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Un pò di giustizia in Italia

Ultimo Aggiornamento: 11/04/2024 10:34
23/08/2018 18:21
 
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L'Italia dice addio all'Air Force Renzi

Il Governo Italiano ha ufficialmente rescisso il contratto di leasing per l'aereo a turbogetto di lungo Airbus 340-500 per le esigenze del Primo Ministro; in Italia l'aereo è stato soprannominato con scherno Air Force Renzi, dato che era stato voluto dall'ex Premier Matteo Renzi. La decisione è stata comunicata dal Ministro della Difesa Elisabetta Trenta su Facebook. Secondo il capo del dicastero militare italiano, il personale tecnico del Ministero della Difesa ha recentemente avuto una riunione con i rappresentanti di Alitalia per "mettere fine definitivamente al caso dell'Airbus di Matteo Renzi". "Proprio oggi la questione è stata chiusa. D'ora in poi l'aereo, vecchio simbolo dell'arroganza del potere, non c'è più! E' un passo nella giusta direzione, perché il Paese ed i suoi cittadini meritano un rapporto normale, ma soprattutto il rispetto!", la Trenta ha scritto su Facebook. Su iniziativa di Renzi, il velivolo Airbus 340-500 era stato messo a disposizione del governo nel 2016 con un contratto di leasing con la compagnia aerea Etihad Airways, che detiene il 49% delle azioni di Alitalia.

23.08.2018
it.sputniknews.com/italia/201808236402867-governo-Trenta-palazzo-chigi-viaggi-Alitalia-Airbus-Renzi-M...
28/09/2018 01:37
 
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RAI, Marcello Foa è il nuovo Presidente

Via libera dalla Vigilanza: Marcello Foa è il nuovo Presidente della RAI, dopo aver ottenuto la maggioranza qualificata dei componenti della commissione bicamerale dopo la votazione a scrutinio segreto. Il semaforo verde è arrivato con i voti a favore di Lega, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Non hanno partecipato al voto in segno di protesta i parlamentari del PD e Pier Ferdinando Casini. LeU ha votato no. In totale il parere favorevole è arrivato con 27 sì, tre no, una scheda bianca e una nulla. Otto commissari non hanno partecipato al voto. "La votazione ha avuto esito favorevole", ha annunciato il Presidente della Vigilanza RAI Alberto Barachini. "Sono per il pluralismo autentico, non ho mai voluto mancare di rispetto a Mattarella", ha detto oggi Foa nella sua audizione in Vigilanza. Il primo agosto, nella stessa commissione, a Foa erano mancati i voti necessari (almeno 27 su 40) all'elezione, dopo che i membri di Forza Italia si erano astenuti aprendo così una frattura nel centrodestra. Frattura ricucita proprio nei giorni scorsi e che ha riaperto i giochi per il giornalista italo-svizzero. Il via libera della Vigilanza alla riproposizione dello stesso nome arrivato la scorsa settimana ha quindi portato alla sua elezione.

Chiara Sarra
26/09/2018
www.ilgiornale.it/news/politica/rai-marcello-foa-nuovo-presidente-1581...
29/09/2018 01:40
 
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Jobs Act bocciato dalla Corte Costituzionale

La Consulta boccia il criterio di determinazione delle indennità di licenziamento del Jobs Act. Nello specifico, si legge nel comunicato della Corte, viene dichiarato "illegittimo l'articolo 3, comma 1, del Decreto legislativo n.23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte - non modificata dal successivo Decreto legge n.87/2018, cosiddetto 'Decreto dignità' – che determina in modo rigido l'indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato".

Jobs Act: incostituzionale criterio indennità licenziamento
Per la Consulta, in sostanza, "la previsione di un'indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione". Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti, invece, sono state dichiarate inammissibili o infondate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

26/09/2018
www.studiocataldi.it/articoli/31969-jobs-act-bocciato-dalla-corte-costituzio...
01/10/2018 16:02
 
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Fassina (LeU):"Questo DEF doveva farlo il PD. Governo coraggioso"

Da uomo di sinistra, che cosa pensa del DEF approvato dal Governo Lega-M5S con il deficit/PIL al 2,4% per tre anni?
"Sono stati fissati obiettivi necessari e coraggiosi. E, proprio perché coraggiosi, anche pericolosi, in quanto colpiscono interessi che, ovviamente, reagiscono rispetto a una politica di bilancio che, finalmente, pone le condizioni per tornare ad affrontare le priorità economiche e sociali. Poi vedremo nella Legge di Bilancio come il governo utilizzerà questo spazio di extra-deficit".

Quali sono questi interessi che reagiscono e in che modo lo fanno?
"Come reagiscono è semplice, con la vendita dei nostri titoli di Stato. E parlo di tutti coloro che vogliono mantenere lo status quo, ovvero il pesante sfruttamento del lavoro e un modello che favorisce le grandi imprese che esportano e la grande finanza. Questi poteri hanno i propri capisaldi in Germania. E, come è successo con Syriza in Grecia, verso chi compie atti di insubordinazione c'è una reazione forte".

La bocciatura UE della manovra è abbastanza scontata...
"Non lo so, ma è l'aspetto meno preoccupante. Il punto è che cosa farà la BCE in interazione con Berlino. Sono fenomeni politici e non economici, scelte politiche che la Banca Centrale Europea prende in stretta relazione con il governo tedesco. Devo dire però che l'attenzione manifestata da Manfred Weber, capogruppo del PPE all'Europarlamento e candidato della Merkel alla Commissione, verso i sovranisti, rispetto ai quali si è posto come pontiere, mi porta a dire che non necessariamente ci sarà una rigidità dalle parti di Berlino. Quelli fissati nel DEF sono obiettivi necessari e coraggiosi, quindi pericolosi, perché è una partita tutta politica. Bisogna vedere cosa faranno anche i governi di quei Paesi extra-europei che sono stati visitati in queste settimane da Tria, Savona e Conte con i loro fondi sovrani e le loro banche centrali. Ripeto, è una partita tutta politica che inevitabilmente si apre. Tuttavia, finalmente la politica ritrova il primato sull'economia".

Quindi Cina, Russia e USA potrebbero comprare BTP al posto della BCE quando finirà il QE?

"Non è un'ipotesi da escludere. Si apre un gioco politico dove ci sono attori e interessi diversi nei confronti dell'Italia che interagiranno".

Obiettivi coraggiosi ma pericolosi ha detto, perché?
"Potrebbe esserci lo scenario greco, che però penso non convenga a nessuno visto il peso finanziario dell'Italia, decisamente superiore a quello della Grecia. Vi sarà un'attenzione anche perché il governo ha fissato un obiettivo distante dall'autolesionismo del Fiscal Compact, ma con il 2,4% aumenterà la crescita e tutto ciò avrà effetti compensativi sul debito pubblico. Non stiamo parlando di un obiettivo di deficit fuori dal mondo, ma certamente di una rottura e di una forzatura rispetto al Fiscal Compact. Un'azione necessaria, poi vedremo che uso ne farà il governo. Un conto sono investimenti pubblici che si moltiplicano, altro operazioni di carattere elettorale. Ma oggi ci sono le condizioni per fare investimenti pubblici; ieri con l'1,6% o anche con il 2 non c'erano".

Qual'è il provvimanteo che la convince maggiormente? Il reddito di cittadinanza?

"Il reddito di cittadinanza vedremo come verrà fatto. Se sarà un reddito di inclusione e punterà al potenziamento della promozione del lavoro, bene; se invece sarà solo assistenzialismo puro non funzionerà perché sarebbe uno strumento di passivizzazione e di manenimento della marginalità sociale. Il modello deve essere il REI (Reddito di Inclusione, ndr) potenziato significativamente. L'altro provvedimento importante e positivo è l'allargamento del forfettone fiscale per le partite IVA, ovvero l'innalzamento della soglia di fatturato alla quale si applica l'aliquota del 15%".

Strano che un uomo di sinistra come lei dica queste cose di un governo dove dentro c'è un partito, la Lega, che per molti suoi colleghi è razzista e fascista. No?
"A parte che non ritengo che siamo di fronte ad un governo fascista, penso che prendano misure sbagliate rispetto a problemi veri. Dopodiché, come dissi quando fu bloccata la nomina di Savona, è necessario cambiare rotta e a farlo è un governo che per alcuni aspetti non condivido, anche se tutto ciò avrebbe dovuto farlo la sinistra ma non lo ha fatto perché pesantemente sfiduciata da parte di quelle categorie sociali che avrebbe dovuto rappresentare e che invece ora si affidano a chi sta al governo. Se chi governa attua provvedimenti nella giusta direzione, tali misure vanno sostenute perché fanno gli interessi di coloro che proprio la sinistra dovrebbe rappresentare. Purtroppo la larga parte degli eredi della sinistra storica ha definitamente deciso di difendere gli interessi dei più forti".

Alle elezioni europee del 2019 potrà nascere un sovranismo di sinistra?
"E' già nato. Mélenchon in Francia, con una piattaforma che da noi a sinistra definiscono per ottusità populista e sovranista, ha preso oltre il 20% alle Presidenziali. E c'è una parte della Linke, quella della Wagenknecht, che ha lanciato un movimento che sta ottenendo un consenso molto ampio proprio sulla stessa linea di Mélenchon".

Una linea che non è certo quella di Renzi...
"Assolutamente no. Lo spazio c'è, ma oggi è occupato, con tante contraddizioni, dal M5S. Uno spazio che va riconquistato. Con alcuni compagni e con alcune compagne e con tanti intellettuali l'8 settembre scorso abbiamo lanciato l'associazione 'Patria e Costituzione', che ha scandalizzato la sinistra del 'main stream', sia radicale che riformista, perché afferma il primato della nostra Costituzione sui trattati europei".

Una convergenza al Parlamento Europeo tra sovranisti di destra e di sinistra?
"Un'alleanza è impraticabile perché ci sono questioni di fondo che sono inconciliabili. C'è un'evidente distanza ma c'è anche un'alternativa radicale all'europeismo liberista di Macron, del PD e dell'SPD".

Alberto Maggi
28 settembre 2018
www.affaritaliani.it/politica/fassina-leu-questo-def-doveva-farlo-il-pd-governo-coraggioso562908.html?re...
21/10/2018 00:46
 
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I dati INPS promuovono il “Decreto Dignità”

Contratti a termine dimezzati (165.998 ad agosto a fronte dei 310.838 di luglio) e trasformazioni di quelli già in essere negli attesi contratti a tempo indeterminato (35.516). Iniziano a palesarsi gli effetti del Decreto Dignità, tanto dileggiato dai rottamatori del lavoro renziani. I dati di agosto 2018 dell’Osservatorio sul Precariato evidenziano una frenata nell’attivazione dei rapporti a termine, dovuta evidentemente all’irrigidimento delle regole. Migliora il trend già positivo per le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato, registrato nei primi otto mesi del 2018, rispetto allo stesso periodo preso come riferimento del 2017. Nel settore privato, nel periodo gennaio-agosto 2018, le assunzioni sono state 5.045.926, in aumento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2017. In crescita risultano tutte le componenti: contratti a tempo indeterminato +3,1%, contratti a tempo determinato +6,5%, contratti di apprendistato +12,5%, contratti stagionali +4,1%, contratti in somministrazione +12,3% e contratti intermittenti +7,3%.

La dinamica dei flussi
Nei primi otto mesi dell’anno si conferma l’aumento delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato (+119.475), che registrano un forte incremento rispetto al periodo gennaio-agosto 2017 (+62,5%). Le cessazioni sono state 4.160.178, in aumento rispetto all’anno precedente (+10,5%): a crescere sono le cessazioni di tutte le tipologie di rapporti a termine, soprattutto contratti intermittenti e in somministrazione, mentre diminuiscono quelle dei rapporti a tempo indeterminato (-3,7%). Nei primi otto mesi del 2018 sono stati incentivati 78.287 rapporti di lavoro con i benefici previsti dall’esonero triennale strutturale per le attivazioni di contratti a tempo indeterminato di giovani: 42.148 riferiti ad assunzioni e 36.139 relativi a trasformazioni a tempo indeterminato. Aumentano i contratti a tempo indeterminato, dunque. Però è necessario intensificare i controlli. Troppi pseudo-imprenditori, alla scadenza dei contratti a termine stanno invitando i lavoratori ad aprire partite IVA con il ricatto del licenziamento. Pubblicato l’Osservatorio Cassa Integrazione Guadagni con i dati di settembre 2018. Il numero di ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate a settembre 2018 è stato di 11.319.157, in diminuzione del 44,18% rispetto allo stesso mese del 2017. Nel dettaglio, a settembre 2018 le ore autorizzate per gli interventi di: Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) sono state 5.503.831, in diminuzione del 25,64% rispetto a settembre 2017; Cassa Integrazione Guadagni Straordinari (CIGS) sono state 5.785.004 (2.146.819 di solidarietà) in diminuzione del 44,86% rispetto a settembre 2017; Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD) sono state 30.322, in diminuzione del 98,73% rispetto a settembre 2017. Ad agosto 2018 sono state presentate 112.429 domande di NASpI e 2.051 di DIS-COLL. Nello stesso mese sono state inoltrate 445 domande di ASpI, mini ASpI, disoccupazione e mobilità, per un totale di 114.925 domande, in aumento del 8,5% rispetto ad agosto 2017.

Ernesto Ferrante
20 ottobre 2018
www.opinione-pubblica.com/i-dati-inps-promuovono-il-decreto-...
21/10/2018 19:23
 
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Folkerts-Landau (Deutsche Bank) attacca l'UE:'Sto con l'Italia, paga più di tutti'

L'Italia che aumenta il debito per finanziare le proprie misure sociali è una prospettiva che non affascina l'Europa. Il Ministro Tria ha già ricevuto una lettera in cui da Bruxelles vengono mosse tutte le perplessità rispetto all'idea che il Paese possa mantenere gli impegni con un debito ampliato fino al 2,4%. E, al di là delle comunicazioni ufficiali, le dichiarazioni pubbliche di Juncker, Presidente della Commissione Europea, dimostrano come l'idea di un "muro contro muro" tra Roma e l'UE sulle politiche economiche sia tutt'altro che un'ipotesi remota. Conte, Di Maio e Salvini hanno già detto che hanno poche o nulle intenzioni di indietreggiare rispetto a quella che definiscono "manovra del popolo".

L'Italia è fondamentale per l'Europa
L'aumento dello spread costante e la risposta dei mercati raccontano come l'economia internazionale non si fidi delle potenziali politiche di crescita messe in atto dal Governo italiano. A sua volta, chi ha voce in capitolo all'interno dell'esecutivo dice di non temere le risposte dell'economia internazionale, anche perché l'Italia è un Paese virtuoso. Un punto di vista piuttosto in voga nelle forze di maggioranza, ma che viene condiviso da David Folkerts-Landau, capo economista della Deutsche Bank. La sua analisi si sofferma sia sui tecnicismi delle ultime vicende che sui potenziali effetti sociali. L'Italia, secondo l'esperto, avrebbe un avanzo di bilancio se non fosse per gli interessi che sta pagando. Sottolinea inoltre come lo sforzo fiscale italiano, ad oggi, sia il più corposo che si conosca in Europa. L'Italia avrebbe accumulato avanzi primari per il 13% del PIL, persino più della Germania (5%). “L'Italia”, afferma in questo senso, “è il Paese più virtuoso in Europa". Il suo intervento è stato tra gli altri ripreso dal blog ilblogdellestelle.it, organo d'informazione del movimento grillino.

Folkerts-Landau non approva comportamento europeo su manovra
Il capo economista della Deutsche Bank, in questa fase, non approva il comportamento dell'Europa. Paragona il ruolo dell'UE a quello di qualcuno che si presenta davanti al Governo italiano con una "mazza da baseball" e dice:"Devi diminuire il deficit affinché sia sostenibile". Questo, secondo Folkerts-Landau, va "contro le ragioni e le logiche politiche". La ritiene infatti una minaccia, una pressione che rischia di far radicalizzare la Nazione, generando un pericolo per l'esistenza dell'Eurozona. “Sì”, ha detto, “sto dalla parte degli italiani su questa discussione".

21/10/2018
it.blastingpop.com/economia/2018/10/folkerts-landau-deutsche-bank-attacca-lue-sto-con-litalia-paga-piu-di-tutti-002752...
[Modificato da wheaton80 21/10/2018 19:24]
24/10/2018 22:40
 
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Nasce l'asse tra Italia e Russia. Il Cremlino al fianco del governo



Successo della visita del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Russia. Mentre l'Unione Europea si schiera contro l'Italia, il governo trova un importante alleato nel Cremlino. Si è svolto a Mosca l'incontro tra il Premier e il Presidente russo Vladimir Putin. Conte e Putin si sono stretti la mano nella sontuosa Sala Verde del Cremlino, dove sono schierate quattro guardie in alta uniforme. Sono presenti anche il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, il Ministro dell'Industria e del Commercio russo Denis Manturov, il Consigliere del Cremlino per la Politica Estera Iuri Ushakov, l'ambasciatore italiano Pasquale Terracciano e il Consigliere Diplomatico della Presidenza del Consiglio Pietro Benassi.

"Mi auguro che lei possa venire in Italia al più presto, manca da troppo tempo: non vorrei che il popolo italiano pensasse che lei non gli presta attenzione". Così il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso dei saluti di rito prima dell'inizio dei negoziati con il Presidente russo Vladimir Putin. "La nostra economia è solida e il governo farà la sua parte: dobbiamo fare squadra, sistema, governo, imprenditori e lavoratori". Lo ha detto il Presidente del Consiglio Conte incontrando in mattinata a Mosca una delegazione di imprenditori del settore delle calzature, alla presenza dell'ambasciatore italiano in Russia Pasquale Terracciano e del Direttore dell'ICE di Mosca, Pierpaolo Celeste. "Agli imprenditori stiamo riservando attenzione nella manovra anche con sgravi fiscali.

L'Italia è la seconda manifattura in Europa; nel 2018 l'export con la Russia ha ripreso slancio e mi auguro che anche voi possiate prendere questo treno", ha aggiunto Conte rispondendo alle richieste di sostegno della Presidente di Assocalzature, Annarita Pilotti, che in particolare ha chiesto che vengano finalmente tolte le sanzioni alla Russia, sollevando una vera e propria ovazione tra gli espositori presenti. "La Russia è un partner strategico dell'Italia e mi darete atto che fin da subito ho dimostrato particolare attenzione per questo Paese". Lo ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Mosca incontrando una delegazione di imprenditori italiani del settore delle calzature. "Sono qui oggi per dimostrare al Presidente Putin la costante disponibilità dell'Italia al dialogo: le sanzioni non possono essere un fine ma un mezzo per risolvere le divergenze".

Rosneft: con ENI e Saipem nel Mar Nero
La joint venture costituita vede una partecipazione di Rosneft al 66,67% e di ENI al 33,33%. Come nel marzo scorso, la major italiana non conferma le indiscrezioni russe ma conferma i progetti congiunti che continuano a legare ENI e Rosneft, dall’Egitto al Golfo del Messico. Tanto è vero che l’AD di ENI, Claudio Descalzi, ha incontrato martedì a Mosca il numero uno di Rosneft, Igor Sechin. Un incontro "molto cordiale” che è stato anche occasione per affrontare “i possibili scenari futuri” della collaborazione tra ENI e Rosneft, “ovviamente nel pieno rispetto delle regole internazionali”.

24 ottobre 2018
www.affaritaliani.it/politica/nasce-l-asse-tra-italia-e-russia-il-cremlino-al-fiancodelgoverno568335.html?re...
25/10/2018 22:07
 
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Conte da Putin:“Sanzioni da superare”. Firmati 13 accordi commerciali Italia-Russia

Sanzioni, Siria, Libia, Ucraina e tutti gli aspetti della cooperazione bilaterale fra Russia e Italia che possono, anzi "devono", esprimere tutto il loro potenziale. La prima del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Russia, accolto con calore dal leader russo Vladimir Putin al Cremlino, si chiude suggellando la storica intesa fra Roma e Mosca. Con lo zar che sulla tanto chiacchierata ipotesi di un aiutino russo al debito pubblico italiano non chiude la porta:"Non c’è nessuna remora politica all’acquisto dei vostri titoli di Stato, l’Italia ha basi economiche molto solide".

Putin:“I problemi tra Italia e UE saranno risolti”

Putin, ad ogni modo, ha sottolineato che oggi la questione non è stata discussa nei colloqui avuti con Conte. “Non siamo venuti qui a chiedere alla Russia di comprare i titoli italiani attraverso il suo fondo sovrano”, ha aggiunto il Premier, notando che l’economia italiana è “forte” e che questo "ci viene riconosciuto più all’estero che in patria". “Se poi”, ha rimarcato con un sorriso, “il fondo volesse davvero comprarli farebbe un affare". Insomma, nessun mistero, nessun intrigo, solo valutazioni di natura "tecnica". Putin si è detto consapevole del dibattito "intorno al debito italiano" e delle differenze di vedute fra Italia e Commissione Europea riguardo alla manovra. "Su questo aspetto noi non ci intromettiamo ma siamo sicuri che i problemi saranno risolti". L’Italia d’altra parte resta agli occhi della Russia un partner affidabile e lo zar ha detto chiaro e tondo di aspettarsi che gli investimenti diretti possano crescere. Non a caso al termine dei colloqui privati Putin, seduto accanto a Conte, ha ricevuto una delegazione di imprenditori italiani attivi in Russia come Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Francesco Starace (ENEL), Guido Barilla, Claudio De Eccher (CODEST), Philippe Donnet (Generali) e Gianni Armani (ANAS), per citarne solo alcuni.

Nel corso dell’evento, ospitato tra i marmi e gli ori della sala di Alessandro, è stata trasmessa in videoconferenza l’inaugurazione di uno stabilimento per la produzione di motori elettrici ad alta tensione della società "Motori elettrici russi" a Celiabinsk (costruito in cooperazione con la società italiana NIDEC). Quindi, prima della conferenza stampa congiunta, la cerimonia della firma degli accordi e delle intese (13 in tutto) per un controvalore pari a circa 1,5 miliardi di euro. Un tema, quello della cooperazione bilaterale, che è stato il vero cuore della visita di Stato di Conte, peraltro evidenziato anche nel corso dello scambio di vedute con il Premier russo Dmitri Medvedev, poco prima della colazione di lavoro con Putin e durata ben oltre il tempo previsto.

“Stabilizzare la Siria per ridurre il problema migratorio”
Lo zar, che ha aggiornato il suo ospite sull’andamento della crisi siriana, sottolineando come la stabilizzazione di Damasco contribuirà a "ridurre" il problema migratorio in Europa, ha ribadito di apprezzare la posizione italiana sulla Libia e ha promesso il suo sostegno alla conferenza di Palermo, per quanto non abbia confermato (ma nemmeno escluso) la sua presenza. Di sicuro ci sarà una delegazione russa "di alto livello". Conte, dal canto suo, ha voluto ribadire, "in questa occasione solenne", che le sanzioni alla Russia "non sono un fine ma uno strumento, da superare il prima possibile". Sulla questione del veto italiano in sede UE al rinnovo delle misure il Premier ha però messo in chiaro che il sostegno all’Europa "non è in discussione" e che l’Italia, piuttosto, ha l’ambizione di "persuadere i partner" e puntare "al dialogo", consapevole che all’attuazione degli accordi di Minsk per superare la crisi ucraina "non vi è alternativa". Conte ha poi invitato Putin in Italia quanto prima. “Lei”, ha osservato, “manca da troppo tempo...”.

13 tra accordi e intese Italia-Russia
Ambiente, energia, infrastrutture, sono solo alcuni dei settori su cui, alla presenza del Premier Giuseppe Conte e del Presidente russo Vladimir Putin, nella Sala della Malachinte al Cremlino, sono stati scambiati 13 tra accordi e intese per un valore stimato, in prospettiva, di circa 1,5 miliardi di euro, firmati nel corso della visita di Conte a Mosca. Di seguito, l’elenco dettagliato dei documenti firmati:

- Il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Mare della Repubblica Italiana e il Ministero delle Risorse Naturali e dell’Ecologia della Federazione Russa hanno siglato un memorandum d’intesa nel campo della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile

- ENEL ha firmato il prolungamento dell’accordo, in scadenza nel 2023, per il contratto di fornitura di energia elettrica alle Ferrovie Russe (RZD)

- Barilla e la Regione di Mosca hanno firmato un Memorandum of Understanding per l’acquisizione di un terreno per realizzare un nuovo mulino, uno stabilimento produttivo e un magazzino e un raccordo ferroviario a esso collegato

- Pietro Fiorentini e Rosneft hanno siglato un accordo di cooperazione industriale per la produzione di impianti "Hipps" (impianti meccanici che evitano sovraccarichi di pressione nelle tubature utilizzate nell’oil & gas)

- L’azienda italiana di biotecnologie Bio.On e il gruppo del Tatarstan Taif hanno siglato un accordo per la realizzazione di un impianto di produzione di plastiche biodegradabili

- Il Gruppo Adler, che progetta, sviluppa e industrializza componenti e sistemi per l’industria del trasporto, e il Fondo Strategico Italiano hanno firmato con il Fondo di Investimenti Diretto Russo (RDIF) un accordo per la creazione di un impianto di autocomponentistica in Russia

- Il Gruppo Ferretti ha firmato con il Fondo di Investimenti Diretti Russo (RDIF) un accordo propedeutico all’istituzione di una joint-venture produttiva

- La società di gestione di fondi che forniscono prestiti alle piccole imprese, Mikro Kapital e la Corporazione PMI russe hanno firmato un accordo per la creazione di un fondo congiunto per finanziare progetti di PMI russe

- L’italiana Fornovo e la russa Kamaz hanno firmato un accordo di partnership prodromico alla licenza per produrre compressori da montare su camion speciali, commissionati a Kamaz dal colosso russo del gas, Gazprom

- Il Gruppo Techint e il Governo della regione di Kaluga hanno firmato un Memorandum of Understanding per la creazione di un ospedale.

- Coparm, una delle maggiori aziende europee nella progettazione e costruzione di impianti trattamento rifiuti, ha firmato con Chisty Gorod un accordo per la fornitura di apparecchiatura di riciclaggio e smaltimento di rifiuti

- Confindustria Russia ha firmato un accordo con una delle maggiori associazioni di impresa del Paese, Opora Russia

- Pirelli ha firmato con Rostec accordo per il raddoppio dello stabilimento di Voronezh

24/10/2018
www.lastampa.it/2018/10/24/esteri/putin-riceve-conte-litalia-partner-economico-importante-della-russia-wZ7LvVSGdAoTrFjD0O7KbM/pag...
26/10/2018 15:42
 
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Il governo raggiunge accordo da 250 milioni con la Whirlpool

Il governo scongiura il rischio esuberi e ottiene un accordo con la multinazionale Whirlpool. È quanto annunciato dal vicepremier Luigi Di Maio, titolare del Ministero dello Sviluppo Economico. Questo accordo del governo gialloverde dimostra che esiste la possibilità di tenere le grandi aziende sul territorio italiano. Senza le scenate compiute da Calenda in vista della campagna elettorale che avrebbe visto il PD perdere le elezioni, Di Maio ha messo a disposizione della società statunitense la cassa di integrazione straordinaria sino al 31 dicembre 2020. In cambio la multinazionale si impegna a riportare in Italia uno dei suoi stabilimenti attualmente dislocato in Polonia per la produzione di lavatrici e lavastoviglie: il tutto per un investimento di 250 milioni. L’annuncio Di Maio, lanciato oltre che nei canali ufficiali del governo, anche sui suoi canali social, scrive nell’agenda politica una nuova parola chiave:“Rilocalizzazione” è la parola usata dal vicepremier pentastellato stamane sul social network “Instagram”:“Rilocalizzazione, che bella parola!”, scrive il leader del M5S, alle cui parole segue lo slogan “stiamo riportando il lavoro in Italia”. Un obiettivo che i Cinquestelle e la Lega tengono molto a cuore da sempre e che conferma come le teorie sulla globalizzazione ineluttabile siano piuttosto state delle strumentalizzazioni ad uso e consumo di certe formazioni politiche follemente liberiste. Nell’accordo il Ministro Di Maio annuncia anche un accordo per gli stabilimenti della Flex, dove verranno riconvertite in contratto a tempo determinato le situazioni di 100 dipendenti e l’assunzione in leasing di altri 127 lavoratori attualmente a contratto di somministrazione. Un’altra vittoria per il Movimento Cinque Stelle, che può dimostrare l’affidabilità dei decreti varati in questi mesi, a partire dal discusso Decreto Dignità.

“Ho appena firmato un accordo di cui sono davvero orgoglioso, perché rappresenta un cambio di passo per l'Italia. Appena giunti al governo abbiamo iniziato una dura lotta contro le delocalizzazioni. Oggi sta succedendo qualcosa che va oltre: stiamo riportando lavoro in Italia. È un primo passo, ma molto importante. Si è chiuso infatti il tavolo che vedeva coinvolta l’azienda Whirlpool e siamo riusciti ad ottenere zero esuberi e un ritorno delle produzioni dalla Polonia all’Italia. Rilocalizziamo, che bella parola! Alla faccia di tutti quelli che dicono che il nostro Paese non è un bel posto per investire, che qui non si può fare business. Ieri sera abbiamo anche chiuso il tavolo che coinvolgeva lo stabilimento di Trieste della Flex, ottenendo la trasformazione di 227 contratti su somministrazione in contratti a tempo indeterminato. Sono risultati importanti, lo voglio ripetere, per gli imprenditori, per i lavoratori e per l’Italia. Non dobbiamo avere paura, non dobbiamo farci spaventare da nessuno: ve lo ricordate quando ci dicevano che con il decreto dignità le aziende sarebbero fuggite, che i lavoratori sarebbe stati licenziati? Questo non sta accadendo. E accadrà l’esatto opposto anche per gli investimenti previsti dalla Manovra del Popolo. Tutti vogliono incutere ansie e timori sul cambiamento che sta avvenendo, ma non ce n'è ragione. L'unica cosa di cui avere paura è la paura stessa! Andiamo avanti!”.
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26 ottobre 2018
www.opinionepubblica.com/ilgovernoraggiungeaccordoda250milioniconlawhirlpool/fbclid=IwAR2Q3pnDyq7DW-b_1HLrdMdRU7MGn-ueX4VNIAt8pVkVyMCmb4J...
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Carpeoro: S&P, l’America è con l’Italia (cioé contro Draghi)

Il verdetto di Standard & Poor’s è un segnale importante, perché vuol dire che c’è una frattura, all’interno delle Ur-Lodges reazionarie, e che l’America non segue completamente l’Europa e la linea Draghi, di sconfessione del governo italiano, ma furbescamente si posiziona a metà strada: non toglie all’Italia l’etichetta di Paese dal rating ancora accettabile, ma in compenso cambia le previsioni, nel senso che ci vede nero (quindi, un colpo al cerchio e uno alla botte). Sta di fatto, però, che gli ambienti finanziari americani non sono completamente allineati a quelli europei, e questo è un segnale da registrare. Un segnale non necessariamente positivo, ma nemmeno negativo come quelli degli ambienti finanziari europei.

Ne è consapevole, il nostro governo? Non ci mettono molto, a capirlo, se il loro unico neurone funziona. Poteva andare peggio, dite? No:“doveva” andare peggio, perché il “fratello” Draghi non se l’aspettava, questa botta. La sovragestione non è granitica, quei poteri discutono e litigano, hanno interessi diversi. Poi, l’Italia ha lanciato un messaggio giusto: perché, prima di questo giudizio, Conte è andato da Putin. Era un modo per non far emettere a Standard & Poor’s una sentenza negativa. Un verdetto totalmente negativo avrebbe avuto, come conseguenza, di far salire ulteriormente lo spread, o comunque di non farlo salire quanto sarebbe salito in caso di verdetto negativo. Un aiutino al governo? Per certi aspetti sì, ma è un aiutino basato sulle menzogne. Lo spread stesso è una menzogna. Soprattutto, vorrei contestare ufficialmente, a Draghi, di essere un bugiardo. Se rivelo pubblicamente la sua identità massonica, è perché lui stesso è venuto meno alle regole della massoneria.

Tutti quelli che stanno facendo questa operazione sono dei bugiardi: lo spread non può incidere sui risparmi degli italiani, che sono in euro, e l’euro non si è mai svalutato in vita sua. Quindi la smettano, di mentire. Quella sullo spread è una manipolazione, anche mediatica. Con Berlusconi gli era pure andata bene. Allora la cosiddetta opinione pubblica si allarmò molto. Questa volta lo spauracchio dello spread farà presa quasi solo nell’elettorato del PD? Bé, le iniziative giudiziarie allora intraprese nei confronti di Berlusconi mi sembrano di entità ben diversa, rispetto a quelle nei confronti di Conte, Salvini e Di Maio. All’epoca avevano creato il terreno, per la capitolazione. Dove porterà l’asse con Putin? Innanzitutto, Putin si è prestato ad aiutarci lanciando il segnale.

Poi, vedremo dove questo potrà portare. Standard & Poor’s è un organo occulto del governo americano. E’ un organo di governo, non un’entità indipendente come si vorrebbe far credere: ha sempre fatto quello che conviene al governo statunitense. Attraverso S&P, è come se il governo americano dicesse: attenzione, l’Italia appartiene alla NATO, quindi non possiamo permettere che l’emergenza induca gli italiani a stringere legami forti con i russi, quindi vediamo di fare qualcosa che non crei all’Italia una situazione straordinariamente difficile, costringendola poi a dichiararsi alleata di Putin in tutto e per tutto.

Trump e Putin? Hanno interessi comuni e interessi opposti. I loro rapporti sono molto controversi. Putin ha avuto interesse che Trump venisse eletto, anche perché Trump ha fatto un dispetto a tutti i partiti americani: era odiato dagli stessi conservatori, di cui pure fa parte; candidandosi, Trump aveva fatto un accordo sulla base della previsione di non essere eletto (non di esserlo: non se l’aspettava neanche lui, l’elezione). Poi lo scenario è cambiato, e adesso Trump deve difendersi anche da un’accusa di connivenza con i russi sulla sua elezione, quindi Trump e Putin devono anche mostrarsi ostili; ma la loro non è un’ostilità profondissima. Se lo stesso spread può essere considerato un’applicazione della sovragestione, un altro caso di sovragestione è quello della Banca Centrale Europea, che non è un organo politico né un organo democratico, eppure governa l’Europa.

Sempre a proposito di sovragestione: vi chiedete che fine ha fatto l’ISIS? E’ dormiente, prima o poi si sveglierà. Certo, ieri l’ISIS è stato usato per finalità oscure, di potere, e oggi non sta avvenendo. L’ISIS resta uno strumento: e la sovragestione non lo usa, uno strumento, quando non le serve. Sarebbe “utile”, da parte di qualcuno, rispolverare lo strumento degli attentati terroristici, magari per colpire l’Italia anche da quel lato? Secondo me, no: perché oggi il pericolo, per l’establishment, sono i partiti cosiddetti sovranisti, ed eventuali attentati targati ISIS li aiuterebbero. Piuttosto, consiglio al governo di non toccare i servizi segreti. Ho sentito parlare di rimozioni e sostituzioni, ma sarebbero un errore. Da anni, i servizi italiani sono leali verso lo Stato e straordinariamente efficienti: ci hanno risparmiato decine di attentati, lavorando per la nostra sicurezza quotidiana.

Gianfranco Carpeoro (dichiarazioni rilasciate nel corso della conversazione con Fabio Frabetti di “Border Nights” durante la diretta in web-streaming “Carpeoro Racconta”, il 27 ottobre 2018 su YouTube)

29/10/18
www.libreidee.org/2018/10/carpeoro-sp-lamerica-e-con-litalia-cioe-contro...
24/11/2018 04:17
 
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L’Italia non si inchina alla UE

Gli interessi sul debito pubblico esploderebbero. Le banche sarebbero in pericolo. Le aziende rimarrebbero senza liquidità e i capitali abbandonerebbero il Paese. In breve tempo, si instaurerebbe una spirale negativa. Mentre il sistema finanziario si avvierebbe verso il collasso, il governo “populista” italiano sarebbe costretto ad abbandonare le sue stravaganti promesse elettorali, abbassare i toni, e obbedire agli ordini della UE. O quantomeno, questo era il copione scritto da Bruxelles quando la Lega e il Movimento Cinque Stelle hanno preso il potere nella prima metà dell’anno. Ciò nonostante, l’Italia ha deciso di aumentare la spesa, sfidando le regole che la tengono soggiogata nell’euro. Il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha scritto al governo lettere di richiamo. “Le uniche lettere che accetto sono quelle di Babbo Natale” ha risposto Matteo Salvini, il Ministro degli Interni italiano e leader della Lega.

Un problema di copione

Nemmeno i “bond vigilantes” stanno seguendo il copione. I mercati finanziari non possono o non vogliono fare il lavoro di Bruxelles. Forse non dovremmo stupirci. Secondo lo standard dello scorso decennio, il bilancio presentato dal governo italiano non si può certo definire estremo. Qualche riduzione della tassazione e un po’ di spesa pubblica aggiuntiva spingerebbero il deficit al 2,4% del PIL. Solo qualche anno fa Paesi come il Regno Unito facevano deficit del 10% del PIL. Quindi il 2,4% non sembra proprio la fine del mondo. Tuttavia, le regole della moneta unica richiedono ai membri di non fare deficit eccessivi. E la commissione insiste che l’Italia debba rivedere il suo bilancio. Comprensibilmente, il governo ha rifiutato, e viene ora minacciato di sanzioni se non obbedisce. La verità è che una multa in più o in meno non sarebbe molto rilevante. Ma la bancarotta nazionale fa paura a qualsiasi governo, e dovrebbe imporre un cambio di politica. L’Italia ha un debito di 2.100 miliardi di euro, o 131% del PIL. Per alimentarlo, deve pagare miliardi di interessi ogni anno, e rinnovarlo quando arriva a scadenza.

Un significativo aumento nel costo del prestito, o la minaccia di tagliarla fuori dai mercati dei capitali, la metterebbero velocemente in ginocchio. È quanto accadde quando la Grecia sfidò la UE, e nel 2011 quando Silvio Berlusconi fu rimpiazzato dal tecnocrate pro-UE Mario Monti. Prima o poi i populisti vengono docilmente costretti all’obbedienza e la crisi è finita. Solo che stavolta non sta andando proprio così. Gli interessi sui bond italiani sono saliti e le azioni delle banche sono scese. Ma neanche lontanamente in modo catastrofico. Non esiste alcuna vera pressione sul governo perché ceda. Come mai? La prima ragione è che un bilancio moderatamente espansivo è una politica perfettamente sensata per l’Italia. Si tratta di un Paese che non è praticamente cresciuto nei due decenni da quando si è unito all’euro. Nell’ultimo trimestre, è riscivolato nella crescita zero e si trova a un passo dalla recessione. Ha un alto livello di disoccupazione, e un sacco di risorse economiche inutilizzate. Non c’è bisogno di essere John Maynard Keynes per concludere che un pò di spese pubbliche aggiuntive potrebbero essere appropriate quest’anno. È l’insistenza dell’UE nell’imporre altra austerità ad apparire estremista.

“Too big to fail”

Inoltre, le regole del gioco sono cambiate. Nell’ultima euro-crisi, non si sapeva se la Banca Centrale Europea sarebbe intervenuta. Gli investitori correvano un rischio concreto di default sui titoli greci e italiani. Quindi non stupiva che gli interessi andassero alle stelle. Ma con la Banca Centrale che attualmente sta stampando migliaia di miliardi di euro, oggi questo scenario sembra molto meno probabile. Infine, l’Italia è troppo grande perché possa fallire. Il suo debito potrebbe distruggere il sistema bancario di tutta Europa e potenzialmente innescare il collasso della moneta unica. I mercati lo sanno e quindi non faranno il lavoro al posto della UE così come lo fecero nel 2011 e nel 2012. Nelle prossime settimane il governo italiano potrebbe subire una sanzione tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Ma non verrà esclusa dai mercati e le sue banche non collasseranno. Proseguirà come se nulla fosse successo. Questo rappresenterà un grosso problema per Bruxelles. Non ci vorrà molto prima che i greci, gli spagnoli e in verità anche i francesi prendano atto che si può sfidare Bruxelles a piacimento, e non c’è molto che Bruxelles possa fare a riguardo.

Matthew Lynn
18 novembre 2018

Fonte: moneyweek.com/497889/italy-stands-up-to-the-eu/
vocidallestero.it/2018/11/22/moneyweek-litalia-non-si-inchina-...
03/12/2018 14:13
 
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Smantellato clan nigeriano di spacciatori tra Potenza e Napoli: 21 arresti

Ventuno misure cautelari sono state eseguite stamani dai carabinieri al termine di indagini su altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione a fini di spaccio di droga, proprio nel capoluogo lucano. Le misure cautelari sono state eseguite a Potenza, dove è stata sgominata «una cellula criminale nigeriana», a Napoli e in alcuni comuni della provincia di Potenza. Alcuni dei 21 indagati sono stati arrestati e saranno detenuti in carcere, ad altri è stato notificato il divieto di dimora. La base del clan era proprio a Potenza. Tredici cittadini nigeriani, richiedenti asilo ospiti di centri di accoglienza del Potentino, sono stati arrestati perché ritenuti responsabili di aver organizzato una «frenetica attività di spaccio» di eroina, hashish e marijuana (acquistate a Napoli) nel centro storico di Potenza. I carabinieri hanno eseguito anche otto divieti di dimora nel capoluogo lucano, a carico di persone sia italiane sia nigeriane. All’operazione, denominata «Level», hanno partecipato 120 Carabinieri e un elicottero del Nucleo di Pontecagnano-Faiano (Salerno) dell’Arma. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, sono cominciate nell’ottobre del 2017. I carabinieri hanno stabilito che al vertice del clan vi era un cittadino nigeriano, Samuel Dumkwu, che, grazie alla sua «posizione di supremazia», assicurava «un continuo rifornimento di sostanza stupefacente alla piazza di spaccio di Potenza», dove poi la droga veniva venduta: secondo l’accusa, ha agito con «criteri tipicamente imprenditoriali», rilevabili dalla «precisa ripartizione dei compiti affidati ai suoi connazionali». La droga veniva comprata a Napoli e ciò ha confermato l’"allarmante sinergia fra criminalità straniera e quella operante nell’area partenopea». Lo spaccio avveniva nel centro storico di Potenza, che il clan controllava in modo «monopolistico».

Avevano creato un meccanismo organizzato per lo spaccio di droga a Potenza, in prevalenza nel centro storico della città, diventando il riferimento “stabile” di consumatori e piccoli spacciatori: il gruppo era composto da cittadini nigeriani, tutti richiedenti asilo per motivi umanitari, in Italia da circa tre anni e ospitati in alcune strutture del capoluogo lucano, per i quali sono state emesse 18 ordinanze di custodia cautelare (di cui 13 in carcere e otto divieti di dimora). I particolari dell’operazione «Level», condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura e dai Carabinieri del nucleo investigativo, sono stati illustrati stamani nel corso di una conferenza dal Procuratore, Francesco Curcio, dal PM Antonio Natale e dal Comandante del Comando Provinciale dei Carabinieri, il Colonnello Nicola Albanese. Nel corso dell’operazione sono stati impiegati 120 militari, un elicottero e tre unità cinofile. L’organizzazione, diventata il riferimento della droga in città, era guidata da un nigeriano che si occupava dei «rifornimenti» a Napoli, in prevalenza eroina, hashish e marijuana: lo stupefacente veniva poi consegnato agli spacciatori, sempre nigeriani, per essere venduto nel centro storico e nella villa di Santa Maria, a volte anche a piccoli spacciatori italiani, con un giro di affari di molte migliaia di euro al mese. Il Procuratore ha evidenziato la difficoltà delle indagini, in quanto «gli spacciatori comunicavano in un dialetto del delta del Niger», e non avevano mai addosso grandi quantità di droga:“Non solo l’eroina era pericolosa per i composti chimici con cui era tagliata”, ha aggiunto Curcio, “ma il gruppo si era ormai 'insediato' nella città in cui era ospitato, per altro in strutture pubbliche, ovvero due hotel del centro e alcune abitazioni».

27 Novembre 2018
www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1085166/potenza-smantellato-clan-nigeriano-di-spacciatori-21-arre...
13/01/2019 11:27
 
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Soros ha chiesto a Timmermans, vice di Juncker, di attivarsi per fare arrivare la Troika a Roma. Ma gli è andata ancora buca

In vista delle prossime elezioni europee, George Soros, 88 anni, attivissimo nonostante l'età anche sul fronte politico europeo, dove non ha mai nascosto la propria simpatia per i partiti socialdemocratici, è stato tra i primi a incontrare l'olandese Frans Timmermans, 57 anni, subito dopo che, in novembre, i partiti socialisti europei l'avevano designato quale spitzenkandidat, ovvero quale candidato alla Presidenza della Commissione UE in caso di vittoria del gruppo S&D (Socialisti e Democratici) nelle elezioni per il Parlamento Europeo. Timmermans, 57 anni, è uno degli attuali vice di Jean-Claude Juncker, è stato un diplomatico ed ex Ministro degli Esteri dell'Olanda, parla diverse lingue compresa quella italiana (da ragazzo ha studiato a Roma), ed è stimato per le doti personali di abile tessitore politico ai più alti livelli, anche con i leader dei partiti europei diversi dal suo. Soros lo ha incontrato alla fine del novembre scorso a Bruxelles: un meeting riservato, che però non è sfuggito ad alcuni giornalisti, che ne hanno dato la notizia. Tra questi, il corrispondente del Corriere della Sera, Ivo Caizzi, che il 3 dicembre segnalò l'incontro nella rubrica che tiene sul supplemento economico del Corrierone, con una nota intitolata «Imbarazzo a Bruxelles per la visita di Soros». Il motivo dell'imbarazzo? In quei giorni era in corso la trattativa tra il governo italiano e la Commissione UE sulla manovra di bilancio 2019 del nostro Paese, e alcuni corrispondenti da Bruxelles chiesero alla portavoce della Commissione UE, Natasha Bertaud, se anche questo tema fosse stato affrontato nel colloquio tra Soros e lo spitzenkandidat socialista. «Non posso né confermare, né smentire», rispose imbarazzata la portavoce. Una frase diplomatica che, di solito, serve più a confermare che a smentire. Grazie a una fonte confidenziale vicina a Timmermans, posso ora aggiungere che la manovra italiana è stata uno dei principali argomenti di quel colloquio.

Senza tanti preamboli, Soros chiese a Timmermans di attivarsi perché la Commissione UE bocciasse la manovra italiana, aprendo la strada alla Troika. Il terreno sui mercati, con il rialzo dello spread, era già stato preparato. Mancava solo il colpo finale. E in questo la componente socialdemocratica della Commissione UE, insieme a quella del Parlamento Europeo, poteva giocare un ruolo decisivo, vuoi per la propria collocazione antipopulista e antisovranista rispetto al governo di Roma, ma anche perché debitrice a Soros e alla sua Open Society Foundation di un sostegno generoso, quanto dichiarato: è noto infatti che in un recente bilancio della Open Society era compreso un elenco di 226 eurodeputati (sui 751 dell'attuale Parlamento Europeo) definiti «alleati affidabili», per lo più facenti parte del gruppo S&D. Per la verità, chiedere l'invio della Troika in Italia è da anni un pallino fisso di Soros. Ne sa qualcosa anche Mario Monti, che di recente, durante una puntata di Otto e Mezzo, ha raccontato che nel 2012, quando era Premier, Soros lo chiamò al telefono per complimentarsi e chiedergli di chiamare la Troika a Roma, cosa che Monti si rifiutò di fare, se non altro per non smentire il decreto «Salva Italia» da lui appena varato. La stessa risposta, un secco no, Soros l'ha ricevuta anche da Timmermans, con argomentazioni molto semplici: la bocciatura della manovra italiana avrebbe aperto una crisi finanziaria drammatica, con ripercussioni in tutta l'Europa, comprese Germania e Francia. Un rischio che nessun capo di governo intendeva correre, tanto meno Angela Merkel e Emmauel Macron, con i quali Timmermans si consulta regolarmente. La Merkel, a inizio dicembre, aveva problemi molto seri non solo di politica interna (soprattutto la successione alla guida del suo partito), ma anche di tipo finanziario, con le due maggiori banche tedesche in gravi difficoltà. Un guaio, quest'ultimo, tutt'altro che superato. Quanto a Macron, era già iniziata la rivolta dei gilet gialli, e per cercare di sedarla stava meditando di andare ben oltre il 2,4% di deficit chiesto dall'Italia, arrivando al 3,5%.

Due ragioni più che sufficienti, spiegò Timmermans a Soros, per trovare un compromesso con l'Italia volto a calmare i mercati, sia pure tenendo le briglie corte, con l'annuncio di controlli più severi dell'UE sull'Italia nella prossima primavera. Che questa fosse la linea della Commissione UE, lo confermò dopo la visita di Soros anche Valdis Dombrovskis, leader dei commissari più duri con l'Italia, che giudicò ancora insufficiente l'apertura del Premier Giuseppe Conte a ridurre il deficit, apertura tuttavia sui cui Merkel e Macron avevano espresso apprezzamento. Ancora pochi giorni di manfrina, e prima di Natale l'accordo sul 2,04% di deficit era cosa fatta. Per Soros, una sconfitta politica. Non solo. Poiché si tratta di un noto speculatore, che da tempo punta sulla Troika in Italia e sugli inevitabili effetti devastanti sul sistema bancario e finanziario, da cui trarre profitto, la sconfitta è stata duplice. Notazione a margine. In base allo scenario appena descritto, potrebbe risultare più agevole la lettura dello scontro che si è verificato all'interno del Corriere della Sera tra il corrispondente da Bruxelles, Ivo Caizzi, da una parte, e dall'altra l'editorialista Federico Fubini e il Direttore Luciano Fontana, accusato da Caizzi di avere dato spazio soprattutto agli articoli di Fubini sull'imminenza di una procedura di infrazione contro l'Italia, rispetto a quelli provenienti da Bruxelles sul prevalere del dialogo. Fubini siede nell'European Advisory Board della Open Society di Soros, e fa parte della task force della Commissione UE contro le fake news. Il sito della Open Foundation, nel tesserne le qualità, certamente gradite a Soros, lo definisce «un influente opinion maker nel suo Paese». Resta però un fatto: i titoli del Corriere, che più volte hanno annunciato come imminente la procedura d'infrazione contro l'Italia, al dunque, si sono rivelati fake news.

Tino Oldani
11/01/2019
www.italiaoggi.it/news/soros-ha-chiesto-a-timmermans-vice-di-juncker-di-attivarsi-per-fare-arrivare-la-troika-a-roma-ma-gli...
19/02/2019 00:32
 
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A Verhofstadt è partito l'embolo di LNG. Il ‘burattino’ Conte non c'entra

Non so se qualcun altro l’ha già scritto. La ragione del rabbioso attacco di Verhofstadt a Conte sta esattamente nelle sue parole dal minuto 0:34 al minuto 1:04, ed è un embolo di gas LNG, piuttosto raro fra gli umani, ma non fra quelli come lui. Roba da tanti, ma tanti soldi:

www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=kvKglh6C01c

Al belga sono rimasti piantati a metà trachea il Venezuela e Putin, e soprattutto la mite posizione italiana su di essi. Per questo ci odia, e, ancor più di lui, ci odia la Exmar, che come avrete di certo letto sui giornali è la Corporation navale belga che gli paga le parcelle, mentre 'sto lobbista siede a fare il parlamentare europeo. Una storia multimiliardaria di LNG (gas naturale liquefatto), le cui maggiori comparse sono: un incontro dell’ottobre 2017 fra Putin e l’iraniano colosso petrolifero NIOC; un contratto andato in malora l’anno precedente fra la Exmar e la canadese Pacific Exploration & Production Corporation in Colombia; la Carribean FLNG, che è la mega chiatta per la lavorazione e il trasporto del LNG strapagata dalla Exmar, che oltretutto se la fece recapitare dalla Cina con l’ambizione di farci una montagna di soldi, ma rimasta piantata ad arrugginirsi per via del sopraccitato contratto andato a vuoto e anche di un secondo contratto andato a puttane, poi graziata all’ultimo dall’odierno arcinemico latino-americano del Venezuela, cioè il Presidente argentino Macri; l’ENI che si lavora il LNG di Maduro mentre i belgi della Exmar schiumano alla bocca per vederlo morto. Il Belgio è un Paese di sfigati, che dopo aver ammazzato 11 milioni di congolesi, per rimanere poi a mani vuote, circa 130 anni fa (il cobalto e il coltan, che oggi nell’IT e nella Smart TV-Smart Phones Industry valgono più dei diamanti, se li sono presi i Kabila, l’americana Glencore e gli israeliani), si sono distinti di recente per aver avvelenato i maiali di tutt’Europa con la diossina, e poi sono rimasti sfigati.

Possono vantare solo quella cloaca di politica autocratica e infestata di lobbies che è Bruxelles, ma mica tanto altro. La loro Exmar è dal 1981 che si è fatta un nome nel mondo per i servizi di trasporto navale e di rigassificazione soprattutto di gas naturale, che viene trasformato in LNG. Ne vanno fieri, e che ci sia un Paese in UE che non solo gli piscia in testa sugli idrocarburi con l’ENI, ma che è pure ‘amico’ di due giganti odiosi per la Exmar nel business LNG come Russia e Venezuela, bè, questo per Verhofstadt e per le ambizioni smisurate di chi ce l’ha a busta paga, la Exmar appunto, è stato troppo. Fra poche righe capirete il perché. Tutto il resto della sua sparata su Italia vs UE, immigrazione, gran valori di Spinelli, Ciampi e Bonino, la recessione, i populismi, sono stati pretesti. Contano i soldi, follow the money, eh? Un po’ di background in breve. Dunque, nel luglio 2017 i padroni di 'sto Verhofstadt, la Exmar, si fanno recapitare dall’altra parte del pianeta questa mega chiatta chiamata Carribean FLNG che avevano costruito a costi stratosferici nella speranza di concludere un accordo multimilionario con l’Iran. Ma nel novembre successivo la Gazprom di Putin arriva a Tehran, incontra la NIOC (la regina degli idrocarburi iraniana) e di colpo tutto per la Exmar va storto. L’Iran, si disse allora, avrebbe usato altri vascelli per il LNG, quelli norvegesi, e gli oleodotti russi dell’amico Vladimir. Questo aprì ulcere gastriche in Belgio dove ci passava un pallone da calcio, soprattutto perché era la seconda volta che la super chiatta della Exmar veniva cestinata con milioni di dollari di perdite: era successo nel 2016 nel sopraccitato flop in Colombia in associazione con la fallita canadese Pacific Exploration & Production Corporation.

I padroni di Verhofstadt ora hanno buchi contabili che si vedono dalla Luna con sta mega chiatta Carribean FLNG piantata sul gozzo, mentre altri si stanno spartendo l’immane mercato del gas LNG. Putin è il target N.1 dell’odio della Exmar, e non solo per la faccenda dell’Iran del 2017, ma anche perché in tutto l’affare Nord Stream 2 (il super gasdotto dalla Russia alla Germania) le mega chiatte della Exmar e tutti i suoi servizi aggiunti per il trasporto del gas LNG sono ovviamente tagliati fuori. La Corporation belga e il suo scagnozzo lobbista Verhofstadt sono impotenti contro Mosca in UE. Per ovvi motivi ‘l’amico del tuo nemico è il tuo nemico’, cioè tradotto: l’Italia di Salvini, che è di casa in Russia, diventa oggetto d’odio alla Exmar-Verhofstadt. Ma non solo. C’è il Venezuela. Caracas, come si sa, è un colosso di idrocarburi, ora ingabbiato dalle sanzioni Obama-Trump, ma lo stesso una miniera d’infinite ricchezze, anche di gas LNG. Infatti si sappia che, sorprendentemente, uno del 10 maggiori esportatori al mondo di LNG è Trinidad & Tobago nei Caraibi, ma la sua vera fonte è la compagnia petrolifera di Stato di Caracas, la PDVSA. A Bruxelles gli ulcerati della Exmar stanno solo a guardare tutto quel ben di Dio in mano al “socialista” Maduro, a cui loro non hanno significativi accessi, mentre l’ENI sì, eccome. Sti italiani, di nuovo in mezzo alle palle, eh? Allora che si fa? Bè, com’è noto, nell’America Latina esiste oggi un gruppo di Nazioni totalmente a baciapile di Washington che si chiama il Gruppo di Lima, e chi le capeggia? L’Argentina del Presidente Macri.

E allora, si dicono gli ulcerati della Exmar a Bruxelles, dove la piazziamo 'sta emorragia di milioni di dollari che si chiama super chiatta Carribbean FLNG? Eh, da un signor nessuno mondiale del gas LNG, cioè proprio da Macri, ma la rinominiamo Tango FLNG, giusto per smussare un pò le figurette di cacca del passato. E giù a ingoiare magoni, loro e il loro servetto Verhofstadt. Insomma, quello che doveva essere per i padroni di Verhofstadt l’inizio di un business multimilionario nel 2016, finisce a far da carretta per il mediocre business del LNG in Argentina, mentre è proprio l’Italia che ostacola l’appoggio dell’infame UE al golpe americano in Venezuela, che avrebbe aperto ogni singolo rubinetto di petrolio e gas LNG agli USA e ai Verhofstadt-Exmar-Bruxelles per mano del cagnolino di Washington, Juan Guaidò. Poi Salvini che strizza l'occhio a Putin, quello dei due mega calci in culo alla Exmar e al suo prezzolato Verhofstadt… dai, le ulcere di 'sti belgi non hanno retto. Non so se serve sapere altro. Non credo. Ora sapete che significava il bau-bau di 'sto cane da guinzaglio. Poi, lo ribadisco, Conte non Conta in effetti una mazza, ma con 'sta storia i burattini non c’entrano proprio per nulla.

Paolo Barnard
paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2133
19/02/2019 01:07
 
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Fallimento delle cooperative, genitori di Matteo Renzi agli arresti domiciliari



Sono agli arresti domiciliari i genitori dell'ex Premier Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, lo rende noto il Corriere della Sera (https://www.corriere.it/cronache/19_febbraio_18/tiziano-renzi-laura-bovoli-papa-mamma-matteo-renzi-arresti-domiciliari-730ce7b0-33ab-11e9-8ba2-1cae66b0283a.shtml). I reati a loro imputati risultano essere bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. La Guardia di Finanza ha provveduto alla cattura dei genitori dell'ex Premier. Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono accusati di aver provocato «dolosamente» il fallimento di tre cooperative dopo averne svuotato le casse, ricavando così in maniera illecita svariati milioni di euro. Sono aziende collegate alla "Eventi 6", la società di famiglia già finita sotto inchiesta proprio per una gestione allegra e la sparizione di fondi. Con loro è stato arrestato anche Gian Franco Massone, vicepresidente di una delle coop.

18.02.2019
it.sputniknews.com/italia/201902187298345-Fallimento-delle-cooperative-genitori-di-Matteo-Renzi-agli-arresti-domiciliari/?fbclid=IwAR1IgUC_so0ZVZ6CYYdmiCqr0fX68DF-bTC_8PP1gkEXX1zZpcO...
07/03/2019 18:24
 
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Mutuo per la casa mai così basso. Ehm, e lo spread?

Ogni tanto il Sole24Ore fa più ridere di Cuore o del Vernacoliere. Dopo averci sfracellato gli ammennicoli con l’incubo dello spread, ora il maggior quotidiano finanziario d’Italia pubblica uno studio dove URLA che i mutui per le case non sono mai stati così bassi. Il report non è affatto di bassa qualità, perché prende in esame i maggiori gruppi bancari italiani e li mette in tabella. In estrema sintesi, secondo il Sole, i mutui a tasso variabile per acquistare la casa in Italia hanno una forbice che va dall’1,20 all’1,40 per cento. I tassi fissi, invece, possono andare dall’1,80 ad un massimo del 2 per cento. Ricordo, per chi non lo sapesse, che il tasso variabile è quel tasso che la banca fornitrice del credito chiede al cliente sulla scorta dell’andamento dei valori dell’indice Euribor e che a sua volta dipende del tasso ufficiale fissato dalla BCE e dai prestiti concessi dalle altre banche in Europa, mentre il tasso fisso si riferisce ad una media ponderata dei valori Euribor-Eurirs cristallizzati al momento della stipula del contratto di mutuo. Come sanno anche i sassi, lo spread, cioè la differenza tra il rendimento dei BTP italiani ed i Bund tedeschi, non è correlato all’Euribor. Come recita la Bibbia dei liberisti italiani:“Se lo spread BTP-Bund sale, chi sta pagando un mutuo a tasso variabile non vede aumentare la propria rata. E non deve pertanto cadere in facili allarmismi. Anzi, paradossalmente, può valere il contrario. Perché se lo spread dovesse salire ulteriormente e la tensione in Italia dovesse trasformarsi in un attacco speculativo e a sua volta questo attacco speculativo dovesse contagiare altri Paesi dell’Eurozona a tal punto da compromettere la crescita economica, a quel punto è ragionevole supporre che la BCE possa essere spinta a rimandare i tempi di una stretta monetaria (rialzo dei tassi). E quindi questo scenario di allarme (non all’orizzonte al momento, va detto) sul mercato obbligazionario potrebbe addirittura contribuire a tenere basso l’Euribor per ancora più tempo”
Fonte: www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-10-03/mutui-perche-non-c-e-correlazione-spread-btp-bund-ed-euribor--181504.shtml?uuid=...

finanza-mercati.ilsole24ore.com/spread.php?QUOTE=spread-btp&re...

Queste cose, che sanno tutti gli economisti onesti, sono state rovesciate dai media nei mesi scorsi, con lo spread tornato ai livelli del 2013, e cioè a quota 300. Ora il Sole fa ulteriore chiarezza e occorre riconoscerlo. Lo spread, infatti, è cresciuto dell’1 per cento in più rispetto allo scorso anno, e si mantiene su livelli alti. Mentre scrivo, ad esempio, è a quota 253 punti. Ma i mutui sono a minimi storici, come riporta il quotidiano di confindustria, e dunque era una bugia che sarebbero saliti i costi dei mutui, come ripetuto su Micidial fino alla nausea. Ora abbiamo tutti i dati che lo comprovano. L’atteggiamento della carta stampata su questo argomento è consolante. Significa che la satira non è morta.

Massimo Bordin
05/03/2019
micidial.it/2019/03/mutuoperlacasamaicosibassoehmelospread/fbclid=IwAR3dvodbrqOjRlaPdh0EsT5Lr9LQ_WxuXKUe6Z4XxBLkxKmVOwU...
26/03/2019 19:52
 
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La visita di Xi Jinping a Roma vale più di quella a Parigi, al di là dei numeri

Dopo le visite ufficiali compiute tra Italia, Francia e Principato di Monaco, Xi Jinping sta ripartendo, in queste ore, a bordo del suo aereo alla volta di Pechino con una valigetta piena zeppa di documenti firmati. Guardando alle cifre nell'immediato, è senz'altro vero che in Francia il leader cinese ha concluso accordi di valore molto superiore, per circa 40 miliardi di euro, contro i 2,5 miliardi di quelli sottoscritti nel nostro Paese. Eppure, gran parte del giro d'affari derivato dalle intese firmate a Parigi chiama in causa ordini pregressi per 300 aerei, nel quadro di un singolo accordo tra il consorzio europeo Airbus e China Aviation Supplies Holding Company per la fornitura, nel dettaglio, di 290 A320 family e 10 A350 wide-body. Oltre ad essere ben più diversificato, il memorandum firmato a Roma può vantare un potenziale stimato sino a 20 miliardi di euro, con effetti indiretti, ovviamente al momento non quantificabili, provenienti anche da alcuni degli accordi istituzionali, come quello sulla cooperazione fra start-up innovative, quello sul gemellaggio tra siti UNESCO o quello riguardante la collaborazione fra agenzie spaziali nell'ambito della missione China Seismo-Electromagnetic Satellite 02. Nel suo colloquio di venerdì scorso con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale, Xi Jinping ha anche annunciato che l'Italia sarà invitata quale Paese ospite d'onore alla prossima China International Import Expo di Shanghai, il nuovo evento-clou con cui Pechino sta cercando di incrementare le importazioni di beni e servizi di fascia medio-alta dall'estero.

La prima edizione dello scorso novembre aveva già visto la delegazione italiana, guidata dal Ministro Di Maio, concludere significativi contratti, in particolare per quel che riguarda tre colossi della nostra industria strategica: Fincantieri, che si occuperà di realizzare un hub crocieristico nel distretto di Baoshan, a Shanghai; Leonardo SPA, con il suo distributore elicotteristico cinese, Sino-US Intercontinental Helicopter Investment (Sino-US), per la fornitura di 15 elicotteri AW139; e Ansaldo Energia, chiamata a fornire la prima turbina a gas GT36 alla centrale a ciclo combinato di Minhang in Cina. Insomma, se i freddi numeri non sono (ancora) dalla parte dell'Italia, è in realtà il significato (geo)politico della visita di Xi Jinping ad aver rappresentato un dirompente elemento di novità nella politica europea. Nonostante le critiche e le banalizzazioni del mondo politico di casa nostra, la delegazione cinese ha trascorso una parte significativa del suo tempo (poco meno di tre giorni) fra Roma e Palermo, per firmare un memorandum d'intesa composto da 10 accordi di carattere economico-commerciale, che coinvolgono nomi del calibro di ENI, SNAM, CDP, Ansaldo Energia, ICE-Agenzia, Intesa Sanpaolo e Gruppo Danieli, e 19 di carattere istituzionale, facendo dell'Italia il primo e finora unico Paese del G7 ed il secondo dell'Europa occidentale, dopo il Portogallo, ad aver aderito all'iniziativa Belt and Road (BRI), lanciata dallo stesso Presidente cinese nell'autunno del 2013 dal palco dell'aula magna dell'Università Nazarbayev di Astana, in occasione di una visita in Asia Centrale, crocevia dell'antica Via della Seta.

In particolare sono tre gli accordi, uno istituzionale e due economici, ad aver catalizzato l'attenzione internazionale nei giorni scorsi. Il primo vero nodo sciolto dal memorandum è l'adesione di Roma alla Cintura Economica della Via della Seta e all'Iniziativa per una Via della Seta Marittima del XXI secolo, ovvero le due componenti (una terrestre e l'altra navale) della BRI. Questa decisione, per molti aspetti storica, incrementerà non solo la cooperazione commerciale bilaterale fra Italia e Cina ma coinvolgerà anche i cosiddetti "Paesi terzi", un capitolo ancora scarsamente esplorato che, attraverso la BRI, va attualmente a coinvolgere circa 70 Nazioni nel mondo, in regioni ad alto potenziale di sviluppo come il Sud-Est Asiatico, l'Estremo Oriente Russo, l'Asia Centrale, il Caucaso, il Medio Oriente e l'Africa Orientale. In questo senso, il memorandum firmato a Roma include già l'installazione congiunta italo-cinese, tra Danieli & C. Officine Meccaniche e China CAMC Engineering, di un complesso siderurgico integrato in Azerbaigian. Gli altri due accordi di grande impatto sono quelli, di natura infrastrutturale e logistica, relativi alla cooperazione che vedrà China Communications Construction Company (CCCC), il colosso edilizio cinese da 70 miliardi di dollari di fatturato e circa 118.000 dipendenti, lavorare al fianco dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale-Porti di Trieste e Monfalcone, da un lato, e del Commissario Straordinario per la Ricostruzione di Genova e dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, dall'altro.

Dopo almeno tre anni a discutere soprattutto su Venezia, fino a quel momento indicata quale snodo intermodale delle due direttrici della nuova Via della Seta in quasi tutte le mappe del progetto intercontinentale che circolavano nei siti specializzati, alla fine sono state Trieste e Genova a spuntarla in una competizione fra hub portuali che comunque appariva già segnata da almeno un anno in favore della città giuliana e di quella della Lanterna, grazie a condizioni geografiche e logistiche più vantaggiose rispetto a quelle presenti a Venezia, che sarà comunque sempre più meta imprescindibile per la crescente mole di turisti cinesi in visita nel nostro Paese. Il lavoro svolto nel corso degli ultimi anni, spesso persino a livello di amministrazioni ed enti locali, per aumentare la competitività e l'attrattività dei due scali, è proseguito a ritmi serratissimi con la realizzazione di nuove infrastrutture e l'accensione di servizi pensati per il trasporto intermodale avanzato, come il Polo di Trieste Airport, il debutto di nuovi voli dall'Aeroporto Internazionale "Cristoforo Colombo" di Genova o il collegamento ferroviario commerciale con la Cina dell'Interporto di Mortara, in provincia di Pavia, un centro particolarmente strategico della Lomellina, nel cuore del vecchio triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Sullo sfondo, malgrado qualche difficoltà, entro l'anno dovranno riprendere a pieno ritmo (come annunciato dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini) i lavori per la realizzazione della tratta ad alta velocità Brescia-Padova, che, una volta completata, consentirà finalmente un collegamento rapido diretto tra Torino, Milano e Venezia, cioè tra l'ovest e l'est del Nord Italia.

Più estesamente, è opportuno interpretare il memorandum d'intesa Italia-Cina nel quadro di un meccanismo che vede il nostro Paese porre fondamentali basi per poter tornare a recitare un ruolo di primo piano sul Mediterraneo e nel mondo, dopo almeno venticinque anni di ridimensionamento e marginalità nel quadro europeo, rispetto ad un processo decisionale evidentemente sbilanciato sull'asse Berlino-Parigi ed impostato sulla base di una concezione anacronistica dell'Europa. Malgrado i sorrisi ed il clima cordiale di Parigi, a Xi Jinping non sono certamente sfuggite le parole del Presidente transalpino Emmanuel Macron quando, nei giorni della visita in Italia, ha detto chiaramente di considerare la Cina un partner ma allo stesso tempo anche un "rivale sistemico" dell'UE, dando corda per l'ennesima volta ad un europeismo ambiguo, ancorato acriticamente al quadro atlantico, incapace di uscire dai vecchi schemi della Guerra Fredda e di guardare ad est senza sospetto e diffidenza. Se la polemica Roma-Parigi andrà comunque smorzata per il bene delle relazioni italo-francesi e la stabilità europea, c'è senz'altro del vero nelle parole di Di Maio quando afferma che il monito dei partner all'Italia affinché rinunciasse alla firma del memorandum nascondeva, in realtà, fra le righe un "richiamo all'ordine" che il nostro Paese, tuttavia, non può più accettare se vuole uscire da un'ormai cronica crisi occupazionale e da una condizione di subalternità che per troppo tempo gli ha impedito di dare sostanza e continuità ai suoi naturali vettori mediterranei e balcanici di politica estera. Chissà che, alla fine, un abbraccio con il piccolo puparo siciliano non valga più di un brindisi a base di champagne.

Andrea Fais
26 Marzo 2019
agenziastampaitalia.it/politica/politica-estera/44795-la-visita-di-xi-jinping-a-roma-vale-piudi-quellaaparigialdiladeinumerifbclid=IwAR3AZMi5VfyhFIInfMD16yCqpGyqDPHqBh0_R8TDtBp3vpgXDz...
13/04/2019 01:10
 
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La Class Action è legge

Con emozione e con orgoglio vi comunico che hanno appena approvato al Senato in via definitiva la legge sulla Class Action. È un’emozione importante per me. Ve lo confido perché è una delle prime proposte di legge che ho presentato nella scorsa legislatura e oggi è diventata legge. Perché la Class Action è importante per tutti i cittadini italiani? Avrete visto probabilmente il film Erin Brockovich, in cui la protagonista era Julia Roberts, che raccontava di cittadini che riuscivano ad unirsi e a fare causa contro un Colosso economico. Ecco, la Class Action in Italia fino ad ora era limitatissima, rivolta soltanto ai consumatori, e tra l’altro aveva diversi paletti che l’avevano resa praticamente inutilizzabile nel corso degli anni. Noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo fatto diventare la Class Action uno strumento generale. I cittadini, ogni volta che viene leso un loro diritto, possono unirsi, se ci sono chiaramente i presupposti, e far valere i loro diritti tutti insieme. Questo è importante perché dà la possibilità a tanti cittadini, che da soli sarebbero deboli, di unirsi e diventare forti, magari nel caso in cui dall’altra parte ci sia un soggetto economicamente molto potente. Ci sono cittadini che da soli non farebbero mai una causa. Oggi quei cittadini hanno la possibilità di far valere i propri diritti. Un punto importante è che questo strumento non vale soltanto per il privato cittadino ma anche per le imprese. Noi con questa legge diamo la possibilità di unirsi anche ai piccoli imprenditori, per esempio, se un loro diritto è stato leso.

Tra l’altro, mentre fino ad ora un’impresa che decideva di comportarsi scorrettamente aveva la possibilità di pensare “mai nessuno singolarmente mi farà causa”, adesso sarà disincentivata a pensarlo. Si tratta di un incentivo per tutte le imprese a comportarsi correttamente. In Italia la stragrande maggioranza degli imprenditori lavora correttamente, non ci sono dubbi, ma proprio a tutela di quegli imprenditori onesti noi dobbiamo fare in modo che non ci possa essere nessuno che decide di mettere in atto sul mercato una pratica scorretta. Perché quell’impresa adesso saprà che c’è la legge sulla Class Action e che quindi i cittadini possono agire per far tutelare i loro diritti. Non solo. Con la Class Action non avremo meno processi, proprio perché i cittadini possono agire insieme. Lanciamo un messaggio importante, perché noi non dobbiamo convincere i cittadini a non far valere i loro diritti per liberare le aule giudiziarie. Dobbiamo dire loro:“Vi potete unire e fare valere i vostri diritti tutti insieme” e a questo punto tanti processi diventeranno soltanto uno. Le cause possono essere di diverso tipo, dal classico problema in bolletta di una compagnia telefonica al danno ambientale che lede i diritti alla salute di diversi cittadini. Chiaramente la magistratura valuterà caso per caso, però questo è uno strumento importante. Voglio ricordare che nella scorsa legislatura c’era una mia proposta di legge alla Camera dei Deputati. Venne approvata all’unanimità. Poi, tre giorni dopo, Maria Elena Boschi, non so a nome di chi, disse che quella legge andava rivista. Era un segnale chiaro, dal mio punto di vista. Comunque i fatti dicono che quella legge si è arenata per circa 3 anni al Senato.

Adesso, con il nostro governo, in 9 mesi il provvedimento è stato incardinato e, voglio sottolinearlo, non si è trattato di un decreto legge, ma di un disegno di legge di iniziativa parlamentare e si sono tenute le audizioni con gli addetti ai lavori che sono venuti a dare il loro contributo. Il Parlamento ha potuto esaminare e votare la legge con i tempi necessari. In nove mesi la Class Action ha iniziato il suo percorso ed è diventata legge. Era un punto del contratto di governo. Contratto di governo che viene realizzato in pochissimo tempo. Nelle prossime ore, alla Camera, ci sarà la prima lettura per l’approvazione della legge sul Codice Rosso e il pacchetto antiviolenza sulle donne: un’altra sfida importante. Un altro punto del contratto di governo che ci teniamo ad approvare in tempi rapidissimi. Lo ribadisco sempre con orgoglio e con emozione, faccio parte di un governo che ha deciso di mettere la Giustizia tra le vere priorità dei cittadini italiani.

Alfonso Bonafede
3 aprile 2019
www.ilblogdellestelle.it/2019/04/la-class-action-e-le...
14/04/2019 19:35
 
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L’Italia va meglio della Germania. Qui la produzione è in crescita
Parla l’economista Rinaldi:“Col PD staremmo peggio. Il governo sta facendo più dei suoi predecessori”

“Se andiamo a vedere i dati della produzione industriale, mentre è in caduta libera quella tedesca, in Italia è stata positiva sia a gennaio che a febbraio”. Per il professor Antonio Maria Rinaldi (papabile ad una candidatura con la Lega alle elezioni europee) l’economia italiana sta meglio di come ci raccontano.

I numeri contenuti nel Documento di Economia e Finanza hanno fatto gridare in molti che l’Italia va malissimo, cosa ne pensa?
“Questo bisognerebbe dirlo al vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, che dice che ‘se l’Italia è la lumaca d’Europa la colpa è di questo Governo’; evidentemente è un novellino sulla scena politica internazionale per non essersi accorto che l’Italia è dal 2000 il fanalino di coda della UE. Se non se ne è accorto fino ad ora mi preoccupo. Eppure è il vicepresidente della Commissione Europea. Siamo stufi di prendere rimbrotti da persone incompetenti. La Germania cresce dello 0,8%, mentre l’Italia cresce dello 0,2, ma fino a poco tempo fa la Germania viaggiava sull’1,9 e noi all’1%, questo significa che il divario si è ridotto”.

Però non è un gran risultato, o sbaglio?

“Se andiamo a vedere i dati della produzione industriale, mentre è in caduta libera quella tedesca, in Italia è stata positiva sia a gennaio che a febbraio. Quindi di cosa stiamo parlando”.

Cosa pensa dell’andamento della Borsa di Milano dall’inizio di quest’anno?

“Piazza Affari continua a crescere in maniera sostenuta, questo significa che i mercati danno delle valutazioni diverse rispetto a queste dichiarazioni di Dombrovskis, che sanno tanto di contenuto politico ed elettorale visto”.

Oggi l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nel validare le previsioni del DEF, ha messo però sull’avviso dal rischio di un peggioramento dell’economia internazionale, e di quella italiana. Quale può essere l’impatto di queste valutazioni sulla Borsa?
“Io credo che i mercati, da questo punto di vista, siano molto più razionali dei commenti politici. In Italia, dal 4 marzo dell’anno scorso, si è creato un partito dello spread che rema contro questo Paese. E’ chiaro che sono tutti sordi e ciechi nel constatare che c’è una recessione a livello mondiale che coinvolge tutti i Paesi. E l’Italia non ne è esente. Sono convinto che se al governo ci fosse l’opposizione questi numeri sarebbero anche peggiori. D’altronde un grosso errore dei precedenti esecutivi è stato quello di aver riposto, quasi esclusivamente, nell’export il vantaggio dell’economia italiana, trascurando completamente i consumi interni”.

Caris Vanghetti
12 aprile 2019
www.lanotiziagiornale.it/italia-va-meglio-della-germania-qui-la-produzione-e-in-crescita-parla-economista-rinaldi/?fbclid=IwAR1pyBv6g6dM8zkLHH4GKKSibUhbFVI88xrJEri8pOQTDPckmlnbkIn2CeE#.XLBuN9lAa2g...
29/04/2019 00:51
 
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Incremento record per l’agro-alimentare italiano in Cina

Incremento da record per l’agro-alimentare italiano in Cina, che fa segnare un aumento del 17% delle esportazioni nel 2019 rispetto al 2018. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti, basata sui dati ISTAT relativi al mese di gennaio, divulgata in occasione della visita del Premier Giuseppe Conte in Cina. Un dato che conferma e migliora la tendenza in atto da anni con le esportazioni di prodotti agroalimentari di casa nostra in Cina, che hanno raggiunto nel 2018 il record storico di 439 milioni di euro. Un valore che è più che triplicato negli ultimi 10 anni (+254%). “Il prodotto più esportato in Cina, precisa la Coldiretti, è di gran lunga il vino, che aumenta dell’11% il valore delle spedizioni nel 2019, seguito dai formaggi, che praticamente raddoppiano le esportazioni (+95%), ma anche olio di oliva, frutta e dolci”. “E un impulso”, continua Coldiretti, “può venire dai nuovi accordi con la Cina per l’esportazione nell’agroalimentare, dalle arance alla carne suina congelata, che sono stati siglati nell’ambito della Via della Seta”. L’imponente urbanizzazione e la crescita del potere di acquisto della classe media sono alla base della costante crescita dei consumi. Ciò non solo nelle cosiddette città di prima fascia (Pechino, Shanghai e Canton) ma anche in quelle di seconda e terza fascia (20 metropoli, ciascuna con 7-10 milioni di abitanti), oltre a numerose altre aree urbane da 3-5 milioni di abitanti. Si cerca la qualità e vi è la disponibilità economica necessaria a pagarla. A frenare le spedizioni agroalimentari italiane sono però le barriere tecniche ancora presenti per le produzioni nazionali. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, per quanto riguarda la frutta fresca l’Italia può esportare nel Paese asiatico solo kiwi e agrumi, mentre sono ancora bloccate le mele e le pere, oggetto di uno specifico negoziato.

Ernesto Ferrante
28 Aprile 2019
www.opinione-pubblica.com/incremento-record-per-lagro-alimentare-italiano-in-cina/?fbclid=IwAR3BQZ4kUDOrTuHWhoSrv9YcFWfp9Dre2yoGn56CZ5cnPn-apHZ...
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