quindi l' effetto maggiore potrebbe aversi nel prossimo anno. Nel dato del commercio incide, inoltre, anche l'aumento dell'occupazione a tempo indeterminato grazie al cosiddetto Decreto Dignità. Certo che in Italia, da più di 20 anni, siamo in presenza di una diffusa povertà salariale, specie al sud, altrimenti non si spiegherebbe perché questo Paese sia l' unico, assieme alla Grecia, ad avere a distanza di 11 anni dalla crisi mondiale del 2008, indici dei consumi che non hanno recuperato livelli precedenti. Dal pubblico impiego ai tessili, dai metalmeccanici ai bancari, le tornate contrattuali in questi anni si sono risolte con un quasi niente. Oltre a mancare la politica, manca in questo Paese un sindacato con forte radicamento nazionale che porti avanti le istanze dei salariati. Altrimenti non se ne esce.

Pasquale Cicalese
02/08/2019
www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_primi_effetti_positivi_del_reddito_di_cittadinanza_sulleconomia_italiana/29785_29825/?fbclid=IwAR3hzQEqgRS_88tLL7gzUadaU_nE_hrckTbY5J5fOQ4i5EBXekx...
wheaton80
00lunedì 12 agosto 2019 20:20
Crisi di governo: Trump e gli USA con Salvini, la Cina no

In primo luogo, sul tavolo troviamo la questione cinese. Sul tema, si erano registrate sensibilità abbastanza differenti in seno alla maggioranza gialloblu, soprattutto dallo scorso marzo, quando il Governo Conte aveva siglato il memorandum d’intesa per accedere al progetto cinese della Nuova Via della Seta. Una mossa che non venne vista troppo di buon occhio oltreatlantico: Washington teme infatti l’espansionismo geopolitico della Repubblica Popolare in Occidente e, in particolare, il Pentagono paventa da tempo rischi militari e di Intelligence in riferimento alla realizzazione di infrastrutture per la rete 5G da parte di Pechino: è in questo senso che vanno d’altronde lette le restrizioni decretate dalla Casa Bianca contro i colossi cinesi del settore come Huawei. In una simile situazione, Matteo Salvini ne approfittò per smarcarsi, quantomeno parzialmente, da quell’intesa, tranquillizzando Washington sul fatto che l’accordo non riguardasse il campo delle telecomunicazioni. Inoltre, per comprovare la propria posizione atlantista, la Lega decise di passare ai fatti, quando, principalmente su input del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, Palazzo Chigi approvò un decreto legge per estendere il golden power al 5G: un modo per conferire al governo la facoltà di veto in materia e, conseguentemente, lanciare un messaggio di rassicurazione proprio agli Stati Uniti. Un gesto che, neanche a dirlo, suscitò i malumori di Huawei, secondo cui la norma sarebbe stata discriminatoria, in quanto applicabile soltanto alle aziende extraeuropee. Lamentele in qualche modo ascoltate dal Movimento 5 Stelle: a luglio, il sottosegretario grillino, Vincenzo Santangelo, ha annunciato di non voler “insistere” per convertire quel decreto in legge, rinviando la questione a un disegno di legge complessivo sulla sicurezza cibernetica: una scelta che, viste le lungaggini parlamentari, molti analisti hanno de facto interpretato come la volontà di affossare in via definitiva il decreto. Insomma, il dossier 5G non ha fatto che contribuire a scavare divisioni sempre più profonde in seno all’ormai ex maggioranza gialloblu: una situazione che potrebbe forse annoverarsi tra le cause della presente crisi di governo. Non è del resto un mistero che, soprattutto nell’ultimo anno, la Lega abbia mirato costantemente a proporsi come la principale forza atlantista nell’attuale scacchiere politico italiano.

Non solo Matteo Salvini ha sempre ostentato una profonda ammirazione per Donald Trump ma questa convergenza è stata altresì formalmente sancita dal viaggio che il leader del Carroccio ha effettuato, lo scorso giugno, a Washington, dove ha incontrato, tra gli altri, il vicepresidente americano, Mike Pence, e il Segretario di Stato, Mike Pompeo. Con quella visita, frutto in buona parte del lavoro diplomatico di Giorgetti, la Lega è riuscita a porsi come interlocutrice privilegiata dell’attuale amministrazione americana, mettendo all’angolo Luigi Di Maio, anche lui per lungo tempo desideroso di trovare una sponda forte con Washington. Un desiderio che è andato tuttavia progressivamente naufragando, in particolare dopo la firma del memorandum con Pechino. Soprattutto da allora, gli Stati Uniti hanno iniziato a nutrire una crescente diffidenza nei confronti del Movimento 5 Stelle. Una diffidenza che è con ogni probabilità aumentata proprio con i recenti sviluppi inerenti alla questione del 5G. Anche perché il braccio di ferro tra la Casa Bianca e Huawei è ben lungi dall’essersi concluso: basti pensare che, appena pochi giorni fa, Trump abbia vietato alle agenzie federali americane di fare affari con il colosso cinese. Segno evidente di come il dossier 5G continuerà a determinare le valutazioni di Washington sulle dinamiche politiche italiane: un fattore di cui la Lega non può ovviamente non tener conto. Ciononostante la Cina non rappresenta l’unico fronte di convergenza tra l’Amministrazione Trump e il Carroccio: un altro elemento di contiguità risulta infatti la comune ostilità nei confronti dell’asse franco-tedesco. Non è un mistero che l’attuale Presidente americano consideri Berlino un’avversaria soprattutto sotto il profilo della politica commerciale, mentre i suoi rapporti con Emmanuel Macron risultano piuttosto tesi su un imprecisato numero di dossier (dall’Iran all’ambiente, passando per la proposta di un esercito europeo). Trump ha quindi tutto l’interesse ad indebolire il sistema di potere che Parigi e Berlino costituiscono. E, per conseguire tale obiettivo, sta da tempo cercando di mettere questo sistema sotto assedio attraverso tre canali distinti ma a loro modo complementari: Boris Johnson in Gran Bretagna, Viktor Orban in Ungheria e Matteo Salvini in Italia. In particolare, agli occhi di Trump, la stretta migratoria attuata dal Viminale nell’ultimo anno ha rappresentato un duro schiaffo alle linee aperturiste invocate in materia da Francia e Germania. Senza poi dimenticare che quella stessa stretta italiana sia servita al Presidente americano per giustificare la propria linea dura in patria (soprattutto nel corso della campagna elettorale per le ultime elezioni di metà mandato). Lo stesso shock fiscale assai spesso invocato da Salvini (una misura che vorrebbe in qualche modo ricalcare la riforma delle tasse approvata dai repubblicani in America nel 2017) viene considerato da Trump un grimaldello per scardinare dall’interno la burocrazia europea a trazione franco-tedesca.

Anche in questo caso, c’è stato un momento in cui il Movimento 5 Stelle, forte di una linea profondamente critica verso Bruxelles, ha cercato di guadagnarsi l’attenzione (e il favore) del Presidente americano. Sennonché, l’aver votato in sostegno della nuova Presidentessa della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, certo non deve aver fatto troppo piacere alla Casa Bianca, che considera (non a torto) questa figura come l’ennesima espressione dell’odiato asse franco-tedesco. Un punto maggiormente controverso riguarda invece la Russia. Se nel corso del viaggio a Washington Salvini ha sposato l’ortodossia americana su dossier come il Venezuela e l’Iran, su Mosca ha continuato ad esprimere una posizione non perfettamente coincidente con quella dei falchi statunitensi, dicendosi favorevole a un’apertura occidentale nei confronti di Mosca. Qualcuno interpreta questa tesi come una sorta di schizofrenia, un voler contraddittoriamente tenere il piede in due scarpe. In realtà, se è vero che una parte dell’establishment di Washington non veda di buon occhio Vladimir Putin, risulta altrettanto indubbio che Trump stia da tempo cercando una distensione geopolitica con il Cremlino. Ecco: è proprio su questa distensione che il governo gialloblu ha puntato e su cui la Lega sta continuando evidentemente a puntare. D’altronde, per quanto non facile, tale strategia di Salvini potrebbe far leva sul sentimento anticinese di Trump, che mira ad aprire al Cremlino proprio per indebolire la convergenza commerciale e geopolitica, verificatasi tra Mosca e Pechino, a partire almeno dal 2014. In questo senso, quello che a prima vista apparirebbe un paradosso anti-atlantista potrebbe in realtà rivelarsi una mossa di piena consonanza con un Presidente americano che continua imperterrito a ritenere di vitale importanza un disgelo verso la Russia. Insomma, da quanto abbiamo visto, è chiaro che al momento la Lega rappresenti la forza politica italiana più vicina alle istanze di Donald Trump. Ed è per questa ragione che, con ogni probabilità, la Casa Bianca potrebbe auspicare delle elezioni rapide, per permettere al Carroccio di sfruttare il consenso registrato nei sondaggi e disporre conseguentemente a Roma di un governo saldamente alleato. Un governo che magari possa includere Giorgia Meloni (anche lei da sempre sostenitrice dell’attuale Presidente americano). Ma un governo, per intenderci, che non ospiti al suo interno elementi ambigui o apertamente ostili all’attuale amministrazione statunitense. Se la Casa Bianca, come abbiamo visto, nutre ormai una certa diffidenza verso il Movimento 5 Stelle, ben difficilmente vorrà vedere una maggioranza con dentro il Partito Democratico, storicamente legato negli Stati Uniti alle galassie clintoniane. E, in tutto questo, Pechino brinda alle ipotesi di governi istituzionali, fondati su vaste coalizioni anti-leghiste.

Stefano Graziosi
12 agosto 2019
www.panorama.it/news/politica/crisi-governo-trump-gli-usa-salvini-la-cina-no/?fbclid=IwAR0jgwqpNXmTgDoE36hB7FQBZ_K5V0Xc2lTZ-Atdh8PdTvZ8zdV...
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