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Un pò di giustizia in Italia

Ultimo Aggiornamento: 11/04/2024 10:34
26/12/2022 02:23
 
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L'Italia interrompe i pattugliamenti di polizia congiunti con la Cina

Il 19 dicembre il Ministro dell’Interno Piantedosi ha dichiarato che l’Italia non consentirà più alla polizia del regime comunista cinese di prendere parte a pattugliamenti congiunti con la polizia italiana sul territorio italiano. La decisione è arrivata dopo che il governo italiano è stato accusato di aver chiuso un occhio sulle «stazioni di servizio» segrete della polizia cinese d’oltremare allestite nelle sue città. L’Italia aveva firmato un accordo bilaterale con il regime comunista cinese nel 2015 per consentire agli agenti di polizia cinesi di effettuare pattugliamenti congiunti con la polizia italiana a Roma, Milano, Napoli e in altre città italiane. Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato lunedì al Foglio:«Posso confermare che quelle forme di cooperazione non saranno più praticate o replicate in altre forme» e che i pattugliamenti congiunti si sono svolti tra il 2016 e il 2019 e sono stati «sospesi» in seguito a causa della pandemia di Covid-19. Ciò è avvenuto in seguito all’avvertimento di Safeguard Defenders (un gruppo per i diritti con sede in Spagna) che ha attirato l’attenzione nella comunità internazionale sulle stazioni di polizia istituite segretamente in altri Paesi dal regime comunista cinese.

Nel suo ultimo rapporto, Safeguard Defenders ha affermato che le prove dimostrano che il regime cinese ha istituito almeno 102 «Centri di servizio di polizia cinese d’oltremare» in 53 Paesi in tutto il mondo, principalmente in Occidente. Tra questi, 11 stazioni sono in Italia, il numero più alto di qualsiasi Paese. Interrogato in Parlamento all’inizio di questo mese, Piantedosi ha affermato che l’accordo di pattugliamento congiunto con la Cina non ha nulla a che fare con l’istituzione di eventuali «stazioni di servizio» in Italia. Il regime cinese ha ampliato la sua capacità di sorveglianza a livello globale, prendendo di mira in particolare la diaspora cinese. Le stazioni cinesi d’oltremare sono istituite e gestite da alcune autorità di pubblica sicurezza regionali cinesi in collaborazione con le associazioni cinesi d’oltremare e alcune comunità imprenditoriali. Safeguard Defenders ha identificato quattro diverse giurisdizioni di polizia locale cinese. Ad esempio, i dipartimenti di polizia di Wenzhou e Qingtian in Cina hanno istituito le «stazioni di servizio di polizia cinese» a Milano. Anche la polizia di Nantong ha istituito tali stazioni in Italia. La maggior parte degli immigrati cinesi in Italia proviene dalle suddette regioni.


Le «stazioni di servizio» o «110 d’oltremare» della polizia cinese d’oltremare si trovano in decine di Paesi nei cinque continenti

Anche se il regime cinese ha affermato che i centri sono gestiti da volontari per fornire servizi amministrativi ai cittadini cinesi all’estero, come il rinnovo del passaporto, il rapporto ha sottolineato che queste stazioni segrete di polizia cinesi all’estero costituiscono un’estensione del controllo del regime su espatriati e immigrati cinesi. La polizia cinese ha ammesso che le stazioni servono per «usare i cinesi d’oltremare per governare i cinesi d’oltremare». Inoltre, il regime cinese ha istituito i centri di polizia segreti senza informare i governi dei Paesi ospitanti. Paesi Bassi, Irlanda e Canada hanno già ordinato indagini sulle stazioni di polizia cinesi nei loro territori, poiché considerano l’istituzione di tali stazioni, indipendentemente dai loro scopi, illegale e in violazione della Convenzione di Vienna. Peter Dahlin, fondatore di Safeguard Defenders, ha scritto nel suo articolo di analisi per Epoch Times, che fino a quando tutte le stazioni di polizia cinesi all’estero non saranno chiuse, «la diaspora cinese negli Stati Uniti, in Canada e altrove, vivrà nella paura, non sarà in grado di parlare liberamente e le saranno negati i diritti democratici nella loro nuova patria». «Per loro, è una questione di libertà democratiche fondamentali che vengono loro negate a causa della crescente presenza della Cina comunista all’estero, dove queste stazioni sono ancora un altro strumento volto ad “usare i cinesi d’oltremare per governare i cinesi d’oltremare”».

Alex Wu
21 dicembre 2022
m.epochtimes.it/news/litalia-interrompe-i-pattugliamenti-di-polizia-congiunti-con-...
21/06/2023 19:38
 
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Mattarella e la sostituzione impossibile della Meloni: l’establishment italiano in un cul-de-sac

Irritazione è lo stato d’animo che sembra trapelare dal Colle. O forse si dovrebbe parlare di vera e propria ira, dal momento che Sergio Mattarella ha già richiamato diverse volte il Governo Meloni per le sue “mancanze”. La prima volta è stata ad aprile, quando Giorgia Meloni e Sergio Mattarella hanno avuto un pranzo assieme al Quirinale, nel quale il tema principale è stato il PNRR. Secondo quanto riporta la Corte dei Conti, dei 32 miliardi disponibili nel 2022 solamente uno è stato utilizzato. Ed è bene ancora una volta precisare un fatto importate. Non si tratta di fondi a titolo perduto che piovono magicamente dal cielo dell’UE, come racconta la solita stampa asservita all’eurocrazia. Si tratta di prestiti che vanno restituiti con delle condizionalità molto precise e stringenti. A Bruxelles infatti non arrivano mai soldi per l’Italia. Semmai è il meccanismo inverso. È l’Italia che sovvenziona lautamente l’Unione Europea attraverso i fondi strutturali per poi ricevere indietro puntualmente sempre meno di ciò che era stato dato in prima istanza. Qualche esperto di economia contabile, ovviamente non interpellato dai media mainstream, ha fatto notare come il vero PNRR per l’Italia sarebbe tenersi i fondi strutturali che ogni anno invia a Bruxelles. Ma ovviamente nell’attuale e declinante classe politica non ci sono personaggi che possono anche solamente pensare di andare in questa direzione. Coloro che compongono questa classe politica sono programmati per eseguire le indicazioni che ricevono dai centri di potere sovranazionale che tirano le fila dell’Italia da molti, e troppi, decenni. Questa situazione di stallo ha provocato l’irritazione di Mattarella, che dopo il primo richiamo di aprile è tornato nuovamente a strigliare il governo, stavolta formalmente, sull’abuso dei decreti omnibus, anche se negli ambienti del Quirinale si dice che il vero motivo del richiamo sia stato ancora una volta dovuto per la non esecuzione del PNRR. Sarebbe stata questa la ragione che ha spinto il Capo dello Stato a compiere il suo recente viaggio in Francia. Il retroscena che la stampa italiana non ha riportato è quello che riguarda la reale motivazione dell’incontro tra Mattarella e Macron, che non è altro che la conseguenza del famigerato patto del Quirinale. È attraverso tale patto che l’Italia è stata spostata nella sfera di influenza francofona. Il passaggio di consegne dal Governo Conte a quello Draghi è stato voluto proprio per spostare gli equilibri geopolitici della Penisola. Il Governo Conte aveva stretti rapporti con la Cina, così come gli stessi fondatori del M5S, Grillo e Casaleggio, entrambi di casa all’ambasciata cinese. Questa tela di rapporti tra M5S e Pechino ha portato l’Italia nel 2019 ad entrare nella Via della Seta, un unicum in Occidente, senza che poi l’allora Lega “sovranista” muovesse un dito per impedire la firma di tale accordo, da molti considerato come una spietata attuazione del colonialismo economico cinese. Il Governo Draghi ha spostato nuovamente gli equilibri della Penisola, portandola verso un’altra potenza coloniale, la Francia di Macron.

Mattarella pensa ad una sostituzione della Meloni?

E il garante della condizione di appartenenza dell’Italia alla sfera di controllo francese è sicuramente Sergio Mattarella. La frenesia di Mattarella nasce anche da questa condizione. Da un pò di tempo a questa parte infatti il Capo dello Stato è affetto da un’insolita incontinenza verbale che non appare essere altro che un modo piuttosto disordinato per provare a riempire il vuoto del governo virtuale di Giorgia Meloni, più presente all’estero che a palazzo Chigi. Ciò dunque, secondo alcune fonti istituzionali, lo avrebbe spinto a recarsi a Parigi per discutere con il Capo dell’Eliseo la situazione di immobilismo che si è creata con l’esecutivo italiano. Giorgia Meloni è semplicemente inadempiente. Il sistema di potere che aveva ordinato la calata di Draghi a palazzo Chigi l’aveva scelta come sostituto per proseguire sulla strada dell’uomo del Britannia. Ma gli equilibri che garantivano l’attuazione di determinate trame, in particolar modo il PNRR, non sono più quelli di una volta. Il potere della tecnocrazia europea sull’Italia si è indebolito di molto perché il garante di tale “ordine”, l’impero americano, sta attraversando una crisi profonda e irreversibile. Il perno di Washington, sul quale si è fondato quello che viene definito da alcuni parvenu delle élite liberali come “ordine liberale internazionale”, è venuto meno. Gli Stati Uniti hanno preso un’altra direzione dai tempi della Presidenza Trump e il percorso intrapreso non è cambiato sotto la cosiddetta Amministrazione Biden per una serie di ragioni che sono state affrontate in precedenza.

www.lacrunadellago.net/la-fonte-militare-trump-ha-firmato-la-legge-contro-le-insurrezioni-il-colpo-di-maestro-di-trump-contro-il-dee...

Ciò che più si rileva in questa analisi è come lo status quo precedente si stia estinguendo, ma esistono ancora elementi del vecchio sistema che non vogliono arrendersi alla loro estinzione politica. Il Capo dello Stato appare sicuramente essere uno di questi e la visita a Macron sarebbe stata dettata dalla necessità di sostituire la Meloni con un altro Pesidente del Consiglio che sostanzialmente accetti di vestire i panni dell’agnellino sacrificale per provare ad attuare il PNRR o il MES. MES sul quale la Meloni ha chiuso a sua volta le porte quando ha dichiarato in una nuova intervista a Bruno Vespa che esso sarebbe uno “stigma che ora rischia di tenere bloccate delle risorse in un momento in cui invece stiamo tutti cercando risorse”. Il messaggio è chiaro. Il Presidente del Consiglio non vuole portare avanti né il primo strumento, il PNRR, né il secondo, il MES, perché le conseguenze socio-economiche sarebbero semplicemente devastanti. Il MES, a differenza del PNRR, prevede sulla carta una ristrutturazione del debito pubblico pari a quella che è stata attuata 10 anni prima in Grecia. E probabilmente gli italiani che ricordano quanto accaduto in Grecia dopo il famigerato “haircut”, il taglio del debito pubblico, non sono pochi. La Grecia ha conosciuto una drammatica crisi sociale senza precedenti. La sua sanità pubblica è stata letteralmente polverizzata e le conseguenze sono state un aumento spaventoso della mortalità infantile. Se volessimo parafrasare Von Klausewitz, potremmo dire che l’austerità è la prosecuzione della politica con altri mezzi. E gli effetti non sono quelli che portano un Paese ad essere seppellito di bombe. Le guerre moderne nell’Occidente non si combattono più a colpi di mortaio. Si combattono a colpi di stime economiche artefatte pensate per radere al suolo l’economia di un Paese, come fece proprio l'FMI nei confronti della Grecia. Il MES, di cui parlammo in un’altra occasione, avrebbe l’effetto di una bomba nucleare piazzata nel cuore dell’economia italiana.

Ciò che accomuna il MES e il PNRR, al netto delle differenti tecnicalità, è lo scopo comune. Il fine è quello di molti anni addietro decretato dal club di Roma, fondato dalla famiglia Rockefeller e Aurelio Peccei, uomo forte della FIAT e considerato come una sorta di moderno Adam Weishaupt, il fondatore degli Illuminati di Baviera del 1776. Questi poteri già negli anni '70 avevano designato la progressiva deindustrializzazione del Paese e la sua crisi demografica. Sono questi i veri centri di potere che hanno tenuto in mano non solo le sorti dell’Italia ma anche degli Stati Uniti, dal momento che nessuno entrava alla Casa Bianca senza avere il placet di questi circoli transnazionali. Trump è stato il Presidente che ha messo fine a questa “regola”, sconvolgendo equilibri che duravano dalla seconda guerra mondiale in poi. Come si è detto in precedenza, ci sono però alcuni elementi di questo apparato che sono riluttanti ad uscire di scena e ad accettare che la storia ha voltato pagina. Uno di essi è sicuramente Carlo De Benedetti, ex patron di Repubblica, e da molti decenni in prima linea nel trasformare l’Italia nel laboratorio della società aperta voluta da Soros. Soros, che tra l’altro, ha lasciato la scena anche lui con il suo annuncio di aver consegnato le redini del suo impero a suo figlio Alexander, che non appare minimamente in grado di farsi carico della “eredità” del padre. De Benedetti è stato comunque uno dei primi ad uscire pubblicamente e a chiedere che la pasionaria di FdI sia sostituita con un tecnico.

Quei fragili equilibri e l’impossibilità di sostituire la Meloni
E pare che sia questo lo scenario di cui avrebbe discusso Mattarella con Macron nel corso del suo incontro, ma qui però si presentano alcuni problemi di natura politica insormontabile. Il primo riguarda l’uscita dei tecnici, che da Draghi in poi è diventata una vera e propria fuga in massa. I tecnici si tengono distanti da Palazzo Chigi perché anche loro si troverebbero a dover fare i conti con gli stessi problemi di carattere internazionale che avrebbero i politici, ovvero la caduta di quell’apparato che assicurava il potere tecnocratico.

www.repubblica.it/economia/2023/05/05/news/pnrr_tecnici_draghi_meloni-39...

Il secondo invece riguarda i fragilissimi equilibri interni ai partiti italiani. Giorgia Meloni appare essere l’ultima figura che può dare almeno l’apparenza di un centrodestra “unito” e con una leadership riconosciuta. Il termine “apparenza” non è stato utilizzato casualmente perché il centrodestra sostanzialmente non esiste più da un pezzo. Si sta insieme per forza d’inerzia e non per una vera unità d’intenti. E si sta insieme per provare a reggere uno status quo che ogni giorno presenta crepe sempre più vistose e profonde. C’è poi da considerare che Giorgia Meloni non sarebbe affatto dispiaciuta di uscire da Palazzo Chigi, dal momento che sembra essere sin dallo scorso ottobre alla ricerca di pretesti per passare la patata bollente a qualcun altro. A sinistra però non sembrano esserci alternative per formare un governo con eventuali parti di ciò che è rimasto del centro renziano e calendiano. Dalle parti del Nazareno è in atto in questo momento una sorta di scissione strisciante e progressiva che sta portando il PD ad una frattura sempre più profonda. La Segreteria Schlein, voluta fortemente da Bersani e Speranza, ha spostato il partito molto di più verso le zone della sinistra radicale, creando non pochi malumori all’interno del PD. A Bruxelles, la spaccatura si vede ancora di più. Alcuni pezzi del PD hanno votato in maniera opposta sull’utilizzo dei fondi del PNRR per l’acquisto di armi e munizioni. Se a questo si aggiunge che c’è all’interno della stessa area politica una guerra tra bande che ha visto D’Alema, uno degli uomini più influenti dello stato profondo italiano, finire sotto inchiesta per traffico di armi, l’ipotesi di un governo di centrosinistra appare ancora più remota. Gli equilibri sono così fragili e instabili che toccarli rischierebbe di fare ancora più danni di quelli visti sino ad ora. Ciò porta ad un’unica conclusione, che è sostanzialmente la stessa alla quale è giunto Mario Draghi in un suo recente intervento al MIT di Boston.

www.ilsole24ore.com/art/draghi-kiev-deve-vincere-guerra-o-l-ue-sara-colpo-fatale-...

L’uomo del Britannia, nel corso del suo discorso, ha lanciato un vero e proprio allarme quando ha dichiarato che se il regime nazista di Kiev avrà la peggio in Ucraina, l’Unione Europea non avrà alcuna possibilità di sopravvivenza. La sconfitta del braccio armato dell’Euro-Atlantismo, la NATO, porta al definito crollo del già citato ordine liberale internazionale del 1945. La fase attuale è di proporzioni storiche. Il mondo sta passando dall’età degli imperi a quella del ritorno degli Stati nazionali dotati di piena sovranità nel contesto del mondo multipolare. E tale processo non si sta fermando. Si sta accelerando. Ciò che condanna lo stato profondo italiano è il venir meno degli equilibri storici dai quali esso dipendeva. Questo con buona pace di quelle parti come il Colle che rifiutano la storia e si ostinano a voler mantenere immutato il precedente ordine. Appare evidente a questo punto come l’establishment liberale italiano si trovi in un cul-de-sac. Si ritrova con un Presidente del Consiglio riluttante ad eseguire gli ordini, e al tempo stesso si ritrova impossibilitato a sostituirlo, pena di ottenere l’effetto inverso a quello desiderato con un’accelerazione del crollo dei partiti attuali. È il capolinea della storia ed è qui che pare essere giunto il sistema politico italiano.

Cesare Sacchetti
12 giugno 2023
www.lacrunadellago.net/mattarella-e-la-sostituzione-impossibile-della-meloni-lestablishment-italiano-in-un-cul...
[Modificato da wheaton80 21/06/2023 19:39]
21/10/2023 18:28
 
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Reshoring: abbattimento imposte imprese che rientrano in Italia

Il 16 ottobre il CDM ha approvato tra le altre, nuove misure per le PMI. Come sinteticamente annunciato dal Ministro Urso, a margine della conferenza stampa successiva alla approvazione dei vari provvedimenti riguardanti la Manovra fiscale 2024, per le imprese:“Nel Consiglio dei Ministri del 16 ottobre sono state approvate una serie di misure rilevanti, a supporto diretto del sistema produttivo, di chi investe e chi produce in Italia, anche per favorire il reshoring”. Si tratta in particolare dei provvedimenti contenuti nei decreti
“Anticipazioni Finanziarie” e “Fiscalità Internazionale”.

Reshoring: agevolazione per le PMI
Il CDM del 16 ottobre ha approvato disposizioni importanti sul tema del reshoring. Nel dettaglio, si promuove lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche, attraverso un incentivo fiscale che consiste:

- Nella non concorrenza alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP
- Nel 50 per cento del reddito imponibile derivante dalle attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata trasferite in Italia e precedentemente svolte in un Paese estero, diverso da uno Stato appartenente all’Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo

L’agevolazione si applica nel periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e per i cinque periodi di imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione. Si prevede il recupero del beneficio qualora l’attività economica trasferita, per la quale si è goduto dell’agevolazione, venga successivamente trasferita in uno Stato non appartenente all’Unione Europea e allo Spazio Economico Europeo durante il periodo in cui si beneficia dell’agevolazione o entro dieci periodi di imposta dal termine del regime di agevolazione. Non sono incluse tra le attività agevolabili quelle esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. Tale limitazione è volta ad evitare che siano agevolate attività già in precedenza esercitate in Italia e trasferite all’estero per poi essere nuovamente trasferite nel territorio dello Stato al solo fine di beneficiare del vantaggio fiscale.

Manovra fiscale 2023: le agevolazione approvate per le PMI
Inoltre con il comunicato del MIMIT datato 16 ottobre si risintetizza che il Consiglio dei Ministri ha approvato anche altre misure per PMI, vediamole:

- Nel dettaglio è rifinanziata per il 2023 la Nuova Sabatini con un credito alle imprese con un’unica tranche
- Con 50 milioni di euro utilizzabili da subito per il 2023, viene rifinanziata la nuova legge Sabatini
- La novità più rilevante di questa misura è che il finanziamento sarà reso fruibile per le imprese richiedenti in un’unica tranche consentendo l’accorpamento delle rate
- La misura sostiene gli investimenti in beni strumentali effettuati da micro, piccole e medie imprese facilitando l’accesso al credito con tassi di interesse agevolati.
- Nella Legge di Bilancio sarà poi rifinanziata la legge Sabatini per il 2024.

In merito al credito d’imposta “ricerca e sviluppo” si consente di allineare temporalmente il sistema di certificazione del credito d'imposta, approvato il 15 settembre scorso e operativo dal prossimo anno, con i termini per il possibile riversamento che vengono prorogati al 30 giugno 2024. In questo modo l'Albo dei Certificatori, appena istituito, potrà dare certezza su chi ne abbia davvero diritto.

17/10/2023
www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/34680-reshoring-abbattimento-imposte-imprese-che-rientrano-in-ita...
31/10/2023 02:37
 
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Elezioni in Trentino: boom dei "no vax"



Le elezioni in Trentino Alto Adige hanno riservato sorprese amarissime per il sistema: alle urne infatti al pessimo risultato dei partiti tradizionali (sia italiani che tedeschi) fa da contro altare un autentico boom di voti per le liste "antisistema" con una affermazione incredibile di una forza secessionista (che chiede l'annessione all'Austria) e il successo clamoroso delle liste "no vax".

Arnaldo Vitangeli
[Modificato da wheaton80 31/10/2023 02:38]
19/11/2023 19:20
 
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Il no alla carne sintetica dell'Italia irrita i fegati di +Europa e ambientalisti

L’Italia ha detto no alla carne sintetica. Una decisione, una buona volta, frutto di indipendenza e non di “inseguimento” di correnti venute dall’estero. Il nostro infatti è l’unico Paese in Europa ad aver rifiutato la possibilità di “coltivare” la carne in laboratorio rendendola addirittura illegale.

Italia, no alla carne sintetica: +Europa e Coldiretti vanno allo scontro fisico (letteralmente)
No alla produzione e alla vendita in Italia della carne coltivata. Il disegno di legge presentato dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida proibisce “la produzione e l’immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati”. Il nostro è il primo Paese europeo a introdurre il divieto. La Camera ha approvato con 159 voti favorevoli, 53 no e 34 astenuti. Compatta la maggioranza, si registrano l’astensione del PD e il voto contrario di M5S e AVS.

L’ambientalismo, il “solito”, capeggiato dal deputato di +Europa Benedetto Della Vedova, ha manifestato la propria irritazione organica in Piazza Montecitorio. Arrivando addirittura allo scontro fisico con il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Prima la provocazione di Della Vedova, poi la reazione fisica del secondo. Della Vedova medesimo minaccia la denuncia, il Presidente dell’associazione nazionale agricola non si scusa e ricambia la minaccia di denuncia. Ovviamente, la stessa associazione è in prima fila contro l’ambientalismo pro-cibo sintetico. La stampa mainstream intanto parla di “Prandini che aggredisce e spintona Della Vedova”. Peccato che nei video non ci sia traccia di spintonamenti. Al massimo di attacchi verbali.

L’equivoco di una definizione
Le fonti scientifiche sostengono che sia tecnicamente “un errore” definire sintetica una carne “coltivata in laboratorio”. Noi facciamo fatica a recepire come coltivazione, un processo spesso naturale, qualcosa che nasce in provetta. Dunque ci suona decisamente difficile, oltre che un tentativo di deviazione dalla reale “natura” del prodotto, non utilizzare la parola “sintetico”. Parliamo di un prodotto da laboratorio, ottenuto tramite tecniche bioingegneristiche studiate per la sintesi di tessuto vivente nell’ambito della medicina riabilitativa. Non si tratta certamente di qualcosa di naturale, di conseguenza i moniti di alcuni “scienziati” suonano come un modo per aggirare la questione e non farla notare troppo agli osservatori disattenti.

17 novembre 2023
www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/il-no-alla-carne-sintetica-dellitalia-irrita-i-fegati-di-europa-e-ambientalisti...
08/12/2023 18:18
 
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Indovinate? Il “nuovo” Patto di Stabilità salta: l’Italia rifiuta le follie di Berlino

Il “nuovo” Patto di Stabilità salta, nessun accordo. Si era capito già ieri in giornata, quando il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva sottolineato l‘insostenibilità assoluta della riformulazione dell’accordo proposta da Berlino.

Il “nuovo” Patto di Stabilità peggiore del vecchio
Qualcosa di nuovo c’era, indubbiamente. Ed era infinitamente peggiore. La versione folle di Berlino chiedeva infatti una versione ancora più severa del vecchio accordo partorito a Maastricht: ridurre il debito/PIL dell’1% annuo per 7 anni e al tempo stesso riportare il deficit/PIL al 3% correggendolo dello 0,5% l’anno per poi abbassarlo all’1,5%. Una follia lacrime e sangue alla quale l’Italia, peraltro in generale tutt’altro che “dissidente” rispetto ai diktat europei, è stata costretta a dire no. Il Governo Italiano avrebbe accettato versioni diverse, non così “meno folli” (come tutte quelle che vengono partorite dall’ “universo bruxelliano”, del resto), dal momento che lo stesso Giorgetti ieri affermava che “’Italia intende ridurre il debito in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti. Conclusivamente ritengo che le regole fiscali e di bilancio non siano il fine ma il mezzo”. Già con “intende ridurre il debito” si parte con il piede sbagliato, visto che il debito non si può ridurre, è un dato di fatto dimostrato da decenni, oltre che una strada senza uscita. Ma il fatto di essere pienamente inseriti nelle follie euroinomani e di aver dovuto constatare l’impossibilità di accettare regole ancora più assurde e impossibili rende il rifiuto italiano ancora più importante da sottolineare.

Un sistema insostenibile
Lo abbiamo detto più volte: l’idea malsana di gestire Stati che funzionano come aziende, incapaci di essere liberi di fare spesa pubblica maggiore o minore a seconda delle necessità, di non poter partorire alcuna strategia propria, con in più anche l’handicap gravissimo di non disporre di un proprio conio non solo è infattibile, ma assolutamente insostenibile. Realistico né più né meno della società comunista profetizzata da Marx, ma, semplicemente, basata su criteri completamente diversi. La realtà è che, oltre alla metà degli elettori europei, se ne accorge chiunque sieda in una posizione di governo tra gli Stati membri. Lo sa perfino la Francia, la prima a violare più volte nel corso dei decenni il maledettissimo “Patto” quando ha avuto bisogno di spendere, e anche adesso una delle più scettiche sulla sua fattibilità “innovatrice”, nonostante ufficialmente niente venga discusso e, comunque, permanga un rapporto privilegiato con Berlino. Il Ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha creato un certo vuoto attorno a sé principalmente per questo motivo. Di contro, ci sarà ben poco da festeggiare: non tanto perché non vi sarà alcuna riforma del Patto di Stabilità, ma perché esso, come abbiamo sempre sostenuto su queste pagine, rimarrà in vigore. Per continuare a distruggere le nostre tasche.

Stelio Fergola
06 dicembre 2023
www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/indovinate-il-nuovo-patto-di-stabilita-salta-litalia-rifiuta-le-follie-di-berlino...
22/12/2023 17:13
 
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La farsa è finita. La Camera respinge la ratifica della riforma del MES

Dopo mesi di attesa e di sfibranti procrastinazioni, oggi, 21 dicembre 2023, la Camera dei Deputati ha respinto a larga maggioranza la ratifica della riforma del MES: 184 voti contrari, 72 a favore e 44 astenuti. Favorevoli alla ratifica i deputati di PD, Italia Viva e Azione, contrari quelli di Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 Stelle, astenuti quelli di Forza Italia, Noi Moderati e Alleanza Verdi e Sinistra. Con ciò l’Italia, unico tra i 20 Paesi dell’eurozona a negare la ratifica, ha bloccato la riforma del cosiddetto Fondo “Salva Stati”, che richiedeva l’unanimità. E’ stata una decisione giusta e condivisibile per innumerevoli ragioni che abbiamo illustrato e discusso più volte in passato. Inutile ripetere quanto già scritto e detto. Vediamo, quindi, quali sono le implicazioni di questa decisione che, per alcuni aspetti, potremmo definire “storica”. Da un punto di vista strettamente economico, non ci sono cambiamenti significativi, in quanto il MES continua ad esistere nella sua “vecchia” versione. Se un governo ha bisogno di fondi può comunque rivolgersi alla mastodontica e sostanzialmente inutile tecnostruttura.

Deve far riflettere il fatto che ad oggi, se prescindiamo dalla fase della crisi dei debiti sovrani, nessuno Stato si è avvalso di questa opportunità. Evidentemente non si trattava di una opportunità allettante. L’unica vera implicazione pratica è che il Fondo Unico di Risoluzione delle Crisi Bancarie non si potrà avvalere del “paracadute” d’emergenza che avrebbe offerto il “nuovo” MES. Ciò significa che il Fondo e il Sistema Bancario Europeo saranno obbligati ad adottare criteri di gestione più prudenziali. In fondo, si tratta di una conseguenza positiva. E, comunque, è chiaro che il “nuovo” MES sarebbe stato più che un fondo “Salva-Stati”, che esiste e continuerà ad esistere, un vero e proprio fondo “Salva-Banche”. Da un punto di vista politico, invece, le conseguenze sono significative a livello sia nazionale che europeo. A livello nazionale, intorno a questa decisione si sono spaccate sia la maggioranza di governo (FdI e Lega contrari, Forza Italia e Noi Moderati astenuti) che, e direi soprattutto, l’opposizione (M5S contrario, PD, IV e Azione favorevoli, AVS astenuti). Le posizioni sovraniste tagliano quindi trasversalmente sia la destra che, in modo più marcato, la sinistra.

E’ presto per dire se questa frattura interna ai due schieramenti lascerà traccia, sicuramente non può essere ignorata. A livello europeo, la bocciatura della ratifica della riforma del MES ha messo in evidenza come l’Italia possa acquisire, o riacquisire, un nuovo protagonismo. Da un lato, non ha ceduto al ricatto “l’Italia non può bloccare tutta l’Unione Europea per un Trattato” (così Elly Schlein, 11 dicembre 2023). L’Italia aveva il diritto di farlo e l’ha fatto. Dall’altro, ha mandato un chiaro messaggio a Francia e Germania, che 24 ore prima avevano praticamente obbligato il governo italiano ad accettare la riforma del Patto di Stabilità, una vera iattura, che avevano concordato tra loro. Potremmo dire la mancata ratifica della riforma del MES è stato un passo piccolo, ma molto significativo, che l’Italia ha fatto verso la riappropriazione della propria sovranità. E, soprattutto, è stato un eccellente inizio della campagna elettorale per le elezioni europee del 2024.

Luca Lanzalaco
21 dicembre 2023
comedonchisciotte.org/la-farsa-e-finita-la-camera-respinge-la-ratifica-della-riforma-...
29/12/2023 19:15
 
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Saltano gli incentivi per il calcio: ecco perché sono d’accordo

Ieri è saltata la norma, tanto voluta dal Presidente della Lazio, Claudio Lotito, per prorogare di due mesi (giusto in tempo per il mercato invernale) la riduzione del 50% dell’imponibile IRPEF sui redditi dei calciatori che, dopo aver lavorato all’estero, vengono a giocare in Italia. L’incentivo è saltato e vi dico la verità: non mi metterò di certo a piangere. Tanti tifosi diranno che è sbagliato, perché un settore come quello del calcio, che vanta sei miliardi di debiti e con l’85% delle spese dei club che se ne va in stipendi, è evidente che faccia fatica a competere con Paesi con regimi fiscali migliori del nostro. Ma è anche vero che non possiamo permetterci di garantire a questi straordinari presidenti pieni di debiti una situazione fiscale agevolata per portare a casa i loro beniamini. Figuratevi un pò voi: io sono ben contento che si continui a prendere calciatori a venti, trenta, quaranta o cinquanta milioni di euro. Ma in un mondo normale, diverso da quello del calcio, ci si dovrebbe anche interrogare come sia possibile che buona parte dei club abbiano fino a 800 milioni di debiti.

Aggiornamento ore 16.45
Oggi Salvini ha dichiarato:“L’obiettivo del governo è aiutare il calcio italiano anche e soprattutto valorizzando i vivai. Per questo motivo, la Lega ha ritenuto di stoppare la norma che consente ai calciatori stranieri di pagare meno tasse. Sono convinto che sia una scelta di equità e buonsenso. Il Decreto Crescita ha permesso ai club di acquistare atleti dall’estero con lo sconto: un aiuto straordinario, durato anni, che doveva essere l’occasione per rilanciare i nostri campionati. Rendendoli più competitivi e attraenti. Così non è stato, e mi sorprende la reazione dei club: sembra che il problema della nostra serie A sia la mancanza di una sorta di reddito di cittadinanza per i giocatori comprati oltre confine. Io ci metto la faccia, come sempre. Se altri colleghi hanno idee diverse, li invito a confrontarsi anche pubblicamente. Il bene dello sport italiano passa soprattutto dal calcio: sono aperto a ogni dibattito e proposta”.

Nicola Porro
29 dicembre 2023
www.nicolaporro.it/saltano-gli-incentivi-per-il-calcio-ecco-perche-sono-d...
31/12/2023 23:38
 
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Il Made in Italy è legge: difesa ed esportazione dell’italianità nel mondo

Lo scorso 20 dicembre è stata approvata in Senato in via definitiva la legge 206/2023. La norma, meglio conosciuta come disegno di legge Made in Italy, reca nuove disposizioni per incentivare la produzione, valorizzare e promuovere i prodotti italiani all'interno della Nazione e all'estero, al fine di aumentarne competitività e conoscenza non solo da un punto di vista identitario. Per Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, si tratta di un “provvedimento storico, che segna una svolta nella politica industriale del Paese, intervenendo a 360 gradi per stimolare e proteggere la crescita delle filiere strategiche nazionali, contrastare la contraffazione e formare nuove competenze in vista delle sfide globali che abbiamo davanti”. In tal senso, sono tante le nuove disposizioni approvate in materia: innanzitutto la legge valorizza produzioni d'eccellenza e bellezze di valore storico-artistico della nostra Nazione, in linea con le regole del mercato interno, tramite un miglior coordinamento delle azioni di promozione, al fine di creare una vera e propria industria del Made in Italy.

La legge arriva in un periodo sicuramente favorevole per l'Italia, segnato da un importante aumento degli export, soprattutto nel Sud Italia, e con una grande richiesta di italianità nel mondo: i prodotti italiani venduti all'estero fruttano miliardi, in particolare quelli del comparto agroalimentare, forti della grande richiesta a livello internazionale, specialmente di vino e pasta, e incoraggiati dal recente ritorno della cucina italiana sul gradino più alto del podio nella classifica delle migliori cucine al mondo. Anche per questo motivo, la legge vuole incentivare la produzione, reinserendo il Voucher 3i, che sarà rivolto non solo alle start-up innovative ma anche alle microimprese di più recente costituzione, e il comparto fieristico, quale momento di coesione cittadina e di divulgazione ed esposizione dei prodotti locali, tramite un maggiore e migliore coordinamento delle associazioni organizzatrici.

Importante sarà l'istituzione del liceo del Made in Italy, fortemente voluto in campagna elettorale da Giorgia Meloni e dal Ministro Urso, che partirà dal prossimo anno scolastico: l'obiettivo è quello di promuovere le conoscenze, le abilità e le competenze connesse al Made in Italy, così da tramandarne la sapienza e da avvicinare i giovani al mondo del lavoro in un settore fondamentale per la nostra Nazione. Ci sarà dunque dialogo tra istruzione e imprese, le quali potranno anche dotare i loro prodotti del contrassegno “Made in Italy”, un marchio di garanzia che ne tutela la proprietà intellettuale. Sono previste poi particolari disposizioni per alcuni comparti, specialmente importanti per la nostra economia, come la moda, la nautica, la produzione di olio, il settore termale, le città identitarie e infine l'istituzione di un Fondo Sovrano per attrarre investitori dall'estero.

Andrea Landretta
30 dicembre 2023
www.lavocedelpatriota.it/il-made-in-italy-e-legge-difesa-ed-esportazione-dellitalianita-ne...
17/01/2024 11:19
 
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Maxiprocesso ai Casamonica, per la Cassazione è mafia

Il clan dei Casamonica è una struttura criminale di stampo mafioso. E' quanto ha sancito la Cassazione nell'ambito del maxiprocesso a carico di una trentina di persone, tra cui anche i vertici della famiglia. Proprio nei confronti di alcuni boss la Suprema Corte ha anche riconosciuto l'aggravante della natura "armata del sodalizio", disponendo quindi il processo di appello bis per la rideterminazione della pena. Nei confronti di alcune posizione minori è, invece, venuta meno l'aggravante di avere agito nell'interesse del clan. La Cassazione ha inoltre confermato l'esistenza di una associazione parallela dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, con funzione agevolatrice della associazione mafiosa. Regge quindi anche al vaglio della Suprema Corte l'impianto accusatorio dei PM della DDA di piazzale Clodio poi ribadito nella sentenza di secondo grado nel novembre del 2022. Nei confronti degli imputati le accuse sono, a seconda delle posizioni, di associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all'estorsione, all'usura e alla detenzione illegale di armi. Nel corso del primo processo di appello le condanne più alte furono inflitte ai vertici dell'organizzazione e, in particolare, a Domenico (30 anni), Massimiliano (28 anni e 10 mesi), Pasquale (24 anni), Salvatore (26 anni e 2 mesi), Ottavio (17 anni), Giuseppe (16 anni e 2 mesi), Guerrino (16 anni e 2), Liliana (15 anni e 8 mesi) e Luciano Casamonica (13 anni e 9 mesi). Nel corso della requisitoria i rappresentanti dell'accusa avevano affermato che "l'indagine della Procura di Roma ha posto fine allo strapotere dei Casamonica. Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana e poteri forti della capitale con una forza di intimidazione impressionante". La galassia Casamonica, sostennero ancora i PM, "è quella peculiare struttura dell'organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c'è 'bisogno". Nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici scrissero che l'istruttoria dibattimentale "ha rassegnato significativi elementi di prova della natura mafiosa del clan Casamonica operante nel quadrante est della città di Roma, identificabile nella zona di Porta Furba".

17 gennaio 2024
www.ansa.it/lazio/notizie/2024/01/16/maxiprocesso-ai-casamonica-per-la-cassazione-e-mafia-_717e372b-7490-4aff-bfee-321a7056e...
20/01/2024 17:03
 
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Ustica-Bologna - Quel fil rouge fra le due stragi

Fra le stragi di Ustica e alla stazione di Bologna, avvenute a due soli mesi di distanza nel 1980, potrebbe esserci un legame. E una significativa traccia è contenuta in alcuni documenti fino ad oggi praticamente top secret e depositati solo a fine 2023 all’Archivio di Stato. Lo rivela un servizio esclusivo dell’ADNKronos, titolato “Bologna, Ustica, spunta un documento inedito sulle due stragi”. Lo faceva balenare, esattamente trent’anni fa, un reportage pubblicato dalla ‘Voce’ nel febbraio del 1994, con la cover “Ustica - Le esplosive rivelazioni di un superpentito dei servizi segreti. Il DC 9 Itavia abbattuto per ‘alto tradimento’. Una strage, quella di Bologna, per accreditare la pista terroristica”. Partiamo dal fresco dispaccio dell’ADNKronos. I documenti appena venuti alla luce (ma su cui fino ad oggi nessun mezzo d’informazione aveva rivelato esistenza e contenuti) riguardano, in particolare, un summit che si tenne appena tre giorni dopo la strage di Bologna. Si trattava, per la precisione, di una riunione congiunta del Comitato Interministeriale per le Informazioni e la Sicurezza (CIIS) e del Comitato per i Servizi di Informazione e di Sicurezza (CESIS), presieduta dall’allora Premier Francesco Cossiga. Fino ad oggi era stato reso noto solo uno scarno resoconto ufficiale, finito tra le carte della ‘Commissione Pellegrino’ sulle stragi e la mancata individuazione dei responsabili. Ora, invece, vengono alla luce gli appunti autografi, di quella riunione, scritti dall’allora Ministro della Difesa, il socialista Lelio Lagorio, in cui sono riportate le dichiarazioni dei parecchi partecipanti a livello ministeriale. Pareri pressochè unanimi, tranne una voce fuori dal coro: quella del Ministro dell’Industria Antonio Bisaglia (che anni dopo morirà annegando in modo misterioso e mai chiarito) dell’epoca. Nel suo intervento, l’esponente della sinistra DC ipotizzava “un collegamento tra l’attentato di Bologna e l’incidente, accaduto a fine dello scorso giugno, a un DC9 dell’Itavia in viaggio da Bologna a Palermo”.

Negli anni seguenti tutti i partecipanti a quel summit ‘non ricorderanno’ le parole di Bisaglia. E addirittura ‘non ricorderanno’ neanche lo svolgimento della riunione stessa. Incredibile ma vero. Passiamo all’antica inchiesta della Voce, risalente appunto a febbraio 1994. Ecco l’incipit. “Il disastro di Ustica è stato accuratamente studiato nelle ovattate stanze della NATO, per creare un gravissimo incidente internazionale e far ricadere la colpa sull’odiata Libia di Gheddafi. Due mesi dopo un’altra strage, quella di Bologna: serve per accreditare la matrice terroristica come causa dell’eccidio di Ustica”. Così proseguiva il nostro reportage:“E’ il tremendo j’accuse lanciato da un ex collaboratore del SISMI, Alessandro Vanno, da alcuni mesi fuggito in Francia. (…) Vanno ha messo tutto nero su bianco, in due lunghe deposizioni davanti al giudice Rosario Priore, che indaga su Ustica, e in una sfilza di missive di fuoco inviate ai vertici delle nostre istituzioni e mai venute alla luce. Ne esce fuori uno spaccato impressionante dell’Italia deviata, al centro delle manovre più torbide con la partecipazione ‘fisiologica’ di interi pezzi dello Stato che agiscono in combutta con mafie & massonerie varie”. Un paio d’anni prima, nel 1992, La Voce aveva intervistato il sottosegretario alla Difesa del PSI,Franco Piro, il quale fece una rivelazione-bomba: il DC9 Itavia è stato abbattuto da un missile lanciato dalla portaerei francese Clemenceau. Incredibile ma vero una quindicina d’anni dopo, pochi mesi prima di morire, Cossiga ha fatto un’analoga rivelazione, che tirava in ballo i francesi, i quali si sono sempre rifiutati di consegnare all’Italia tracciati radar e documenti relativi alle loro presenze, quella tragica notte del 2 agosto 1980, nelle acque del Tirreno. Un’analoga ricostruzione è stata effettuata da alcuni reporter dell’emittente transalpina Canal Plus. Ma fino ad oggi le poche e deboli richieste inoltrate dall’Italia all’Eliseo (Emmanuel Macron ben compreso) sono state del tutto snobbate e rispedite al mittente.

Fonte: www.adnkronos.com/cronaca/stragi-bologna-ustica-documento-inedito_19pKLZX4b7D8Vw...

Paolo Spiga
17 gennaio 2024
www.lavocedellevoci.it/2024/01/17/ustica-bologna-quel-fil-rouge-fra-le-due...
11/04/2024 10:34
 
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Green Pass Globale dell’OMS: l’Italia si tira fuori

Toh: il governo mantiene le promesse. A inizio marzo, Orazio Schillaci, Ministro della Salute, aveva dato la sua parola: l’Italia non aderirà al Green Pass Globale dell’OMS. Lo scopo dichiarato del progetto era di far fronte a eventuali emergenze sanitarie, nonché per agevolare il rilascio e la verifica di certificazioni sanitarie digitali utilizzabili in tutti gli Stati aderenti alla rete globale di certificazione sanitaria digitale. Un’idea che agli italiani ricordava troppo gli eccessi orwelliani della stagione del QR Code per controllare l’avvenuta vaccinazione e guadagnarsi il diritto di salire sui mezzi pubblici o entrare nei ristoranti. Nonostante il pressing del leader dell’OMS Europa, Hans Kluge, che ha invitato Roma a fare ulteriori riflessioni, l’esecutivo ieri ha presentato un emendamento all’articolo 43 del decreto PNRR, che di fatto cancella ogni riferimento al Green Pass OMS. Restano aperti i negoziati sul nuovo e contestato Trattato Pandemico (accusato, in combinazione con il Regolamento Sanitario Internazionale, di portare a una restrizione della sovranità degli Stati in materia di gestione delle emergenze sanitarie), ma anche su questo Schillaci ha assicurato che l’Italia guarderà al proprio interesse nazionale. Una bella novità. Quanto al Green Pass, forse la sua stagione è davvero finita per sempre.

10 aprile 2024
www.nicolaporro.it/green-pass-globale-delloms-litalia-si-tir...
[Modificato da wheaton80 11/04/2024 10:34]
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