Questa sera mi leggo con calma l enciclica.
Riguardo l infallibilitá del Papa,su certi punti stanno ancora discutendo,non solo se le enciliche sono infallibili,ma anche su altri punti...
Ma mi chiedo,se l enciclica é infallibile,dev essere infallibile le encicliche di tutti i Papi...
Mando questo sito.
www.veritatis-splendor.net/DocumentiVS/MagisteroChiesa.pdf
Le forme di esercizio del magistero nella Chiesa Cattolica *
Con l’ordinazione sacramentale, i vescovi della Chiesa cattolica ricevono la pienezza del ministero
sacerdotale, che la teologia articola in munus docendi, regendi et sanctificandi (potere/ministero di
insegnare, di governare e di santificare). Il magistero nella Chiesa cattolica è l’espressione
dell’esercizio da parte del collegio episcopale – il quale sussiste sempre cum Petro ed sub Petro –
dell’autorità di insegnamento dottrinale in materia della fede e dei costumi rivelati, nonché di
quanto è intimamente connesso alla rivelazione.
In concreto, il magistero viene esercitato in modi distinti e quindi anche con una gradazione
nell’impegno dell’autorità magisteriale. È nostro compito qui offrire una descrizione molto sintetica
di queste distinte forme di esercizio del magistero ecclesiale.
Due modalità fondamentali di magistero, un solo soggetto magisteriale
Una prima distinzione utile è quella tra un esercizio «solenne o straordinario» del magistero e
l’esercizio «non solenne o ordinario». Mediante la prima espressione, si fa riferimento a decisioni e
dottrine particolarmente importanti, insegnate in forma definitiva; mentre con la seconda, si allude
all’esercizio continuativo del munus docendi, senza che gli insegnamenti proposti implichino di per
sé l’infallibilità e la definitività.
Per procedere con ordine, dobbiamo ricordare innanzitutto che nella Chiesa cattolica vi è un solo
soggetto di magistero, vale a dire il collegio dei vescovi in unione e sotto il successore di Pietro (cf.
LG 22). Quest’unico soggetto può agire tuttavia in due modi distinti: o con una decisione
manifestamente collegiale, oppure nella persona del capo del collegio episcopale, il Papa, che nel
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pronunciarsi a livello magisteriale racchiude in sé anche l’intero collegio dei vescovi. In ogni caso,
dunque, è sempre l’unico soggetto ad insegnare nella Chiesa, ma secondo una duplice modalità.
Questa annotazione consente ora più agevolmente di ordinare le distinte forme di magistero
all’interno della distinzione già proposta tra magistero «straordinario/solenne» e «ordinario/non
solenne».
Le distinte forme di magistero
Nel magistero straordinario rientrano quegli insegnamenti che vengono proposti dall’autorità
ecclesiastica come infallibili e quindi definitivi. Nel caso essi siano pronunciati dal solo capo del
collegio, si tratta degli insegnamenti ex cathedra del Pontefice romano, ai quali il concilio Vaticano
I riconosce l’infallibilità (cf. DS 3074).
Nel caso in cui un insegnamento definitivo sia offerto
dall’intero collegio, vi sono due tipi di insegnamento infallibile: quello proposto attraverso una
definizione dogmatica di un concilio ecumenico; e quello che è contenuto nel cosiddetto «magistero
ordinario universale», sul quale torneremo.
Se volgiamo ora lo sguardo al magistero ordinario, vedremo che in questa categoria rientrano le
seguenti forme di esercizio del munus docendi: per quanto riguarda il Papa, si tratta qui del suo
magistero ordinario, espresso in vari modi e con distinte gradazioni, ma tuttavia non proposto
infallibilmente (non ex cathedra)1. Circa i vescovi, rientra nel loro magistero ordinario – che essi
possono esercitare solo in comunione gerarchica col capo del collegio – sia un insegnamento
promulgato in concilio ecumenico, ma non definito dogmaticamente, sia tutti gli insegnamenti che i
vescovi impartiscono come singoli nelle proprie diocesi, o attraverso varie forme aggregative, nel
loro quotidiano esercizio di magistero pastorale.
Sarà utile a questo punto ricapitolare il tutto con un semplice schema:
1.Magistero «straordinario/solenne»
a. Definizioni dogmatiche del Papa ex cathedra
b. Definizioni dogmatiche di concili ecumenici
c. Magistero ordinario universale
2. Magistero «ordinario/non solenne»
a. Insegnamenti del Papa non proposti in maniera definitiva
b. Insegnamenti dei concili ecumenici non proposti in maniera definitiva
c. Insegnamenti ordinari dei vescovi
Nello schema proposto si noterà un’inconsistenza, che finora abbiamo lasciato volutamente passare:
nella serie di insegnamenti «straordinari/solenni» figura anche il «magistero ordinario universale»,
il quale di certo non è straordinario, perché si chiama ordinario; e nemmeno è solenne, perché non
viene di norma solennizzato in alcun modo (ad es. con una definizione dogmatica solenne). Cos’è il
magistero ordinario universale? In questa categoria rientra ogni insegnamento costante di tutti i
vescovi in comunione gerarchica col Papa, senza tuttavia che sia mai intervenuta una proclamazione
solenne. Si tratta di insegnamenti, si potrebbe dire, attinenti a verità che la chiesa sempre e
dovunque ha proposto a credere, anche se essi non sono mai stati formalmente definiti come dogmi.
Nonostante ciò, si ritiene che queste dottrine vengano proposte infallibilmente da parte del
magistero della Chiesa (cf. DS 2879; LG 25). Per questo, il magistero ordinario universale rientra
nel gruppo delle forme di esercizio straordinarie, ovvero di quelle che fissano la dottrina in maniera
incontrovertibile. Di qui, la nostra proposta: più che utilizzare le dizioni –seppur classiche e che
perciò abbiamo mantenuto sin qui – di «magistero straordinario/solenne», e di «magistero
1 Da questi insegnamenti ordinari del Papa vanno accuratamente distinti i suoi scritti personali, che non rientrano
nell’esercizio del suo magistero. Per alcune riflessioni essenziali su questo punto, si può vedere: M. Gagliardi, «Il
magistero può esprimersi in versi? Poesie del Papa ed epistemologia teologica», Vita Pastorale 4 (2003), pp. 80-83.
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ordinario/non solenne», sarebbe preferibile distinguere in «magistero infallibile» e «magistero non
infallibile». Questo accorgimento eliminerebbe ogni possibilità di confusione. È chiaro anche che
simile categorizzazione non dovrebbe divenire occasione di strumentalizzazioni.
Piste di approfondimento
Attiriamo ora l’attenzione su alcuni punti particolari, non essendo qui possibile un approfondimento
adeguato delle varie forme di esercizio del munus docendi.
1. Per quanto riguarda il magistero infallibile ex cathedra del Sommo Pontefice, rientrano in questa
categoria solo alcuni insegnamenti del Papa, che di norma non ricorre a questa forma
particolarmente impegnativa della sua autorità magisteriale. Il concilio Vaticano I ha definito come
dogma di fede che il Papa, quando insegna in questo modo, gode «di quella infallibilità di cui il
divino Redentore ha voluto che fosse dotata la sua chiesa» (DS 3074). Perché vi sia effettivamente
una definizione ex cathedra, sono necessarie alcune condizioni, ovvero: a) che il Papa parli a tutta la
Chiesa, in qualità di pastore e dottore supremo di tutti i fedeli, con lo scopo di confermarli nella
fede; b) che il Papa voglia impegnare tutta la sua autorità magisteriale; c) che manifesti, con un atto
chiaro ed evidente, la sua volontà di insegnare la dottrina in modo definitivo; d) che la dottrina
insegnata riguardi la materia di fede e di costumi. L’assenza anche di uno solo di questi requisiti
impedisce di ritenere ex cathedra un dato insegnamento pontificio.
2. Riguardo al magistero infallibile espresso in definizioni dogmatiche di concili ecumenici, bisogna
annotare che, anche in questo caso, non solo deve essere manifesto il carattere di insegnamento
definitivo, ma bisogna anche rilevare il carattere di ecumenicità del concilio stesso, affinché la
definizione dottrinale sia valida. Qual è il criterio di ecumenicità di un concilio? La normativa
vigente (cf. LG 22), prevede che i concili sono ecumenici quando vengono convocati, presieduti e
confermati dal Sommo Pontefice. Tuttavia nella storia della Chiesa antica incontriamo numerose
definizioni dogmatiche prodotte in concili non convocati né presieduti dal Papa. Pertanto, il criterio
ultimo di discernimento della ecumenicità di un concilio risiede nel fatto che esso sia stato almeno
confermato o accettato da un romano Pontefice. La stessa LG 22 afferma: «Concilium
Oecumenicum numquam datur, quod a Successore Petri non sit ut tale confirmatum vel saltem
receptum». Solo tale riconoscimento, infatti, manifesta la comunione gerarchica dei vescovi
presenti ad un concilio con il capo del collegio, comunione senza la quale nessun insegnamento
episcopale può essere ritenuto valido e tantomeno infallibile.
3. Un caso più difficile è costituito dal magistero ordinario universale. Questo magistero è infallibile
quando vi sia una convergenza esplicita su una dottrina che il collegio episcopale ritiene definitiva.
Nella lettera Tuas libenter (21 dicembre 1863), Pio IX insegnava che l’atto di fede divina non deve
essere limitato da parte del credente solo a quanto è stato esplicitamente definito dal Papa o dai
concili ecumenici, ma deve essere effettuato «anche a quelle cose che per mezzo del magistero
ordinario di tutta la Chiesa diffusa sulla terra, sono trasmesse come divinamente rivelate e quindi,
per universale e costante consenso, sono considerate dai teologi cattolici come appartenenti alla
fede» (DS 2879). Anche il concilio Vaticano II (cf. LG 25) ha fatto riferimento a questa forma di
magistero. Un esempio recente di richiamo a questo tipo di magistero lo incontriamo nella Lettera
apostolica Ordinatio sacerdotalis (22 maggio 1994) di Giovanni Paolo II, in cui il Papa affermava
che «la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini» è «conservata
dalla costante e universale tradizione della Chiesa» e dichiarava perciò che «la Chiesa non ha in
alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve
essere
tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» (EV/14, nn. 1347-1348)2. Il punto
difficile sta nel reperire effettivamente il consenso del collegio episcopale e dei teologi su una
2 Una successiva «Risposta» della Congregazione per la Dottrina della Fede (28 ottobre 1995: EV/14, n. 3271; si veda
anche l’annesso commento: nn. 3274-3282) ha chiarito che questo insegnamento di Giovanni Paolo II rientra
esattamente nella categoria del «magistero ordinario universale», per cui qui il Papa non ha fatto altro che prendere atto
di ciò che da sempre fa parte della fede della Chiesa e lo ha riproposto con la sua autorità magisteriale ai nostri giorni.
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dottrina di magistero ordinario universale. Per questo, riteniamo che di fatto solo il Papa sia nella
posizione ed abbia l’autorità per poter effettivamente rilevare e dichiarare l’esistenza di simile
convergenza magisteriale,
convergenza operata dallo Spirito di verità, il quale non permette che la
totalità dei fedeli (universitas fidelium) possa sbagliarsi nel credere (cf. LG 12).
4. Infine, circa le varie forme di magistero non infallibile: di certo questi insegnamenti non vengono
proposti come definitivi e sono pertanto perfezionabili. Tuttavia, bisogna partire dal presupposto
(praesumptio) che di norma anche il magistero ordinario o non infallibile non sbagli nel guidare i
fedeli alla conoscenza della verità. Sarebbe errato ritenere che l’azione ispiratrice dello Spirito
Santo si verifichi solo in occasione di insegnamenti infallibili: ciò farebbe di tutte le altre forme di
esercizio magisteriale un’iniziativa puramente umana. D’altro canto, l’indispensabile distinzione tra
un magistero infallibile e uno non infallibile non dovrebbe essere strumentalizzata per fungere da
fondamento per il dissenso teologico nei confronti dei pronunciamenti non infallibili dei pastori
della Chiesa, insegnamenti che, d’altro canto, rappresentano la parte materialmente più ampia della
dottrina ecclesiale. Il teologo può dare un notevole contributo alla vita ecclesiale anche facendo
notare i margini di miglioramento di aspetti particolari del magistero autentico dei pastori, tuttavia
tale collaborazione deve essere vissuta sempre in spirito ecclesiale e non in un dilacerante spirito di
contestazione e di rivalsa3.
Conclusione
La differenziazione degli interventi magisteriali è indice della ricchezza e pluriformità che lo Spirito
di Cristo suscita in tutti gli ambiti della Chiesa. D’altra parte, indica anche che la Chiesa cattolica,
finché vive in questa terra, ne condivide anche la condizione di storicità pellegrinante. Infine,
l’esistenza di diverse forme di esercizio del magistero, nonché la tendenza da parte dei pastori a
utilizzare di rado le sue forme infallibili, denuncia come infondate le accuse di chi ritiene il
magistero della Chiesa un negativo esempio di autoritarismo. Esso è, al contrario, esercizio di una
vera autorità donata da Cristo a coloro che hanno la responsabilità di «ascoltare piamente, custodire
fedelmente ed esporre santamente» (DV 10) il deposito della fede, per favorire la salvezza dei
credenti e di tutti gli uomini di buona volontà.
* Tratto dal numero di marzo-aprile 2007 di “Sacerdos”
3 Su questo aspetto consigliamo la lettura del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum
veritatis. Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990: EV/12, nn. 244-305. Si veda pure: Paolo
VI, Paterna cum benevolentia, 8 dicembre 1974: EV/5, nn. 815-848.