ma per te le scimmie camminano in posizione eretta?......
Caratteristiche della locomozione eretta....
Nell’uomo, in rapporto alla dimensione, questi rilievi ossei sono ancor meno sviluppati, soprattutto a livello cervicale. La differenza principale con l’uomo è che in esso il rachide assume delle curvature caratteristiche: due a concavità posteriore (tratto cervicale e lombare) e due a convessità posteriore (tratto toracico e sacrale). Questa particolare disposizione della colonna vertebrale permette l’ammortizzazione del peso corporeo durante la deambulazione ed evita in parte le patologie a carico dei dischi che ne potrebbero conseguire.
In ogni caso si riscontrano ancora, abbastanza di frequente, nell’uomo patologie a carico della colonna vertebrale ed in particolare ai dischi intervertebrali; questo potrebbe significare che il nostro adattamento al bipedismo non sia ancora completo. Le vertebre coccigee formano la coda che nei primati arboricoli ad arrampicamento verticale tende a svilupparsi notevolmente e viene utilizzata da timone durante il salto e da bilanciere negli spostamenti sui rami. Nelle antropomorfe, nella bertuccia e nell’uomo si riduce sino alla scomparsa totale, almeno esteriormente, mentre rimane comunque un accenno a livello scheletrico.
Gabbia toracica
La gabbia toracica è formata dall’unione delle coste, dorsalmente, con il rachide e, ventralmente, con lo sterno. Ha la funzione di proteggere gli organi in essa contenuti e di permettere la respirazione. Per quest’ultimo particolare è importante notare che le singole coste tendono ad assumere una particolare curvatura che le fa sembrare ritorte. Questa configurazione ha lo scopo di permettere, durante l’inspirazione e il conseguente spostamento delle coste anteriormente, l’aumento di volume della cassa toracica. Nei primati, salendo nella scala evolutiva dai lemuridi sino all’uomo, la forma del torace cambia.
L’asse dorso ventrale, notevole nelle forme quadrupedi (lemuri, platirrine e catarrine non antropomorfe), tende a diminuire a favore dell’asse trasversale. In pratica si ha un allargamento progressivo a scapito della profondità del torace che raggiunge l’apice nell’uomo. Si vedrà in seguito come questa modificazione sia strettamente collegabile allo spostamento della scapola.
Le scimmie antropomorfe presentano una forma del torace fortemente tronco conica con la sezione più ampia a livello delle ultime coste; nell’uomo invece la massima ampiezza si ha a circa metà torace.
Cinto pelvico
Anche il cinto pelvico subisce notevoli modificazioni lungo l’albero evolutivo dei primati.
Nelle forme più "basse" della scala filogenetica (proscimmie e scimmie non antropomorfe) esso si presenta piuttosto allungato e del tutto simile a quello degli altri mammiferi; nelle antropomorfe esso tende ad accorciarsi ed ad espandersi in senso medio laterale (soprattutto l’ala iliaca aumenta notevolmente la sua superficie e si dispone dorso ventralmente ).
Nell’uomo si assiste ad un ulteriore accorciamento del bacino, l’ala iliaca aumenta ancora la sua superficie incurvandosi, nella sua porzione posteriore, verso il basso e si dispone medio lateralmente.
Queste modifiche del cinto pelvico si possono mettere in relazione con l’adattamento dell’andatura bipede. Sconfinando un istante dai primati, possiamo analizzare la dimensione del bacino in un animale come il ghepardo, fortemente adattato alla corsa, noteremo che le sue dimensioni relative sono del tutto simili a quelle già viste per i primati inferiori.
A questo punto è lecito pensare che la statura eretta comporti un maggior sforzo dei muscoli glutei di quanto non faccia la corsa quadrupede: in particolare, nell’uomo il gluteo superficiale è estremamente sviluppato; mentre nelle altre specie si presenta ridotto o addirittura assente, nelle antropomorfe che hanno un andatura semi bipede (si appoggiano sulle nocche o suoi pugni), il gluteo superficiale tende ad assumere maggior importanza e infatti anche il bacino si avvicina di più a quello umano. L’ampiezza della cavità pelvica, attraverso la quale dovrà passare il feto che possiede già una notevole dimensione della testa, è massima nell’uomo.
Il cinto scapolare assume nei primati una configurazione particolare presente in pochi altri gruppi di mammiferi (chirotteri, roditori, ecc.). Il cinto risulta formato da due ossa: la scapola e la clavicola. Nei carnivori e negli erbivori, ad esempio, la scapola si "articola", se così si può definire, alla colonna vertebrale tramite muscoli e legamenti. Questa relativa labilità di giunzione favorisce fondamentalmente i movimenti antero posteriori dell’arto, molto meno quelli di abduzione - adduzione (lateralità).
Nei primati, che necessitano di una maggiore mobilità dell’arto toracico in relazione alla locomozione arboricola ed ad un uso manipolativo della mano, il cinto toracico viene completato dalla presenza della clavicola. Essa collega la scapola allo sterno, aumenta la stabilità del cinto e quindi potenzia i movimenti di lateralità dell’arto stesso.
Questo adattamento lo si può ritrovare anche nei Chirotteri (pipistrelli) che necessitano dei movimenti di lateralità per il volo (non a caso un tempo erano riuniti tra i primati nella classificazione zoologica); a conferma troviamo la clavicola anche negli uccelli (il cinto in questo caso si complica ulteriormente con la presenza dell’osso coracoide).
Visione dorsale di scapole, partendo da destra: uomo, orango, apale
Nella scala evolutiva dei primati, la scapola tende progressivamente, procedendo verso l’uomo, a disporsi dorsalmente.
Nei lemuri essa è ancora piuttosto laterale, si sposta progressivamente dorsalmente ai lati dei processi spinosi dalle scimmie inferiori alle antropomorfe e l’uomo dove la dorsalità è completa.
A questo si può collegare il progressivo allargamento ed appiattimento in senso dorso ventrale del torace.
Le ossa del braccio e dell’avambraccio, corrispondenti rispettivamente all’omero, al radio - ulna, tendono ad essere simili, per quanto riguarda la lunghezza, o più corti nei primati che si spostano per arrampicamento verticale, dei corrispettivi dell’arto pelvico.
Nei lemuri che utilizzano il salto per spostarsi tra i rami sono decisamente più corti; in questi animali la propulsione è fornita dagli arti posteriori che sono quindi più robusti e allungati.
Nei primati che praticano invece la brachiazione (utilizzano gli arti toracici per spostarsi tra i rami) come, ad esempio, le antropomorfe, l’arto anteriore si sviluppa notevolmente in lunghezza tanto che, ad individuo posto in stazione eretta, tocca ampiamente il suolo. Per contro gli arti pelvici sono più ridotti in lunghezza rispetto alle altre scimmie.
Nell’uomo lo sviluppo è intermedio per quanto riguarda la lunghezza, notevolmente inferiore si presenta la robustezza delle ossa lunghe considerate, in reazione alla minor dimensione della muscolatura delle braccia. L’uomo utilizza le braccia soprattutto per la manipolazione che non comporta, quindi, uno stress eccessivo.
Bisogna tenere sempre presente che spesso la muscolatura dell’uomo può essere paragonata, dal punto di vista della massa, a quella di altri animali della stessa dimensione, la differenza però in termini di espressione di forza è notevole. Uno scimpanzè adulto che può pesare anche 80 Kg. ha sì una massa muscolare simile a un uomo atleta, ma la sua forza effettiva è pari almeno al triplo.
Questo è dovuto ad una maggiore efficienza della contrazione muscolare per unità di superficie. Anche nelle ossa notiamo questa differenza a livello dello spessore assoluto delle ossa lunghe e della loro parete di osso compatto".
Le ossa della mano, corrispondenti a carpo, metacarpo e falangi, seguono in specializzazione quelle del braccio, ossia assumono particolari forme che facilitano l’animale negli spostamenti quotidiani. Nelle scimmie quadrupedi che si arrampicano verticalmente non si presentano particolarmente sviluppate se non per la prensione dei rami. Nei lemuri che si spostano mediante il salto tendono ad ingrandirsi notevolmente in rapporto alla dimensione del corpo per permettere una maggior presa sui rami.
Nei brachiatori le ossa del metacarpo e le falangi tendono ad allungarsi notevolmente; queste ultime, inoltre, assumono una forma arcuata a concavità ventrale. In pratica le mani si trasformano in "uncini" per potersi appendere più facilmente ai rami. Per contro, il pollice si riduce notevolmente in quanto perde utilità (soprattutto nell’orango).
Nell’uomo la mano si è mantenuta relativamente indifferenziata; il pollice si è allungato favorendo la completa opponibilità indispensabile per la manipolazione. La particolare struttura assunta dall’arto anteriore delle antropomorfe favorisce, riferendosi alla deambulazione sul terreno, la caratteristica posizione detta "sulle nocche" assunta da gorilla e scimpanzè o sui pugni caratteristica dell’orango; il gibbone tende invece ad assumere più spesso una stazione eretta.
Arto pelvico
Composto da femore, tibia, tarso, metatarso e falangi. In pratica le ossa corrispondono, a grandi linee, a quelle dell’arto anteriore. In generale le specializzazioni più marcate si notano nei primati adattati al salto e nell’uomo che si è evoluto alla stazione eretta. Nelle scimmie e proscimmie ad andatura quadrupede non presenta particolari adattamenti se non il plantigradismo con il piede che assume una forma simile a quella della mano.
Come ho già anticipato, nei lemuridi adattati al salto come l’indri e il sifaka, l’arto posteriore tende ad allungarsi notevolmente rispetto a quello anteriore per aumentare la leva di spinta. Nel tarsio spettro (proscimmia dell’arcipelago della Sonda) l’allungamento dell’arto posteriore ha interessato soprattutto la regione metatarsale (da cui il nome tarsio). L’atterraggio viene attuato da questi animali con gli arti pelvici, per cui è interessante notare come il piede sia notevolmente più grande rispetto agli altri primati. Questo per facilitare la presa sui rami. Nell’indri, ad esempio, anche le dita del piede assumono notevoli dimensioni e in particolare l’alluce.
Le scimmie che praticano la brachiazione hanno subito un adattamento inverso; nel senso che gli arti inferiori hanno perso importanza nella locomozione arboricola, rispetto ai primati che si spostano tramite il salto, per cui tendono ad essere molto meno sviluppati degli arti superiori. Questa conformazione facilita, inoltre, la deambulazione, sul terreno, semi eretta sulle nocche o sui pugni.
Nell’uomo l’arto inferiore si presenta fortemente specializzato: le ossa lunghe (femore, tibia e fibula) sono estremamente allungate e gli arti, in stazione, si dispongono a piombo con il suolo e non flessi come nelle antropomorfe. Il piede, a livello della pianta, presenta due curvature: una longitudinale e una, più lieve, trasversale.
Questa conformazione aumenta l’ammortizzazione del peso corporeo durante il movimento.
Piede umano
A livello delle falangi si nota che nell’uomo l’alluce si porta a pari, anteriormente, con le altre dita mentre, negli altri primati, il pollice si presenta notevolmente arretrato. È ovvio che anche i muscoli della gamba deputati a mantenere la stazione eretta e quelli che permettono il movimento sono enormemente più sviluppati di quanto non siano negli altri primati.
Per citarne qualcuno: il quadricipite femorale (il muscolo anteriore più grande della coscia responsabile dell’estensione della gamba), il lungo vasto (il muscolo posteriore più grande della coscia responsabile della flessione della gamba), i gemelli della sura (muscoli del polpaccio responsabili dell’estensione del piede), il tibiale anteriore (muscolo anteriore della gamba responsabile della flessione del piede), ecc.
Il cranio
Neurocranio
Il neurocranio racchiude il cervello per cui rappresenta un importante punto di riferimento per la valutazione dell’evoluzione umana. In linea di massima questa porzione scheletrica, sempre relativamente alla mole, è più sviluppata nei primati, soprattutto nell’uomo, che non negli altri vertebrati. Alcuni primati, soprattutto quelli che presentano un cranio particolarmente massiccio e con i condili occipitali spostati più aboralmente, hanno sviluppato a livello di questa regione alcune escrescenze ossee che permettono l’inserzione dei potenti muscoli del collo per mantenere in equilibrio la testa. Esse sono rappresentate dalle creste nucali e dalla protuberanza occipitale esterna. In particolare si possono ritrovare nelle grandi antropomorfe, nel mandrillo ed in alcuni altri cinocefali.
Si può aggiungere, a questo livello un terzo rilievo: la cresta sagittale mediana. Essa fornisce una maggior superficie di inserzione per i muscoli temporali che si possono quindi sviluppare notevolmente. Questi muscoli sono responsabili dei movimenti di verticalità della mandibola. Questa cresta è rilevabile in molti primati ma è particolarmente sviluppata nel gorilla maschio. In generale, lo sviluppo di questi rilievi non è costante nell’ambito della stessa specie, ma varia a seconda dell’età e del sesso.
Più specificatamente si accrescono all’aumentare dell’età e raggiungono notevoli dimensioni solo nei maschi, per cui rappresentano un carattere di dimorfismo sessuale.
Al confine tra il neuro cranio e lo splancnocranio troviamo le cavità orbitarie che subiscono, dalle tupaie in su, modificazioni notevoli: in questi animali le orbite sono orientate lateralmente per cui la visione non è stereoscopica, inoltre le cavità orbitarie sono comunicanti con la fossa temporale; procedendo con i lemuri, l’orientamento delle orbite tende a essere più frontale rispetto alle tupaie ma la comunicazione con la fossa temporale è ancora completa.
Nel tarsio si ha una frontalizzazione delle orbite e la comparsa di un setto che divide la cavità orbitaria dalla fossa temporale. In questo animale è particolarmente evidente l’adattamento alla vita notturna, le cavità orbitarie occupano una notevole porzione di cranio consentendo così un ampliamento della superficie dei tessuti fotorecettivi (retina) e una maggior possibilità di dilatare la pupilla.
Partendo da destra: uomo, gorilla, cebo cappuccino e lemure variegato
La frontalità delle orbite e la loro separazione dalla fossa temporale si mantiene in tutti gli altri primati compreso l’uomo. Questo garantisce una visione stereoscopica che indica un prevalere della vista sull’olfatto nella vita quotidiana delle scimmie e dell’uomo.
Splancnocranio
Questa parte del cranio ha subito notevoli modificazioni nella scala filogenetica dell’ordine dei primati; dalle proscimmie sino all’uomo e anche nell’ambito dell’evoluzione umana essa assume un importante valore distintivo per l’identificazione dei vari livelli evolutivi; per cui è di fondamentale importanza la conoscenza delle varie conformazioni in relazione alla funzionalità delle singole parti.
Per un’analisi più schematica, lo si può suddividere in tre gruppi:
il blocco facciale
la dentatura
la mandibola
Blocco facciale
Comprende le ossa della faccia quali nasali, mascellari , palatine, ecc. Fondamentalmente risalendo nella scala filogenetica dalle proscimmie all’uomo, esso ha subito un notevole accorciamento che ha influenzato sia l’olfatto che il numero dei denti che sono collegati alla conformazione del muso.
Cranio di volpe e lemure variegato
I lemuri presentano un massiccio facciale notevolmente allungato che conferisce a questi animali un aspetto volpino. Strettamente collegati a questa conformazione del muso sono l’olfatto ed il numero dei denti. Il senso dell’olfatto è ancora molto sviluppato in questo gruppo di primati che comunicano tra loro con segnali odorosi prodotti, in molti casi, da speciali ghiandole localizzate sui polsi.
In genere alla dimensione delle cavità nasali si associa anche la quantità di tessuto olfattivo, per cui più un animale presenterà delle cavità nasali ampie più il suo olfatto sarà sviluppato.
Negli altri primati, il blocco facciale tende progressivamente ad accorciarsi e si perdono gran parte delle capacità olfattive. Nell’uomo, come è noto, il senso dell’olfatto perde notevole importanza e viene sostituito dalla vista. La comunicazione sociale si attua quindi tramite la mimica facciale e la produzione di suoni che nell’uomo ha raggiunto un livello notevole di perfezionamento.
Il linguaggio articolato è infatti proprio ed esclusivo dell’uomo. A livello dell’apice del muso nei lemuri riconosciamo un "rhinarium" ossia un cuscinetto umido analogo a quello dei gatti fessurato sulla sua linea sagittale; la fessura prosegue ventralmente sino alle labbra. Dai tarsi in su, il naso assume una differente conformazione. Perde la fessurazione e l’aspetto umido sino a divenire prominente nell’uomo.
Dentatura
La dentatura segue l’andamento evolutivo del blocco facciale (anche se è difficile stabilire se la gallina è nata prima dell’uovo), nel senso che si ha avuto una riduzione dentaria dalle tupaie sino all’uomo. Tuttavia questa non è così marcata rispetto a quanto si può notare in altri mammiferi.
Nei carnivori, per esempio, i Canidi hanno una dentatura piuttosto completa mentre i felini ne hanno una piuttosto ridotta. Nei primi i denti sono quarantadue o quarantaquattro, mentre nei felini sono ventotto o, al massimo, trenta.
Nei primati la riduzione non è stata così drastica, infatti nei lemuri il numero dei denti è trentotto mentre nell’uomo, che tra i primati è quello che presenta il blocco facciale più corto, è trentadue. Nei lemuri i denti premolari presentano ancora una corona tagliente (simile a quella riscontrabile negli insettivori) e i canini sono ben sviluppati e a forma di coltello.
Nelle scimmie le corone dentarie dei premolari diventano pianeggianti e a superficie mammellonata, adatta quindi alla triturazione di alimenti vegetali. I canini sono sempre ben sviluppati, soprattutto nei cinocefali maschi (babbuino, amadriade, gelada, mandrillo, ecc.) essi assumono notevoli dimensioni.
I canini si possono considerare un carattere di dimorfismo sessuale. La forma dei canini è, in questo caso, conica.
Generalmente un canino di forma conica non è adatto a lacerare, o peggio a tagliare la carne, ma a pugnalare; considerando che questi animali non sono carnivori è lecito pensare che siano esclusivamente delle formidabili armi di difesa.
È possibile che l’allungamento notevole del muso di questi animali sia in relazione alla lunghezza dei canini; è difficile mordere efficacemente con canini così lunghi se si possiede un muso corto. Anche le antropomorfe possiedono canini piuttosto sviluppati ma meno dei cinocefali. L’asse longitudinale di questi denti, nei primati, diverge lateralmente, questo assetto permette, a bocca semi aperta, un certo movimento di lateralità della mandibola.
Partendo da destra: cranio di felino e di Cercopithecus campbelli Colobus abyssinicus Dentatura umana
Sconfinando nei felini, ad esempio, l’asse dei canini è perfettamente verticale per cui i movimenti laterali della mandibola sono praticamente inesistenti. La dimensione di questi denti implica non poche difficoltà durante la chiusura della bocca, per cui tra l’incisivo cantone superiore e il canino superiore si è formato uno spazio detto "diastema" per l’alloggio del canino inferiore.
Nell’uomo i canini sono sviluppati come gli altri denti, non superano il piano della tavola dentaria e si ha l’assenza totale del diastema. I premolari ed i molari presentano una superficie mammellonata, ma le cuspidi sono piuttosto rilevate ed appuntite a testimonianza di una dieta più orientata verso la carne rispetto agli altri primati.
Mandibola
La mandibola nelle proscimmie è conformata come nella maggior parte degli altri mammiferi. Presenta un profilo ventrale piuttosto orizzontale ed è composta da due emimandibole riunite oralmente da una sinfisi. La branca mandibolare (che corrisponde alla porzione comprendente il condilo per l’articolazione con il temporale) è poco sviluppata. Il processo coronoideo (deputato all’inserzione del muscolo temporale) si presenta ancora ben rilevato. La cavità glenoidea del temporale, che accoglie il condilo mandibolare a formare l’articolazione temporomandibolare, si presenta piuttosto incavata e completata posteriormente da un processo postglenoideo.
Nei primati superiori, uomo compreso, le due emimandibole, separate nella vita fetale, si fondono con una sinostosi formando un osso unico, la branca mandibolare si sviluppa notevolmente a scapito del processo coronoideo che invece si riduce; inoltre il condilo si sposta più dorsalmente (in genere i gruppi di animali che presentano il condilo posizionato allo stesso livello del corpo mandibolare tendono a compiere maggiormente movimenti di verticalità della mandibola, viceversa invece se il condilo è posizionato più dorsalmente come nei primati o nei mammiferi erbivori).
Questo particolare è strettamente correlato alla masticazione: infatti a livello della branca mandibolare si inserisce il muscolo massetere responsabile, insieme ai muscoli pterigoidei, dei movimenti masticatori. I muscoli temporali, come ho già detto, sono deputati ai movimenti di verticalità della mandibola per cui nei primati assumono un ruolo secondario. Nell’uomo, in particolare, essi sono costituiti da una sottile lamina muscolare e sono quindi ben differenti, ad esempio, da quelli della iena o dei felini che invece sono enormi. La cavità glenoidea dell’articolazione temporomandibolare tende ad essere poco profonda e si ha la scomparsa del processo postglenoideo. Questo facilita i movimenti di lateralità e di avanzamento della mandibola ottenuti mediante lo spostamento del condilo all’interno della sua sede.
Ad esempio, in tutti i carnivori la cavità glenoidea è notevolmente più profonda ed i processi accessori sono due: il processo preglenoideo e quello postglenoideo. Questa configurazione caratteristica viene chiamata "a cerniera".
Ha lo scopo di limitare al massimo i movimenti di lateralità e di diminuire i rischi di lussazione in seguito agli sforzi generati dalla chiusura delle mascelle. Nei primati, che necessitano dei movimenti laterali per la masticazione, l’articolazione tende ad essere più labile e ovviamente i fenomeni di dislocazione sono più frequenti. Notevoli sono inoltre i processi pterigoidei dello sfenoide (posti alla base del cranio) per l’inserzione dei muscoli omonimi indispensabili per i movimenti laterali della mandibola.
Se per te le ossa sono tutte uguali Ghergon......