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Un pò di giustizia in Italia

Ultimo Aggiornamento: 11/04/2024 10:34
30/05/2020 03:01
 
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Uber commissariata, capolarato sui rider

La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria, ossia il commissariamento, di Uber Italy srl, la filiale italiana del gruppo americano, per caporalato, in particolare per lo sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats. Lo apprende l'ANSA. Su Uber Italy è in corso un'indagine condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della GDF e coordinata dal Procuratore Aggiunto Alessandra Dolci e dal PM Paolo Storari. "La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall'ora", ha messo a verbale un rider che ha lavorato per il servizio Uber Eats. Per i giudici di Milano, Uber, attraverso società di intermediazione di manodopera, avrebbe sfruttato migranti "provenienti" da contesti di guerra, "richiedenti asilo" e persone che dimoravano in "centri di accoglienza temporanei" e in "stato di bisogno".

29 maggio 2020
www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/05/29/uber-commissariata-capolarato-sui-rider_124dff65-e1f1-4599-975f-942d6519a...
05/06/2020 04:58
 
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Le manifestazioni sovraniste e dei gilet arancioni fanno centro: inizia la rivolta?

www.youtube.com/watch?v=1rgQyRxQm4A&feature=emb_title

Le manifestazioni di Milano, Roma ed altre città hanno portato in piazza, nonostante le restrizioni dovute al Covid, un sacco di gente. Così tanta che i media mainstream, che di solito ignorano gli eventi dei sovranisti, ne hanno dovuto parlare, mettendole in prima pagina in tutte le edizioni online. Naturalmente le hanno attaccate, e il Generale Pappalardo in particolare è stato dipinto come un pericoloso estremista. E forse non è un caso che proprio in contemporanea si annunci il ritorno in pompa magna delle sardine. Facciamo il punto sulla situazione politica e sulle prossime mosse per riconquistare la nostra libertà.
[Modificato da wheaton80 05/06/2020 05:00]
17/06/2020 18:56
 
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Vittoria della Pernigotti, è salva e non chiuderà. “Il piano di ristrutturazione non prevede esuberi”

Ottime notizie arrivano dal Piemonte, dove la storica azienda Pernigotti, al centro di una drammatica crisi economica, ha comunicato in videoconferenza con il Ministero dello Sviluppo Economico e con le sigle sindacali che il piano di ristrutturazione 2020-2024 non prevederà esuberi: con un mirato ricorso alla cassa integrazione straordinaria, non più connessa allo stato di crisi ma alla riorganizzazione industriale e che sarà impiegata per un anno per 50 dipendenti della sede milanese e 59 di quella di Novi, sarà possibile riorganizzare il ciclo produttivo seguendo due linee di azione: una concernente le tavolette di cioccolato e l’altra le creme spalmabili, elemento questo di particolare interesse poiché fino ad ora esternalizzato in Turchia dopo il passaggio di proprietà della società ai turchi e che invece ora tornerà a Novi Ligure. Partner strategici della ripresa economica della Pernigotti la Optima, riminese, e la torinese Spes Cioccolato. Grande soddisfazione è stata espressa dai sindacati, che hanno sottolineato come la battaglia abbia, alla lunga, pagato e che quanto raggiunto fosse il massimo auspicabile.

Merita certamente ricordare come la travagliata vicenda della Pernigotti, con il passaggio di proprietà ai turchi nel 2013, abbia visto giocare un ruolo negativo all’Unione Europea, la quale con il regolamento n. 274/2012, che disciplina l’ingresso di prodotti alimentari nel territorio UE, ha nei fatti agevolato la esternalizzazione di una filiera produttiva della Pernigotti verso la Turchia, al fine di sopportare meno costi e meno controlli. Nel caso di specie, vennero allentati, in maniera assai significativa, i controlli di ordine sanitario nei confronti delle nocciole prodotte in Turchia, cosa che ha agevolato il passaggio degli stabilimenti dall’Italia alla Turchia stessa a discapito della qualità del prodotto finale, posto che le nocciole italiane sono da sempre ritenute qualitativamente superiori a quelle turche. Nonostante massicci investimenti dell’azionista di maggioranza turco Toksoz, la Pernigotti si è per anni trascinata con un bilancio economico gravemente negativo, tanto da aver costretto negli anni alla dismissione di alcuni impianti industriali e dell’intera divisione gelati. Misure che però non sembravano aver dato i frutti sperati. Quindi la soddisfazione ora può davvero dirsi doppia: sia per il salvataggio del marchio e dei connessi posti di lavoro, sia per il ritorno in Italia.

Cristina Gauri
17 giugno 2020
www.ilprimatonazionale.it/cronaca/vittoria-della-pernigotti-salva-ristrutturazione-non-prevede-esuberi-160249/?fbclid=IwAR1wHA3s1L_kpZPu4NDdPavihotgG_yyvMeqi76bBASDXwgTmGQ...
20/06/2020 20:54
 
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Palamara espulso dall'ANM:«Gravi e reiterate violazioni del codice etico»

Luca Palamara espulso dall'ANM per aver commesso gravi e reiterate violazioni del codice etico. Il PM romano indagato a Perugia per corruzione non è stato ascoltato dall'Associazione Nazionale Magistrati per decisione del Comitato Direttivo Centrale dell'ANM, che all'unanimità ha respinto la richiesta. Palamara aveva chiesto giovedì di essere sentito dal CDC per poter chiarire. L'audizione può avvenire solo davanti al collegio dei probiviri, dinanzi al quale Palamara non si è mai presentato. «Mi è stato negato il diritto di parola. Nemmeno nell'Inquisizione», ha commentato Luca Palamara attaccando:«Ognuno aveva qualcosa da chiedere, anche chi oggi si strappa le vesti. Penso ad alcuni componenti del collegio dei probiviri che oggi chiedono la mia espulsione, oppure a quelli che ricoprono ruoli di vertice all'interno del gruppo di Unicost, o addirittura ad alcuni di quelli che siedono nell'attuale Comitato Direttivo Centrale e che hanno rimosso il ricordo delle loro cene e dei loro incontri con i responsabili Giustizia dei partiti di riferimento». Per i probiviri, Palamara avrebbe violato il codice etico dei magistrati. La contestazione è legata alla famosa riunione all'hotel Champagne tra Palamara, cinque consiglieri del CSM (che si sono poi dimessi) e i deputati del PD Cosimo Ferri e Luca Lotti, sulla nomina del Procuratore di Roma, intercettata nell'ambito dell'inchiesta di Perugia, dove il magistrato è indagato per corruzione.

Una riunione in cui si parlò, secondo l'accusa, di una strategia per danneggiare uno dei candidati ed enfatizzare invece il profilo professionale di un altro dei concorrenti. Sarebbe la prima volta che viene adottata una sanzione così severa per un ex numero uno dell'associazione. «Chiedo scusa ai tanti colleghi che sono fuori dal sistema delle correnti, che inevitabilmente saranno rimasti scioccati dall'ondata di piena che rischia ingiustamente di travolgere quella magistratura operosa e aliena dalle ribalte mediatiche. Per loro sono disposto a dimettermi ma solo se ci sarà una presa di coscienza collettiva e se insieme a me si dimetteranno tutti coloro che fanno parte di questo sistema. Non farò il capro espiatorio di un sistema», sottolinea Luca Palamara nella memoria che avrebbe voluto presentare al Comitato Direttivo Centrale dell'ANM. «Non mi sottrarrò alle responsabilità politiche del mio operato per aver accettato 'regole del gioco' sempre più discutibili. Ma dev'essere chiaro che non ho mai agito da solo. Sarebbe troppo facile pensare questo». I legali del PM (Roberto Rampioni e Benedetto Marzocchi Buratti) puntano su alcuni file audio per cercare di depotenziare, in parte, le accuse contro Palamara. Audio però che la Procura di Perugia non ha ancora consegnato ai difensori del magistrato e che gli avvocati hanno potuto solo ascoltare senza acquisirli. Per i legali ci sarebbero due telefonate rilevanti. La prima, l'otto maggio del 2019, tra il deputato PD Cosimo Ferri e Palamara. Conversazione in cui i due si danno appuntamento per un incontro allo Champagne. E aver intercettato questa chiacchierata avrebbe dovuto impedire la successiva intercettazione da parte degli inquirenti, che possono ascoltare conversazioni di parlamentari solo se casuali.

In secondo luogo, sempre per Buratti e Rampioni, ci sarebbe stato un errore di trascrizione di una intercettazione:"Si vira su Viola", come Procuratore Capo a Roma, avrebbe detto il deputato Luca Lotti per gli investigatori. "Vedo che si arriva a Viola", sostengono abbia detto Lotti i due avvocati, dopo aver ascoltato l'intercettazione. Sulla vicenda pesa anche il monito durissimo di Sergio Mattarella, che presiede il CSM. Il Presidente della Repubblica ha parlato, giovedì, di "un'ampia diffusione della grave distorsione sviluppatasi intorno ai criteri e alle decisioni di vari adempimenti nel governo autonomo della magistratura". "La magistratura deve impegnarsi a recuperare la credibilità e la fiducia dei cittadini", ha aggiunto, "così gravemente messe in dubbio da recenti fatti di cronaca". Un messaggio chiaro anche all'ANM:"È il momento di dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti per perseguire autenticamente l'interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile". "Un discorso molto bello e appassionato, anche se molto duro", ha spiegato il numero uno dell'ANM Luca Poniz. "Anche il Presidente ha però ricordato che le indagini sono state fatte da magistrati su altri magistrati".

Anche per gli ex consiglieri del CSM coinvolti nella vicenda dell'hotel Champagne si prospettava il rischio dell'espulsione. La maggior parte di loro ha presentato le dimissioni dall'ANM mentre Paolo Criscuoli ha depositato istanza di ricusazione. Per Ferri, in aspettativa, è stato chiesto il non luogo a provvedere perché non più socio dell'ANM, non avendo più versato le quote associative da quando è stato eletto alla Camera. Sospensione comunque per 5 anni per l'ex Consigliere del CSM Paolo Criscuoli. Lo ha deciso il Comitato Direttivo Centrale dell'ANM. Per gli altri ex togati che con Luca Palamara e i politici Luca Lotti e Cosimo Ferri parteciparono all'incontro all'hotel Champagne in cui si parlò delle nomine dei procuratori di Roma e di Perugia, è stato invece deciso il non luogo a provvedere perché, intanto, si sono dimessi dall'Anm. Diversa la posizione di Ferri, che è magistrato in aspettativa. Secondo il Comitato Direttivo Centrale, Ferri è ancora socio dell'ANM, a differenza di quanto sostenuto dal diretto interessato e almeno da una parte dei probiviri: per questo sono stati rinviati gli atti al collegio dei probiviri, che ora dovranno procedere con una proposta.

20 giugno 2020
www.ilmessaggero.it/italia/palamara_anm_ultime_notizie_oggi_20_giugno_2020-5299...
[Modificato da wheaton80 20/06/2020 20:55]
22/06/2020 18:52
 
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ObamaGate - "Terremoto" italiano in arrivo?

Il caso Palamara e le annesse dichiarazioni di Mattarella lasciano scorgere all’orizzonte un nuovo “terremoto” simile alla Tangentopoli dei primi anni '90, in grado di travolgere il Sistema di potere insediatosi in Italia con la 2° Repubblica, ma questa volta con effetti mondiali ancora più dirompenti. Non si tratta solo della possibilità dei coinvolgimenti di Renzi, di Gentiloni, dei Servizi Segreti e di pezzi di Stato italiano nell’ObamaGate, cioè nel tentativo di far cadere Trump costruendo uno scandalo artificioso, bensì del dissesto di tutti quei rapporti tra Giustizia, Politica, Industria, Finanza e Media a fondamento dell’Establishment italiano attuale. Non posso scendere nel dettaglio, ma ai miei lettori posso regalare una primizia anticipando il crollo di un colosso finanziario globale ormai solo nominalmente italiano. Un giudice americano, infatti, nel corso di una causa civile avrebbe fatto hackerare dai Servizi i computer che il grosso Istituto si era rifiutato di fornire, e quello che è saltato fuori è ‘atomico’. Si tratta dei riverberi dei tecnicismi sottesi alla creazione del denaro che pochi addetti finanziari addentro alla complessa materia capiscono. Una verità scabrosa, che se emergesse sui server di una grossa banca, come le mie fonti mi dicono, sarebbe dirompente nel mondo, atteso che il Sistema finanziario ha funzionato autoalimentandosi attraverso scritture “baciate” che coinvolgono di volta in volta due grosse banche per ogni operazione. Nessun giornale finora ne ha parlato (la voce gira da ieri notte e ne ha parlato pubblicamente l’editore Nicola Bizzi), tuttavia è ininfluente alla determinazione degli eventi, ed infatti è sempre più concreto l’arrivo di uno “scossone” globale avente fulcro a Roma. Nei giorni scorsi in Italia abbiamo assistito ad una strattonata violenta al mondo giudiziario, e non dal mondo giudiziario, così come accadde negli anni '90. Negli anni di Tangentopoli, alcune procure in combutta con i soliti media corrotti travolsero DC e PSI, e trasformarono il PCI/PDS nei camerieri della finanza per la globalizzazione, in un contesto di disequilibrio politico in cui venne assegnata una sorta di “patria potestà” alla giustizia nei confronti delle istituzioni democratiche italiane, con buona pace per le teorie sullo Stato moderno improntate alla separazione dei poteri di Montesquieu.

Anche questa volta, la catastrofe politica per i detentori del potere italiano è innescata da Washington, ma in maniera totalmente antitetica a quel Deep State americano che vide nei Democratici USA i dominus della globalizzazione, sin dai tempi della celebre speculazione sulla Lira operata da George Soros, il principale finanziatore della vittoria di Bill Clinton nel 1992. Nell’ambito di questo discorso è opportuno riflettere sulle condizioni per le quali si poté attuare la sottomissione dell’Italia ai percorsi di ‘martiri’ anti-italiani propedeutici a tutti i passi costitutivi dei trattati di unioni europee, riferendosi anche alla spartizione del Bel Paese avvenuta sulla nave Britannia, da cui sortirono i processi di privatizzazione internazionale delle ricchezze pubbliche e quelli di socializzazione delle perdite private. La resistenza italiana alla globalizzazione di Prodi, Amato e Ciampi, fu attuata in maniera molto parziale e velleitaria da Berlusconi, fino a pervenire alla totale cedevolezza di oggi, più o meno come avvenuto ai 5 Stelle, partiti fieri incendiari e dopo un anno di maggioranza ‘arrivati’ più pompieri di Gianni Letta. La bufera giudiziaria sarà innescata all’atto della verifica del modo attraverso cui il Governo Renzi avrebbe aiutato Obama a scapito di Trump nel caso Russiagate, un modo ritenuto eversivo, a quanto sostengono molti commentatori repubblicani americani. Ci troviamo nell’alveo di uno scontro mondiale tra i pro e i contro al Nuovo Ordine Mondiale (globalizzazione), all’interno del quale il PD e le forze euro-unioniste, senza mai avere a favore la maggioranza degli italiani in un’elezione politica nazionale effettivamente da loro vinta, hanno schierato il governo italiano pancia a terra per il Nuovo Ordine Mondiale. Queste élite, spiazzate dai britannici e dal coriaceo Trump, venuto in possesso delle prove dell’ObamaGate, hanno scatenato il potere dell’OMS e della dittatura cinese, le quali hanno creato l’emergenza Covid-19 nel Mondo. L’Amministrazione Trump e significativi senatori americani lo hanno denunciato apertamente, e poiché i capi dei servizi russi e britannici hanno confermato questa tesi, anche corroborando l’ingegnerizazione del virus in laboratorio, non è possibile più lasciar passare ipocrisie e infingimenti, memori sempre di cosa ci disse JFK:"Le grandi cose non accadono, si fanno accadere".

Il dato politico ora è estremamente significativo in Italia, perché questa strategia dei globalisti, creatori e gestori della emergenza covid, ha devastato il nostro Paese, causando decine di migliaia di morti rimasti vittime di un virus scientifico, e danni economici molto ingenti. La Pandemia era stata concepita per destabilizzare l’economia dell’Occidente e far perdere il potere a Trump e ai Repubblicani, e così come il RussiaGate ha avuto luogo di svolgimento in Italia, anche il Covid 19 ha avuto il suo ‘battesimo’ in Occidente in Italia, per le importanti ragioni che sviscererò nel seguito. Al di là degli effetti di questa guerra moderna, atta ad instaurare dinamiche da tirannia sanitaria in Italia, da estendere poi ovunque nel mondo, bisogna capire le motivazioni profonde nell’animo di chi ha concepito tutto ciò, e quindi il ruolo strategicamente necessario della nostra Penisola nel suo senso. In primis, l’Italia fuori dalla UE significherebbe la fine della UE; in secundis l’Italia ospita le autorità morali più antiche e significative dell’Occidente, cioè la chiesa cattolica e il papa. Quindi, chiunque volesse comandare il mondo, dovrebbe comandare anche in Italia, e su questo nessuno discute. L’Italia era assolutamente centrale al fine di sperimentare le possibilità politiche di poter realizzare un contesto occidentale accogliente il transumanesimo. Il transumanesimo è il progetto che vorrebbe applicare concezioni eugenetiche, ritrovati farmacologici acclusivi di nano tecnologie e le varie applicazioni insite nelle onde elettromagnetiche, ovviamente in raccordo anche con le enormi possibilità di sviluppo insite nell’intelligenza artificiale, per far fare un salto agli esseri umani. Che questo salto sia evolutivo o in un burrone che ci porta all’inferno, nessuno lo può stabilire, e ciò costituisce l’oggetto dello scontro mondiale in ragione di visioni opposte diametralmente. In parole semplici, il NWO vorrebbe pervenire ad una formulazione della vita umana integrata da strutturazioni cyborg e tecnologiche, e perciò, chi credesse che il transumanesimo sia fantascienza, il 5G serva solo a vedere meglio i film e i vaccini a non prenderci l’influenza, è semplicemente una persona ignara di come il mondo possa andare avanti in un senso o in un altro, nei prossimi decenni. L’oggetto ultimo della contesa politica mondiale, che possiamo esemplificare pensando allo scontro tra Cina e America, non è solo limitato alla realizzazione della catena di valore delle merci, scassata nell'implementazione globale dai dazi di Trump e dalla Brexit londinese, ma dai tanti ‘come’ debbano impattare certe scoperte avanzatissime nella vita degli esseri umani.

Il fronte anti Nuovo Ordine Mondiale è perciò avverso al proposito di svolta del transumanesimo, ed è guidato da Trump, più volte accorso in sostegno delle libertà dell’Italia, come ad esempio bloccando Conte e Mattarella nel loro intendimento di perpetrare l’emergenza Covid 19 da luglio 2020 fino a gennaio 2021. Altri sei mesi di emergenza sarebbero stati necessari all’installazione delle antenne 5G in ogni dove, oltre a delle cogenti vaccinazioni di massa in autunno, cioè ad un inoculamento nei corpi degli italiani di microcircuiti biointegrabili, appena grandi come molecole. Ma Trump, russi e inglesi non possono permettere che ciò accada in Italia, quindi il governo Conte è destinato a morire a brevissimo termine. Le ‘dissociazioni’ di Mattarella dal Governo Conte e dalle sordide ‘orge’ tra CSM e PD, sono teatrino politico per salvare la faccia del Presidente, perché in America sanno bene che il Governo Conte II è un’opera di Mattarella e di chi lo fece eleggere, cioè Renzi; inoltre, a presiedere il CSM, è sempre stato il Capo dello Stato e non certo il ‘tonno’ Palamara, come direbbe Cossiga. Per capire la situazione sismica in cui ci troviamo, considerate che la Casa Bianca ha fatto come proprio un appello lanciato nei suoi confronti da alcuni semplici cittadini italiani, un’iniziativa di raccolta firme che porta fortissimo detrimento al Governo Conte, ma anche alla Presidenza Mattarella e al Consiglio Superiore della Magistratura. Essa però è presente ufficialmente sul sito della Casa Bianca, e ciò svela il serio problema politico in Italia, anticipando la brutta fine che attende tutti loro, nell’assunto logico ed evidente che l’asse politico Trump-Putin-Jonhson non sia battibile da nessuno in questo mondo, nemmeno da chi ha avuto il potere di creare i soldi dal nulla e perciò di indebitare tutti negli ultimi 50 anni.

petitions.whitehouse.gov/petition

La petizione alla Casa Bianca ha alto valore simbolico, dato che le connivenze e le grandi agibilità per fare i loro comodi in Italia, concesse dall’establishment italiano a Bill Gates, al Bilderberg, ai comunisti cinesi, a Soros, alla UE tedesca e all’OMS, sono alla radice ontologica del gran numero di morti registrato in Italia per Covid, nonché del soffocamento dell’economia italiana, entrambe le situazioni chiaramente finalizzate per instaurare una dittatura sul popolo italiano. Ma perché l’Italia è così importante? L’Italia è assolutamente strategica in questa spietata guerra fredda con morti uccisi tra le lenzuola, e dovete sapere che le indagini americane in Italia scaturite dal RussiaGate sono alla base della pandemia, perché da esse scaturisce un cambio effettivo al vertice degli Stati Uniti, e quindi dell’Occidente. I fatti italiani hanno spinto le elite del NWO a cambiare la strategia, lo scenario mondiale, e forzare la mano per affermare il transumanesimo. Essere un Presidente USA senza poter disporre di CIA, FBI, NSA o Intelligence, come accaduto a Trump per 3 anni, significa poter fare molto poco fuori i confini nazionali, specie se queste agenzie di potere avessero operato nell’ombra e addirittura contro il Presidente. Ma Trump è un ‘gatto rosso’ e proprio grazie ad alcune ‘manovre’ in Italia, ottenute dopo la svolta del Papeete e nel caos del passaggio dal Conte I al Conte II, lui è riuscito a ribaltare la situazione in patria e nel mondo. Le indagini del Dipartimento Giustizia USA hanno messo in evidenza dal 9 ottobre del 2019, cioè dieci giorni prima del rilascio del Covid-19 a Wuhan e due settimane dopo l’incontro a Roma tra Gennaro Vecchione (DIS), Luciano Carta (AISE), e Mario Parente (AISI) e il Ministro della Giustizia USA William Barr, nonché il direttore della CIA, Gina Haspel, chiare evidenze che qualcuno in Italia abbia complottato contro il Presidente USA, obbedendo a logiche globali orchestrate dai Dem USA. Per tre mesi, dal 24 giugno al 27 settembre 2019, all’interno dei Servizi Italiani, l’ufficio sicurezza interna aveva indagato in segreto sull’operato dei due governi a guida Partito Democratico (PD), per verificare se si fossero verificati comportamenti non del tutto regolari a favore dell’allora Presidente Obama e del suo Segretario di Stato Hillary Clinton per boicottare Trump nel 2016. Ed è per questi intricati e sordidi motivi che alcuni uccellini americani e russi avevano suggerito a Salvini di alzare il gomito al Papeete, il quale al governo ci stava benissimo e di abbandonare il Viminale e di Maio ad una brutta fine non ne aveva voglia.

Ma evidentemente bisognava creare una situazione che consegnasse Conte alle disposizioni transitorie di Trump. Trump formulò un’unica richiesta a Conte, a parte il consenso pro quota all’ingresso di Putin per ripristinare il G8, e che fu esaudita da Conte aprendo le porte dei Servizi italiani, probabilmente senza rendersi conto di quanto fosse importante questa cosa per i destini del mondo. Conte, infatti, consegnò le armi di distruzione totale dello “Yes We Can” che Barr, Durham e Haspel raccolsero, mentre i globalisti italiani stavano fregandosi le mani per l’idiozia evidente di Salvini. Conte ha fatto accordi importanti con tre protagonisti che a breve rischiano una bruttissima fine: egli formò un nuovo governo ispirato da Matteo Renzi, uno dei due Premier sul cui operato stava indagando l’Intelligence USA, e ha poi nominato alla Commissione Europea il secondo, Paolo Gentiloni, ed in ultimo ha agito con il patrocinio politico del Presidente della Repubblica, il quale ha fatto emergere una maggioranza parlamentare che non rispecchia il Paese, così come il Padre Costituente Costantino Mortati aveva previsto non dovesse mai essere, assegnando il potere di evitare ciò al Capo dello Stato. Per questi motivi le prove di eventuali irregolarità, sulla cui certezza molti repubblicani mettono la mano sul fuoco, commesse da Renzi o da Gentiloni a scapito di Trump, farebbero esplodere il Governo Conte e metterebbe lo stesso Giuseppi di fronte a enormi problemi personali di carattere giudiziario internazionale. E non è certo un caso, quindi, se il Movimento Cinque Stelle, che aveva riportato il Partito Democratico al governo per riposizionarlo sulle istanze del Nuovo Ordine Mondiale, in questi giorni è in forte imbarazzo per il finanziamento illecito ricevuto nel 2010 da parte del Presidente venezuelano.

In base a quanto ha rivelato il quotidiano spagnolo ABC, cioè la valigia con i denari in contanti inviata dal consolato venezuelano a Milano con «destinatario Gianroberto Casaleggio», la storia è zozza ma è stata confermata da documenti e da dichiarazioni pubbliche di alcuni ex esponenti dei 5 stelle, che avrebbero ricevuto e-mail in tal senso proprio da soggetti politici venezuelani. Credo che le cose possano diventare molto più chiare non appena saranno resi pubblici i traffici di certi Pubblici Ministeri italiani già indagati a Perugia, e in conseguenza i meccanismi italiani saranno facilmente disarticolati con una forza maggiore, sicuramente inarrestabile dalle rivolte afrodemocratiche scatenate da Soros, che peraltro in Italia non hanno preso minimamente piede. Nel nostro Paese l’humus culturale di sinistra è significativo e ha forte impatto nella pubblica partecipazione, ma ancorché recentemente sia stato ben usato dalle élite attraverso l’artificio delle Sardine, questo humus vede ora giocare a favore di Trump. Tutte le piazze in mobilitazione si stanno accendendo e si stanno battendo contro la dittatura sanitaria e i vaccini, in maniera esattamente parallela a quanto sta facendo Trump in America. Il Presidente USA ha confermato la sua genialità e la sua trasversalità ideologica, lanciando contro l’OMS, Fauci e il Cartello Farmaceutico, non una personalità repubblicana, ma la leadership dell’avvocato Robert Kennedy Junior, figlio di Robert e nipote di J.F.K., con ciò scompaginando tutte le narrazioni ortodosse che i media occidentali non riescono più a imporre nemmeno ai cervelli di sinistra radical chic. Il recente sondaggio secondo il quale 1 italiano su 2 dichiara apertamente che non si farebbe il vaccino per il Covid 19, la dice lunga sulle attuali pulsioni antiélite e antigovernative che attraversano il popolo italiano, e che saranno di base all’azione distruttiva dell’establishment italiano, che muoverà da Washington con forza crescente e inarrestabile, causando un terremoto di intensità globale. Gli effetti di tutto ciò investiranno l’UE e il papato gesuita, accavallatosi con abusi a quello legittimo di Benedetto XVI, ma di questi temi vi racconterò nei prossimi articoli.

Gianmarco Landi
21 giugno 2020
www.imolaoggi.it/2020/06/21/obamagate-terremoto-italiano-in-arrivo/?fbclid=IwAR2Ip-9wBFtgKfEbzVtv2t8Ch_ymbzQ1a32CQqcheosOVkFUBKM...
[Modificato da wheaton80 22/06/2020 18:55]
14/10/2020 16:44
 
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Non può pagare il suo debito, il giudice glielo cancella: la storica sentenza a Prato

Una sentenza storica, quella arrivata in queste ore da Prato, dove un giudice della Sezione Fallimentare del Tribunale Ordinario ha cancellato di fatto 430mila euro di debito che gravavano sulle spalle di un cittadino. Salvandolo così dal peso di quella cifra che non era stato in grado di saldare. "Rilevato che l’indebitamento non è riconducibile", si legge nelle motivazioni, "a negligenza del debitore, ma piuttosto alla sua volontà di sostenere la società, impiegandosi in prima persona al fine di garantire l’accesso al credito bancario, rilevato che non è stata riscontrata l’esistenza di atti di frode… Dichiara inagibili i crediti non soddisfatti". Il protagonista di questa storia è un artigiano di 57 anni che ha potuto così, finalmente, ricominciare a vivere. L’uomo lavorava come artigiano per una piccola azienda di termoidraulica specializzata in impiantistica civile. Prima come semplice dipendente, poi socio di minoranza, tentando di aiutare il titolare che, quando nel 2012 aveva visto peggiorare i conti, aveva cercato di far entrare nel capitale della società anche i dipendenti. Alla fine, quando il fallimento si era materializzato all’orizzonte, aveva firmato una fideiussione da 500mila euro di prestito. I soldi erano arrivati da una banca di Prato e l’uomo aveva fatto da garante, sperando così di salvare la sua azienda e mantenere il lavoro. Gli avvocati, una volta iniziato l’incubo dell’indebitamento, avevano così deciso di fare ricorso alla cosiddetta legge “salva suicidi”, approvata nel 2012 per aiutare le persone schiacciate da somme da pagare troppo ingenti. Il lieto fine, però, è arrivato soltanto alla fine di un lungo e tortuoso percorso, con la banca a chiedere i soldi al dipendente dopo il fallimento dell’azienda. All’uomo era stata pignorata metà della casa e una parte dello stipendio. Poi era intervenuto il commercialista Paolo Faini, che si era reso subito conto della particolarità della situazione: una persona che conduceva una vita morigerata, con la fedina penale immacolata, e aveva così inviato un resoconto al giudice nel quale sottolineava il suo spirito “pienamente collaborativo”. Quattro anni dopo, la sentenza: 430mila euro cancellati, soldi che non dovranno essere mai più pagati. E la possibilità, finalmente, di iniziare una nuova vita, senza pesi sulle spalle.

13 ottobre 2020
www.ilparagone.it/attualita/non-puo-pagare-il-suo-debito-il-giudice-glielo-cancella-la-storica-sentenza/?fbclid=IwAR1o8O2rGUwHoz4igrPTxQY1oTTnPbJKeFygX0_xTpInkuCVyzm...
17/11/2020 19:19
 
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Casaleggio strappa. E i 5 Stelle implodono

Mettiamola così: il Movimento 5 Stelle, per come lo abbiamo conosciuto fino a ora, non esiste più. I segnali di una imminente implosione, sia chiaro, c'erano tutti. Ma ieri la deflagrazione è stata pirotecnica. Davide Casaleggio è uscito dal gruppo. Che si fosse ampiamente rotto le scatole della sua stessa creatura, lo aveva esplicitato con un lungo post-confessione lo scorso 4 ottobre, nell'anniversario della fondazione del Movimento. Quel giorno, informalmente, aveva messo una lapide sull'esperienza pentastellata per come, utopicamente, l'aveva concepita il padre Gianroberto. Con il post pubblicato ieri su Facebook, nel quale annuncia di non partecipare agli Stati Generali grillini, issa ufficialmente bandiera bianca e fa un passo indietro. Non è cosa da poco: almeno per due motivi. Il primo: il Movimento nasce da una privatissima intuizione di Gianroberto Casaleggio, veicolata dal megafono Grillo, e cresce e si sviluppa fino a diventare il primo partito, alle elezioni del 2018, grazie alla sua azienda privata.

È la Casaleggio Associati a selezionare e formare la prima classe dirigente del partito, ma soprattutto a fornire l'infrastruttura tecnologica che tiene in piedi la baracca. Dal blog di Grillo, agli inizi, a quello delle Stelle, oggi. Ma soprattutto è Casaleggio ad avere le chiavi di Rousseau, la piattaforma che in teoria amministra tutta la vita democratica dei pentastellati. La commistione tra azienda privata e partito pubblico è talmente fitta da risultare inestricabile. Persino i deputati, alla faccia della Costituzione, sono di fatto contrattualizzati dall'azienda e devono rispondere prima ad essa che ai loro elettori. Il ruolo di Casaleggio è talmente politico, oltre che aziendale, da essere determinante, solo per fare un esempio, alla scelta di un oscuro avvocato di provincia come Premier: tal Giuseppe Conte. Più di Luigi Di Maio, allora portavoce del Movimento, e ancor più di Beppe Grillo, pesavano la sua approvazione o il suo veto. Tutto questo per spiegare quanto non sia marginale la sua uscita di scena: è come se dalla royal family fosse scappata a gambe levate la regina Elisabetta, non Harry e Meghan.

Il secondo punto: Casaleggio lascia il gruppo perché il gruppo ha cambiato genere musicale. Si possono imputare molte colpe al figlio del fondatore (dallo spirito padronale alla minima propensione alla democrazia interna), ma non lo si può tacciare di incoerenza. Casaleggio molla tutto perché, come era facilmente prevedibile, si è reso conto che i «suoi» parlamentari sono incollati alla poltrona, vogliono derogare al limite dei due mandati, non versano l'obolo a Rousseau, grattano sulle rendicontazioni, accumulano avidamente ogni prebenda, si scannano per uno strapuntino, trescano come i peggiori politici della prima Repubblica. Sono come gli altri. Anzi, peggio: perché hanno portato in Parlamento come fiore l'occhiello (come curriculum) l'incompetenza che, come tutte le cattive abitudini, sarà una piantaccia difficile da estirpare. I grillini non valgono un soldo bucato. Lo ha capito, troppo tardi, perfino Casaleggio jr. Lo hanno già capito molti italiani e ci auguriamo che siano sempre di più. L'unico che ci guadagna è Conte: Casaleggio e Grillo non parleranno agli Stati Generali. Il Presidente del Consiglio si aggirerà, virtualmente, come uno sciacallo tra Crimi e Di Maio, vittime sacrificali di un grillismo che non esiste più. Volevano essere l'apriscatole del sistema e sono finiti ad essere solo un taxi (verso il sistema) per Conte. Che non ha neppure pagato la corsa.

Francesco Maria Del Vigo
15/11/2020
www.ilgiornale.it/news/cronache/casaleggio-strappa-e-i-5-stelle-implodono-1903...
18/01/2021 19:35
 
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Il successo di “Io Apro”: già oltre 8mila ristoratori hanno aderito alla protesta

Mentre la stampa asservita al governo giallorosso si affretta a dipingere la protesta dei ristoratori contro le restrizioni come “un flop”, i numeri, quelli veri, certificano invece il successo di un’iniziativa che ha visto tanti imprenditori alzare la saracinesca, in barba alle regole imposte dall’esecutivo Conte, per dire “basta” a una situazione ormai diventata insostenibile. Una ribellione pacifica, “gentile”, come l’hanno definita gli stessi partecipanti. Di fronte a una classe politica che continua a promettere aiuti senza mantenere. E che, incapace di anticipare la seconda ondata della pandemia, non sa fare altro che chiedere sacrifici a chi già non ce la fa più. L’iniziativa “Io Apro” ha così avuto seguito in ogni regione d’Italia. Con numeri ovviamente più bassi nelle aree che fin qui avevano goduto del privilegio di essere classificate come “zona gialla”, con bar e ristoranti ancora aperti. E più alti, invece, dove le chiusure si sono abbattute con più forza sulle precarie condizioni economiche di chi da un anno, ormai, non può più lavorare. Secondo TNI - Tutela Nazionale Imprese, almeno 8mila sono i ristoratori che hanno aderito alla manifestazione, aprendo le porte del proprio locale. Altri hanno invece organizzato dei flash mob come forma alternativa di protesta. Una rabbia che ha incontrato il buonsenso delle forze dell’ordine, intervenute nei locali aperti per verificare che tutto si stesse svolgendo nel rispetto delle normative anti-Covid ma che raramente hanno comminato multe ai gestori, nel rispetto del diritto di sciopero.

A Milano, per esempio, la questura ha parlato di interventi che hanno portato a identificare 150 persone, senza nessuna sanzione. Tante le testimonianze di chi ha aderito. Mohamed El Hawi, 34enne alla guida dei tre ristoranti di famiglia a Firenze, ha raccontato all’Adnkronos:“Abbiamo vinto la prima battaglia, metaforicamente parlando, ma non ancora la guerra. C’è stata un’affluenza pazzesca nei locali, tutti erano full. In Italia sono circa 2mila i ristoratori che hanno aderito all’iniziativa. Nei miei locali sono venuti i carabinieri, ma devo dire che sono stati gentili ed educati. Mi hanno imposto la chiusura, però mi sono opposto e la serata è andata avanti”. Per chi nei prossimi giorni riceverà invece una multa per aver aderito alla protesta, che continua a raccogliere adesioni e continuerà la sua marcia, è a disposizione un collegio difensivo coordinato dall’avvocato Lorenzo Nannelli:“Nel complesso è stata un’iniziativa all’insegna dell’educazione e del rispetto delle norme. Mascherine, distanziamento sociale e coprifuoco rispettati”. Una manifestazione che ha visto la partecipazione anche del senatore Gianluigi Paragone, che prima a Bologna e poi a Sassuolo ha incontrato alcuni ristoratori rimasti aperti. La diretta Facebook del fondatore di Italexit ha superato il milione di visualizzazioni, a conferma di quanto consenso stia raccogliendo l’iniziativa.

18 gennaio 2021
www.ilparagone.it/attualita/il-successo-di-io-apro-gia-oltre-8-mila-ristoratori-hanno-aderito-alla-protesta/?fbclid=IwAR14parUVeBI6GIMKVGdArYi8iyFt-A-NnoqyGzniIK0Dun3nc7...
01/03/2021 20:19
 
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Nel silenzio più assoluto, i bambini di Bibbiano sono tornati a casa

Tutti i minori coinvolti nel cosiddetto «caso Bibbiano» sono tornati dalle loro famiglie. La notizia, data dal quotidiano La Verità e pochi altri media, è passata sotto il silenzio più totale. Così almeno sarebbe emerso dall’ultimo giorno di udienza preliminare, tenutasi lo giovedì scorso. Il tribunale di Reggio Emilia da ottobre sta considerando la richiesta di rinvio a giudizio per 24 persone. Il pubblico ha avuto modo di avere questa informazione grazie a Valentina Salvi, il PM che, con coraggio e tenacia, da oramai due anni sta conducendo l’inchiesta «Angeli e Demoni». «Il ritorno a casa di tutti i minori di Bibbiano è il risultato dello stravolgimento delle valutazioni dei loro genitori, effettuate negli anni dai servizi sociali della Val d’Enza». In pratica, i fascicoli con i casi specifici sarebbero passati ora ad altri assistenti sociali, che avrebbero quindi deciso diversamente rispetto agli allontanamenti imposti dal sistema precedente. «E il tribunale di Bologna, che quegli allontanamenti avrebbe avallato, ha fatto retromarcia», scrive La Verità. Giovedì il sostituto procuratore Salvi avrebbe anche chiarito che il nome «Angeli e Demoni», con cui si battezzò l’inchiesta nel 2018, non vuole criminalizzare gli indagati. Il PM ha infatti spiegato che i diavoli erano un elemento nelle sedute di psicoterapia. «Venivano sventolati davanti ai bambini disegni di personaggi positivi e negativi, tra cui anche il diavolo, che poi i bambini vedevano nei loro incubi di notte». Per alcune famiglie, parte dell’incubo potrebbe essere finito. O quasi.

27 febbraio 2021
www.renovatio21.com/nel-silenzio-piu-assoluto-i-bambini-di-bibbiano-sono-tornati...
23/03/2021 13:57
 
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Riciclo rifiuti, Italia leader in Europa: in testa alla classifica con il 79%

L'Italia batte tutti i Paesi europei sul fronte del riciclo dei rifiuti raccolti. Secondo il rapporto stilato da Symbola, l'Italia si colloca in prima posizione con il tasso percentuale più alto sulla totalità della raccolta (79%), battendo così la Francia con il 56%, la Germania con il 43% e il Regno Unito con il 50%. Numeri che trovano conferma anche nel "Rapporto nazionale sull'economia circolare in Italia 2021", preparato dal CEN-Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile assieme a un gruppo di aziende e associazioni di impresa e da ENEA, nel quale l'Italia consolida il suo primato sul fronte circolare. Il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, al convegno della fondazione Symbola, sulla scia dei dati ha dichiarato:"L'Italia è leader in Europa nel riciclo, ricicliamo circa il doppio dei materiali della media europea. Siamo più circolari dei nostri partner europei, il nostro tasso di circolarità è un terzo maggiore di quello medio europeo". "Ma abbiamo grandi margini di miglioramento e grande volontà di migliorare", ha poi aggiunto. "Con il Recovery Plan faremo tutto il possibile per fare in modo che questa leadership italiana si confermi e si rinforzi. Vogliamo mantenere il vantaggio sulla concorrenza, dobbiamo essere i primi della classe", ha concluso il Ministro Cingolani.

23 marzo 2021
www.affaritaliani.it/green/riciclo-rifiuti-italia-leader-in-europa-prima-in-classifica-con-il-79-730240.html?re...
27/04/2021 02:24
 
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Duro colpo alla Black Axe, la sanguinaria mafia africana: arrestati 30 boss nigeriani in 13 città

Chi c’è dietro la ragazza discinta che chiede l’amicizia su Facebook? E dietro la maggior parte dei reati on line? Dietro le prostitute africane sulle vie d’Italia? E dietro il traffico di tonnellate di droga che inondano le piazza di spaccio italiane? La risposta è sempre la stessa: Black Axe. La mafia che ha i vertici in Nigeria, ma che in Italia è sempre più egemone. L’ennesima conferma arriva dall’arresto oggi di trenta boss nigeriani in tredici città d’Italia. Protagonisti dell’operazione Hello Bross, contro la mafia nigeriana, gli agenti della Polizia di Stato de L’Aquila. Un blitz poderoso che ha visto l’intervento delle squadre Mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni.

Chi era il capo della Black Axe in Italia
I membri dell’organizzazione mafiosa nigeriana denominata Black Axe devono rispondere di numerosi reati. Tra questi, traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione. Gli agenti hanno perquisito le case di venticinque cittadini nigeriani, parimenti indagati per associazione di stampo mafioso. I provvedimenti restrittivi sono frutto di una articolata e complessa attività d’indagine condotta dalla Squadra Mobile de L’Aquila, dalla Sezione di Polizia Giudiziaria e dal Servizio Centrale Operativo, collaborati dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e dal Servizio Polizia Scientifica. Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza e l’operatività, in Italia, di una associazione a delinquere di stampo mafioso costituente un’articolazione dell’organizzazione criminale denominata Black Axe.

Dalle truffe informatiche alla tratta delle schiave sessuali
In particolare, è stata ricostruita l’intera struttura dell’organizzazione criminale, individuandone i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche (Forum) presenti in diverse città italiane, tutti appartenenti ad una struttura associativa unitaria facente capo, in Italia, al predetto nigeriano stanziale a L’Aquila. Gli indagati si sono resi autori di numerosi reati, in prevalenza rientranti nel cybercrime, realizzando così cospicui guadagni: le evidenze investigative hanno delineato una struttura, operante anche a livello transnazionale, dedita alla commissione dei delitti con compiti svolti in modo modulare da ciascun appartenente. Una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin. Con essi, i criminali compravano nel mercato del darknet i numeri delle carte di credito clonate. Con queste compravano sui siti e-commerce numerosi beni e servizi. Tra questi cellulari, televisori, computer, abbigliamento e scarpe di marca, biglietti aerei ecc... Il gruppo criminale mafioso aveva accumulato cospicue disponibilità di denaro in vari Paesi europei ed extraeuropei.

Pamela Mastropietro e l’ombra della mafia nigeriana
Il denaro provento dei vari delitti veniva reinvestito in un vero e proprio reticolo di transazioni finanziarie. In questo modo occultavano la tracciabilità del denaro. Ripulivano, quindi, i soldi sporchi. Nonostante il tentativo di adottare un basso profilo da parte del capo del gruppo criminale “Zonal Head Italia”, le indagini hanno messo in luce la presenza di un’organizzazione gerarchica, caratterizzata da aggressività e violenza, dotata di rigide regole di condotta che ne disciplinano l’accesso e dalle quali discendono, per gli appartenenti, precisi obblighi la cui osservanza è finalizzata al rafforzamento della consorteria e del vincolo associativo. Altre peculiarità emerse nel corso delle investigazioni sono l’utilizzo di determinate terminologie, simbologie e gestualità. Nonché riti di affiliazione, collegamenti con la casa madre nigeriana e con le altre zone, cioè delle macroaree corrispondenti a una o più Nazioni. Il gruppo criminale effettuava anche delle raccolte di denaro in favore dei sodali arrestati con la presenza di una cassa comune con la tenuta di un libro mastro. La mafia nigeriana e la Black Axe avevano fatto capolino anche nell’efferato delitto di Pamela Mastropietro. La giovane ragazza romana venne stuprata, uccisa e fatta a pezzi ad Ancona. Per quel delitto ha pagato solo una persona, ma il sospetto è che dietro ci fosse più di un carnefice, coperto appunto dalla mafia nigeriana.

Luisa Perri
26 aprile 2021
www.secoloditalia.it/2021/04/duro-colpo-alla-black-axe-la-sanguinaria-mafia-nigeriana-30-arresti-in-1...
27/04/2021 18:02
 
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Stop shopping cinese. Così Draghi e Giorgetti difendono i microchip

C’è la firma di Giancarlo Giorgetti sul primo veto del Governo Draghi con il Golden Power. Il provvedimento, annunciato in conferenza stampa dal Premier, ha bloccato l’acquisizione del 70% di un’azienda italiana specializzata nella produzione di chip, la LPE di Baranzate, da parte della cinese Shenzen Invenland Holdings, ha svelato il Sole 24 Ore. È il primo veto imposto da questo governo, dopo tre interventi con prescrizioni per due contratti 5G (Fastweb-ZTE e Linkem-Huawei-ZTE) e un investimento nel fintech (Satispay-Square-Tencent). Giovedì, presentando le linee programmatiche del Mise alla Camera, Giorgetti ha auspicato un rafforzamento dei “poteri speciali” di intervento del governo in due settori, l’automotive e la siderurgia. Draghi, in serata, gli ha fatto sponda:“Sono d’accordo con Giorgetti, il Golden Power è uno strumento del governo per evitare la cessione di asset strategici a potenze straniere, va usato. Quello sui semi conduttori è stato un uso di buon senso in questa situazione. È un settore strategico, ce ne sono altri”. Il tema della protezione della filiera dei microchip è al centro di una nuova strategia della Commissione UE e uno dei dossier più delicati della Guerra Fredda tech fra Cina e Stati Uniti. Di tante supply chain che si sono ristrette a causa della pandemia, quella dei microchip ha pagato il prezzo più alto. Il motivo è presto spiegato. I semiconduttori, o chip, sono i “cervelli” che fanno funzionare un ampio ventaglio di dispositivi elettronici. È il caso delle macchine, che usano decine di microchip per far funzionare i finestrini, gli airbag, l’aria condizionata e molto altro. Nel giro di poche settimane, il settore dell’automotive è stato costretto a una brusca battuta d’arresto. Fabbriche chiuse, produzione più che dimezzata, dall’Asia all’America. Allo stesso tempo, però, è impennata la domanda di chip per computer e componenti elettroniche, dovuta all’improvviso allargamento della platea digitale per lo smart working. Uno sbilanciamento che, ora che l’automotive è pronto a ripartire, è molto difficile da invertire. Di qui la nuova caccia globale agli impianti in grado di produrre i chip, o una loro parte. E la corsa degli Stati occidentali a difenderli dallo shopping di Paesi asiatici, Cina in testa. Anche perché molte delle tecnologie impiegate in questi stabilimenti sono “dual-use”, ovvero possono avere sia applicazioni civili che militari. Il Dragone è tutt’oggi il più grande acquirente mondiale di semiconduttori.

Non c’è azienda europea, americana o asiatica che dica di no alle cospicue offerte (quasi sempre sussidiate dallo Stato centrale) dei campioni cinesi del settore. Un record di cui in realtà Pechino non ha da vantarsi. Il piano “Made in China 2025”, ambiziosa strategia sbandierata da Xi Jinping all’insegna dell’“autonomia strategica” cinese, anche nel settore dei microchip, finora rimane sulla carta. Complici le sanzioni secondarie dell’Amministrazione Trump sulla vendita ai cinesi da parte dei produttori asiatici, su tutti la taiwanese TMSC, che hanno costretto la Cina a cercare nuovi mercati. Ecco perché, in questi mesi, lo shopping cinese in Europa è notevolmente cresciuto. La vicenda della piccola LPE citata da Draghi è in effetti un perfetto “caso di scuola”. Gli investitori cinesi non bussano alla porta dei grandi player europei, come l’italofrancese STM, citata da Giorgetti come best practice nella collaborazione fra Italia e Francia, perché sanno che la scalata è impossibile. Meglio farsi avanti, magari con aziende dai bilanci opachi, con realtà piccole e altamente specializzate. Proprio come la LPE, che da quarant’anni eccelle nella produzione dei “wafer” necessari a costruire i chip drogati (cioè trattati) con l’arsenico. L’Italia non è l’unica nel mirino. Un anno fa, dopo una campagna di pressione dell’Amministrazione Trump, l’Olanda ha bloccato l’acquisizione da parte della cinese SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corp) di ASML, compagnia olandese considerata un gioiello nella “litografia”, processo chiave per costruire i microchip. Come proteggere i “gioielli” della filiera italiana? Il Golden Power è una faccia della medaglia. Si può ampliare, anche se fra gli addetti ai lavori non mancano gli scettici: i poteri di intervento sono già molto estesi. Semmai, e qui si inserisce la sollecitazione di Giorgetti, è bene tenere a mente la “bigger picture”. Cioè ricordare che, ad esempio, il settore automotive è una scatola che ne comprende tanti altri. Robotica industriale, software di programmazione, rete 5G. Basta abbassare la guardia su un solo tassello, e le difese crollano. L’altra faccia della medaglia riguarda “il contrattacco”. Qui Palazzo Chigi e il Mise hanno le idee chiare. Giorgetti ha chiesto di rivedere la normativa sugli aiuti di Stato. Non è un semaforo verde per un’involuzione statalista né per sussidi a pioggia del governo sulla scia di quelli che, da anni, sostengono i grandi player cinesi. Ci sono altre vie. Vettori come la CDP o il Fondo Italiano di Investimento stanno sviluppando nuove competenze anche in questo settore. Poi ci sono i fondi privati, a cominciare da giganti americani come KKR e Carlyle, che già vantano un’enorme presenza nel mercato italiano. E sono pronti a dare una mano, i contatti sono stati avviati. Un altro banco di prova della “resilienza” del rapporto Italia-USA.

Francesco Bechis
09/04/2021
formiche.net/2021/04/stop-shopping-cinese-cosi-draghi-e-giorgetti-difendono-i-mi...
01/05/2021 19:23
 
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Cosa è la loggia Ungheria, l’organizzazione sovversiva che condizionava nomine in magistratura e negli incarichi pubblici

Il cosiddetto Sistema Siracusa
«Una delle più gravi, estese e spudorate corruzioni sistemiche mai realizzate», dichiarazione in udienza del sostituto procuratore generale di Messina Felice Lima. L’avvocato siciliano Piero Amara viene arrestato a febbraio del 2018 con l’accusa di aver creato una struttura, composta da professionisti e magistrati, finalizzata ad aggiustare i processi e a pilotare le sentenze al Consiglio di Stato. Gli danno manforte il collega Giuseppe Calafiore e il PM della Procura di Siracusa Giancarlo Longo. Amara professionalmente aveva consolidato un ottimo rapporto con ENI, divenendone uno dei principali legali esterni. Ad arrestarlo, in una operazione congiunta, sono le Procure di Roma e Messina. Associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla corruzione in atti giudiziari, alcuni dei reati contestati. Insieme ad Amara, Calafiore e Longo viene arrestato il giudice Riccardo Virgilio, presidente di sezione a Palazzo Spada.

La collaborazione
Amara rimane molto poco agli arresti, iniziando subito una collaborazione con gli inquirenti che lo porterà a patteggiare una pena sotto i quattro anni, evitando così il carcere. Chi non è convinto della bontà del “pentimento” di Amara è il PM romano Stefano Rocco Fava che, agli inizi del 2019, in un procedimento si imbatte nell’avvocato siciliano. Fava chiede l’arresto per Amara. Dai riscontri in possesso del magistrato, pur in pendenza dei procedimenti penali, Amara avrebbe ricevuto la cifra di 25 milioni di euro da ENI, poi diventati 80. Il motivo di questa corposa dazione, che avrebbe reso ricattabili i vertici ENI, sarebbe legata proprio alla corruzione di Longo per procedimenti a tutela dell’Amministratore Delegato del colosso petrolifero Claudio Descalzi presso le Procure di Trani e Siracusa. Amara, secondo Fava, non aveva poi detto tutto quello di cui era a conoscenza sulle corruzioni.

Il depistaggio
Amara, tramite false denunce, aveva orchestrato un complotto per depistare i PM di Milano che stavano indagando i vertici dell’ENI per corruzione internazionale. Ad essere coinvolti nella macchinazione, l’Amministratore Delegato di Saipem Umberto Vergine e il consigliere indipendente del colosso petrolifero Luigi Zingales. Il fascicolo arriva a Milano ed è assegnato al PM Paolo Storari e all’aggiunto Laura Pedio. Storari interroga a maggio del 2019 Salvatore Carollo, un manager di ENI, che racconta di aver saputo da Amara che esisteva un “blocco di potere con i servizi segreti” di cui l’avvocato siciliano faceva parte. Nel frattempo a Roma l’aggiunto Paolo Ielo respinge la richiesta di Fava di arrestare Amara. Il Procuratore Giuseppe Pignatone toglierà al magistrato il fascicolo. Fava, allora, presenterà un esposto al CSM, segnalando mancate astensioni in alcuni procedimenti da parte di Ielo e Pignatone.

Il Palamaragate e il ritorno a Milano
A cominciare dall’estate del 2019, dopo lo scoppio del Palamaragate, Amara avvia una collaborazione con la Procura di Perugia, divenendo uno dei principali accusatori dell’ex zar delle nomine al CSM, indagato per corruzione. Amara, a fine 2019, torna nuovamente alla Procura di Milano e rende ben quattro interrogatori in meno di un mese davanti all’aggiunto Pedio e al sostituto Storari nell’ambito delle indagini sui depistaggi nel processo ENI-Nigeria. Pedio è uno degli aggiunti maggiormente legati al Procuratore Greco. Nei verbali si fa riferimento ad una loggia segreta denominata “Ungheria”.

Il viaggio a Roma e le indagini

Storari, percependo una inerzia (smentita invece dai diretti interessati) da parte dei suoi capi in questa vicenda, non propensi ad indagare i soggetti chiamati in causa da Amara, a marzo del 2020 consegna i verbali con le testimonianze di Amara a Piercamillo Davigo al CSM. Storari lascia i verbali in formato word, non firmati. Davigo, che trattiene i verbali, avrebbe (il condizionale è d’obbligo, ndr) informato allora i vertici del CSM, il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il vice presidente David Ermini. A marzo del 2020 il CSM nomina Michele Prestipino nuovo procuratore di Roma. E proprio in quel mese Davigo cessarà di aver rapporti con il togato Sebastiano Ardita, suo fedelissimo. La chiusura delle indagini a Perugia a carico di Palamara avviene ad aprile, con il deposito delle terribili chat. Il 17 giugno dello stesso anno Raffaele Cantone diventa Procuratore di Perugia nonostante il voto contrario di Davigo e di Nino Di Matteo. Il processo a Palamara inizierà a luglio e, dopo la sospensione feriale, si concluderà il 9 ottobre con la radiazione del magistrato. Il 19 ottobre è l’ultimo giorno di servizio di Davigo. Contro la sua permanenza voterà Di Matteo.

L’invio dei verbali ai giornali

A fine ottobre la funzionaria del CSM Marcella Contrafatto, legata al magistrato romano Fabio Gallo, uno degli esponenti di punta della corrente di Davigo Autonomia&indipendenza a piazzale Clodio, e segretaria dell’ex PM di Mani Pulite, dopo aver lavorato con il togato Aldo Morgigni (A&i), invia questi verbali in busta anonima al Fatto Quotidiano e a Repubblica. I giornalisti che ricevono le carte decidono di non pubblicarle per rispetto della “giustizia” e fanno denuncia in Procura. Andrea Massari del Fatto, in particolare, si reca a Milano, la Procura che, secondo Storari, sarebbe rimasta inerte su queste carte. I verbali arrivano anche a Di Matteo, che le manda a Perugia e ne dà notizia questa settimana in Plenum. Nelle carte compare il nome di Ardita. "Una palese calunnia da parte di Amara", ha puntualizzato il PM antimafia. Il PG della Cassazione Giovanni Salvi ha negato di aver mai saputo nulla del contenuto di questi verbali:"Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte del Consigliere Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Piero Amara alla Procura di Milano", ha dichiarato ieri una nota. "Di ciò ho appreso solo a seguito delle indagini delle Procure interessate e della conseguente perquisizione nell’ufficio di una funzionaria amministrativa. Si tratta di per sé di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza. Non appena pervenuti gli atti necessari da parte delle Procure competenti, la Procura Generale valuterà le iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto, per la parte di sua spettanza". Ermini si è dichiarato “estraneo” a quanto sta accadendo, ricordando di aver subito sospeso dal servizio la dottoressa Contrafatto. Storari, infine, ha dichiarato di essere pronto ad essere sentito dal CSM.

Cosa c’è nei verbali?
Una loggia super segreta composta da magistrati, alti ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, professionisti ed imprenditori per condizionare nomine in magistratura e negli incarichi pubblici Perché Ungheria? Escludendo il richiamo al Paese dell’est Europa, il riferimento potrebbe essere alla piazza dei Parioli. Un piazza importante: è alle spalle del Comando Generale dell’Arma e vi ha l’abitazione un importantissimo magistrato, ora in pensione.

La pubblicazione

La pubblicazione del contenuto è iniziata la settimana scorsa da parte del Domani. Il primo ad essere tirato in ballo è stato il Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, che avrebbe indotto Amara a non licenziare l’esperta di relazioni istituzionali e sua amica Giada Giraldi, assunta in una delle società dell’avvocato siciliano, con un contratto di circa 4-5mila euro al mese, a seguito di una raccomandazione del faccendiere laziale Fabrizio Centofanti. Amara avrebbe detto di aver assunto nel 2017 Giada Giraldi per fare un piacere all’allora influente Presidente della Quarta Sezione del Consiglio di Stato. Patroni Griffi, però, sarebbe stato il Presidente del Collegio che doveva decidere in un contenzioso tra due società e il titolare di una di queste era assistito dallo stesso Amara. Poi è stato il turno dell’ex Premier Giuseppe Conte, segnalato da Amara per una consulenza per la società Acqua Marcia, controllata da Francesco Bellavista Caltagirone, da 400mila euro. A fare il nome di Conte sarebbe stato Michele Vietti, ex Presidente del CSM. Dopo aver lavorato come consulente in Acqua Marcia, finita in concordato, Conte aveva svolto una attività per un imprenditore pugliese, Leonardo Marseglia, nella compravendita del Molino Stucky, stupenda struttura extralusso che sorge sull’isola della Giudecca, e nel portafoglio della società di Caltagirone. Sulla carta un potenziale conflitto d’interessi, dal momento che Conte aveva lavorato prima come consulente di Acqua Marcia (di cui conosceva i documenti del concordato) poi con Marseglia, che di quel concordato aveva beneficiato.

Le reazioni
"Non ho mai ricevuto verbali da alcuno, forse perché non avevo pubblici ministeri amici: su questa vicenda si è inteso fare del CSM una sorta di organo di giustizia domestica", è la sintesi dell’ex laico del CSM Antonio Leone. "Insomma", aggiunge Leone, "secondo le prime ricostruzioni, un PM di Milano che non riesce a farsi autorizzare ad iscrivere una notizia di reato si rivolge per tutelarsi dai suoi capi ad un onsigliere del CSM e gli consegna le carte. Il consigliere non informa tutto il Consiglio ma in maniera molto informale i vertici. Non si capisce chi abbia allora informato i vertici, forse il Padreterno. A parte la battuta una cosa è certa: fra autotutele e non opponibilità del segreto d’ufficio ai consiglieri (mi sembra per violazione del segreto alcuni consiglieri del CSM siano stati indagati) c’è sempre più confusione", ha concluso Leone. Sulla vicenda è intervenuto anche Luca Palamara. Interpellato dall’Adnkronos, l’ex zar delle nomine ha dichiarato:"Sono sicuro che con l’impegno delle istituzioni tutta la verità verrà fuori. Questo Paese merita trasparenza e il coraggio delle opinioni libere. Una volta che la verità non verrà più mistificata".

Paolo Comi
01 maggio 2021
www.ilriformista.it/cosa-e-la-loggia-ungheria-lorganizzazione-sovversiva-che-condizionava-nomine-in-magistratura-e-negli-incarichi-pubblici-215269/?re...
29/10/2021 02:18
 
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DDL Zan affossato, la proposta liberticida coerente con il pensiero unico

Per fortuna, il DDL Zan è stato bloccato. Si trattava di una proposta liberticida, coerente con lo spirito dei tempi e con la persecuzione di ogni pensiero non allineato. Palesemente proditoria era la sua presunta ratio, vale a dire la punizione dei gesti discriminatori: tali gesti sono già giustamente sanzionati dalla nostra carta costituzionale. Il vero obiettivo del DDL Zan era notoriamente un altro: imporre coattivamente il nuovo ordine mentale e il pensiero unico eroticamente corretto, funzionale alla decostruzione di ogni residua figura dell'identità e della famiglia come fortilizi di resistenza al nichilismo relativista della civiltà dei mercati. Sacrosanto combattere contro le discriminazioni, abominevole combattere contro le identità sessuali.

Diego Fusaro
28 ottobre 2021
www.affaritaliani.it/blog/lampi-del-pensiero/ddl-zan-affossato-la-proposta-liberticida-coerente-con-il-pensiero-unico-764...
[Modificato da wheaton80 29/10/2021 02:19]
10/01/2022 17:27
 
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La fuga di Giorgetti e il caos dell’ultimo decreto Covid: il regime di Draghi è allo sbando

La cronaca della giornata del 5 gennaio potrebbe essere definita come la cronaca dell’inizio della fine del regime di Mario Draghi. La vigilia della Befana non è stata affatto una giornata ordinaria come tutte le altre. Nelle settimane precedenti, l’apparato terroristico dei media di regime ha alimentato al massimo il mantice della paura. Per tutto il periodo delle festività natalizie, i media hanno rovesciato addosso al popolo italiano, già duramente provato dalla logorante operazione terroristica del coronavirus, le minacce più dure. Era stato fatto credere agli italiani che il 5 gennaio ci sarebbe stato il giro di vite definitivo, quello che avrebbe chiuso ogni residuo spiraglio di libertà rimasto ancora aperto. Era stato fatto credere loro che il regime di Draghi avrebbe dato vita ad un obbligo vaccinale generalizzato accompagnato dall’estensione del certificato COVID rafforzato a tutti i lavoratori di ogni categoria ed età. Assieme ai media di regime anche l’apparato della falsa controinformazione si è unito a questa strategia del terrore. Sono ormai settimane infatti che numerose chat Telegram sono letteralmente infestate da agenti della disinformazione il cui compito specifico è quello di seminare ovunque paura e adombrare gli scenari più catastrofici e assurdi. Vi verranno a prelevare nelle case il 23 dicembre mentre mangiate il panettone assieme ai vostri cari per deportarvi e inocularvi a forza il siero sperimentale al grafene. Vi sveglierete il primo gennaio dell’anno nuovo sotto il cielo della dittatura militare, come un misterioso individuo su WhatsApp, che imitava la voce di un altro giornalista, cercava di far credere. E ancora, vi toglieranno i soldi dal conto corrente, oppure vi sospenderanno la pensione se non vi farete il siero. Quella alla quale abbiamo assistito nelle ultime settimane, e purtroppo anche negli ultimi mesi, è una congegnata operazione di destabilizzazione psicologica. Sono quelle operazioni di guerra psicologica che vengono studiate e concepite nelle stanze dei servizi per piegare la resistenza di coloro che ancora non hanno ceduto e non si sono inoculati il farmaco sperimentale. In questo momento a rivestire un ruolo di assoluto rilievo in questa campagna del terrore non sono neanche tanto gli organi ufficiali del mainstream mediatico, che da tempo hanno perduto la capacità di influenzare l’opinione pubblica. Sono i cosiddetti canali alternativi.

Le masse ormai hanno compreso che della carta stampata nelle mani di pochi oligarchi, quali gli Elkann legati alla famiglia Rothschild, o Urbano Cairo, uomo di Soros, non c’è da fidarsi. Gli architetti del caos dunque hanno cambiato strategia. Se le masse non credono più a ciò che diciamo sui quotidiani nazionali dobbiamo assumere una nuova forma. Dobbiamo parlare al popolo attraverso le piattaforme che in questo momento esso frequenta alla ricerca delle verità taciute dai media nazionali. L’ordine quindi è stato quello di inondare le piattaforme alternative e di abbattere la resistenza psicologica delle persone facendo credere loro che non c’è più nulla da fare, che tutto è perduto. Quanto invece accaduto il 5 gennaio rivela che qualcosa nell’apparato del regime di Mario Draghi si è definitivamente incrinato e che non tornerà più al suo posto. Nella mattina della vigilia dell’Epifania fugge da Roma Giancarlo Giorgetti, uno degli uomini che è stato uno dei principali artefici della calata dell’uomo del Britannia a Palazzo Chigi. La Repubblica degli Elkann fa trapelare un retroscena che descrive l’eminenza grigia della Lega profondamente irritata e contrariata dalle intenzioni di Draghi di procedere ad una ulteriore stretta. Giorgetti esprime tutta la sua contrarietà a dare vita ad un certificato rafforzato per il mondo del lavoro per il semplice fatto che si rende perfettamente conto che il Paese così rischia definitivamente di saltare. Non è in realtà nemmeno tanto questo che preoccupa Giorgetti. Il suo ruolo è stato quello di assecondare per decenni gli interessi dello Stato Profondo italiano che ha deindustrializzato il Paese. La sua preoccupazione maggiore in questo momento è quella di essere travolto dalle conseguenze della disgregazione dell’intero sistema politico italiano. Il tessuto produttivo nazionale è stato già largamente lacerato dalla prima fase dell’operazione terroristica del coronavirus, quella nella quale fu l’ex Premier Conte a iniziare la definitiva desertificazione economica del Paese.

Perché il potere mondialista ha inviato Draghi a Roma
Mario Draghi ha raccolto il testimone di questa operazione perché a lui gli ambienti massonici hanno affidato la missione di portare a termine l’omicidio economico e morale del Paese iniziato già decenni addietro. La storia d’Italia più recente può essere definita una storia di tradimenti perpetrati dalla corrotta classe politica italiana ai danni di questa Nazione. La morte del Paese era stata decretata già molti anni addietro, quando uno dei circoli più influenti dell’architettura del Nuovo Ordine Mondiale, il Club di Roma, fondato dalla famiglia Rockefeller, decretava la deindustrializzazione italiana nei primi anni’70. L’Italia stava diventando troppo potente e la sua industria, specialmente quella pubblica all’epoca nelle mani del compianto IRI, uno dei più grandi gruppi industriali al mondo, andava smantellata e messa all’asta. Nel corso dei decenni si è assistito al declino lento e inesorabile di una potenza economica non perché essa non sia stata in grado di praticare le riforme strutturali come asseriscono i professionisti della disinformazione. Il declino dell’Italia è stata la conseguenza diretta del tradimento della sua classe dirigente che, piuttosto che fare gli interessi di questa Nazione, ha servito gli interessi di quei poteri occulti che vogliono procedere all’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale. Decennio dopo decennio è stata smontata e distrutta tutta l’impalcatura economica dello Stato imprenditore che aveva reso l’Italia una potenza soprattutto grazie ad una formula economica che non vedeva lo Stato nei meri panni di uno spettatore, come vuole la dottrina oligarchica neoliberale, ma piuttosto di un attore attivo nei processi economici. Venne quindi la stagione di Prodi, uno dei referenti privilegiati dell’alta finanza in Italia, che iniziò meticolosamente ad uccidere il cuore industriale pulsante dell’Italia, custodito all’epoca dall’IRI. Venne poi Mario Draghi, l’uomo che più di tutti in Italia rappresenta l’interlocutore più influente di quel mondo massonico e finanziario che ha tanto in odio questo grande Paese. Quando Mario Draghi salì a bordo del Britannia nel 1992 non lo fece per rappresentare il Ministero dell’Economia e lo Stato italiano che avrebbe dovuto servire. Lo faceva per adempiere alla agenda del Club di Roma, che aveva già emesso la sentenza di condanna a morte dell’Italia.

Draghi rispettò quel mandato e tutta la forza industriale che aveva costruito il miracolo economico del dopoguerra sparì nella famigerata notte eversiva del 2 giugno 1992, sulla quale mai la magistratura fece luce. All’epoca come allora, la magistratura era impegnata a servire l’agenda di quei poteri che si spartivano il tesoro dell’Italia. Così il cuore dell’industria italiano venne strappato e consegnato a prezzo di saldo su un vassoio d’argento alla finanza anglosassone rappresentata dai suoi massimi esponenti quali Goldman Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley. La carriera di Draghi decollò negli anni successivi come diretta ricompensa per il “lavoro” svolto sul panfilo della Regina Elisabetta. Prima Draghi fu assunto da Goldman, dopo passò in Bankitalia e infine fu fatto sedere sul trono di quella BCE che non è altro che la banca centrale in mano a quei poteri finanziari serviti dall’uomo del Britannia. La missione affidata a Draghi oggi è appunto quella di completare quanto iniziato nel 1992 e deciso decenni prima. Le varie logge massoniche hanno ordinato la venuta di Draghi, come orgogliosamente rivendicato da uno dei suoi esponenti italiani, Gioele Magaldi, e hanno deciso di stringere il cappio definitivo intorno all’Italia. E a portare a termine questa missione doveva essere proprio lui: Mario Draghi. Il regime di Draghi, rispetto a quello di Conte, ha solo spostato l’asse geopolitico ed economico del Paese dalla Cina comunista alla Francia di Macron, a sua volta nelle mani dei Rothschild, un nome che nel corso della devastazione economica dell’Italia è costantemente ricorrente. La spoliazione del Paese doveva continuare ma i poteri transazionali decisero nel 2020 che andava fatta sotto il cappello delle élite europee e non del partito comunista cinese. Il Patto del Quirinale, in questo senso, si può definire come la sublimazione di quella decisione. La Francia ha già iniziato ad acquisire le risorse strategiche dell’Italia attraverso le sue multinazionali, Suez e Veolia. È per questa ragione che l’Italia ad oggi si trova nella sfera coloniale francese ed è stato proprio Draghi a portarcela. Un anno e mezzo fa ci capitò di osservare come tutto questo era stato già deciso. Ci capitò anche di dire che Draghi avrebbe trascinato il Paese nella destabilizzazione più completa.

Il regime di Draghi nel caos: Giorgetti fugge da Roma
Oggi siamo giunti esattamente a quel punto, o meglio il punto di non ritorno nel quale Mario Draghi ha trascinato l’Italia. Giorgetti deve essersi perfettamente reso conto di tutto questo. Si è reso conto di una evidenza semplice quanto inequivocabile. Seguire fino in fondo il piano di Davos e degli altri club globalisti equivale a un suicidio politico. Quando uno degli uomini più influenti dello stato profondo italiano giunge a questa conclusione allora vuol dire che il punto di rottura è stato già raggiunto. Giorgetti fugge da Roma nel giorno del Consiglio dei Ministri, e si ritira a Varese per presunti motivi familiari. Restano con il cerino in mano gli altri due ministri gregari della Lega, Garavaglia e Stefani, che non riusciranno a impedire quello che Giorgetti temeva di più. Il certificato rafforzato per i lavoratori over 50 passa anche se già sorgono dubbi sulla sua effettiva applicazione, perché molti lavoratori nel pubblico impiego e nel settore privato potrebbero ricorrere ancora una volta all’ostruzionismo attraverso ferie e malattie, come già accaduto lo scorso 15 ottobre, quando fu varato il certificato verde base. Sussistono perplessità che la macchina pubblica statale, e anche le imprese private, possano reggere all’assenza di personale visti i già numerosi problemi di organico. Giorgetti teme esattamente questo scenario ed è per questo che non vuole associare il suo nome all’imminente disastro che porterà alla paralisi produttiva del Paese. Nella mattina del 5, l’Ansa riporta persino che sta per saltare tutto perché la sua assenza dalla compagine governativa rischia di non far passare le misure.

Draghi viene descritto come “sorpreso” e “deluso” dalla reazione di uno degli uomini che gli è più vicino, perché per la prima volta deve aver acquisito la consapevolezza che non tutti sono disposti a rimanere con lui a bordo del Titanic. Molti dei politici italiani non hanno le pesanti coperture transazionali di cui dispone l’ex governatore della BCE, e molti iniziano già a pensare al loro destino già ampiamente compromesso per aver preso parte ad un esecutivo, così come quello precedente, che si è macchiato di una mostruosa quantità di illeciti civili e penali. Nel pomeriggio a Palazzo Chigi continua a regnare il caos. Vengono fatte filtrare bozze che si smentiscono a vicenda. Prima si considera l’estensione del certificato rafforzato agli over 60, poi si vira sugli over 50. Successivamente si profila l’ipotesi che i dipendenti degli uffici pubblici possano essere esonerati dal presentare il certificato rafforzato ma poi questa eventualità, come è stata presentata, improvvisamente sparisce dalle pagine dei giornali. Subito dopo si dice che non ci saranno sanzioni per i vaccinati disoccupati over 50 sottoposti all’obbligo. Nella bozza originaria non c’è traccia infatti di sanzioni per i non sierati. Persino l’Ansa lo scrive. Poi, nella tarda serata, c’è una nuova inversione a U e si parla di 100 euro di multe per chi ha più di 50 anni e non si vaccina. Il caos non è finito, perché viene detto che per andare in banca o alla posta occorrerà presentare un tampone e ci si chiede anche qui come sarà mai possibile fare i controlli a decine e decine di persone in coda, soprattutto alla luce del fatto che molti dipendenti non vogliono assumersi, giustamente, un onere che non spetta a loro. La confusione regna sovrana e questo effetto è probabilmente voluto da Palazzo Chigi. Se tutti iniziano a pensare che non si potrà più andare da nessuna parte senza questa sorta di certificato razziale vaccinale, molti correranno a farsi il vaccino, pensano i “raffinati” strateghi di governo. Probabilmente sarà il contrario, perché nella incomprensione generale molti continueranno a fare esattamente le cose che facevano prima senza correre a vaccinarsi. A giungere in soccorso del regime di Draghi è comunque ancora una volta la falsa informazione alternativa, che addirittura fa circolare su Telegram le più assurde storie, come quelle che non daranno la pensione a chi non si inocula o che sospenderanno la NASPI agli over 50 non sierati. Tutte menzogne, ovviamente, ma il gioco sporco dei media da un lato, e quello della controinformazione dall’altro, è fondato sul principio che alla fine qualcuno ceda esasperato e finalmente si faccia il siero. Alcuni definiscono impropriamente questa strategia come quella della “rana bollita” o del metodo Juncker.

Questa strategia si fonda sul principio della progressiva erosione dei diritti fondamentali, per poi arrivare alla definitiva stretta totalitaria. Non è questo però il caso. La tecnica della rana bollita viene attuata con un preciso approccio scientifico e calcolatore. Questa strategia prevede che a poco a poco il potere dell’autocrate di turno aumenti gradualmente con l’approvazione di misure sempre più repressive e autoritarie fino alla stretta finale. L’autocrate o il dittatore, per quanto possa essere colpevole dei peggiori delitti, resta sempre in controllo fermo e assoluto della società e delle sue istituzioni politiche. In questo caso invece assistiamo al fenomeno inverso. Il potere di Draghi non si allarga. Si restringe. Le forze dell’ordine e le forze armate in rivolta da mesi scenderanno in piazza il 15 gennaio. È una situazione senza precedenti. Questo malessere degli uomini in divisa si è manifestato lo scorso 15 dicembre, quando è scoppiato un incendio alla caserma dei carabinieri, Salvo D’Acquisto, un luogo dove erano custoditi i vaccini. Il 16 dicembre non era un giorno qualunque. Era il giorno in cui entrava in vigore l’obbligo vaccinale per gli uomini in divisa. I media hanno provato a fare finta di nulla sull’incendio e non hanno nemmeno provato a interrogarsi sulle cause del rogo. L’ordine giunto dall’alto è stato quello di ignorare quanto accaduto. Il messaggio però è arrivato a chi doveva arrivare. Il messaggio è che ci sono sempre più uomini in divisa che non sono più disposti ad eseguire gli ordini di un regime che sta mandando in malora l’Italia intera. Tre giorni dopo l’incendio, scoppia la protesta dei medici, che all’assemblea dell’Ordine a Roma denunciano l’illegittimità delle sospensioni dei non sierati. Non va meglio nemmeno per quello che riguarda l’applicazione quotidiana di queste misure restrittive. Sono ormai migliaia i bar e i ristoranti che non chiedono nessun certificato verde. I cosiddetti “controlli” ormai sono una rarità, salvo sugli schermi televisivi, dove vengono messe in piedi le solite scenette costruite dai media per far credere invece che ovunque vigili l’occhio del grande fratello di Draghi. Nella realtà, molti non seguono più queste folli misure. Qualcosa è definitivamente cambiato e gli sforzi dell’apparato terroristico dei media di riportare le lancette dell’operazione terroristica del coronavirus a marzo del 2020 sembrano del tutto vani. Sono passati quasi due anni da allora e lo stato mentale della popolazione è completamente mutato. All’epoca si cantava sui balconi come idioti, convinti che tutto sarebbe andato bene. Oggi si piange per gli effetti avversi che il siero sta provocando e per la desertificazione economica che sotto Draghi sta raggiungendo l’apogeo.

Solamente in questi ultimi giorni un altro gioiello dell’impresa italiana, l’hotel Danieli di Venezia, è finito tra le fauci di Bill Gates. L’Italia è all’asta e ce l’ha messa ancora una volta lo specialista liquidatore del Britannia, Mario Draghi. Alla fine di questa storia poi occorrerà seriamente pensare ad una ricostruzione dello Stato imprenditore e dell’IRI per restituire all’Italia ciò che è stato rubato. Questa però è un’altra storia. Adesso siamo ancora nella fase di decadenza, quella finale e più acuta. Ad aver compreso che questi sono gli ultimi giorni di Pompei del regime di Draghi sono persino i media di regime. È impossibile continuare a lungo così. A questo punto, l’ottica di Draghi e di coloro che tirano le sue fila non è nemmeno tanto più quella di dare vita ad un Grande Reset globale. Il Grande Reset globale per avere successo avrebbe dovuto vedere una partecipazione collettiva dei governi di tutto il mondo, specialmente di quelli più influenti. In questa fase, assistiamo al fenomeno inverso. La Gran Bretagna annuncia la fine delle restrizioni. La Danimarca dichiara, per via di un suo ufficiale sanitario, la fine della farsa pandemica a breve. Il Presidente della Russia, Putin, da anni leader dei patrioti che resistono al piano del governo mondiale, parla di un “cambiamento piacevole” nel suo discorso di fine anno. Persino uno dei principali architetti di questa crisi pandemica, Bill Gates, è costretto a prendere atto, nelle sue riflessioni di fine anno, che i governi ormai hanno perduto il consenso dei rispettivi popoli. Portare avanti l’agenda di Davos in queste condizioni è praticamente impossibile, soprattutto perché non si può procedere alla militarizzazione che la famiglia Rockefeller auspicava nel suo documento sulla pandemia già dieci anni fa. La militarizzazione in realtà, secondo i piani originari di Davos, avrebbe dovuto manifestarsi a marzo del 2021. Non è accaduto. I piani iniziali sono falliti. Così come è fallito il piano ventilato da Sorgi sulle colonne de La Stampa di militarizzare l’Italia a ottobre del 2021. La militarizzazione inoltre implica che la quasi totalità delle forze armate si schieri con il tiranno di turno e non è questa la condizione dei governi occidentali, specialmente di quello di Draghi, che deve fare i conti con una rivolta interna dei militari sempre più ardua da contenere. A questo punto, l’ottica in cui è entrato Draghi è quella di appiccare l’incendio alla casa, provocare più danni possibili al Paese tanto odiato dalla massoneria e compiacere in questo modo i suoi padroni che vivono nella City di Londra. Se le cose dovessero volgere per il peggio, Draghi in cuor suo probabilmente crede di poter avere altre possibilità di incarichi all’estero nelle istituzioni finanziarie che ha fedelmente servito per tutti questi decenni.

Se invece Draghi dovesse salire subito al Quirinale come ricompensa per il “lavoro” svolto, i piani delle élite si complicherebbero comunque. Se Draghi diventa Capo dello Stato già tra un mese, deve abbandonare palazzo Chigi e lasciare la sua “opera” incompiuta. Appare difficile che l’ex governatore BCE possa essere sostituito da un altro che abbia le sue stesse credenziali presso le istituzioni globaliste e finanziarie internazionali. I partiti inizierebbero nuovamente ad azzuffarsi per sedersi sulle poltrone e per avere loro il ruolo esclusivo di camerieri del Nuovo Ordine Mondiale. La partita del Quirinale dunque appare incerta, ma anche nel caso in cui Draghi diventasse subito Presidente, sarebbe difficile definire questa ascesa come un premio. Quale premio può essere quello di sedere su un sistema politico così fragile e allo sbando? La seconda Repubblica nata dal golpe giudiziario di Mani Pulite sta morendo e con essa sta morendo anche la stessa menzogna della Repubblica del 1948, nata dall’assoggettamento allo Stato Profondo di Washington e dalla occupazione della NATO, l’esercito della dittatura mondiale. L’Italia si trova in un momento della sua storia unico. Questo Paese viaggia verso la fine di un ciclo di grande decadenza che sembra indispensabile completare per poter uscire una volta per tutte da questa palude di corruzione e disordine morale ed economico. Ed è stato proprio Mario Draghi probabilmente a dare l’accelerazione definitiva a questo processo. È stato proprio lui a dare la probabile spinta definitiva al crollo del suo stesso regime. Giorgetti deve aver compreso perfettamente che l’uomo del Britannia il 5 gennaio ha portato l’Italia verso il punto di non ritorno. Il punto di non ritorno è il punto del caos e delle rivolte generali che questo fragile governo non è in grado di gestire, perché il dissenso sta ormai diventando endemico ad ogni livello della società, comprese le istituzioni politiche. Il futuro dell’Italia passa quindi proprio dal 2022. Il futuro del Paese passa da questa delicatissima fase politica, storica e istituzionale. Quest’anno sarà il probabile crocevia della storia di questa grande Nazione. Saranno mesi di grandi turbolenze, perché la corrotta classe politica della seconda Repubblica non penserà minimamente a gestire la situazione drammatica del Paese. Penserà a mettersi in salvo e al riparo dalla ferocia popolare. Il motto dei prossimi mesi nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama sarà all’insegna del si salvi chi può. È proprio questa la fase in cui è richiesto agli italiani liberi, che ormai aumentano giorno dopo giorno, di tenere i nervi ancora più saldi e non lasciarsi andare alla disperazione. La rinascita della Nazione non può non passare dalla fine di questo corrotto potere e delle sue élite, che per troppi anni hanno parassitato l’Italia. Per poter rinascere l’Italia deve prima, una volta per tutte, liberarsi dei corpi estranei e dei parassiti che la tormentano e infestano.

Cesare Sacchetti
09 gennaio 2022
lacrunadellago.net/2022/01/09/la-fuga-di-giorgetti-e-il-caos-dellultimo-decreto-covid-il-regime-di-draghi-e-allo...
[Modificato da wheaton80 10/01/2022 17:28]
26/02/2022 01:55
 
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"Sergio Mattarella sapeva", dai vertici della magistratura una bomba sulla Loggia Ungheria

Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura a Roma, come Palazzo di El Pardo a Madrid, storica sede del governo spagnolo. David Ermini, vice presidente del CSM, come Francisco Franco, capo dell'esecutivo spagnolo fino al 1975, esclusivamente per quanto concerne le modalità di trattamento dei dossier più delicati. La precisazione è d'obbligo per evitare querele. Stiamo parlando della originale decisione di Ermini di gettare nel cestino dei rifiuti i verbali esplosivi contenenti le dichiarazioni dell'ex avvocato esterno dell'ENI Piero Amara sulla ormai celebre Loggia Ungheria, l'associazione paramassonica finalizzata ad aggiustare i processi nei tribunali e a pilotare le nomine dei magistrati e degli alti papaveri dello Stato. Franco, come ricordò qualche anno fa Silvio Berlusconi, invece del cestino dei rifiuti era solito utilizzare il fuoco del camino per eliminare i documenti che avrebbero potuto creargli imbarazzo.

La consegna
I verbali di Amara, interrogato dai PM di Milano a dicembre del 2019, erano stati consegnati da Piercamillo Davigo ad Ermini alla fine del primo lockdown. Davigo aveva ricevuto questi verbali dal PM milanese Paolo Storari, che gli aveva rappresentato l'inerzia dei suoi capi nel voler trovare i riscontri alle dichiarazioni di Amara. L'avvocato aveva fatto decine e decine di nomi. Dopo aver illustrato ad Ermini per le vie brevi l'esistenza della loggia, alla quale avrebbero addirittura fatto parte due componenti del CSM, Davigo aveva deciso di consegnargli i verbali in questione. Ma invece di esaminare il materiale e, se del caso, presentare una denuncia all'autorità giudiziaria, in questo caso la Procura di Roma, Ermini, senza nemmeno aprire la cartellina con i verbali, l'aveva immediatamente gettata nel cestino dei rifiuti una volta che Davigo era uscito dal suo ufficio al CSM. Se nella stanza di Ermini a Palazzo dei Marescialli ci fosse stato un camino, il destino dei verbali sarebbe sicuramente stato il rogo. È stato lo stesso vice presidente del CSM a raccontare ai magistrati bresciani che lo avevano interrogato nelle scorse settimane quale fosse stato il destino dei verbali di Amara. Eppure Ermini era tenuto, in quanto pubblico ufficiale, a denunciare l'accaduto. Davigo, vale la pena ricordarlo, è iscritto nel registro degli indagati della Procura di Brescia per rivelazione del segreto d'ufficio. Essendosi verificato a Roma l'episodio, il procuratore di Brescia probabilmente avrà già trasmesso gli atti nella Capitale. Bisogna capire adesso cosa farà Roma.

Clima infuocato
Il clima non agevola. Michele Prestipino, il Procuratore romano, ha già le valigie pronte, in quanto la sua nomina è stata annullata dal Consiglio di Stato per mancanza di titoli. La prossima settimana il CSM provvederà a nominare il nuovo Procuratore di Roma, scegliendo uno fra Marcello Viola, Procuratore Generale di Firenze, e Francesco Lo Voi, Procuratore di Palermo. Ermini, nel suo sorprendente agire, ha tirato in ballo il Capo dello Stato. Il vice presidente del CSM, sempre secondo il suo racconto, aveva comunque informato Sergio Mattarella dell'esistenza della Loggia Ungheria durante un colloquio riservato. Mattarella sarebbe rimasto silente davanti alle parole di Ermini. La circostanza pare essere vera dal momento che non sono arrivate smentite. Quando Luca Lotti, per farsi bello con Luca Palamara, aveva affermato di aver incontrato Mattarella per pianificare le nomine delle Procure, dal Quirinale arrivò l'immediata smentita, affermando che si era trattato di "millanterie". In attesa di conoscere allora chi porterà a termine gli accertamenti sulla Loggia Ungheria, una delle prime "vittime" è Denis Verdini, attualmente ai domiciliari per bancarotta. L'ex senatore di ALA è stato iscritto per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. La prossima settimana Verdini sarà interrogato dai PM di Perugia, che hanno ricevuto parte del dossier. Il nome di Verdini, come detto, era stato fatto da Amara. Verdini gli aveva elencato i nomi di alcuni appartenenti alla loggia, ad esempio i Generali Giorgio Toschi e Tullio Del Sette, il primo Comandante Generale della Finanza, il secondo dei Carabinieri. Entrambi, per la cronaca, hanno smentito. Fra gli indagati ci sarebbe anche il giornalista Luigi Bisignani.

Paolo Ferrari
21 ottobre 2021
www.liberoquotidiano.it/news/giustizia/29136493/sergio-mattarella-sapeva-loggia-ungheria-bomba-magistrat...
24/06/2022 16:49
 
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BCE, il "vaffa" del super-banchiere italiano:"Ricompriamo il nostro debito", qui crolla l'Europa

Parola d'ordine: niente panico. L'Italia ha fondamenta robuste ed è in grado di resistere a turbolenze ben più violente di quelle innescate dal maldestro balletto della BCE sulle prossime mosse di politica monetaria. Neanche la recessione deve spaventare più di tanto, perché il Paese, tassi o non tassi, dimostrerà di saper crescere anche in un contesto avverso. Ma il messaggio lanciato ieri da Carlo Messina è qualcosa di più e di diverso da qualche manciata di ottimismo buttata lì per rasserenare gli animi. Di fronte all'ennesimo attacco degli speculatori sui titoli di Stato e ad un debito pubblico che, rilevazione diffusa ieri da Bankitalia, ad aprile ha toccato il nuovo record di 2.758 miliardi, il numero uno di Intesa Sanpaolo, solitamente attento a non sconfinare e a misurare le parole, ha deciso di parlare fuori dai denti, di puntare dritto sull'obiettivo e di tracciare in maniera netta la direzione per liberare il Paese una volta per tutte dalla schiavitù della BCE e dei mercati. «Noi in Italia non abbiamo un problema di sostenibilità del debito pubblico», ha premesso il manager, intervenendo al convegno Young Factor organizzato a Milano dall'Osservatorio permanente Giovani Editori, «questo deve esse re un messaggio chiaro». Poi, l'affondo:«Il tema, però, è se vogliamo essere liberi e indipendenti. Che si parli solo di indipendenza energetica e alimentare e non si parli anche di indipendenza finanziaria mi pare un'idiozia».

Sovranismo
Qualcuno, ossessionato dal sovranismo, potrebbe storcere il naso. Ma il ragionamento non fa una grinza: se tutti i giorni invochiamo la necessità di conquistare la nostra autonomia sulle fonti energetiche, sulle materie prime e sugli approvvigionamenti di cibo per non finire sotto ricatto, per quale motivo non dovremmo farlo anche sul fronte della finanza pubblica e privata? Sgombriamo subito il campo dalle possibili analogie coi vecchi proclami contro la UE, contro l'euro, contro le istituzioni monetarie che ci tengono al guinzaglio. Nelle parole di Messina non c'è nulla di eversivo, ma solo pragmatismo e, che non guasta, un pò di orgoglio nazionale. «L'Italia è forte, ha la forza e le condizioni strutturali per fare le cose in autonomia», ha spiegato, «e deve fare le cose in autonomia senza essere attaccata al bocchettone di Francoforte, soprattutto considerato che è un Paese che ha dieci trilioni di risparmi. Servono piani che accelerino la crescita, ma riducano la dipendenza dalla BCE. Partiamo da quello che abbiamo nel nostro Paese, sempre nella logica di avere sostenibilità e indipendenza». E nell'Europa bisogna starci, ma bisogna starci da leader, perché altrimenti «diventeremo completamente marginali e lo diventerà anche l'Europa stessa», e quindi «rimarranno solo Cina e USA». Per evitare questo bisogna smetterla anche, come molti nel governo fanno, compreso lo stesso Mario Draghi, di invocare l'aiuto di Bruxelles con il cappello in mano. Perché «avere troppe attese sul fatto che altri Paesi, che magari come condizioni strutturali sono anche meno ricchi di noi, e immaginare che questi possano sostenere il nostro debito pubblico è una cosa che non è degna di un Paese che vuole essere un leader in Europa».

Libertà
Quanto al modo in cui riconquistare la nostra libertà, il piano è chiaro. Lo spread, con i «fondamentali dell'Italia» che «sono solidi, anzi solidissimi in termini di risparmio delle famiglie e altrettanto dal lato corporate», dovrebbe essere a 100-150 punti base. Se viaggia abbondantemente sopra i 200 e minaccia di non fermarsi è perché siamo appesi alle mosse non sempre azzeccate della BCE, che dopo due anni di acquisti di BTP ha in pancia una fetta enorme del nostro debito pubblico. Ed ecco allora la soluzione, piuttosto che affidarci agli scudi antispread della Lagarde, che rischiamo di pagare a caro prezzo, usiamo una parte dei nostri 10mila miliardi di ricchezza privata per ricomprarci il nostro debito. E con esso la nostra libertà. È un appello all'Italia e agli italiani, quello di Messina, ma anche alle banche, alle assicurazioni e al governo, che dovrebbe aiutare, agevolare e accompagnare questo percorso di liberazione dalla speculazione finanziaria. Magari facendo il contrario di quello che qualcuno voleva fare infilando dentro la delega fiscale un bell'aumento della tassazione sui titoli di Stato. Messina non è il primo a lanciare l'idea di riportare in Italia il debito. Ma forse, se invece di qualche politico o economista di parte a proporlo è il capo della prima banca italiana c'è la possibilità che qualcuno prenda l'ipotesi un pò più seriamente di quanto sia stato fatto in passato.

Sandro Iacometti
17 giugno 2022
www.liberoquotidiano.it/news/economia/32041702/bce-carlo-messina-ricompriamo-nostro-debito-attacco-bce-eu...
26/09/2022 17:34
 
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Monica Cirinnà, Soumahoro, Fiano, Rossi: le incredibili sconfitte di PD e centrosinistra nei collegi “sicuri”

Li chiamavano seggi sicuri. Sì, perché la vittoria del centrodestra, e in particolare di Fratelli d’Italia, è stata così schiacciante da aver ormai tolto ogni sicurezza al centrosinistra. Le Regioni “rosse” sono ormai un lontano ricordo, con un ultimo baluardo rimasto in piedi solo nelle aree centrali dell’Emilia-Romagna. È la Toscana, probabilmente, ad aver regalato le delusioni più grandi e più difficili da digerire per il PD e tutta la sua coalizione. A cominciare da Enrico Rossi. Pisano di nascita, ha alle spalle 32 anni di carriera politica, buona parte della quale vissuta nella sua regione: prima da sindaco di Pontedera, poi da Presidente di tutta la Toscana per due mandati consecutivi fino al 2020. In queste elezioni, che ha definito in modo inequivocabile «una catastrofe», si è ritrovato come sfidante un altro Rossi: Fabrizio, vicesindaco di Grosseto e coordinatore regionale per FdI. I risultati parlano di un 33,9% contro il 40,7%, con il nuovo Rossi che andrà in Parlamento lasciando in Toscana quello vecchio del PD.

Il crollo toscano
Ma l’ex Presidente di Regione non è l’unico big a essere caduto in Toscana. Anche Andrea Marcucci, Presidente della Commissione Istruzione Pubblica e Beni Culturali, non è riuscito a superare il suo sfidante Manfredi Potenti. Il senatore leghista ha, infatti, battuto al Senato il collega del PD per 39,1% a 32,9%:«I risultati vanno sempre rispettati», ha scritto Marcucci su Twitter. «Auguro buon lavoro al senatore Potenti». Non ce la fa, seppur con uno scarto minore, nemmeno Stefano Ceccanti. In Parlamento dal 2009, prima come senatore poi da deputato, è stato battuto per 39,8% a 35,1% dal rivale leghista Edoardo Ziello. Infine, l’ex sottosegretario di Stato con Matteo Renzi, Tommaso Nannicini, esce con le ossa rotte dallo scontro con Erica Mazzetti, che lo ha surclassato con un 40,2% contro un 33,6%.

Dalla Lombardia solo centrodestra
In Lombardia, invece, il centrodestra ha di fatto stabilito il proprio dominio con FdI, che ha prevalso anche sugli alleati della Lega. Emanuele Fiano (PD), ad esempio, era stato chiamato ad affrontare una delle imprese più ardue: il collegio di Sesto San Giovanni. Il Comune della periferia milanese che una volta era chiamato la “Stalingrado d’Italia”, ma che alle ultime amministrative ha scelto come sindaco per la seconda volta consecutiva Roberto Di Stefano della Lega, ha votato per il 45,4% Isabella Rauti, lasciando al candidato del PD solo il 30,9% di voti. Inaspettato, invece, il tracollo dell’ex commissario scelto da Enrico Letta per la spending review, Carlo Cottarelli, che ha raccolto poco più della metà di preferenze contro Daniela Santanché: 27,4% contro il 52,2%. L’unico uninominale per il Senato vinto dal PD in Lombardia è quello di Milano Buenos Aires, dove Antonio Misiani è stato eletto con il 39,07% di schede a suo favore.

Gli altri grandi sconfitti
Che il leader e fondatore di Impegno Civico, Luigi Di Maio, è stato battuto nel collegio di Napoli Fuorigrotta dal pentastellato ed ex Ministro dell’Ambiente Sergio Costa si sapeva già prima del termine dello spoglio delle schede. Quando ormai i voti da registrare sono poco più di una manciata, i numeri parlano di 24,3% per l’uscente Ministro degli Esteri e di un 40,5% per Costa. Lo stesso discorso vale per Emma Bonino. La candidata di +Europa ha vinto lo scontro fratricida nel collegio Lazio 2 contro Carlo Calenda (33,2% contro 14%). Ma deve comunque lasciare il posto in Parlamento all’esponente del centrodestra Lavinia Mennuni, capace di raccogliere il 36,3% delle preferenze. Nel Lazio, poi, anche Monica Cirinnà è stata battuta: 31,2% contro il 37,1% di Ester Mieli. Il sindacalista Aboubakar Soumahoro era, con Ilaria Cucchi, una delle personalità più di spicco tra i candidati dell’Alleanza Verdi-Sinistra italiana. Ma mentre l’attivista romana è riuscita a vincere in Toscana con un margine del 10% su Federica Picchi, Soumahoro è stato sconfitto per una manciata di voti da Daniela Dondi: 36% contro il 37,4%.

Enrico Spaccini
26 settembre 2022
www.open.online/2022/09/26/elezioni-politiche-2022-big-centrosinistra-esclusi-...
28/09/2022 20:20
 
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L'esercito dei rosiconi: VIP e influencer in lacrime

Tanto livore per nulla. Alla fine i VIP di sinistra si sono riscoperti Very Irrilevant People. Saranno pure degli influencer da milioni di followers, ma questa volta non hanno influenzato proprio nessuno. Le stories della novella staffetta partigiana Chiara Ferragni e i comizietti del di lei marito, i vaneggiamenti della Murgia, gli attacchi stonati (ma per nulla fuori dal coro) di Elodie, gli abusi da bullo catodico di Damilano, i post indignati per la tenuta democratica del Paese, le Bella ciao cantate fuoriluogo, le articolesse che diventano manifesti (tutti uguali) contro l'inesistente ritorno del fascismo, le dita alzate nel gesto saccente di chi si crede l'unica sentinella della Costituzione e poi quel desiderio, malcelato, di ammansire le plebi recalcitranti che vogliono andare al voto. Tempo perso, odio sparso inutilmente, traffico dati sprecato. Tutto inutile, tutto finito nella spazzatura. La democrazia ha fatto il suo corso, nonostante i piedini battuti e l'isteria collettiva che ha pervaso per mesi la sinistra più chic e di moda. E adesso, a poche ore dal voto, al livore si è sostituita la bile. In quantità industriali.

Le reazioni stizzite del mondo dello spettacolo che denuncia una dittatura che non c'è, sono esse stesse uno spettacolo. Dalle paillettes al basco da partigiano, dai palchi e dalle sfilate ai monti il passo è veloce come un click. Perché non c'è nulla di più irresistibile che credersi protagonisti di una eroica resistenza, anche se in questo caso il nemico è la volontà degli elettori, non un regime. Ma poco conta. Che resistenza sia, innaffiata da champagne e combattuta a colpi di social. Tra i primi a postare la sua indignazione c'è Damiano dei Maneskin:«Oggi è un giorno triste per il mio Paese», scrive su Instagram pubblicando una foto della Meloni. Per sicurezza lo ribadisce anche in inglese perché, sia chiaro, questa è una battaglia mondiale e lui ne è il novello e fluidissimo Che Guevara. Francesca Michielin, probabilmente già diretta con le altre brigate verso l'appennino, non usa giri di parole:«Inizia la resistenza, buongiorno a tutti». X-Factor come ultimo baluardo della libertà. Roberto Saviano, in preda a manie di persecuzione, vede squadracce nere ovunque e denuncia:«Leggo #Saviano in tendenza perché gli elettori di Meloni mi invitano a lasciare il Paese. Questi sono avvertimenti. Questa è l'Italia che ci aspetta. Stanno già stilando una prima lista nera di nemici della patria, alla faccia di chi diceva che il Fascismo è un'altra cosa». Sono anni che vomita fango sugli elettori di centrodestra, trattandoli come dei subumani, magari qualche sbertucciamento poteva metterlo in conto... E ci sentiamo di poterlo rassicurare: non ci sarà nessuna lista nera, quelle di solito le stila l'intellighentia rossa.

Sabrina Ferilli, per fortuna, la butta sul ridere, e dalla stazione commenta:«Il treno viaggia in orario. Una nuova era». Renato Zero, invece, è incazzato nero: domenica, di ritorno all'Hotel Parco dei Principi a Roma, non riesce a entrare perché l'albergo è anche la sede del comitato elettorale di Fratelli d'Italia e, quindi, è stato preso d'assalto dai giornalisti. Lui la prende benissimo, da sincero democratico:«Neanche più in albergo si va? È un regime questo. Stronzi! Votate la merda che siete». Sorcini in rivolta, è la prima vittima della nuova dittatura; pare si stiano già muovendo l'ONU, Amnesty international e le più importanti organizzazioni in difesa dei diritti umani. Luciana Littizzetto torna sull'annoso tema delle minacce (mai onorate) di fuga all'estero in caso di vittoria elettorale del centrodestra:«Indecisi se fare il cambio di stagione o il cambio di Nazione». Non cambierà nulla, come al solito. Vanessa Incontrada indossa un bel broncio e posta:«Faccia da lunedì»; Kasia Smutniak punta più sui toni drammatici:«A ottobre indietro di un'ora, oggi di un secolo». Persino il redivivo Boy George, da Oltremanica, attacca FdI:«Ehi Giorgia Meloni mio padre etero era violento (...) ma due uomini o donne gay che allevano un bambino con amore incrollabile è sbagliato?». E siamo solo all'inizio: le urla e gli strepitii si prolungheranno oltre il limite del ridicolo, ne siamo certi. Tra le tante, inutili, giornate celebrative, il 26 settembre potrebbe diventare a pieno titolo la «giornata mondiale dei rosiconi». Lo spettacolo è assicurato.

Francesco Maria Del Vigo
27 settembre 2022
www.ilgiornale.it/news/politica/lesercito-dei-rosiconi-vip-e-influencer-lacrime-2070...
02/11/2022 20:01
 
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No vax e rave party, concluso il CdM: ecco le misure approvate

Eccolo il primo Consiglio dei Ministri targato Giorgia Meloni. Per la verità, si tratta del secondo. Ma è il primo veramente operativo, essendo stato lo scorso solo l’occasione per le prime nomine. La riunione del governo guidato dal leader di Fdi si è chiusa intorno alle 15.30 ed ha approvato tutte le norme che erano trapelate nelle ore precedenti.

Stretta sui Rave Party
Partiamo dalla cronaca. Come annunciato dal Ministro Matteo Piantedosi, per evitare nuovi casi come quello di Modena (che, intanto, è stato sgomberato), il governo ha deciso di varare una stretta contro chi partecipa ai rave party. Saranno previste: reclusione da 3 a 6 anni, multe da 1.000 a 10.000 euro e si procede d’ufficio “se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica”. In caso di condanna “è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e di quelle utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione”. Il CdM ha anche deciso la nomina di Bruno Frattasi, attuale capo di gabinetto del Ministero, a nuovo prefetto di Roma al posto di Piantedosi (diventato ministro).

[...]

I medici no vax tornano in corsia
Come annunciato dal Ministro Orazio Schillaci, il CdM ha deciso di annullare l’obbligo vaccinale anti-Covid per medici e professionisti sanitari. L’obbligo, deciso dall’allora Governo Draghi, sarebbe scaduto a dicembre. Meloni e i suoi ministri hanno deciso di anticiparlo a domani. Per quanto riguarda le mascherine negli ospedali, nelle RSA e negli ambulatori, invece, il governo ha deciso di prorogare l’obbligo fino al 31 dicembre 2022. Sarà il Ministro Schillaci a firmare una ordinanza nelle prossime ore.

Carcere ostativo
Si è discusso anche di carcere ostativo. I condannati per mafia e terrorismo, secondo il nuovo decreto, potranno accedere ai benefici penitenziari “anche in assenza di collaborazione con la giustizia” ma solo se è avvenuta una “riparazione pecuniaria” del danno alle vittime e solo se vi sono “elementi specifici” che garantiscano la non partecipazione all’associazione criminale di provenienza: i detenuti dovranno mostrare “elementi specifici” in più (rispetto “alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza”) per permettere alle autorità “di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva”.

Il CdM ha anche deciso il rinvio della riforma Cartabia.

31 ottobre 2022
www.nicolaporro.it/no-vax-e-rave-party-concluso-il-cdm-ecco-le-misure...
[Modificato da wheaton80 02/11/2022 20:02]
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