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Piccole riflessioni sull´evoluzione.....

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2008 19:41
06/05/2007 12:19
 
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Dieta variata per gli antichi ominidi

L'analisi dei denti fossili mostra variazioni stagionali nella dieta di Australopithecus, risalente a 1,8 milioni di anni fa

Ominidi primitivi
Un gruppo di paleontologi dell’Università dello Utah ha migliorato i metodi in uso per l’esame dei denti fossili ed è riuscito a dimostrare che la dieta delle antichissime specie imparentate con i nostri progenitori era molto varia, suggerendo anche che le popolazioni di questi primi ominidi migrassero per poter sfruttare le opportunità offerte dalle diverse stagioni. A essere esaminati sono stati i denti fossili di esemplari di Australopithecus robustus (o Paranthropus robustus), risalenti a 1,8 milioni di anni fa, ritrovati a Swartkrans, in Sud Africa. ‘Lo studio di A. robustus – ha detto Thure Cerling, coautore dell’articolo pubblicato sul numero odierno di Science in cui si illustra la ricerca – è importante perché mostra che la variabilità della dieta dell’uomo fa parte della sua ‘famiglia’ da lunghissimo tempo e che proprio grazie a essa gli umani moderni sono riusciti a popolare tutto il globo ricorrerendo ai diversi alimenti presenti in tutto il mondo”. I ricercatori hanno usato un laser di tipo innovativo, non distruttivo, per rimuovere minuscoli campioni dai denti fossilizzati, per poi determinare nei campioni ottenuti i rapporti fra i diversi isotopi del carbonio. I rapporti fra questi consentono infatti di risalire al tipo di vegetali da cui il carbonio proviene, se si tratta cioè di vegetali C3 (come frutta e foglie) o C4 (tuberi, erbe, semi) "Questi ominidi traevano evidentemente vantaggio dalle differenze stagionali negli alimenti presenti nella savana” ha osservato Cerling. “Per ora, non possiamo però dire se fossero cacciatori o se consumassero i resti di prede abbandonate da altri animali, ma è probabile che la loro dieta comprendesse anche la carne. Stiamo lavorando per scoprirlo.”
06/05/2007 12:22
 
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L'anello mancante fra ardipiteco e australopiteco

Ritrovati alcuni fossili che colmano una lacuna nella linea evolutiva fra l'uomo e gli antenati comuni con le scimmie

Finora esisteva una lacuna nelle testimonianze fossili della linea evolutiva che dall’antenato comune di uomini e scimmie porta a noi. Mancava, in particolare, un anello di congiunzione fra gli antichissimi ardipitechi – vissuti fra 7 e 4,4 milioni di anni fa – e le forme “perfette” di australopioteco, alle quali appartengono per esempio i resti di “Lucy”, scoperti anch’essi nella depressione dell’Afar. Un gruppo internazionale di paleoantropologi diretto da Tim White dell’Università della California a Berkeley ha rinvenuto nel deserto dell’Afar, regione nord-orientale dell’Etiopia alcuni fossili che risalgono a 4,1 milioni di anni fa e sembrano rappresentare proprio questo anello mancante. Secondo White questi resti, che rappresentano una forma primitiva di Australopithecus anamensis, esibiscono in modo molto netto la discendenza dal genere Ardipithecus. Inoltre, il fatto che i fossili di Ardipithecus ramidus, Au. anamensis e Au. afarensis siano stati rinvenuti in strati sedimentari successivi nella stessa area lungo il medio corso dell’Awash, il fiume che segna il confine meridionale dell’Afar, suggeriscono una precisa successione evolutiva. Il genere Australopithecus successivamente si differenziò in numerose specie, e alcune di esse convissero a lungo con il genere Homo, come Au. bosei, che si estinse solo 1,2 milioni di anni fa. (Foto ©Tim D. WhiteBrill Atlanta)
06/05/2007 13:32
 
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Re: Altro....

Scritto da: @Yoghurt@ 06/05/2007 12.22
L'anello mancante fra ardipiteco e australopiteco

Ritrovati alcuni fossili che colmano una lacuna nella linea evolutiva fra l'uomo e gli antenati comuni con le scimmie

Finora esisteva una lacuna nelle testimonianze fossili della linea evolutiva che dall’antenato comune di uomini e scimmie porta a noi. Mancava, in particolare, un anello di congiunzione fra gli antichissimi ardipitechi – vissuti fra 7 e 4,4 milioni di anni fa – e le forme “perfette” di australopioteco, alle quali appartengono per esempio i resti di “Lucy”, scoperti anch’essi nella depressione dell’Afar. Un gruppo internazionale di paleoantropologi diretto da Tim White dell’Università della California a Berkeley ha rinvenuto nel deserto dell’Afar, regione nord-orientale dell’Etiopia alcuni fossili che risalgono a 4,1 milioni di anni fa e sembrano rappresentare proprio questo anello mancante. Secondo White questi resti, che rappresentano una forma primitiva di Australopithecus anamensis, esibiscono in modo molto netto la discendenza dal genere Ardipithecus. Inoltre, il fatto che i fossili di Ardipithecus ramidus, Au. anamensis e Au. afarensis siano stati rinvenuti in strati sedimentari successivi nella stessa area lungo il medio corso dell’Awash, il fiume che segna il confine meridionale dell’Afar, suggeriscono una precisa successione evolutiva. Il genere Australopithecus successivamente si differenziò in numerose specie, e alcune di esse convissero a lungo con il genere Homo, come Au. bosei, che si estinse solo 1,2 milioni di anni fa. (Foto ©Tim D. WhiteBrill Atlanta)



Bell'articolo che non dice nulla..perchè non ricerchi quanti e quali sono questi "resti"?
Forse rimarrai sbalordito... [SM=x268948]
"Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

Suor Lucia Dos Santos



TURRIS EBURNEA



LIBRI CATTOLICI













06/05/2007 14:08
 
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Ho letto il libro...
che descrive le caratteritiche di questo ultimo ritrovamento....

riguardano parti di scheletro non lo scheletro intero....ma a poteva avere una postura erett....quindi non e una scimmia Ghergon....

[SM=x268948]

E poi stupiscimi mi tu con i tuoi ritrovamenti.....

Sei fermo ancora a quest´ultima boiata che hai scritto tempo fa...

"Perchè gli scienziati seri sanno che la terra è periodicamente sconvolta da immani cataclismi(teoria del Catastrofismo) dopo i quali ogni volta, qualcuno con molta pazienza torna a "riseminare" il territorio con le specie viventi che si sono estinte e mettendone a suo piacimento altre.
Non è che schiocca le dita e "puf" appare il tutto, si tratta di genetica...leggi per incominciare Zecharia Sitchin.
Le cronologie a cui fai riferimento sono del tutto arbitrarie..."

Fammi leggere le ultime scoperte in questa direzione.....

Non fare il figo Ghergon che la figura da buffone l´hai gia fatta abbastanza nei tuoi post..



06/05/2007 14:44
 
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Re: Ho letto il libro...

Scritto da: @Yoghurt@ 06/05/2007 14.08
che descrive le caratteritiche di questo ultimo ritrovamento....

riguardano parti di scheletro non lo scheletro intero....ma a poteva avere una postura erett....quindi non e una scimmia Ghergon....

[SM=x268948]

E poi stupiscimi mi tu con i tuoi ritrovamenti.....

Sei fermo ancora a quest´ultima boiata che hai scritto tempo fa...

"Perchè gli scienziati seri sanno che la terra è periodicamente sconvolta da immani cataclismi(teoria del Catastrofismo) dopo i quali ogni volta, qualcuno con molta pazienza torna a "riseminare" il territorio con le specie viventi che si sono estinte e mettendone a suo piacimento altre.
Non è che schiocca le dita e "puf" appare il tutto, si tratta di genetica...leggi per incominciare Zecharia Sitchin.
Le cronologie a cui fai riferimento sono del tutto arbitrarie..."

Fammi leggere le ultime scoperte in questa direzione.....

Non fare il figo Ghergon che la figura da buffone l´hai gia fatta abbastanza nei tuoi post..






Non basta un frammento di osso(neanche un osso intero, a questo siamo arrivati pur di screditare il creazionismo, a inventare con tanta fantasia corpi interi con frammenti di pochi centimetri di un o due ossa...)per provare l'impossibile....
Quei resti che non provano nulla sono resti di comunissime scimmie estinte....e niente più!



Non fare il figo Ghergon che la figura da buffone l´hai gia fatta abbastanza nei tuoi post..



Si certo... [SM=x268948] [SM=x268949] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=x268951] [SM=x268951] [SM=x268951]
"Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

Suor Lucia Dos Santos



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06/05/2007 17:43
 
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Gli ultimi ritrovamenti....
erano caratterizzati dai seguenti reperti fossili....

Il 9 dicembre alle 11,21 del mattino l'agenzia Reuters batte la notizia: ritrovato in Sudafrica, nel sito di Sterkfontein, dall'?quipe di Phillip Tobias, uno scheletro quasi completo (la parte sinistra del cranio, due gambe, una tibia, le pelvi e le vertebre) di un ominide vissuto tre milioni e seicentomila anni fa. Il fossile proviene dalla grotta Silberberg, dove a settembre l'hanno trovato Stephen Motsumi e Nkwane Molefe, diretti da Ron Clarke della Witwaterstrand University di Johannesburg.

Secondo i paleontologi, fra i quali Bruce Latimer del Museo di Storia Naturale di Cleveland, la nuova scoperta è stata fatta a febbraio in un sito chiamato Mille, approssimativamente 60 chilometri a nord rispetto al luogo dove era stata trovata Lucy, nella regione orientale dell’Afar.
Gli esemplari trovati comprendono una tibia completa della parte inferiore di una gamba, parti di un femore, costole, vertebre, un bacino e una scapola completa. C’è inoltre un astragalo che, insieme alla tibia, dimostra che la creatura camminava eretta. E le scoperte non finite qui.
Un altro team di cacciatori di fossili che lavorano in Etiopia, sempre poco più di un anno fa, hanno dissotterrato i resti di almeno nove ominidi primitivi che avrebbero un’età compresa fra 4,5 e 4,3 milioni di anni. I fossili, scoperti ad As Duma, nella regione settentrionale del paese, consistono principalmente in denti e frammenti di mandibola, ma includono anche parti delle mani e dei piedi.

Tim White, antropologo di fama mondiale dell’Università di Berkeley in California, che ha guidato il gruppo di ricercatori alla scoperta del fossile di un cranio di un milione di anni che si è guadagnato la copertina di Nature.




06/05/2007 18:04
 
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Fammi capire...
ma per te le scimmie camminano in posizione eretta?......

Caratteristiche della locomozione eretta....

Nell’uomo, in rapporto alla dimensione, questi rilievi ossei sono ancor meno sviluppati, soprattutto a livello cervicale. La differenza principale con l’uomo è che in esso il rachide assume delle curvature caratteristiche: due a concavità posteriore (tratto cervicale e lombare) e due a convessità posteriore (tratto toracico e sacrale). Questa particolare disposizione della colonna vertebrale permette l’ammortizzazione del peso corporeo durante la deambulazione ed evita in parte le patologie a carico dei dischi che ne potrebbero conseguire.
In ogni caso si riscontrano ancora, abbastanza di frequente, nell’uomo patologie a carico della colonna vertebrale ed in particolare ai dischi intervertebrali; questo potrebbe significare che il nostro adattamento al bipedismo non sia ancora completo. Le vertebre coccigee formano la coda che nei primati arboricoli ad arrampicamento verticale tende a svilupparsi notevolmente e viene utilizzata da timone durante il salto e da bilanciere negli spostamenti sui rami. Nelle antropomorfe, nella bertuccia e nell’uomo si riduce sino alla scomparsa totale, almeno esteriormente, mentre rimane comunque un accenno a livello scheletrico.

Gabbia toracica

La gabbia toracica è formata dall’unione delle coste, dorsalmente, con il rachide e, ventralmente, con lo sterno. Ha la funzione di proteggere gli organi in essa contenuti e di permettere la respirazione. Per quest’ultimo particolare è importante notare che le singole coste tendono ad assumere una particolare curvatura che le fa sembrare ritorte. Questa configurazione ha lo scopo di permettere, durante l’inspirazione e il conseguente spostamento delle coste anteriormente, l’aumento di volume della cassa toracica. Nei primati, salendo nella scala evolutiva dai lemuridi sino all’uomo, la forma del torace cambia.
L’asse dorso ventrale, notevole nelle forme quadrupedi (lemuri, platirrine e catarrine non antropomorfe), tende a diminuire a favore dell’asse trasversale. In pratica si ha un allargamento progressivo a scapito della profondità del torace che raggiunge l’apice nell’uomo. Si vedrà in seguito come questa modificazione sia strettamente collegabile allo spostamento della scapola. Le scimmie antropomorfe presentano una forma del torace fortemente tronco conica con la sezione più ampia a livello delle ultime coste; nell’uomo invece la massima ampiezza si ha a circa metà torace.

Cinto pelvico

Anche il cinto pelvico subisce notevoli modificazioni lungo l’albero evolutivo dei primati.
Nelle forme più "basse" della scala filogenetica (proscimmie e scimmie non antropomorfe) esso si presenta piuttosto allungato e del tutto simile a quello degli altri mammiferi; nelle antropomorfe esso tende ad accorciarsi ed ad espandersi in senso medio laterale (soprattutto l’ala iliaca aumenta notevolmente la sua superficie e si dispone dorso ventralmente ).
Nell’uomo si assiste ad un ulteriore accorciamento del bacino, l’ala iliaca aumenta ancora la sua superficie incurvandosi, nella sua porzione posteriore, verso il basso e si dispone medio lateralmente.

Queste modifiche del cinto pelvico si possono mettere in relazione con l’adattamento dell’andatura bipede. Sconfinando un istante dai primati, possiamo analizzare la dimensione del bacino in un animale come il ghepardo, fortemente adattato alla corsa, noteremo che le sue dimensioni relative sono del tutto simili a quelle già viste per i primati inferiori.
A questo punto è lecito pensare che la statura eretta comporti un maggior sforzo dei muscoli glutei di quanto non faccia la corsa quadrupede: in particolare, nell’uomo il gluteo superficiale è estremamente sviluppato; mentre nelle altre specie si presenta ridotto o addirittura assente, nelle antropomorfe che hanno un andatura semi bipede (si appoggiano sulle nocche o suoi pugni), il gluteo superficiale tende ad assumere maggior importanza e infatti anche il bacino si avvicina di più a quello umano. L’ampiezza della cavità pelvica, attraverso la quale dovrà passare il feto che possiede già una notevole dimensione della testa, è massima nell’uomo.

Il cinto scapolare assume nei primati una configurazione particolare presente in pochi altri gruppi di mammiferi (chirotteri, roditori, ecc.). Il cinto risulta formato da due ossa: la scapola e la clavicola. Nei carnivori e negli erbivori, ad esempio, la scapola si "articola", se così si può definire, alla colonna vertebrale tramite muscoli e legamenti. Questa relativa labilità di giunzione favorisce fondamentalmente i movimenti antero posteriori dell’arto, molto meno quelli di abduzione - adduzione (lateralità).
Nei primati, che necessitano di una maggiore mobilità dell’arto toracico in relazione alla locomozione arboricola ed ad un uso manipolativo della mano, il cinto toracico viene completato dalla presenza della clavicola. Essa collega la scapola allo sterno, aumenta la stabilità del cinto e quindi potenzia i movimenti di lateralità dell’arto stesso.
Questo adattamento lo si può ritrovare anche nei Chirotteri (pipistrelli) che necessitano dei movimenti di lateralità per il volo (non a caso un tempo erano riuniti tra i primati nella classificazione zoologica); a conferma troviamo la clavicola anche negli uccelli (il cinto in questo caso si complica ulteriormente con la presenza dell’osso coracoide).

Visione dorsale di scapole, partendo da destra: uomo, orango, apale

Nella scala evolutiva dei primati, la scapola tende progressivamente, procedendo verso l’uomo, a disporsi dorsalmente.
Nei lemuri essa è ancora piuttosto laterale, si sposta progressivamente dorsalmente ai lati dei processi spinosi dalle scimmie inferiori alle antropomorfe e l’uomo dove la dorsalità è completa.
A questo si può collegare il progressivo allargamento ed appiattimento in senso dorso ventrale del torace.

Le ossa del braccio e dell’avambraccio, corrispondenti rispettivamente all’omero, al radio - ulna, tendono ad essere simili, per quanto riguarda la lunghezza, o più corti nei primati che si spostano per arrampicamento verticale, dei corrispettivi dell’arto pelvico.
Nei lemuri che utilizzano il salto per spostarsi tra i rami sono decisamente più corti; in questi animali la propulsione è fornita dagli arti posteriori che sono quindi più robusti e allungati.
Nei primati che praticano invece la brachiazione (utilizzano gli arti toracici per spostarsi tra i rami) come, ad esempio, le antropomorfe, l’arto anteriore si sviluppa notevolmente in lunghezza tanto che, ad individuo posto in stazione eretta, tocca ampiamente il suolo. Per contro gli arti pelvici sono più ridotti in lunghezza rispetto alle altre scimmie.
Nell’uomo lo sviluppo è intermedio per quanto riguarda la lunghezza, notevolmente inferiore si presenta la robustezza delle ossa lunghe considerate, in reazione alla minor dimensione della muscolatura delle braccia. L’uomo utilizza le braccia soprattutto per la manipolazione che non comporta, quindi, uno stress eccessivo.
Bisogna tenere sempre presente che spesso la muscolatura dell’uomo può essere paragonata, dal punto di vista della massa, a quella di altri animali della stessa dimensione, la differenza però in termini di espressione di forza è notevole. Uno scimpanzè adulto che può pesare anche 80 Kg. ha sì una massa muscolare simile a un uomo atleta, ma la sua forza effettiva è pari almeno al triplo.
Questo è dovuto ad una maggiore efficienza della contrazione muscolare per unità di superficie. Anche nelle ossa notiamo questa differenza a livello dello spessore assoluto delle ossa lunghe e della loro parete di osso compatto".
Le ossa della mano, corrispondenti a carpo, metacarpo e falangi, seguono in specializzazione quelle del braccio, ossia assumono particolari forme che facilitano l’animale negli spostamenti quotidiani. Nelle scimmie quadrupedi che si arrampicano verticalmente non si presentano particolarmente sviluppate se non per la prensione dei rami. Nei lemuri che si spostano mediante il salto tendono ad ingrandirsi notevolmente in rapporto alla dimensione del corpo per permettere una maggior presa sui rami.
Nei brachiatori le ossa del metacarpo e le falangi tendono ad allungarsi notevolmente; queste ultime, inoltre, assumono una forma arcuata a concavità ventrale. In pratica le mani si trasformano in "uncini" per potersi appendere più facilmente ai rami. Per contro, il pollice si riduce notevolmente in quanto perde utilità (soprattutto nell’orango).


Nell’uomo la mano si è mantenuta relativamente indifferenziata; il pollice si è allungato favorendo la completa opponibilità indispensabile per la manipolazione. La particolare struttura assunta dall’arto anteriore delle antropomorfe favorisce, riferendosi alla deambulazione sul terreno, la caratteristica posizione detta "sulle nocche" assunta da gorilla e scimpanzè o sui pugni caratteristica dell’orango; il gibbone tende invece ad assumere più spesso una stazione eretta.

Arto pelvico

Composto da femore, tibia, tarso, metatarso e falangi. In pratica le ossa corrispondono, a grandi linee, a quelle dell’arto anteriore. In generale le specializzazioni più marcate si notano nei primati adattati al salto e nell’uomo che si è evoluto alla stazione eretta. Nelle scimmie e proscimmie ad andatura quadrupede non presenta particolari adattamenti se non il plantigradismo con il piede che assume una forma simile a quella della mano.
Come ho già anticipato, nei lemuridi adattati al salto come l’indri e il sifaka, l’arto posteriore tende ad allungarsi notevolmente rispetto a quello anteriore per aumentare la leva di spinta. Nel tarsio spettro (proscimmia dell’arcipelago della Sonda) l’allungamento dell’arto posteriore ha interessato soprattutto la regione metatarsale (da cui il nome tarsio). L’atterraggio viene attuato da questi animali con gli arti pelvici, per cui è interessante notare come il piede sia notevolmente più grande rispetto agli altri primati. Questo per facilitare la presa sui rami. Nell’indri, ad esempio, anche le dita del piede assumono notevoli dimensioni e in particolare l’alluce.


Le scimmie che praticano la brachiazione hanno subito un adattamento inverso; nel senso che gli arti inferiori hanno perso importanza nella locomozione arboricola, rispetto ai primati che si spostano tramite il salto, per cui tendono ad essere molto meno sviluppati degli arti superiori. Questa conformazione facilita, inoltre, la deambulazione, sul terreno, semi eretta sulle nocche o sui pugni.
Nell’uomo l’arto inferiore si presenta fortemente specializzato: le ossa lunghe (femore, tibia e fibula) sono estremamente allungate e gli arti, in stazione, si dispongono a piombo con il suolo e non flessi come nelle antropomorfe. Il piede, a livello della pianta, presenta due curvature: una longitudinale e una, più lieve, trasversale.
Questa conformazione aumenta l’ammortizzazione del peso corporeo durante il movimento.


Piede umano

A livello delle falangi si nota che nell’uomo l’alluce si porta a pari, anteriormente, con le altre dita mentre, negli altri primati, il pollice si presenta notevolmente arretrato. È ovvio che anche i muscoli della gamba deputati a mantenere la stazione eretta e quelli che permettono il movimento sono enormemente più sviluppati di quanto non siano negli altri primati.
Per citarne qualcuno: il quadricipite femorale (il muscolo anteriore più grande della coscia responsabile dell’estensione della gamba), il lungo vasto (il muscolo posteriore più grande della coscia responsabile della flessione della gamba), i gemelli della sura (muscoli del polpaccio responsabili dell’estensione del piede), il tibiale anteriore (muscolo anteriore della gamba responsabile della flessione del piede), ecc.





Il cranio
Neurocranio

Il neurocranio racchiude il cervello per cui rappresenta un importante punto di riferimento per la valutazione dell’evoluzione umana. In linea di massima questa porzione scheletrica, sempre relativamente alla mole, è più sviluppata nei primati, soprattutto nell’uomo, che non negli altri vertebrati. Alcuni primati, soprattutto quelli che presentano un cranio particolarmente massiccio e con i condili occipitali spostati più aboralmente, hanno sviluppato a livello di questa regione alcune escrescenze ossee che permettono l’inserzione dei potenti muscoli del collo per mantenere in equilibrio la testa. Esse sono rappresentate dalle creste nucali e dalla protuberanza occipitale esterna. In particolare si possono ritrovare nelle grandi antropomorfe, nel mandrillo ed in alcuni altri cinocefali.


Si può aggiungere, a questo livello un terzo rilievo: la cresta sagittale mediana. Essa fornisce una maggior superficie di inserzione per i muscoli temporali che si possono quindi sviluppare notevolmente. Questi muscoli sono responsabili dei movimenti di verticalità della mandibola. Questa cresta è rilevabile in molti primati ma è particolarmente sviluppata nel gorilla maschio. In generale, lo sviluppo di questi rilievi non è costante nell’ambito della stessa specie, ma varia a seconda dell’età e del sesso.
Più specificatamente si accrescono all’aumentare dell’età e raggiungono notevoli dimensioni solo nei maschi, per cui rappresentano un carattere di dimorfismo sessuale.
Al confine tra il neuro cranio e lo splancnocranio troviamo le cavità orbitarie che subiscono, dalle tupaie in su, modificazioni notevoli: in questi animali le orbite sono orientate lateralmente per cui la visione non è stereoscopica, inoltre le cavità orbitarie sono comunicanti con la fossa temporale; procedendo con i lemuri, l’orientamento delle orbite tende a essere più frontale rispetto alle tupaie ma la comunicazione con la fossa temporale è ancora completa.
Nel tarsio si ha una frontalizzazione delle orbite e la comparsa di un setto che divide la cavità orbitaria dalla fossa temporale. In questo animale è particolarmente evidente l’adattamento alla vita notturna, le cavità orbitarie occupano una notevole porzione di cranio consentendo così un ampliamento della superficie dei tessuti fotorecettivi (retina) e una maggior possibilità di dilatare la pupilla.

Partendo da destra: uomo, gorilla, cebo cappuccino e lemure variegato

La frontalità delle orbite e la loro separazione dalla fossa temporale si mantiene in tutti gli altri primati compreso l’uomo. Questo garantisce una visione stereoscopica che indica un prevalere della vista sull’olfatto nella vita quotidiana delle scimmie e dell’uomo.


Splancnocranio
Questa parte del cranio ha subito notevoli modificazioni nella scala filogenetica dell’ordine dei primati; dalle proscimmie sino all’uomo e anche nell’ambito dell’evoluzione umana essa assume un importante valore distintivo per l’identificazione dei vari livelli evolutivi; per cui è di fondamentale importanza la conoscenza delle varie conformazioni in relazione alla funzionalità delle singole parti.
Per un’analisi più schematica, lo si può suddividere in tre gruppi:

il blocco facciale
la dentatura
la mandibola
Blocco facciale
Comprende le ossa della faccia quali nasali, mascellari , palatine, ecc. Fondamentalmente risalendo nella scala filogenetica dalle proscimmie all’uomo, esso ha subito un notevole accorciamento che ha influenzato sia l’olfatto che il numero dei denti che sono collegati alla conformazione del muso.

Cranio di volpe e lemure variegato

I lemuri presentano un massiccio facciale notevolmente allungato che conferisce a questi animali un aspetto volpino. Strettamente collegati a questa conformazione del muso sono l’olfatto ed il numero dei denti. Il senso dell’olfatto è ancora molto sviluppato in questo gruppo di primati che comunicano tra loro con segnali odorosi prodotti, in molti casi, da speciali ghiandole localizzate sui polsi.
In genere alla dimensione delle cavità nasali si associa anche la quantità di tessuto olfattivo, per cui più un animale presenterà delle cavità nasali ampie più il suo olfatto sarà sviluppato.


Negli altri primati, il blocco facciale tende progressivamente ad accorciarsi e si perdono gran parte delle capacità olfattive. Nell’uomo, come è noto, il senso dell’olfatto perde notevole importanza e viene sostituito dalla vista. La comunicazione sociale si attua quindi tramite la mimica facciale e la produzione di suoni che nell’uomo ha raggiunto un livello notevole di perfezionamento.
Il linguaggio articolato è infatti proprio ed esclusivo dell’uomo. A livello dell’apice del muso nei lemuri riconosciamo un "rhinarium" ossia un cuscinetto umido analogo a quello dei gatti fessurato sulla sua linea sagittale; la fessura prosegue ventralmente sino alle labbra. Dai tarsi in su, il naso assume una differente conformazione. Perde la fessurazione e l’aspetto umido sino a divenire prominente nell’uomo.

Dentatura

La dentatura segue l’andamento evolutivo del blocco facciale (anche se è difficile stabilire se la gallina è nata prima dell’uovo), nel senso che si ha avuto una riduzione dentaria dalle tupaie sino all’uomo. Tuttavia questa non è così marcata rispetto a quanto si può notare in altri mammiferi.
Nei carnivori, per esempio, i Canidi hanno una dentatura piuttosto completa mentre i felini ne hanno una piuttosto ridotta. Nei primi i denti sono quarantadue o quarantaquattro, mentre nei felini sono ventotto o, al massimo, trenta.
Nei primati la riduzione non è stata così drastica, infatti nei lemuri il numero dei denti è trentotto mentre nell’uomo, che tra i primati è quello che presenta il blocco facciale più corto, è trentadue. Nei lemuri i denti premolari presentano ancora una corona tagliente (simile a quella riscontrabile negli insettivori) e i canini sono ben sviluppati e a forma di coltello.
Nelle scimmie le corone dentarie dei premolari diventano pianeggianti e a superficie mammellonata, adatta quindi alla triturazione di alimenti vegetali. I canini sono sempre ben sviluppati, soprattutto nei cinocefali maschi (babbuino, amadriade, gelada, mandrillo, ecc.) essi assumono notevoli dimensioni.


I canini si possono considerare un carattere di dimorfismo sessuale. La forma dei canini è, in questo caso, conica.
Generalmente un canino di forma conica non è adatto a lacerare, o peggio a tagliare la carne, ma a pugnalare; considerando che questi animali non sono carnivori è lecito pensare che siano esclusivamente delle formidabili armi di difesa.
È possibile che l’allungamento notevole del muso di questi animali sia in relazione alla lunghezza dei canini; è difficile mordere efficacemente con canini così lunghi se si possiede un muso corto. Anche le antropomorfe possiedono canini piuttosto sviluppati ma meno dei cinocefali. L’asse longitudinale di questi denti, nei primati, diverge lateralmente, questo assetto permette, a bocca semi aperta, un certo movimento di lateralità della mandibola.


Partendo da destra: cranio di felino e di Cercopithecus campbelli Colobus abyssinicus Dentatura umana
Sconfinando nei felini, ad esempio, l’asse dei canini è perfettamente verticale per cui i movimenti laterali della mandibola sono praticamente inesistenti. La dimensione di questi denti implica non poche difficoltà durante la chiusura della bocca, per cui tra l’incisivo cantone superiore e il canino superiore si è formato uno spazio detto "diastema" per l’alloggio del canino inferiore.

Nell’uomo i canini sono sviluppati come gli altri denti, non superano il piano della tavola dentaria e si ha l’assenza totale del diastema. I premolari ed i molari presentano una superficie mammellonata, ma le cuspidi sono piuttosto rilevate ed appuntite a testimonianza di una dieta più orientata verso la carne rispetto agli altri primati.

Mandibola

La mandibola nelle proscimmie è conformata come nella maggior parte degli altri mammiferi. Presenta un profilo ventrale piuttosto orizzontale ed è composta da due emimandibole riunite oralmente da una sinfisi. La branca mandibolare (che corrisponde alla porzione comprendente il condilo per l’articolazione con il temporale) è poco sviluppata. Il processo coronoideo (deputato all’inserzione del muscolo temporale) si presenta ancora ben rilevato. La cavità glenoidea del temporale, che accoglie il condilo mandibolare a formare l’articolazione temporomandibolare, si presenta piuttosto incavata e completata posteriormente da un processo postglenoideo.

Nei primati superiori, uomo compreso, le due emimandibole, separate nella vita fetale, si fondono con una sinostosi formando un osso unico, la branca mandibolare si sviluppa notevolmente a scapito del processo coronoideo che invece si riduce; inoltre il condilo si sposta più dorsalmente (in genere i gruppi di animali che presentano il condilo posizionato allo stesso livello del corpo mandibolare tendono a compiere maggiormente movimenti di verticalità della mandibola, viceversa invece se il condilo è posizionato più dorsalmente come nei primati o nei mammiferi erbivori).
Questo particolare è strettamente correlato alla masticazione: infatti a livello della branca mandibolare si inserisce il muscolo massetere responsabile, insieme ai muscoli pterigoidei, dei movimenti masticatori. I muscoli temporali, come ho già detto, sono deputati ai movimenti di verticalità della mandibola per cui nei primati assumono un ruolo secondario. Nell’uomo, in particolare, essi sono costituiti da una sottile lamina muscolare e sono quindi ben differenti, ad esempio, da quelli della iena o dei felini che invece sono enormi. La cavità glenoidea dell’articolazione temporomandibolare tende ad essere poco profonda e si ha la scomparsa del processo postglenoideo. Questo facilita i movimenti di lateralità e di avanzamento della mandibola ottenuti mediante lo spostamento del condilo all’interno della sua sede.

Ad esempio, in tutti i carnivori la cavità glenoidea è notevolmente più profonda ed i processi accessori sono due: il processo preglenoideo e quello postglenoideo. Questa configurazione caratteristica viene chiamata "a cerniera".
Ha lo scopo di limitare al massimo i movimenti di lateralità e di diminuire i rischi di lussazione in seguito agli sforzi generati dalla chiusura delle mascelle. Nei primati, che necessitano dei movimenti laterali per la masticazione, l’articolazione tende ad essere più labile e ovviamente i fenomeni di dislocazione sono più frequenti. Notevoli sono inoltre i processi pterigoidei dello sfenoide (posti alla base del cranio) per l’inserzione dei muscoli omonimi indispensabili per i movimenti laterali della mandibola.


Se per te le ossa sono tutte uguali Ghergon......





06/05/2007 18:09
 
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Dalla bibbia secondo Ghergon....
"Perchè gli scienziati seri sanno che la terra è periodicamente sconvolta da immani cataclismi(teoria del Catastrofismo) dopo i quali ogni volta, qualcuno con molta pazienza torna a "riseminare" il territorio con le specie viventi che si sono estinte e mettendone a suo piacimento altre.
Non è che schiocca le dita e "puf" appare il tutto, si tratta di genetica...leggi per incominciare Zecharia Sitchin.
Le cronologie a cui fai riferimento sono del tutto arbitrarie..."


Quando hai finito di ridere sarei interessato a leggere le tue ultime scoperte in campo creazionistico....

AH si perfavore non le scaricare dal sito hurayahya che lo conosco gia e quello che dice che la terra non e un sistema aperto anche se ammette che esistono l´alimentazione e la fotosintesi clorofiliana (e cioe che il sistema e aperto.....un po come te Ghergon il tipo si contraddice mentre parla)....e neanche robba che ti viene in mente durante le notti insonni quando non riesci a dormire....

Preferirei ricerche fatte da esperti quale tu non sei.....

Ciao

[SM=x268951] [SM=x268951] [SM=x268951]


08/05/2007 19:59
 
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La mutazione cognitiva

Identificata la proteina che, grazie a una mutazione avvenuta meno di cinque milioni di anni fa, ha consentito alla nostra specie un salto di qualità cognitivo rispetto agli altri primati.

I genomi dell'uomo e dello scimpanzé differiscono appena per l'1,2 per cento, ma le capacità cognitive e linguistiche fra le due specie differiscono in modo notevole. Un nuovo studio ha mostrato che una particolare forma di neuropsina, una proteina che partecipa ai processi di apprendimento e a quelli mnemonici, è espressa unicamente nel cervello umano e che essa ha avuto origine meno di cinque milioni di anni fa. Lo studio, che ha anche identificato il meccanismo molecolare che ha creato la nuova proteina, è pubblicato on line sul sito della rivista Human Mutation, organo della Human Genome Variation Society.
Il gruppo di ricerca della sezione di Kunming dell'Accademia cinese delle scienze, diretta da Bing Su, aveva in precedenza mostrato che la neuropsina di tipo II non è espressa nella corteccia prefrontale delle scimmie del Vecchio Mondo (come i macachi) e delle scimmie antropomorfe a noi più lontane, come gibboni e siamang. Nel nuovo studio i ricercatori hanno rilevato l'assenza dell'espressione di questa proteina anche in due specie delle grandi scimmie antropomorfe, scimpanzé e orangutan.

Dato che la diversificazione dell'uomo da queste due specie è avvenuta molto più recentemente, rispettivamente 5 e 14 milioni di anni fa, se ne deduce che la neuropsina di tipo II è specificamente umana e che la sua genesi risale a meno di 5 milioni di anni fa.

La sequenziazione del gene ha rilevato una particolare mutazione nell'uomo, che ha prodotto un cambiamento negli schemi di splicing del gene della neuropsina, con la creazione di un nuovo sito di splicing e la produzione di una proteina più lunga.

La ricerca ha anche evidenziato una significativa riduzione della neuropsina di tipo I nell'uomo e nello scimpanzé rispetto al macaco, legata a un indebolimento del corrispondente sito di splicing, suggerendo che si sia verificato un processo a più stadi nel corso dell'evoluzione dei primati
08/05/2007 20:01
 
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Nelle diatomee fossili il passato climatico dell'Antartide

Nell’ambito dell’Antarctic Geological Drilling (Andrill) Program è stata recuperata una carota di sedimenti lunga 1285 metri
Sono minuscole ma contengono una montagna d’informazioni: le diatomee fossili scoperte sul fondo oceanico permettono di ricostruire nei dettagli il clima passato dell’Antartide.

I resti di queste alghe unicellulari sono stati recuperati nell’ambito dell’Antarctic Geological Drilling (Andrill) Program, una serie di perforazioni e di carotaggi a scopo scientifico che si è svolto nel Mare di Ross.

"L’obiettivo principale de programma Andrill è di cercare di recuperare campioni di sedimenti vicini alla coltre ghiacciata dell’Antartide che ci possano dire qualcosa sulla storia del ghiaccio e del modo in cui esso interagisce con il sistema climatico globale”, ha spiegato Tim Naish, dell’Institute of Geological and Nuclear Sciences della Nuova Zelanda, coordinatore del progetto, i cui risultati sono stati presentati al Convegno della European Geosciences Union.

Naish e colleghi sono riusciti a recuperare una carota di roccia lunga 1285 metri – la più lunga mai ottenuta del margine antartico – che ergistra informazioni sulle condizioni climatiche su un arco temporale di circa 10 milioni di anni.

"Si tratta di risultati di estrema importanza – ha continuato Naish – se si guarda agli scenari previsti tenendo conto degli incrementi nelle emissioni di gas serra e al riscaldamento globale. In particolare, potremo capire qualcosa dell’impatto che l’aumento della temperatura media avrà sulla copertura glaciale dell’Antartide.” (fc)
08/05/2007 20:03
 
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Antichi predatori eclettici

Le conoscenze circa le abitudini predatorie derivano dall'analisi dei crani fossili

Gli antenati più prossimi degli anfibi – in senso filogenetico – hanno evoluto la capacità di alimentarsi sulla terraferma, prima di aver completato la transizione alla vita terrestre. È questa la conclusione a cui sono giunti i ricercatori della Harvard University che firmano un articolo in proposito sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

Lo studio si è focalizzato sull’analisi dei crani dei primi anfibi, sorti evolutivamente circa 375 milioni di anni fa da progenitori simili ai pesci. La forma delle articolazioni della volta cranica – chiamate suture – sulla sommità degli stessi crani rivelano infatti in che modo questi animali estinti catturavano le prede, come spiegano gli autori Molly J. Markey e Charles R. Marshall.

"Sulla base dei dati sperimentali ottenuti dai pesci viventi, abbiamo trovato che le forme delle suture della volta cranica indicano se il pesce cattura la sua preda risucchiandola all’interno della bocca o addentandolo direttamente, come un coccodrillo”, ha commentato Markey, ricercatore del Department of Earth and Planetary Sciences della Harvard University. "Il movimenti del morso o della masticazione hanno come risultato una debole spinta delle ossa frontali l’una contro l’altra, mentre un movimento di risucchio tende a separare queste due ossa, seppure debolmente. Dal confronto delle pavimentazioni del cranio dei fossili degli antenati degli anfibi e dei loro predecessori acquatici è perciò possibile determinare se le specie si alimentassero succhiando o mordendo.” Usando questo metodo, Markey e Marshall hanno trovato che in una cruciale specie di transizione, l’anfibio acquatico Acanthostega, le forme delle giunzioni tra ossa del cranio adiacenti, sono consistenti con una predazione con morso. Questa circostanza suggerisce che tale anfibio potesse cacciare anche al di fuori o nei pressi dell’acqua. (fc)
***

08/05/2007 20:05
 
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L'evoluzione della comunicazione
di Gianbruno Guerrerio

identificati i fattori chiave che influiscono sul modo in cui si sviluppa la comunicazione negli organismi sociali

Sfruttando un ingegnoso approccio che comprende robot virtuali dotati di un “genoma” passibile di evoluzione, un gruppo di ricercatori dell’Università di Losanna, in Svizzera, ha identificato i fattori chiave che possono avere un ruolo decisivo sulle modalità di sviluppo della comunicazione negli organismi sociali. La ricerca è descritta nel numero odierno della versione on line della rivista Current Biology.

La comunicazione è essenziale per il successo ecologico degli animali sociali, ma l’evoluzione della comunicazione è particolarmente difficile da studiare sia per la difficoltà di applicare l’evoluzione sperimentale ad animali sociali, sia per l’ovvio “silenzio” dei fossili in questo specifico ambito di ricerca.

I ricercatori svizzeri hanno così deciso di studiare i cambiamenti di comportamento di 100 “colonie” di robot virtuali nell’arco di 500 generazioni, durante le quali i loro genomi virtuali erano soggetti a mutazioni e ricombinazioni che mimavano le variazioni genetiche introdotte dalla riproduzione sessuale. Nel sistema sperimentale, i robot potevano nutrirsi nel loro ambiente virtuale sfruttando fonti di cibo e di alimenti tossici, che potevano essere però identificati solo da vicino.

L’efficienza di approvvigionamento di cibo può aumentare trasmettendo da robot a robot informazioni sulla posizione di cibo e sostanze tossiche, ma in certe situazioni, la comunicazione può essere costosa per il singolo, che ci rimette rendendo pubblica la localizzazione di riserve significative. La situazione riflette cioè una tipica pressione evolutiva che contrappone il benessere del singolo a quello del gruppo.

I ricercatori hanno così esaminato l’evoluzione della comunicazione eseguendo simulazioni su colonie di robot con differenti livelli di “parentela” all’interno del gruppo e dotate al contempo di differenti “livelli di selezione”, ossia di diffusione di comportamenti altruistici o competitivi.

Hanno così scoperto che la comunicazione evolve rapidamente quando le colonie contengono individui geneticamente simili (imparentati), o quando la pressione selettiva naturale opera in primo luogo a livello di gruppo. L’unico scenario in cui la comunicazione non portava a una maggiore efficienza di approvvigionamento era quello in cui le colonie erano composte da robot scarsamente imparentati e in cui la pressione selettiva era massima a livello di individui; in alcuni casi, queste condizioni davano luogo alla generazione di comunicazioni ingannevoli e a una progressiva diminuzione di efficienza della colonia.

I ricercatori hanno anche scoperto che una volta che un sistema di comunicazione si è stabilizzato, tende a limitare lo sviluppo di sistemi di comunicazione più efficienti.
08/05/2007 20:07
 
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Evoluzione in tempo reale

Osservate in pochi giorni mutazioni in genomi di ceppi di Escherichia coli

Un nuovo metodo per individuare E. coli
Pochi giorni di osservazione sono bastati a un gruppo di bioingegneri dell’Università della California a San Diego per rilevare quasi in tempo reale cambiamenti evolutivi in un genoma batterico. Finora erano note centinaia di “istantanee” di genomi batterici – relative cioè a un’ampia gamma di specie, da quelle più virulente a quelle innocue – che però non fornivano informazioni dinamiche, così come invece fa questo ultimo risultato, apparso sulla rivista “Nature Genetics”, che rappresenta dunque un notevole avanzamento. "I paleontologi studiano i fossili per avere informazioni sull’evoluzione dei dinosauri e altri animali avvenuta nel corso di milioni di anni. Invece studiando l’Escherichia coli si ha l’opportunità di osservare l’evoluzione che avviene nel giro di qualche giorno”, ha commentato Bernhard Ø. Palsson, professore di bioingegneria dell’UCSD e coautore dell’articolo. "Le sequenze genomiche dei batteri sono come registrazioni fossili e i nostri esperimenti confermano che questi genomi possono cambiare velocemente via via che i batteri si adattano alle nuove condizioni ambientali.” Nel corso dell’esperimento, i ricercatori hanno messo in coltura batteri di E. coli in un terreno in grado di favorire l’emergere di mutazioni, fornendo solo carbonio e glicerolo come sostanze di base. I ricercatori hanno poi tolto alcuni campioni dalla coltura e hanno sequenziato i loro genomi alla ricerca di mutazioni. Dopo sei giorni di crescita, sono comparse mutazioni nel gene che codifica un enzima, la glicerolo chinasi, che dà inizio al processo di digestione enzimatica del glicerolo. Le cellule con mutazioni in tale gene sono cresciute dal 20 al 60 per cento più velocemente di quelle in cui la mutazione non si era verificata.
08/05/2007 20:10
 
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In Puglia il primo europeo

Trovati presso Apicena manufatti litici in selce risalente a circa un milione e mezzo di anni fa

Un gruppo di studiosi delle Università di Roma "La Sapienza", di Torino, di Firenze e di Ferrara ha rinvenuto presso Apricena (Foggia), nel sito di Pirro Nord, la testimonianza della più antica presenza nota dell’uomo in Europa, risalente a un milione e mezzo di anni fa. Si tratta di manufatti litici in selce, tra cui alcune schegge probabilmente utilizzate per il trattamento delle carcasse animali, che consentono di testimoniare come l’uomo si fosse già diffuso in Europa in un intervallo temporale fra 1,3 e 1,7 milioni di anni fa e come fosse già in possesso di un comportamento tecnologico complesso, finalizzato essenzialmente alla produzione di schegge per il trattamento delle carcasse animali e la lavorazione del legno. Questi manufatti sarebbero molto simili a quelli ritrovati nel sito di Dmanisi, in Georgia. La presenza dell’uomo in questa epoca nel cuore del bacino mediterraneo riapre il dibattito sulle origini del popolamento di tutta l’Europa, avvalorando l’ipotesi di una migrazione da est, attraverso il cosiddetto “corridoio levantino”, e non dall’Africa nord-occidentale come suggerirebbero i fossili spagnoli di Atapuerca, che fino all’attuale scoperta erano ritenuti i più antichi in Europa con i loro 800.000 anni circa, di apparente derivazione nordafricana.
08/05/2007 20:11
 
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I nostri antenati, prede delle aquile

Per lungo tempo gli uccelli predatori hanno rappresentato una forza selettiva nell’evoluzione dei primati

Un nuovo studio suggerisce che gli uccelli predatori preistorici potessero annoverare fra le loro prede anche i nostri più antichi antenati. Un gruppo di ricercatori dell’Università dell'Ohio è giunto a questa conclusione dopo aver studiato oltre 600 ossa di scimmie del nostro tempo, raccolte in Costa d’Avorio nelle vicinanze di nidi di aquila coronata (Stephanoaetus coronatus), il cui peso si aggira sui cinque chili. I segni delle beccate e degli artigli presenti su molti di questi teschi di scimmia hanno ricordato molto da vicino ad alcuni ricercatori le lesioni presenti su alcuni crani fossili di nostri antenati. “A quanto pare – ha detto W. Scott McGraw, che ha diretto la ricerca – per lungo tempo gli uccelli predatori hanno rappresentato una forza selettiva nell’evoluzione dei primati." La scoperta spiega anche la scomparsa, considerata dai paleoantropologi una sorta di giallo, della morte di un nostro antenato di 2,5 milioni di anni fa, i cui resti furono scoperti nel 1924 in una grotta del Sud Africa. Si tratta dello scheletro di un bambino di australopiteco (Australopithecus africanus), di tre anni e mezzo circa, noto come “il bambino di Taung”, apparentemente rimasto vittima di un predatore sconosciuto. Esaminando il teschio, McGraw ha trovato straordinarie somiglianze con i danni rilevati sui teschi delle scimmie cadute preda di aquile. “Le aquile lasciano segni caratteristici dovuti ai becchi e agli artigli, soprattutto attorno agli occhi e nelle orbite oculari. Proprio quelli riscontrati sul teschio del bambino di Taung”.
08/05/2007 20:13
 
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Il parente più prossimo degli uccelli moderni

Ritrovati, nella provincia cinese del Guansu i fossili quasi integri di uccelli risalenti a 110 milioni di anni fa

Doveva assomigliare a un’anatide il più antico degli antenati immediati degli uccelli moderni. È quanto risulta dal ritrovamento nella provincia cinese del Guansu, di cinque fossili ben preservati. Alcuni dei campioni ritrovati, oltre a presentare lo scheletro quasi completo, mantengono chiare tracce carbonizzate sia delle penne sia della membrana presente fra le dita delle zampe. I fossili di Gansus yumenensis, questo il nome dato alla specie, datano a circa 110 milioni di anni fa, e rappresentano un importante ritrovamento ai fini di una ricostruzione – tuttora molto lacunosa – dell’albero evolutivo che dai dinosauri ha portato, attraverso il proto-uccello Archaeopteryx, fino alla multiforme varietà di generi e specie attuali. Secondo il responsabile della ricerca che ha portato al ritrovamento – Hai-lu You dell’Accademia cinese di scienze geologiche, che firma un articolo in proposito sul numero odierno di Science – la scoperta induce a pensare che dopo una prima fase di divergenza dai dinosauri avvenuta in ambiente terrestre, il percorso evolutivo verso le forme moderne degli uccelli sia avvenuto nell’ambito di ecosistemi semi-marini o lacustri, e che solo in un secondo tempo sia avvenuta una ricolonizzazione delle regioni puramente terestri.
08/05/2007 20:14
 
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Coccodrilli e alligatori, ecco l'antenato più antico

Isisfordia duncani, risalente a 95-98 milioni di anni fa, è stato ritrovato in Australia

Uno scheletro di Revueltosauro

Un antenato del coccodrillo
I coccodrilli e gli alligatori moderni sembrano aver trovato le loro origini filogenetiche in terra d’Australia. Gli strati geologici dello Stato del Queensland hanno infatti restituito i resti fossilizzati dei loro antenati, vissuti, secondo le datazioni, tra 95 e 98 milioni di anni fa, nel periodo Cretaceo. Isisfordia duncani, questo il nome scientifico attribuito alla specie, è stato trovato nei pressi della cittadina di Isisford dove il primo fossile fu segnalato dall’allevatore Ian Duncan una decina di anni fa. Da allora, gli scavi hanno permesso di portare alla luce numerosi altri resti ossei appartenenti a scheletri diversi. Secondo Steven Salisbury, ricercatore dell’Università del Queensland che ha partecipato alla scoperta e che ha firmato l’articolo apparso sulla rivista “Proceedings of the Royal Society B1”, il ritrovamento rappresenta una tappa fondamentale per ricostruire la storia evolutiva dei grandi rettili. I primi, simili agli attuali coccodrilli, chiamati coccodrilliformi, apparvero 200 milioni di anni fa, ma prima d’ora non erano mai stati trovati fossili in grado di documentare il momento in cui sono apparsi sulla Terra gli alligatori e i coccodrilli moderni, situato, a giudicare dalla grande mole di fossili disponibili, già 80 milioni di anni fa.
08/05/2007 20:15
 
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L'uomo di Flores non era un "hobbit"

Smentita l'esistenza dell'Homo floresiensis: i resti appartenevano a un pigmeo affetto da microcefalia

Lo scheletro trovato in una caverna dell’isola di Flores, in Indonesia, nel 2004 non è rappresentativo di una nuova specie, come era stato affermato, ma sarebbe semplicemente quello di un individuo affetto da una patologia dello sviluppo, appartenente a un gruppo di antenati della popolazione pigmea che ancora oggi vive sull’isola. È questa la conclusione a cui è giunto un gruppo internazionale di ricercatori diretto da Robert B. Eckhardt dell’Università della Pennsylvania, che ha esaminato accuratamente i resti dell'uomo di Flores. Lo scheletro che suscitò tanto scalpore, denominato LB1, era di piccola statura ma, soprattutto, aveva un cranio di dimensioni particolarmente ridotte. Scavi successivi nello stesso sito hanno portato alla luce altri scheletri, anch’essi di statura ridotta, ma dal cranio normale. Secondo Eckhardt, che è primo firmatario di un articolo in proposito apparso sull’ultimo numero on line dei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), dunque, “LB1 non è un membro normale di una nuova specie, ma un membro anormale della nostra specie. LB1 appare differente se pensiamo in termini di caratteristiche europee, per il semplice fatto che è un esempio di una popolazione non europea, ma austromelanesiana; per di più, si trattava di un individuo che soffriva di un disturbo dello sviluppo, affetto in particolare da microcefalia.”
08/05/2007 20:16
 
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L'anello mancante fra pesci e animali terrestri

Scoperti sull'isola di Ellesmere numerosi fossili che mostrano i tratti della transizione dalla vita acquatica a quella terricola I fossili di quello che sembra essere l’anello di congiunzione fra i pesci e i primi animali terricoli sono stati scoperti sull’isola di Ellesmere, nell’artico canadese. La nuova specie, a cui la rivista Nature dedica la copertina, sarebbe vissuta circa 375 milioni di anni fa e i suoi membri apparivano per certi versi simili ai primi tetrapodi, ma mantenevano alcune caratteristiche che li avvicinavano ai pesci, come una mandibola primitiva, pinne e scaglie. Il nome della nuova specie, Tiktaalik roseae, deriva dalla lingua Inuit: gli scienziati che hanno scoperto i fossili hanno infatti ritenuto opportuno che ad attribuirglielo fosse la popolazione eschimese nei cui territorio è stato fatto il ritrovamento; il Consiglio degli anziani di Nunavut ha così scelto la parola di idioma Inuit "Tiktaalik" che significa “grande pesce delle acque basse”. Il Tiktaalik era un predatore dai denti robusti, con una testa simile a quello di un coccodrillo e un corpo appiattito. Il materiale scheletrico ben conservato di svariati esemplari – di lunghezza variabile fra gli 1,2 e i 2,7 metri – ha consentito ai ricercatori di studiare lo schema dei cambiamenti evolutivi di diverse parti dello scheletro nel passaggio dalla vita marina a quella terrestre. Uno dei più importanti aspetti della scoperta è appunto la luce che getta sulla transizione da pinna a zampa. In un secondo articolo sempre sullo stesso numero di Nature, viene descritto con accuratezza come la pinna pettorale del pesce abbia iniziato a fungere da zampa. All’epoca in cui visse il Tiktaalik, la regione si trovava in una posizione non discosta dall’equatore e vi regnava un clima tropicale.
08/05/2007 20:18
 
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Confermata la parentela del mammut

Mai, finora, era stato completamente decodificato un genoma mitocondriale così antico: i resti esaminati risalgono a 33.000 anni fa

Dopo averli custoditi per molte migliaia di anni, nel 1986 il permafrost della valle formata dall’Enmynveem – sperduto fiume nella Repubblica dei Ciukci, remota regione nord-orientale dell’allora Unione Sovietica – restituì i resti ben conservati di un mammut, per la precisione di un esemplare di mammut lanoso (Mammuthus primigenius). La datazione al radiocarbonio, subito eseguita, permise di stabilire che l’animale era morto circa 33.000 anni fa. Ora, i ricercatori dell’Accademia russa di scienze mediche e dell’Università del Massachusetts danno notizia – in un articolo pubblicato oggi sulla rivista online PLoS Biology – di essere riusciti a completare il sequenziamento del genoma mitocondriale dell’antico pachiderma. Lo studio dimostra che Mammuthus primigenius – estintosi circa 10.000 anni fa – è imparentato con l’elefante indiano, specie dalla quale avrebbe iniziato a divergere poco dopo che un loro antenato comune africano era migrato verso l’Asia. Il DNA utilizzato, estratto da frammenti di tessuto muscolare e di pelle di una gamba ancora ben conservati, era in condizioni piuttosto buone e non è stato difficile per i ricercatori ricostruire la sequenza completa. Il DNA mitocondriale, distinto da quello del nucleo, è ereditato solo per via materlineare e la sua analisi consente una più agevole ricostruzione filogenetica; lo studio di genomi così antichi deve però confrontarsi con il rischio della presenza di possibili alterazioni casuali nel materiale analizzato. Proprio per questo i risultati ottenuti sono di particolare importanza: essi coincidono perfettamente con quelli ottenuti nel dicembre scorso da un’équipe del Max-Planck Institut di Lipsia, che aveva condotto un’analoga ricerca, pubblicata su Nature, su un altro esemplare di mammut, risalente a 12.000 anni
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