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Vilnus: l’Ucraina non firma, Unione Europea sconfitta

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2024 21:12
12/04/2014 01:15
 
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Donetsk e Lugansk, implode l’Ucraina

Dal 6-7 aprile la situazione nelle zone sud-orientali dell’Ucraina evolve con velocità sorprendente. I manifestanti di Kharkov, Donetsk e Lugansk si sono riuniti per “protestare nel giorno del riposo”. Ma questa volta non è andata come normalmente avviene prima che inizi un’altra settimana di lavoro. I manifestanti hanno continuato l’azione. A Kharkov, la prima capitale dell’Ucraina, hanno respinto l’attacco dei militanti di Fazione Destra, facendoli strisciare attraverso il “corridoio della vergogna”. Poi i manifestanti hanno sequestrato la sede dell’amministrazione regionale fino al mattino, quando l’edificio fu riconquistato dalle forze di polizia inviate da Kiev. E’ stato molto più difficile a Lugansk, città dei discendenti dei cosacchi del Don. In questo caso, i manifestanti hanno preso d’assalto l’ufficio del Servizio di Sicurezza ucraino (SBU), entrando in possesso di armi e pronti a respingere gli attacchi. C’erano molti ex-militari tra i manifestanti che hanno saputo condurre azioni di combattimento… Negli importanti eventi svoltisi a Donetsk, numerosi edifici amministrativi sono stati occupati, creando la “repubblica popolare” sovrana ed indipendente da Kiev, e proclamando il referendum sullo status della repubblica per l’11 maggio. I manifestanti hanno anche fatto appello a Mosca per inviare forze di pace nella regione. Marjupol, centro industriale e città portuale, è stata anche occupata da coloro che si oppongono al governo ad interim nella capitale. Kiev non può ignorare gli eventi. Agendo da forze anfibie, i politici di Kiev sbarcavano a frotte nei centri amministrativi, tra cui Julija Timoshenko, che non detiene cariche ufficiali. Alla conferenza stampa all’aeroporto, ha detto che i manifestanti sono mercenari e agenti dei servizi di sicurezza russi. Secondo informazioni confidenziali provenienti da ambienti governativi a Kiev, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina e Valentin Nalivajchenko, capo del Servizio di Sicurezza ucraino (SBU), insistono a che le proteste a Kharkov e Lugansk siano represse con la forza mentre vuote promesse devono minare il morale dei manifestanti di Donetsk. Dal crollo dell’Unione Sovietica, la Crimea è vista come elemento speciale territoriale dai deboli legami con la terraferma e pronta a “partire per la Russia” in qualsiasi momento.



Il caso è molto diverso per le regioni filo-russe come il Donbass. La loro secessione sembrava sempre improbabile perché erano profondamente integrate con il resto del Paese. Una cosa è tagliare l’istmo di Perekop e il ponte Chongar, altra è chiudere le molte miglia di frontiera terrestre con le regioni limitrofe. Tutte le regioni sud-orientali, che si oppongono a Kiev, hanno un potenziale industriale sviluppato; tagliare i rapporti economici con le altre regioni del Paese rappresentava una grave minaccia per il benessere del popolo. Ciò ha scoraggiato i manifestanti dal compiere passi decisi volti alla separazione dal resto dell’Ucraina. Ma la decisione di Kiev di chiudere le miniere del Donbass lasciando oltre 70 mila persone senza lavoro, è stato il punto di svolta. Inoltre, le altre simili misure di austerità draconiane e le minacce a russi e russofoni espresse dai politici, hanno aggiunto benzina al fuoco. In realtà, Donetsk e Lugansk, città che erano politicamente passive, hanno fatto implodere la situazione nel sud-est dell’Ucraina. Non è un caso che gli Stati Uniti diano tanta attenzione agli eventi che possano fare da esempio avviando una reazione a catena fino alle regioni centrali e settentrionali come Kherson, Nikolaev, Odessa, Dnepropetrovsk, Zaporozhe, Poltava, Sumy, Chernigov, Cherkassij, Kirovograd e la grande città di Kharkov. Gli eventi a Donetsk e Lugansk possono innescare proteste su larga scala contro il regime neo-nazista a Kiev, e poi un effetto domino farà crollare l’intera struttura costruita dai golpisti giunti al potere con il colpo di Stato auspicato dagli Stati Uniti.

Aleksandr Bojtsov, Strategic Culture Foundation
Traduzione: Alessandro Lattanzio
10/04/2014
aurorasito.wordpress.com/2014/04/10/donetsk-e-lugansk-limplode-l...
[Modificato da wheaton80 12/04/2014 01:16]
05/05/2014 22:18
 
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Nave americana Donald Cook disarmata dai russi, 27 marinai si dimettono



Mar Nero, altro smacco per le forze statunitensi. Il 10 aprile il cacciatorpediniere Donald Cook con missili Tomahawk a bordo è entrato nelle acque neutrali del Mar Nero. La comparsa delle navi da guerra americane in quel bacino è in contrasto con la Convenzione di Montreux. In risposta la Russia il 12 aprile, ha inviato un aereo disarmato SU-24 per il sorvolo del cacciatorpediniere americano. Nello stesso tempo, secondo il parere degli esperti, è stato dotato di un nuovissimo complesso russo da guerra radioelettronica. Secondo questa versione Aegis ha individuato da lontano un obiettivo volante, facendo scattare l’allarme. I radar americani hanno tracciato la traiettoria di avvicinamento al bersaglio. Improvvisamente tutti gli schermi si sono spenti, Aegis ha smesso di funzionare, i missili non erano in grado di ricevere segnali di puntamento. L’SU-24 invece nel frattempo ha sorvolato il ponte del cacciatorpediniere, ha fatto una virata da combattimento, simulando una attacco sul bersaglio. Poi ha fatto un’inversione, ripetendo la manovra. Ciò è stato ripetuto per ben 12 volte. Secondo i funzionari militari statunitensi l’equipaggio a bordo della Donald Cook ha fatto diversi tentativi per radio con l’aereo da guerra russo chiedendo al pilota quali erano le sue intenzioni e l’invio di avvisi di rimanere a distanza di sicurezza, ma il pilota russo non ha risposto. A quanto pare tutti i tentativi di rianimare Aegis e impartire l’ordine di puntamento per il sistema di difesa antiaerea sono falliti. Gli esperti hanno spiegato questo fatto con l’esistenza di essenziali difetti nel sofisticato sistema moderno di difesa antiaerea e antimissilistica americano Aegis. Si tratta di capacità di accompagnamento del bersaglio. Funzionano bene quando le navi sono più di una e c’è coordinamento. In questo caso il cacciatorpediniere era uno solo. Evidentemente l’algoritmo del funzionamento dei radar a bordo del cacciatorpediniere all’interno del sistema Aegis è stato messo fuori gioco dall’azione del sistema di soppressione radioelettronica istallata a bordo del SU-24. Aegis, innanzitutto la sua parte computeristica e radar, non ha funzionato come si deve. I mass media esteri riferiscono che dopo l’incidente Donald Cook è entrato d’urgenza in un porto in Romania. 27 uomini dell’equipaggio hanno inoltrato le richieste di congedo. Dicono che tutti i 27 uomini hanno scritto di non volere mettere a rischio le proprie vite. Ciò conferma indirettamente anche la dichiarazione del Pentagono, nella quale si affermava che l’azione ha demoralizzato l’equipaggio della nave americana. Il sistema, utilizzato dal SU-24 russo, con l’impiego del quale è stato messo in stato di shock il cacciatorpediniere americano Donald Cook, ha il nome convenzionale di Hibiny. E’ il nome di una catena montuosa sulla penisola di Kola oltre il Circolo polare artico. Hibiny è un sofisticatissimo complesso di soppressione elettronica dell’avversario che sarà istallato a bordo di tutti gli aerei russi in fase di realizzazione. Recentemente il complesso è stato testato per l’ennesima volta durante le esercitazioni in un poligono della Buryatia. A giudicare da tutto, i test sono stati coronati da successo poiché è stata presa la decisione di testare il complesso in condizioni avvicinate al massimo a quelle reali.



Il Sukhoi Su-24, nome in codice NATO Fencer è stato il bombardiere tattico a bassa quota delle forze aeree sovietiche durante l’ultima fase della guerra fredda, ma è ancora una macchina largamente diffusa in diversi continenti. Wikipedia

Fonti
italian.ruvr.ru/2014_04_27/Mar-Nero-e-il-marchio-nero-per-il-sistema-americano-Aeg...
en.wikipedia.org/wiki/USS_Donald_Cook_(DDG-75 )
indian.ruvr.ru/2014_04_21/Russian-Su-24-scores-off-against-the-American-USS-Donald-Co...

Angelo Iervolino
2 maggio 2014
lenewsdiangeloiervolino.altervista.org/blog/2832
05/05/2014 23:22
 
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La strage di Odessa e la stampa italiana: censura di guerra?



Il 2 maggio scorso a Odessa, a seguito di violenti scontri tra autonomisti/secessionisti e sostenitori del governo auto-proclamatosi di Kiev, un gruppo di manifestanti filo-russi disarmati si è rifugiato nel Palazzo dei Sindacati. Una folla composta da ultrà calcistici ed estremisti di destra, sostenitori del governo auto-proclamatosi, ha circondato il palazzo e l'ha incendiato con un fitto lancio di bombe molotov. Trentotto persone, intrappolate all'interno, sono rimaste uccise: arse vive, soffocate dal fumo o schiantate al suolo nel disperato tentativo di sfuggire alle fiamme lanciandosi dalla finestra (secondo testimoni oculari, i sopravvissuti alla caduta sarebbero stati linciati dagli assaltanti filo-occidentali). Questi i fatti come sono immediatamente emersi, al di là di ogni ragionevole dubbio, grazie a video incontrovertibili che mostrano gli ultrà filo-occidentali assaltare e incendiare il palazzo.

Eppure, per quasi un giorno intero la stampa italiana è stata incredibilmente vaga nel raccontare l'evento. Ancora la mattina del giorno seguente, si leggeva nel sito del "Corriere della Sera": "Trentotto persone sono morte in un incendio scoppiato nella città ucraina di Odessa e legato ai disordini tra manifestanti filo russi e sostenitori del governo di Kiev". Una formulazione che sembra costruita ad hoc per non lasciare intendere ai lettori che il rogo fosse doloso, né far capire chi fossero gli aggressori e chi le vittime. Il sito di "Repubblica" recitava, invece: "È di almeno 38 morti anche il bilancio delle vittime degli scontri tra separatisti e lealisti a Odessa, città portuale ucraina sul Mar Nero. "Uno di loro è stato colpito da un proiettile", ha riferito una fonte all'agenzia Interfax, "mentre per quel che riguarda gli altri non si conosce la causa della loro morte". La sede dei sindacati è stata data alle fiamme. Le persone sono morte nell'incendio. Gli scontri sono violentissimi". Qui la ricostruzione è confusa, perché mischia il resoconto del rogo coi precedenti scontri occorsi in città. Si ammette che il Palazzo dei Sindacati è stato arso volontariamente, ma si omette di specificare da parte di chi, e che le 38 vittime sono tutte di una singola fazione. Peggio faceva il sito de "L'Unità" che, addirittura, imputava l'incendio alle vittime: "Un numero consistente di persone ha perso la vita nell'incendio della sede dei sindacati, messa a fuoco dai separatisti filorussi".

Un grottesco ritratto di un presunto suicidio di massa, corretto dopo diverse ore ma non imputando la strage ai reali colpevoli, bensì lasciando indefinita l'identità di aggressori e vittime: "A Odessa, città portuale sul Mar Nero, separatisti e fedeli al governo di Kiev si sono scontrati armati di bastoni e sassi, ma sono stati sparati anche proiettili. I morti nelle violenze a Odessa sono almeno 38. Lo ha riferito il ministero dell'Interno ucraino. Un numero consistente di persone ha perso la vita nell'incendio della sede dei sindacati. "Si è trattato di un gesto criminale", ha affermato il governo, indicando che una trentina di persone è morta per l'intossicazione da fumo e altre 8 si sono schiantate al suolo dopo che si erano gettate dalle finestre dell'edificio per sfuggire alle fiamme". Di fronte alle prove schiaccianti dei video e delle testimonianze unanimi, quando ormai tutto il mondo riconosceva la matrice della strage, anche la stampa italiana ha corretto il tiro. Ma qui il fenomeno si fa non meno curioso (e increscioso). Quasi come da manuale, viene messa in atto quella manipolazione delle notizie che gli studiosi hanno riconosciuto nel triplice processo di agenda-setting (definizione delle priorità), priming (relazionamento dei contenuti a specifiche questioni) e framing (suggerimento delle interpretazioni). Si è già sottolineato come i governi, i media e le società civili occidentali (e specularmente quelli russi) abbiano affrontato in maniera opposta e incoerente i due casi della Libia 2011 e dell'Ucraina 2014. Nel 2011 la stampa italiana (e in genere occidentale) dava ampio risalto alla repressione dell'insorgenza libica, non risparmiandosi le esecrazioni contro il regime. Immaginiamoci se allora una teppaglia pro-Gheddafi avesse bruciato vivi 38 oppositori rifugiati in un palazzo, di fronte alla polizia presente ma passiva. Inutile sottolineare che la stampa occidentale avrebbe pullulato di editoriali indignati e, almeno in parte, interventisti.

Oggi invece, anche dopo aver riconosciuto l'orrore di quanto realmente accaduto a Odessa, la stampa italiana è estremamente scevra di giudizi e condanne. Il tutto è trattato in maniera asettica e distaccata. Si veda, a titolo di esempio, come ora il "Corriere" descrive la vicenda: viene detto tutto, ma nel centro dell'articolo e senza commenti o giudizi. Rispetto ai fatti di Libia, o anche della Siria quando ancora la versione ufficiale voleva i "cattivi" assadiani contro i "buoni" ribelli (oggi la vulgata è che i "cattivi" assadiani combattono i "cattivi" salafiti), la stampa italiana si mostra molto più cauta anche nella selezione delle immagini da mostrare. All'epoca i video amatoriali non verificati erano regolarmente portati all'attenzione del pubblico - ma, curiosamente, solo quelli che accusavano i regimi, e non i video (altrettanto amatoriali e non verificati) che mostravano presunti crimini dei ribelli. Attualmente, nessun media italiano risulta abbia ancora mostrato le foto - anche in questo caso amatoriali e non verificabili - che ritrarrebbero i corpi delle vittime del rogo di Odessa:

www.liveleak.com/view?i=2c2_1399069304
www.liveleak.com/view?i=148_1399132573

Nietzsche diceva che non esistono i fatti ma solo le interpretazioni. Talvolta la stampa italiana appare sbadata nel raccogliere e fornire notizia dei fatti; ma è sempre pronta e creativamente incoerente quando si tratta di interpretarli al posto dei lettori.

05/05/2014
www.huffingtonpost.it/danielescalea/strageodessacensura_b_5262168.html?utm_hp_ref=fb&src=sp&comm_ref=false#sb=5334352b=...
12/05/2014 23:53
 
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E' ufficiale: La Repubblica Popolare di Donetsk viene proclamata Stato Sovrano



La Repubblica Popolare di Donetsk (DNR) è stata proclamata Stato Indipendente come risultato di un referendum popolare, ha riferito Denis Pushilin, presidente del consiglio della Repubblica Popolare di Donetsk. "Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk, proclamiamo l'indipendenza della DNR a seguito dei risultati del referendum tenutosi l' 11 Maggio", ha detto. "Seguendo la volontà del popolo della DNR, che desidera ristabilire l'obiettività storica, chiediamo alla Federazione russa di lasciare che la DNR si integri con la Russia", ha detto oggi Pushilin. Nel frattempo, il servizio stampa della Russia ha comunicato che "Mosca rispetta la volontà dei cittadini delle zone di Donetsk e Lugansk e auspica che l'ulteriore adempimento dei risultati del referendum si svolgerà pacificamente attraverso il dialogo tra i rappresentanti del governo ucraino, di Donetsk e di Lugansk".

12 Maggio 2014
vladimirputinitalianfanclub.blogspot.it/2014/05/e-ufficiale-la-repubblica-popolare...
22/06/2014 23:40
 
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Novorossija, Kiev tra sconfitte e mandati di cattura

Nella notte del 18-19 giugno, presso Krasnij Liman. un gruppo per operazioni speciali della milizia distruggeva un BTR di un colonna majdanista e la milizia assaltava il comando nemico nel quartiere Kombikormovij. La mattina del 19 giugno 2014, una colonna golpista dotata di 20 carri armati e 50 blindati per la fanteria motorizzata, sostenuta da due aerei d’attacco al suolo Su-25, una batteria di obici semoventi e una di lanciarazzi Grad, attaccava le postazioni del distaccamento della milizia di Krasnij Liman, presso Jampol. Il primo attacco veniva respinto, e un carro armato ucraino distrutto. Alle 11:00 i majdanisti ripresero l’attacco, perdendo 4 BMD e numerosi soldati, tra cui 300 feriti ricoverati a Izjum, ma accerchiavano Jampol e Zakhotnoe e occupavano il ponte sul fiume Severnij Donets. La colonna ucraina veniva fermata a Krivaja Luka. Contemporaneamente carri armati e fanteria motorizzata majdanista attaccavano la città di Seversk, impegnandosi in pesanti combattimenti con il Battaglione di Lisichansk. La compagnia di Kramatorsk assaltava le posizioni dei golpisti presso Markov (ad est di Kramatorsk), distruggendo un BMP e un BTR nemici. I reparti della milizia dell’autodifesa bombardavano con i mortai monte Karachun e le posizioni majdaniste di Vostochnij. Alle 23:00 le truppe della junta di Kiev si ritiravano da Jampol e Seversk. Un velivolo d’attacco al suolo Su-25 veniva abbattuto su Jampol. Nella notte del 19-20 giugno il presidio di Slavjansk rompeva l’accerchiamento della regione di Jampol, scontrandosi con le forze golpiste composte da mercenari stranieri dotati di armi occidentali. I majdanisti bombardavano le posizioni della milizia presso Lisichansk. 4 civili uccisi e 21 feriti. L’unità d’intelligence del battaglione di Lisichansk recuperava un BMP ucraino abbandonato. Il ponte nel villaggio Zakhotnoe, sul fiume Severskij Donets, veniva fatto saltare mentre quello nel villaggio Krivaja Luka era sotto il controllo delle milizie di autodifesa. A Zakhotnoe, il battaglione di Lisichansk distruggeva l’avanguardia majdanista eliminando 2 BTR, mentre un’unità di mercenari inglesi veniva distrutta a Karpovka, a nord-est di Slavjansk. I majdanisti bombardavano Semjonovka e Cherevkovka, posizionando mine intorno alle città. Più di 80 guardie di frontiera ucraine si rifugiarono in Russia, presso i valichi di Dolzhanskij e Novoshakhtinsk, dopo aver subito un attacco dalle milizie dell’autodifesa. “Più di 80 guardie ucraine, due delle quali ferite, si sono rifugiate nel territorio della Russia durante gli scontri al checkpoint Izvarino sul territorio ucraino“. Presso Novoshakhtinsk, intanto, la Guardia di Frontiera della Russia respingeva i miliziani della guardia nazionale, che venivano circondati dalla milizia popolare di autodifesa. Una centuria di Pravjy Sektor inviata in soccorso veniva distrutta completamente dalla milizia.

Il responsabile della sezione informazione del fronte sud-orientale, Konstantin Knirik, dichiarava che le milizie di autodifesa del Donetsk avevano catturato la base militare ucraina di Artemovsk con 221 carri armati, 228 BTR, 183 BMP, 24 cannoni semoventi e 18 lanciarazzi Grad. Il 18 giugno, a Donetsk numerosi rappresentanti dei collettivi operai organizzavano la protesta dalla piazza centrale, dove migliaia di minatori sfilarono su diverse colonne per le vie principali concentrandosi in Piazza Lenin, per esprimere indignazione per quanto accade in Ucraina e nel Donbas. I rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto alla autorità di Kiev di fermare la spedizione punitiva, “Non siamo né separatisti né terroristi: siamo la classe operaia, minatori, lavoratori del Donbass, vogliamo la pace e vogliamo essere ascoltati. Queste sono le nostre richieste. Invece, contro di noi inviano mercenari e assassini, lanciano carri armati e aerei. Chiediamo l’immediato cessate il fuoco, chiediamo il ritiro della spedizione punitiva dalla nostra terra! Basta ucciderci e distruggere le nostre case!“. La maggior parte dei manifestanti ritiene che Kiev attui un “genocidio silenzioso” del popolo del Donbas contrario alla junta majdanista. “Resisteremo fino alla fine, non ci sconfiggeranno. Il Donbass sopravviverà! Gloria al Donbass! Gloria ai minatori!“. Durante la manifestazione, si decideva di creare un’unità speciale di combattimento, la Divisione dei Minatori, composta da volontari reclutati tra i minatori e gli operai. “La formazione della divisione dei minatori che hanno deciso di difendere le loro case e famiglie, è iniziata a Donetsk oggi. Cinquecento persone sono già nei ranghi“, dichiarava il primo ministro della repubblica Aleksandr Borodaj. Secondo l’ex-colonnello Anatolij Dergilev, i militari russi studierebbero un piano per creare corridoi umanitari per Donetsk e Lugansk, “Il piano non è volto allo scontro con l’esercito ucraino, ma ad assicurare la popolazione civile imponendo un ultimatum alla controparte a non usare le armi”. Il Presidente Vladimir Putin ordinava esercitazioni di prontezza operativa delle truppe del Distretto militare centrale del Volga, Urali e Siberia occidentale, coinvolgendo 65000 truppe, 5500 veicoli militari e pezzi di artiglieria, 180 aerei e 60 elicotteri. “Secondo l’ordinanza dalle 11.00, ora di Mosca, le truppe del Distretto militare centrale e tutti i gruppi e unità militari di stanza sul suo territorio sono posti in allerta totale da combattimento“. Nel contesto delle esercitazioni avviene il dispiegamento della 98.ma Divisione aerotrasportata di Ivanovo. Il Comitato investigativo russo inserisce nella lista dei ricercati il ‘ministro’ degli Interni golpista ucraino Arsen Avakov e l’oligarca mafioso e governatore di Dnepropetrovsk Igor Kolomojskij, “per uso di mezzi e metodi di guerra vietati, strage, ostacolo all’attività dei giornalisti e rapimenti. La risoluzione è stata inviata dall’agenzia anticrimine del Ministero degli Interni russo. Avakov e Kolomojskij sono stati inseriti nella lista di ricercati internazionali, effettiva in tutti gli Stati membri dell’Interpol“. Il comitato investigativo, nel quadro delle indagini, vede “oltre 40 investigatori collaborare con persone provenienti dall’Ucraina soggette a crimini. 2400 testimoni sono stati interrogati e 1470 persone sono state riconosciute vittime, tra cui 208 minorenni. Più di 1000 persone hanno presentato domanda alla Corte penale internazionale e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Gli investigatori avviano le indagini su comandanti e militari delle forze armate ucraine, della ‘Guardia nazionale ucraina’ e di Fazione destra coinvolti nell’operazione punitiva contro la popolazione nel sud-est dell’Ucraina, che ha ucciso molti civili“.

Fonti
bne.su/news/za-napadenie-na-rossiyskuyu-pogranzastavu-opolchentsyi-zagnali-v-balku-nats-gv...
en.itar-tass.com/world/737032
en.itar-tass.com/russia/737205
es.rbth.com/noticias/2014/06/21/putin_pone_en_alerta_de_combate_a_las_tropas_en_la_parte_central_de__41...
es.rbth.com/noticias/2014/06/21/mas_de_80_efectivos_ucranianos_se_refugian_en_rusia_de_ataque_de_mil_41...
sp.ria.ru/revista_de_prensa/20140619/160494714.html
sp.ria.ru/international/20140620/160516079.html
vineyardsaker.blogspot.it/2014/06/urgent-briefing-from-igor-strelkov-j...
vineyardsaker.blogspot.it/2014/06/latest-statements-from-igor-strel...
vineyardsaker.blogspot.it/2014/06/why-novorussian-authorities-need-to-...
www.vz.ru/news/2014/6/20/692063.html

Alessandro Lattanzio, 22/6/2014
aurorasito.wordpress.com/2014/06/22/novorossija-kiev-tra-sconfitte-e-mandati-di-...
[Modificato da wheaton80 22/06/2014 23:41]
23/06/2014 21:53
 
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La riscossa del popolo sovrano

Non esiste alcun motivo di avere paura di ciò che sta avvenendo oggi in Ucraina se le cose continuano ad avere questo corso. Noi semplicemente non riusciamo a comprendere l’isterismo delle scandalizzate vocine dei presunti intellettuali e dei piccoli politicanti europei. Il nuovo corso dell’Ucraina è naturale, pacifico e democratico. E la nostra asserzione regge la prova empirica, tentennando soltanto sulla lettura del corso pacifico; ma la supera laddove si specifica che è pacifico ciò che avviene in Ucraina per volontà dei popoli che compongono quell’ormai ex paese, le violenze cesserebbero se si smettesse esternamente di inviare mercenari ed armi al governo fantoccio di Kiev. Ma cogliamo l’occasione per sbizzarrirci a sostenere che è un corso naturale poiché è nella natura delle cose che un governo che non conquista il consenso del proprio popolo rappresenta soltanto se stesso, e che da mondo e mondo sia un gigante d’argilla un governo di pupazzi tenuto in piedi da potenze straniere. E’ un dato di fatto che neppure gli ucraini amino il loro governo, in quella che viene dipinta come una contrapposizione tra russi ed ucraini; ed invece è la solita ingerenza degli anglofoni in stati sovrani. Lo dimostra il fatto che neppure gli ucraini difendono questi pagliacci agli ordini delle plutocrazie; è nei numeri. Se soltanto il 5% della popolazione ucraina si mobilitasse sarebbero quasi un milione e settecentocinquantamila uomini ossia più di otto volte il numero di uomini a disposizione delle forze armate britanniche. E vogliono farci credere che nemmeno cinque ucraini su cento si difenderebbero se davvero sentissero la Russia di Putin come una minaccia alla propria sovranità? Le poche truppe che Kiev ha a diposizione si sfaldano o si arrendono appena incontrano i filo russi.

Solo pochi isolati gruppi combattono. Ciò sta a significare quello che Il Petrarca riferito ai mercenari in Italia diceva secoli fa:“Né v’accorgete anchor per tante prove/del bavarico inganno/ch’alzando il dito colla morte scherza?”; ossia i mercenari si arrendono davanti al pericolo beffardi, non si fanno ammazzare dal nemico, lo fanno per i soldi non per fede. Nessun governo è sicuro con loro, nessun paese poggia su solide basi con i mercenari in casa. E’ dunque naturale che i governi fantoccio si estinguano. Ciò che sta accadendo in Ucraina testimonia che i Popoli europei stanno scegliendo liberamente il loro destino. Con quale diritto paesi come Giappone, Germania dicono alle popolazioni che hanno democraticamente votato per la secessione che non possono disporre del proprio destino? In Kosovo andava bene? E perché in Ucraina no? E’ il destino ed il futuro di comunità umane che non hanno altro giudice che la loro democratica facoltà di decidere dove andare. Se aderire alla Federazione Russa o essere autonomi, è una scelta di quei popoli. Non ho sentito tanto sdegno per i roghi di Odessa, quanto quello che si ha verso scelte democratiche. Se possono votare gli scozzesi, possono farlo anche i russi in Ucraina. Visto che le percentuali di affluenza e di consenso sono alte è insostenibile il broglio. I Popoli Europei dell’Est scelgono Putin e lo fanno democraticamente. E’ una saggia scelta ed è il massimo trionfo della riscossa del popolo sovrano sull’usurpatore apolide.

Alessandro Scipioni
23 Giugno 2014
www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=23512
25/06/2014 01:09
 
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L' Austria se ne frega della UE (di cui fa parte) e sigla accordo con la Russia per gasdotto da 32 miliardi di metri cubi

I parassiti di Bruxelles da un pò di tempo giocano a fare gli imperialisti, tant'è che dopo aver creato disordini in Ucraina adesso stanno facendo di tutto per costringere Serbia e Bulgaria a fermare il progetto del South Stream che consentirebbe di trasportare gas dalla Russia all' Europa senza passare per l'Ucraina. Tale politica ha lo scopo di isolare la Russia ma fino ad ora gli unici che rischiano di pagarne il prezzo sono i cittadini europei visto che esiste il rischio concreto di un taglio delle forniture che creerebbe enormi danni economici, senza contare i tanti che questo inverno potrebbero morire assiderati, e questo è chiaramente inaccettabile. Per fortuna c'è chi ha detto di no e a tale proposito il governo austriaco proprio in questi giorni ha firmato un'accordo con la Russia che prevede la creazione di una società che avrà lo scopo di costruire un gasdotto in Austria che potrà trasportare 32 miliardi di metri cubi di gas direttamente dalla Russia. Tale società sarà posseduta per metà dalla Gazprom e per l'altra metà dalla società austriaca OMV. I lavori per la costruzione di questo gasdotto inizieranno nel 2015 e inizierà ad essere operativo nel 2017. Questa decisione ovviamente non andrà a genio ai burocrati di Bruxelles e sicuramente faranno di tutto per punire l'Austria, ma il governo austriaco ha deciso di andare avanti per la sua strada e fare gli interessi dei propri cittadini. D'altra parte nessuno tra coloro che appoggia le sanzioni è riuscito a spiegare dove i paesi europei dovrebbero approvigionarsi qualora decidessero di boicottare la Russia e chiunque abbia un poco di cervello capirebbe che costruire impianti per importare gas liquefatto o sfruttare giacimenti di gas di scisto non sarebbero soluzioni fattibili non solo perché ci vorrebbero anni ma anche perché i rischi ambientali sarebbero altissimi. Per questo motivo sarebbe opportuno che gli altri paesi, a cominciare dall'Italia, prendessero esempio dall'Austria e iniziassero a ignorare i diktat dei parassiti di Bruxelles.

Giuseppe de Santis
24 giugno 2014
www.ilnord.it/c3185_LAUSTRIA_SE_NE_FREGA_DELLA_UE_DI_CUI_FA_PARTE_E_SIGLA_ACCORDO_CON_LA_RUSSIA_PER_GASDOTTO_DA_32_MILIARDI_DI_ME...
09/07/2014 21:55
 
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La Slovenia si sfila e firma accordo con la Russia per gasdotto South Stream (addio UE!)

La Russia continua il pressing per fare avanzare il South Stream, progetto bloccato dalla Commissione europea e che sta diventando il fulcro della scontro tra Mosca e Bruxelles, sullo sfondo della crisi ucraina. Oggi il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha incassato l'appoggio della Slovenia alla nuova via del gas, mentre una controllata di Gazprom, la Tsentrgaz si è aggiudicata la costruzione del tratto serbo del South Stream. "Siamo convinti della necessità di rimuovere tutti gli ostacoli artificiali sulla via della realizzazione (del South Stream) e di agire in ottemperanza agli accordi intergovernativi già conclusi", ha dichiarato Lavrov a Maribor, ribadendo che il nuovo gasdotto rafforzerà la sicurezza delle forniture di gas all'Europa. La Commissione Ue ha chiesto alla Bulgaria la sospensione dei lavori per il South Stream, contestando la violazione delle norme del cosiddetto Terzo Pacchetto Energia, che prevede la divisone tra il ruolo di distributore e di fornitore del gas, cosa che esclude automaticamente il colosso del metano russo Gazprom. Ma la Russia, come ha fatto nuovamente notare oggi Lavrov, considera scorretta e inaccettabile l'applicazione delle regole del Terzo pacchetto in modo retroattivo rispetto agli accordi già firmati con i singoli Paesi Ue. La Bulgaria ha comunque dichiarato di sperare che l'Ue cambi posizione, come pure l'Austria, mentre il premier ungherese Viktor Orban ha fatto sapere che il tratto ungherese del gasdotto sarà costruito, punto e basta. "Non possiamo dipendere dall'Ucraina per le nostre forniture energetiche", ha detto. Oggi Gazprom ha annunciato che Tsentrgaz ha vinto la gara di appalto per la costruizone del tratto serbo e "sarà responsabile della fase preparatoria del progetto, della consegna degli equipaggaimenti e dei materiali, della formazione del personale e dell'entrata in fuzione del South Stream in Serbia". Belgrado, che a gennaio avvierà i negoziati di adesione all'Ue, si ritrova nell'imbarazzante posizione di dover mediare tra aspirazioni europee e relazioni privilegiate con Mosca. Il governo ha tuttavia di recente dichiarato di voler procedere con la costruzione del tratto serbo del South Stream e la notizia della scelta del costruttore conferma questa linea. Il South Stream è nato da un patto tra Eni e Gazprom, poi allargato alla francese Edf e alla tedesca Wintershall. Anche l'Italia è favorevole alla sua costruzione e auspica che con Bruxelles si trovi una soluzione di compromesso. Questa nuova via del gas, fortemente voluta dal presidente russo Vladimir Putin, con un tracciato di 3.600 chilometri e un costo stimato a 16 miliardi di euro, deve collegare la Russia alla Bulgaria passando per il Mar Nero e procedendo poi verso Serbia, Ungheria e Slovenia. Aggirando completamente l'Ucraina e quindi ridimensionando fortemente il suo ruolo di Paese di transito del gas russo.

8 luglio 2014
www.ilnord.it/c3250_CLAMOROSO__LA_UE_VA_IN_PEZZI_LA_SLOVENIA_SI_SFILA_E_FIRMA_ACCORDO_CON_LA_RUSSIA_PER_GASDOTTO_SOUTH_STREAM_...
21/07/2014 15:54
 
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Perchè la Russia non deve intervenire nel conflitto ucraino

In questo video di soli tre minuti, tradotto dal russo in italiano, le ragioni per cui la Federazione Russa non ha alcun interesse ad intervenire nella guerra civile ucraina, nonostante i bombardamenti di Kiev a danno dei 'separatisti' della Novorossiya. Diffuso inizialmente in Russia a fronte della pressione di parte dell'opinione pubblica affinché Mosca intervenga a difesa delle minoranze russe nelle regioni del sud-est ucraino, può essere utile a comprendere il perché dell'escalation mediatica contro Putin e la Russia in questi giorni, in seguito all'abbattimento del boeing 777 della Malaysian Airlines (da parte di chi?). Chi ha realmente interesse nel far scoppiare una guerra nel cuore dell'Europa, attribuendone la responsabilità a Mosca? Buona visione. [Redazione]



www.nexusedizioni.it/it/CT/perche-la-russia-non-ha-nessun-interesse-a-far-scoppiare-una-gue...
22/07/2014 01:46
 
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Novorossija: disfatta di Kiev e della NATO

I cinque distaccamenti della giunta di Kiev attivi nella regione di Donestk- Lugansk erano la 79.ma brigata aeroportata, i battaglioni Shakhtjorsk e Azov, la 24.ma brigata d’artiglieria e la 72.ma brigata meccanizzata. Dal 15 luglio, enormi convogli ucraini di blindati, artiglieria e autocarri alla rinfusa si ritiravano verso Kozhevnja (a sud di Dmitrevka) per sottrarsi all’accerchiamento delle truppe di Lugansk. Durante la ritirata da Izvarino, le forze speciali ucraine (SBU) di Kirovograd subivano ingenti perdite: 8 morti e 30 feriti. La milizia dell’autodifesa riprendeva le posizioni occupate dagli ucraini il 13 luglio. Nella zona dell’aeroporto di Lugansk rimanevano bloccati 45 tra carri armati e blindati majdanisti. La milizia dell’autodifesa aveva catturato alle forze ucraine 4 carri armati T-64, 3 cannoni semoventi 2S1 Gvozdika, 1 BTR e 2 autoveicoli. La giunta a Kiev, dopo aver subito notevoli perdite e problemi logistici nell’offensiva su Lugansk-Donestk, nel fallimentare tentativo di sbloccare l’aeroporto di Lugansk, si ritirava mentre la milizia della RPL sventava la maggiore operazione strategica dei majdanisti, infliggendo alla giunta naziatlantista la peggiore sconfitta dall’inizio della guerra, costringendola a un’urgente pausa operativa. Dal 1 luglio al 14 luglio, i miliziani della Repubblica Popolare di Lugansk avevano eliminato oltre 800 miliziani majdanisti e 50 loro blindati. Il 15 luglio, colonne di blindati e obici semoventi con bandiere russe e della Novorossija si muovevano diversi punti tra Donetsk e Lugansk raggiungendo Enakevo, 100 km ad ovest di Lugansk.

Il 16 luglio, la milizia dell’autodifesa delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk lanciava un’offensiva contro la Guardia Nazionale ucraina. L’offensiva iniziava “alle 5 del mattino del 16 luglio per liquidare la sacca di Stepanovka (Donetsk), con i bombardamenti dei carri armati e dei mortai sulle postazioni della Guardia Nazionale ucraina presso Marinovka (regione di Donetsk), che continuarono per un’ora“. La milizia combatteva anche nella zona del villaggio Tarani e di Savr-Mogila, utilizzando mortai e carro armati contro le posizioni ucraine. Nei pressi di Amvrosevka, il 3.zo battaglione della 72.ma brigata ucraina veniva bombardato dagli MLRS Grad della milizia, infliggendo 4 morti e oltre 10 feriti, mentre i miliziani della RPD facevano saltare in aria la torre delle comunicazioni dell’aeroporto di Donetsk, con cui i golpisti guidavano le operazioni di aviosbarco di armi, mercenari e munizioni nell’aeroporto di Lugansk. A Izvarino, la milizia eliminava 8 spetsnaz ucraini di Kirovograd e ne feriva atri 10. Un’altra unità majdanista veniva circondata sempre presso Izvarino, perdendo 1 sistema d’artiglieria semovente e 40 autocarri. Nella zona di Sverdlovsk, regione di Lugansk, la milizia devastava la 72.ma brigata con artiglieria e mortai. La raffineria di Lisichansk, LINIK, veniva liberata dalle forze armate di Novorossija. La raffineria rappresenta circa il 40% della capacità totale di raffinazione dell’Ucraina. Un distaccamento dell’esercito della RPD catturava 4 blindati abbandonati dalle forze majdaniste presso Tonenkoe, mentre a Mospino la milizia eliminava 2 BMP-2 e 50 naziguardie. Due aviogetti Sukhoj Su-25 venivano abbattuti su Gorlovka. 2 paracadutisti russi furono uccisi da un gruppo di naziguardie ucraine infiltratesi nel territorio della Federazione Russa. Durante la ritirata i miliziani dell’autodifesa intercettavano gli aggressori majdanisti, eliminandone la maggior parte. Veniva anche liberata Marinovka, dove le forze golpiste, i paracadutisti della 79.ma brigata, venivano accerchiate perdendo 1 BTR e 2 BMP-2, di cui 1 catturato intatto. Il fronte meridionale di Novorossija veniva così assicurato. Nelle altre zone del fronte meridionale, la Milizia continuava l’offensiva impiegando l’artiglieria contro le colonne majdaniste. In totale venivano accerchiati 2500 dei 5000 mercenari majdanisti impiegati direttamente contro la Novorossija. Diverse unità si disperdevano, come ad esempio la 24.ma brigata meccanizzata, mentre un centinaio di miliziani ucraini si rifugiava in Russia. La 72.ma brigata meccanizzata, isolata nella zona di Birukova-Gukovo, subiva gravi perdite e carenze di munizioni, carburante, cibo e acqua.

Le forze ucrainiste abbandonavano in fretta le posizioni presso Provale, Krasnodon, Aleksandrovka, Izvarino e Shaste. In pratica, tutte le unità majdaniste impiegate sul fronte meridionale di Novorossija si ritiravano disordinatamente, abbandonando materiale e mezzi. Si trattava delle 5 unità da combattimento di Kiev già indicate: la 79.ma e la 24.ma brigate aeroportate, il battaglione territoriale Shakhtjorsk, il battaglione naziatlantista Azov e la 72.ma brigata meccanizzata. Tutte intenzionate a rompere l’accerchiamento cui erano sottoposte dalla Milizia dell’autodifesa. L’esercito ucraino avrebbe perso 258 soldati e altri 922 sarebbero stati feriti nell’operazione contro il sud-est dell’Ucraina, secondo il portavoce del Consiglio di Difesa e Sicurezza Nazionale ucraino Andrej Lisenko. Il ‘ministro’ degli Interni golpista Arsen Avakov licenziava 585 agenti di polizia di stanza a Donetsk per ‘tradimento’, mentre arrivava un battaglione di volontari israeliani in supporto della giunta golpista a Kiev, per combattere contro i federalisti. Il comandante dell’unità incita tutti gli ebrei ucraini ad aderire al battaglione “Matilan“. Si tratta di un’unità speciale della polizia di frontiera israeliana, creata nel 1996. Matilan significa “intelligence, osservazione, intercettazione, operazioni speciali”. Nel porto di Odessa venivano sbarcati in segreto 12 semoventi da 152 mm Vz.77 Dana di produzione ceca ma provenienti dalla 1.ma brigata d’artiglieria polacca Masuria, assieme ad autocarri, militari e altri mezzi. Inoltre, Kiev ha ricevuto dagli Stati Uniti 2000 giubbotti antiproiettile Interceptor, sebbene in compenso “l’esercitazione Rapid Trident 2014, inizialmente prevista per luglio in Ucraina, verrà rinviata“, come dichiarava il tenente-colonnello dell’USAF David Westover Jr. “Le date esatte e i partecipanti devono essere determinati“. L’esercitazione era prevista presso Lvov, in Ucraina, e doveva coinvolgere unità di Stati Uniti, Ucraina, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Moldavia, Polonia, Romania e Regno Unito.





Fonti

alawata-tradition.blogspot.it/2014/07/ukraine-chronologie-partir-du...
www.armytimes.com/article/20140522/NEWS08/305220048/US-Army-Europe-exercise-Ukraine...
cassad-eng.livejournal.com/27486.html
cassad-eng.livejournal.com/28920.html
cassad-eng.livejournal.com/25414.html
cassad-eng.livejournal.com/26079.html
cassad-eng.livejournal.com/26295.html
en.itar-tass.com/world/740868
www.globalresearch.ca/military-briefings-from-donbass-and-slavyansk-ukraine-regime-forces-in-retreat-experience-substantial-losses/5391665...
maidantranslations.com/2014/07/13/jewish-ukrainian-volunteer-battalion-...
politikus.ru/events/24601-polsha-vstupaet-v-voynu.html
dedona.wordpress.com/2014/07/16/triunfo-republicano-en-lugansk-las-tropas-de-la-junta-de-kieb-en-retirada-sociologia-...
sputnikipogrom.com/russia/novorossiya/16172/zed-is-dead-baby-zed-...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/igor-strelkov-and-militia-briefi...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/breaking-news-marinovka-taken-south...
voiceofrussia.com/news/2014_07_16/Ukrainian-army-receives-2-000-bulletproof-vests-from-...

Alessandro Lattanzio, 17/7/2014
aurorasito.wordpress.com/2014/07/17/novorossija-disfatta-di-kiev-e-del...
24/07/2014 20:12
 
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Il Premier ucraino Yatsenyuk si è dimesso



Arseniy Yatsenyuk ha dichiarato ai deputati della Verkhovna Rada, che ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Primo ministro dell'Ucraina. "Dichiaro le dimissioni in relazione alla disintegrazione della coalizione e il conseguente blocco delle iniziative del governo", ha detto, intervenendo alla riunione di giovedì sera. Il presidente della Verkhovna Rada Aleksandr Turchinov ha chiesto ai partiti UDAR e Libertà di proporre una candidatura di Primo ministro tecnico.

24 luglio 2014
italian.ruvr.ru/2014_07_24/Il-Premier-ucraino-Yatsenyuk-si-e-dimes...
31/07/2014 02:33
 
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Novorossija, altre sconfitte di Kiev

Il 24 luglio, a Marinovka e Dubrovka l’artiglieria federalista bombardava le posizioni dei majdanisti, mentre presso Tarani e Grigorevka, veicoli e blindati ucraini venivano distrutti, e la relativa artiglieria soppressa. Le milizie subivano circa 50 feriti e perdevano 2 carri armati, 2 BMP e 1 BTR. Il comandante di “Oplot” e viceministro degli Interni A. Zakharchenko, che aveva guidato personalmente l’attacco a Kozhevnja, veniva ferito a un braccio. Tra Konstantinovka e Novomikhajlovka a sud-ovest di Donetsk, il gruppo ricognizione e sabotaggio ‘Ptitsa’ del 2° Battaglione di Fanteria di Slavjansk faceva saltare in aria due autocarri KAMAZ nemici e un lanciarazzi “Grad” che si avvicinava alla postazione di tiro per bombardare la città. A Ilovajsk le milizie subivano 3 caduti e 2 feriti, ma l’attacco dei majdanisti veniva respinto con l’eliminazione di 7 combattenti ucraini. A Blagodatnoe, a nord di Amvrosevka, i majdanisti attaccavano con il supporto di 4 carri armati e 4 BTR. Durante la battaglia, la 4.ta compagnia del 3° Battaglione di Fanteria Semjonovskij dei federalisti distruggeva 1 BTR ucraino. Lisichansk veniva ripresa dalle forze federaliste. Il centro era saldamente nelle mani della Milizia sebbene sistematicamente bombardato dall’artiglieria golpista. La fanteria della giunta di Kiev era stata cacciata alla periferia della città. I combattenti dell’autodifesa poi distrussero una batteria d’artiglieria dell’esercito ucraino, “nella notte del 22-23 luglio 2014, le forze della milizia hanno attaccato le posizioni delle forze punitive ucraine da diverse direzioni. L’esercito nemico ha subito perdite significative in effettivi e blindati. Furono anche distrutte diverse batterie di artiglieria ucraine, a seguito del quale il bombardamento della città finiva“. A causa della battaglia notturna, le forze golpiste entrate a Lisichansk abbandonavano la città. Un Sukhoj Su-25 ucraino veniva abbattuto su Savr-Mogila, “2 jet Su-25 sono stati abbattuti dai MANPADS presso Dmitrovka“, dichiarava il primo ministro della Repubblica Popolare di Donetsk Aleksandr Borodaj. Altri 2 aerei Su-25 furono abbattuti nei pressi di Zorinsk e Krasnij Luch, nella Repubblica di Lugansk, “Le forze di autodifesa hanno abbattuto 2 jet da combattimento Su-25 Grach. E’ successo a Lugansk, dove gli aerei si schiantarono vicino alle città di Zorinsk e Krasnij Luch. Non abbiamo notizia dei piloti“, dichiarava il portavoce della Repubblica Popolare di Lugansk Volodimir Inogorodtsev. Un’unità da ricognizione del 2° Battaglione di Slavjansk attaccava un checkpoint majdanista presso Starobeshevo, eliminando una tecnica e 2 combattenti golpisti. Kozhevnja veniva liberata, dove 2 BTR ucraini venivano distrutti assieme a 4 mortai, mentre nei pressi di Dmitrovka la milizia abbatteva 1 jet d’attacco al suolo ucraino e 1 altro veniva abbattuto nei pressi di Snezhnoe. La 79.ma brigata ucraina, circondata a sud di Izvarino e Krasnodon, a Grigorovo, cessava di esistere. Parte del personale fuggiva, e una parte si univa alle 24.ma e 72.ma brigate, anch’esse accerchiate. Tutti gli equipaggiamenti della 79.ma brigata erano stati distrutti o danneggiati. È la prima unità dell’esercito ucraino ad essere completamente distrutta, a parte i battaglioni majdanisti distrutti in precedenza.

Il 24 luglio, i 2S9 Nona del gruppo d’artiglieria di Slavjansk, con l’assistenza delle unità da ricognizione del 2° Battaglione di Slavjansk, attaccavano le posizioni nemiche a nord di Kutejnikovo. 1 BTR, 1 BRDM e 1 cannone semovente majdanisti venivano distrutti. Il 4° Reggimento del 3° Battaglione di Fanteria Semjonovka catturava 1 BRDM a Blagodatnoe. A Lisichansk, un colonnello della naziguardia, Aleksandr Radevskij, veniva eliminato. Era noto per l’uso indiscriminato dell’artiglieria contro obiettivi civili e le torture inflitte a miliziani e famigliari a Slavjansk, Nikolaevka e Semjonovka. Presso Donetsk un distaccamento della milizia eliminava 1 BTR e 2 carri armati golpisti, e un altro carro armato veniva catturato. Gli equipaggi furono completamente eliminati nel combattimento. L’artiglieria della Milizia distruggeva un checkpoint dell’esercito ucraino presso Georgevka, eliminando 1 carro armato, 1 BTR e 30 combattenti ucraini. Gravi perdite furono inflitte anche a una colonna golpista presso Bakhmutovka, con la distruzione di 2 carri armati, 2 BTR e oltre 100 majdanisti. Ad Amvrosevka veniva distrutto 1 BRDM-2 majdanista, fatto saltare in aria con una mina radiocomandata. Le posizioni delle forze golpiste presso Ilinka venivano bombardate da MLRS “Grad” e dall’artiglieria della milizia, così come le posizioni delle forze ucraine presso l’aeroporto di Lugansk, Kamishnoe, Berezovo e Avdeevka. Ad ovest di Donetsk, i battaglioni mercenari Dnepr e Shakhtjorsk venivano circondati, mentre Jubilejnij veniva liberata. Presso Volnovakha, i guerriglieri distruggevano 2 autobus majdanisti ed eliminavano un capo di Pravij Sektor della città di Gordenki. La Guardia nazionale subiva gravissime perdite presso Karlovka, il battaglione neonazista Donbass aveva cessato di esistere e 4 carri armati erano stati distrutti assieme a 2 mortai delle forze ucrainiste. A Lugansk, presso l’aeroporto, un gruppo di carri armati majdanisti cercava di circondare i combattenti della milizia; ma qui, dopo un’accanita battaglia, 2 carri armati e 11 soldati ucraini furono catturati dalle milizie. Altri 41 militari ucraini abbandonavano le loro unità, presso Izvarino. Nei combattimenti a Debaltsevo, la milizia perdeva 2 carri armati, 1 BTR e 10 combattenti, le truppe della giunta persero 1 carro armato, diversi BTR e 15-20 effettivi.

Il 25 luglio, le forze di autodifesa controllavano il valico di frontiera di Marinovka, circondando completamente le unità ucraine chiuse nella sacca meridionale, da cui 300 majdanisti fuggivano in Russia. L’ambasciatore statunitense in Ucraina, Geoffrey R. Pyatt, era coinvolto direttamente nella pianificazione ed esecuzione delle operazioni sotto falsa bandiera in Ucraina da attribuire alla Novorossija. Grandi azioni partigiane contro i majdanisti a Slavjansk, Kramatorsk, Semjonovka, Kharkov e Marjupol. Diffuso il sabotaggio di mezzi ucraini a Kharkov, dove carri armati e BTR vengono ricondizionati. Un carro armato T-64 ucraino è esploso quando il cannone ha sparato il suo primo colpo, uccidendo comandante e cannoniere del carro armato. Presso Marinovka, i miliziani attaccarono la 72.ma brigata motorizzata e la 79.ma brigata aviotrasportata ucraine. I combattenti della milizia avanzavano ai fianchi delle postazioni nemiche da Marinovka e Dmitrovka. Avanzarono per primi i carri armati T-64 seguiti dalla fanteria protetta dai BMP, liberando il terminal doganale. Dopodiché l’esercito ucraino iniziava un massiccio bombardamento delle posizioni della milizia, uccidendo un civile. Dai villaggi di Marinovka, Dmitrovka, Kozhevnja e Chervonaja Zarja partiva l’assalto dei blindati miliziani che, con il supporto dell’artiglieria, attaccavano le 25.ma, 72.ma e 79.ma brigate ucraine. Il giorno successivo, la milizia concentrava il fuoco sulle posizioni majdaniste presso Kozhevnja. 1500 soldati nemici venivano circondati ed isolati dalla milizia federalista quando liberava Marinovka, “I distaccamenti dell’esercito della RPD, combattendo, hanno raggiunto il confine della repubblica con la Federazione russa e preso il controllo del posto di frontiera di Marinovka“. Il checkpoint Marinovka e il territorio adiacente della Federazione Russa furono bombardati dall’esercito ucraino. Così il corridoio ancora aperto della sacca in cui erano intrappolate le forze majdaniste, a sud del Donetsk, veniva chiuso impedendo il passaggio di qualunque rifornimento destinato alle truppe ucraine assediate. Il 26 luglio, le truppe majdaniste, tra Pervomajsk e Komissarovka, perdevano 3 autocarri Ural, 1 automezzo GAZ-66, 7 BMP, 2 carri armati e un deposito di munizioni. Oltre 100 gli effettivi persi dagli ucraini. Il 27 luglio, 20 civili venivano uccisi dai golpisti ucraini nelle città di Gorlovka e Debaltsevo, bombardando un asilo, un ospedale, il mercato e varie abitazioni. Altri 3 furono uccisi a Donetsk, in un altro bombardamento dei majdanisti. Scontri presso la 20.ma miniera, a Shakhtjorsk, dove veicoli corazzati ucraini venivano costretti a ritirarsi assieme alla fanteria. Scontri tra bande majdaniste a Shaste, tra l’unità Alpha e i mercenari del battaglione Ajdar. Nei pressi di Depreradovka, unità della milizia della RPL eliminarono 1 carro armato, 2 BTR e 15 militari ucraini.

Il 28 luglio, le milizie distruggevano almeno 10 carri armati tra Shakhtjorsk e Torez. In tutto, quel giorno i majdanisti persero 36 blindati sui 200 impiegati per assaltare le posizioni dell’esercito di Novorossija. Centinaia le perdite nell’esercito ucraino, con diversi ufficiali fatti prigionieri. A 20 km da Lugansk veniva respinto il battaglione corazzato ucraino ‘Chernigov’, che subiva 2 carri armati distrutti e 11 soldati catturati assieme a 1 cannone ed 1 autocarro Kamaz. A Lugansk, i mjadanisti bombardavano una casa di cura uccidendo cinque anziani ricoverativi. Nel complesso, le forze della Repubblica Popolare di Donetsk, ovvero le unità Bezler e Mozgovoj, i battaglioni Oplot e Kalmjus, l’armata russo-ortodossa, la brigata Vostok e le forze del fronte Savr-Mogila e Marinovka, sono subordinate a Strelkov, mentre i miliziani di Debaltsevo e quelli dell’ataman Kozitzin sono autonomi. Bolotov dirige la gran parte delle unità della Milizia della Repubblica Popolare di Lugansk. Il comandante della NATO generale Philip Breedlove chiede l’invio in una base in Polonia di armi, munizioni e forniture sufficienti per il rapido dispiegamento di migliaia di soldati. Il generale ha detto in una conferenza a Napoli che la NATO deve “pre-posizionare rifornimenti e materiale nella zona, in una base pronta ad accettare un rapido dispiegamento di forze”. Una base presso Szczecin, al confine polacco-tedesco, sarebbe quella prescelta. “Sarà un quartier generale pienamente funzionante per le forze che potrebbero giungere rapidamente, quando necessario“. Intanto, mentre a Kiev arrivavano nella segretezza più assoluta 180 consiglieri militari statunitensi, l’Ucraina ampliava il numero di basi militari attive, nella terza fase della mobilitazione parziale dei coscritti ucraini. Il colonnello Mikhailo Sherbina, che dirige l’arruolamento dei riservisti, aveva detto che altre 15 basi militari e 44 unità di combattimento saranno allertate nella terza mobilitazione. “L’obiettivo della terza fase di mobilitazione è aumentare il numero di unità dell’esercito, rafforzare la sicurezza nazionale delle frontiere e creare le condizioni di una rotazione“. Le prime due mobilitazioni hanno interessato 53 basi militari e 18 dipartimenti governativi. Nel frattempo, il ministro degli Interni golpista Arsen Avakov, dichiarava che 20000 poliziotti avevano disertato nell’est dell’Ucraina e che devono essere sostituiti.

Fonti
cassad-eng.livejournal.com/39075.html
cassad-eng.livejournal.com/35720.html
en.itar-tass.com/world/742732
en.itar-tass.com/world/742485
itar-tass.com/obschestvo/1345034
en.ria.ru/world/20140723/191173928/Militia-Says-Downed-4-Ukraine-Army-Combat-Jets-in-2-D...
rt.com/news/175292-nato-poland-supply-base/
rickrozoff.wordpress.com/2014/07/24/00-day-war-ukraine-launches-third-stage-of-mobil...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/lpr-and-dpr-military-briefings-july...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/donbass-sitrep-july-27th-2...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/ukrainian-sitrep-and-import...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/july-26th-combat-sitrep-by-j...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/igor-strelkov-and-militia-briefings...

Alessandro Lattanzio
30 luglio, 2014
aurorasito.wordpress.com/2014/07/30/novorossija-altre-sconfitte-...
01/08/2014 21:09
 
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Putin e la signora Merkel stanno trattando segretamente un piano di pace per l’Ucraina che metterebbe fine al conflitto

Germania e Russia stanno lavorando a un piano segreto per mediare una soluzione pacifica per porre fine alle tensioni internazionali sull’Ucraina, scrive il quotidiano Independent da Londra. The Independent può rivelare – si legge nell’articolo – che il piano di pace, a cui stanno lavorando sia Angela Merkel che Vladimir Putin, si fonda su due obbiettivi principali: stabilizzare i confini dell’Ucraina e di fornire capitali freschi a questo paese finanziariamente travagliato con una forte “spinta economica”, in particolare un nuovo accordo energetico per garantire la sicurezza delle forniture di gas. Il punto più controverso, se la proposta della sig.ra Merkel dovesse risultare accettabile per i russi, riguarda la comunità internazionale che avrebbe il dovere di riconoscere l’indipendenza di Crimea e la sua annessione da parte della Russia. Una mossa, questa, che alcuni membri delle Nazioni Unite potrebbero trovare difficile da digerire. Fonti vicine ai negoziati segreti sostengono che la prima parte del piano di stabilizzazione richiede alla Russia di ritirare il suo sostegno finanziario e militare ai diversi gruppi separatisti che operano in Ucraina orientale. Nell’ambito di tale accordo, la regione oggi colpita dalla guerra civile otterrebbe molti poteri decentrati da Kiev, qualcosa di simile all’autonomia. Allo stesso tempo, il presidente ucraino avrebbe accettato di non aderire alla NATO. In cambio, il presidente Putin non dovrebbe cercare di bloccare o interferire con nuove relazioni commerciali dell’Ucraina con l’Unione europea nel quadro di un patto firmato poche settimane fa. In secondo luogo, all’Ucraina sarebbe stato offerto un nuovo contratto a lungo termine con la russa Gazprom per le forniture di gas in futuro a prezzi accettabili. Allo stato attuale, non vi è alcun accordo sul gas tra Russia e Ucraina, e la fornitura è stata bloccata da Mosca. I depositi di gas dell’Ucraina si stanno esaurendo e sono suscettibili di esaurirsi prima di questo inverno, il che significherebbe la rovina economica e sociale per il paese. Come parte della transazione, la Russia dovrebbe compensare l’Ucraina con un pacchetto finanziario di un miliardo di dollari per la perdita del canone di locazione pagato prima della dichiarazione d’indipendenza della Crimea per lo stazionamento delle sue flotte nel porto di Sebastopoli sul Mar Nero. Tuttavia, questi tentativi da parte di Angela Merkel ad agire come un mediatore tra il Presidente Putin e il presidente dell’Ucraina, Petro Poroshenko, sono stati messi in standby a seguito dell’abbattimento dell’aereo MH17 in Ucraina orientale. Ma addetti ai lavori che sono parte attiva nelle discussioni tra Germania e Russia, hanno detto ieri che il “piano di pace tedesco è ancora sul tavolo ed è l’unica offerta presente. I negoziati sono in stallo a causa del disastro MH17, è vero, ma si prevede di riavviarli una volta che l’inchiesta abbia avuto luogo”.

Fonte: www.independent.co.uk/news/world/europe/land-for-gas-secret-german-deal-could-end-ukraine-crisis-9638764...

www.ilnord.it/c3365_PUTIN_E_LA_SIGNORA_MERKEL_STANNO_TRATTANDO_SEGRETAMENTE_UN_PIANO_DI_PACE_PER_LUCRAINA_CHE_METTEREBBE_FINE_AL_C...
[Modificato da wheaton80 01/08/2014 21:10]
07/08/2014 03:29
 
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Novorossija, disfatta della ‘grande offensiva’ di Kiev

Il 29 luglio, nel pomeriggio, i majdanisti avrebbero lanciato 4 missili tattici OTR-21 Tochka, di cui almeno 2 su Savrovka (Savr Mogila), ma alcun missile Tochka ha raggiunto gli obiettivi. Il missile può trasportare una testata di 454 chili ed ha una gittata di 80 km. Tale azione faceva seguito ai combattimenti tra milizie di autodifesa e truppe golpiste presso Shakhtjorsk, dove furono eliminati 125 blindati dell’esercito ucraino. Il viceministro della Difesa della Repubblica Popolare di Donetsk (RPD) Fjodor Berezin aveva affermato “Il nemico ha perso 125 blindati a Shakhtjorsk, ieri, tra cui carri armati, veicoli da combattimento della fanteria e veicoli corazzati da trasporto truppa. I miliziani hanno preso il controllo di Shakhtjorsk, mentre la Guardia nazionale si nasconde nel fitto dei boschi“. 200 blindati ucraini parteciparono all’offensiva per spezzare la linea difensiva della Novorossija, sulla strada che collega Torez e Lugansk a Donetsk. La Milizia federalista respinse l’offensiva distruggendo 125 mezzi ucraini (carri armati, BMP, BTR, autocarri, ecc.), quindi i bombardamenti degli MLRS “Grad” della milizia sulle posizioni della 25.ma brigata, eliminavano 23 paracadutisti ucraini dell’unità A1126, tra cui il comandante del battaglione. Complessivamente, nei combattimenti a Shakhtjorsk del solo 29 luglio, i majdanisti persero 85 effettivi, quasi tutti della 25.ma brigata aeroportata, oltre a 30 blindati distrutti, 2 BMP catturati e la perdita di tutta l’artiglieria della 25.ma brigata. Il 30 luglio, Savrovka (60 km a sud-ovest di Donetsk) restava nelle mani delle milizie dopo tre giorni di aspri combattimenti, respingendo gli assalti dei majdanisti e distruggendo 2 carri armati, 2 BTR, 1 BRDM e diversi autocarri Kamaz. Presso Gorlovka, 20 km a nord-ovest di Donetsk, i bombardamenti dei majdanisti uccidevano 27 civili in tre giorni. A Debaltsevo, 30 km a nord-est di Donetsk, un convoglio golpista veniva attaccato, perdendo 3 autocarri Ural e 1 compagnia. A Khartsitsk, la milizia abbatteva un aereo da trasporto militare ucraino. Ad Avdievka, 10 km a nord di Donetsk, la milizia catturava 3 BMP ucraini. A Jasinovata, 10 km a nord di Donetsk, l’assalto dei blindati ucraini veniva respinto con la distruzione di 1 BTR e 2 carri armati ucraini. Il 31 luglio, Aleksandr Prosjolkov, viceministro degli Esteri della Repubblica Popolare di Donetsk, veniva assassinato da terroristi majdanisti. Aleksandr Prosjolkov era anche leader dell’Unione della Gioventù Eurasiatica del distretto federale meridionale della Russia. L’attentato avvenne in prossimità di Krasnodon, dove alcuni ignoti bloccarono l’auto di Prosjolkov e gli spararono quattro volte. Prosjolkov era stato distratto da alcuni sconosciuti rimanendo fuori dalla visuale delle guardie del convoglio di cui la sua auto faceva parte.

Il 1 agosto 2014 si svolgeva uno scambio di prigionieri: due miliziani catturati scambiati con due “paracadutisti” majdanisti fatti prigionieri. Tuttavia, mentre i prigionieri majdanisti se ne andarono con le loro gambe, i miliziani prigionieri erano stati restituiti dagli ucraini in condizioni gravissime, poiché sottoposti a torture. In seguito a questo incidente, Strelkov ordinava che nessun ufficiale della 25.ma brigata venisse fatto prigioniero. Sempre il 1° agosto, l’esercito ucraino si ritirava da diverse aree, in particolare dai checkpoint di frontiera di Dolzhanskij, Izvarino e Chervonopartizansk e da Savrovka. Ma l’esercito majdanista tentava di prendere il controllo di Krasnogorovka, Jasinovataja e Marinka, venendo respinto sempre dopo aver subito gravi perdite. Alle 13:00 i golpisti avviavano un’offensiva sulla periferia sud-ovest di Donetsk, con circa 40 blindati, e su Krasnogorovka. Il Corpo Volontario di “Pravij Sektor“, rinforzato da elementi della 51.ma brigata ucraina, si avvicinarono a Krasnogorovka, dove subirono perdite in effettivi e blindati, per poi ritirarsi. Nella periferia nord di Donetsk, l’esercito majdanista tentava di prendere il controllo di Jasinovataja, per tagliare la strada da Gorlovka a Donetsk, ma anche tale assalto veniva respinto con la perdita di 2 carri armati e 2 blindati. Nella regione Shakhtjorsk-Snezhnoe-Torez, i resti della 25.ma brigata aeromobile e del battaglione naziatlantista Dnepr-1 venivano circondati. Nella notte del 31 luglio – 1 agosto, si svolgeva uno scontro presso Serditoe, sulla strada Donetsk-Snezhnoe. I majdanisti cercavano di rompere l’accerchiamento con una colonna di blindati e fanteria, fallendo anche questa volta. A sud di Snezhnoe, la Milizia bombardava le posizioni dei majdanisti presso Stepanovka, Savrovka e Amvrosievka, distruggendogli 5 autoveicoli e 2 depositi di munizioni. Inoltre la Milizia distruggeva una base majdanista nei pressi di Elenovka, dove erano raccolti MLRS, obici e munizioni dei golpisti. Alle 14:30, presso Shakhtjorsk, la milizia di Motorol abbatteva un drone ucraino Tu-143 Rejs. A Dmitrovka, 50 km a est di Donetsk, il battaglione della Milizia Vostok distruggeva 2 blindati ucraini. Unità della 1.ma Compagnia da Ricognizione attaccavano una postazione majdanista presso Andreevka, eliminando 1 carro armato e 2 BMP. I circa 1500 uomini circondati nella sacca meridionale, si dichiaravano pronti ad arrendersi e a ritirarsi in cambio della cessione di tutte le loro armi, munizioni e di circa 60-70 blindati, tra cui 30 carri armati, BMP, BTR, MLRS Grad e pezzi di artiglieria. Il 2 agosto, secondo la Repubblica popolare di Donetsk, i golpisti ucraini inviavano sistemi missilistici balistici a corto raggio Tochka-U verso Donetsk, “L’esercito ucraino invia verso Donetsk complessi missilistici Tochka-U. Colonne nemiche con BM-30 Smerch e BM-27 Uragan sono state avvistate“. Il comandante della milizia della Repubblica Popolare di Donetsk, Igor Strelkov, aveva dichiarato che dei sistemi Tochka-U erano schierati a Kramatorsk per attaccare gli impianti chimici e di depurazione di Donetsk e Lugansk. Tre persone venivano uccise dai bombardamenti majdanisti su Donetsk. Tra Enakevo e Makeevka, nella regione di Donetsk, veniva abbattuto un aereo da attacco al suolo Su-25 ucraino. Nella notte tra il 2 e il 3 agosto, 438 soldati ucraini, tra cui 164 guardie di frontiera, fuggivano in Russia, nella regione di Rostov sul Don. A Orlovo-Ivanovka, 40 km nord-est da Donetsk, alle 13:00 si svolgevano pesanti combattimenti; dopo il tiro di preparazione dell’artiglieria, unità ucraine attaccavano con 25 carri armati e blindati. L’assalto veniva respinto dalla milizia che distruggeva 3 carri armati, 3 BMP, 3 BTR, 1 BMD e 1 autocarro majdanisti. A Pervomajsk la milizia respingeva per due volte l’offensiva del battaglione naziatlantisa “Donbass”, che subiva notevoli perdite. A Shahktjorsk la milizia distruggeva altri 3 carri armati, 3 BMP e 2 autoveicoli della 25.ma brigata ucraina. Il 3 agosto, tra Marienka e Aleksandrovka, 10 km ad ovest di Donetsk, la milizia respingeva le unità della 51.ma brigata meccanizzata ucraina, che perdeva 2 carri armati T-62 e 2 BTR. La milizia subiva 2 caduti e 15 feriti. A Stakhanov la milizia abbatteva 1 Sukhoj Su-25 ucraino.

Il 4 agosto, la 72.ma brigata ucraina si disintegrava, con 450 soldati che fuggivano nel territorio della Federazione Russa abbandonando tutto il materiale nelle loro posizioni, tra cui 70 automezzi e blindati, ed altri 702 soldati ucraini che si arrendevano alla Milizia di Shahktjorsk. I soldati erano rimasti per giorni senza rifornimenti e munizioni, dopo che la giunta aveva perso 7 velivoli da trasporto per tentare di rifornirli. Gli unici che non si arrendevano erano i mercenari polacchi e i neonazisti di Fazione destra presenti tra le unità ucraine. Tra il 29 luglio e il 3 agosto, la 72.ma brigata aveva perso 454 soldati e 125 automezzi, tra cui 30 carri armati T-64. I resti della 79.ma brigata aeroportata, della 24.ma brigata fucilieri motorizzati, dei battaglioni Shakhtjorsk e Azov rimanevano intrappolati nella sacca meridionale. Pavel Gubarjov, a capo del Dipartimento Mobilitazione del Ministero della Difesa della Repubblica Popolare di Donestk, dichiarava, “Ciò che vediamo è il punto di svolta in questa guerra. Abbiamo fiducia, ci avviciniamo alla vittoria. L’esercito ucraino scompare, tutti si arrendono, fuggono nella Federazione Russa, non essendo più disposti a combattere. La mobilitazione non funziona e lo spirito combattivo sparisce; perciò posso certamente prevedere che non solo raggiungeremo Kiev, ma anche Lvov, e strangoleremo questa gentaglia in modo che gli ucraini dimentichino Bandera, Shukhevich e il nazionalismo integralista ucraino per altri 3 o 4 secoli. Devo sottolineare che non combattiamo ucraini, combattiamo nazisti. Costoro hanno mentalità molto diverse, ecco perché ci appelliamo agli ucraini che hanno la cattiva sorte di ritrovarsi nell’esercito ucraino, o sono stati forzatamente mobilitati. Arrendetevi e vi tratteremo con buona volontà, altrimenti disertate. Questo è il modo migliore per uscirsene. Ai nazisti ucraini che, con i loro seguaci, urlarono a Majdan “Heil agli eroi!”, la suddetta feccia fascista, non saranno risparmiati! D’ora in poi non faremo altro che scacciare tali bastardi. Non permetteremo che il Donbas diventi un campo per il fracking delle aziende occidentali. Non lasceremo che il Donbas diventi un deserto saccheggiato. Vogliamo vedere la nostra regione verde, rigogliosa e ricca. É per questo che combattiamo”. A Gorlovka, un nuovo bombardamento majdanista uccideva una persona e ne feriva altre 17. A Pervomajsk, nel bombardamento dei majdanisti veniva ucciso il pope Georgij Nikishov. A Makievka abbattuto 1 aereo d’attacco Su-25 Grac’ ucraino, mentre ad Amvrossievka veniva abbattuto 1 elicottero ucraino. A Marjupol, tiratori scelti eliminavano diversi consiglieri statunitensi. L’offensiva della junta di Kiev falliva miseramente, e il ministro della Difesa ucraino Valerij Geletej annunciava l’esaurimento dell’offensiva ed iniziava a contattare la Bielorussia con l’intenzione di chiedere a Lukashenko di essere l’intermediario nelle trattative. Il Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale e Difesa, il nazista Andrej Parubij, veniva dimissionato assieme al vicecapo della polizia politica (SBU) Jurij Stets.

Il 1° agosto, il ministero della Difesa russo mobilitava i riservisti per le esercitazioni da svolgersi tra agosto e ottobre, “L’addestramento delle principali specialità si terrà per due mesi in presidi e unità militari“. Le esercitazioni hanno lo scopo di familiarizzare i riservisti all’impiego e manutenzione dei nuovi sistemi d’arma ed equipaggiamenti dei rami specializzati in comunicazioni, missili, artiglieria, logistica, fanteria motorizzata e forze costiere. Inoltre, anche l’aeronautica russa avviava le esercitazioni di combattimento coinvolgendo oltre 100 aerei tra caccia, bombardieri ed elicotteri nei distretti militari centrale e occidentale della Russia. Il colonnello Igor Klimov dichiarava che le esercitazioni si svolgevano in collaborazione con le forze della difesa aerea russa, “In tutto, le manovre coinvolgeranno 100 aerei ed elicotteri come caccia multiruolo Su-27 Flanker, caccia MiG-31 Foxhound, cacciabombardieri Su-34 Fullback, bombardieri Su-24 Fencer così come elicotteri da combattimento Mi-8, Mi-24 e Mi-28N“. L’esercitazione prevedeva tiri contro bersagli a terra e in aria nei nuovi poligoni di tiro, nonché lanci di missili antiaerei nel poligono di Ashuluk nella regione di Astrakhan, e missioni di volo dalle basi aeree della Russia meridionale di Armavir, Krymsk, Mozdok, Morozovsk, ecc…

Fonti
alawata-tradition.blogspot.it/2014/08/ukraine-chronologie-partir-du-1er-a...
alawata-tradition.blogspot.it/2014/07/merci-tout-dabord-tous-les-disside...
cassad-eng.livejournal.com/44883.html
cassad-eng.livejournal.com/44300.html
cassad-eng.livejournal.com/42704.html
cassad-eng.livejournal.com/42490.html
cassad-eng.livejournal.com/41718.html
en.itar-tass.com/world/742935
en.itar-tass.com/russia/743425
journal-neo.org/2014/07/31/kiev-deploys-wmds-against-eastern-...
en.ria.ru/military_news/20140803/191674767/Donetsk-Militia-Says-Ukrainian-Su-25-Fighter-Plane-Shot-D...
fr.ria.ru/world/20140804/202023089.html
fr.ria.ru/defense/20140801/202011656.html
en.ria.ru/world/20140802/191634648-print/Ukrainian-Troops-Moving-Tochka-U-Missile-Launchers-to-Donets...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/08/ukraine-sitrep-by-gleb-ba...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/08/aug-1-sitrep-from-colonel-cassad-...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/07/july-20th-combat-sitrep-by-j...

Alessandro Lattanzio
5/8/2014
aurorasito.wordpress.com/2014/08/05/novorossija-disfatta-della-grande-offensiva-...
08/08/2014 20:23
 
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La Novorossjia sta vincendo la guerra

La guerra in Ucraina continua ormai da molti mesi con esiti che, nonostante l’esaltazione della stampa nostrana supina alla Nato e agli altri appetiti stranieri, appaiono tutt’altro che scontati. Anzi, oseremmo dire che questa, ridotta a trascrivere le veline dei servizi Usa e dei centri di potere sub-dominanti europei, ha già sconfitto i separatisti a colpi di titoli cubitali sui giornali. Ma i bombardamenti di carta (straccia) non fanno avanzare di un metro la linea del fronte. Nessuno, tra gli impareggiabili difensori dei diritti umani a seconda dei casi e dei popoli, ha voluto veramente fermare il massacro dei civili del sud-est e i più quotati mezzi di comunicazione hanno fatto a gara per nascondere le atrocità commesse dall’esercito, dalla guardia nazionale, dagli elementi ultranazionalisti similnazisti di Kiev che contano sull’appoggio strategico e finanziario di Washington. I cittadini del Donbass sono stati dimenticati da tutti, le loro vite sacrificate sull’altare delle strategie geopolitiche americane ed europee. Se non ci fosse stata la Russia a proteggerli la carneficina sarebbe stata di certo peggiore. Una vergogna generale che squalifica definitivamente il cosiddetto mondo libero e i suoi pretestuosi strumenti legali come il famigerato diritto internazionale che fa strame della legge e della giustizia. Ma come stanno realmente le cose? Ricordatevi delle nostre parole solitarie nella gragnuola di bombe a grappolo propagandistiche sganciate dai media occidentali per coprire la verità. Kiev sta perdendo e perderà. Entro ottobre, questo conflitto iniziato per conto dei suoi padroni alla Casa Bianca e dei loro camerieri di Bruxelles, porterà alla fine di Poroshenko e soci. I soldati governativi sono allo sbando, le defezioni hanno toccato anche i vertici delle alte gerarchie militari e le truppe vagano sul campo di battaglia senza ordini precisi o, persino, contraddittori. La linea di comando, in preda alla confusione e alla incertezza, contribuisce ad accelerare la disfatta. I reggimenti sono più che demoralizzati e le perdite significative subite da ogni unità, alla quale viene raccontato che la guerra sarà presto chiusa trionfalmente con parata nel centro della Capitale, o addirittura in Crimea, producono maggiore disorientamento, perlomeno quanto più il fatidico momento della vittoria viene procrastinato di giorni, settimane e mesi.

Molti soldati, senza eccezione di gradi e responsabilità, hanno capito che il Governo sta mentendo. Per avere salva la vita e non essere costretti ad ammazzare civili disarmati hanno preferito oltrepassare il confine e riparare in Russia. Anche quelli che erano stati feriti, senza arrendersi, sono stati trattati da questa con umanità e rispetto. Mosca li riceve fraternamente destando sorpresa in questi uomini ai quali per anni gli oligarchi, che controllano televisioni e aziende, hanno insegnato l’odio per il potente vicino, accusato di essere il responsabile di tutte le difficoltà economiche e sociali del Paese. Alcuni tra loro hanno deciso di restare in Russia, altri sono tornati a Kiev dove sono stati accolti come traditori e financo processati. Adesso, dai luoghi dove si trovano incarcerati, fanno sapere che temono ritorsioni per le loro famiglie e vorrebbero non aver mai preso la decisione sbagliata. Ovviamente, l’opinione pubblica occidentale non viene messa al corrente di tutto ciò perché lo stato ucraino è un protegé periferico dell’alleanza atlantica, autorizzato a commettere qualsiasi ingiustizia e nefandezza nel nome della democrazia e della libertà. Tuttavia, gli eventi, mentre tra compagni d'armi si diffondono queste notizie, precipitano rapidamente. Tremila, tra ufficiali e sottoufficiali, stanno contrattando la loro resa con la Russia. Sarà una mazzata tremenda per Kiev e per i suoi sponsor dell’ovest. Questa notizia non apparirà su nessun fogliaccio di Roma, di Berlino o di Parigi, ciascuno abituato a ripulire i fatti, con dovizia di particolari inventati, per fornire la versione degli avvenimenti più assurda e perciò stesso più creduta da una opinione generale allevata all’irriflessività e al qualunquismo dal sistema democratico dominante. Del resto, se la cosiddetta stampa libera è riuscita a far sparire le prove rilasciate dal Ministero della Difesa russo sull’abbattimento del Boeing malese, precipitato nei pressi di Donetsk, con quasi 300 passeggeri a bordo, accreditando, invece, le menzogne americane “reperite su Internet”, che inequivocabilmente puntano il dito sul Cremlino, non ci si può aspettare nient’altro dagli organi ufficiali dell’assolutismo elettorale “american style”. I nostri italici pennivendoli sono tra i più zelanti nell’accomodare le vicende: Zunini, Dragosei, Zafesova, Venturini (e quindi Il Fatto, il Corriere, La Stampa ecc. ecc.) sono i soldatini di fandonie pagati un tanto al chilo, capaci di scrivere che ad Odessa i separatisti sono morti per autocombustione (o per autoimmolazione, ebbene sì, pure questo hanno sostenuto) e che, nei cieli del Donbass, sono stati i filorussi ad aver aperto il fuoco sul volo malese, lanciando un missile terra-aria, frutto della loro fervida allucinazione o, meglio, della loro prezzolata inclinazione a spergiurare.

All’indomani di questa terribile circostanza è partito un nuovo ciclo di sanzioni nei confronti di Putin che ha scatenato una reazione di segno opposto di Mosca, la quale va, soprattutto, a penalizzare gli interscambi con l’UE. L’Italia, grazie alla sua inetta classe dirigente, composta di gente coraggiosa solo a parole e promesse impossibili, rischia di perdere affari per 3 mld di euro. Pazienza, saranno i connazionali a pagare col loro sangue, ridotto a poche gocce avvelenate, le cambiali sottoscritte da Roma per continuare a far parte del circolo americanocentrico, nonostante questa cieca adesione sia fonte di immani e ripetuti disastri finanziari e politici. Ma veniamo adesso a quelle che saranno le evoluzioni più interessanti dei prossimi mesi sul teatro ucraino. Mosca gode dell’appoggio cinese nelle mosse che sta mettendo in atto in quell’area. Pechino ha già ottenuto la più grossa fetta degli investimenti che saranno realizzati in Crimea. Ma gli accordi sino-russi si spingono anche sulla nascente Novorossjia, l’entità statale che emergerà dalla secessione con l’Ucraina. Una fonte riservata ci ha detto che alla Cina sarà permesso di sfruttare le ricchezze del sottosuolo di questa terra (soprattutto carbone ma anche shale gas). L’espansione industriale cinese non può essere sostenuta senza incrementi significativi nelle fonti di approvvigionamento. Si tratta di accordi di lunga durata, a prezzi concorrenziali, che sono determinanti per lo sviluppo di Pechino, proiettata ad assicurarsi rifornimenti certi e convenienti, per i prossimi decenni. La Russia sovraintenderà a queste intese senza apparire come controparte ufficiale. In cambio, la Cina darà manforte alla resistenza con un cospicuo supporto finanziario. Questo arriverà da canali “invisibili” fino a che la Novorossija non sarà riconosciuta da una parte della Comunità Internazionale. La Cina, contemporaneamente, sta usando le sue armi diplomatiche per costringere Usa ed Ue a limitare gli aiuti militari all’Ucraina. I recenti tentennamenti del Pentagono e i ripensamenti della Casa Bianca, rispetto all’appoggio incondizionato finora assicurato a Kiev, in controtendenza con le affermazioni bellicose di qualche mese addietro, sembrano confermare che le pressioni cinesi stiano avendo successo. Non appena possibile, cioè quando la diplomazia russa e cinese avrà sistemato e blindato alcune questioni, comprese quelle formali dei futuri trattati e patti bilaterali, la Novorossija avrà il riconoscimento dei Brics. Nella partita entrerà anche l’Iran che in cambio di petrolio otterrà sostegno militare dalla Novorossjia. Quest’ultima invierà forze altamente preparate per spazzare via l’Isis che sta creando sconquasso tra Iraq e Siria.

Se qualcuno crede che il territorio della nuova formazione particolare che sta nascendo in Ucraina si limiterà alle due piccole enclave di Donestk e Lugansk si sbaglia di grosso. Anche Odessa e Karkhov ne faranno parte. Almeno nell’imminente, perché il possibile crollo di Kiev spalanca opzioni di cui diremo più in là. Soprattutto Odessa è necessaria alla Russia (e alla Cina) per i suoi porti e per la sua vicinanza alla base in Crimea. Per le stesse motivazioni Washington aveva puntato sulla medesima città, con l’intento di neutralizzare l’insediamento militare russo a Sebastopoli. Da adesso fino ad ottobre, quindi, l’esercito novorusso partirà con una grande controffensiva finalizzata a liberare le terre ancora occupate dalle armate ucraine. Stanno arrivando rinforzi da tutto il territorio dell’ex Unione Sovietica, compresi quelli dalla Siberia dove sono stati mobilitati gli ex ufficiali che hanno preso parte al conflitto in Afghanistan. Gli Usa, indubbiamente, non se ne staranno con le mani in mano e proveranno a spezzare questo fronte antiamericano, in via di solidificazione, con ogni mezzo. Si sono messi già al lavoro alimentando le tensioni tra Armenia e Azerbaijan. Seguiranno altre e più temibili provocazioni che coinvolgeranno, in primo luogo, quei paesi dell’ex URSS dove i sentimenti antirussi sono più radicati. Tali partite strategiche animeranno questa fase e l’epoca storica in cui ci stiamo affacciando. Il mondo multipolare (di transizione) ci riserverà molte sorprese e non mancheranno inevitabili vicende sanguinose di cui saremo attori (come paesi e gruppi sociali) e spettatori. Il caos mondiale che ne seguirà sconvolgerà le nostre ataviche convinzioni e i principi morali e sociali con i quali siamo cresciuti, certi che la storia dell’umanità si fosse incamminata su un sentiero di pace e prosperità globale. Con l’entrata nel policentrismo la competitività tra le potenze salirà di livello e i contrasti geopolitici si faranno ancor più diretti e scuotenti. Gli Stati Uniti (che sono ancora la potenza predominante) dovranno dimostrare di essere in grado di conservare la propria eccezionalità la quale, in ogni caso, non assomiglierà nemmeno lontanamente a quella attuale. Forma e sostanza della sua egemonia si riconfigureranno con l’incremento delle lotte e dei disequilibri della prossima età policentrica, della quale noi riusciamo a scorgere soltanto i primi timidi cenni e baluginamenti. La Storia è ancora in marcia nonostante qualcuno abbia tentato di farcela creder morta, con le idiozie (e “ideocrazie”) della globalizzazione a spinta americana.

Paul Robert Spadoni
08/08/2014
www.facebook.com/conflittistrategie/posts/758421817530156
14/08/2014 05:22
 
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Ucraina: la doppia anima dell’America di Obama

È il 9 Marzo 2011: il vicepresidente americano Joe Biden visita Mosca, tappa del suo tour europeo. La sera, durante il ricevimento al Cremlino, si avvicina a Putin e gli sussurra “signor Presidente, io la sto guardando negli occhi e penso che lei non abbia un’anima”. Putin gli sorride e risponde:“Io e lei ci capiamo”. La storia l’ha raccontata lo stesso Joe Biden in un lunghissimo profilo biografico che Evan Osnos gli ha dedicato su The New Yorker, la prestigiosa rivista liberal americana. L’uomo che gestisce alcuni dei dossier più importanti della politica estera di Obama (tra cui quello ucraino) e che qualcuno ha definito “il più influente vicepresidente” della storia americana, non ha mai nascosto il suo disprezzo nei confronti del leader russo. Joe Biden fu affiancato a Obama nel 2008 proprio per coprirlo sul lato della politica estera, dove il candidato democratico sembrava più fragile e inesperto; è lui che fin dall’inizio ha seguito la crisi in Ucraina; ed è lui, non Obama, che nei giorni drammatici di piazza Maidan nel febbraio 2014, ha parlato al telefono per nove volte con l’ex presidente Yanukovich esortandolo ad una mediazione con i rivoltosi. E quando Yanukovich è fuggito, l’Ucraina è precipitata nel caos e Mosca ha annesso la Crimea a difesa della maggioranza russofona, il giorno di Pasqua Biden è salito sull’Air Force Two (il Boeing 757 attrezzato per i viaggi di vicepresidenti e segretari di Stato) ed è volato a Kiev per “rassicurare il fragile governo ucraino” e scoraggiare Putin da eventuali desideri di espansione; perché, come lui stesso ricorda: “Il presidente Obama mi manda nei luoghi dove lui non vuole andare”. Biden si è incontrato con gli esponenti dell’insurrezione filo-occidentale, ha selezionato il futuro presidente ucraino Poroshenko tra i diversi candidati e ha promesso aiuti ed assistenza nel settore energetico. Obiettivo: liberare l’Ucraina dalla dipendenza economica dalla Russia. Detto fatto, poche settimane dopo suo figlio Hunter Biden, avvocato d’affari di successo, è entrato nel Consiglio d’amministrazione di Burisma, la più importante società di estrazione di gas e petrolio dell’Ucraina, ufficialmente come esperto legale per la corporate governance e le relazioni internazionali. Il connubio Hunter Biden/Burisma è il riflesso perfetto della politica estera americana in Ucraina. Insieme al figlio di Biden è stato nominato Devon Archer ex consigliere di John Kerry nella campagna elettorale del 2004 e socio di Biden nella società di consulenza internazionale Rosemont Seneca; ed è proprio questa società, poche settimane fa, ad aver dato vita a quello che il Wall Street Journal ha definito “il più grande fondo private equity cinese-americano”, realizzato insieme al Bohai Investment di Pechino e all’Harvest Global Investment di Hong Kong. Il fondo si propone di raccogliere oltre 1,5 miliardi di dollari concentrando la sua attività sulle fusioni e acquisizioni internazionali nel comparto di energia e risorse (soprattutto gas naturale, ovviamente). L’immagine dell’America impegnata nella difesa della democrazia ucraina contro il pericolo russo non esce indenne da questa storia. Persino il Washington Post, di solito molto allineato con gli esponenti dell’amministrazione Obama, si chiede “quanto dev’essere alto lo stipendio del figlio di Biden per mettere così a rischio il soft power statunitense”; tanto più che questo avvalora la propaganda di Putin secondo cui l’America di Obama, si muove in Ucraina con intenti affaristici e non umanitari. Secondo il Time sono molti i membri legati al partito democratico reclutati da Burisma: anche David Leiter, capo staff del Segretario di Stato John Kerry, è stato assunto come consulente. Persino la società di comunicazione di Burisma è americana: la FTI Consulting, il cui direttore è uno degli strateghi di comunicazione dei candidati democratici. utto questo impegno per salvare il gas ucraino richiede sforzi ulteriori: il 27 giugno scorso quattro senatori democratici hanno chiesto ad Obama di stanziare altri 40 milioni di dollari in aiuti all’Ucraina per aumentare la produzione interna di gas e l’efficienza del suo mercato; ma l’obiettivo è soprattutto un altro: consentire a Burisma, già autorizzata dal governo di Kiev, l’estrazione degli immensi giacimenti di gas naturale ancora non sfruttati e tra i maggiori al mondo (tra cui quelli zona di Donetsk, dove infuria la guerra civile con i filorussi). Difendere la democrazia in Ucraina è una cosa bella; lo è ancora di più se fa guadagnare soldi attraverso il controllo del mercato del gas. Nel frattempo, come se nulla fosse, Joe Biden ha continuato i suoi viaggi a Kiev per appoggiare il governo ucraino; il 19 giugno scorso ha denunciato:“I russi usano l’energia come strumento di politica estera”. Se Putin non ha l’anima, Joe Biden ce l’ha doppia.

Giampaolo Rossi
12 agosto 2014
blog.ilgiornale.it/rossi/2014/08/12/ucraina-la-doppia-anima-dellamerica-d...
20/08/2014 01:52
 
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La sovversione anti-russa distruggerà la UE

«L’Europa forse è andata a cercare la propria morte in Ucraina», ha detto Emmanuel Todd intervistato da France Culture il 26 maggio: «Questa continuerà a disintegrarsi e la causa sarà l’Europa e non la Russia». E poi: «La parte orientale d’Europa è una zona di non-costruzione statale, di violenza. Qualcosa di malefico si sta preparando laggiù».

Una “legione tedesca” per combattere Kiev?
Mentre le truppe di Kiev, integrate da contractors americani, intensificano i massacri contro i russi di Donetsk, in un vero genocidio ad armi impari – con l’uso di bombardieri Su-25 ed elicotteri d’assalto contro i mal armati difensori – fra l’indifferenza ufficiale dei Governi europei, è invece la popolazione tedesca a dare segni di inquietudine e rivolta. Da settimane si susseguono, estendendosi a numerose città, le «manifestazioni del lunedì» Montagsdemos, in cui attivisti politici, gente dei media e comuni cittadini prendono il microfono per denunciare la NATO e le sue sovversioni, e il Governo di Berlino che partecipa all’opera di sovversione americana. Non è solo che i tedeschi si sentono fisicamente e storicamente vicini (più di noi) all’Est, e quindi più coinvolti. È che in Germania vivono oltre tre milioni di russo-tedeschi, o tedeschi russofoni, arrivati dopo il collasso dell’URSS: quasi due milioni tornati di antica discendenza germanica fra il 1992 e il 2007 approfittando di una «legge del ritorno» che consentì loro di ottenere la cittadinanza, mezzo milione di russi immigrati per motivi economici, altri che abitavano nella Repubblica Democratica (Germania Est) come elementi dell’apparato imperiale comunista, e lì rimasti spiaggiati dopo l’unificazione delle due Germanie. Moltissimi i tedeschi dell’Est che parlano russo, membri del partito defunto, ma uniti da antiche fedeltà a Mosca, nostalgie sovietiche e ancora traumatizzati dalla scomparsa dello stato che fu il loro, la RDT; quindi ben capaci di immedesimarsi negli ucraini russofoni, sotto aggressione armata da parte del Governo di Kiev. Questa gente ha cominciato a riunirsi un lunedì dopo l’altro, anzitutto per protestare contro le menzogne dei grandi media, ZDF, ARD, di cui – parlando loro il russo – erano ben coscienti; protestano inoltre per l’interdizione da parte del cosiddetto Governo di Kiev del partito comunista ucraino, e per il mancato riconoscimento del referendum di Crimea, con cui quella popolazione ha espresso la sua volontà di unirsi alla Russia, per il fatto che le truppe ucraine di Kiev si mostrino con uniformi palesemente fornite da Berlino. A poco a poco sono riusciti ad attrarre pacifisti tedeschi, esasperati dalla passività dei Verdi e del Linke (sinistra alternativa) che sono i partiti di riferimento del pacifismo, ma che ignorano la tragedia che avviene alle porte di casa. È in questi gruppi che sarebbe nata l’idea di costituire una «legione tedesca» per andare a difendere i russi ucraini. Il periodico moscovita Kultura sostiene che 400 militanti sono disposti a partire. Si sono battezzati «Battaglione Thalmann» in onore alla legione comunista tedesca che andò a battersi contro i fascisti nella Guerra di Spagna del 1936, organizzata da Ernst Thalmann, capo del partito comunista tedesco clandestino sotto il nazismo e agitatore staliniano. «Adesso, dobbiamo andare contro i fascisti di Kiev», dicono. Il fatto che molti di loro sono veterani dell’Armata Rossa o ex membri delle truppe speciali tedesco-orientali conferisce una certa credibilità all’intenzione. In ogni caso, ecco un primo segno che la destabilizzazione occidentalista in Ucraina in funzione anti-russa, può avere contraccolpi inattesi nell’Ovest europeo.

Putin guarda a Marine Le Pen
Per esempio:«I risultati delle elezioni europee sono considerati con gioia al Cremlino. Molti commentatori in Russia hanno una visione molto diversa rispetto ai loro colleghi occidentali di quel che è accaduto. Laddove gli analisti occidentali parlano di trionfo dei partiti xenofobi e neofascisti, i russi vedono la vittoria di forze popolari anti-UER, anti-NATO e, in ultimo, anti-USA». Così commenta un misterioso sito filo-russo eccezionalmente ben informato, The Vineyard of the Saker. «Nel Front National» per esempio, «Mosca vede anzitutto un movimento anti-sistema, anti-capitalista, profondamente intriso dei valori come “Sinistra del lavoro, destra dei valori”, promossi da Alain Soral». Più in generale, considera che si sono affermati in Europa occidentale partiti che si oppongono al globalismo, alle entità sovrannazionali come la UE o la NATO, alla sistematica distruzione dei valori tradizionali europei, all’avventurismo aggressivo americano. «In altre parole – conclude Saker – quelli del Cremlino e il Front National coincidono in molte cose ed è un fatto che queste due realtà possano andar benissimo d’accordo. La Russia sembra contare sul fatto che alla fine dell’anno potrebbe trovare un’Europa molto più amichevole». Fino ad oggi, Putin ha mantenuto un’esemplare non-ingerenza nelle faccende europee, al contrario di quanto facciano gli europei (ed americani) in Ucraina e nella zona di influenza russa. Ma ora che i suoi interessi strategici nazionali sono minacciati così gravemente, nulla assicura che Mosca non si metta ad applicare il «metodo Nuland» nei Paesi europei occidentali: ossia eccitare la sovversione interna, con l’organizzazione e il rafforzamento dei gruppi «populisti», il finanziamento ed addestramento per rivolte di piazza «à la Maidan» di malcontenti e dissidenti, creati in gran numero da una crisi che dura dal 2008, che produce milioni di disoccupati e a cui l’Establishment europoide non ha intenzione di mettere rimedio, perché i rimedi sarebbero penalizzanti per finanza e banche.

Sventato il golpe americano in Crimea

E fino a che punto gli interessi vitali di Mosca siano minacciati, lo dicono le indiscrezioni di fonte russa sul perché Putin si sia affrettato ad occupare e dichiarare russa la Crimea. Aveva le prove che il colpo di Stato organizzato a Kiev nel febbraio scorso aveva uno scopo preciso: la neutralizzazione della forza di proiezione della flotta russa stazionata a Sebastopoli nel Mar Nero, e la sua sostituzione con la flotta USA. Ricapitoliamo i fatti: il 18 febbraio 2014, il Parlamento ucraino è occupato dagli attivisti armati dei partiti neonazi Svoboda e Pravi Sektor; il 22 febbraio, il presidente Yanukovich è costretto a lasciare Kiev, e il potere viene preso dai filo-occidentali. Immediatamente, viene nominato direttore dei servizi di sicurezza ucraini (USB) Valentin Nalyvaichenko. Chi è costui? È un cittadino americano:



Guarda caso, il 13 febbraio uno dei quattro gruppi d’assalto aeronavali americani, formato attorno alla portaerei a propulsione nucleare George Bush (CSG-2), lascia la base navale di Norfolk per dirigersi nell’Egeo. La George Bush ha 102 tonnellate di stazza e 90 aerei a bordo; è accompagnata da 16 navi da guerra, fra cui l’incrociatore USS Philippine Sea, i lanciamissili Truxtun e Roosevelt, e tre sottomarini nucleari d’attacco. Il 22 febbraio, quando Yanukovich è scacciato dal potere, il Gruppo aeronavale statunitense si appresta ad entrare nel Mar Nero attraverso il Bosforo. Ciò viola il Trattato di Montreux (1936) che consente il passaggio attraverso lo stretto dei Dardanelli soltanto a navi da guerra di stazza massima 45 mila tonnellate; ma – come ha rivelato il giornale turco Hurriyet citando fonti della Difesa di Ankara – le autorità turche hanno segretamente dato il permesso di entrata alla formidabile flotta americana. Questa è la flotta che avrebbe dovuto prendere il posto della Flotta del Mar Nero russa, nelle sue basi in Crimea. Ci si aspettava evidentemente che anche la Crimea avrebbe «scelto la democrazia» e la flotta a stelle e strisce sarebbe stata accolta in festa. Invece la folla scende in piazza a Sebastopoli, e dopo giorni di assedio del Parlamento della repubblica autonoma di Crimea, caccia dal governo il Primo Ministro Anatoly Mohyliov, che aveva sùbito proclamato la sua fedeltà al Governo golpista di Kiev (anche se aveva comprato la carica donando a Yanukovich una lussuosa villa di vacanze a Yalta). Al suo posto viene votato Sergey Aksyonov, capo delle forze pro-russe. Il 6 marzo, il Parlamento autonomo di Crimea dichiara a maggioranza la scissione da Kiev e annuncia per il 16 marzo il referendum per la ricongiunzione della Crimea alla madrepatria russa. Ciò ostacola, o fa fallire, il piano americano. Il 5 marzo, l’ordine iniziale ricevuto dal gruppo aeronavale è annullato, e il nuovo ordine gli ingiunge di fare rotta dal Pireo ad Antalya, base navale turca, e restare in attesa. I cacciatorpediniere USS Truxtun, USS Donald Cook e la fregata USS Taylor saranno le sole navi che saranno mandate in ricognizione ad incrociare davanti alle coste della Crimea del Nord, dal 7 marzo al 22 aprile, sotto pretesto di esercitazioni congiunte con le marine bulgara e romena.



L’aviazione militare russa ha rivelato ai media (russi) che la USS Donald Cook aveva lo scopo di perturbare la linea di dati tra le antenne riceventi del Centro Spaziale della Flotta russa nel Mar Nero e la rete di satelliti militari ELINT nello spettro elettromagnetico; complesso ed avanzatissimo sistema che trasmette alla Crimea i dati della sorveglianza elettronica dei radar e dei sistemi di navigazione della flotta americana, gli aerei di bordo e i missili anti-nave imbarcati. L’aviazione russa ha dovuto mettere fine all’azione della Cook facendo sorvolare due Su-24MP per 11 volte a raso-ponte la nave americana avendo a bordo sistemi di disturbo nella gamma di frequenze 12-18 GH, utilizzate per neutralizzare il radar di difesa attorno all’incrociatore USA. Per di più, le forze speciali russe avevano la certezza che a bordo delle tre navi americane erano presenti sei gruppi di commandos ciascuno formato da 16 elementi; pronti a raggiungere la costa nuotando sott’acqua, invisibili, costoro avrebbero dovuto compiere azioni di sabotaggio e soprattutto creare il panico tra la popolazione, per esempio provocando esplosioni su mezzi pubblici nelle ore di punta, facendo saltare edifici pubblici eccetera. Nell’imminenza del referendum di adesione della Crimea alla Russia, la paura seminata dai commandos si sarebbe tradotta in una minore partecipazione al voto da parte della popolazione, che avrebbe dato la scusa per invalidare l’elezione. Per evitare tale azione, «i russi hanno esercitato un controllo stretto e preventivo, impenetrabile».


La USS Donald Cook

Effettivamente, un sito della Crimea ha riferito che membri di commandos di alcuni Paesi NATO sarebbero stati catturati sulle coste, e dava come indizio il fatto che il procuratore generale di Crimea, la bella Natalia Poklonskaia, aveva assunto d’urgenza dei traduttori e interpreti in lingue di Paesi della NATO vicini dell’Ucraina e «aventi uno sbocco al mare», il che poteva indicare la Romania. L’articolo con tali rivelazioni è stato prontamente ritirato per ordine superiore, perché in assenza di una dichiarazione di guerra contro la Russia, sarebbe stata una violazione patente, da parte della NATO, della Convenzione dell’Aia sulle leggi e gli obblighi di guerra: la prova insomma che l’Alleanza Atlantica conduce atti di guerra illegale, e a cui Mosca avrebbe dovuto rispondere con atti di guerra. Tuttavia una conferma indiretta dei fatti è venuta il 12 maggio 2014 dagli stessi eurocrati, i quali hanno aggiunto Natalia Poklonskaia, la procuratrice, alla lista delle personalità russe a cui è vietata l’entrata nei Paesi UE.


Natalia Poklonskaia

Sicché il referendum ha avuto luogo. L’83% della popolazione ha votato, e il 99,7 ha scelto la Russia. Di conseguenza, la flotta americana capeggiata dalla portaerei George Bush ha ricevuto l’ordine di abbandonare definitivamente la missione, di uscire dall’Egeo e dirigere su Bahrein. L’importanza per Mosca di mantenere ad ogni costo Sebastopoli è dettata dall’enorme importanza assunta dalla Flotta del Mar Nero, recentemente rinnovata e dotata di 20 navi moderne, fra cui sei sottomarini, fregate lanciamissili specializzate nella ricerca radio-elettrica e disturbo, la nuova porta-elicotteri di classe Mistral fabbricata dai francesi. La Flotta comprende un potente corpo di spedizione (o di proiezione rapida) composta di truppe aerotrasportate e fanteria di marina. È appoggiata dalla quarta divisione aerea e da forze d’appoggio anti-aerei. Inoltre, una flotta indipendente di trasporto pesante, composta di 135 aerei Antonov-22, An-124, IL-76MD et An-12, assicurano la proiezione di 80 mila soldati del 49 e 58mo corpo d’armata. Questa forza di proiezione rapida è subordinata alla Flotta del Mar Nero, e ufficialmente l’insieme è destinato a combattere «il terrorismo» (sic) nel bacino mediterraneo, in Africa orientale o in Medio Oriente fino al Golfo Persico. Ma ancor più potente è la parte invisibile, o quasi, della Flotta: il centro di gestione delle missioni spaziali KIP-10, avente sede presso la Flotta del Mar Nero fin dai tempi sovietici, e che gestiva le missioni Saliout, Soyouz, Soyouz-Apollo e Lunokhod. Oggi il Centro Spaziale riceve i dati informativi dai radar antibalistici tipo Voronej-M (distanza del raggio: 6 mila chilometri) coordinati coi captatori ottici e laser situati a Lekhtusi (presso San Pietroburgo), Pionersi (Kaliningrad), Armavir (riva orientale del Mar Nero). Il Centro Spaziale riceve le informazioni dei satelliti d’allarme precoce KMO/K, capaci di scoprire dalla loro orbita i lanci di missili, da crociera o balistici. Il tutto si basa su antenne di 70 metri di diametro, come quella di Evpatoria in Crimea, riprodotta qui:



La disorganizzazione e neutralizzazione di questo centro nervoso cruciale situato in Crimea è chiaramente la prima mira del Pentagono, perché ha di fronte il più grave ostacolo alla sua egemonia e alla sua espansione verso l’Asia centrale. A questo punto, sembra proprio che il golpe provocato a Kiev, con la messa al potere di un Governo fantoccio «democratico», avesse questo scopo come primario, e l’adesione di Kiev alla NATO solo come secondario. Contavano su una elezione presidenziale e sul trionfo di un potere «democratico», che avrebbe ingiunto ai russi di sloggiare la base, e avrebbe invitato al loro posto gli americani. La fretta però li ha traditi; credendosi ormai padroni della situazione, hanno dispiegato prematuramente un intero squadrone di droni (aerei spia senza pilota) di ricognizione a Dnepropetrovsk; questi sorvoli al disopra della Crimea prima dell’annuncio del referendum avrebbero rivelato ai russi (all’ascolto sotto le loro antenne) le vere intenzioni USA. In questo video potete vedere un drone americano che sorvola installazioni russe, ripreso dai russi stessi:



Maurizio Blondet
29 Maggio 2014
www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=297565%3Ala-sovversione-anti-russa-distruggera-la-ue&catid=83%3Afree&Itemi...
20/08/2014 02:03
 
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Finlandia e Germania non forniranno aiuti militari all'Ucraina

Il Primo ministro della Finlandia Alexander Stubb ha detto che la questione non è all'ordine del giorno. Ha evidenziato che tali aiuti non possono provenire nemmeno dalla NATO. Il capo del governo finlandese ha sottolineato che l'Alleanza aiuta solo i suoi membri e tutti lo sanno. La stessa posizione è stata espressa ufficialmente da Berlino. La richiesta di sostegno militare è stata espressa dal capo del Ministero degli Esteri ucraino Pavel Klimkin. Il 18 agosto il presidente della Verkhovna Rada Aleksandr Turchynov ha dichiarato che Kiev necessita di aiuti sotto forma di attrezzature militari.

19 agosto 2014
italian.ruvr.ru/news/2014_08_19/Finlandia-e-Germania-non-forniranno-aiuti-militari-allUcrai...
22/08/2014 01:31
 
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Novorossija, nuove sconfitte di Kiev e manovre di Mosca

L’offensiva majdanista lanciata a metà agosto per circondare Donetsk e fratturare la Novorossija si risolveva in un nuovo disastro per Kiev. Dopo una prima avanzata tra le linee difensive dei federalisti, le unità ucraine sono state nuovamente accerchiate dalla milizia, prima ancora di raggiungere un qualsiasi obiettivo strategico. Il 13 agosto, il fronte principale di Novorossia era l’enclave majdanista presso l’aeroporto di Lugansk, e l’offensiva di Kiev su Ilovajsk, Debaltsevo e Uglegorsk. L’obiettivo dell’offensiva su Ilovajsk era tagliare la strada principale dei rifornimenti per Donetsk. A Ilovajsk, la milizia distruggeva 3 carri armati e 4 blindati ucraini. A Stepanovka, il battaglione speciale majdanista Gorin veniva distrutto dai lanciarazzi MLRS Grad della milizia faderalista. A nord iniziava la nuova grande offensiva della giunta majdanista. Dopo un massiccio bombardamento su Donetsk e Jasinovataja, si ebbe l’attacco dei carri armati verso Enakievo, contemporaneamente vi fu l’attacco su Uglegorsk. Scopo dell’offensiva era tagliare Gorlovka dalle principali forze della milizia. Continuavano i combattimenti nella zona Torez-Snezhnoe-Mjusinsk, dove la giunta golpista di Kiev subiva perdite notevoli. Krasnij Luch era saldamente controllata dalle milizie, sventando la minaccia di tagliare in due Novorossija. Presso Antratsit, la milizia circondava le forze majdaniste che avevano sfondato a Krasnij Luch. Il gruppo di Mozgovoj, da Stakhanov e Alchevsk, continuava ad operare tra Pervomajsk e Debaltsevo. Nel complesso l’offensiva della giunta, anche se è effettuata con notevoli forze, risultava più debole del previsto, probabilmente ciò era dovuto al processo di esaurimento dei militari ucraini e alla significativa resilienza della milizia.

A Donetsk, un commando del comandante della milizia Bezler distruggeva una postazione d’artiglieria ucraina che bombardava la città. 20 militari ucraini furono uccisi e 3 MLRS BM-27 Uragan distrutti. Altri 4 MLRS Uragan furono catturati assieme a grandi quantità di munizioni e a 2 mortai semoventi 2S4 Tulip da 240mm, “Catturando la zona fortificata sono stati distrutti 3 lanciarazzi multipli Uragan. 20 soldati ucraini sono stati eliminati e sei feriti. Sono stati catturati 4 lanciarazzi Uragan, 2 mortai semoventi, più di 500 razzi e munizioni“. Sempre presso Donetsk, un’unità di Pravij Sektor cadeva in un’imboscata, 12 i neonazisti eliminati e 13 arrestati. La sera del 13 agosto, un gruppo di 10 carri armati con BTR, BMP e diversi autocarri partiva dall’aeroporto di Lugansk in direzione di Novosvetlovka. Il gruppo meccanizzato si precipitò sulla carreggiata Krasnodon-Lugansk tagliandola nella zona di Novosvetlovka, dove si svolsero pesanti combattimenti. Il gruppo ucraino, composto dalla 1.ma brigata corazzata e dal battaglione neonazista Ajdar, veniva circondato subendo gravi perdite, principalmente per opera dell’artiglieria della milizia, perdendo almeno 4 carri armati, mentre la milizia ne perse 1. Krasnodon oltre a dover ricevere il carico umanitario da Mosca, è infatti il centro di coordinamento delle milizie. Il comando di Krasnodon fu creato dopo il viaggio di Bezler a Mosca, dove visitò lo Stato Maggiore e chiese aiuto per l’organizzazione del comando delle milizie. Lo Stato maggiore formatosi a Krasnodon, cercava di coordinare i vari gruppi della milizia. Dopo la liquidazione della sacca meridionale, forze significative della milizia furono rese disponibili per gli altri fronti. Nei bombardamenti dei majdanisti, dall’11 al 14 agosto, furono uccisi 96 civili: 74 nel Donetsk e 22 presso Lugansk. A Gorlovka, il vicino impianto chimico veniva colpito e il personale e i residenti evacuati. Presso Savroka, la controffensiva delle forze della RPD, iniziata l’11 agosto, portava alla liberazione di Stepanovka e Marinovka, nel pomeriggio del 13 agosto, accerchiando altri tre gruppi corazzati ucraini. Diversi soldati e ufficiali ucraini furono presi prigionieri, tra cui Nikolaj Zakorpatsk, colonnello e commissario politico del battaglione speciale Grad. La reazione dei golpisti portava a pesanti combattimenti nella periferia di Stepanovka, il 13-14 agosto. Jasinovataja veniva nuovamente liberata dalle milizie della RPD, mentre presso Gorlovka i majdanisti perdevano decine di blindati. Il raggruppamento Mozgovoj che aveva avviato un’offensiva da Debaltsevo, le truppe della junta di Kiev rischiavano di finire nuovamente circondate. La mattina del 15 agosto, il battaglione neonazista Ajdar subiva 22 morti e 36 feriti presso Khrjashevatoe. Presso Izjum i guerriglieri della milizia eliminavano 6 mercenari polacchi della Othago. Nella zona di Novosvetlovka, le unità ucraine perdevano la metà di una compagnia di carri armati. L’artiglieria della RPL martellava le posizioni occupate dai resti della compagnia carri armati e di una di fanteria motorizzata ucraine. Il comandante del battaglione neonazista Rus di Kiev, Gumenjuk, veniva eliminato a Slavjansk. A Lugansk, la milizia intercettava tre commando della naziguardia a bordo di un auto civile sulla strada tra la Russia e Lugansk, per tendere un agguato al convoglio umanitario russo piantando delle mine lungo il suo percorso. Durante l’interrogatorio, i commando dissero che l’esercito ucraino aveva inviato 7 squadre di sabotatori nelle regioni di Donetsk e Lugansk per tendere imboscate sulle strade controllate dalla milizia. Il 16 agosto Zhdanovka, tra Donetsk e Gorlovka, veniva occupata dai majdanisti minacciando così Enakievo da sud; qui l’esercito della RPD si concentrava liberando poco dopo Zhdanovka e Nizhnaja Krinka, dove gli ucraini perdevano 32 mezzi, tra cui 6 MLRS Grad. L’esercito della RPD liberava il valico di frontiera di Uspenka. Kozhevnja veniva liberata mentre tra Mjusinsk e Krasnij Luch le unità ucraine furono isolate ed eliminate. Qui 17 soldati della 25.ma brigata ucraina disertavano nella Federazione Russa. Ad ovest e a nord di Lugansk, la milizia liberava Zimgore, Rodakovo e Sabovka, accerchiando il raggruppamento majdanista di Lutugino.

A Ilovajsk, 20 km a est di Donetsk, i majdanisti subirono la perdita di 2 carri armati, 2 BMP e 30 effettivi. A Savrovka la milizia distruggeva 2 BTR ucraini. La Milizia abbatteva 3 aerei ca combattimento ucraini, 1 MiG-29 presso Lugansk e 2 Su-25 presso Krasnodon. Le milizie della Novorossija distruggevano un grande serbatoio di carburante presso Chuguev, Kharkov. Un migliaio di tonnellate di prodotti petroliferi furono bruciati. Il 17 agosto, un primo segmento di 16 camion del convoglio umanitario russo, arrivava al posto di frontiera di Izvarino. Il 18 agosto, l’artiglieria delle milizie della Repubblica Popolare di Lugansk distrussero 6 carri armati e 1 BTR ucraini presso Krsanodon, dove 400 guardie nazionali ucraine erano accerchiate. Il 19 agosto, ad Ilovajsk gli ucraini persero una compagnia carri armati della 71.ma brigata corazzata, mentre una compagnia mista della 93.ma brigata veniva intrappolata in città con i resti del battaglione Donbass; anche tre compagnie BTR della 51.ma brigata furono distrutte mentre risultavano dispersi la 5.ta compagnia del battaglione Dnepr-1 e il 2.do plotone del battaglione Azov. Per alleviare l’assedio, i battaglioni Dnepr, Azov e Shakhtjorsk e bande di Pravjy Sektor furono inviati ad Ilovajsk, dove tentarono di entrare in città per tre volte, ogni volta venendo respinti dalla milizia. Dopo di che i tre battaglioni naziatlantisti si ritiravano. Qui i majdanisti persero 3 carri armati, 3 BMP, 3 BTR, una decina di autoveicoli ed ebbero 150 tra morti e feriti. Presso Lugansk, i majdanisti tentarono di difendere le posizioni presso Cheljuskinets, Khrjashevatoe, Novosvetlovka e Georgievka, dove l’esercito del Sud-Est abbatteva un aereo d’attacco Su-25 e un elicottero d’attacco Mi-24 ucraini. Nella notte tra il 19 ed il 20 agosto, i majdanisti furono circondati ad Ilovajsk, mentre il loro attacco su Makeevka, dove gli ucraini subirono 30 perdite tra morti e feriti, veniva respinto. I golpisti ucraini bombardarono infrastrutture e aree residenziali di Donetsk causando numerose vittime tra i civili. Le unità della Guardia Nazionale ucraina tentarono d’entrare a Staromkihajlovka, nella periferia occidentale di Donetsk, me le forze di autodifesa le respinsero. Quindi, nei combattimenti presso Ilovajsk, Novosvetlovka, Khrjashevatoe, Gorlovka e Jasinovataja, le truppe della giunta di Kiev subivano la perdita di 483 soldati mentre altri 700 furono feriti. Tra i morti si contavano il comandante del battaglione neonazista Donbass Semjon Semenchenko e il mercenario statunitense Mark Paslavskij.

Le forze della junta di Kiev avevano perso il nucleo dei reparti militari professionali, che venivano sempre più integrati, e poi sostituiti, da unità di volontari e riservisti. Le perdite subite dalle truppe di Kiev, quindi, l’avevano costretta a richiamare in prima linea le unità di riserva. In altre parole, le unità più efficienti della junta erano state distrutte, come le brigate 72.ma, 79.ma, 51.ma e 24.ma, o erano accerchiate, come le brigate 80.ma, 95.ma, 30.ma e i resti della 24.ma. Inoltre, secondo Kiev, le milizie avevano fatto prigionieri 1007 soldati e ufficiali ucraini. L’equilibrio delle forze si spostava a favore delle forze armate di Novorossija. Il nuovo premier della RPL, Zakharchenko, infatti dichiarava che le riserve di Novorossija contavano 30 carri armati, 120 tra BTR e BMP, e pezzi d’artiglieria. Mosca inviava un convoglio umanitario di 287 camion destinato a consegnare 400 tonnellate di cereali, 100 di zucchero, 62 di alimenti per l’infanzia, 54 di medicine e attrezzature mediche, 12000 sacchi a pelo e 69 generatori alla Novorussia. Il 13 e 14 agosto, si dimettevano dai loro incarichi Igor Strelkov e Valerij Bolotov. Igor Strelkov, dimessosi da ministro della Difesa della RPD, veniva sostituito da Viktor Kononov. Valerij Bolotov si dimetteva da premier della Repubblica popolare di Lugansk, “Ho preso la decisione di abbandonare la posizione alla testa della Repubblica Popolare di Lugansk. Le conseguenze delle ferite non mi permettono di lavorare in questa posizione a pieno beneficio dei residenti di Lugansk, in questo difficile momento militare“. “Le dimissioni di Valerij Bolotov da primo ministro della RPL si spiega con le stesse ragioni delle dimissioni di Aleksandr Borodaj da primo ministro della Repubblica Popolare di Donetsk, avvenuta pochi giorni prima. Secondo alcune fonti ciò avveniva in base a un accordo tra Rinat Akhmetov e la dirigenza di Novorossija. Inoltre, Rinat Akhmetov intendeva inviare aiuti umanitari nella regione di Donetsk e Lugansk per non meno di 10mila tonnellate, tramite l’ONG “Aiutiamo” che egli finanzia. Bolotov, ex-sergente delle VDV, veniva sostituito da Igor Plotnitskij, ex-maggiore d’artiglieria. Queste dimissioni avvenivano dopo la costituzione dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Milizia, costituendo così l’Esercito della Novorossija, permettendo all’esercito del sud-est di cominciare a assolvere anche compiti esterni alle due repubbliche popolari, non solo militari, ma anche politici.

Oltre 1000 militari e circa un centinaio di mezzi da combattimento e attrezzature speciali delle forze armate russe, tra cui 5 elicotteri Mi-8AMTSh, partecipavano all’esercitazione sulle isole di Kunashir e Iturup, nelle Kurili, il 13 agosto. L’esercitazione comprendeva elementi della Difesa costiera dotati di velivoli senza equipaggio e un’operazione di elisbarco su una delle isole. Inoltre, il 18 agosto 400 militari russi partecipavano alle esercitazioni dell’artiglieria costiera della Flotta russa del Baltico, nella Regione di Kaliningrad, assieme ad oltre 60 sistemi d’artiglieria Gjatsint, Grad, Nona e Gvozdika. La base principale della flotta del Baltico si trova a Baltijsk, nella Regione di Kaliningrad, ed ospiterà una divisione di navi di superficie, una brigata di sottomarini, navi ausiliarie, aerei dell’aviazione navale, truppe costiere, unità speciali e di supporto. Sempre il 18 agosto, 3000 commando delle forze speciali del Collective Security Treaty Organization (CSTO), partecipavano alle esercitazioni in Kazakhstan. “Lo scopo delle esercitazioni, in tre fasi, è addestrare i contingenti e le formazioni della Forza di reazione rapida collettiva della CSTO in operazioni nella regione dell’Asia centrale“, affermava il portavoce della CSTO Vladimir Zajnetdinov. Oltre ai 3000 effettivi, alle esercitazioni parteciparono 200 mezzi militari e 30 tra jet da combattimento ed elicotteri. I 3000 effettivi comprendevano 500 paracadutisti russi, con equipaggiamento ed armamenti, una brigata aerea del Kazakhstan, una brigata per operazioni speciali bielorussa, un’unità speciale del Kirghizistan e un’unità d’assalto aereo del Tagikistan. Inoltre i Reggimenti 1.mo, 11.mo e 377.mo, dotati di sistemi S-300, della difesa aerea bielorussa, compivano esercitazioni il 19 agosto assieme alla 15.ma Brigata della difesa aerea e ai cadetti dell’Accademia Militare. Nel poligono russo di Ashuluk, dei sistemi di difesa aerea S-400 distruggevano 3 missili balistici durante le manovre militari nella regione di Astrakhan, secondo il Comandante delle truppe della Difesa Aerea ed Aerospaziale, Generale Andrej Demin. “I sistemi S-300 e S-400 lanceranno circa 20 missili il 20 agosto in risposta a un massiccio attacco aero-missilistico nemico, distruggendo ad alta e a bassa quota tali obiettivi balistici“. Circa 800 soldati e oltre 200 sistemi delle Truppe di Difesa Aerospaziale russe partecipavano alle esercitazioni. Nel frattempo, il Pentagono annunciava l’invio di 600 soldati della 1.ma brigata della 1.ma Divisione di cavalleria dell’US Army in Polonia e Stati baltici, assieme a carri armati M-1 Abrams, veicoli da combattimento e mezzi blindati, sostituendo i 600 paracadutisti della 173.ma Aerobrigata dell’US Army.

Fonti

alawata-tradition.blogspot.it/2014/08/ukraine-chronologie-partir-du-11-a...
cassad-eng.livejournal.com/63330.html
cassad-eng.livejournal.com/61581.html
cassad-eng.livejournal.com/58283.html
cassad-eng.livejournal.com/55974.html
cassad-eng.livejournal.com/57125.html
cassad-eng.livejournal.com/57985.html
cassad-eng.livejournal.com/54322.html
english.farsnews.com/newstext.aspx?nn=13930528001442
histoireetsociete.wordpress.com/2014/08/17/les-partisans-de-kharkov-detruisent-des-fournitures-pour-larmee-ukra...
histoireetsociete.wordpress.com/2014/08/13/lembarras-occidental-la-russie-a-reussi-a-faire-savoir-quil-y-avait-une-catastrophe-huma...
en.itar-tass.com/russia/745897
en.itar-tass.com/world/745486
en.itar-tass.com/world/745236
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slavyangrad.org/2014/08/17/novorossiya-military-briefing-situation-by-august-...
vineyardsaker.blogspot.fi/2014/08/a-very-telling-video-on-ukie-assa...
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vineyardsaker.blogspot.fi/2014/08/ukraine-sitrep-august-13-1515-utcz...
www.zerohedge.com/news/2014-08-14/us-sending-600-troops-apcs-and-tanks-countries-bordering-russia-reassure-thr...

Alessandro Lattanzio
21/8/2014
aurorasito.wordpress.com/2014/08/21/novorossija-nuove-sconfitte-di-kiev-e-manovre-d...
[Modificato da wheaton80 22/08/2014 01:32]
24/08/2014 01:37
 
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Kiev sta per ritirarsi

Questo è il messaggio consegnatomi questa notte dalle milizie del Donbass: “Saur Mogila resiste! Ci colpiscono con i Grad. Da un’ora ci stanno bombardando sulla testa. Abbiamo avuto delle perdite. Ci aspettiamo un attacco dei blindati. Speriamo per il meglio”. Onore a questi soldati, ai loro caduti e alla loro strenua resistenza divenuta sempre più eroica col passare dei mesi. Vi riporto la missiva per dimostrarvi quanta disinformazione sta facendo Kiev sull’andamento delle cosiddette operazioni antiterrorismo nel sud-est del Paese. Saur Mogila, questa altura strategica per la difesa di Donetsk e dintorni, stando alle autorità ucraine, sarebbe stata conquistata dall’esercito già due settimane fa. Ovviamente non è vero niente. La stampa internazionale compiacente dà una mano al governo raccontando di inesistenti vittorie dei regolari e nascondendo le loro pesanti sconfitte. Il circuito mediatico atlantico non intende demoralizzare le truppe e, soprattutto, vuole coprire la strage dei civili messa in atto dalle forze militari e paramilitari ucraine, ormai fuori controllo, che si vendicano per le umiliazioni subite sul campo bombardando i centri abitati. Per la precisione, questi sono anche gli ordini diramati dall’inadatto Stato maggiore di Kiev, incapace di elaborare una migliore strategia per la ripresa delle zone separatiste. Aver puntato tutte le carte sulla debilitazione dei cittadini disarmati li ha fatti finire in un vicolo cieco ed ha rafforzato la convinzione nelle persone comuni che nella Capitale comandano degli assassini. Attualmente nel Donbass non ci sono giornalisti occidentali. Ho chiesto al freelance italiano Christian Malaparte, che sta lavorando sul posto, quanti colleghi stranieri ha incontrato. Mi ha riferito che il Ramada hotel di Donetsk, che è il luogo preferito dai giornalisti, è praticamente deserto. C’è un fotografo inglese il quale alza più il gomito che la macchina fotografica, un omologo americano, non propriamente incline alla sobrietà, un danese di 22 anni senza esperienza, un francese ormai in preda alla depressione. Detto ciò, come fanno i quotidiani internazionali a parlare di quel che non vedono? Si affidano alle informazioni del Governo Ucraino e ai dispacci delle agenzie controllate dal Dipartimento di stato americano.

Notate bene che sui giornali italiani escono articoli fotocopia (immagino questo avvenga anche altrove) che differiscono solo nello stile di scrittura, ma non negli esiti preventivamente concordati tra testate e loro spacciatori di notizie accomodate. Così pretendono di informare i lettori che avrebbero diritto di reclamare indietro i soldi e a chiedere un risarcimento danni per la presa in giro. Mai i vari Dragosei, Zunini, Lombardozzi, Zafesova, Venturini, per citare i più scandalosi e inopportuni, si trincerano dietro alla deontologia professionale che impone loro di dire sempre la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità fatta menzogna. Ci stanno coglionando come tutti quelli che hanno imparato a falsificare i fatti in nome della democrazia e della libertà un tanto all’oncia (non ho scelto a caso l’unità di misura della loro vergogna). Fabrizio Dragosei del Corriere sta scavalcando tutti in sconcezza. Un vero scalatore di fandonie con o senza la sua bicicletta. L’uomo solo “a comando”. Ieri ne ha sparate così tante da allungare su tutti gli altri che cercano ancora di tenergli testa in questa gara tra pennivendoli ammaestrati. A parte il solito resoconto vittorioso per le armate ucraine, scritto direttamente dalla prima linea, ovvero dalla scrivania di casa sua o dal sellino della sua bici, ha voluto chiudere la sua articolessa con un colpo di scena che è più piuttosto un colpo da scemo. Lo riporto pari pari: “La gente comune appoggia in pieno Putin e la sua politica. Solo che gli stessi sondaggi svelano un altro fatto interessante: un russo su tre confessa di credere che criticare il potere nelle interviste per i sondaggi potrebbe farlo finire in galera”. In sostanza, Dragosei cerca di far credere che i sondaggi siano truccati ed, al contempo, che i medesimi sondaggi truccati si strucchino da sé chiedendo agli intervistati se si sentano condizionati nelle loro scelte tanto da temere di finire in gattabuia. La logica va a farsi benedire come la credibilità di questo poveraccio. Se una rilevazione opinionistica viene fatta apposta per ottenere un risultato favorevole com’è possibile che introduca un elemento che possa contraddire così palesemente lo scopo principale? Questa volta l’eccessiva inventiva di Dragosei gliel’ha fatta fare fuori dal vasino ed un po’ sul sellino. Putin non è Putinga l’africano dittatorello di Bunga Bunga ed i russi non vivono in una repubblica bananiera del terzo mondo.

Un’altra come questa e Dragosei finisce, coperto d’infamia, a lavorare ai necrologi dell’Eco di Canicattì. Lasciamo da parte queste beghe da giornalai e torniamo sulla situazione di guerra. E’ evidente che Kiev non sta vincendo il conflitto e che tra qualche settimana dovrà indietreggiare dai fronti di Donetsk e Lugansk. I Generali più avveduti lo sanno da tempo. Per questo si preparano a fortificare le difese di Slaviansk e di Mariupol dove si ritireranno frettolosamente. Tuttavia, questa mossa scoprirà i fianchi della Junta su altre zone che ora sono fuori dalla battaglia. Non è un mistero che quella di Odessa è tra queste e non è detto che non vi entri prima o poi anche la regione di Dniepropetrovsk, pur se adesso appare improbabile. Kharkov, invece, è certamente nel mirino delle milizie. Questo significa che a Kiev dovranno prepararsi ad una campagna invernale per la quale non hanno né forze né mezzi adeguati. Senza aiuti stranieri sufficienti sono fritti ed anche con questi potrebbero non farcela alla luce della condizione d’impreparazione degli uomini a disposizione. Vorrei ricordarvi che Poroshenko aveva promesso di chiudere la faccenda alla fine di luglio. Siamo alla fine di agosto ed i risultati non sono stati raggiunti. Ma niente smuove la fiducia dei lacchè che fabbricano informazioni false e finiscono col crederci davvero, condizionandosi a vicenda. La banalità fa male, soprattutto a chi ne abusa. Kiev stravince sicuramente com’è strasicuro che presto loro faranno una grande figura di merda. Volete scommettere?

Paul Robert Spadoni
www.facebook.com/conflittistrategie/posts/766884893350515
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