Helenadmin posterò il magistero della Chiesa Cattolica, così non staremo qui a fare "io dico che" "no io dico che"...
San Tommaso:
Un primo passo si può fare leggendo san Tommaso, Somma Teologica sulla bontà o meno della legge. Riporto solo i brani significativi, ma sarebbe meglio leggere per intero le questioni della Summa:
- I-II, questioni da 98 a 105 (la Legge antica)
Citazione:
Ora si deve anche sapere che il fine della legge umana è diverso dal fine della legge divina. Infatti il fine della legge umana è la tranquillità temporale dello stato e a questo fine la legge perviene reprimendo gli atti esterni, come mali che potrebbero portare turbamento alla pace dello stato. Invece, il fine della legge divina è condurre gli uomini a quel fine che è la felicità eterna; e il raggiungimento di codesto fine può certamente essere impedito da qualsiasi peccato, e non solo dagli atti esterni, ma anche da quelli interni. E perciò quello che è sufficiente per la perfezione della legge umana – come cioè proibire i peccati e comminare le pene – non è sufficiente per la perfezione della legge divina: è necessario che essa rende l’uomo totalmente idoneo a partecipare della felicità eterna. E questo non può avvenire che mediante la grazia dello Spirito Santo, attraverso la quale «la carità si diffonde nei nostri cuori» (Ad Rom. 5, 5). E la carità adempie la legge: «dalla grazia di Dio» infatti «la vita eterna», come si dice nella Lettera ai Romani (6, 23). Ora la legge antica non poteva conferire la grazia, cosa che era riservata a Cristo, perché come dice Giovanni nel suo Vangelo (1, 17), «La legge fu data attraverso Mosè; la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo». E perciò la legge antica è certamente buona, ma imperfetta, secondo quanto si legge nella Lettera agli Ebrei (7, 19) «la legge non ha portato nulla a perfezione».
In particolare segnalo: q. 103 articolo 3 "se le cerimonie dell'antica legge siano cessate con la venuta di Cristo".
Citazione:
...Dunque per lo stesso motivo, dovettero cessare le cerimonie del primo stato (vecchio testamento. nota mia), attraverso le quali veniva prefigurato sia il secondo sia il terzo stato, con la venuta del secondo stato (secondo stato = venuta di Cristo, mentre il terzo stato è la condizione di beati post mortem. Nota mia); e si dovettero introdurre altre cerimonie che fossero appropriate allo stato del culto divino di quel tempo, nel quale i beni celesti rimangono futuri, ma i benefici di Dio attraverso i quali siamo introdotti ai beni celesti, sono già presenti.
Nella proposizione di San Tommaso riportata di seguito (sempre contenuta in q. 103 art. 3) c'è il famodo passo dello squarcio del velo del tempio del quale parlavo in altro post. Passo illuminante e dirimente direi, giacchè si dice apertamente che l'antica legge, o patto, o alleanza, cessò colla Passione di Cristo. Lo squarciò del tempio fu il segno tangibile che Dio uscì dalla dimora conservata nel sancta sanctorum del tempio. Con la dipartita di Dio l'antica legge fu abolita e divenne perfino MORTIFIRA, come dirà più avanti San Tommaso.
Citazione:
Risposta al secondo argomento: il mistero della redenzione del genere umano giunse a compimento nella passione di Cristo; infatti il Signore disse allora: «Tutto è compiuto» (Gv. 19, 30). Ecco perché da allora dovevano cessare tutte le norme legali, essendo ormai presente la verità il cui compimento esse annunziavano. E di ciò si ebbe un segno nella passione di Cristo, quando il velo del tempio si squarciò (Mt. 27, 51). Quindi prima della passione di Cristo, quando lei gli predicava e faceva miracoli, erano in vigore insieme la legge e il Vangelo, poiché il mistero di Cristo era già iniziato, ma non ancora compiuto. E per questo il Signore, prima della sua passione, comandò al lebbroso di osservare le cerimonie legali.
Ed ora la questione importantissima: se dopo la passione di Cristo, le cerimonie legali si possono osservare senza incorrere in peccato mortale.
(Giudei moderni che si ostinano a considerare validi i vecchi precetti).
Citazione:
Ma di contro vi è quello che dice l’Apostolo nella Lettera ai Galati (5, 2): «Se vi farete circonciderete, Cristo non vi gioverà a nulla» (questione dibattuta nel primo concilio della storia a Gerusalemme. Nota mia). Ma niente esclude dal frutto di Cristo, se non il peccato mortale. Dunque essere circoncisi e osservare altre cerimonie, dopo la passione di Cristo è peccato mortale.
S. Tommaso prosegue nuovamente sottolineando che è grave peccato seguire la legge del vecchio patto:
Citazione:
Allo stesso modo le cerimonie della legge antica indicavano il Cristo che doveva ancora nascere e partire. I nostri sacramenti invece indicano il Cristo già nato e immolato. Perciò, come peccherebbe mortalmente chi ora, professando la sua fede, dicesse che Cristo deve nascere, cosa che gli antichi in maniera pia e veritiera dicevano, allo stesso modo anche peccherebbe mortalmente, colui che ora osservasse le cerimonie che gli antichi osservavano con pietà e con fede.
Ancora. Dopo Cristo l'antico patto è mortifero.
Citazione:
Però subito dopo la passione di Cristo, esse cominciarono ad essere non solo morte, cioè prive di forza e obbligatorietà, ma anche mortifere: peccava mortalmente chiunque le osservava.
Infine.
Citazione:
...invece i riti della legge antica, istituiti da Dio per prefigurare il Cristo, cessavano perché adempiuti nella passione di Cristo.
QUAESTIO 104. Sui precetti giudiziali, Art. 3
I precetti giudiziali della legge antica contengono una obbligazione eterna?
Citazione:
Ma di contro vi è quello che l’Apostolo dice: «se viene mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge» (Eb. 7, 12). Ora, il sacerdozio è montato da Aronne a Cristo. Dunque anche tutta la legge è cambiata. Quindi i precetti giudiziali non hanno più vigore.
Citazione:
Rispondo dicendo che i precetti giudiziali non ebbero il potere di obbligare in eterno, ma sono stati abrogati con l'avvento di Cristo; tuttavia ciò è avvenuto in modo diverso da ciò che è avvenuto con quelli cerimoniali. Infatti i precetti cerimoniali sono abrogati al punto da essere non solo morti ma anche mortiferi per chi li osserva dopo la venuta di Cristo e, soprattutto, dopo l'annunzio del Vangelo.
Infine di seguito sono contenute parole di condanna verso i giudei che continuano a negare che Cristo sia già venuto. E pensare che dopo il CVII si insegna il contrario
Citazione:
L’intenzione però di osservarli (i precetti dell'antica alleanza) per l'obbligazione della legge antica pregiudica la verità della fede, poiché ciò equivale a riconoscere che lo stato del popolo ebreo dura tuttora e che Cristo non è ancora venuto.
Dopo Cristo l'antica alleanza non aveva più alcuna valenza. Vale solo la nuova alleanza, la quale sola salva.
Citazione:
Ma dopo Cristo, era necessario cambiasse lo stato di quel popolo, in modo che in Cristo non dev'esserci più nessuna distinzione tra gentili e giudei, com'era in precedenza. E per questo era necessario che anche i precetti giudiziali mutassero.
Infine ti esorto a leggere le questioni da 106 a 108, che trattano della legge evangelica, della nuova alleanza.
Pertanto cosa resta dell'antica alleanza?
Risposta:
Dell'antica legge, abrogati i precetti cerimoniali e giudiziali, restano solo quelli morali, già contenuti però nella legge naturale (i dieci comandamenti)
Conclusione
San Tommaso, il maggior teologo di tutti i tempi, in merito all'abolizione dell'antica alleanza è chiarissimo. Le prove che ho portato non danno adito a dubbi di sorta.
Sulla questione dell'abrogazione dell'antico patto ne hanno parlato quasi tutti i maggiori teologi, da Sant'agostino a San Gerolamo, dal Crisostomo a Sant'ambrogio fino al Dionigi. Tuttavia la Chiesa riconosce nella dottrina della Summa Teologica di San Tommaso la Verità dirimente.
Stralcio di una riflessione di M. Ruggiero sulla "Teologia della sostituzione".
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Cosa prova Monsignor Landucci, Bibbia e San Paolo alla mano? Che solo in Gesù Cristo vi è la salvezza; che ricade sui giudei la colpa, sia soggettiva che oggetiva, di non aver voluto riconoscere il Messia (“Se non fossi venuto e non avessi loro parlato, non avrebbero colpa; ma ora non hanno scusa per il loro peccato … Se non avessi fatto tra loro le opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa; ma ora, benché abbiano veduto, pure odiano me e il Padre mio, Gv. 15, 22-24); che il deicidio è fondato, si pensi solo alle parole di San Pietro il primo Papa, rivolte al Sinedrio: “Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che nel nome di Gesù Cristo Nazareno, che voi crocifiggeste e che Dio resuscitò dalla morte … quest’uomo sta davanti a voi risanato”, Atti 4, 10 e ancora “e tutto il popolo rispose: «Ricada il suo sangue su di noi e sui nostri figli»” Mt. 27, 25); che persecuzioni, battiture, tentativi di assassinio erano esperienza quotidiana degli Apostoli e dei primi cristiani da parte israelitica (“I giudei dell’Asia, veduto Paolo nel tempio, sobillarono tutta la folla … e impadronitisi di Paolo … tentavano di ucciderlo. .. Togli dal mondo costui: non è degno di vivere … I giudei ordirono una congiura e si votarono con anatema a non mangiare e non bere, finché non avessero ucciso Paolo”, Atti 21, 27-31; 22, 22; 23, 12; 26, 21); che da alcune correnti giudaiche lo Stato d’Israele è considerato il Messia, il che spiegherebbe perché quella regione non trova mai pace, né la troverà fin tanto che non venga adorato il vero Dio e l’autentico culto cristiano-cattolico; che gli ebrei postbiblici sono “rami stroncati … dalla santa radice; recisi per la loro incredulità” (Rm. 11, 17-17, 20), giudei che “uccisero il Signore Gesù e i Profeti e ferocemente hanno perseguitato noi; a Dio spiacenti e nemici del genere umano, impedendoci di predicare ai Gentili per salvarli; colmando così sempre più la misura dei loro peccati. Ma l’ira di Dio è ormai su di essi totale definitiva” (1a Tess. 2, 14-16); che Dio conserva gli ebrei in testimonianza delle Sacre Scritture e che l’irrevocabilità delle promesse di Dio verso di essi, di cui parla San Paolo, non si applica a coloro che continuano a rifiutare Gesù come Dio: infatti solo “se non persistono nell’incredulità [saranno] innestati di nuovo” (Rm. 11, 23); che la conversione in massa degli ebrei è prevista alla fine dei tempi, di cui costituisce uno dei segni più importanti.
La conseguenza logica di tutto ciò è non solo che la teologia della sostituzione è la teologia cattolica, ma che fare proselitismo è un dovere, eccome!, non soltanto verso i cattolici dispersi o ingabbiati nelle moderne ideologie anticristiane; non soltanto verso gli appartenenti a sette e denominazioni protestanti non facenti parte della Chiesa, sola arca di salvezza; ma anche verso quanti non riconoscono il nome di Cristo, islamici, buddisti, idolatri o ebrei che siano, affinché tramite una sincera e libera conversione pervengano alla vita eterna.
Sulla "teologia della sostituzione" rimando agli scritti del prof. Radaelli (da leggere con attenzione):
www.enricomariaradaelli.it/aureadomus/convivium/convivium_sinag...
Dalle seguenti citazioni (magistero) dei santi Papi si evince quale siano i rapporti tra Chiesa e giudaismo (se ne traggano le dovute conseguenze):
Quarto Concilio Lateranense
Dall'11 al 30 novembre 1215
Papa Innocenzo III (1198-1216)
Tre sessioni. Settanta capitoli: confessione di fede contro i Catari; transustanziazione eucaristica; confessione e comunione annuale.
[...]
LXVII
Circa l'usura dei Giudei
Più la religione cristiana frena l'esercizio dell'usura, tanto più gravemente prende piede in ciò la malvagità dei Giudei, così che in breve le ricchezze dei cristiani saranno esaurite. Volendo, pertanto aiutare i cristiani a sfuggire ai Giudei, stabiliamo con questo decreto sinodale che se in seguito i Giudei, sotto qualsiasi pretesto, estorcessero ai cristiani interessi gravi e smodati, sia proibito ogni loro commercio con i cristiani, fino a che non abbiano convenientemente riparato.
Così pure i cristiani, se fosse necessario, siano obbligati, senza possibilità di appello, con minaccia di censura ecclesiastica, ad astenersi dal commercio con essi.
Ingiungiamo poi ai principi di risparmiare a questo riguardo i cristiani, cercando piuttosto di impedire ai Giudei di commettere ingiustizie tanto gravi.
Sotto minaccia della stessa pena, stabiliamo che i Giudei siano costretti a fare il loro dovere verso le chiese per quanto riguarda le decime e le offerte dovute, che erano solite ricevere dai cristiani per le case ed altri possessi, prima che a qualsiasi titolo passassero ai Giudei, in modo che le chiese non ne abbiano alcun danno.
LXVIII
I Giudei devono distinguersi dai cristiani per il modo di vestire
In alcune province i Giudei o Saraceni si distinguono dai cristiani per il diverso modo di vestire; ma in alcune altre ha preso piede una tale confusione per cui nulla li distingue. Perciò succede talvolta che per errore dei cristiani si uniscano a donne giudee o saracene, o questi a donne cristiane.
Perché unioni tanto riprovevoli non possano invocare la scusa dell'errore, a causa del vestito stabiliamo che questa gente dell'uno e dell'altro sesso in tutte le province cristiane e per sempre debbano distinguersi in pubblico per il loro modo di vestire dal resto della popolazione, come fu disposto d'altronde anche da Mosè (59).
Nei giorni delle lamentazioni e nella domenica di Passione essi non osino comparire in pubblico, dato che alcuni di loro in questi giorni non si vergognano di girare più ornati del solito e si prendono gioco dei cristiani, che a ricordo della passione santissima del Signore mostrano i segni del loro lutto. Questo, poi, proibiamo severissimamente che essi osino danzare di gioia per oltraggio al Redentore.
E poiché non dobbiamo tacere di fronte all'insulto verso chi ha cancellato i nostri peccati, comandiamo che questi presuntuosi siano repressi dai principi secolari con una giusta punizione, perché non credano di poter bestemmiare colui che è stato crocifisso per noi.
LXIX
I Giudei non devono rivestire pubblici uffici
Poiché è cosa assurda che chi bestemmia Cristo debba esercitare un potere sui cristiani, quello che su questo argomento il concilio Toletano (60) ha provvidamente stabilito, noi, per rintuzzare l'audacia dei trasgressori, lo rinnovano ora e proibiamo, quindi, che i Giudei rivestano pubblici uffici, poiché proprio per questo riescono assai molesti ai cristiani.
Se qualcuno perciò affida ad essi un tale ufficio sia punito come merita - premessa naturalmente l'ammonizione - dal concilio provinciale che comandiamo debba celebrarsi ogni anno. L'officiale ebreo sia separato dai cristiani nei commerci e nelle altre relazioni sociali; e ciò, fino a che tutto quello che egli ha percepito dai cristiani, in occasione di tale ufficio, non sia devoluto a beneficio dei poveri cristiani, a giudizio del vescovo diocesano. Rinunzi, inoltre, con sua vergogna, alla carica che ha assunto così insolentemente. Estendiamo questa stessa disposizione anche ai pagani.
LXX
I Giudei convertiti non devono tornare ai riti antichi
Abbiamo saputo che alcuni, ricevuta spontaneamente l'acqua del santo battesimo, non depongono del tutto l'uomo vecchio, per rivestire perfettamente l'uomo nuovo (61), ma, conservando vestigia del giudaismo offuscano, con tale confusione, la bellezza della religione cristiana.
Ma poiché sta scritto: maledetto l'uomo che s'inoltra nel cammino per due vie (62), e non deve indossarsi una veste fatta di lino e di lana (63), stabiliamo che i superiori delle chiese li allontanino in ogni modo dall'osservanza delle loro vecchie pratiche, affinché quelli che la scelta della loro libera volontà ha portato alla religione cristiana, siano poi indotti ad osservarla. E’ infatti minor male non conoscere la via del Signore, che abbandonarla dopo averla conosciuta (64).
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L'antigiudaismo teologico si può considerare fondato da Nostro Signore Gesù Cristo, ripetuti sono nei Santi Vangeli le condanne ai farisei e ai sadducei, che poi sono le correnti di cui ancora oggi è impregnato l'ebraismo.
La Santa Chiesa Cattolica, che da Cristo è stata fondata, non ha mai nascosto l'opposizione fra la Sinagoga e Gesù. Ecco un breve excursus su quello che dissero alcuni successori di San Pietro:
1) INNOCENZO IV: "I giudei, ingrati verso Gesù, disprezzando la legge mosaica e i Profeti, seguono certe tradizioni dei loro antenati che sono chiamate Talmud, il quale si allontana enormemente dalla Bibbia ed è pieno di bestemmie verso Dio, Cristo e la Vergine Maria.
2) Paolo IV: "I giudei sino a che persistono nei loro errori, riconoscano che sono servi a causa di essi, mentre i cristiani sono stati fatti liberi da Cristo Nostro Signore".
3) San Pio V: "Il popolo ebreo, un tempo eletto da Dio, poi abbandonato per la sua incredulità, meritò di essere riprovato, perchè ha con empietà respinto il suo Redentore e lo ha ucciso con morte vergognosa. La loro empietà è giunta ad un tal livello che, per la nostra salvezza, occorre respingere la forza di tanta malizia, la quale con sortilegi, incantesimi, magia e malefici induce agli inganni di satana moltissime persone incaute e semplici".
4) Gregorio XIII: "I giudei, divenuti peggiori dei loro padri, per nulla ammansiti, a nulla rinunziando del loro passato deicidio, si accaniscono anche adesso nelle sinagoghe contro N.S. Gesù Cristo essi sono estremamente ostili ai cristiani e compiono orrendi crimini contro la religione di Cristo".
5) Benedetto XIV: "Ogni traffico di merci utili è gestito dai giudei, essi possiedono osterie, poderi, villaggi, beni per cui diventati padroni, non solo fanno lavorare i cristiani senza posa, esercitando un dominio crudele e disumano su di essi. Inoltre dopo aver accumulato una grande somma di denaro, con l'usura prosciugano le ricchezze e i patrimoni dei cristiani".
6) Pio IX: - egli chiama gli ebrei "cani", divenuti tali da "figli" che erano, per la loro durezza e incredulità.. Il Pontefice continua definendoli "bovi", che "non conoscono Dio ed aggiunge "popolo duro e sleale, come si vede anche dai suoi discendenti", che "faceva continue promesse a Dio e non le manteneva mai".
Inoltre papa Mastai stabilisce un parallelo tra la chiesa del suo tempo e quella delle origini, asserendo "le tempeste che l'assalgono sono le stesse sofferte alle sue origini; allora erano mosse dai pagani, dagli gnostici e dagli ebrei e gli ebrei vi sono ancora presentemente. Quindi ricorre all'espressione apocalittica "Sinagoga di Satana" per meglio identificarli.
7) Pio XI: "Il Verbo doveva prendere carne da un popolo che poi lo avrebbe confitto in Croce". Lo stesso Pio XI nella famosa "enciclica nascosta" (HUMANI GENERIS UNITAS), scritta come risposta al deleterio razzismo nazista (alla faccia di chi in questo forum parla a vanvera!), che non fu promulgata a causa della morte del Papa avvenuta il 10 febbraio 1939, scriveva "la vera natura della separazione sociale degli ebrei dal resto dell'umanità, ha un carattere religioso e non razziale. La questione ebraica non è una questione di razza, né di nazione ma di religione e, dopo la venuta di cristo, una questione di cristianesimo (') Il popolo ebreo ha messo a morte il suo Salvatore (') Constatiamo in questo popolo un'inimicizia costante rispetto al cristianesimo. Ne risulta una tensione perpetua tra ebrei e cristiani mai sopita. Il desiderio di vedere la conversione di tale popolo non acceca la Chiesa sui pericoli ai quali il contatto con gli ebrei può esporre le anime. Fino a che persiste l'incredulità del popolo ebraico la Chiesa deve prevenire i pericoli che questa incredulità potrebbe creare per la fede e i costumi dei fedeli".
E ancora:
... Occorre quindi fare una distinzione - scrive il card. Faulhaber - fra: “Il popolo dell’Israele anteriore alla morte di Cristo e quello posteriore alla sua morte. Prima della morte di Cristo, negli anni tra la vocazione di Abramo e la pienezza dei tempi, il popolo d’Israele fu il depositario della Rivelazione. Lo Spirito di Dio suscitò e illuminò degli uomini, i quali per mezzo della Legge mosaica, dettero ordinamento alla vita religiosa e civile [...]. Le mie prediche si occuperanno soltanto di questo Israele degli antichi tempi [e non d’Israele post-cristiano e talmudico, nda].
Dopo la morte di Cristo, Israele fu licenziato dal servizio della Rivelazione. I figli di quel popolo non avevano riconosciuto l’ora della visita divina; avevano rinnegato e rigettato l’Unto del Signore, l’avevano condotto fuori della città e l’avevano confitto in croce.
Allora [...] cadde il patto tra il Signore e il suo popolo.
In secondo luogo dobbiamo distinguere tra le Scritture dall’Antico Testamento e gli scritti talmudici del giudaismo posteriore [l’Antico Testamento è buono ma imperfetto ed è perfezionato dal Nuovo Testamento ; mentre il Talmùd è cattivo ed essenzialmente anticristiano e antimosaico, nda] [...].
In terzo luogo dobbiamo fare una distinzione, anche internamente alla Bibbia dell’Antico Testamento, tra ciò che ebbe un valore transitorio, e ciò che doveva avere un valore eterno”.
I valori eterni dell’Antico Testamento
“È un dato di fatto [...] che in nessun altro popolo dell’antichità pre-cristiana quanto nell’antico popolo biblico, si ritrova una schiera così numerosa di uomini spiritualmente sublimi […]. In nessun altro popolo si ritrova una serie di scritture, in cui così chiaramente, così distintamente, così coerentemente siano esposte le verità fondamentali della vita religiosa, come nel Pentateuco mosaico [...] nei libri di Samuele e dei Re [...] nei libri delle Cronache, [...] nel libro di Giobbe, [...] nei Salmi, [...] nei libri Sapienziali, [...] nei libri dei [...] Profeti [...] e dei Maccabei. Oggi, poiché la storia e gli scritti degli altri popoli dell’epoca pre-cristiana sono già esplorati, la storia delle religioni a confronti fatti può rivolgere al popolo del Giordano una testimonianza di questo genere: Tu li hai superati tutti, grazie al tuo livello religioso”.
Ma il giudaismo pre-cristiano non ha prodotto da sé questi valori, bensì per grazia speciale di Dio. E se qualcuno domandasse perché Dio ha scelto proprio il popolo ebraico, “di dura cervice”, gli risponderemmo con S. Agostino: “Quare hunc trahat et illum non trahat, noli velle scrutare si non vis errare ”. È il mistero della predestinazione, dei singoli e dei popoli, che sorpassa ogni intendimento umano; esso resta un segreto della grazia elettiva di Dio. Non è la nostra bontà che attira Dio, ma è l’amore che Egli ci porta che ci rende finitamente e limitatamente “buoni”.
Un’obiezione: il sacrificio di Abramo
Dio non ha chiesto ad Abramo un sacrificio umano; Egli volle soltanto sottoporre il capostipite ad una prova, per vedere se avrebbe perseverato nella fede e nell’obbedienza, anche in circostanze difficili.
Due gravi ammonizioni
Innanzitutto - il porporato tedesco ricorda - che i cristiani non mettono l’Antico Testamento e il Nuovo sullo stesso piano, il N.T. deve essere messo al posto d’onore; tuttavia bisogna tener ben fermo che anche l’A.T. è ispirato da Dio.
“Ma il cristianesimo, per aver ricevuto le Antiche Scritture non è affatto diventato una religione giudaica, poiché questi libri non sono stati composti da giudei , bensì sono stati ispirati dallo Spirito di Dio e perciò sono parola di Dio [...]. L’alienazione dei giudei di oggi non deve essere estesa ai libri del giudaismo pre-cristiano” .
Inoltre con Cristo non conta più la parentela di sangue ma quella della fede; quindi non importa se Cristo è ariano o giudeo. È importante sapere se Cristo è ‘cristiano’ e se noi siam diventati membra di Cristo mediante il battesimo e la fede vivificata dalla carità. S. Paolo scrive: “ In Cristo Gesù non ha alcun valore né il giudaismo in sé, né il non giudaismo, bensì soltanto la nuova creatura” (Gal. VI, 15).
...
La pietra angolare tra giudaismo e cristianesimo
Gesù Cristo è la pietra che unisce, come pietra d’angolo, il mosaismo e il cristianesimo. Ma nonostante tutte le grazie, che Dio ha concesso a Israele, esso non ha voluto riconoscere l’ora della sua visita. Egli fu “segno di contraddizione”, e solo un piccolo gruppo o “reliquia” (come la chiama S. Paolo) di Apostoli e di altri discepoli lo seguì, mentre la maggior parte del popolo si allontanò dal Messia. Gesù prese commiato, seppur con dolore, dall’Antico Patto, infranto da Israele, e ne istituì uno, Nuovo ed Eterno, con i pagani.
G. Ricciotti, introduzione a Michael von Faulhaber, Giudaismo, Cristianesimo, Germanismo, Brescia, Morcelliana, 1934, pag. 15 e 18.
G. Ricciotti, intr. a Michael von Faualhber, pagg. 7-9.
M. von Faulhaber, op. cit., pagg. 25-31.
Inoltre:
ALLEANZA DI CRISTO E DELLA CHIESA
Il grande Mistero dell'Alleanza del Figlio di Dio con la sua Chiesa universale, rappresentata nell'Epifania dai tre Magi, fu intravisto in tutti i secoli che precedettero la venuta dell'Emmanuele.
Dapprima lo fece risuonare la voce dei Patriarchi e dei Profeti, e la stessa Gentilità vi rispose spesso con un'eco fedele.
Fin dal giardino delle delizie, Adamo innocente esclamava, alla vista della Madre dei viventi uscita dal suo costato: "Ecco l'osso delle mie ossa, la carne della mia carne: l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà alla propria sposa: e saranno due in una sola carne". La luce dello Spirito Santo penetrava allora l'anima del nostro progenitore; e - secondo i più profondi interpreti dei misteri della Scrittura, Tertulliano, sant'Agostino, san Girolamo - celebrava l'Alleanza del Figlio di Dio con la Chiesa, uscita attraverso l'acqua e il sangue dal suo costato squarciato sulla croce; con la Chiesa, per il cui amore egli discese dalla destra del Padre, e umiliandosi fino alla forma di servo, sembrava aver lasciato la Gerusalemme celeste per abitare in mezzo a noi in questa dimora terrena.
Il secondo padre del genere umano, Noè, dopo aver visto l'arcobaleno che annunciava nel cielo il ritorno dei favori di Dio, profetizzò sui suoi tre figli l'avvenire del mondo. Cam aveva meritato la disgrazia del padre; Sem sembrò per un momento il preferito: era destinato all'onore di veder uscire dalla sua stirpe il Salvatore della terra; tuttavia il Patriarca, leggendo nell'avvenire, esclamò: "Dio allargherà l'eredità di Jafet, ed abiterà sotto le tende di Sem". E cosi vediamo a poco a poco nel corso dei secoli l'antica Alleanza con il popolo d'Israele indebolirsi e quindi rompersi; le stirpi semitiche vacillare e presto cadere nell'infedeltà, e infine il Signore abbracciare sempre più strettamente la famiglia di Jafet, la gentilità occidentale, così a lungo abbandonata, porre per sempre nel suo seno la Sede della religione, e costituirla a capo di tutta la specie umana.
Più tardi, è Dio stesso che si rivolge ad Abramo, e gli predice l'innumerevole generazione che deve uscire da lui. "Guarda il cielo - gli dice - conta le stelle, se puoi: così sarà il numero dei tuoi figli". Infatti - come ci insegna l'Apostolo - la famiglia uscita dalla fede del. Padre dei credenti doveva essere più numerosa di quella ch'egli aveva generata attraverso Sara; e tutti quelli che hanno ricevuto la fede del Mediatore, tutti quelli che, avvertiti dalla Stella, sono venuti a lui come al loro Signore, tutti questi sono figli di Abramo.
Il mistero compare ancora nel seno stesso della sposa di Isacco. Essa sente intimorita due figli combattersi nelle sue viscere. Rebecca allora si rivolge al Signore, e si sente rispondere: "Due popoli sono nel tuo seno: essi si attaccheranno l'un l'altro; il secondo sopraffarrà il primo, e il maggiore servirà il minore". Orbene, il minore, questo figlio indomito, chi è - secondo l'insegnamento di san Leone e del Vescovo d'Ippona - se non quel popolo gentile che lotta con Giuda per avere la luce, e che, semplice figlio della promessa, finisce con l'avere la meglio sul figlio secondo la carne?
Ora è Giacobbe che, sul letto di morte, circondato dai suoi dodici figli, padri delle dodici tribù d'Israele, affida in maniera profetica a ciascuno il suo compito nell'avvenire. Il preferito è Giuda, perché egli sarà il re dei fratelli, e dal suo sangue glorioso uscirà il Messia. Ma l'oracolo finisce per essere tanto terribile per Israele quanto consolante per tutto il genere umano. "Giuda, tu reggerai lo scettro; la tua stirpe sarà una stirpe di re ma soltanto fino al giorno in cui verrà Colui che deve essere mandato, Colui che sarà l'atteso delle genti".
Dopo l'uscita dall'Egitto, quando il popolo d'Israele entrò in possesso della terra promessa, Balaam esclamava, con lo sguardo rivolto verso il deserto popolato delle tende e dei padiglioni di Giacobbe: "Io lo vedrò, ma non ancora; lo contemplerò, ma più tardi. Una Stella uscirà da Giacobbe; un reame si leverà in mezzo a Israele". Interrogato ancora dal re infedele, Balaam aggiunse: "Oh, chi vivrà ancora quando Dio farà queste cose? Verranno dall'Italia su delle galee, sottometteranno gli Assiri, devasteranno gli Ebrei, e infine essi stessi periranno". Ma quale impero costituirà questo impero di ferro e di carneficine? Quello di Cristo che è la Stella, e che è il solo Re per sempre.
David è pregno dei presentimenti di quel giorno. Ad ogni pagina celebra la regalità del suo figlio secondo la carne; ce lo mostra armato di scettro e cinto di spada, consacrato al padre dei secoli e nell'atto di estendere il suo dominio dall'uno all'altro mare; quindi conduce ai suoi piedi i Re di Tarsi e delle isole lontane, i Re d'Arabia e di Saba, i Principi d'Etiopia. E celebra le loro offerte d'oro e le loro adorazioni.
Nel suo meraviglioso epitalamio, l'autore del Cantico dei Cantici passa quindi a descrivere le delizie dell'unione celeste dello Sposo divino con la Chiesa; e questa Sposa fortunata non è la Sinagoga. Cristo la chiama per incoronarla; ma la sua voce si rivolge a colei che era al di là dei confini della terra del popolo di Dio. "Vieni - egli dice - mia sposa, vieni dal Libano; scendi dalle vette di Amana, dalle alture di Samir e d'Ermon; esci dagli impuri rifugi dei draghi, lascia le montagne abitate da leopardi". E la figlia del Faraone non teme di dire: "Sono nera", perché può aggiungere che è stata resa bella dalla grazia del suo Sposo.
Si leva quindi il Profeta Osea, e dice in nome del Signore: "Ho scelto un uomo, e d'ora in poi non mi chiamerà più Baal. Toglierà dalla sua bocca il nome di Baal, e non se ne ricorderà più. Mi unirò a te per sempre, o uomo nuovo! Seminerò la tua stirpe per tutta la terra; avrò pietà di colui che non aveva conosciuto la misericordia; a quello che non era il mio popolo dirò: Popolo mio! E mi risponderà: Dio mio!".
Anche Tobia a sua volta profetizzò eloquentemente, dal seno della cattività, ma la Gerusalemme che deve ricevere i Giudei liberati da Ciro scompare ai suoi occhi, alla visione d'un'altra Gerusalemme più splendente e più bella. "I nostri fratelli che sono dispersi - egli dice - ritorneranno nella terra d'Israele; la casa di Dio sarà ricostruita. Tutti quelli che temono Dio. verranno a rifugiarvisi; anche i Gentili lasceranno i loro idoli, e verranno a Gerusalemme, e vi abiteranno, e tutti i re della terra accorsi per adorare il Re di Israele vi fisseranno contenti la loro dimora".
E se le genti debbono essere frantumate nella giustizia di Dio per i loro delitti, è solo per arrivare quindi alla felicità d'una alleanza eterna con Dio. Perché ecco quanto egli stesso dice per bocca del suo Profeta Sofonia:
"La mia giustizia sta nel radunare le genti e riunire in fascio i regni; ed affonderò su di esse la mia indignazione e il fuoco della mia ira; e tutta la terra ne sarà divorata. Ma poi darò ai popoli una lingua eletta, affinché invochino tutti il nome del Signore, e portino tutti insieme il mio giogo. Fino al di là dei fiumi dell'Etiopia essi m'invocheranno, e i figli delle mie stirpi disperse verranno a portarmi degli splendidi doni".
Il Signore aveva già proclamato i suoi oracoli di misericordia per bocca di Ezechiele: "Un solo Re comanderà a tutti, dice Dio, non vi saranno più due nazioni ne due regni. Essi non si contamineranno più coi loro idoli; nei luoghi stessi dove hanno peccato, io li salverò; e saranno il mio popolo, e io sarò il loro Dio. Non vi sarà più che un solo Pastore per tutti loro. Farò con essi un'alleanza di pace, un patto eterno; li moltiplicherò, e il mio santuario sarà per sempre in mezzo ad essi".
Per questo Daniele, dopo aver predetto gli Imperi che l'Impero Romano doveva sostituire, aggiunge: "Ma il Dio del cielo susciterà a sua volta un Impero che non sarà mai distrutto, e il cui scettro non passerà a nessun altro popolo. Questo impero sorpasserà tutti quelli che l'hanno preceduto, e durerà in eterno".
Quanto ai perturbamenti che devono precedere l'avvento del Pastore unico e di quel santuario eterno che deve sorgere nel centro stesso della Gentilità, Aggeo li predice in questi tèrmini: "Ancora un poco, e scuoterò il cielo, la terra e il mare; mescolerò tutte le genti; e allora verrà il Desiderato di tutte le genti".
Bisognerebbe citare qui tutti i Profeti per dare la rappresentazione completa del grande spettacolo promesso al mondo dal Signore il giorno in cui, ricordandosi dei popoli, doveva chiamarli ai piedi del suo Emmanuele. La Chiesa ci fa ascoltare Isaia nell'Epistola della Festa e il figlio di Amos ha superato i suoi fratelli.
Se ora prestiamo l'orecchio alle voci che salgono verso di noi dal seno della Gentilità, sentiamo quel grido d'attesa, l'espressione di quel desiderio universale che avevano annunciato i Profeti ebrei. La voce delle Sibille ridestò la speranza nel cuore dei popoli, e perfino nel cuore della stessa Roma il Cigno di Mantova consacra i suoi versi più belli a riprodurre i loro consolanti oracoli: "È giunta - egli dice - l'ultima era, l'era predetta dalla Vergine di Cuma; sta per aprirsi una nuova serie di anni, e una nuova stirpe scende dal cielo. Alla nascita di questo Bambino, l'età del ferro finisce, e un popolo d'oro si appresta a scoprire la terra. Saranno cancellate le tracce dei nostri delitti, e svaniranno le paure che opprimono il mondo".
E come per rispondere con sant'Agostino e tanti altri santi Dottori ai vani scrupoli di coloro che esitano a riconoscere la voce delle tradizioni antiche che si manifesta per bocca delle Sibille, Cicerone, Tacito, Svetonio, filosofi e storici gentili vengono ad attestarci che il genere umano, ai loro tempi, aspettava un Liberatore; che questo Liberatore doveva uscire non soltanto dall'Oriente, ma dalla Giudea; che erano sul punto di avverarsi i destini d'un Impero che doveva contenere il mondo intero.
dom Prosper Gueranger
Quando Gesù dice: "Prendete, questo è il mio corpo" sta dicendo: questo rappresenta la mia Persona, tutto quello che Io ho fatto in questa vita per voi. Mosè versava il sangue sull'altare e sul popolo ma Gesù prende il calice e dice: "Prendete e bevetene tutti, questo è il sangue della Mia Alleanza".
È finita l'antica alleanza.
Il sangue rappresenta la persona in quanto si dona e il dono finale è la morte. Il sangue sparso è la morte violenta che Gesù patisce e che accetta volontariamente; è il Suo atto in cui culmina il Suo dono per l'umanità, la Sua offerta d'Amore per tutti gli uomini, non soltanto per il gruppo ma per l'intera umanità.
Questo sangue è quello che crea il vincolo tra Dio e il popolo, però non è un vincolo esterno come quello di Mosè che asperse di sangue l'altare, ma è un vincolo interiore perché questo sangue assimilato e accettato è quello che dà il dono dello Spirito. Il vincolo è interno e l'uomo è vincolato a Dio perché possiede dentro di sé la Vita stessa di Dio.
Ai Dodici provenienti dal giudaismo fa comprendere che l'alleanza antica non c'è più, è finita. L'antica alleanza non serve più, ora c'è la nuova nata dal Sangue di Cristo.
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“Tantum ergo Sacramentum veneremur cernui, et antiquum documentum novo cedat ritui; praestet fides supplementum sensuum defectui”.
“Adoriamo il Sacramento che Dio Padre ci donò.
Nuovo patto, nuovo rito nella fede si compì.
Al mistero è fondamento la parola di Gesù”.
(Inno di San Tommaso d’Aquino)
“Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”.
“Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per molti in remissione dei peccati. "
Con le parole di Cristo Gesù, unico Sacerdote della Nuova ed eterna Alleanza, l’Antica Alleanza aveva ceduto il posto ad una Nuova ed eterna Alleanza.
Nel Libro dell’Esodo si descrive la notte nella quale avvenne per gli Israeliti la liberazione dall’Egitto attraverso il sangue dell’agnello pasquale, col quale i figli di Israele avevano segnato gli stipiti e gli architravi delle loro case. L’angelo della morte, che quella notte passò per l’Egitto, colpì tutti i primogeniti degli Egiziani, risparmiando quelli degli Ebrei, le cui abitazioni erano contrassegnate dal sangue dell’agnello. Questa, che fu l’ultima tra le cosiddette piaghe d’Egitto, determinò la liberazione d’Israele dalla schiavitù del faraone. Gli Israeliti furono liberati a prezzo del sangue dell’agnello.
Anche gli Apostoli, nel mangiare la Pasqua insieme con Cristo, conservavano vivo nella mente il ricordo di quegli eventi.
Essi sapevano, però, che l’Antica Alleanza doveva ormai cedere il posto alla Nuova.
Lo avevano appreso dalle labbra del Maestro: questa volta, però, il sangue sarebbe stato quello dell’Agnello di Dio. Gesù non era stato chiamato proprio così da Giovanni Battista, sul Giordano? “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”.
Con la condanna a morte in croce si compirà quindi la Nuova Alleanza, sancita nel sangue dell’Agnello.
e per finire:
ESSIONE XI (4 febbraio 1442) Concilio di Firenze
Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria.
Cantate al Signore, perché ha fatto cose magnifiche: annunziatelo per tutta la terra. Godi e lodalo, abitante di Sion, perché è grande, in mezzo a te, il santo di Israele (85). E’ davvero giusto che la chiesa di Dio canti e si rallegri nel Signore per questo grande splendore e gloria del suo nome, che Dio clementissimo si è degnato di compiere oggi. Conviene, infatti, lodare e benedire con tutto il cuore il Salvatore nostro, che ogni giorno accresce la sua santa chiesa con nuove aggiunte. E quantunque sempre i suoi benefici verso il popolo cristiano siano molti e grandi, - ed essi ci dimostrano più chiaramente della luce la sua immensa carità verso di noi - tuttavia, se consideriamo più attentamente quali meraviglie in questi ultimissimi tempi la divina clemenza si è degnata operare, dovremo certamente costatare che i doni del suo amore sono stati più numerosi e più grandi in questo nostro tempo che in molte altre età passate.
Ecco, infatti, che in meno di un triennio il signore nostro Gesù Cristo con la sua inesauribile pietà ha realizzato in questo santo sinodo ecumenico, la salutarissima unione di tre grandi nazioni, a comune, perenne gaudio di tutta la cristianità; per cui quasi tutto l'oriente, che adora il glorioso nome di Cristo, e non piccola parte del settentrione, dopo Lunghi dissidi, condividono con la santa chiesa romana lo stesso vincolo di fede e di carità.
Prima, infatti, si sono uniti alla sede apostolica i Greci e quelli che dipendono dalle quattro sedi patriarcali, che comprendono molte genti e nazioni e lingue; poi gli Armeni, gente dai molti popoli; oggi, i Giacobiti, grandi popoli dell'Egitto.
E poiché niente potrebbe esser più grato al nostro Salvatore e signore Gesù Cristo della mutua carità, e niente più glorioso per il suo nome e più utile per la chiesa che i cristiani, rimossa tra loro ogni divisione, convengano nella stessa fede, giustamente noi tutti dobbiamo cantare dalla gioia e giubilare nel Signore; noi, che la divina misericordia ha fatto degni di vedere in questi tempi tanta magnificenza della fede cristiana.
Annunziamo, quindi, con animo gioioso queste meraviglie in tutto il mondo cristiano, perché, come noi per la gloria di Dio e l'esaltazione della chiesa siamo stati inondati da ineffabile gaudio, cosi anche gli altri partecipino di tanta letizia; e tutti, ad una sola bocca, magnifichiamo e lodiamo Dio (86) e rendiamo, com'è giusto, grandi grazie, ogni giorno, alla sui maestà per tanti e cosi mirabili benefici concessi in questa età alla sua chiesa.
E poiché, inoltre, chi compie l'opera di Dio diligentemente, non solo deve aspettarsi il compenso e la retribuzione nei cieli, ma merita anche una grande gloria e lode presso gli uomini, crediamo che il venerabile fratello nostro Giovanni, patriarca dei Giacobiti, che ha tanto desiderato questa santa unione, a buon diritto debba esser lodato da noi e da tutta la chiesa e innalzato e giudicato degno, con tutta la sua gente della comune benevolenza di tutti i cristiani.
Egli, sollecitato per mezzo di un nostro inviato e di lettere, perché mandasse una legazione a noi e a questo sacro concilio e si unisse con la sua gente a questa sede romana nella stessa fede, ha destinato a noi e allo stesso sinodo il diletto figlio Andrea, egiziano, abate del monastero di S. Antonio in Egitto, nel quale si dice che abbia dimorato e sia morto lo stesso S. Antonio, noto per la sua pietà e i suoi costumi. E, acceso di zelo per la religione, gli impose e gli ordinò di accettare con riverenza, a nome del patriarca e dei suoi Giacobiti, la dottrina di fede che professa e predica la santa romana chiesa e di portarla, poi, allo stesso patriarca e ai Giacobiti, perché potessero conoscerla e approvarla e predicarla nelle loro regioni.
Noi, quindi, incaricati dalla vocedel Signore di pascere le pecore del Cristo (87) abbiamo fatto esaminare diligentemente questo abate Andrea da alcuni insigni membri di questo sacro concilio sugli articoli della fede, i sacramenti della chiesa e tutto ciò che riguarda la salvezza; e alla fine, esposta allo stesso abate - per quanto necessario - la fede cattolica della santa chiesa romana, da lui umilmente accettata, oggi, in questa solenne sessione, con l'approvazione del sacro concilio ecumenico fiorentino, gli abbiamo affidato, nel nome del Signore, la dottrina che segue, vera e necessaria.
In primo luogo, dunque, la sacrosanta chiesa romana, fondata dalla voce del nostro Signore e Salvatore, crede fermamente, professa e predica un solo, vero Dio, onnipotente, incommutabile, eterno: Padre, Figlio e Spirito santo; uno nell'essenza, trino nelle persone; Padre, non generato, Figlio, generato dal Padre, Spirito santo, procedente dal Padre e dal Figlio; crede che il Padre non è il Figlio o lo Spirito santo, che il Figlio non è il Padre o lo Spirito Santo che lo Spirito santo non è il Padre o il Figlio; ma che il Padre è solo Padre, il Figlio, solo Figlio, lo Spirito santo, solo Spirito santo. Solo il Padre ha generato il Figlio dalla sua sostanza; solo il Figlio è stato generato dal solo Padre; solo lo Spirito santo procede nello stesso tempo dal Padre e dal Figlio. Queste tre persone sono un solo Dio, non tre Dei poiché una sola è la sostanza una l'essenza, una la natura, una la divinità, una l'immensità, una l'eternità di tutti e tre, tutti sono uno, dove non si opponga la relazione. Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio e tutto nello Spirito santo; il Figlio è tutto nel Padre e tutto nello Spirito santo; lo Spirito santo è tutto nel Padre e tutto nel Figlio. Nessuno precede l'altro per eternità, o lo sorpassa in grandezza, o lo supera per potenza: è eterno, infatti, e senza principio che il Figlio ha origine dal Padre; ed eterno e senza principio, che lo Spirito santo procede dal Padre e dal Figlio. Tutto quello che il Padre è od ha, non lo ha da un altro, ma da sé; ed è principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è od ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito santo è od ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme; ma il Padre ed il Figlio non sono due principi dello Spirito santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non sono tre principi della creatura, ma un solo principio.
Essa condanna, perciò, riprova e anatematizza tutti quelli che credono diversamente e contrariamente e li dichiara solennemente estranei al corpo di Cristo, che è la chiesa. Condanna, quindi, Sabellio, che confonde le persone e toglie del tutto la distinzione reale di esse; condanna gli Ariani, gli Eunomiani, i Macedoniani, che affermano che solo il Padre è vero Dio, e collocano il Figlio e lo Spirito santo nell'ordine delle creature. Condanna anche qualunque altro, che ponga dei gradi o l'ineguaglianza nella Trinità.
Crede fermissimamente, ritiene e predica che un solo, vero Dio, Padre, Figlio e Spirito santo, è il creatore di tutte le cose visibili e invisibili, il quale, quando volle, creò per sua bontà tutte le creature, spirituali e materiali: buone, naturalmente, perché hanno origine dal sommo bene, ma mutevoli, erché fatte dal nulla; ed afferma che non vi è natura cattiva in sé stessa, perché ogni natura, in quanto tale, è buona.
Essa confessa che un solo, identico Dio è autore dell'antico e dei nuovo Testamento, cioè della legge e dei profeti, e del Vangelo, perché i santi dell'uno e dell'altro Testamento hanno parlato sotto l'ispirazione del medesimo Spirito santo. Essa accetta e venera i loro libri, che sono indicati da questi titoli: I cinque di Mosè, cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth, i 4 dei Re, i 2 dei Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester Giobbe, Salmi di David, Parabole, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele, Daniele, i 12 Profeti minori, e cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i 2 dei Maccabei, i 4 Evangeli: di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni; le 14 lettere di S. Paolo: ai Romani, le 2 ai Corinti, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, le 2 ai Tessalonicesi, ai Colossesi, le 2 a Timoteo, a Tito, a Filemone, agli Ebrei; le 2 di Pietro, le 3 di Giovanni; 1 di Giacomo; 1 di Giuda; gli Atti degli Apostoli, e l'Apocalisse di Giovanni. Essa anatematizza, quindi, la pazzia dei Manichei, che ammettevano due primi principi, uno delle cose visibili, l'altro delle invisibili e dicevano che altro è il Dio del nuovo Testamento, altro quello dell'antico. Crede fermamente, professa e predica che una delle persone della Trinità, vero figlio di Dio, generato dal Padre, consostanziale al Padre e coeterno con lui, nella pienezza dei tempi, stabilita dalla inscrutabile profondità del divino consiglio, ha assunto la vera e completa natura umana nel seno immacolato della vergine Maria per la salvezza del genere umano; e che ha unito a sé questa natura in una unità personale cosi stretta, che tutto quello che è di Dio non è separato dall'uomo, e quello che è proprio dell'uomo non è diviso dalla divinità; ed è un essere solo ed indiviso, pur rimanendo l'una e l’altra natura con le sue proprietà; Dio e uomo; Figlio di Dio e figlio dell'uomo; uguale al Padre secondo la divinità, minore del Padre secondo l'umanità; immortale ed eterno, per la natura divina, soggetto alla sofferenza e al tempo per la condizione umana che ha assunto. Crede fermamente, professa e predica che il Figlio di Dio è veramente nato dalla Vergine, nell'umanità che ha assunto; che in essa ha veramente sofferto, è veramente morto ed è stato sepolto, è veramente risorto dai morti, è asceso al cielo, siede alla destra del Padre, e verrà alla fine dei secoli a giudicare i vivi e i morti. Essa anatematizza, quindi, detesta e condanna ogni eresia che professi dottrine contrarie a queste.
E prima di tutti condanna Ebione, Cerinto, Marcione, Paolo di Samosata, Fotino e tutti quelli che proferiscono simili bestemmie, i quali, non riuscendo a comprendere l'unione personale dell'umanità col Verbo, negano che Gesù Cristo, nostro Signore, sia vero Dio e lo ritennero semplice uomo: un uomo, cioè che per una più intensi partecipazione alla grazia divina - che avrebbe ricevuto per merito di una vita più santa - sarebbe detto uomo divino.
Anatematizza anche Manicheo con i suoi seguaci, i quali fantasticando che il Figlio di Dio non ha assunto un corpo vero, ma apparente, annullarono del tutto, nel Cristo, la verità dell'umanità. Ed inoltre Valentino, il quale afferma che il Figlio di Dio non ha ricevuto nulla dalla Vergine Madre, ma che ha assunto un corpo celeste e che è passato per il seno della Vergine, proprio come l'acqua scorre attraverso un acquedotto. Ed Ario, il quale afferma che il corpo assunto dalla Vergine non avesse l'anima e pone al posto di essa la divinità. Ed Apollinare, il quale, ben comprendendo che, se si negasse che l'anima informa il corpo, non potrebbe più parlarsi nel Cristo di vera umanità, pone in lui solo l'anima sensitiva e, quindi, la deità del Verbo sostituirebbe l'anima razionale.
Anatematizza anche Teodoro di Mopsuestia e Nestorio, i quali affermano che l'umanità è unita al Figlio di Dio per mezzo della grazia, e che quindi in Cristo vi sono due persone, come ammettono esservi due nature. Essi non riuscirono a comprendere che l'unione dell'umanità col Verbo è ipostatica, e negarono, quindi, che essa abbia avuto la sussistenza del Verbo. Secondo questa bestemmia, infatti, il Verbo non si è fatto carne, ma per mezzo della grazia ha abitato ne a carne e cioè non il Figlio di Dio si è fatto uomo ma, piuttosto, il Figlio di Dio ha abitato nell'uomo.
Anatematizza pure, detesta e condanna Eutiche, archimandrita. Questi comprese che secondo la bestemmia di Nestorio veniva annullata la verità dell'incarnazione e che, quindi, era necessario che l'umanità fosse unita al Verbo di Dio in modo che vi fosse una sola persona per la divinità e per l'umanità. Non potendo però capire l'unità della per- sona, stante la pluralità delle nature, e quindi, che in Gesù Cristo una sola fosse la persona per la divinità e per l'umanità, ammise una sola natura: ammise, cioè, che prima dell'unione vi fossero due nature, ma che esse nell'assunzione si fossero trasformate in una sola natura, ammettendo, con orrenda bestemmia e somma empietà, che o l'umanità si era trasformata nella divinità, o la divinità nella umanità. Anatematizza ancora, detesta e condanna Macario di Antiochia e tutti quelli che seguono dottrine simili. Questi, non ostante che avesse una giusta opinione delle due nature e dell’unità della persona, errò tremendamente, però, circa le operazioni di Cristo: disse, infatti, che delle due nature, in Cristo, una sola era l'operazione e la volontà.
La sacrosanta chiesa romana li condanna tutti questi con le loro eresie, e afferma che in Cristo due sono le volontà e due le operazioni. Crede fermamente, professa e insegna che nessuno, concepito dall'uomo e dalla donna, sia stato mai liberato dal dominio del demonio, se non per la fede in Gesù Cristo, nostro Signore, mediatore tra Dio e gli uomini (88). Questi, concepito, nato e morto Senza peccato, ha vinto da solo il nemico del genere umano cancellando i nostri peccati con la sua morte, ed ha riaperto l'ingresso al regno celeste, che il primo uomo col suo peccato aveva perduto con tutti i suoi successori. Tutti i santi sacrifici, i sacramenti e le cerimonie dell'antico Testamento prefigurarono che egli un giorno sarebbe venuto.
Crede fermamente, conferma e insegna che le prescrizioni legali dell'antico Testamento, cioè della legge mosaica, che si dividono in cerimonie, santi sacrifici e sacramenti proprio perché istituite per significare qualche cosa di futuro, benché fossero adeguate al culto divino in quella età, venuto,
però, nostro signore Gesù Cristo, da esse significato, sono cessate e sono cominciata i sacramenti della nuova alleanza. Chiunque avesse riposto in quelle la sua speranza e si fosse assoggettato ad esse anche dopo la passione, quasi fossero necessarie alla salvezza e la fede nel Cristo non potesse salvare senza di esse, pecca mortalmente. Non nega, tuttavia, che dalla passione di Cristo fino alla promulgazione evangelica, esse potessero osservarsi, senza pensare con ciò minimamente che fossero necessarie alla salvezza. Ma da quando è stato predicato il Vangelo, esse non possono più osservarsi, pena la perdita della salvezza eterna.
Essa, quindi, dichiara apertamente che, da quel tempo, tutti quelli che osservano la circoncisione, il sabato e le altre prescrizioni legali, sono fuori della fede di Cristo, e non possono partecipare della salvezza eterna, i meno che non si ricredano finalmente dei loro errori. Ancora, comanda assolutamente a tutti quelli che si gloriano del nome di cristiani, che si deve cessare dal praticare la circoncisione sia prima che dopo il battesimo perché, che vi si confidi o meno, non si può in nessun modo praticarla senza perdere la salvezza eterna.
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spero di essere stato esaustivo