online dal 19 ottobre 2003

 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

Piccole riflessioni sull´evoluzione.....

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2008 19:41
05/05/2007 19:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 404
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Bravo....
magna patate cosi ti sale L´ATP e combatti l´entropia senno schiatti....

Pure col prezzemolo e aglio che fanno ancora piu bene....
05/05/2007 19:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 405
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Poi....
quando voi geni avete finito de magna provate pure a dare delle risposte sensate alle mie domande....

che sono mesi che posto e cerco di capire "quale grande visione celeste" abbia la gente su sto forum che basta che dice "dio"....

e abbiamo capito tutto....si pero non chiedeteci di piu che abbiamo gia detto quello che ce da dire.....no scusate non abbiamo tempo...ah si l´ho postato 40 anni fa se vai indietro lo trovi....

BOIATE...
05/05/2007 19:49
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 13
Registrato il: 17/04/2007
Città: SIGILLO
Età: 37
Sesso: Maschile
Utente Junior
OFFLINE
ho mo per du patate...
poi l'ayo nn me piace più di tanto giusto con un soffrittino però al massimo ci posso fare lo sfornato!? [SM=x268940]

se noooo...
anche il limone! da energia pulita ecc ecc però dopo un p'ò caghi secco! [SM=x268951] [SM=x268951] [SM=x268951] [SM=x268951] [SM=x268951] [SM=x268951]

pece e resina

1a cosa mooolto important-e ma-i... arrab-i-ars-i [SM=x268963]
FucK tHe SysTem...SmAsH A dIsKo
fuck fuck fuck fuck your haed...
l'unico scopo che mi sono imposto è salire il fiume a retroso fin li dove nasce il vento,
per poi lascarmi cullare nella candida valle. ThC_
05/05/2007 21:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 407
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Per quanto riguarda le mutazioni
EVOLUZIONE MOLECOLARE GUIDATA



di

Claudio Roncuzzi






L’evoluzione molecolare guidata è quel processo utilizzato in laboratorio per selezionare le molecole che hanno determinate caratteristiche. Essa utilizza gli stessi principi dell’evoluzione naturale. Entrambe si basano su tre processi fondamentali: la selezione, l’amplificazione e la mutazione; senza di essi non si potrebbe parlare di evoluzione. In laboratorio, durante gli sperimenti di evoluzione guidata, ci sono tre passaggi successivi, che corrispondono alle tre fasi dell’evoluzione:

si selezionano solo le molecole che rispondono alle caratteristiche ricercate dallo scienziato;
si amplificano le molecole selezionate, riproducendole con determinate tecniche
si fa in modo che durante l’amplificazione avvengano delle mutazioni casuali.
Per l’amplificazione si sono utilizzati procedimenti sempre più convenienti. In principio si utilizzava un enzima del batteriofago Qb (virus che infetta il batterio intestinale Escherichia Coli): la replicasi o RNA polimerasi RNA dipendente. Questo non era molto adatto, perché, anche se procurava un numero di mutazioni accettabile, non era in grado di copiare qualsiasi tratto di RNA o DNA.









In seguito, però, si sono scoperti dei sistemi migliori di replicazione: la reazione a catena della polimerasi (PCR) e l’amplificazione dell’RNA. Esse permettono di amplificare qualsiasi tratto di RNA o DNA ad una velocità molto elevata (un milione di copie in un’ora), ma sono troppo precise, e quindi non permettono che avvengano mutazioni; per questo motivo non sono adatte allo scopo dei ricercatori. Oggigiorno, però, si è riusciti a produrre versioni modificate della PCR e dell’amplificazione dell’RNA che fanno in modo che avvengano mutazioni con una frequenza "ragionevole" e controllabile.






Il primo a sperimentare l’evoluzione guidata in laboratorio fu Spiegelman: egli scelse come obiettivo da raggiungere, il moltiplicarsi il più possibile nel minor tempo possibile. Per fare ciò, egli ha messo in una provetta, insieme alle basi necessarie per la costruzione di RNA, dell’RNA virale e della replicasi; poi ha lasciato che la replicasi amplificasse l’RNA per venti minuti e ha trasferito un campione della miscela in un’altra provetta. Egli ha quindi ripetuto tutto ciò per 74 volte, restringendo sempre il tempo disponibile per moltiplicarsi. Alla fine, andando ad esaminare le sequenze di RNA ottenute, ha scoperto che esse si erano accorciate, riducendosi alle sole basi che servivano per far svolgere alla replicasi il proprio compito. Questo era avvenuto perché durante l’amplificazione, si erano verificate occasionalmente delle mutazioni all’interno della sequenza di RNA. Alla fine dell’esperimento, l’RNA virale non era più in grado di infettare Escherichia Coli, ma aveva raggiunto con successo l’obiettivo di Spiegelman.
Dato che tramite l’evoluzione artificiale guidata si è in grado di adattare gli RNA o DNA affinché svolgano i processi richiesti dai ricercatori, si è pensato che tale procedimento potesse avere applicazioni in campo farmaceutico. Ad esempio si potrebbe sviluppare un RNA che si leghi ad una proteina virale, bloccando quindi la capacità di dare infezione.
Con le attuali tecnologie si è in grado di partire, per ricercare un DNA o RNA che risponda a determinate caratteristiche, da una popolazione di 1013 molecole differenti, mentre tutte le possibilità sarebbero circa 1036. Perciò, quando si raggiunge lo scopo cercato, si avrà solo una delle possibili soluzioni a quel problema. Infatti, in generale, nell’evoluzione, "[…] le forme selezionate non sono necessariamente le risposte migliori, in senso astratto, a un problema, ma sono soltanto le risposte migliori che si manifestano nella storia evolutiva di una particolare macromolecola" (Gerald F. Joyce).
Un vantaggio dell’evoluzione guidata, rispetto a quella naturale, è che le soluzioni non adatte ad un problema, non devono necessariamente estinguersi, ma possono essere conservate in appositi congelatori, in modo da poter essere riutilizzate in futuro per raggiungere altri obiettivi. Infatti, anche se esse hanno già subito delle mutazioni, possono essere riutilizzate, in quanto l’evoluzione procede per mutazioni successive. Perciò, "[…] i geni presenti nella popolazione in un qualsiasi momento riflettono le proprietà che sono risultate vantaggiose nelle precedenti generazioni." (Gerald F. Joyce).
Questo processo dell’evoluzione guidata, perciò, potrà essere utilizzato dai biologi per trovare rimedi ad alcune malattie, fino ad oggi considerate incurabili; bisogna però fare ancora molta strada per perfezionarlo, come ad esempio trovare un modo per aumentare la dimensione delle popolazioni da manipolare.





da “Evoluzione molecolare guidata” di Gerald F. Joyce, tratto da “Le Scienze” n°294, febbraio 1993
05/05/2007 21:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 408
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
No e chi s´arrabbia....
alla fine qua continuano a farmi postare....

Sesso e evoluzione

redazione ECplanet

La riproduzione asessuata è causa di cattive mutazioni. È quanto sostengono due biologi evoluzionari della Indiana University su Science. I ricercatori hanno usato come modello la specie Daphnia pulex, una pulce marina, per i loro studi. Le scoperte supportano la teoria che il sesso sia un mezzo evoluzionario che riordina geni e rimuove efficientemente le mutazioni genetiche deleterie.

Lo studio suggerisce anche che la riproduzione sessuale in un certo senso “punisce” individui o intere specie che tendono verso l'asessualità. “Sappiamo che il sesso è comune a pianti e animali, e che le specie asessuali sono caratterizzate da una vita breve”, dice Susanne Paland, a capo dello studio. “I Nostri risultati mostrano che i devianti asessuali sono gravati da un numero crescente di cambiamenti genetici che influenzano negativamente la funzione delle proteine. Il sesso appare dunque come fondamentale per proteggere i genomi da mutazioni nocive”.

Il co-autore dello studio, Michael Lynch, aggiunge: “I risultati dei nostri studi forniscono la prima prova definitiva, a livello molecolare, che la riproduzione sessuale magnifica l'efficienza della selezione naturale eliminando dalla popolazione le mutazioni deleterie”.



Gli scienziati hanno usato i dati del genoma mitocondriale per comporre un albero filogenetico in cui rappresentare le relazioni tra le catene sessuali e asessuali del Daphnia pulex campionate da 75 stagni, dall'Illinois alla Nova Scotia (Canada). L'albero di questa famiglia ha rivelato che le popolazioni sessuali hanno ripetutamente eliminato le catene asessuali. Dopo aver sequenziato gli interi genomi mitocondriali comprendenti le linee sessuali e asessuali della Daphnia pulex, comparando il tasso di evoluzione proteica, hanno scoperto che le linee asessuali accumulavano cattive mutazioni 4 volte più velocemente delle linee sessuali.

È la conferma che il sesso - ovvero la ricombinazione genetica alla base della riproduzione sessuale - è la forza “purificatrice” che vigila sugli incidenti genetici che minano la salute evoluzionaria generale di una popolazione. Ben altro che mutazioni casuali, dunque. L'evoluzione non è affatto stupida. E il sesso gioca un ruolo fondamentale (anche se lo sapevamo già, ndr).

È la prova che le forme di riproduzione asessuata artificiale, come la clonazione, sono anti-evoluzionarie, perché producono cattive mutazioni. È per questo che la clonazione non funziona. Ci voleva una pulce per capirlo ?

La ricerca è stata finanziata dalla National Science Foundation, dai National Institutes of Health, e dal German Academic Exchange Service Hochschulsonderprogramm III. Il supporto bio-informatico è stato fornito dall' IU University Information Technology Services, finanziato dalla Indiana Genomics Initiative e da Lilly Endowment
05/05/2007 21:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 409
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro...
Non tutti quelli che studiano l´evoluzione sono mele marcie...

Una proteina molto antica

a cura dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele

Da due miliardi di anni una proteina regola la vita della cellula

Individuato al San Raffaele il meccanismo antichissimo che regola la nascita delle proteine. La ricerca è pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature”.

Un gruppo di ricercatori del Laboratorio di Istologia Molecolare dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano in collaborazione con l'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro e con l'Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM), ha identificato già nel 2003 un meccanismo fondamentale e antichissimo all'origine della formazione delle proteine. La ricerca è stata pubblicata sul numero del 4 dicembre 2003 della prestigiosa rivista scientifica “Nature”.

Le proteine sono fabbricate in serie dai ribosomi, le “catene di montaggio” della cellula, fatte di due sezioni che si uniscono e si attivano nel citoplasma. I ricercatori hanno scoperto che l'unione dei ribosomi è regolata da una proteina, detta p27, che controlla un passo fondamentale dell'attività cellulare: prima impedisce ai ribosomi di incontrarsi all'interno del nucleo, poi, al momento giusto, quando fuoriescono nel citoplasma, ne permette l'unione. Solo a questo punto la fabbrica comincia a lavorare. Un aspetto affascinante che caratterizza la proteina p27 è che esisteva già, praticamente identica, circa due miliardi di anni fa. Il fatto che si sia straordinariamente conservata nel corso dell'evoluzione e che sia presente in tutte le forme di vita dai lieviti all'uomo, con la sola eccezione dei batteri, indica che p27 controlla una funzione cellulare molto importante.

Stefano Biffo, che coordina al San Raffaele il gruppo dei ricercatori ed è docente all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, precisò a suo tempo: “Abbiamo notato che questo nuovo meccanismo regolato dalla proteina p27 ha molti punti in comune con altre forme di controllo generate dall'interazione tra le cellule dei tessuti e il loro ambiente. In altre parole il controllo della produzione delle proteine di ogni cellula è strettamente integrato con altri sistemi che vigilano sulla proliferazione, la forma o il movimento delle cellule”.

Pier Carlo Marchisio, docente di Anatomia dell'Università Vita-Salute San Raffaele e coautore della ricerca, commentò: “Il lavoro pubblicato su Nature rappresenta un fondamentale passo in avanti nella comprensione di una proteina isolata nel 1997 nei nostri laboratori. p27 è inoltre la prima molecola, nella storia decennale del DIBIT, a essere stata identificata, clonata, sequenziata e caratterizzata dal punto di vista funzionale interamente al San Raffaele, caso abbastanza raro, forse unico, che testimonia la possibilità di raggiungere grandi risultati grazie al lavoro di squadra e a un ambiente stimolante e altamente tecnologico”.

Un'ipotesi auspicata dai ricercatori è che questa scoperta possa aprire la strada all'individuazione di terapie mirate contro i tumori. I ricercatori hanno infatti notato come la proteina p27 sia prodotta in quantità molto elevate nei tumori e, in particolare, nei tumori del colon-retto, e come la sua quantità, in ciascuna cellula, sia correlata con il livello di malignità del tumore. Le cellule tumorali infatti usano gli stessi meccanismi delle cellule sane ma a ritmi più intensi: per proliferare rapidamente le cellule tumorali devono produrre una quantità maggiore di proteine.

È possibile che la proteina responsabile del meccanismo individuato da questa ricerca rappresenti una tessera importante del mosaico di segni che caratterizzano le cellule dei tumori ma per avere certezze e ipotesi terapeutiche concrete saranno necessari molti anni di lavoro e un grande impegno di risorse economiche e umane.

La ricerca fu finanziata dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Si inserisce inoltre nel lavoro del “Centro di eccellenza in fisiopatologia della differenziazione cellulare” dell'Università Vita-Salute San Raffaele
05/05/2007 21:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 410
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro...


di: Massimo Bertolucci

Scienziati del Brigham and Women's Hospital (BWH), dell'Hospital for Sick Children (Sick Kids) e dell'Harvard Medical School (HMS) segnalano l'esistenza di significative mutazione del genoma umano a livello individuale. Il team scientifico ha utilizzato innovativi sistemi di analisi del Dna scoprendo nei singoli genomi sostanziali variazioni la cui lunghezza raggiungeva fino a centinaia di migliaia di basi.

Il dottor Stephen Scherer del Dipartimento di Genetica molecolare dell'Università di Toronto sostiene che questa scoperta, ovvero queste variazioni su larga scala del genoma umano, potrebbero essere la risposta alla diseguaglianza delle persone le une rispetto alle altre.

Questa scoperta – continua il dottor Stephen Scherer – ha destato molto stupore in quanto si è sempre pensato che le varianti del DNA erano limitate prevalentemente a settori molto ristretti. I primi risultati infatti forniti dal Progetto Genoma Umano suggerivano una diversificazione tra il Dna di due esseri umani non superiore allo 0,1 per cento.

Il nuovo studio stravolge i precedenti dati indicando ben 255 regioni del genoma, che superano di gran lunga lo 0,1 per cento, in cui frazioni di Dna si manifestano in un numero differenziato di copie da persona a persona. Secondo i ricercatori, quando si manifestano oltre il 50 per cento di queste alterazioni si potrebbero verificare delle piccole differenze nei tratti somatici o nel comportamento e anche predisposizioni verso le patologie.

Questa sensazionale scoperta, che sarà pubblicata a settembre dal periodico “Nature Genetics” e inserita nel database pubblico Genome Variation Database, potrà fungere da importante risorsa per le ricerche nell'ambito della genetica clinica.

05/05/2007 21:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 411
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
altro....
Il clima dei dinosauri

di: Massimo Bertolucci


Quando i dinosauri dominavano la Terra, il clima del nostro pianeta era molto più caldo di oggi. Lo dicono i ricercatori dell'Università di Bristol, che sottolineano come le temperature degli oceani tropicali durante il tardo Cretaceo (69 - 64 milioni di anni fa) e l'Eocene (54 - 38 milioni di anni fa) fossero superiori ai 30 gradi.



I dati sono stati ottenuti esaminando i fossili di conchiglie raccolte in Tanzania e Messico e coincidono con risultati di precedenti ricerche che sottolineano come in quelle lontanissime epoche geologiche la quantità di anidride carbonica nell'atmosfera fosse più alta di oggi e dunque come il clima dell'intero pianeta fosse più caldo a seguito dell'effetto serra.

Fino a oggi, i ricercatori pensavano che ad essere più calde fossero solo le ragioni delle medie latitudini, ritenendo che le correnti oceaniche contribuissero ad aumentare la temperatura dei poli e ad abbassare quella dei tropici. A quanto pare, invece, era tutto il pianeta ad essere molto più caldo di oggi. La ricerca è pubblicata su Nature
05/05/2007 21:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 412
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
L'evoluzione dei mammiferi

di: Anna Ermanni

Una collisione tra la Terra e una cometa, avvenuta 55 milioni di anni fa, potrebbe aver innescato una nuova fase nell'evoluzione dei mammiferi. È' quanto sostiene Dennis Kent, professore di Geologia alla Rutgers University, di Piscataway, Usa, giunto a questa conclusione dopo aver studiato dei sedimenti sulla costa orientale degli Stati Uniti. Sarebbe stato l'impatto con la cometa ad innescare quel processo di riscaldamento del pianeta che ha incoraggiato i mammiferi primitivi a disperdersi e a diversificarsi nei tre gruppi che vediamo ancora oggi: quello degli Artiodactyla (pecore, maiali, giraffe etc.) dei Perissodactyla (cavalli, tapiri, rinoceronti) e dei Primati, l'ordine dei mammiferi di cui fa parte l'uomo.

Questa separazione evolutiva coincide con i reperti geologici che segnano il confine tra l'epoca del Palaeocene e quella dell'Eocene. Si sa che a cavallo delle due epoche in meno di 1000 anni la temperatura del pianeta è salita di 6 gradi (massimo termico). Ciò rese il clima più adatto alla dispersione dei mammiferi attraverso i corridoi di terra tra i continenti e che la dispersione portò alla loro diversificazione. Quest'epoca coincide inoltre con il massiccio inserimento dell'isotopo del carbonio conosciuto come 12c nel ciclo terrestre del carbonio.

Secondo i ricercatori americani, sarebbe stato proprio l'impatto con la cometa ad introdurre la massiccia quantità di carbonio necessario ad un tale riscaldamento del pianeta e non la sola espulsione di gas provenienti dai fondali oceanici come precedentemente si credeva. Questa ricerca, pubblicata sulla rivista Earth and Planetary Science Letters è stata accolta con scetticismo dal geologo William Clyde, dell'Università del New Hampshire, che si è però detto pronto ad avviare nuove ricerche sui meccanismi che hanno provocato il massimo termico
05/05/2007 21:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 413
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
Scorpioni antichissimi

di: Ester Capuano

In Scozia un ricercatore ha trovato tracce di uno scorpione d'acqua gigante vissuto 330 milioni di anni fa. Secondo uno studio, pubblicato dalla rivista “Nature”, le impronte sono la prova di come questi animali potevano vivere sulla terraferma. I ricercatori azzardano l'ipotesi che probabilmente questi animali erano all'epoca le creature più grandi che si aggiravano sul suolo terrestre.



Martin Whyte, ricercatore del dipartimento di geografia della University of Sheffield, ha trovato il fossile di un euripteride chiamato “hibbertopterus” nella regione Midland Valley situata in Scozia. Durante un intervista, il dottor Martin Whyte commenta il successo nella ricerca in cui si cercava di comprendere se gli euripteridi sapessero uscire dall'acqua.

Martin Whyte sostiene che lo scorpione d'acqua ritrovato aveva sei zampe era lungo un metro e mezzo e largo quasi un metro. Esaminando il passo si può intuire che stava strisciando e questo può supporre che stesse uscendo dall'acqua.

05/05/2007 21:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 414
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro.....
Un serpente con le zampe

redazione ECplanet

Il fossile di un serpente dotato di anche, e quindi anche di zampe, è stato scoperto in Argentina da esperti del Museo nazionale di storia naturale. In un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” (vol. 440 n.7084), i ricercatori coordinati da Sebastián Apesteguía spiegano che la scoperta riapre il dibattito sull'evoluzione dei serpenti e suggerisce come in realtà questi rettili non siano animali marini, ma terrestri.

Il fossile è venuto alla luce in un sito della provincia del Rio Negro, nel nord dell'Argentina nel 2003. Battezzato Najash rionegrina, il fossile presenta un osso sacro ben definito che sostiene una pelvi e delle zampe posteriori che sembrano essere perfettamente funzionali. La struttura dello scheletro suggerisce che si tratta di una specie più vicina agli antenati a quattro zampe rispetto ai fossili precedenti. E dal momento che è stato trovato in un deposito terrestre geologico è praticamente certo che viveva sulla terraferma. “Questo serpente è una importante addizione alle nostre conoscenze perché è il primo con un osso sacro. Rappresenta una forma intermedia che non è mai stata scoperta prima di oggi”, dice Hussam Zaher dell'Università di San Paolo in Brasile.

Il fossile è stato scoperto in un deposito del tardo Cretaceo e sembra risalire a 90 milioni di anni fa. L'ipotesi evolutiva che emerge da questa scoperta è che i serpenti si siano evoluti sulla terra e abbiano perso a poco a poco le zampe. Questa idea, popolare per gran parte del XX secolo era stata sconfessata dalla scoperta di fossili di serpenti dotati di zampe in sedimenti marini in Israele. Da qui l'ipotesi che il processo evolutivo dei serpenti fosse avvenuto in mare e che questi rettili si fossero evoluti da lucertole marine ormai estinte chiamati mosasauri. “Possiamo rigettare l'ipotesi delle origini marine dei serpenti e probabilmente la nostra scoperta dimostra che i mosasauri non sono il gruppo di lucertole più legato ai serpenti”, dice Zaher.

Fonte: Agenzia ZadiG / aprile 2006

05/05/2007 21:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 415
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
“Lost City” è diventato un documentario IMAX, a schermo gigante, proiettato nei musei scientifici. Due ricercatrici del team guidato da Deborah Kelley, l'americana Barbara John e la tedesca Gretchen Fruh-Green, dalla nave oceanografica Atlantis hanno diretto le operazioni utilizzando Argo e Ercole, fotocamere per immersione a controllo remoto, lanciate in profondità e guidate tramite fibre ottiche. Nel 2003, c'è stata un'ulteriore spedizione con il sottomarino Alvin, avventuratosi tra i pinnacoli bianchi, i fluidi limpidi e le stalattiti che scendono dai piccoli bacini formatesi sui fianchi dei pinnacoli.

L'insieme ricorda molto i paesaggi idrotermali terrestri, in particolare quello dello Yellowstone in Wyoming. Il metano che ne fuoriesce, insieme all'idrogeno, è abiotico. Le incredibili serpentine formatesi dalle reazioni chimiche hanno dato vita ad un complesso sistema di aerazione. Secondo la biochimica Karen Von Damm, dell'Università del New Hampshire, è possibile che gli studi su Lost City permetteranno di vedere, in modo nuovo forse, l'evoluzione delle prime forme di vita sulla Terra.
05/05/2007 21:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 416
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro.....
L'uomo di Flores

di: Alessio Mannucci

Rinvenuti in Indonesia i resti di una nuova specie di uomo preistorico: l' “uomo di Flores”. I resti dello scheletro, appartenenti ad una donna, sono stati ritrovati nelle profondità di una caverna in località Liang Bua. In ritrovamento ha destato subito grande sorpresa non solo per l'eccezionalità del reperto, quanto per il fatto che testimonia la varietà “poligenetica” con la quale il genere umano si è evoluto.

Gli autori della scoperta, Peter Brown e i suoi colleghi della University of New England di Armidale in Australia, hanno capito immediatamente che si trattava di resti fossili appartenenti ad un individuo “insolito”, che, sebbene adulto e ben formato, non arrivava al metro di altezza ed aveva un cranio grande quanto un pompelmo. E hanno ipotizzato che discende direttamente da una forma estinta del genere Homo, nota come Homo Erectus.

Si suppone che l’Homo Erectus si sia diffuso dall'Africa all'Asia, raggiungendo l'Indonesia circa due milioni di anni fa, e lo scheletro di Liang Bua potrebbe essere il rappresentante di una popolazione rimasta isolata sull'isola di Flores qualche centinaio di migliaia di anni fa, che si è evoluta in una nuova specie, con caratteristiche morfologiche peculiari.



Le piccole dimensioni del reperto, fanno notare gli scienziati, inquadra questa specie definita “nana”, nella bizzarra fauna, ormai estinta, di Flores. Sembra che, su questa isola, fino a tempi relativamente recenti, abitassero specie animali “fantareali”, del genere “Mondo Perduto”, come lucertole giganti o il celebre elefante “Stegodon”.

Secondo la ricerca pubblicata su Nature, l'uomo di Flores sarebbe arrivato sull'isola, in un epoca non ancora precisa, molto prima che l'Homo Sapiens, la specie emergente (la nostra), iniziasse la colonizzazione anche di questa regione intorno a 50 mila anni fa. L'uomo di Flores sarebbe vissuto sull'isola indonesiana almeno fino a 18.000 anni fa.

Questo in termini antropologici significa che praticamente fino a “ieri”, sulla Terra esistevano ancora ominidi diversi dal Sapiens che occupavano delle particolari nicchie ecologiche. E che dunque il dominio globale dell'Homo Sapiens sia avvenuto in epoca molto più recente di quanto non si pensasse in precedenza.

Fonte: spacedaily

05/05/2007 21:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 417
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro......
Lucertola di 92 milioni di anni fa

redazione ECplanet

Il fossile di una lucertola di 92 milioni di anni fa potrebbe rappresentare uno degli anelli mancanti dell'evoluzione dei dinosauri marini. Se ne sono accorti alcuni ricercatori coordinati da Michael Polcyn della Southern Methodist University di Dallas, che hanno studiato il fossile di Dallasaurus turneri, scoperto circa 16 anni fa e fino a oggi del tutto ignorato.

Il Dallasaurus appartiene al grande gruppo dei mosasauri, che qualche milione di anni dopo riuscì a dominare i mari, mentre i dinosauri dominavano la terra. La caratteristica più importante del Dallasaurus è sicuramente il fatto di non avere ancora sviluppato delle vere e proprie pinne, ma di avere piccole zampe anteriori e posteriori che servivano per compiere dei tratti anche sulla terraferma. Del resto il dinosauro viveva nelle acque basse che all'epoca coprivano l'odierno Texas.

In un articolo pubblicato sulla rivista "Netherlands Journal of Geosciences" (vol. 84, 2005), il paleontologo spiega che il fossile è venuto alla luce nel 1989 in un sito edile nei pressi di Dallas. Si tratta del più antico esemplare di mosasauro mai trovato in America del Nord, mentre solo altri sei esemplari più antichi sono stati trovati in Medio Oriente e sulle coste dell'Adriatico. Nel sito americano, però, sono venuti alla luce 100 pezzi ossei identificabili come parte dello scheletro, cosa che ha permesso la ricostruzione dell'80% della lucertola.

Secondo simulazioni condotte al computer, la lucertola era molto simile a quelle moderne, come il varano di Komodo, e viveva sulla terra parte del tempo, dedicandosi a qualche nuotata di quando in quando. Il Dallasaurus era comunque l'antenato da cui si svilupparono le forme di mosasauro successive, che divise in tre diversi rami, finirono per dominare i mari preistorici. Il più grande esemplare fu il Prognathodon che è stato battezzaro il "T-Rex dei mari". Questa notizia è stata diffusa dall'agenzia “ZadiG”.
05/05/2007 21:58
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 418
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
Scoperto un dinosauro gigante

redazione ECplanet

È lungo 17 metri il più grande dinosauro carnivoro mai trovato fino a oggi. Batte di circa 4 metri il “più cattivo” dei dinosauri il T- rex, si chiama Spinosaurus aegyptiacus ed è stato scoperto da un gruppo di ricercatori coordinati da Cristiano Dal Sasso del Museo Civico di Storia Naturale di Milano.

Lo spinosauro è conosciuto fin dal 1915 ma solo negli ultimi mesi Cristiano Dal Sasso ha misurato il muso di un esemplare trovato all'inizio degli anni Settanta in Marocco e poi finito in una collezione privata italiana. I risultati dello studio sono pubblicati sull'ultimo numero della rivista “Journal of Vertebrate Paleontology” dove si legge che il muso dall'orbita oculare al rostro misura la bellezza di 99 centimetri. Lo ossa del muso sono allungate come quello di un coccodrillo e appartengono a un cranio lungo a sua volta circa un metro e 75 centimetri. L'animale in totale toccava i 17 metri e pesava dalle sette alle nove tonnellate.

Lo spinosauro viveva in Africa settentrionale circa 100 milioni di anni fa (mentre il tirannosauro risale a 80 milioni di anni fa) e si nutriva probabilmente sia di carne che di pesce: l'enorme predatore cacciava immergendo velocemente nell'acqua il muso da coccodrillo, un po' come fanno oggi gli aironi. All'epoca, il Sahara era una savana ricca di acque, attraversata da grandi fiumi.

Contemporaneamente la rivista “Nature” segnala la scoperta anche di un altro "padre dei dinosauri". In questo caso si tratta del Guanlong wucaii, risalente a circa 160 milioni di anni fa. Era lungo solo tre metri e forse rappresenta la forma più primitiva di dinosauro all'interno della famiglia da cui 80 milioni di anni dopo si sarebbe evoluto il micidiale T-rex.

Fonte: Agenzia ZadiG / febbraio 2006
05/05/2007 21:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 419
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
Gli uccelli derivano dai dinosauri

redazione ECplanet

L'eccezionale rinvenimento in Cina d'una coppia di uova fossilizzate nelle ovaie - pure fossilizzate - di una femmina di dinosauro, riportata da Science, ha fornito agli scienziati nuovi indizi circa la biologia riproduttiva di queste antiche creature, scomparse dalla Terra oltre 65 milioni di anni or sono, a supporto della teoria che gli uccelli siano derivati dai dinosauri.

Il rinvenimento cinese di uova fossilizzate “in situ”, cioè ancora nell'utero di una femmina di oviraptorosauro - animali lunghi tra i tre e i quattro metri, sottogruppo dei teropodi - ha consentito di stabilire che quei dinosauri producevano le uova per alcuni versi allo stesso modo di un coccodrillo e per altri versi allo stesso modo degli uccelli.

I coccodrilli, a differenza degli uccelli, hanno due ovaie e sono in grado di produrre più uova contemporaneamente, mentre gli uccelli hanno un'ovaia che può produrre un solo uovo alla volta. La fisiologia della femmina di dinosauro nelle cui ovaie è stata ritrovata la coppia di uova fossilizzate era simile a quella degli uccelli di oggi, in quanto anch'essa poteva produrre un solo uovo per ogni ovaia.

“C'è il guscio”, ha spiegato Tamaki Sato, del Museo della Natura di Ottawa, “e, dunque, per la prima volta sappiamo con certezza che abbiamo a che fare con un uovo”. Matt Carano, responsabile dei dinosauri del Museo Nazionale di Storia Naturale di Washington, considera il rinvenimento una ulteriore evidenza in favore della teoria che dinosauri e uccelli appartengono alla stessa specie. “L'evoluzione degli uccelli e il conseguente sviluppo di una sola ovaia”, ha detto Carano, “ha avuto luogo molto probabilmente perché i volatili dovevano alleggerire il loro corpo per poter volare”. Questa notizia è stata divulgata da “Associated Press”.
05/05/2007 22:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 420
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
Clima nel passato

redazione ECplanet

Cambiamenti climatici “spostarono” le foreste di 55 milioni di anni fa

Quanto successo alle foreste 55 milioni di anni fa potrebbe capitare ancora oggi, a causa dei cambiamenti climatici. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista “Science” (vol. 310 numero 5750) da un gruppo di ricercatori americani coordinati da Jonathan Bloch dell'Università della Florida, 55 milioni di anni fa le piante delle foreste subtropicali emigrarono verso le latitudini più settentrionali. È la prima prova di un grande cambiamento nella vegetazione terrestre avvenuto a causa di un improvviso riscaldamento climatico.

Il periodo è noto come Paleocene-Eocene Thermal Maximum (massimo termico del Paleocene-Eocene): qui la temperatura salì di circa 10 gradi in un periodo di tempo relativamente breve, circa 10 000 anni. “Il grande caldo” durò per circa 80 000- 100 000 anni. Fu in quest'epoca che comparvero le prime specie di cavalli, maiali, cammelli e ippopotami. E anche i moderni primati. Solo che finora non si sapeva che cosa fosse successo alle piante. “Un fatto, quest'ultimo, davvero sconcertante”, spiega Bloch.

Poi però sono arrivate le scoperte del gruppo di Bloch. Nel Wyoming, in uno strato geologico del Bighorn Basin, i ricercatori hanno scoperto piante e polline fossili risalenti alla fase del cambiamento climatico. E si tratta di reperti che sembrano provenire da un ambiente più tropicale di quello precedente.

“Credo che le piante abbiano attraversato gli stessi ponti di terra che univano l'Asia all'America Settentrionale usati dai mammiferi per spostarsi”, dice Bloch. Inoltre, continua l'esperto, se l'ambiente si è effettivamente modificato passando da una vegetazione tipica di un clima più secco, con alberi più diradati a una foresta più folta tipica delle zone subtropicali, questo avrebbe potuto influenzare l'adattamento e l'evoluzione dei primati. Questa notizia è stata diffusa dall'agenzia “ZadiG”.

05/05/2007 22:01
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 421
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro....
Clima nel passato

redazione ECplanet

Cambiamenti climatici “spostarono” le foreste di 55 milioni di anni fa

Quanto successo alle foreste 55 milioni di anni fa potrebbe capitare ancora oggi, a causa dei cambiamenti climatici. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista “Science” (vol. 310 numero 5750) da un gruppo di ricercatori americani coordinati da Jonathan Bloch dell'Università della Florida, 55 milioni di anni fa le piante delle foreste subtropicali emigrarono verso le latitudini più settentrionali. È la prima prova di un grande cambiamento nella vegetazione terrestre avvenuto a causa di un improvviso riscaldamento climatico.

Il periodo è noto come Paleocene-Eocene Thermal Maximum (massimo termico del Paleocene-Eocene): qui la temperatura salì di circa 10 gradi in un periodo di tempo relativamente breve, circa 10 000 anni. “Il grande caldo” durò per circa 80 000- 100 000 anni. Fu in quest'epoca che comparvero le prime specie di cavalli, maiali, cammelli e ippopotami. E anche i moderni primati. Solo che finora non si sapeva che cosa fosse successo alle piante. “Un fatto, quest'ultimo, davvero sconcertante”, spiega Bloch.

Poi però sono arrivate le scoperte del gruppo di Bloch. Nel Wyoming, in uno strato geologico del Bighorn Basin, i ricercatori hanno scoperto piante e polline fossili risalenti alla fase del cambiamento climatico. E si tratta di reperti che sembrano provenire da un ambiente più tropicale di quello precedente.

“Credo che le piante abbiano attraversato gli stessi ponti di terra che univano l'Asia all'America Settentrionale usati dai mammiferi per spostarsi”, dice Bloch. Inoltre, continua l'esperto, se l'ambiente si è effettivamente modificato passando da una vegetazione tipica di un clima più secco, con alberi più diradati a una foresta più folta tipica delle zone subtropicali, questo avrebbe potuto influenzare l'adattamento e l'evoluzione dei primati. Questa notizia è stata diffusa dall'agenzia “ZadiG”.

05/05/2007 22:02
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 422
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro.....
fossili di mammut

di: Massimo Ortelli

Biologi della University of Alaska di Fairbank sostengono che i fossili rinvenuti a St.Paul, una delle cinque isole Pribilof, potrebbero rappresentare i resti degli ultimi esemplari sopravvissuti all'estinzione che interessò il continente americano.

Secondo i ricercatori, i mammut dell'Alaska e di altre isole situate in prossimità al mare di Bering si estinsero 11mila anni fa, alla fine del Pleistocene. Tuttavia, secondo nuove datazioni al radiocarbonio gli esemplari delle isole Pribilof sopravvissero ancora per un certo periodo.

Gli studi hanno confermato che: i mammut rimase bloccati sulle isole circa 13mila anni fa; essi si estinsero sul continente circa 11.500 anni fa; le nuove datazioni, ottenute al radiocarbonio, dei fossili di St.Paul risalgono a metà dell'Olocene, e più precisamente a 7.908 anni fa.

Istituzione scientifica citata nell'articolo:

University of Alaska Fairbanks
05/05/2007 22:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 423
Registrato il: 08/12/2005
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
Altro......
L'antenato di tutti i fiori

di: Anna Ermanni

Potrebbe essere l'antenato di tutti i fiori, i semi e i frutti che oggi vediamo sulla terra quella piccola e fragile piantina acquatica che viveva nelle acque di un lago in Cina circa 125 milioni di anni fa.

La pianta, chiamata Archaefructus sinensis (cioè antico frutto della Cina), appartiene a una specie mai osservata prima e mostra caratteristiche tipiche delle piante da fiori più primitive. È quanto emerge da uno studio pubblicato sull'ultimo numero della rivista Science da David Dilcher dell'Università della Florida.


L'Archaefructus faceva fiori un po' particolari, non aveva petali come quelli che osserviamo oggi di frequente, ma la parte del fiore lavorava solo come un organo riproduttivo. "La ragione per cui possiamo comunque dire che si tratta di una pianta da fiore è che il seme è racchiuso all'interno carpello del frutto- spiega Dilcher -. E questo è un elemento chiave". Il carpello infatti è la parte femminile di un fiore.

David Dilcher

"È come se fosse la madre di tutte le piante da fiore", ha spiegato Dilcher. "E cambia completamente l'impressione di cosa fosse la più antica fra tutte le piante che producevano fiori". I botanici hanno infatti a lungo considerato una pianta che cresce in Nuova Caledonia come l'esempio più antico di pianta da fiore. Ma Dilcher spiega che questa nuova scoperta anticipa temporalmente quello che storicamente si è osservato nelle piante delle specie della magnolia.

La scoperta inoltre suggerisce che la comparsa delle piante che fioriscono si deve a specie di erbe che crescevano in pozze d'acqua che erano in grado di riprodursi molto velocemente, un elemento vantaggioso in termini di sopravvivenza.

DAVID L. DILCHER
GRADUATE RESEARCH PROFESSOR
Florida Museum of Natural History University
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:43. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com

 

 

Statistiche nwo.it

 

Statistiche Forum