Un pò di giustizia in Italia

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: [1], 2, 3, 4, 5
wheaton80
00martedì 23 ottobre 2012 15:37
Terremoto dell’Aquila. Scienziati condannati
Sei anni di reclusione, non diedero il giusto allarme prima del disastro
Flavia Amabile
23/10/2012

Avevano rassicurato gli aquilani una settimana prima del sisma, era molto improbabile che una forte scossa potesse verificarsi. Previsione sbagliata, consiglio improvvido, come si capì alle 3,32 del 6 aprile 2009 e ancora meglio nei giorni seguenti. E quindi il giudice unico Marco Billi ha condannato a sei anni di reclusione, per il loro ottimismo, i sette componenti della commissione Grandi rischi: sei esperti e il vice direttore della protezione civile, Bernardo De Bernardinis.

All’inizio di aprile di tre anni fa gli aquilani erano in allarme, le scosse si ripetevano ormai da tempo. Il sindaco sollecitò una riunione della Commissione Grande Rischi, organo di consulenza della presidenza del consiglio dei ministri, per fornire una risposta alle paure dei suoi cittadini. La risposta fu molto positiva, troppo a giudicare da quanto accadde. E quindi i sette esperti sono stati ritenuti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose per il contributo dato con la loro previsione sbagliata alla morte di 37 persone e al ferimento di cinque persone che si erano fidate delle loro parole. Sono state concesse le attenuanti generiche.

I condannati sono i principali esperti di terremoti in Italia: Franco Barberi, presidente vicario della commissione; Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione Civile; Bernardo De Bernardinis, ex vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Claudio Eva, ordinario di fisica terrestre all’Università di Genova; Gianmichele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case. Sono stati condannati anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E la sentenza prevede pure un risarcimento di 7,8 milioni di euro a cui vanno aggiunte le spese giudiziarie delle parti civili, circa 100 mila euro.

Un lungo applauso saluta la notizia della condanna, molti aquilani sono riuniti nella piazza principale della città per parlare di tasse ma si cambia in fretta argomento: «Sei anni? So’ pochi! Hanno fatto bene, benissimo», commentano i cittadini aquilani riuniti sotto un tendone nella piazza della città. «Ci hanno rassicurati e poi siamo morti dentro casa», riassumono con amarezza il senso di questa sentenza storica e sorprendente.

Il sindaco Massimo Cialente prova a chiarire il motivo dell’applauso: «Volevamo questa sentenza per capire, ma il dramma non si cancella. Il Comune si era costituito parte civile per chiedere giustizia ma ora la giustizia la vogliamo anche per tutto quello che è successo dopo il 6 aprile». Soddisfatta anche Stefania Pezzopane, all’epoca presidente della Provincia: «Erano venuti solo per rassicurarci. Sono vicina agli aquilani traditi e umiliati ma non vinti».

Per Giampaolo Giuliani la sentenza è una rivincita: è l’esperto che con le sue ricerche sul radon aveva studiato la serie di scosse a l’Aquila dando l’allarme prima della tragedia. «Quello che è emerso dal processo è che i membri della commissione avevano una grande responsabilità e sono venuti meno. Sono orgoglioso che ci siano giudici e avvocati che siano riusciti a portare avanti un processo storico, su un argomento così difficile. Per la prima volta, in meno di tre anni, un processo esce con una sentenza. Per Ustica e Bologna sono passati 30 anni senza trovare responsabili».

www.lastampa.it/2012/10/23/italia/cronache/terremoto-dell-aquila-scienziati-condannati-9D3N8JAyrfPuw6nOjBmaXI/pag...
wheaton80
00martedì 23 ottobre 2012 15:56
Diaz, le condanne definitive (lo so. non è tanto news :P)

06 luglio 2012

Roma - Confermata, dalla Cassazione, la responsabilità dei vertici della polizia alla catena di comando a Genova, il 22 luglio del 2001, la notte del pestaggio e dell’arresto illegale dei no-global alloggiati alla scuola Diaz durante il G8.

Diciassette i dirigenti che escono compromessi da questo esito processuale che comporta anche la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni che si ripercuoterà sulla carriera professionale dei poliziotti di rango perché si apriranno i procedimenti disciplinari finora congelati in attesa del verdetto.

È stata così sostanzialmente confermata, nella parte più rilevante, quella relativa alla catena di comando, la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova il 18 maggio del 2010.

Tra i “big” condannati, per aver firmato i verbali falsi che giustificavano il blitz violento accusando le vittime di aver opposto resistenza accoltellando un agente e nascondendo molotov, ci sono il capo dell’anticrimine Francesco Gratteri (4 anni), il capo del Servizio centrale operativo Gilberto Caldarozzi (3 anni e 8 mesi), e il capo del dipartimento analisi dell’Aisi Giovanni Luperi (4 anni).

Gli altri dirigenti con condanna irrevocabile a tre anni e otto mesi sono Filippo Ferri, Massimiliano Di Bernardini, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola, Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi, Salvatore Gava e Pietro Troiani.

Uno sconto di pena ci sarà per l’ex capo della mobile Vincenzo Canterini - ora in pensione - che aveva avuto la pena più alta, cinque anni, dalla quale si dovrà sottrarre la condanna per lesioni ma non per il falso. Per tutti loro si profila una sostituzione nell’incarico.

Dopo undici anni di attesa, le vittime - 63 i feriti, molti in maniera grave e permanente come il giornalista inglese Mark Covell, 93 gli arrestati in modo illegale rimasti in carcere tre giorni senza poter comunicare con nessuno - hanno ottenuto il via libero definitivo al diritto al risarcimento contro il quale si era battuta l’Avvocatura dello Stato.

La Suprema Corte, invece, ha dichiarato prescritte le condanne a tre anni di reclusione (comunque coperti dal condono) per otto cosiddetti “pesci piccoli”, i caposquadra del settimo reparto della celere di Roma, accusati di lesioni. La decisione ha come effetto il venir meno della sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri, Vincenzo Compagnone.

Per Massimo Nucera e Maurizio Panzieri è stata rideterminata al ribasso - da tre anni e otto mesi a tre anni e cinque mesi - la condanna per la messinscena dell’accoltellamento.

Il ministro Cancellieri: «Una sentenza da rispettare»
«La sentenza della Corte di Cassazione di oggi va rispettata come tutte le decisioni della Magistratura. Il ministero dell’Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte». Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri.

«La sentenza della Cassazione - ha aggiunto il ministro dell’Interno - mette la parola fine a una vicenda dolorosa che ha segnato tante vite umane in questi 11 anni». «Questo non significa che ora si debba dimenticare. Anzi - ha detto ancora il ministro Cancellieri - il caso della Diaz deve restare nella memoria. Ma proprio le definitive parole dei giudici ci devono spingere a guardare avanti sicuri che le Forze di Polizia sono per i cittadini italiani una garanzia per la sicurezza e per la democrazia». «Del resto - conclude - nessuno può dimenticare l’attività quotidiana di tante donne e uomini della Polizia che, con dedizione, professionalità e coraggio, lavorano al servizio dello Stato per il bene di tutti».

Manganelli: «Massimo impegno per migliorare»
La Polizia «accoglie la sentenza della magistratura con il massimo dovuto rispetto e ribadisce l’impegno a proseguire nel costante miglioramento del percorso formativo relativo al complesso campo dell’ordine e della sicurezza pubblica», queste le parole del capo della polizia, Antonio Manganelli dopo la sentenza sulla Diaz.

Manganelli, inoltre, esprime «apprezzamento e orgoglio per la maturità, l’onestà, la dedizione e l’entusiasmo con cui quotidianamente il paese viene servito dalle donne e dagli uomini delle forze di polizia».

I difensori dei no-global
«Giustizia è fatta: ci sono voluti 11 anni per arrivare a questo verdetto e la Cassazione è stata coraggiosa. Mai, nelle democrazie occidentali, si è arrivati ad una condanna per funzionari della Polizia di così alto livello», così l’avvocato Emanuele Tambuscio, legale di alcuni no-global picchiati alla Diaz, ha commentato il verdetto della Suprema Corte.

E l’avvocato Francesco Romeo, un altro difensore di alcune vittime del pestaggio alla Diaz, ha commentato: «La catena di comando è stata condannata e questo è un grande risultato, rimane però il dato di fatto che quella notte alla scuola Diaz è stata una pagina nera per la democrazia italiana e il Parlamento non ha nemmeno fatto una Commissione di inchiesta per individuare le responsabilità politiche».

Gli avvocati di parte civile
«Quando gli odierni condannati furono rinviati a giudizio, nel 2004, dichiarai alla stampa che noi, avvocati di parte civile, avremmo fatto sì che gli indizi a loro carico si trasformassero in sentenze di condanna. Abbiamo completato il nostro lavoro»: questo il commento dell’avvocato Riccardo Passeggi, uno degli avvocati di parte civile.

Il legale di Canterini
Ironica la dichiarazione dell’avvocato genovese Silvio Romanelli, difensore di Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma, del vice questore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, Michelangelo Fournier e dei capisquadra del settimo reparto mobile. Romanelli ha voluto commentare in questi termini: «Come disse il mugnaio tedesco, “ci sarà un giudice a Berlino?”, e non fu assolto, così io dico: “non c’è un giudice neanche a Roma”».

Heidi Giuliani: «Giustizia incompleta»
La sentenza della Cassazione, che ha confermato le condanne per falso dei vertici della polizia coinvolti nel pestaggio e negli arresti illegali dei no-global alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001, dimostra che «la giustizia c’è benchè incompleta». Lo ha detto Heidi Giuliani, madre di Carlo ucciso durante il G8. «In verità le responsabilità sono più ampie - ha aggiunto Giuliani - e penso all’assoluzione dell’allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio».

Vendola: «Dissolta la nube tossica»
«La nube tossica che per 11 anni ha coperto la mattanza alla Diaz si è dissolta», afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà.

«La Cassazione ci dice, con sentenza definitiva - prosegue il leader di Sel - che a Genova nel luglio 2001 i tutori della legge si trasformarono in carnefici di ragazzini. Per me, lo dico con viva emozione, è un raggio di verità e giustizia che illumina una pagina buia della storia italiana».

Della Seta e Ferrante (Pd): «Ora la commissione d’inchiesta»
«È una buona notizia la conferma delle condanne e l’interdizione dai pubblici uffici dei funzionari di polizia che nel 2001 ordinarono e consentirono il massacro alla scuola Diaz», lo dichiarano i senatori del Partito democratico, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante che ricordano di aver da tempo sollecitato a Palazzo Madama la costituzione di una Commissione di inchiesta sui fatti di Genova.

«Ora che la giustizia penale ha detto l’ultima parola sulle responsabilità esecutive di quei gravissimi eventi - proseguono gli esponenti pd - è auspicabile che il Parlamento, come proposto da più parti, promuova una commissione di inchiesta per fare luce sulle responsabilità politiche».

Festa in piazza a Roma
Decine di persone hanno celebrato con un concerto in piazza Trilussa, nel quartiere di Trastevere, a Roma, la sentenza della Cassazione che ha confermato definitivamente le condanne per falso ai vertici della polizia coinvolti nel pestaggio e negli arresti illegali dei No Global alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001.

La manifestazione, organizzata nell’ambito della campagna “10X100 anni di carcere”, si è svolta pacificamente. «Non vorremmo che la sentenza di oggi sia solo un modo per bilanciare quella della prossima settimana, quando si deciderà sull’accusa di devastazione e saccheggio per 10 manifestanti al G8 di Genova - hanno detto gli organizzatori -. Anche quel giorno organizzeremo un’iniziativa in attesa della sentenza».

www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/07/06/APHSPUsC-diaz_definitive_condan...
wheaton80
00martedì 23 ottobre 2012 15:59
Finmeccanica, arrestato ex-dirigente Pozzessere per corruzione, Scajola indagato

23 ottobre 2012

MILANO (Reuters) - L'ex-dirigente di Finmeccanica Paolo Pozzessere è stato arrestato oggi con l'accusa di corruzione internazionale nell'ambito di un'inchiesta della procura di Napoli su forniture all'estero da parte del gruppo aerospaziale, in cui risulta indagato anche l'ex-ministro Pdl dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

Lo riferiscono fonti investigative e giudiziarie, precisando che sono in corso perquisizioni in diverse città e che l'ordinanza di arresto riguarda anche l'ex-direttore del quotidiano "Avanti!" Valter Lavitola, già in carcere con diverse accuse perché indagato in altre inchieste della procura partenopea.

"E' il primo arresto relativo alla vicenda panamense", ha detto a Reuters Carlo Marchisio che difende l'ex dirigente di Finmeccanica.

Il filone dell'inchiesta che ha portato agli ordini di arresto odierni - che fa capo al procuratore aggiunto Francesco Greco e ai pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli - riguarda la fornitura di mezzi a Panama e Brasile.

"La vicenda la conosciamo, si tratta di fatti inattuali, avvenuti oltre un anno fa. Quindi non mi spiego perché questa accelerazione ora da parte dei magistrati", ha aggiunto il legale.

A settembre dell'anno scorso, Pozzessere - all'epoca direttore commerciale di Finmeccanica - alla notizia di indagini che lo riguardavano aveva messo a disposizione dell'amministratore delegato il proprio incarico, rimanendo comunque dipendente della società.

"Il mio assistito ha già un anno fa rimesso il suo incarico e da allora non ha più alcun ruolo nel commerciale dell'azienda. Ecco perché non capisco questo arresto ora", ha sottolineato Marchiolo.

Scajola, intervenendo a Tgcom24, ha spiegato di aver "appreso adesso di questo avviso di garanzia".

"Ribadisco che nell'ambito delle competenze di ministro dello Sviluppo economico ho girato il mondo sempre nel rispetto delle leggi e delle regole e ho sempre svolto questi compiti alla luce del sole e in incontri ufficiali", ha spiegato l'ex-ministro, indagato per corruzione internazionale, dicendosi "a disposizione dei magistrati" per essere sentito sull'argomento.

Sulla scia della notizia dell'arresto, il titolo Finmeccanica ha ceduto inizialmente il 4% circa, per poi assestarsi in tarda mattinata intorno a -1,8%, sopra i minimi di seduta.

Al momento non è stato possibile avere un commento dalla società.

it.reuters.com/article/topNews/idITMIE89M01720121023
wheaton80
00lunedì 28 gennaio 2013 16:57
Ustica: Cassazione, lo Stato risarcisca

(ANSA) – ROMA, 28 GEN – La strage di Ustica avvenne a causa di un missile e non di una esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo, e lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Lo sottolinea la Cassazione in sede civile nella prima sentenza definitiva di condanna al risarcimento. E’ la prima verità su Ustica dopo il niente di fatto dei processi penali.

it.euronews.com/flashnews/1804020-ustica-cassazione-lo-stato-ris...
wheaton80
00lunedì 28 gennaio 2013 18:41
Ustica, Cassazione: Dc9 fu abbattuto per scontro tra aerei militari

ROMA (Reuters) - La Corte di Cassazione ha emesso oggi una storica sentenza sull'episodio di Ustica, affermando che il Dc9 dell'Itavia che cadde il 27 giugno 1980 con 81 persone fu abbattuto in seguito a uno scontro tra jet militari. Lo riferisce un funzionario. La Corte Suprema ha così confermato una sentenza civile emessa dal Tribunale di Palermo nel settembre 2011, che ha condannato lo stato al pagamento di oltre 100 milioni di euro ai familiari delle vittime per non aver garantito la sicurezza del volo. Secondo la sentenza l'aereo civile fu abbattuto o da un missile o cadde in seguito a una "quasi collisione" con un caccia militare. "Tutti gli elementi considerati consentono di ritenere provato che l'incidente occorso al Dc9 si sia verificato a causa di un intercettamento realizzato da parte di due caccia, che nella parte finale della rotta del Dc9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del Dc9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell'esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l'aereo nascosto oppure di una quasi collisione verificatasi tra l'aereo nascosto ed il Dc9", scriveva nel 2011 il giudice della III sezione civile del Tribunale di Palermo, Paola Proto Pisani. Il Dc9 dell'Itavia, la sera del 27 giugno 1980 in volo da Bologna a Palermo, attraversò dunque un corridoio di guerra e per questa ragione cadde in mare, all'altezza dell'Isola di Ustica. Abbattuto in seguito ad uno scontro tra aerei militari. E la responsabilità di tutto questo va ricondotta allo Stato italiano, in particolare al ministero dei Trasporti e quello della Difesa. I ministeri sono stati condannati per non aver protetto le vite dei passeggeri e dell'equipaggio, in tutto 81 persone, e per una serie di depistaggi che hanno impedito ai familiari di apprendere la verità. In precedenza, l'unico procedimento giudiziario conclusosi con sentenza definitiva in Italia sul caso era quello che aveva mandato assolti due generali dell'Aeronautica accusati dai magistrati di aver compiuto depistaggi sulla vicenda.

it.notizie.yahoo.com/ustica-cassazione-dc9-fu-abbattuto-per-scontro-tra-165756394--sec...
wheaton80
00martedì 29 gennaio 2013 23:30
Caso Aldrovandi, carcere per tre poliziotti. Il padre: "Bel segnale per le istituzioni"

Bologna, 29 gennaio 2012- (Adnkronos/Ign) - Andranno in carcere 3 dei 4 agenti di polizia condannati a giugno in via definitiva per eccesso colposo in omicidio colposo, perche' ritenuti responsabili della morte di Federico Aldrovandi, il 18enne deceduto nel 2005 a Ferrara, per le percosse subite durante un controllo di Polizia, mentre tornava a casa all'alba. Sconteranno dunque 6 mesi dietro le sbarre gli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri. Si tratta della pena scontata, grazie all'indulto, rispetto alla condanna a 3 anni e mezzo decisa in terzo grado.

Il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha dunque respinto le istanze dei legali degli agenti che avevano chiesto al giudice misure alternative al carcere, quali l'affidamento ai servizi sociali o in subordine gli arresti domiciliari. Attesa per fine febbraio, invece, la decisione del giudice su Enzo Pontani, il quarto poliziotto condannato per la morte di Federico.

"Non possiamo dire di essere contenti, ma siamo molto soddisfatti: e' l'obiettivo che ci eravamo preposti ed e' sicuramente un bel segnale per l'immagine stessa delle istituzioni" dice all'Adnkronos Lino Aldrovandi, padre di Federico. La sentenza di oggi che ha respinto la richiesta dei legali degli agenti finalizzata all'ottenimento di misure alternative al carcere, "e' un altro tassello verso la giustizia - prosegue il padre della vittima - ma manca ancora l'ultimo: quello dell'espulsione dal corpo di persone che hanno commesso dei reati e non hanno saputo gestire la divisa che indossano". I genitori di Federico chiedono, infatti, da anni un provvedimento anche disciplinare per l'espulsione dei 4 agenti dalla Polizia.

it.notizie.yahoo.com/caso-aldrovandi-carcere-per-tre-poliziotti-il-padre-154200...
wheaton80
00martedì 12 febbraio 2013 18:28
Il presidente di Finmeccanica Orsi in cella per corruzione

Il numero uno dell’azienda accusato di tangenti per la vendita di 12 elicotteri in India Ai domiciliari anche l’ad di Agusta Westland Spagolini. In carcere anche un intermediario. La difesa: «Non ho mai commesso alcun illecito, lo dimostrerò»

12/02/2013

Il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi è stato arrestato la scorsa notte dai carabinieri e dai militari del Noe su mandato della Procura di Busto Arsizio (Varese). Ai domiciliari l’amministratore di Agusta Westland, Bruno Spagnolini. L'accusa nei confronti del presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi è di corruzione internazionale, peculato e concussione, per le presunte tangenti che sarebbero state pagate per la vendita di 12 elicotteri in India. Lo riferiscono fonti investigative precisando che anche Bruno Spagnolini, ad di Augusta Westland, è ai domiciliari con le stesse accuse.

I carabinieri del Noe stanno eseguendo una perquisizione nell'abitazione di Orsi, Giuseppe Orsi, a Sesto Calende (Varese). Inoltre i militari stanno perquisendo anche la sede di Agusta Westland, nella sede di Cascina Costa Samarate (Varese) e altre filiali. L'ordine di arresto riguarda anche i presunti intermediari della tangente: Guido Hascke e Carlo Gerosa. I due risiedono in Svizzera e in questo caso dovranno essere attivate le procedure per l'estradizione.Era il 23 aprile del 2012 quando il nome di Giuseppe Orsi spunta dalle carte che la Procura di Napoli sta esaminando su un giro di presunte tangenti che coinvolge il colosso industriale Finmeccanica.

L'ipotesi di reato era di corruzione e riciclaggio internazionale. Il giorno prima i magistrati napoletani del pool «Reati contro la pubblica amministrazione», sulla base di una rogatoria internazionale, avevano eseguito perquisizioni e sequestri documentali a Lugano. L'indagine «madre» riguardava la vendita di 12 elicotteri Agusta Westland all'India per la quale il gruppo, secondo Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, avrebbe versato tangenti a un intermediario vicino ad Orsi.

Stamane in Borsa dopo la sospensione in apertura di contrattazioni quando registrava un -14% teorico, Finmeccanica rientra negli scambi e perde il 9% a 4,33 euro per azione dopo aver registrato un minimo di 4,08 e un massimo di 4,38 euro. Boom di vendite con oltre 7 milioni di titoli passati di mano. «Ho sempre fatto il bene dell'azienda e del Paese». Lo ha detto al suo legale , il presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi. L’indagato, ha riferito il professor Ennio Amodio, ha accolto con stupore e sbigottimento la notizia del suo arresto. «Non ha mai commesso alcun illecito - ha aggiunto - e lo dimostreremo».

www.iltempo.it/cronache/2013/02/12/il-presidente-di-finmeccanica-orsi-in-cella-per-corruzione-1...
wheaton80
00martedì 26 febbraio 2013 16:10
Scacco matto – Il giorno che iniziò la democrazia

Non hanno capito niente! Vengono sconfitti, umiliati, e continuano a non capire. È un fenomeno che non ha precedenti, e che rivela la forza del MoVimento 5 Stelle, la sua novità assoluta. Ci vediamo in Parlamento!, ha sempre ripetuto Grillo: ed in Parlamento, ora, il MoVimento l’ha conquistato, imponendosi alla Camera ed al Senato. Ma loro continuano a non capire. Basta leggere le recenti dichiarazioni di Vendola: «Interlocuzione con Grillo è un dovere»; o di Moretti (Pd): «Dialogo possibile con loro». E pensano alla “responsabilità nazionale”, alle larghe intese, alle maggioranze trasversali.

Possibile che non abbiano capito? Possibile che continuino a ragionare come se il MoVimento fosse un partito della Prima Repubblica? Possibile che non riescano a capire che siamo al tramonto, al collasso non della Prima, ma della Terza Repubblica?
Ormai lo sappiamo quello che è avvenuto. Nei miei Nuovi Scritti Corsari l’ho ripetuto per un anno, seguendo i fatti che hanno portato dal colpo di Stato “sobrio” di Mario Monti fino al tentativo di Re Giorgio Napolitano di consolidare gli “equilibri” disegnati dall’esperienza del Governo dei tecnici. Ora, finalmente, è tutto finito. Sono finiti, non hanno più possibilità di salvarsi.

Ma loro continuano a non capire. Ha ragione Grillo, quando scrive: «Non riescono a capire, non riescono a concepire. Bisogna che li analizzi psichiatricamente. Sono falliti». Non capiscono: continuano a parlare di coalizioni, di intese, di dialogo (ossia: ditrattative, negoziati e compromessi tra i corridoi e le segreterie di partito). Pensano, ormai, che il MoVimento sia diventato un partito, come i loro, la cui forza sarebbero i seggi che ha conquistato in Parlamento. Pensano, come scrive Grillo, ad un «governissimo pdmenoelle – pdelle. Noi siamo l’ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace». Ma perché non avete capito? Eppure Grillo, ancora oggi, ve lo ha detto: «Saremo 150 dentro e qualche milione fuori». Sono i milioni fuori dal Parlamento la forza del MoVimento.

Il MoVimento 5 Stelle è e resterà una forza antiparlamentare (*), ora entrata in Parlamento per metterlo in scacco dall’interno. Una forza democratica, che non crede nei fallimenti e nelle illusioni della rappresentanza, ma nella partecipazione diretta di tutti i cittadini alla politica del Paese. È così semplice: i 150 sono dentro per trasformare la democrazia rappresentativa in democrazia diretta. Nessuna “intesa”, nessun “governissimo”: i partiti sono finiti, perché è iniziata la democrazia.

di Paolo Becchi
26 febbraio, 2013
www.tzetze.it/2013/02/scacco-matto.html

P.S. La mia opinione è ovviamente che Grillo sia un agente del NWO, ma secondo me è importante che moltissimi italiani abbiano chiesto un cambiamento, volendo chiudere con i vecchi paradigmi politici che sanno di stantìo ormai da anni. E' per la crescita della coscienza collettiva che sono contento, nient'altro :)
wheaton80
00sabato 18 maggio 2013 23:48
Ragazza manganellata, agente condannato a 1 anno e 4 mesi per lesioni gravissime

Pasquale Bonofiglio, del VII reparto mobile, il 12 dicembre 2011 aveva rotto quattro denti alla 23enne Martina Fabbri durante una manifestazione di Indignados. La pena è stata comunque sospesa. Il poliziotto costretto a pagare anche 5mila euro di spese processuali e 20mila di spese dentistiche

di Antonella Beccaria | Bologna | 17 maggio 2013

Condannato a 1 anno e 4 mesi per lesioni gravissime con pena sospesa, al pagamento di 5mila euro di spese processuali e a una provvisionale di 20mila euro per spese dentistiche. Questo è quanto ha deciso il gip di Bologna Letizio Magliaro per il poliziotto Pasquale Bonofiglio, accusato di aver rotto con una manganellata il 12 ottobre 2011 quattro denti all’allora ventitreenne Martina Fabbri durante una manifestazione davanti alla Banca d’Italia per protestare contro tagli e austerità.

La sentenza è arrivata venerdì dopo che era stata formalizzata la richiesta di rito abbreviato per l’agente, oggi non più in servizio al settimo reparto mobile di Bologna, ma assegnato all’ufficio di gabinetto della questura. Il giudice, raccolta la richiesta, si è ritirato e dopo circa un’ora e mezza si è pronunciato. “Con questa sentenza”, ha commentato a caldo Martina Fabbri, “si è aperto un dibattito, significa che qualcosa si sta muovendo. Con questo risultato tuttavia non si fermeranno le nostre richieste nei confronti della polizia: numero identificativo sulla divisa o sul casco e introduzione del reato di tortura”. Dal canto suo, l’avvocato Simone Sabattini, che assiste la ragazza, ha aggiunto: “La sentenza è positiva. Chi ci avrebbe creduto all’inizio? Il merito del risultato di oggi va al pm e al perito di parte”.

#OccupyTribunale: i manifestanti in attesa della decisione. La mattina si è aperta con un presidio dei centri sociali giunti fin da Rimini e riuniti per l’occasione nel movimento #OccupyTribunale (erano presenti anche il consigliere comunale di Sel Lorenzo Cipriani e Roberto Sconciaforni, consigliere regionale di Rifondazione). Giunti davanti all’edificio di via Farini 1, sono entrati e si sono disposti nel cortile interno srotolando uno striscione su cui c’era scritto: “Il sorriso della libertà contro la violenza dell’omertà e del settimo reparto”. Di lì, avevano dichiarato, non si sarebbero mossi fino a quando non si fosse conclusa l’udienza iniziata intorno alle 9.45. Poi si è aggiunto un secondo striscione dei Carc in cui si chiedeva di “sciogliere il settimo reparto mobile”.

La musica delle casse alimentate da un generatore ha poi fatto scendere un paio di volte il presidente del tribunale, Francesco Scutellari, che aveva chiesto fosse spenta per non disturbare i lavoro dei vari uffici giudiziari riuniti in via Farini e che fosse consentito l’accesso agli operatori e agli avvocati. “Abbiamo chiesto che il rumore fosse ridotto”, ha commentato il magistrato, “nel rispetto dei diritti di tutti e senza forzare la mano”. Al pronunciamento della sentenza, comunque, i manifestanti hanno smobilitato il presidio creando un corteo spontaneo che attraverso via D’Azeglio è andato verso piazza Maggiore.

La vicenda: la manganellata davanti alla Banca d’Italia. La storia che ha portato al pronunciamento contro l’agente del reparto mobile è iniziata il 12 ottobre 2011. Quel giorno, infatti, lì si erano dati appuntamento decine di giovani e di lavoratori per riconsegnare simbolicamente la lettera che l’estate precedente il governatore italiano Mario Draghi e il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet avevano inviato al governo Berlusconi per chiedere tagli e piani di austerità che si sarebbero ripercossi sullo stato sociale. Quella mattina la situazione si era fatta via via più tesa fino alla partenza di una prima carica.

In mezzo c’era anche Pasquale Bonofiglio che, rendendo dichiarazioni spontanee al giudice Magliaro, ha raccontato di essere caduto e di aver rotto lo scudo d’ordinanza. Quindi si era rialzato, ne aveva recuperato un secondo ed era presente alla seconda carica. Nega però di essere stato l’agente che ha brandito il manganello davanti a Martina Fabbri facendoglielo rovinare sulla bocca e rompendole i quattro denti.

La procura di Bologna, dopo i fatti, aveva aperto un fascicolo per lesioni gravissime cercando di identificare il poliziotto che aveva colpito la ragazza. Sia da parte dell’avvocato Sabbatini che dal pubblico ministero Morena Plazzi era stata lamentata la scarsa collaborazione di Digos e di polizia più in generale. Alcuni agenti ancora oggi, in udienza, hanno confermato la presenza di Bonofiglio davanti alla Banca d’Italia pur non potendo confermare che ad agire sia stato proprio lui. Nel frattempo il centro sociale Tpo e la stessa giovane ferita hanno dato vita a una propria indagine portando i procura elementi utili all’inchiesta.

Tornando ai fatti di fine 2011, Martina si era presa qualche giorno per presentare un esposto per le ferite subite e nell’immediatezza dei fatti aveva dichiarato che “i soccorsi sono arrivati subito, ma non volevano portarmi in ospedale senza che un agente salisse con me. Io li ho pregati, non lo volevo in ambulanza”. Poi la denuncia era stata inoltrata all’autorità giudiziaria perché “dietro a questo gesto c’è una responsabilità personale”.

La studentessa la sua battaglia l’ha portata avanti anche per altre ragioni. Lanciando un appello nei giorni precedenti all’udienza che ha condotto alla condanna dell’agente, aveva detto che “si chiuderà una vicenda che, in qualche modo, riguarda anche i 40 fra attivisti e attiviste che hanno ricevuto l’avviso di fine indagine per la giornata di mobilitazione del 12 ottobre. Rischiano condanne per aver manifestato con determinazione contro l’austerità e i tagli imposti dalle banche e dai governi”. Senza dimenticare rivendicazioni più ampie, come appunto la riconoscibilità degli agenti, a cui vietare anche il ricorso di fazzoletti sul volto e occhiali da sole in servizio di ordine pubblico e l’introduzione del reato di tortura.

www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/17/ragazza-manganellata-agente-condannato-a-1-anno-e-4-mesi-per-lesioni-gravissime...
wheaton80
00venerdì 14 giugno 2013 22:48
Bolzaneto, la Cassazione conferma sette condanne e quattro assoluzioni

Roma, 14 giugno 2013 (Adnkronos/Ign) - La Cassazione mette la parola fine alle violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova del 2001 confermando sette condanne e concedendo quattro assoluzioni. In particolare, la quinta sezione penale ha assolto quattro agenti: si tratta di Oronzo Doria, Franco, Trascio e Talu. Confermate invece le sette condanne che erano state inflitte dalla Corte d'Appello di Genova il 5 marzo del 2010. I sette imputati condannati sono l'assistente capo della polizia Luigi Pigozzi (tre anni e due mesi), divaricò le dita delle mano di un detenuto fino a strappare la carne, gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (un anno) e il medico Sonia Sciandra. Per quest'ultima va rilevato che la Cassazione ha ridotto la pena, assolvendola solo dal reato di minaccia.

Pene confermate a un anno per gli ispettori della polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi che avevano rinunciato alla prescrizione. Anche nei confronti di Amenza la Suprema Corte ha cancellato la condanna per il reato di minaccia. Il verdetto della Cassazione per le violenze nella caserma di Bolzaneto, avvenute durante le giornate del G8 di Genova del luglio 2001, ha ridotto i risarcimenti nei confronti dei No Global. In particolare, la quinta sezione penale, presieduta da Gaetanino Zecca, ha ridotto in parte i risarcimenti e, in parte, ha stabilito che dovranno essere rideterminati da un giudice civile "per assenza di prova".

Sul banco degli imputati per le violenze di Bolzaneto sono finiti a vario titolo poliziotti, carabinieri, agenti della penitenziaria e medici. Nei giorni del G8 del 2001 la caserma del reparto mobile di Genova venne trasformata in prigione speciale. I detenuti, oltre trecento, vennero privati della possibilità di incontrare i loro legali, umiliati, picchiati, minacciati. In appello erano state convalidate sette condanne, confermate anche oggi definitivamente dalla Cassazione, e dichiarate trentasette prescrizioni.

La Cassazione, oggi ha inoltre bocciato il ricorso della Procura di Genova che alla Cassazione chiedeva di contestare agli imputati il reato di tortura "avrebbe evitato le prescrizioni". Reato che come già era stato stabilito per la sentenza Diaz non è contemplato dal nostro ordinamento. Chiamati come responsabili civili nel processo il ministero della Giustizia, della Difesa e dell'Interno. Con la parola fine della Cassazione molti dei risarcimenti che erano stati accordati in secondo grado, sono stati cancellati o rinviati al giudizio civile.

"Ora ci attendiamo le scuse dallo Stato" dice Enrica Bartesaghi, presidente del comitato 'Verità e giustizia per Genova'. "Dodici anni fa -spiega- quando abbiamo iniziato a dare il nostro contributo ai processi, non avrei mai pensato di arrivare a due sentenze (Diaz e Bolzaneto) che confermassero le condanne, perciò mi ritengo soddisfatta". Quello che il comitato sorto dopo i pestaggi del G8 non tollera è che "le istituzioni non si siano mai pronunciate per chiedere scusa. Né il capo dello Stato -dice Bartesaghi - né i ministri. Anzichè vittime, siamo stati trattati da colpevoli. Ora mi auguro che i condannati facciano un passo indietro".

"Dopo il terzo grado di giudizio, che ha confermato le condanne per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001, non possono più esserci dubbi" scrive, in una nota, Ermete Realacci, del Pd, mentre Nichi Vendola, presidente di Sel, con un 'tweet' commenta: "La sentenza di oggi ci dice due cose chiare: la prima che a Bolzaneto e alla Diaz vennero sospesi i diritti e la civiltà democratica in una morsa di violenza, e che ora lo Stato debba chiedere scusa alle vittime della mattanza". "E poi - conclude Vendola - che è finalmente ora che l'Italia introduca il reato di tortura. Solo così potremo evitare altre vergogne come Bolzaneto e la Diaz".

Per il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero la sentenza dice che "a Bolzaneto è stata praticata la tortura da parte di rappresentanti delle forze dell'ordine nei confronti dei manifestanti". Amnesty International Italia rileva però "come la mancanza del reato di tortura nel codice penale italiano abbia impedito ai giudici di punire i responsabili in modo proporzionato alla gravità della condotta loro attribuita".

www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Bolzaneto-la-Cassazione-conferma-sette-condanne-e-quattro-assoluzioni_32297692...
wheaton80
00sabato 5 ottobre 2013 00:51
Violenza sessuale: arrestati tre poliziotti a Roma

La Squadra mobile di Roma ha arrestato tre agenti di polizia per violenza sessuale. I fatti contestati si riferiscono a due diversi episodi: uno nei confronti di una sudamericana ai domiciliari, l'altro ad una ragazza italiana che era stata fermata per accertamenti la notte della finale degli europei di calcio dello scorso anno. Gli arrestati sono un sostituto commissario, un assistente ed un operatore tecnico della polizia in servizio alla Questura di Roma.

Una delle due vittime di uno dei poliziotti arrestati per violenza sessuale a Roma aveva 18 anni all'epoca dei fatti contestati. La ragazza, romana, era stata fermata assieme ad altri amici nel 2012, la sera della finale degli Europei di calcio, perché in possesso di hashish. Una volta trovatasi sola in ufficio al commissariato di San Basilio, mentre gli altri fermati venivano sottoposti al fotosegnalamento, la vittima avrebbe avuto un rapporto sessuale con un agente in borghese. La giovane ha denunciato l'accaduto alcuni mesi dopo. Gli altri due poliziotti arrestati, a cui viene contestato un altro episodio, sono dello stesso commissariato. A denunciarli è stata una prostituta sudamericana che era agli arresti domiciliari dal dicembre 2012. Nel corso di alcuni mesi seguenti, durante i controlli dei due agenti, la donna avrebbe avuto diversi rapporti sessuali.

04 ottobre 2013
www.ansa.it/web/notizie/rubriche/calcio/2013/10/04/Violenza-sessuale-arrestati-tre-poliziotti-Roma_9410...
wheaton80
00martedì 22 ottobre 2013 22:35
Disastro di Ustica, Cassazione:"Le indagini furono depistate"
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso degli eredi della proprietà di Itavia e conferma che agli investigatori che si occupavano dell'inchiesta sul disastro aereo del 1980 (81 morti) furono messi i bastoni tra le ruote. Sollecitato un nuovo processo civile per valutare le responsabilità del ministero della Difesa e di quello dei Trasporti



Qualcuno si adoperò per mettere i bastoni tra le ruote agli inquirenti che indagavano sulle cause del disastro di Ustica. A dare una volta per tutte forza, peso e ufficialità alla tesi del "depistaggio" delle indagini è stata la Corte di Cassazione, accogliendo un ricorso presentato dagli eredi della proprietà dell'Itavia, la compagnia aerea alla quale apparteneva il volo Bologna-Palermo precipitato un mare il 27 giugno 1980 con a bordo 77 passeggeri e 4 membri dell'equipaggio, dopo essere esploso in volo per circostanze mai chiarite. Accertando la tesi del depistaggio, la Suprema corte ha anche ravvisato la necessità di istruire un nuovo processo in sede civile, per valutare l'eventuale responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia. A rivolgersi agli ermellini era stata Luisa Davanzali, erede di Aldo Davanzali, defunto presidente di Itavia. La compagnia fallì sei mesi dopo la tragedia. I Davanzali chiesero allo Stato di essere risarciti, anche in conseguenza dei presunti depistaggi. Richiesta inizialmente negata. Ora la nuova sentenza, che rilancia la tesi dell'abbattimento a causa di un missile sparato da aereo ignoto, ipotizzando responsabilità del governo, apre nuovi scenari in uno dei più inquietanti misteri italiani. In particolare, ha rilevato la Corte, è necessario valutare se nel crac di Itavia si sia omesso di dare la giusta responsabilità agli effetti negativi provocati proprio dai depistaggi che gettarono "discredito commerciale" sulla compagnia colpita anche da "provvedimenti cautelari" sollecitati "dalla diffusione della falsa notizia del cedimento strutturale" del DC9. La decisione della Cassazione che ha stabilito come debba considerarsi definitivamente accertato il depistaggio delle indagini viene considerata da Daria Bonfietti, presidente dell'associazione che riunisce i parenti delle vittime "una buonissima notizia". "Si tratta - aggiunge - dell'ennesima conferma di quello che già sappiamo. Quello che è successo lo conosciamo, ora mancano solo i colpevoli".

22 ottobre 2013
www.unionesarda.it/articoli/articolo/336449
wheaton80
00martedì 5 novembre 2013 01:39
Loris Mazzorato: osare l’inosabile (e dimostrare di avere ragione)

Che il sindaco di Resana fosse un tipo strano lo si sapeva già. Che non avesse paura di nulla, anche. Da quando ha cominciato a denunciare l’IMU, due anni fa, con le sue magliette provocatorie (“Crimini di stato“), che ora si sono “arricchite” (sigh!) di Tares, IVA, ecc. (per non parlare di MES e simili), andando a Roma, chiedendo garanzie ai parlamentari, ricevendo promesse (“sarà solo per quest’anno, poi l’IMU sarà interamente versata ai comuni“) poi puntualmente smentite. E che non avesse paure di esporsi e di metterci la faccia lo si era capito quando, pur avendo la sua giunta contro, accettava di tenere conferenze sul denaro, o sulle scie chimiche (a proposito: lo sapete che un rappresentante del Cicap gli ha scritto chiedendo di cancellare la presentazione di Corrado Penna? Non di partecipare per poter fare un contradditorio, no: proprio di cancellare l’evento… ma come si permettono?). E la sua cittadinanza, e la sua giunta, gli andavano dietro.

Fino a quando ne ha fatta una di troppo: (no, non è stata la partecipazione al requiem di quel vecchio che obbediva agli ordini 70 anni fa: quella è stata la scusa, quello che fa presa sull’immaginario, che permette di mettere le etichette: “nazista”; “estremista”, “nostalgico, e via dicendo): ha messo all’ordine del giorno la revoca della Tares dal suo comune. E per gli altri membri della giunta (quasi tutti a dire il vero: 3 sono rimasti con lui) questo era veramente troppo (o meglio: era troppo per i loro gerarchi di partito che a Roma si devono essere detti: se comincia uno, si apre la diga ed è finita, quindi: fermatelo prima che sia troppo tardi) e si sono dimessi, sfiduciandolo. Purtroppo gli è mancata una adesione, nella loro opera di ammutinamento, e quindi, se i “subentranti” (i primo fra i non eletti) lo sosterranno, lui potrà restare al suo posto. Fino alle prossime elezioni, previste per il 2014. Quello che invece non si sapeva, e che ho scoperto stasera, era la parte più importante. E cioè che quest’uomo, classe ’64, ha delle caratteristiche eccezionali: forza, fede, coraggio, grinta, lealtà, trasparenza. E delle idee ben precise su come condurre un comune piccolo (9.000 abitanti circa). E un coraggio da vendere.

E un non-attaccamento ai soldi che gli ha permesso di sforare il patto di stabilità (pagare i fornitori che hanno completato le commesse con soldi a disposizione del comune? Reato gravissimo secondo il nostro stato!) che gli è costato il taglio di un terzo dello stipendio per un anno intero (questo stato sa essere cattivo con chi non rispetta le “sue” regole). E dei risultati da far invidia ad amministrazioni comunali molto più importanti e molto più indebitate (Milano, Roma, Napoli: perdono centinaia di milioni all’anno, alla faccia del “più grandi si è, e più si fanno economie di scala“). Una umanità da farmi rabbirividire, stasera. Pensate ad una folla straripante, svariate centinaia di persone assiepate in una sala, con molti in piedi o fuori dalle porte per la troppa affluenza, ad applaudire continuamente, arrabbiati contro questa casta politica avida ed insensibile, addirittura scopre che fra di loro c’è un senatore (l’ho vista brutta per lui, per un attimo) e Loris a parlare di “guardare avanti, inutile cercare le colpe, il cambiamento deve partire da noi, basta crcare fuori di noi le risposte…” Un mito.

E, fra i vari successi ottenuti nei suoi quattro anni di mandato, un particolare commovente e illuminante al tempo stesso: se sono molti i successi e le opere conseguite come pubblica amministrazione, molti di più sono quelli ottenuti dal volontariato. E uno dice: ma che c’entra il volontariato con l’amministrazione comunale? C’entra eccome, perchè lui, il sindaco, ad un certo punto chiamò gli imprenditori della zona e disse: “o ci diamo una mano tutti quanti, o da qui non se ne esce”. E sotto la guida della pubblica amministrazione, sotto l’esempio di qualcuno che sta al potere per servizo e non per utile e tornaconto personali (questa forse la sua colpa più grande per chi sta “in alto“: anche perchè uno così come fai a ricattarlo?), la comunità si è rimboccata le maniche e ha cominciato a lavorare per il territorio, per sè stessa, per i più deboli, per gli anziani, per i propri figli. Addirittura gente che, appena andata in pensione, si presenta in comune e dice: “Sig. Sindaco, sono in pensione, come posso aiutare?”.

A dimostrazione che la “amministrazione“, per quanto lo Stato Centrale cerchi di legarle le mani (al punto che secondo qualcuno i sindaci sono ridotti a poco più che amministratori condominiali) può, e può molto. Perchè le energie ci sono, e sono tante, e se si mette in moto la spirale della bontà, dell’Amore, questa diventa sempre più contagiosa. Loris Mazzorato: grazie per avermi fatto vedere che anche col poco che aveva a disposizione, col lavoro duro, altruistico e disinteressato (e un sano affidamento alla Provvidenza) è stato in grado di trasformare quei due pani e cinque pesci in molto, molto di più. Grazie per averci fatto vedere che si poteva fare, adesso lo sappiamo anche noi. Però, per favore, potrebbe continuare a darci qualche esempio? Siamo un po’ duri, se magari sta lì ancora qualche anno capiamo meglio….

Alberto Medici
5 novembre 2013
www.stampalibera.com/?p=68174
wheaton80
00venerdì 8 novembre 2013 02:02
Milano, rubavano soldi e droga ai pusher: arrestati tre poliziotti della Polfer

Accuse di associazione per delinquere, peculato e detenzione e spaccio di stupefacenti. Questi i reati contestati a tre poliziotti arrestati a Milano. Gli agenti avrebbero messo in atto una serie di blitz fuori dalle regole portando via soldi e droga ad alcuni immigrati. I tre agenti della Polfer di Lambrate, assieme ad altri due colleghi, erano stati perquisiti lo scorso 18 luglio perché accusati di aver effettuato preso denaro e stupefacenti ad alcuni pusher. I tre sono finiti in carcere su ordine del gip di Milano Manuela Scudieri, che ha accolto le richieste di custodia cautelare del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e del pm Paolo Filippini che hanno coordinato le indagini, condotte dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria. Secondo l’accusa, i cinque poliziotti (gli altri due sono indagati) avrebbero per oltre un anno effettuato blitz senza verbalizzare alcunché o scrivendo il falso negli atti. Con le perquisizioni dello scorso luglio poi il quadro accusatorio per gli agenti si è ulteriormente aggravato, perché gli investigatori gli avrebbero trovato altro denaro e altra droga. Lo scorso 25 ottobre un marocchino, ‘incastrato’ da due di quei poliziotti e accusato di spaccio di quasi mezzo chilo di eroina, era stato assolto dalla Corte d’Appello di Milano, dopo che agli atti del processo sono finiti proprio alcuni accertamenti dei pm sulla condotta di quegli agenti. Il procedimento penale era nato a seguito proprio della denuncia del nordafricano.

7 novembre 2013
www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/07/milano-rubavano-soldi-e-droga-ai-pusher-arrestati-tre-poliziotti...

wheaton80
00giovedì 5 dicembre 2013 22:35
Italia illegittima

E così siamo tutti illegittimi…anzi, sono loro ad essere illegittimi…tutti: da Grillo a Letta ad Alfano. Ed illegittimo è anche il decadimento di Berlusconi, un bel rompicapo.
Illegittimo è anche – oltre ai vari nomi che potete leggere sulla stampa mainstream, sui quali non mi dilungherò – il governo Monti e tutti gli atti che ha prodotto, come sono da invalidare tutti gli atti del governo Berlusconi e di quello precedente, ossia del secondo governo Prodi. Viene da chiedersi come la medicheranno e spunta il sospetto che “qualcuno” abbia desiderato il colossale rimescolamento di carte, perché questo è/può essere il crollo di una prima-seconda-terza Repubblica, come preferite. Attenzione: non crolli finti come i precedenti che hanno generato le macchiette della seconda o terza repubblica bensì crolli veri: come le “repubbliche” francesi, tanto per capirci, che ci hanno messo quasi due secoli per compiere il loro ciclo. E in Italia? Come è potuto accadere tutto ciò? Prima di passare al “come”, vediamo quale può essere uno sviluppo futuro: qualcuno afferma che la Consulta abbia “dato tempo” al governo per elaborare ed approvare una nuova legge elettorale. In sostanza: quello che per anni non è stato mai fatto. Ma questo esula dai compiti della Corte e nemmeno nelle motivazioni della sentenza può esserci traccia di un tale “consiglio” giacché sarebbe illegittimo due volte: primo, perché anche parte della Corte – nominata negli ultimi 7 anni – è illegale, almeno per i nuovi membri ma, e soprattutto, perché la Corte (illegittima) mai potrebbe entrare così a gamba tesa in politica, dando “consigli” ad un altro potere, quello legislativo (illegittimo).

Dilettanti allo sbaraglio – verrebbe da dire – e non cospiratori internazionali di larghe vedute: mezze tacche, galoppini del seggio, lacché del potere, ecco cosa capita agli sprovveduti. Vediamo un attimo com’è nata questa legge. Se ben ricordate, la legge fu licenziata ancora da Ciampi e fu, ovviamente, precedente al referendum costituzionale (come norma prevede) che si svolse nel Giugno del 2006 e dal quale uscì bocciata dagli elettori la riforma costituzionale preparata dal governo di centro-destra. Quella riforma trasformava il Senato in organo consultivo quasi “territoriale” – ossia una sorta di Parlamento delle Regioni, sul modello del Bundesrat tedesco – e per questo motivo Calderoli creò la porcata: il premio di maggioranza assoluta per un solo voto di scarto è un abominio. La bocciatura della riforma, però, condusse ad un altro risultato: rimanendo il Senato assemblea legislativa quanto la Camera – ma con una legge elettorale pensata per una diversa architettura istituzionale – successe che ogni tornata elettorale contava solo più per le votazioni al Senato, essendo la Camera assegnata con il premio di maggioranza. Solo il governo Berlusconi (2008-2011) ebbe una maggioranza chiara, tutti gli altri risicarono e rosicarono voto su voto, e sempre solo al Senato. Chiarito questo passaggio, veniamo al successivo: può, questo Parlamento, legiferare in materia di legge elettorale? No, evidentemente, essendo illegittimo. La soluzione, quindi, è semplice e Beppe Grillo l’ha indicata: non bisogna essere dei costituzionalisti per capire che l’ultima legge elettorale valida è stata il cosiddetto “Mattarellum” e da questo non si può sgarrare. Ogni altra soluzione, che coinvolgesse l’attuale parlamento, sarebbe inutile perché subito cassabile da un ricorso alla Corte.

Non dimentichiamo la portata dei provvedimenti che – a norma di legge – hanno perso legittimità: il 5 per mille per il volontariato, tutte le norme in materia di lavoro delle ultime tre legislature, la riforma Gelmini, la riforma del mercato dell’acqua, la riforma Fornero delle pensioni insieme alla precedente riforma Damiano, gli aumenti dell’IVA del 2%, quelli sulle accise sui carburanti…insomma, dal 2006 tutto cancellato e da rifare. Viene da chiedersi come mai la Corte abbia osato tanto. Una traccia c’è, poi si dovrà valutare se è valida, ed è una traccia europea. Da molti anni – ossia dal caso Rete4/Europa7 – l’Italia è il Paese che più ricorre in sede europea: alla Corte di Giustizia Europea ed al Tribunale per i Diritti dell’Uomo. Quest’ultimo, addirittura, circa un anno fa se ne lamentò chiaramente: non è possibile – dissero i giudici europei – che metà del tempo sia assorbito dall’Italia e da fatti italiani! E che, una volta emanate le sentenze, nessuno in Italia le applichi! Di certo questa sentenza non gioca a favore dei potentati finanziari internazionali sorretti da tutti i governi in carica, soprattutto negli ultimi anni, che hanno messo in un angolo proprio la Costituzione (addirittura il Presidente!) ed ogni legge di garanzia. Per loro, di meglio che le garanzie del Porcellum è difficile trovare ed è anche faticoso pensare ad una riscrittura di un corpus legislativo così copioso da parte di un nuovo Parlamento eletto con il Mattarellum: che la rivoluzione l’abbiano fatta i giudici? Mah…

Carlo Bertani
5 dicembre 2013
carlobertani.blogspot.it/2013/12/italia-illegittima.html
wheaton80
00giovedì 2 gennaio 2014 01:39
Il passaggio del Rubicone di Beppe Grillo



La traduzione sbagliata, o perlomeno furviante, di “Alea jacta est” in “Il dado è tratto“, non rende pienamente l’idea della irrevocabilità di una decisione presa e dalla quale non si può tornare indietro. Se si pensa che il significato invece è “Il dado è lanciato“, si capisce meglio la pregnanza storica di quella frase, con la quale Cesare, passando il fiume Rubicone, limite oltre il quale gli eserciti non potevano andare, dichiarava in qualche modo aperta la guerra civile. Era il 10 Gennaio del 49 a.C. e, con 10 giorni di anticipo rispetto a quella ricorrenza, Beppe Grillo, nel suo discorso di fine anno 2013, ha dato lo slancio, se non proprio alla guerra civile, ad una più decisa ed incisiva azione contro i poteri forti che spadroneggiano nel nostro mondo. Magari mi sbaglierò, ma se prima i temi erano più “soft” come l’ecologia, l’internet per tutti, gli inceneritori, adesso i bersagli indicati sono molto più pregnanti e, lo dico con grande soddisfazione, a mio modesto avviso quelli giusti:

·Strapotere delle banche
·Strapotere delle elites finanziarie
·Strapotere della BCE
·Strapotere della massoneria
·Ritorno ad una sovranità italiana sia dal punto di vista monetario ma anche alimentare, territoriale, ecc...
·Votazione per decidere se restare o meno entro l’Euro (ricordo che per molto meno, referendum per accettare o meno le misure di austerity, il leader greco Papademos se ne dovette andare per lasciar posto al fantoccio Goldman Sachs di turno, esattamente come avvenne per Berlusconi in Italia pochi giorni dopo, quando dovette lasciare il posto al fantoccio Goldman Sachs Monti)
·Rilancio alla grande per le elezioni europee con promessa di vincerle (chi può dire altrettanto?)

Insomma, un discorso che secondo me resterà nella storia. Da ascoltare e meditare: io sottoscrivo tutto.

Alberto Medici
01 gennaio 2014
www.stampalibera.com/?p=70038#more-70038
wheaton80
00venerdì 3 gennaio 2014 02:24
G8 Genova. Dopo 13 anni, arrestati i poliziotti della Diaz

Ci sono voluti 13 anni, ma, alla fine, gli ultimi tre poliziotti finiti sott'accusa per l'irruzione -nonché l'introduzione di prove taroccate- nella scuola Diaz di Genova, nell'ambito del G8 che si tenne nel 2001 nel capoluogo ligure, sono stati arrestati. E' accaduto lo scorso 31 dicembre. Spartaco Mortola, capo della Digos genovese e successivamente questore vicario di Torino, e Giovanni Luperi, ex dirigente Ucigos e successivamente capo analista dei servizi segreti, sono stati raggiunti dall'ordinanza. Il primo dovrà scontare otto mesi di domiciliari nella propria abitazione, mentre il secondo, condannato definitivamente a 4 anni, dovrà scontarne ancora uno. Il giorno precedente, il 30 dicembre, anche Francesco Grateri, coordinatore di indagini su attentati e latitanti prima della condanna, era stato arrestato e condannato a un anno di domiciliari. Potrà comunque beneficiare, esattamente come gli altri, di alcune ore di libertà durante il giorno e di usare il telefono. I tre, inoltre, potranno richiedere il riconoscimento della buona condotta e ottenere così uno sconto di pena.

www.articolotre.com/2014/01/g8-genova-dopo-13-anni-arrestati-i-poliziotti-della-dia...
wheaton80
00domenica 12 gennaio 2014 04:31
Rapinavano nelle case a Roma, presa banda di poliziotti infedeli

Sono sette le persone finite in manette nell'ambito dell'indagine della polizia stradale a Roma, nella quale sono stati arrestati, tra gli altri, due poliziotti e due ex agenti, questi ultimi già condannati per altri episodi. Gli altri tre sono persone con precedenti. I due agenti in servizio utilizzavano i tesserini da poliziotti, portando via oggetti e denaro. La banda avrebbe rubato anche auto in alcune ville. I due poliziotti, che fino a ieri prestavano servizio rispettivamente al commissariato di Frascati, paese vicino Roma, ed a quello Aurelio, nell'omonimo quartiere della Capitale, sono stati bloccati dopo la loro irruzione in un appartamento a Tor Sapienza, abitato da una prostituta straniera. La banda era al lavoro per una delle rapine. Le indagini della polizia stradale andavano avanti da diverso tempo con intercettazioni telefoniche e pedinamenti anche attraverso l'utilizzo di Gps satellitari. I due poliziotti, dunque, erano complici di altri due ex agenti, questi ultimi già condannati per episodi pregressi e destituiti, e tre persone con precedenti. I due poliziotti in servizio utilizzavano i loro tesserini portando via oggetti e denaro. La banda avrebbe rubato anche auto in alcune ville: l'indagine è infatti partita dopo una serie di alcuni furti di auto. Le indagini proseguono per quantificare i colpi di cui la banda potrebbe essere stata responsabile di altri colpi messi a segno soprattutto nell'hinterland della Capitale. A Roma non si tratta dell'unico caso di 'mele marce' tra le divise della polizia. In un anno e mezzo sono complessivamente sono stati 14 gli agenti corrotti arrestati, molti dei quali individuati dalla stessa Questura di Roma che ha eseguito le indagini per fare 'piazza pulita'. Nel giugno scorso due ispettori, un sovrintendente ed un assistente della polizia di Stato sono stati accusati di violenza sessuale, corruzione, falso e furto. Alcuni di loro lavoravano al commissariato di San Basilio. Anche in quel caso furono arrestati dai loro stessi colleghi. Quattro poliziotti furono invece arrestati dalla Mobile dopo una denuncia presentata da un commerciante straniero che mesi fa racconto' in Procura dei soprusi subiti dai quattro. E alcuni mesi prima altri tre poliziotti del Commissariato Tor Pignattara furono accusati di rapina, sequestro di persona, lesioni e omissione di atti d'ufficio, dopo la vicenda del fermo di una persona che gli stessi agenti avevano trattenuto in commissariato.

11 gennaio 2014
www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lazio/2014/notizia/rapinavano-nelle-case-a-roma-presa-banda-di-poliziotti-infedeli_20203...
wheaton80
00giovedì 30 gennaio 2014 22:47
M5S presenta impeachment per Napolitano

Il MoVimento 5 Stelle faceva sul serio: stamattina ha presentato denuncia per la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica italiana”. Lo ha annunciato in aula il capogruppo m5s al senato, Vincenzo Maurizio Santangelo, chiedendo quindi una sospensione dell’Aula di due ore “per consentire al nostro gruppo di riunirsi” anche alla luce dei fatti di ieri alla Camera. Mancato rinvio alle Camere di leggi incostituzionali; abuso del potere di grazia; grave interferenza nei procedimenti giudiziari relativi alla trattativa Stato-mafia: sono alcune tra le accuse al capo dello Stato che secondo i pentastellati giustificherebbero la messa in stato d’accusa per “attentato alla Costituzione”. “L’escalation eversiva e squadrista dei 5 stelle non conosce limiti. Bloccano il parlamento, occupano le commissioni e ora vogliono colpire la figura garante della democrazia italiana che in questi anni, e ancora oggi, ha rappresentato e rappresenta il punto di riferimento centrale per la tenuta del nostro paese. È Evidente che si tratta di una iniziativa ridicola e inconsistente ma non per questo meno grave. Credo che tutta la politica e le istituzioni debbano dare una risposta adeguata a tutela della civiltà del confronto e della nostra vita democratica”. Così dice Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Giustizia. Rincara la dose il capogruppo alla Camera Speranza, secondo il quale “la richiesta di M5S di mettere sotto accusa il Capo dello Stato rappresenta un atto scellerato volto solo a far saltare le fondamenta del nostro sistema democratico”. Il presidente Napolitano – aggiunge – è il cardine principale della tenuta della nostra democrazia, fedele custode e interprete dei principi sanciti dalla Carta costituzionale. Il comportamento violento messo in atto nelle ultime ore dai parlamentari di Grillo rappresenta il più triste esempio di sovvertimento di quelle regole che sono alla base delle nostre istituzioni. Il partito democratico si adopererà in ogni modo per difendere lo Stato di diritto”. Sul blog di Beppe Grillo vengono spiegate in un post le ragioni della messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica depositata oggi in entrambi i rami del Parlamento. Sei i capi d’accusa per Giorgio Napolitano.

“Il Presidente della Repubblica nell’esercizio delle sue funzioni, ha violato – sotto il profilo oggettivo e soggettivo, e con modalità formali ed informali – i valori, i principi e le supreme norme della Costituzione repubblicana – si legge -. Il compimento e l’omissione di atti e di fatti idonei ad impedire e a turbare l’attività degli organi costituzionali, imputabili ed ascrivibili all’operato del Presidente della Repubblica in carica, ha determinato una modifica sostanziale della forma di stato e di governo della Repubblica italiana, delineata nella Carta costituzionale vigente”. Poi vengono elencati “i principali atti e fatti volti a configurare il reato di attentato alla Costituzione, di cui all’articolo 90 della Costituzione: espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza; riforma della Costituzione e del sistema elettorale; mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale; Seconda elezione del Presidente della Repubblica; improprio esercizio del potere di grazia; rapporto con la magistratura: Processo Stato – mafia”. “Il Presidente della Repubblica in carica non sta svolgendo, dunque, il suo mandato, in armonia con i compiti e le funzioni assegnatigli dalla Costituzione e rinvenibili nei suoi supremi principi – si conclude -. Gli atti e i fatti summenzionati svelano la commissione di comportamenti sanzionabili, di natura dolosa, attraverso cui il Capo dello Stato ha non solo abusato dei suoi poteri e violato i suoi doveri ma, nei fatti, ha radicalmente alterato il sistema costituzionale repubblicano. Pertanto, ai sensi della Legge 5 giugno 1989, n. 219, è quanto mai opportuna la presente denuncia, volta alla messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per il reato di attentato alla Costituzione”.

30 gennaio 2014
www.wallstreetitalia.com/article/1662257/politica/m5s-impeachment-per-napolit...
wheaton80
00mercoledì 12 febbraio 2014 19:39
Bye Bye Fini-Giovanardi. Ma ora legalizziamo davvero

La Corte costituzionale, dichiarando illegittime le norme della cosiddetta Fini-Giovanardi, ha accertato che quella di allora fu un’operazione sporca e fuorilegge del governo Berlusconi. Attraverso un golpe parlamentare, infatti, furono inserite all’ultimo minuto nella legge di conversione del decreto sulle Olimpiadi di Torino norme sugli stupefacenti che nulla c’entravano ma che dovevano essere votate altrimenti scadevano i termini e addio Olimpiadi. Norme criminogene e fascistoidi che da oggi non esistono più. È arrivata la legalizzazione? Assolutamente no. Rimangono le norme di impostazione proibizionista della legge Iervolino-Vassalli, così come modificate dal referendum radicale vinto nel 1993. Consumare droga rimane un illecito e venderla (o regalarla) rimane un reato.

Cosa cambia
In pratica scompare l’equiparazione delle droghe leggere alle droghe pesanti introdotta dalla Fini-Giovanardi e si ritorna a pene più lievi: ad esempio per la marijuana si passa dalla sanzione attuale che era dai 6 ai 20 anni di reclusione ad un minimo di 2 anni/massimo 6. Inoltre sarà più difficile abusare come si è fatto sino ad oggi della custodia cautelare, cioè tenerti in carcere prima del processo.

Effetti immediati nei processi
I giudici non potranno più continuare ad applicare le norme della Fini-Giovanardi ai processi in corso, e questo inciderà in particolare sulle pene. Non ci sono automatismi però per le misure in corso. Chi è in carcere preventivo dovrà fare una richiesta di revoca per il venir meno dei presupposti. Chi invece ha avuto una condanna definitiva è in una situazione più opaca, dovendo fare una istanza per ricalcolare la pena e vedersela ridurre. Ovviamente, questo richiederà tempo e creerà ulteriore sovraccarico alla giustizia penale che già oggi ha 5 milioni di processi pendenti.

I numeri
Il 40% dei detenuti è in carcere per violazione della legge sugli stupefacenti, di questi quasi il 40% lo è per procedimenti relativi a droghe leggere.

Cosa deve fare il Governo?
Non essendoci automatismi, il Governo deve intervenire per impedire che migliaia di persone rimangano ingiustamente in galera e centinaia di milioni di euro delle nostre tasse continuino ad essere spese per processi e detenzioni inutili. Amnistiare questi reati rimane il provvedimento più efficace.

Si modificheranno le politiche criminali?
Dipende dalle indicazioni che il Ministero dell’Interno darà. Secondo logica, le forze dell’ordine dovrebbero avere direttive che escludano perdite di tempo per inseguire fatti di lieve entità, specie se relativi a droghe leggere. Ma la ragionevolezza non appartiene a chi ha comandato in questi anni, come il capo del Dipartimento antidroga Serpelloni. Perché ci sono voluti 7 anni per cancellare la Fini-Giovanardi? Certo, i tempi della giustizia italiani sono lunghissimi; a proposito, complimenti e grazie agli avvocati e alle parti che hanno portato il caso davanti alla Corte costituzionale. Il motivo, però, per cui una legge palesemente incostituzionale e soprattutto fallimentare nei suo effetti – aumento del consumo e del numero delle sostanze, abbassamento dell’età dei consumatori, crescita dei ricavi delle mafie, sovraffollamento processuale e carcerario - è rimasta così tanto tempo in vita è prettamente politico. Dal 2006, infatti, nessuno dei governi successivi, anche quelli a guida di centrosinistra, ha cambiato queste norme, perché la destra è rimasta su posizioni da Stato etico e perché il Partito democratico e i suoi predecessori non sono mai stati antiproibizionisti. C’eravamo in pratica solo noi Radicali e il mondo antagonista. Questa estate, ad esempio, nessuna forza o movimento politico ha voluto raccogliere insieme a noi le firme per il referendum che eliminava il carcere per i fatti di lieve entità

Attenzione alla democrazia
Perché nel 1993 il popolo italiano, in piena guerra mondiale alla droga, anticipò una scelta che solo oggi sta diventando regola nel mondo mentre per cambiare una legge infame c’è voluta la Corte costituzionale? Perché in questi anni la democrazia italiana si è corrosa. Nel 1993, in occasione del referendum per cui raccolsi le firme ai banchetti radicali, ci furono dibattiti veri in tv, celeberrimi quelli tra Muccioli e Pannella, e i cittadini votarono informati. Da allora, presentare referendum è diventato difficilissimo e quando ce la si fa, solo in condizioni straordinarie si riesce a battere la censura dell’informazione. Sulla droga, poi, da anni le televisioni e i giornali italiani praticano una regola non scritta: vietato parlare delle politiche proibizioniste e del loro fallimento, al massimo puntate contro il consumo di droga o articoli su fatti di cronaca nera. Ora, avanti fino alla legalizzazione. Il proibizionismo continua ad arricchire le mafie, che con i soldi della droga proibita si sono comprate le nostre città e sono entrate nell’economia legale. Il proibizionismo è un crimine, che non funziona e non conviene. Applichiamo la sentenza, ma andiamo avanti fino alla legalizzazione, a cominciare dalla cannabis.

Mario Staderini
12 febbraio 2014
www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/12/bye-bye-fini-giovanardi-ma-ora-legalizziamo-davvero...
wheaton80
00mercoledì 26 febbraio 2014 00:34
‘Ndrangheta, uomini dello Stato al servizio della cosca. L’ordine era: “Non indagare”

Due anni di mancate indagini, omissioni, insabbiamenti, depistaggi. Obiettivo: favorire i Mancuso, uno dei clan più potenti della Calabria. Tradotto: uomini dello Stato al servizio della ‘ndrangheta. Poche righe per riassumere oltre duecento pagine di ordinanza cautelare con la quale oggi il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro ha disposto l’arresto di Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò, rispettivamente ex capo ed ex vice capo della squadra Mobile di Vibo Valentia. Per entrambi l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. “Questi – ragiona il giudice – , nel periodo in cui hanno svolto le loro funzioni (2009-2011) non hanno mai ritenuto di avviare alcuna indagine su quella che era ed è la più pericolosa e sanguinaria cosca di ‘ndrangheta operante sul territorio calabrese”. In manette anche un legale indagato per 416 bis perché ritenuto dal gip Abigail Mellace membro effettivo della cosca. Antonio Galati, infatti, è lo storico avvocato della famiglia Mancuso. Ed è grazie alla sua “abile e paziente opera” che gli uomini della mafia si sono infiltrati “negli apparati investigativi, giudiziari e di pubblica sicurezza dello Stato” per “assicurare ai propri componenti trattamenti di riguardo e di favore”, acquisendo “informazioni riservate”, garantendo “la possibilità di continuare a operare in condizioni di massima tranquillità e clandestinità”. Galati ricopre un ruolo di cerniera tra i boss e le istituzioni.

Questo il ragionamento degli uomini del Ros di Catanzaro. Le indagini partono nel 2010 sotto il coordinamento del colonnello Giovanni Sozzo. Nel mirino i capi della cosca e in particolare la frangia che fa capo a Pantaleone Mancuso alias Scarpuni classe ’47. Ben presto, però, il piano criminale incrocia quello della cosiddetta zona grigia. Emerge la figura di Galati. Le intercettazioni svelano ruoli, rapporti e obiettivi. Fin da subito, il legale si dimostra il cardine principale attorno al quale ruota quello che lui stesso definirà “un ingranaggio” a disposizione dei boss. Relazioni, dunque. “Una rete impressionante di amicizie e frequentazioni che Galati con grande abilità è riuscito a intessere attorno alla sua persona”. Buona parte sono uomini delle istituzioni. Magistrati, ma anche poliziotti. Severissimo, in questo senso, il giudizio del gip: “Le variegate e trasversali relazioni abilmente intessute da Galati con esponenti delle istituzioni da un lato e della cosca Mancuso dall’altro” hanno “avuto l’effetto di creare un pericoloso ponte di collegamento fra due mondi che nella fisiologia del sistema devono essere totalmente distanti e incomunicabili”. Relazioni pericolose, dunque. A tal punto consapevoli da “inficiare la credibilità” delle istituzioni “ingenerando nei cittadini quella sfiducia nello Stato che è poi il terreno sul quale la mafia ha fondato e fonda il proprio arrogante potere e la sua eccezionale capacità intimidatoria”. Una chiacchiera, un caffè. Parole e circostanze fuori da qualsiasi contesto investigativo. Questa la fotografia scattata dalla Procura di Catanzaro nel rappresentare i rapporti tra i boss e i poliziotti. Capita, ad esempio, nel 2011, dopo la morte della moglie di Mancuso scarpuni. Il 16 aprile Santa Buccafusca si suicida bevendo dell’acido. Un mese prima, assieme al figlio, era andata dai carabinieri con l’intenzione di collaborare. Il 19 aprile a Mancuso viene notificato un atto relativo alla morte della moglie.

Un atto normale che gli viene consegnato direttamente dal capo della squadra Mobile. “Il dottore Lento – annuncia Galati al boss – perché scende lui personalmente, avete capito”. All’incontro, e per questioni lavorative, è presente un sostituto commissario, il quale, sentito a verbale racconta: “Dopo aver notificato l’atto a Mancuso, quest’ultimo si avvicinava al dottor Lento, al dottor Rodonò e all’avvocato Galati, rimanendo con loro appartati a una decina di metri dall’auto di servizio”. I protagonisti poi si salutano. Poco dopo Galati è al telefono con Mancuso. Il boss: “Digli che passano di qua che si prendono il caffè”. E se l’allora capo della Mobile va a casa del boss, il suo vice, assieme a Galati, addirittura passa le giornate estive nel villaggio turistico della famiglia Maccarone imparentata con i Mancuso. Giornata conviviale, dunque. In serata, al rientro, Galati commenta: “Grande Antonio (Maccarone ndr) ci ha mandato pure la bottiglia”. La risposta di Rodonò: “Fantastico”. Insomma, ragiona sempre il giudice, sia Lento che Rodonò si sono presentati come “soggetti vicini e compiacenti” che si relazionano su un piano paritario con i boss “prendendo un caffè” oppure “trascorrendo insieme una giornata al mare”. Una condotta definita “gravissima” e che “in punto di diritto integra in modo quasi scolastico il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa”. Perché se da un lato il caffè col boss ha “un significato simbolico devastante per il messaggio di complicità mafiosa espresso”, dall’altro ci sono le condotte che nel concreto hanno “rafforzato le capacità intimidatorie e operative del sodalizio”. Un’inerzia investigativa definita “imbarazzante” anche “a seguito dell’emersione di gravi indizi di reità a carico dei Mancuso che avrebbero invece imposto l’avvio di mirate e specifiche indagini”. Due gli elementi che secondo il giudice di Catanzaro confermano questo atteggiamento. Nel 2011 il Nucleo investigativo dei carabinieri di Vibo indaga sulla cosca Tripodi. Nel fascicolo confluiscono alcune intercettazioni effettuate dalla squadra Mobile in relazione a un danneggiamento.

Riascoltando le telefonate e rileggendo i brogliacci, i carabinieri si accorgono che alcune conversazioni sulla protezione mafiosa dei Mancuso non erano state trascritte. “E soprattutto – conclude il gip – riscontravano che tutte in ogni caso non erano state inserite né nella richieste di proroga delle intercettazioni né nell’informativa conclusiva”. A chiudere il cerchio un’intercettazione ambientale nella quale il vice capo della Mobile in auto con Galati dice: “Io sento parlare di personaggi come Luigi Mancuso, Diego Mancuso, Antonio Mancuso (…). Mi voglio togliere lo sfizio di leggermi la storia di questa gente su cui io non ho potuto indagare”. Quindi spiega: “Devi capire una cosa, io ho un debito di fedeltà, punto e basta. L’ho assolto. Fedeltà per motivi gerarchici. E tu sai a cosa mi sto riferendo”. Conclude il giudice: “Le affermazioni del dottor Rodanò lasciano annichiliti”.

Davide Milosa
25 febbraio 2014
www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/25/lordine-era-non-indagare-i-vertici-della-squadra-mobile-al-servizio-della-ndrangheta...
wheaton80
00giovedì 27 febbraio 2014 00:41
Ex capo dei vigili di Roma arrestato per corruzione



Roma. L’ex comandante dei vigili urbani di Roma, Angelo Giuliani, e altre tre persone sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. L’indagine, condotta dai carabinieri, riguarda l’appalto del servizio di ripristino e pulizia della strade dopo gli incidenti che era stato affidato alla Sicurezza e Ambiente Spa. Nel 2011 Giuliani, secondo gli investigatori, sarebbe intervenuto in maniera irregolare nel procedimento amministrativo per l’affidamento del servizio in cambio di tangenti pagate dai titolari della società sotto forma di sponsorizzazione (30 mila euro) al circolo sportivo dei vigili, presieduto da Giuliani.

Ipotizzato anche il falso ideologico
Gli altri arrestati sono il dg della Sea (Angelo Cacciotti), il legale della società (Giovanni Scognamiglio) e il direttore (Iano Santoro). È indagato anche l’ex dg della Rai, Alfredo Meocci, in quanto come membro dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture avrebbe dato parere favorevole all’appalto in cambio di un’assunzione. Per l’ex comandante Giuliani i pm hanno ipotizzato anche il reato di falso ideologico in atto pubblico in riferimento all’improbabile verbale per la composizione della commissione incaricata di valutare gli aspiranti vigili del concorso bandito nel 2012. Giuliani temeva che l’incombente avvicendamento ai vertici dei vigili potesse impedire la sua nomina a presidente della commissione, «privandolo di quello che veniva considerato dallo stesso uno strumento di potere e di pressione personale». La stessa ipotesi di reato è attribuita ai dirigenti della Municipale Donatella Scafati e Maurizio Sozi, membri della commissione, nonchè a Gloria Conte e Alessandra Scione segretaria.

26/02/2014
www.metronews.it/master.php?pagina=notizia.php&id_notiz...
wheaton80
00lunedì 24 marzo 2014 23:58
Finmeccanica: 4 arresti per tangenti


Lorenzo Borgogni

NAPOLI - Le dichiarazioni dei fratelli Maurizio e Sabatino Stornelli aprono un nuovo filone dell'inchiesta sul caso Sistri. Due ex dirigenti del gruppo Finmeccanica, fra cui l'ex capo delle relazioni esterne Lorenzo Borgogni, sono agli arresti domiciliari su richiesta dei pm di Napoli Catello Maresca, Marco Del Gaudio e Maurizio Giordano. Le indagini sono condotte dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Non è stato emesso alcun provvedimento restrittivo nei confronti dell'ex presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini, che risulta indagato. Nei suoi confronti sono in corso perquisizioni da parte della Guardia di Finanza. Oltre a Borgogni, sono agli arresti domiciliari anche l'ex direttore operativo di Selex, azienda del gruppo Finmeccanica, Stefano Carlini, e gli imprenditori Vincenzo Angeloni e Luigi Malavisi. Una perquisizione è stata disposta dai magistrati nei confronti di Guarguaglini e dell'imprenditore Giovanni Sabetti. Le accuse contestate sono di associazione per delinquere e corruzione. Dalle indagini è emerso che sarebbero stati costituiti fondi neri all'estero finalizzati al pagamento di tangenti destinate ai vertici del gruppo industriale. Sono stati sequestrati 28 conti correnti e due cassette di sicurezza.

24 marzo 2014
www.wallstreetitalia.com/article/1679890/cronache/finmeccanica-4-arresti-per-tange...
wheaton80
00mercoledì 9 aprile 2014 19:59
Milano, ergastolo a Brega Massone. L’ex primario della clinica degli orrori



L’ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita di Milano, Pier Paolo Brega Massone, è stato condannato all’ergastolo nel processo con al centro le accuse di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la morte di 4 pazienti e di lesioni per una quarantina di altri casi. Lo ha deciso oggi la prima Corte d’Assise. L’ex primario di quella che fu ribattezzata “La clinica degli orrori” è stato riconosciuto responsabile per tutti e quattro gli omicidi volontari che venivano contestati dai pm di Milano Tiziana Siciliano e Grazia Pradella. Secondo l’accusa, infatti, l’ex primario per «monetizzare» i rimborsi dal sistema sanitario nazionale avrebbe eseguito interventi inutili nei confronti di 4 pazienti di età compresa fra i 65 e gli 89 anni, fino ad ucciderli. Brega Massone era imputato anche per una quarantina di episodi di lesioni aggravate nei confronti di altrettanti pazienti, per truffa e falso. I giudici della prima corte d’assise di Milano (presidente del Collegio Anna Introini) lo hanno prosciolto solo per alcuni capi di imputazione (alcuni sono caduti in prescrizione) e lo hanno condannato all’ergastolo con 3 anni di isolamento diurno. La corte ha fatto cadere l’aggravante della crudeltà che era stata contestata dalla Procura per l’ex chirurgo. Brega Massone, già condannato a 15 anni e mezzo di carcere per truffa e per un’ottantina di casi di lesioni (si è in attesa della Cassazione) nel primo filone processuale, è stato anche dichiarato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e interdetto dall’esercizio della professione medica per 5 anni. I giudici hanno disposto anche la pubblicazione della sentenza a spese di Brega Massone e altri imputati tramite affissione pubblica, su alcuni quotidiani e sul sito del ministero della Giustizia. Le motivazioni saranno rese note tra 90 giorni. Brega Massone è stato arrestato dai carabinieri presenti al palazzo di giustizia di Milano. Nei suoi confronti è stata disposta infatti dai giudici l’esecuzione immediata della sentenza così come era stato chiesto dai Pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella. L’ex primario era in aula ed è stato subito prelevato dai militari e portato in carcere. «C’era la possibilità concreta che Brega Massone fuggisse. Per questo è stato arrestato. L’unica ipotesi di arresto, dopo una sentenza, è che ci sia il rischio del pericolo di fuga».

09/04/2014
www.lastampa.it/2014/04/09/italia/cronache/ergastolo-allex-primario-della-clinica-degli-orrori-uRqgu3Cn4SLKKX43KYIZ0O/pag...
wheaton80
00mercoledì 4 giugno 2014 21:48
Giovane pestato dopo Roma-Inter. Nove poliziotti condannati a 4 anni

Sono stati tutti condannati a quattro anni di reclusione ciascuno i nove agenti della polizia accusati di aver picchiato Stefano Gugliotta, il giovane di 26 anni arrestato il 5 maggio del 2010 durante gli incidenti avvenuti al termine della finale di Coppa Italia Roma-Inter. La procura aveva chiesto di condannare Leonardo Mascia a tre anni di reclusione; due anni la pena che era stata invece sollecitata dal pm nei confronti degli altri imputati. Non solo, il tribunale ha disposto che gli imputati risarciscano Gugliotta: 40mila euro la somma individuata dal collegio a titolo di risarcimento che dovrà essere versato in solido dagli imputati. Secondo l'accusa i nove (Leonardo Mascia, Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Adriano Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani, Michele Costanzo) «tutti appartenenti al reparto Mobile della polizia, agendo con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione» avrebbero causato a Gugliotta «lesioni gravi» alla mandibola.

Quella sera il giovane, che è rappresentato dall'avvocato Cesare Piraino, al termine della finale di Coppa Italia tra Roma e Inter, partita che vide a casa, fu bloccato dalle forze dell'ordine e poi arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Il ragazzo sostenne di non essere stato quella sera allo stadio ma si esservi passato nelle vicinanze mentre, a bordo di uno scooter con un amico, si stava recando alla festa di un cugino. Sette giorni dopo l'arresto per resistenza a pubblico ufficiale, Gugliotta fu scarcerato. Secondo il pm, gli agenti in servizio di ordine pubblico per la partita dell'Olimpico,«in una zona non interessata agli scontri (viale Pinturicchio) e senza che ricorressero esigenze di tutela dell'ordine pubblico o di contrasto di particolare resistenza», intimavano l'alt al ciclomotore guidato dal giovane romano. Quindi l'aggressione da parte di uno degli agenti che avrebbe colpito il ragazzo al volto «schiaffi, manate e manganellate». Successivamente sono intervenuti gli altri 8 colleghi che «colpivano» il giovane «con calci, pugni e manganellate una delle quali particolarmente violenta alla testa che gli faceva perdere i sensi». Nel disporre le condanne, inoltre, il collegio ha escluso l'aggravante delle lesioni gravissime che avrebbero causato un danno permanente. Lo ha stabilito la X sezione del tribunale penale collegiale presieduta da Vincenzo Terranova.

«Giustizia è stata fatta»

Così Stefano Gugliotta commentando a caldo in lacrime la condanne a quattro anni di reclusione inflitte nei confronti di nove agenti accusati di averlo picchiato durante gli incidenti avvenuti al termine della finale di Coppa Italia Roma-Inter. Così anche la madre di Gugliotta, il padre, la fidanzata e alcuni amici presenti in aula che si sono stretti in abbraccio non riuscendo a trattenere la gioia e dicendosi tutti «soddisfatti». «Non si può mai essere contenti quando vengono condannate delle persone specie come in questo caso se agenti di polizia - ha commentato Cesare Piraino, avvocato di Gugliotta - Se l'impostazione accusatoria era corretta la pena da infliggere non poteva essere di modesta entità come chiesto dal pm». A sostenere la famiglia Gugliotta c'erano anche Lucia Uva e Claudia Budroni, familiari di altri persone che sarebbero decedute dopo interventi delle forze dell'ordine. «Noi siamo tutte unite», dice Claudia.

04 Giugno 2014
www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/stefano_gugliotta_2010_roma_inter_scontri_poliziotti_condanna_polizia/notizie/7261...
wheaton80
00mercoledì 4 giugno 2014 21:51
Roma, traffico internazionale di auto di lusso: sette arresti, anche poliziotto

ROMA – Gestivano un traffico di auto di lusso tra l’Italia, la Lituania e la Bielorussia con un sistema illegale che faceva entrare nelle casse dell’organizzazione guadagni milionari: la polizia stradale di Roma ha arrestato sette persone tra Roma, Benevento e Bari. Ai domiciliari è finito un poliziotto di 52 anni, in servizio nella Questura di Roma. Arrestati poi un 47enne bosniaco, un 46enne bielorusso e un 46enne romano ritenuti i “capi” dell’ organizzazione, mentre eseguivano gli “ordini” un campano di 61 anni e la compagna ucraina di 56 anni, oltre a un barese di 38 anni. Le indagini degli uomini del Compartimento di Polizia Stradale del Lazio, avvalendosi della collaborazione delle polizie straniere, sono durate circa un anno ed hanno permesso di accertare che la banda utilizzava due sistemi oramai consolidati: un primo “modus operandi” consisteva nell’impiego di un “prestanome”, che stipulava un contratto di locazione per un veicolo di grossa cilindrata. In questo caso il veicolo, che sarebbe dovuto rimanere sul territorio nazionale, veniva, invece, venduto, all’insaputa della società locatrice proprietaria del bene, ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato ed esportato in Lituania o Bielorussia. Sul posto il veicolo oggetto di appropriazione indebita veniva munito di falsa documentazione ed illecitamente immatricolato in quel paese. Contestualmente in Italia veniva denunciato il falso furto del veicolo, perfezionando in tal modo il reato di riciclaggio internazionale. La seconda modalità, invece, era quella di “agevolare” l’alienazione di veicoli di lusso da parte di privati che intendevano “disfarsene” in modo sbrigativo e conveniente. L’organizzazione si impossessava del veicolo con pochi soldi e lo faceva sparire, immettendolo, in tempi brevi, nel mercato straniero, munito di falsa documentazione e nuove targhe. Nel frattempo, il vecchio proprietario, non appena l’auto entrava nel territorio straniero, sporgeva denuncia di furto per ottenere l’indebito risarcimento dall’assicurazione, con ciò rendendosi responsabili – a vario titolo – di simulazione di reato, truffa, falso documentale e riciclaggio internazionale di veicoli. Le indagini hanno permesso di recuperare una decina di autovetture di lusso.

2 giugno 2014
www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/roma-traffico-internazionale-di-auto-di-lusso-sette-arresti-anche-poliziotto-...
wheaton80
00giovedì 12 giugno 2014 02:03
GdF, arrestato un colonnello e indagati generali


Fabio Massimo Mendella

Arrestato un colonnello, indagati il comandante in seconda, generale Bardi, e il suo predecessore in questo incarico, il generale in pensione Spaziante, già coinvolto nell'inchiesta Mose: è ancora bufera sulla Guardia di Finanza. L'inchiesta, delegata alla Digos, è quella dei pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, con il coordinamento dell'aggiunto Alfonso D'Avino, su presunte anomalie nelle verifiche fiscali. Il colonnello Fabio Massimo Mendella, dal luglio scorso comandante provinciale di Livorno, quando era in servizio a Napoli avrebbe omesso di compiere controlli sulle società di alcuni imprenditori in cambio di un appannaggio mensile di 15mila, 20mila o 30mila euro; i soldi (in tutto un milione), secondo la ricostruzione accusatoria, sono stati versati al commercialista Piero Luigi De Riu, a sua volta arrestato. Per i due, i reati ipotizzati sono concorso in concussione per induzione e rivelazione di segreto di ufficio. Per corruzione è invece indagato il generale Vito Bardi, comandante in seconda della Guardia di Finanza, i cui uffici sono stati perquisiti in mattinata dagli agenti della Digos. Il generale Vito Bardi - già comandante regionale delle Fiamme gialle in Campania - era stato indagato nel 2011 con le accuse di favoreggiamento e rivelazione di segreto nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P4. L'anno successivo, tuttavia, la sua posizione fu archiviata dal gip su richiesta dello stesso pm Henry John Woodcock. Dopo l'esecuzione dell'arresto di Mendella, il procuratore di Napoli Giovanni Colangelo ha confermato al comandante generale della Guardia di Finanza Saverio Capolupo stima e apprezzamento incondizionato per le Fiamme Gialle. Totale fiducia nella Guardia di Finanza è arrivata anche dai ministri Padoan e Alfano. La nuova inchiesta si basa sulla denuncia di due imprenditori, i fratelli Giovanni e Francesco Pizzicato, noti a Napoli perché anche gestori di noti locali. Nella prima metà degli anni Duemila, Mendella, all'epoca maggiore, li avrebbe contattati tramite De Riu offrendo "protezione" in cambio di soldi e vacanze. Dopo il suo trasferimento a Roma, inoltre, Mendella avrebbe suggerito di spostare proprio nella capitale la società Gotha, attiva nel settore dei materiali ferrosi, per continuare a "seguirli".

11 giugno 2014
www.ansa.it/campania/notizie/2014/06/11/arrestato-comandante-gdf-livorno-accusa-concussione_4aa20770-8a31-4669-81e0-0ae1f2237...
wheaton80
00mercoledì 3 settembre 2014 16:44
Ustica – Dc9 Itavia, carte top secret:“Aerei militari liberi di scorazzare in volo”

Il Dc9 dell’Itavia incrociò le rotte che avrebbero potuto percorrere gli aerei militari americani “qualora non ‘scorazzassero’ liberamente”. Il virgolettato è contenuto in un memorandum sulle “questioni informative aperte” con gli Stati Uniti. Memorandum che nel 2000, vent’anni esatti dopo la strage di Ustica (27 giugno 1980, 81 vittime), i consiglieri diplomatici del ministero degli Esteri e i servizi segreti redassero in merito ai rapporti dell’Italia con Paesi esteri. Il documento, riversato dalla Farnesina all’Archivio centrale dello Stato, fa parte di un primo lotto di materiale desecretato dopo il decreto Renzi della primavera scorsa, quello relativo ad “atti su eventi significativi per la storia del Paese”. E da questi primi fogli emerge anche che già il 29 agosto 1980 il Sismi collegava il disastro aereo alla Libia di Muammar Gheddafi. Concentriamoci però sul memorandum scritto 14 anni fa. Da esso emerge che le rotte sono la Ambra 13, quella per i velivoli diretti a sud o a sud est, oppure la Ambra 14, per gli apparecchi in viaggio verso nord o nord est. “Da tener presente”, puntualizza il documento, “che il Dc9 nell’ultima fase di volo aveva dapprima percorso l’Ambra 14 e poi si era portato, sopra Ponza, sull’Ambra 13”. Ricordando poi che si trattava di evidenze emerse dopo la chiusura del lavoro del giudice istruttore romano Rosario Priore, “non è stato possibile richiedere informazioni agli Usa tramite rogatoria”. Ma di rogatorie in precedenza ce n’erano state parecchie e sfogliando le 33 pagine del documento – anticipato da Repubblica che ha esaminato i primi materiali a cui è stato rimosso il segreto – non si trova risposta alla domanda rimasta irrisolta: dato per appurato che il volo civile partito da Bologna venne abbattuto nel corso di un’azione di guerra, non c’è indicata la nazionalità dell’aereo che sparò il missile con cui fu abbattuto il Dc9. A questo proposito ha commentato Daria Bonfietti, presidente dell’associazione vittime di Ustica: “Le prime carte confermano i depistaggi, ma non dicono chi ha fatto cosa”. Ha ragione l’ex senatrice della Repubblica. È confermato infatti che gli Stati Uniti mentirono quando dissero che in volo sul Mediterraneo la sera della sciagura non c’erano mezzi militari appartenenti al loro Paese. Ce n’erano eccome.

Alcuni erano il Navy 61206, il Juliet Mike 169, “che lascia il territorio nazionale a breve distanza [...] dal disastro”, e tre apparecchi P-3C da ricognizione marittima decollati da Sigonella e che “durante la fase del rientro avevano chiesto assistenza alla navigazione”. A smentire le forze armate a stelle e strisce ci sono le conversazioni telefoniche ed emergono da “un successivo esame delle registrazioni tra siti [italiani] e in particolare da quelle provenienti dall’aeroporto di Napoli Capodichino”. Dal memorandum si delinea un traffico aereo che inizia nel primo pomeriggio del 27 giugno 1980, a partire dalle 14.30. E ai mezzi già citati si aggiungono aerei Novembre Uniform che possono essere sia “velivoli Grumman di soccorso (Uniform 16) che alcuni tipi di caccia”. E aggiunge il documento italiano:“Il giudice italiano ha rilevato, tuttavia, che è molto probabile – se non certo – che i traffici sopra elencati non coprano tutta l’attività dei velivoli militari statunitensi [...]. Inoltre occorre tenere conto che diversi velivoli militari non si qualificarono con immediatezza [...], bensì [usarono] nominativi radio che, a una prima analisi, apparivano come traffici civili”. Da qui discende che, se non anche i tempi dei voli non coincidono alla perfezione con quelli del disastro, “l’accertata presenza di questi [aerei] dimostra la continua attività Usa che sarebbe ben strano che si fosse fermata nell’intorno del tempo della caduta del Dc9”. Altrettanto accertata è la presenza – ancora una volta negata da Washington – di una portarei, e poi c’è la storia dei caschi. Il primo era bianco e all’esterno riportava la scritta John Drake. Un tenente colonnello italiano, Guglielmo Lippolis, accertò che un pilota con quel nome decollato da un mezzo navale esisteva davvero. Poi, a causa di un incidente verificatosi poco prima del disastro di Ustica, si era lanciato dal mezzo su cui si trovava perdendo il casco. Questo, una volta recuperato, “a seguito del trasferimento dei reperti da Palermo a Napoli, è andato smarrito o con più probabilità è stato fatto sparire”.

Intanto, nell’aprile 1993, le autorità americane affermarono di aver effettuato una ricerca che andava dal gennaio 1977 al marzo 1993 sugli incidenti aerei che avevano riguardato loro uomini che di cognome facevano Drake. “Nessuno, però, aveva il nome proprio che iniziasse con la lettera ‘J’ e tutti si verificarono all’interno degli Stati Uniti continentali”. Poi verificarono meglio e un John saltò fuori, ma non aveva avuto nessun incidente e semmai qualcosa del genere fosse avvenuto doveva essere precedente al 1977. “In caso contrario si trattava di una semplice congettura”. Il secondo casco, invece, era verde e fu recuperato nell’estate 1980 nelle acque davanti a Capaci. Nonostante fosse stato associato a materiale libico, chieste spiegazioni per rogatoria agli americani, questi risposero che apparteneva a una partita prodotta il 13 dicembre 1977 e acquistata dalla marina militare Usa, dalla guardia costiera a stelle e strisce e da una “non meglio specificata sezione militare spagnola”. E tranchant è il giudizio del memorandum del 2000 su questo pezzo di storia: “Il [loro] rinvenimento [...], la sparizione del primo e la collocazione del secondo nel Mig libico, [oltre ai] lacunosi accertamenti condotti dallo [Stato maggiore dell'aeronautica], inducono alla conclusione che quei reperti non ‘dovevano’ essere associati all’incidente Itavia. ‘Dovevano’ invece essere in qualche modo ‘dimenticati’, rendendo pertanto impossibile la spiegazione della reale provenienza”.

Antonella Beccaria
2 settembre 2014
www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/02/strage-ustica-carte-top-secret-memorandum-aerei-militari-liberi-di-scorazzare-in-volo/...
wheaton80
00sabato 13 settembre 2014 17:28
Positano abolisce la Tasi: niente tasse su case, negozi e imprese. «Non inganniamo i cittadini»

POSITANO - Da perla della Costiera Amalfitana a "paradiso" fiscale. Almeno per quanto riguarda le tasse sul mattone: a Positano hanno detto addio alla Tasi, la nuova imposta comunale istituita con l'ultima legge di stabilità. In altre parole i contribuenti del piccolo paese della provincia di Salerno non dovranno più pagare tasse sulla prima e sulla seconda casa così come sugli esercizi commerciali e sulle attività imprenditoriali. Una manovra che «porterà benefici alla comunità per almeno 350 mila euro», ha spiegato il sindaco-imprenditore, Michele De Lucia (Pdl). «Abbiamo chiuso il bilancio 2013 con un avanzo di 1,3 - 1,4 milioni di euro e pertanto possiamo permetterci di fare provocazioni politiche di questo genere». Questa decisione, ha proseguito, «è maturata dalla convinzione che i cittadini vanno tutelati e non ingannati, occorre governare con trasparenza, la strada giusta non è quella di soffocare i cittadini di tasse» e inoltre la prima casa è «un bene sacro». Il comune di Positano aveva imboccato questa strada già alla prima scadenza di maggio e con la delibera del consiglio comunale ha detto definitivamente 'no' alla Tasi. Secondo il comune di Positano, spiega una nota, «questa tassa non è che lo strumento fornito ai comuni per introitare, sotto altro nome, l'Imu sulle prime abitazioni. L'amministrazione ritiene che il Governo, attraverso slogan e rèclame, stia semplicemente gettando fumo negli occhi degli italiani, imboccando la strada sbagliata per rilanciare l'economia nazionale». Positano, ha concluso, «va decisamente controcorrente e rifiutando l'applicazione della Tasi si schiera come sempre e in maniera aperta e decisa dalla parte dei cittadini». In linea col paese della costiera amalfitana anche il comune di San Lorenzo del Vallo (Cosenza) che ha deciso di sopprimere questa imposta. «L'amministrazione comunale - spiega un comunicato, in coerenza con la politica di contenimento della pressione fiscale a carico delle fasce di popolazione più disagiata, ha deciso che la tassa per i servizi comunali indivisibili (Tasi) non verrà pagata», ha affermato il sindaco Luciano Marranghello.

4 settembre 2014
www.ilmattino.it/ECONOMIA/positano-abolita-tasi/notizie/8786...
wheaton80
00martedì 2 dicembre 2014 20:03
Mafia, arrestato Massimo Carminati: l’anima nera del crimine capitolino più spietato e ramificato



Sembrava imprendibile e intoccabile. Le inchieste da almeno da più di 30 anni l’avevano indicato come l’”anima nera” del crimine capitolino più spietato e ramificato. E, oggi, grazie all’operazione dei Ros, è finito in manette con l’accusa di associazione mafiosa. Lui è Massimo Carminati, 56 anni, sguardo di ghiaccio, comportamento freddo e distaccato, un passato fra i terroristi neri dei Nar ma soprattutto un esponente di spicco della famigerata banda della magliana, la holding criminale che ha imperversato a Roma con omicidi e traffici di ogni tipo fiancheggiata da servizi segreti e entità politiche. E gli arresti eccellenti di oggi dimostrano che il banditismo romano non è mai morto e che Carminati ne recitava un ruolo di primissimo piano come un ”puparo” che ne tirava silenziosamente i fili di morte e di affari da milioni di euro. Un arresto che sembrava impossibile quello di Massimo Carminati che è sempre riuscito a uscire indenne da qualunque inchiesta. Indagini storiche sulle stragi italiane e su altri fatti clamorosi. Vengono alla mente le assoluzioni per il depistaggio per la strage della stazione di Bologna e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Massimo Carminati mentre era alla sbarra a Perugia per rispondere dell’omicidio Pecorelli, si macchiò di un un furto senza precedenti, un altro mistero d’Italia, che avvenne proprio a ridosso della sentenza. Era il 2000 quando Carminati con altri personaggi della banda della Magliana riuscì a svaligiare il caveau della banca all’interno della Città Giudiziaria di Roma. Furono aperte oltre duecento cassette di sicurezza di magistrati e avvocati. Un colpo che per gli inquirenti aveva la finalità di ottenere documenti scottanti e ricattatori. In carcere finirono anche alcuni carabinieri complici della banda che agì indisturbato nel fortino della Legge. Massimo Carminati l’intoccabile, il criminale complice di terroristi sanguinari come La Mambro e Fioravanti oggi è stato arrestato dopo anni che le informative degli inquirenti lo inquadravano come un boss romano fra i più temibili. La sua zona era quella di Corso Francia dove, sempre secondo gli investigatori, grazie alla sua impunità e al suo sangue freddo, era riuscito ad essere l’uomo cardine per gli affari criminali in città. «A Roma anche la ’ndrangheta e la camorra dovevano sentire il parere di Carminati per i loro affari», questo il parere di un inquirente. Così come era stato capace di costruire e di gestire un fiorente traffico di videopoker: affari per milioni di euro. La Distrettuale Antimafia ne aveva monitorato anche i rapporti con Michele Senese boss della camorra che ha spadroneggiato a Roma e ora recluso in carcere con l’ergastolo. Su di lui erano caduti i sospetti su alcuni recenti omicidi accaduti a Roma. Era soprannominato il ”cecato”: da giovane mentre trasportava la valuta della Magliana in Svizzera era stato crivellato di colpi dalla polizia e così aveva perso un occhio. Massimo Carminati è il ”Nero”: il killer spietato che spadroneggia nella ”fiction” sulla banda della magliana. Un arresto fondamentale quello di Carminati per bloccare il crimine romano più segreto e pericoloso.

Marco De Risi
2 Dicembre 2014
www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/mafia_arrestato_massimo_carminati/notizie/10446...
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:23.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com