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Vangelo del giorno

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2011 21:34
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Giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario : Mt 7,21-29
Meditazione del giorno
San Benedetto (480-547), monaco
Regola, Prologo 19-38

« Entrerà nel regno dei cieli... colui che fa la volontà del Padre mio »

Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama? Guardate come nella sua misericordiosa bontà ci indica la via della vita!.. Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene. Ma interroghiamo il Signore, dicendogli con le parole del profeta: "Signore, chi abiterà nella tua tenda e chi dimorerà sul tuo monte santo?" (Sal 14,1). E dopo questa domanda, fratelli, ascoltiamo la risposta con cui il Signore ci indica la via che porta a quella tenda: "Chi cammina senza macchia e opera la giustizia; chi pronuncia la verità in cuor suo..., chi non ha recato danni al prossimo, né ha accolto l'ingiuria lanciata contro di lui"(vs 2-3)...

Gli uomini timorati di Dio non si insuperbiscono per la propria buona condotta e pensano invece che quanto di bene c'è in essi non è opera loro, ma di Dio...: "Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria!" (Sal 113B, 1). Come fece l'apostolo Paolo, che disse:" Per grazia di Dio sono quel che sono" (1 Cor 15,10)... Perciò il Signore stesso dichiara nel Vangelo: "Chi ascolta da me queste parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio il quale edificò la sua casa sulla roccia. E vennero le inondazioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia".

Dopo aver concluso con queste parole il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni. Ed è proprio per permetterci di correggere i nostri difetti che ci vengono dilazionati i giorni di questa vita secondo le parole dell'apostolo: "Non sai che con la sua pazienza Dio vuole portarti alla conversione?" (Rm 2,4) Difatti il Signore misericordioso afferma: "Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" (Ez 18,23).





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Venerdì della XII settimana del Tempo Ordinario : Mt 8,1-4
Meditazione del giorno
Papa Benedetto XVI
Enciclica « Spe Salvi », 36 (© copyright Libreria Editrice Vaticana)

« Lo voglio, sii sanata »

Come l'agire, anche la sofferenza fa parte dell'esistenza umana. Essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall'altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia, si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile.

Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori; aiutare a superare le sofferenze psichiche. Sono tutti doveri sia della giustizia che dell'amore che rientrano nelle esigenze fondamentali dell'esistenza cristiana e di ogni vita veramente umana. Nella lotta contro il dolore fisico si è riusciti a fare grandi progressi; la sofferenza degli innocenti e anche le sofferenze psichiche sono piuttosto aumentate nel corso degli ultimi decenni.

Sì, dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità – semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perché nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che – lo vediamo – è continuamente fonte di sofferenza. Questo potrebbe realizzarlo solo Dio: solo un Dio che personalmente entra nella storia facendosi uomo e soffre in essa. Noi sappiamo che questo Dio c'è e che perciò questo potere che « toglie il peccato del mondo » (Gv 1,29) è presente nel mondo. Con la fede nell'esistenza di questo potere, è emersa nella storia la speranza della guarigione del mondo.





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Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario : Mt 8,5-17
Meditazione del giorno
Basilio di Seleucia ( ?-circa 468), vescovo
Discorsi, 19, PG 85, 235

« Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e siederanno... nel Regno dei cieli »

Nel Vangelo, ho visto il Signore compiere dei miracoli e, rassicurato da loro, la mia parola si fa più salda. Ho visto il centurione gettarsi ai piedi del Signore; ho visto le nazioni mandare i loro primi frutti a Cristo. La croce non è ancora innalzata e già i pagani si affrettano verso il maestro. Non si è ancora sentito: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28,19) e già le nazioni accorrono. La loro corsa precede la loro chiamata, ardono del desiderio del Signore. La predicazione non è ancora risuonata e già si affrettano verso colui che predica. Pietro... sta ancora ascoltando l'insegnamento ed esse si radunano attorno a colui che lo ammaestra; la luce di Paolo non risplende ancora sotto il vessillo di Cristo e le nazioni vengono ad adorare il re con l'incenso (Mt 2,11).

E ora ecco che un centurione lo prega e gli dice: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Questo è proprio un nuovo miracolo: il servo dalle membra paralizzate conduce il suo padrone al Signore; la malattia dello schiavo rende la salute al suo padrone. Cercando la salute del suo servo, trova il Signore e, mentre è in cerca della salute del suo schiavo, diviene la conquista di Cristo.





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Venerdì della XVII settimana del Tempo Ordinario : Mt 13,54-58
Meditazione del giorno
Papa Benedetto XVI
Enciclica « Spe Salvi », 47 (© Libreria Editrice Vaticana)

« A causa della loro incredulità »

Alcuni teologi recenti sono dell'avviso che il fuoco che brucia e insieme salva sia Cristo stesso, il Giudice e Salvatore. L'incontro con Lui è l'atto decisivo del Giudizio. Davanti al suo sguardo si fonde ogni falsità. È l'incontro con Lui che, bruciandoci, ci trasforma e ci libera per farci diventare veramente noi stessi. Le cose edificate durante la vita possono allora rivelarsi paglia secca, vuota millanteria e crollare. Ma nel dolore di questo incontro, in cui l'impuro ed il malsano del nostro essere si rendono a noi evidenti, sta la salvezza. Il suo sguardo, il tocco del suo cuore ci risana mediante una trasformazione certamente dolorosa « come attraverso il fuoco ». È, tuttavia, un dolore beato, in cui il potere santo del suo amore ci penetra come fiamma, consentendoci alla fine di essere totalmente noi stessi e con ciò totalmente di Dio.

Così si rende evidente anche la compenetrazione di giustizia e grazia: il nostro modo di vivere non è irrilevante, ma la nostra sporcizia non ci macchia eternamente, se almeno siamo rimasti protesi verso Cristo, verso la verità e verso l'amore. In fin dei conti, questa sporcizia è già stata bruciata nella Passione di Cristo. Nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo questo prevalere del suo amore su tutto il male nel mondo ed in noi. Il dolore dell'amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia.






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Sabato della XVII settimana del Tempo Ordinario : Mt 14,1-12
Meditazione del giorno
Diàdoco di Foticea (circa 400- ?), vescovo
Capitoli sulla perfezione spirituale, 12

«Chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25)

Chi ama la sua vita (Gv 12,25) non può amare Dio ; chi invece non ama se stesso per possedere le ricchezze ben più sublimi dell'amore di Dio, costui ama Dio. Questi non cerca mai la sua gloria, ma quella di Dio. Infatti chi ama se stesso ricerca la propria gloria, chi invece ama Dio desidera la gloria del suo creatore. È proprio dell'anima che sperimenta e ama Dio ricercare sempre la sua gloria, compiendo in ogni cosa la sua volontà e rallegrandosi profondamente di essergli soggetto, perché a Dio è dovuta la gloria per la sua liberalità verso di noi, all'uomo invece si addice la sottomissione per poter essere ammesso alla sua intimità; perciò quando avremo agito esultanti per la gloria di Dio, incominceremo a dire senza posa come Giovanni Battista: «Egli deve crescere, e io invece diminuire» (Gv 3,30).





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Lunedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario : Mt 14,13-21
Meditazione del giorno
Giovanni Paolo II
Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 3-5

« Prese i pani..., pronunziò la benedizione, li spezzò e li diede ai discepoli. »

Dal mistero pasquale nasce la Chiesa. Proprio per questo l'Eucaristia, che del mistero pasquale è il sacramento per eccellenza, si pone al centro della vita ecclesiale... Nella Celebrazione eucaristica, gli occhi dell'anima sono ricondotti al Triduo pasquale: a ciò che si svolse la sera del Giovedì Santo, durante l'Ultima Cena, e dopo di essa... L'agonia nel Getsemani è stata l'introduzione all'agonia della Croce del Venerdì Santo. L'ora santa, l'ora della redenzione del mondo... l'ora della glorificazione. A quel luogo e a quell'ora si riporta spiritualmente ogni presbitero che celebra la Santa Messa, insieme con la comunità cristiana che vi partecipa.

« Mysterium fidei! - Mistero della fede! ». Quando il sacerdote pronuncia o canta queste parole, i presenti acclamano: « Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta ». In queste o simili parole la Chiesa, mentre addita il Cristo nel mistero della sua Passione, rivela anche il suo proprio mistero : Ecclesia de Eucharistia. Se con il dono dello Spirito Santo a Pentecoste la Chiesa viene alla luce e si incammina per le strade del mondo, un momento decisivo della sua formazione è certamente l'istituzione dell'Eucaristia nel Cenacolo. Il suo fondamento e la sua scaturigine è l'intero Triduum paschale, ma questo è come raccolto, anticipato, e « concentrato » per sempre nel dono eucaristico. In questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l'attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa «contemporaneità » tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli.






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IV Domenica di Quaresima - Anno C : Lc 15,1-3#Lc 15,11-32
Meditazione del giorno
San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Discorsi 2 e 3 : PL 52, 188-189 et 192

« Mi leverò e andrò da mio padre »

Colui che dice queste parole giaceva a terra. Prende coscienza della sua caduta, si accorge della sua rovina, si vede immerso nel peccato e grida : « Mi leverò e andrò da mio padre ». Da dove viene questa speranza, questa franchezza, questa fiducia ? Dal fatto che si tratta proprio di suo padre. « Ho perso, dice dentro di sè, la mia condizione di figlio ; ma lui non ha perso la sua condizione di padre ; Non c'è bisogno di un estraneo per intercedere presso un padre : il suo affetto interviene e supplica nel più profondo del cuore. Le sue viscere paterne lo spingono a generare di nuovo il figlio per mezzo del perdono. Pur colpevole, andrò da mio padre. »

E il padre, visto il figlio, vela subito la sua colpa. Preferisce la parte di padre a quella di giudice. Lui che desidera il ritorno del figlio e non la sua perdita, trasforma subito la sentenza in perdono ... « Gli si gettò al collo e lo baciò ». In questo modo il padre giudica e corregge : dà un bacio in luogo di un castigo. La forza dell'amore non tiene conto del peccato. Perciò il padre, con un bacio, rimette la colpa di suo figlio ; la copre con i suoi abbracci. Il padre non svela il peccato di suo figlio, non sciupa suo figlio, ma cura le sue ferite in modo che non lascino nessuna cicatrice, nessun disonore. « Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato » (Sal 31, 1).





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Lunedì della II settimana di Pasqua : Jn 3,1-8
Meditazione del giorno
San Serafino di Sarov (1759-1833), monaco russo
Colloqui con Motovilov

« Nascere da acqua e da Spirito »

Il giorno di Pentecoste, il Signore mandò solennemente lo Spirito Santo con un rombo di tempesta... Questa grazia folgorante dello Spirito Santo è stata conferita a noi tutti, fedeli di Cristo, nel sacramento del battesimo. Essa è stata sigillata dalla cresima, l'unzione fatta con il sacro crisma sulle membra principali del nostro corpo... Si dice : « Il sigillo del dono dello Spirito ». Ora, dove apponiamo i nostri sigilli, se non sui recipienti il cui contenuto è particolarmente prezioso ? E cosa c'è di più prezioso al mondo, e di più sacro, dei doni dello Spirito Santo mandati dall'alto durante il sacramento del battesimo ?

Questa grazia battesimale è così grande, così importante, così vivificante per l'uomo, da non poter essergli tolta, anche se diventasse eretico, fino alla morte, cioè al termine della sua prova temporanea fissata dalla Provvidenza affinché egli abbia una possibilità di raddrizzarsi... Quando un peccatore, ricondotto alla vita dalla sapienza divina sempre in cerca della nostra salvezza, si è deciso di volgersi verso Dio per sfuggire alla perdizione, deve seguire la via del pentimento... e sforzarsi, operando nel nome di Cristo, di acquistare lo Spirito Santo, il quale, dentro di noi, prepara il Regno di Dio.
13/04/2010 14:16
 
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Martedì della II settimana di Pasqua : Jn 3,7-15
Meditazione del giorno
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d'Europa
Poesia Pentecoste 1942

« Non sai di dove viene e dove va »

Chi sei, dolce luce che mi colmi
e illumini le tenebre del mio cuore ?
Mi guidi come la mano di una madre,
e se mi lasciassi,
non potrei fare un solo passo di più.
Sei lo spazio
che avvolge il mio essere e lo mette al tuo riparo.
Se fosse abbandonato da te,
sprofondarebbe nell'abisso del non essere,
dal quale l'hai tirato per sollevarlo verso la luce.
Tu, più vicino a me
di me stessa,
più intimo dell'intimo della mia anima,
e tuttavia inafferrabile e ineffabile,
al di sopra di ogni nome,
Spirito Santo, Amore eterno

Non sei forse la dolce manna
che dal cuore del Figlio
trabocca nel mio cuore,
cibo degli angeli e dei beati ?
Lui che si è rialzato dalla morte alla vita
ha svegliato anche me dal sonno della morte per una vita nuova.
E giorno dopo giorno
continua a darmi una vita nuova,
la cui pienezza, un giorno, mi inonderà interamente,
vita nata dalla tua vita, si, te stesso,
Spirito Santo, Vita eterna !





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Mercoledì della II settimana di Pasqua : Jn 3,16-21
Meditazione del giorno
Clemente d'Alessandria (150-circa 215), teologo
Il Pedagogo 1, 6 ; SC 70, 207-211

« Chi opera la verità viene alla luce »

Battezzati, veniamo illuminati ; illuminati, siamo adottati come figli ; adottati, siamo condotti alla perfezione ; perfetti, siamo resi immortali. « Io ho detto, dice, voi sete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo ! » (Sal 81, 6 ; cfr Gv 10, 34)

Il battesimo è chiamato con diversi nomi : grazia, illuminazione, perfezione, lavacro. Lavacro perché per suo mezzo togliamo i peccati. Grazia, con cui vengono rimesse le pene dovute ai peccati. Illuminazione, che ci fa guardare alla santa e salvifica luce che è Dio. Diciamo poi che è perfetto quello a cui non manca niente. Sarebbe davvero assurdo dire che la grazia di Dio non sia perfetta e completa in tutti i sensi : Colui che è perfetto può dare solo cose perfette...

Chi è rigenerato e illuminato, come indica la stessa parola, è immediatamente liberato dalle tenebre e nello stesso momento riceve la luce... Tolti i nostri peccati che coprivano lo Spirito divino come una nuvola, l'occhio del nostro spirito liberato, viene allo scoperto, luminoso, quell'occhio che solo può farci contemplare le cose divine.





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Giovedì della II settimana di Pasqua : Jn 3,31-36
Meditazione del giorno
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Confessioni XI, 2.3

« Colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura »

Dio mio, luce dei ciechi e virtù dei deboli, e anche luce dei veggenti e virtù dei forti ; volgi la tua attenzione sulla mia anima e ascolta chi grida dall'abisso (Sal 29, 1). Se non fossero presenti anche nell'abisso le tue orecchie, dove ci volgeremmo ? A chi grideremmo ?

« Tuo è il giorno e tua la notte » (Sal 73, 16), al tuo cenno trasvolano gli istanti. Concedimene un tratto per le mie meditazioni sui segreti della tua legge, non chiuderla a chi bussa (Mt 7, 7). Non senza uno scopo, certo, facesti scrivere tante pagine di fitto mistero ; né mancano, quelle foreste, dei loro cervi (Sal 28, 9), che vi si rifugiano e ristorano, vi spaziano e pascolano, vi si adagiano e ruminano. O Signore, compi la tua opera in me, rivelandomele.

Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce una voluttà superiore a tutte le altre. Dammi ciò che amo. Perché io amo, e tu mi hai dato di amare. Non abbandonare i tuoi doni, non trascurare la tua erba assetata. Ti confesserò quanto scoprirò nei tuoi libri. Oh, « udire la voce della tua lode » (Sal 25, 7), abbeverarsi di te, contemplare le meraviglie della tua legge (Sal 118, 18) fin dall'inizio, quando creasti il cielo e la terra, e fino al regno eterno con te nella tua santa città.





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Venerdì della II settimana di Pasqua : Jn 6,1-15
Meditazione del giorno
Giovanni Paolo II
Lettera apostolica per l'Anno dell'Eucaristia : Mane nobiscum domine, § 15-16

« Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie li distribuì loro »

Non c'è dubbio che la dimensione più evidente dell'Eucaristia sia quella del convito. L'Eucaristia è nata, la sera del Giovedì Santo, nel contesto della cena pasquale. Essa pertanto porta inscritto nella sua struttura il senso della convivialità: «Prendete e mangiate... Poi prese il calice e... lo diede loro dicendo: Bevetene tutti...» (Mt 26, 26.27). Questo aspetto ben esprime il rapporto di comunione che Dio vuole stabilire con noi e che noi stessi dobbiamo sviluppare vicendevolmente.

Non si può tuttavia dimenticare che il convito eucaristico ha anche un senso profondamente e primariamente sacrificale. In esso Cristo ripresenta a noi il sacrificio attuato una volta per tutte sul Golgota. Pur essendo presente in esso da risorto, Egli porta i segni della sua passione, di cui ogni Santa Messa è «memoriale», come la Liturgia ci ricorda con l'acclamazione dopo la consacrazione: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione...». Al tempo stesso, mentre attualizza il passato, l'Eucaristia ci proietta verso il futuro dell'ultima venuta di Cristo, al termine della storia. Questo aspetto «escatologico» dà al Sacramento eucaristico un dinamismo coinvolgente, che infonde al cammino cristiano il passo della speranza.

Tutte queste dimensioni dell'Eucaristia si rannodano in un aspetto che più di tutti mette alla prova la nostra fede: è il mistero della presenza «reale». Con tutta la tradizione della Chiesa, noi crediamo che, sotto le specie eucaristiche, è realmente presente Gesù... Proprio la sua presenza dà alle altre dimensioni — di convito, di memoriale della Pasqua, di anticipazione escatologica — un significato che va ben al di là di un puro simbolismo. L'Eucaristia è mistero di presenza, per mezzo del quale si realizza in modo sommo la promessa di Gesù di restare con noi fino alla fine del mondo.





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Sabato della II settimana di Pasqua : Jn 6,16-21
Meditazione del giorno
San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Discorsi 50, 1.2.3 ; PL 52, 339-340

« Subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti »

Cristo sale su una barca : non è forse stato lui ad aver messo in secca il letto del mare, dopo aver respinto le sue acque, affinché Israele camminasse sull'asciutto in mezzo al mare, come in una valle (Es 14, 29) ? Non è forse stato lui ad aver rassodato sotto i piedi di Pietro, le onde del mare, affinché l'acqua fosse sotto i suoi passi un cammino saldo e sicuro (Mt 14, 29) ?

Sale sulla barca. Per attraversare il mare di questo mondo fino alla fine dei tempi, Cristo sale sulla barca della sua Chiesa per condurre in una traversata tranquilla, quanti credono in lui, fino alla patria del cielo, e fare di coloro con i quali egli è in comunione nella sua umanità, i cittadini del suo Regno. Cristo, certo, non ha bisogno della barca ; invece la barca ha bisogno di Cristo. Infatti, senza questo pilota celeste, la barca della Chiesa, agitata dalle onde, non giungerebbe mai al porto.





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III Domenica di Pasqua - Anno C : Jn 21,1-19
Meditazione del giorno
Giovanni Paolo II
Omelia a Pariggi 30/05/80 (© Libreria Editrice Vaticana)

« Mi ami-tu ? »

«Ami tu»?... «Mi ami tu»? Per sempre, fino alla fine della sua vita, Pietro doveva avanzare sul cammino, accompagnato da questa triplice domanda: «Mi ami tu?». E avrebbe misurato tutte le sue attività sulla risposta che aveva allora dato. Quando fu convocato davanti al sinedrio. Quando fu messo in prigione a Gerusalemme, prigione dalla quale non doveva uscire... e dalla quale tuttavia uscì. E... ad Antiochia, e poi più lontano ancora, da Antiochia a Roma. E quando a Roma ebbe perseverato fino alla fine dei suoi giorni, conobbe la forza di quelle parole secondo le quali un Altro lo avrebbe condotto dove egli non voleva... E sapeva anche che, grazie alla forza di quelle parole, la Chiesa era assidua «nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere»... e che «il Signore aggiungeva ogni giorno alla comunità quelli che erano salvati» (At 2,42.48)...

Pietro non può mai staccarsi da questa domanda: «Mi ami tu?».
Egli la porta con sé ovunque vada. La porta attraverso i secoli, attraverso le generazioni. Nel mezzo di popoli nuovi e di nuove nazioni. Attraverso lingue e razze sempre nuove. La porta lui solo, e tuttavia non è più solo. Altri la portano con lui... Ci sono stati, ci sono molti uomini e donne che hanno saputo e che sanno ancora oggi che tutta la loro vita ha valore e significato solo ed esclusivamente nella misura in cui essa è una risposta alla medesima domanda: «Ami tu? Mi ami tu?» Essi hanno dato, e danno la loro risposta in maniera totale e perfetta - una risposta eroica - o talora in maniera comune, ordinaria. Ma in ogni caso essi sanno che la loro vita, la vita umana in generale, ha valore e significato nella misura in cui è la risposta a questa domanda: «Ami tu?» Solo grazie a questa domanda la vita vale la pena di essere vissuta.





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Beato Henri Suso (circa 1295-1366), domenicano
Vita, cap. 50

Alla ricerca di Gesù

A proposito della domanda: «Che cos'è Dio?», tutti i maestri che sono esistiti fino ad oggi non hanno potuto spiegarlo; Egli infatti è al di là di ogni pensiero e di ogni intelletto. Eppure, un uomo zelante che cerca con perizia una qualche conoscenza di Dio, vi riesce, anche se in un modo molto lontano... In questo modo l'hanno cercato alcuni maestri pagani virtuosi di un tempo, in particolare Aristotele. Egli ha scrutato il corso della natura...; ha cercato con ardore e ha trovato. Ha dedotto dalla natura che doveva necessariamente esistere un unico sovrano, Signore di tutte le creature, e questo noi chiamiamo Dio...

L'essere di Dio è una sostanza così spirituale che l'occhio mortale non può contemplarla in sé stessa; possiamo invece vederla nelle sue opere. Come dice San Paolo, le creature sono uno specchio che riflette Dio (Rm 1,20). Rimaniamo lì un istante...; guarda al di sopra di te e intorno a te, quanto il cielo è vasto e alto nella sua corsa rapida, con quale nobiltà il suo Signore l'ha agghindato di sette pianeti e come è stato adornato di una moltitudine de stelle. Quando, d'estate, il sole brilla gioiosamente e senza nuvole, quanti frutti, quanti benefici esso apporta alla terra! Come i prati sono di un bel verde, come i fiori sono ridenti, come risuona nel bosco e nella campagna il dolce canto degli uccelli, e tutti gli animali che si erano nascosti durante il duro inverno, si affrettano fuori e si rallegrano! Come, fra gli uomini, giovani e anziani si mostrano gioiosi di quella gioia che porta loro tanta felicità. O Dio, se sei tanto amabile nelle tue creature, quanto devi essere bello e amabile in te stesso!





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[Modificato da LiviaGloria 19/04/2010 10:55]
20/04/2010 19:20
 
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Martedì della III settimana di Pasqua : Jn 6,30-35
Meditazione del giorno
San Giustino (circa 100 -160), filosofo, martire
Prima Apologia, 67.66 ; PG 6, 427-431

«Il pane del cielo, quello vero »

Nel giorno chiamato "del Sole" [la domenica] ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen".

Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: "Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo". E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: "Questo è il mio sangue"; e ne distribuì soltanto a loro (Mt 26,26s; 1 Cor 11,23s)... Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti.
21/04/2010 16:56
 
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Mercoledì della III settimana di Pasqua : Jn 6,35-40
Meditazione del giorno
Beato Giovanni XXIII (1881-1963), papa
OR 20/09/59

« Chi viene a me non avrà più fame »

Il problema economico costituisce l'incognita terribile della nostra epoca. Il problema del pane quotidiano, del benessere, è l'incertezza angosciosa che ci opprime in mezzo alle folle agitate ed insoddisfatte, ed a volte, purtroppo, affamate. È per noi un dovere unire i nostri sforzi, fare i sacrifici necessari secondo la dottrina cattolica nata dal Vangelo e le istruzioni chiare e solenni della Chiesa, per contribuire alla ricerca di una soluzione giusta per tutti. Ma invano ci sforzeremo di riempire di pane gli stomaci e di soddisfare gli altri desideri, a volte sfrenati, se non riusciremo a nutrire le anime col pane di vita, pane vero, sostanziale, divino ; a nutrirle cioè di Cristo, del quale hanno fame e per mezzo del quale soltanto, si potrà riprendere il cammino « fino al monte di Dio » (1 Re 19, 8).

Invano chiederemo agli economisti e ai legislatori nuove forme di vita sociale, se sottraiamo agli occhi del popolo, il sorriso dolce e materno di Maria, le cui braccia sono aperte per accogliere tutti i suoi figli. Sul suo seno, la superbia si abbassa, i cuori si placano nella santa poesia della pace cristiana e dell'amore. Congiungiamo i nostri sforzi affinché non siano mai separati dal cuore dell'uomo ciò che Dio, nella dottrina cattolica e nella storia del mondo, ha così meravigliosamente unito : l'eucaristia e la Vergine.





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Venerdì della III settimana di Pasqua : Jn 6,52-59
Meditazione del giorno
San [Padre] Pio di Pietrelcina (1887-1968), cappuccino
Lettere di Padre Pio, Vicenza 1969, p.55

« Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna »

– Padre, quanto indegno di fare la comunione mi sento ! Ne sono veramente indegno !

Risposta : – È vero. Non siamo degni di un tale dono ; ma una cosa è prenderne parte indegnamente in stato di peccato, tutt'altra cosa è non esserne degni. Tutti ne siamo indegni ; ma è Gesù ad invitarci, è lui a desiderarlo. Siamo dunque umili e riceviamolo col cuore pieno di amore.

– Padre, perché piange quando si comunica ?

Risposta : – Se la Chiesa ha lanciato questo grido : « Egli non disdegnò il seno della Vergine », parlando dell'incarnazione del Verbo nel seno dell'Immacolata, cosa dire di noi che siamo peccatori ? Ma Cristo ha detto : « Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in voi la vita ». Per cui, avviciniamo alla mensa della comunione con molto amore e grande rispetto. Che tutta la giornata serva, dapprima a prepararci ad essa, poi a rendere grazie.





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Sabato della III settimana di Pasqua : Jn 6,60-69
Meditazione del giorno
San Girolamo (347-420), sacerdote, traduttore della Bibbia, dottore della Chiesa
Lettera 53 a Paolino

« Le parole che vi ho dette sono spirito e vita »

Leggiamo le Sante Scritture : secondo me, il Vangelo è il corpo di Gesù, le Sante Scritture sono la sua dottrina. Certamente, la parola « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue » trova tutta la sua attuazione nel mistero eucaristico ; ma il vero corpo di Cristo e il suo vero sangue sono anche la parola delle Scritture, la dottrina divina. Quando ci avviciniamo ai santi misteri, se un frammento viene a cadere per terra, siamo inquieti. Quando ascoltiamo la parola di Dio, se pensiamo a qualcos'altro mentre essa entra nei nostri orecchi, quanta responsabilità ne abbiamo !

La carne del Signore essendo vero cibo e il suo sangue vera bevanda, il nostro unico bene è mangiare la sua carne e bere il suo sangue, non soltanto nel mistero eucaristico, ma anche nella lettura della Scrittura.





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IV Domenica di Pasqua - Anno C : Jn 10,27-30
Meditazione del giorno
Basilio di Seleucia ( ?-circa 468), vescovo
Discorsi, 26, 2 ; PG 85, 299-308

« Io sono il buon pastore » (Gv 10,11)

Abele, il primo pastore provocò l'ammirazione del Signore che accolse volentieri il suo sacrificio e gradì il donatore più ancora del dono che egli gli stava facendo (Gen 4, 4). La Scrittura approva anche Giacobbe, pastore dei greggi di Laban, notando quanto egli si era preso cura di essi : « Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo » (Gen 31, 40). E Dio ricompensò quell'uomo del suo lavoro. Anche Mosè fu pastore, sui monti di Madian, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, piuttosto che conoscere i piaceri [nel palazzo di Faraone]. Dio, ammirando questa sua scelta, si lasciò vedere da lui, in compenso (Es 3, 2). E dopo la visione, Mosè non abbandona la sua responsabilità di pastore, ma con il suo bastone, comanda agli elementi (Es 14, 16) e pasce il popolo d'Israele. Anche Davide fu pastore, ma il suo bastone diventò scettro regale ed egli ricevette la corona. Non stupirti che tutti questi buoni pastori siano così vicini a Dio. Il Signore stesso non si vergogna di essere chiamato « pastore » (Sal 22 ; 79). Dio non si vergogna di pascere gli uomini, e nemmeno di averli creati.

Ma guardiamo ora il nostro pastore, Cristo ; guardiamo il suo amore per gli uomini e la sua mansuetudine nel condurli ai pascoli. Gioisce delle pecore che lo circondano e cerca quelle che si smarriscono. Né monti, né foreste gli sono di ostacolo ; corre nella valle dell'ombra per giungere al luogo dove si trova la pecora smarrita... Fu visto negli inferi per dare il segnale del ritorno ; per questa via si prepara a stringere amicizia con le pecore. Ora, ama Cristo chi accoglie con attenzione le sue parole.





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