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    00 21/10/2006 19:28
    Mi trovavo fermo ad un semaforo ed avevo già compiuto circa un’ora di viaggio.
    Una mattina come tante, mi recavo in ufficio.
    Avevo svicolato un paio di direttrici principali, di entrata in città, perché il flusso sembrava un po’ più impazzito del solito. Il sole di fine maggio era bellissimo; l’aria era ancora fresca e, malgrado tutto, limpidissima.
    Distrattamente i miei occhi si volgono alla mia destra, e tra un furgone ed un’auto, vedono il parco dove a volte porto i bimbi nell’ora dedicata allo scorrazzamento: un paio di passeri svolazzavano quasi raso terra, cinguettavano, mangiavano? Giocavano?
    I raggi solari filtravano tra gli alberi, le altalene e gli scivoli per posarsi sul prato e su qualche cartaccia.
    Vuoto.
    Sicuro! Quell’ora non era consona, o classificata, al godimento ed alla diversione. Quello non era il momento per essere al parco. Per nessuno.
    Quella era l’ora di stare tutti nelle automobili, inondando le strade circostanti a quello ed altri prati, dei veri fiumi di ferraglia che trasportano i loro conduttori verso i luoghi della differenziata produttività: uffici, cantieri, scuole ed esercizi commerciali.
    Quel parco era proprio vuoto…
    Rimandare il momento è uguale a storpiare.
    La mia mente si volgeva così verso la mia coscienza ed avvertiva delle perplessità, delle confusioni, la mia mente non era affatto contenta di quel parco vuoto e di quel sole sprecato…
    Ma certamente non poteva neanche additare il progresso e lo sviluppo della società.
    La mia coscienza annebbiata non accettava, però, “il modello” e nell’intricato elenco delle libertà diramate in maniera capillare tra il collettivo, essa scorgeva anche uno sterminato deserto: una sorta di sterilità.
    Un deserto nascosto da quell’elenco di consentite libertà, un deserto che una volta era verde e rigoglioso, e frutti benigni e maligni prendevano vita da questa fertilità.
    Tempi bui trascorsero per l’uomo che sempre cercò la strada migliore nell’esistenza, ed anche i presenti rivelano, con i loro equivoci metodi, il triste celare del buio.
    Menzogne mai tanto genialmente architettate.
    “Il modello” è il tiranno più difficile da spodestare ed al quale ribellarsi, mai esistito.
    “Il modello” viene assunto e copiato dalle moltitudini perché arduo è combatterlo.
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso.

    Stef 26/05/2006 – relpubblic@yahoo.it – stefano


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    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 21/10/2006 21:00
    ...molto bello! [SM=g27823]
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    00 23/10/2006 23:29
    La forza
    Anche ammettendo la teoria più squisitamente scientifica, raziocinante e materialista sulla vita umana, a me restano vari dubbi.
    Tra tutti, oggi mi è capitato di soffermarmi su di uno.
    Il quale mi preme perché è speciale, cioè è propriamente relativo alla specie.
    Dunque, considerando che è l’uomo a dare la ‘forma’ alle cose della vita nel corso del tempo, in quanto essendo un animale sociale ha la necessità di regolamentare la “natura” (nel senso sociale che si citava), dovrebbe essere abbastanza semplice individuare qual’è la sua forza più specifica.
    Dovrebbe essere semplice ma soprattutto imperativo, perché insistendo sulla pura materialità di quest’essere, si rischia di gettar via ogni conquista umana, insieme a tutte le sue sconfitte.
    (E a mio modesto parere questo è un percorso che si è già imboccato da tempo.)
    Ricapitolando, sembra che la forza venga sempre più riconosciuta a livello fisico.
    Il piacere attuale e occidentale richiede facilità e rapidità ed è perseguibile in base ad una forza che è proprietà a tutte le cose della natura, incluso il mondo animale.
    La soddisfazione del piacere risulta essere sempre più riconosciuta in qualcosa di fisico.
    La distinzione tra tute le specie animali, e comunque naturali, quindi, non è data dalla forza fisica, benché nelle stesse specie si possono riscontrare gradi diversi della forza fisica, i quali determinano la regolamentazione dei rapporti fra gli esemplari appartenenti ed i rapporti col resto delle cose.
    Pertanto, la distinzione, che ha sempre contraddistinto l’essere umano nella immensità della natura, è la forza di volontà.
    Una forza che seleziona questo essere rendendolo straordinario per via di una forza che non è contenuta esclusivamente nella sua natura biologica.
    Concludendo, anche tentando di accettare le teorie citate in apertura, mi resta impossibile ignorare il carattere d’eccezione che è proprio all’uomo: la volontà.
    Egli porta con se una disputa difficile tra la forza materiale e la forza di volontà che, semplificando, è la lotta tra la forza fisica e la forza metafisica.

    Stef 22-23/10/2006 – relpubblic@yahoo.it

    [Modificato da relpubblic 23/10/2006 23.30]

    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 24/10/2006 13:31
    "Pertanto, la distinzione, che ha sempre contraddistinto l’essere umano nella immensità della natura, è la forza di volontà. "

    L unica vera "libertá" e scelta....la volontá....ma il problema,forse,é per l uomo riuscire a distinguere tra volontá vera,desiderio,condizionamento....

    ..credo anche che esistono altre caratteristiche proprie solo dell uomo... [SM=g27823]
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    00 24/10/2006 19:49
    la forza
    sono d'accordo. ne esistono altre di proprietà ma mi veniva da soffermarmi su quella differenza. a presto, stef.
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    00 26/10/2006 20:59
    uomo-macchina
    Lotta_libertà_coscienza_economia

    Con il suo comodo congegno nell’orecchio
    e pezzo integrante con le sue ruote.
    Usa equipaggiamenti simil-militare sì da disporre di cose e cosette,
    strane specie di utensili per una sopravvivenza in città caotiche e pullulanti.
    Utensili veri nella irrealtà e falsi nella realtà.
    Indossa abiti spesso informi, da combattimento
    e calzari studiati hi tech, per una scioltezza indispensabile.
    Egli deve affrontare ogni giorno la sua battaglia,
    il traffico intrecciato, di colpo nervoso e scattante.
    Gli autobus e le metropolitane deve conquistare…
    I suoi spostamenti sono imprescindibili,
    e muoversi diventa compito.
    Muoversi diventa fine ed interesse di un uomo obbligato,
    ridotto a combattere per sostenere il suo tiranno.
    Portato a battersi al fianco dei suoi lacci e delle sue catene.
    Incosciente, combatte la più moderna lotta contro la libertà.
    Scriteriato, quest’uomo, interpreta l’ oppresso e l’oppressore.
    … questo automa…

    Stef 26/10/2006
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 26/10/2006 22:18
    un giorno una vicina di casa parlando di suo marito ...mi diceva che lui in macchina andava piano e diceva "...non c é tempo per non avere tempo..."....la grande saggezza popolare del tempo... [SM=g27823]
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    00 30/10/2006 21:11
    Statistiche & credenze
    Statistiche & credenze

    Allora potreste fare la statistica dell’incidenza del grasso sulla durata della vita eppoi compilare un elenco specificato e scientifico, che conti e calcoli i messaggi stimolanti i consumi di cibo superfluo e i messaggi inneggianti alla magrezza.
    Potreste anche fare una comunicazione ufficiale, sempre scientificamente provata, dei dati di status “felice” nell’essere umano dovuti all’asciuttezza fisica.
    Realizzare rappresentazioni grafiche in grado di rendere una idea abbastanza definita delle variegate forme e sviluppi dello stress nell’epoca che lo ha concepito.
    Impaginare correttamente e con facile visibilità, la determinazione del “tempo”, in proporzione alle 24 ore, che un individuo libero, oggi dedica a fare ciò che desidera. Quindi rapportarlo, numericamente, al suo contrario: al tempo che egli impiega a fare ciò che “deve”.
    Indicare con gli ausili scientifici, le necessità dell’uomo (tutte uguali nelle qualità e nella scala, ed applicabili con lo stesso metodo ad ognuno) al fine di un raffronto con quelle che sono le necessità della struttura economica.
    Esibire un indice analitico che riscontri ogni futile concetto di credenza al fine di un paragone, che non lasci opportunità a dubbi, con ciò in cui si possa e/o si debba credere.

    07/05/2006
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 31/10/2006 00:08
    ...in Francia si dice che esistono tre tipi di bugie:la piccola,la media e ...la statistica [SM=g27823] [SM=g27828]

    Purtroppo le statistiche hanno grande influenza...primo perché le fanno gli "esperti"...secondo perché nessuno puo controllarle,terzo perché rispecchiano il matematico-concreto..
    Infatti mi sono sempre chiesta come mai le statistiche variano da un governo all altro....misteri matematico-politici? [SM=g27828]

    Poi ricordo una frase "quando il 51%sará come noi,i matti sarete voi"...interessante...ormai la normalitá é fatta di percentuale.
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    00 04/11/2006 14:37
    Perché gli ingenui profumano di onestà
    di Francesco Alberoni


    Più volte mi sono sentito ripetere che non è possibile mantenersi retti, agire in modo moralmente corretto, in un sistema sociale in cui la gente non agisce in base ai principi che proclama e la scorrettezza è così radicata nelle abitudini, nel modo di ragionare e di sentire, da apparire un fatto naturale. E ti elenca fatti difficilmente oppugnabili. È naturale che i politici ti usino come uno strumento e poi ti buttino via quando non gli servi più. È naturale che chi arriva ad avere un posto nel governo distribuisca fra i suoi accoliti tutte le cariche. È naturale che non gli importi poi se questi sono o non sono efficienti. È naturale che, in certe regioni, ti debba rivolgere al politico per avere un posto di lavoro e lui, in qualche mondo, lo debba creare.
    È naturale che ci siano legami fra politica ed affari perché chi fa una legge, una modifica al piano regolatore, la nomina di un manager, fa guadagnare milioni di euro, e non deve beneficiarne proprio per nulla? È naturale aiutare i propri amici, i propri parenti e, per ricevere aiuto, devi aiutare gli altri. Perciò nei concorsi universitari io metto in cattedra tuo figlio e tu il mio, io faccio guadagnare la tua amante e tu promuovi mia moglie. È naturale che anche i sindacalisti facciano i loro interessi come gli altri. È naturale che gli artigiani, i prestatori di servizi non ti facciano fattura. In Italia sono cose così naturali che anche il pio cattolico non le considera peccati. In realtà non sono naturali per niente! Costituiscono un malcostume diffuso che non giustifica di fare altrettanto.
    È ora di smetterla con queste scuse. Il Paese funziona perché continuano ad esserci persone capaci, oneste, con degli ideali e che lavorano duramente. Certo, quando c'è tanta scorrettezza, chi vuol affermarsi coi suoi soli meriti deve essere estremamente bravo e preparato. Perché alla fine tutti, perfino i politici più spregiudicati hanno bisogno di persone leali e costruttive. E non farà nemmeno fatica a dire di no alle proposte disoneste perché non gliele faranno. I disonesti fiutano gli onesti a distanza e lo terranno lontano dai loro intrighi. Naturalmente lo considereranno un ingenuo, uno stupido. Ma, credetemi, abbiamo bisogno di ingenui di questo genere. Ingenui testardi, tenaci, che non si fanno intimidire, che riescono a fare funzionare bene le cose di cui si occupano e rendono il Paese un po' più efficiente e pulito.

    ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    L’esame di tutte queste storture, considerate cose normali in “Italia”, è piacevole ma evasiva, perché non rileva la condizione che attualmente la persona è forzata a vivere.
    Credo che una soverchiante maggioranza approvi le cose dette nell’articolo, confermando la diffusione del comportamento anomalo ed anche la preponderanza nel non riconoscercisi.
    Io, mi voglio schierare qui, con la minoranza, perdente in un sistema democratico, per dimostrare che buona parte dei costumi scorretti elencati nel pezzo in questione non sono certo giustificabili, in accordo con il politicamente corretto contestuale, ma sono semplicemente maniere di sopravvivenza in una giungla che ha mutato la natura delle sue minacce.
    Rilevare che tali usi siano scorretti, è un tentativo riduttivo di educare un popolo che in molti casi comprende persone in possesso di un grande senso civico e finanche maestri di “rispetto”, ma che hanno scelto di sopravvivere senza chiedere giustificazioni per le trasgressioni che commettono e che in altrettanti casi sono consapevoli dei giudizi in cui incorrono.
    Ancora in posizione di minoranza posso, meramente ed inutilmente, denunciare la pericolosità contenuta nel sofisticato essere eroico descritto nel finale del servizio: egli, inattaccabile, tenace, probo, efficiente e pulito opera nel massimo della rettitudine per il primario interesse dell’obiettivo nel proprio lavoro e soprattutto manifestando la pura essenza che appartiene all’uomo che in tal maniera agisce; egli disciplina la propria dignità al punto di trasformarne le regole in un software che lo rende, oramai, un uomo-automatizzato.
    Questo sofisticato eroe, assume i comportamenti suddetti alla stregua di una missione, tesa ad una realizzazione superiore, equiparabile al funzionamento del sacro meccanismo economico.
    Questo eroe moderno, spoglio di tutto quello che di metafisico lo rendeva tale, sofisticato in uomo-automatizzato, è pericoloso perché, leggendo la propria missione in questa forma, relega l’essere umano a propellente del sacro meccanismo citato, infestando tutto con un condizionamento bacchettone non più proveniente da ragioni religiose bensì da ragioni economiche e illuminando diversamente tutte quelle emancipazioni dello scorso secolo, che avrebbero dovuto liberare l’essere umano.
    Nel bacchettare il prossimo, non si rende conto, inattaccabile ed integerrimo, che seguendo i comandi di quel software, in vero perde ogni dignità, denigrando e trascurando quanto produca o possa produrre l’anima, il cuore, lo spirito e la mente dell’individuo davvero libero da questo sacro imperatore contemporaneo: l’economia.
    Stef 09/01/2006
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 08/11/2006 16:57
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    ...tu cosa faresti,se potessi...per cambiare le cose....so che dire "cambiare le cose"...é giá limitato...ma tu cosa faresti? [SM=g27823]
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    00 11/11/2006 19:04
    La gentilezza
    A questa età, quasi ogni giorno mi perdo in pensieri e riflessioni che in realtà avevo già sondato ma è come se li penetrassi e ne fuoriuscissi dal lato opposto, guardandoli in modo diretto anche dalle opposte posizioni di osservazione.
    Per esempio, desideravo toccare due argomenti precisi che ieri ho trafitto: la magia della innocenza fanciullesca e la disillusione nell’età maggiore.
    Ma le rilevazioni, in questo frangente, sono in alcuni particolari dettagli… non posso fare di più e con tutta l’innocenza che mi rimane e quanta sincerità mi è possibile, credo di essere ad una concettuale conclusione importante della mia vita.
    Penso di aver realizzato l’importanza di vivere illusioni, favole, affetti, gioie nella tenera età.
    Questo, non scamperà dalla disillusione, dall’amaro delle sofferenze dell’esistenza, questo servirà solo a sopportare gli urti e gli sbandamenti e sarà propriamente ciò che tramanderà quella stessa educazione positiva, l’unica cosa capace di opporsi al processo dissolutivo dell’uomo contemporaneo.
    Tramandare tale educazione tradizionalmente e naturalmente farà dell’uomo una persona e della persona una persona gentile.
    I gentili sono persone forti.

    Le persone gentili sono preda delle aggressioni della vita come tutte le altre e a volte, quando si incontrano tali persone, non si da peso proprio a quella caratteristica ormai d’eccezione: il tratto gentile.
    Queste persone separano le sofferenze inflittegli dall’esistenza dal comportamento assunto col prossimo, restano, malgrado tutto, convinte che quel tratto sia positivo. (con naturale sicurezza del proprio comportamento)
    Queste, quindi, sono quelle che hanno vissuto la magia nella tenera età e hanno goduto del suo scudo nell’avanzare degli anni.
    Risultato della loro gentilezza sarà la produzione di un altro fanciullo meraviglioso.
    Di contro avviene tutto quanto è semplice da correlare ed effettuare esempi o paralleli è superfluo.
    Addirittura credo di aver descritto quanto avviene in una minoranza di casi nel nostro tipo di società.

    (E superfluo sarebbe controbattere a chi sortisse esempi di popolazioni povere… perché quella magia avviene molto più frequentemente in tali popoli.
    Avviene con una inversione proporzionale al possesso di denaro. Anche nei popoli ricchi)

    Tutto quanto sopra detto credo sia automaticamente attaccabile per mezzo dell’argomento principe in ogni dove: il denaro.
    Sento chiaramente voci che mi indicano la faciloneria di esprimersi in questi riguardi potendo disporre delle capacità economiche.
    Ma quella conclusione concettuale a cui oggi ho guardato da altre postazioni di osservazione, consiste proprio nella seguente esplorazione: nulla c’entra la possibilità economica con l’affetto che una persona “riesce” a donare ad un bimbo. (DA NON SCRIVERE, SOLO MEMORIA: LA CAPACITA EROICA DI AFFERMARE QUESTO E CREDERCI DA NON DISCUTERLO NEANCHE…)
    Una conclusione molto semplice alla quale si troverebbero d’accordo tantissime persone ma altrettanto certamente tantissime persone contro… (lascio analizzare a chi legge il perché di questo pensiero sdoppiato nella collettività).
    E voglio rivolgermi a quelle voci riportando classiche considerazioni dei nostri tempi (accompagnate da toni mitici), di viaggiatori catalogati e di esploratori inventariati:
    “.. eppure hai visto che sorrisi? Le loro maniere gentili? Appaiono incuranti della povertà! Ma come fanno?” … e aggiungerei: per quale motivo?
    Voglio appuntare queste considerazioni che si dicono col cuore al rientro dai viaggi esotici, perché quando il cuore si fredda e si riaddormenta nelle aridità del nostro mondo benestante, ne resta solo il luogo comune… ne restano le lettere ed il senso vola via.
    Posso assicurare che nel mio Paese e nella mia ancor breve vita, ho conosciuto famiglie con abbastanza denaro ma che vivevano scelleratamente.
    Senza più la minima parvenza di una direzione, ho visto genitori, che in barba alla disponibilità economica risolutrice, donavano ai propri figli sporcizia, malinconia, tanti giocattoli e molta avarizia nel sorriso e nel gioco, trasformando tutto in malvagità, violenza, annullamento e finendo per correlare semplicità e umiltà con becerume ed insolenza.
    Ho anche conosciuto famiglie con soldi abbastanza ma che hanno enfatizzato valori come la dignità, la pulizia, la correttezza ed il rispetto fino a distorcerli in maniacalità, rendendo tutto altezzoso, spocchioso e finto.
    Quel che capita nel mondo, e che dovrebbe essere combattuto, è semplicemente il graduale soffocamento dell’espressione naturale dei sentimenti, addirittura nell’immediato intorno della persona.
    Quei tipi di sorriso, sopravvissuti nei popoli poveri, non hanno nulla a che fare con il portafoglio e per questo non potranno mai finire in qualche confezione nei super-market.
    Quei tipi di sorriso nascono negli umani che hanno goduto di quella magia e sono diventati persone.
    Persone gentili.


    stef 22/01/2006
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    00 17/11/2006 21:55
    equilibrio
    "L’equilibrio si basa sui parametri stabiliti ed accettati circa la considerazione della normalità e della realtà".
    Ovviamente, è facile discutere di tutto e di nulla, se si prende alla lettera questa specie di teorema, ma è possibile sviscerare almeno un minimo per ammorbidire la sua radicalità e ricavarne una ottima chiave per un equilibrio, prima individuale e quindi sociale.
    Mi chiedevo frequentemente quale fosse la percentuale di persone che non ce l’hanno fatta a sopportare la condizione in cui li poneva la loro intima maniera di guardare le cose, malgrado la maniera stabilita collettivamente per guardarle, già esistesse…
    Persone bizzarre, ostinate a farsi una propria idea.
    Dunque, già emergeva qualcosa di anormale e di irreale, dal momento stesso che si rilevava la tentazione di avere un’idea (e la situazione si aggravava se essa era propria ed individuale).
    In altri termini, alcuni individui tentavano ancora di esistere.
    Quante persone, quindi, caddero e si persero in infiniti modi diversi a causa di una anormalità che finiva per relegarli a vivere in una irrealtà?
    Ma non era neanche trascurabile quale cospicua parte di persone vivesse lo stesso tormento, sopportando solo grazie all’aiuto dei più disparati espedienti.
    Mi chiedevo, inoltre, a quale tipo appartenessi, ma non faceva differenza per ora.
    Quel che mi importava era di non perdere di vista un fatto: se l’equilibrio consegue all’abilità di non precipitare né da una parte né da quella opposta, allora, discernere quale parte fosse opposta al “rovinarsi” consisteva precisamente nell’acquisire una fondamentale padronanza nell’atto dell’equilibrio stesso! E qual’era questa parte opposta, insomma? Quali erano quelle persone che si perdevano e si rovinavano in maniera opposta alle prime?
    Mi sembrava lampante ormai: la parte opposta si fondava su una mentalità per la quale il non “perdersi” o il non “rovinarsi”, si dimostrava nello spingersi, senza freni né dignità, fin dentro ciò che era inteso come normalità e realtà, dalla collettività. (o meglio: si rivelava come un abbandono, per terminare in una resa, a ciò che è stabilito e che quindi inibisce decisioni proprie).
    Persone altrettanto bizzarre, decise anche a disprezzare una propria idea.
    Ecco cosa mi interessava: tener presente cosa significasse individuare i caratteri delle personalità considerate “perse”, purtroppo, a causa di uno sbilanciamento da una parte ed allo stesso tempo, individuare i caratteri che contraddistinguessero, nelle moltitudini, tutte quelle genti che si erano sbilanciate dall’altra parte.
    Persone “perse” al caldo dell’approvazione del collettivo… ma che nella irrealtà sancita come realtà, riescono a condurre un’andatura fiera… stando bene attente a non sentirsi mai sole, quando quel freddo interiore le spoglia da tutte quelle impalcature e non ricordano nemmeno di avere avuto mai un “io”… un idea propria.

    Stef 06/09/2006

    [Modificato da relpubblic 17/11/2006 21.57]

    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 29/11/2006 20:38
    cambia
    cambia

    Non vedi com’erano?
    Son cambiati, son altri.
    Anche tu eri,
    ricorda i tuoi. Te vent’anni or sono.
    Defluiamo tutti come il fiume.
    Vanità di piani, progetti e calcoli...
    Scomparsi gli esseri; solo vanità.
    Non vedi, non siam più gli stessi,
    cambiamo e defluiamo.
    Cambia il fiume mentre mantiene il suo percorso,
    cambian gli uomini ma non il lor percorso.
    All’acqua non spetta il ricordar,
    umana è la memoria
    umano è il sentimento…
    Non vedi quella pianta?
    Mai è la stessa, cambia e cambia e cambia…
    Rami secchi e freschi germogli.
    Ogni foglia cade,
    cambia la pianta mentre resta la stessa…
    Immortale e libero sol lo spirito.
    L’essere è astratto,
    l’essenza non si tocca.
    Coglierne il senso, umano è l’impresa!
    Tradizioni schernite e canzonate,
    ri-cordar dileggiato e beffeggiato:
    corpi, oggetti… cose…

    Stef 26/11/06 – relpubblic@yahoo.it
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 29/11/2006 21:47
    E sempre un piacere leggerti...
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    00 10/01/2007 20:17
    dati
    Nozionismo (dati, informazioni e senso)

    Leggere.
    Ciò che vorrei semplificare qui è il fatto che la nozione, nella lettura, non è il requisito prioritario al fine di recepire il concetto e la sostanza, quantunque essa sia importante e di inconfutabile ausilio alla comprensione.
    Certo, non si sta qui a negare questa importanza né la sua imprescindibilità, ragionevolmente incontestabile, a testi e scritture…
    Spesso però, ci si imbatte in incredibili storture, determinate dai nostri tempi ultimi, come per esempio lo scivolare veloci su principi basilari, unici veicoli del senso profondo delle cose, ed il concentrare ogni energia sulle complementarità che, per quanto indispensabili, risiedono nell’esteriore.
    Storture che avrebbero bisogno solo di tempo allo scopo di riconsiderare essenze, respingendo alla radice quei condizionamenti del collettivo che impongono l’esibizione delle nozioni a mo’ di patente.
    Storture che in definitiva rendono al periferico il valore di centrale e viceversa.
    Quindi, ammettendo presuntuosamente che questo succinto prologo possa aver trasmesso condivisibili basi di partenza per una disamina sobria e concisa, si potrebbe dire che la nozione assume la sua importanza solo a condizione che la lettura abbia prima sortito il suo effetto principale.
    Cioè a dire che: come è fondamentale che lo scritto sia in grado di trasmettere il senso, prima che le nozioni, così è fondamentale che leggendo ci si concentri innanzitutto sul senso prima che sulle nozioni.
    È in tale predisposizione del lettore (semplice nella sua intesa ma più complicata nella sua applicazione) che dimora il reale influsso di uno scritto, il quale solo in questa maniera esercita un cambiamento conoscitivo interiore, il quale esula dalla pura capacità mnemonica, ripeto: pregevole e significativa, però sovente fuorviante a causa di una ostinazione ad apparire.
    Fissare quest’ultimo concetto, invece di scivolarci su rapidamente, potrebbe risvegliare quei sensi capaci di accogliere e di cogliere nel profondo idee e pensieri, recidendo la via all’ossessione di apparire, mediante una metafisica convinzione ad accettare che la conoscenza non dipenda esclusivamente da un immagazzinamento di dati.

    08/01/2007
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 16/01/2007 23:37
    notizia
    Non si può certo dire che non spicchi un fatto nell’ascoltare i notiziari in questo preciso momento.
    Il fatto, in se, non costituisce un’eccezionalità ed invero, per giungere al succo di quanto intendo, vorrei raccogliere l’attenzione su ciò che sta nella proporzione.
    Mi spiego esponendo subito l’argomento, che vuol essere semplicemente un esempio parallelabile in tutti i domini del sistema con il quale funziona oggi l’informazione.
    Quindi, prendendo spunto dall’argomento meteorologico bisognerà non focalizzare il ragionamento su tutto ciò che da esso scaturisce ed iniziare ad immedesimarci nell’ascolto di quei notiziari (ormai ripetuti in innumerevoli edizioni stampate e trasmesse in svariatissime maniere ogni giorno), in cui si consiglia di bere molto, di mangiare tanta frutta e di non uscire nelle ore calde occupando una parte esagerata dei telegiornali e sottolineando la preoccupazione di un caldo esagerato… in piena estate; poi dobbiamo ancora immedesimarci dinanzi ai gazzettini che ci informano, con allarme, sui freddi, sulla neve e sulle temperature glaciali che interessano a gennaio, Paesi proverbialmente freddi…
    E tutto ciò avviene fuori dell’ambito dei bollettini dedicati alle previsioni meteo.
    È proprio a questo punto che subentra l’importanza di ragionare sulla proporzione che sottolineavo sopra, perché se si focalizza l’attenzione sui toni e sulla forma con i quali i telegiornali di questi giorni, comunicano notizie relative all’insolito clima del corrente inverno, che pare abbia già conquistato alcuni primati nelle statistiche, per via delle sue straordinarie condizioni atmosferiche, non può non spiccare la mancanza di una adeguata proporzione del vigore e dell’ impeto con i quali si “fa” “notizia” mediante ambigui freddi invernali ed equivoci caldi estivi.
    Perciò, mantenendoci strettamente sulla sproporzione in assunto, o meglio cercando di quantificare una incoerenza quasi tangibile per la sua evidenza, si potrebbe concludere con una opinione più volte espressa in brevi scritti come questo: ad una società estremamente massificata, piace crogiolarsi in ansie ed apprensioni solo apparenti ma che in fondo (oserei dire nell’inconscio) non sono che rassicuranti ovvietà e di questo concetto, che appare come una specie di rivelazione agli occhi di questo minuto individuo, ne è tanto a parte l’ordine che governa il pianeta, da aver reso la “notizia” il decisivo strumento per il controllo mentale.

    stef
    16/01/2007 relpubblic@yahoo.it
    “Il modello” fa di ognuno il tiranno di se stesso...
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    00 19/01/2007 21:19
    “non fare mai qualcosa di cui un giorno ti potresti pentire”
    (equilibrio)
    Credo di non risultare presuntuoso se mi dico sicuro che questa rinomata frase sia in grado di toccare dei nervi scoperti in una gran parte di chi legge.
    Penso sinceramente che essa susciti, in molti, il ricordo di almeno una esperienza, che può tornare in mente con sospiri di rimpianto o irritazioni varie.
    Pur tuttavia, benché da una parte non si può negare la saggezza che vi è contenuta, dalla quale trarre preziose lezioni, dall’altra bisogna far attenzione nel recepirla e considerare elementi altrettanto importanti.
    L’eccessivo sbilanciamento verso una impostazione mentale matematica, impedisce sempre più la trattazione della materia umanistica, fondantesi sulla linguistica, causando una evidente e progressiva decadenza dell’essere umano più “progredito”.
    Perciò, si diceva, riconoscendo l’importanza di quanto è contenuto nell’insegnamento, bisogna valutare quali possibilità, quali attitudini e quali facoltà si hanno a disposizione per recepire il senso di tale frase, così da evitare che un simile insegnamento diventi invece sterilità ed ottusità nei confronti della vita.
    Infatti, se ipotizziamo una acquisizione rigida ed incondizionata del suo senso più schietto (quindi la rinuncia all’esplorazione per via di tutte le sue incognite), si consegue una graduale ed inarrestabile rimozione di ogni istinto e di ogni desiderio di apertura.
    Comunque, atteso che un sano metodo raziocinante è evidentemente una buona abitudine, si dovrebbe esser giunti qui ad individuare la maniera in cui un costruttivo atteggiamento può anche portare ad aridità d’animo e d’intelletto.
    In altre parole, un sennato atteggiamento, seriamente minacciato da una ossessiva applicazione di parametri matematici e da una maniacale dipendenza del rapporto causa-effetto, si può trasformare in una condotta paradossalmente superficiale, avventata e sbrigativa che trascina inesorabilmente l’essere alla graduale cancellazione degli istinti e dei desideri di apertura e ad un abuso di grettezza.
    Al solito: l’equilibrio.
    Allora, constatato che quest’equilibrio, non si può risolvere con una formula, decriptare con un cifrario od individuare calcolandone posizioni nello spazio…: come non sentire la proficuità a favore dell’essere, nel mantenere elevato ed alimentare (con i mezzi che si reputano soggettivamente più opportuni) uno stato di coscienza e di consapevolezza piuttosto che insistere in percorsi che già manifestano da tempo tutta la loro pericolosità, attraverso una evidente inadeguatezza dinanzi alle profondità umane?

    Stef 16/01/2007 – relpubblic@yahoo.it
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    00 21/01/2007 18:51
    kratos
    www.nwo.it/paura_flusso.html

    potrebbe anche corrispondere al vero l'affermazione finale dell'articolo: “la convinzione profonda della relatività dell’esistenza umana e dei suoi ordinamenti, della loro natura aperta e contraddittoria, cui soltanto la forma della democrazia riesce in una certa misura a corrispondere”.
    anche accettando tale ipotesi, però, si può soltanto ragionare in via teorica, perchè oggi, in realtà, vige il sistema di governo più stupido mai esistito: la economico-crazia.

    stef
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    00 17/02/2007 00:19
    verità_ricchezza_riflex

    Così, come sempre, solamente per fissare quel qualcosa che interiormente mi appare tanto chiaro ma che nella spiegazione e nella applicazione risulta, nella maggior parte dei casi, difficile, tenterò di scrivere un pensiero.
    Un amico con cui condivido la passione per ciò che viene considerato esoterico, spirituale e quant’altro, mi ribadiva come tutto questo può esser sintetizzato come “la famosa ricerca della verità” ed immediatamente mi è balzata in mente l’idea di rappresentare la verità come un blocco di cemento, una scultura di legno, un ordigno meccanico… qualcosa che si potesse vedere ma soprattutto si potesse toccare, spostare, portarsi appresso, nascondere … possedere.
    Si sa che la diatriba su cosa sia la verità o su chi la sappia o la possegga è antica come questo uomo, però, iniziare ad argomentare su tal ricerca da un punto di vista materiale mi appare senz’altro utile a sensibilizzare tutti quegli esseri che non possono considerarsi ancora nati.
    Dunque, la domanda è spontanea: quanti, nel mondo materialista, hanno realmente voglia di ricercare la verità se si considera quante possibilità si hanno di giungere ad una risposta vera, concreta ed incontestabile?
    In definitiva, parlare di ricerca della verità, nei termini qui trattati, genera ilarità e scherno per la stragrande maggioranza delle persone, (tenendo ben presente anche le loro diversità religiose politiche etc…) perché ovviamente non si avrà una inconfutabile risposta.
    La mancanza di una risposta, quindi, costituisce (per l’uomo-macchina) una ovvietà e nello stesso tempo una assurdità. Una indiscutibilità troppo discutibile.
    “Naturalmente”, è impossibile cercare e trovare interesse in ricerche che esprimono ricchezze di cui non è facile tracciare i contorni…
    Per apprezzare certe ricchezze, vale lo stesso discorso: chi non nasce, non riconoscerà mai la ricchezza ad un livello aleatorio, spirituale, interiore, psichico, intimamente percettivo.
    Così, non riuscire nella ricerca non è fondamentale, ciò che lo è sta nel tentarla, altrimenti non si nascerà mai epperò si morirà… inseguendo, ed a volte godendo, di tutt’altre ricchezze.

    Stef – 14/02/2007 – relpubblic@yahoo.it
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