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Putin contro il Sionismo globale dei Rothschild

Ultimo Aggiornamento: 16/04/2024 17:58
22/06/2016 12:18
 
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Il no della Bulgaria alla flotta NATO

“Voglio vedere yacht, turisti, l’amore e la pace nelle nostre località del Mar Nero, non voglio fregate che solcano il mare”. Con queste parole il Premier bulgaro Bojko Borisov ha chiarito la posizione di Sofia in merito alla proposta della Romania di istituire una flotta multinazionale nel Mar Nero per fronteggiare l’influenza russa nell’ottica di una politica di “contenimento” già inaugurata con la presenza dei quattro battaglioni multinazionali negli Stati baltici (Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia). Nella giornata di ieri, il Premier di Sofia ha indetto urgentemente una conferenza stampa insieme al Presidente Rosen Plevneliev e al Ministro della Difesa, Nikolaj Nenchev, per smentire categoricamente le indiscrezioni riportate dai media circa una spaccatura fra le istituzioni bulgare. Borisov ha sottolineato che anche Plevneliev è contrario alla proposta avanzata da Bucarest. Nessuna ostilità tra Sofia e Mosca, assicura Borisov. Il Primo Ministro, soffermandosi sui legami storici e la comune matrice cristiano-ortodossa che unisce i due Paesi, ha colto l’occasione per “bacchettare” la stampa e allentare la tensione con il Cremlino:“Smettiamola di speculare raccontando che verranno create flotte contro chiunque. La Bulgaria è un Paese pacifico, e la sua politica estera non ha bersagli”. “Nessuno può mettere in dubbio la nostra posizione pro-Nato”, ha chiarito Borisov, aggiungendo però che sarebbe inaccettabile istituire una flotta nella maniera proposta dal Presidente romeno Klaus Iohannis e che vengono prima gli interessi della Nazione. Il Paese, con i suoi 350 chilometri di costa, solo lo scorso anno ha guadagnato dal settore turistico circa 2,9 miliardi di euro. Si tratta dell’11% della produzione economica complessiva, che rischierebbe di sfumare a causa delle operazioni militari. La questione della creazione della “flotta della discordia” però resta aperta. Probabilmente verrà discussa in occasione del prossimo vertice NATO in agenda per l’8 e 9 luglio a Varsavia. Il Ministro della Difesa Nenchev – che ha ammesso di aver solo parlato dell’iniziativa, sponsorizzata da Bucarest e Ankara, con il Ministro della Difesa romeno, Mihnea Motoc – ha aggiunto che il tema potrebbe essere affrontato prossimamente a livello NATO.

“Siamo intenzionati a prendere una decisione sull’ampliamento della nostra presenza militare nella zona del Mar Nero. Abbiamo già rafforzato il nostro pattugliamento dei cieli e le esercitazioni e stiamo discutendo di creare in Romania delle strutture per la dislocazione di una brigata multinazionale dell’Alleanza”, aveva dichiarato di recente il Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg. Dal canto suo, anche la Russia si è fatta sentire. “Il Mar Nero non sarà mai un lago della NATO”, aveva reso noto Alexander Grushko, rappresentante permanente della Russia presso la NATO, rispondendo all’accusa mossa dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo cui “il Mar Nero è stato trasformato in un lago russo a causa dell’assenza della NATO”. Sempre Grushko aveva già commentato l’idea di una flotta NATO nel Mar Nero ammonendo le potenze extra-regionali. “Sappiamo che tra gli Stati del Mar Nero, Bulgaria, Romania e Turchia sono potenze marittime e hanno flotte nel Mar Nero. Ma è di fondamentale importanza che la convenzione di Montreux rimanga inviolabile. Si tratta di uno degli accordi internazionali fondamentali che garantiscono stabilità e sicurezza regionale. Crediamo che non ci dovrebbero essere tentativi di cambiare questo regime per rendere più facile alle potenze extra-regionali l’esser presenti nel Mar nero”, aveva dichiarato Grushko lo scorso aprile. Nel frattempo, proprio in questi giorni, si sono concluse le prove tecniche del famigerato “buco nero”. Silenzioso e praticamente invisibile, il terzo sottomarino diesel-elettrico di classe Varshavyanka, costruito appositamente per la Flotta del Mar Nero della Federazione Russa, si prepara ad entrare in acqua.

Elena Barlozzari
17 giugno 2016
www.occhidellaguerra.it/il-no-della-bulgaria-alla-flot...
27/06/2016 13:09
 
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Putin vs oligarchi



Putin viene messo a conoscenza del fatto che migliaia di operai, che non ricevono lo stipendio da mesi, stanno per essere licenziati e la loro fabbrica chiusa da quegli stessi dirigenti e proprietari che ne avevano tratto profitti milionari.
[Modificato da wheaton80 27/06/2016 13:10]
09/07/2016 14:05
 
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Le Regioni in lotta contro le sanzioni a Mosca. E la notizia fa il giro della Russia

Il 5 giugno il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato la risoluzione che chiede al governo di revocare le sanzioni contro la Russia e di riconoscere la Crimea come parte della Russia, rigettando la politica dell’Unione Europea in merito. Questo evento ha suscitato una risposta positiva da parte della stampa russa, soprattutto perché erano già state votate decisioni simili dai Consigli Regionali del Veneto e della Liguria. In questa occasione, i media russi hanno mostrato una buona conoscenza della situazione politica in Italia, dato che alcuni di loro seguono da tempo le iniziative italiane per il riconoscimento della Crimea come parte della Russia e per la revoca delle sanzioni. Uno di questi, il quotidiano Izvestija, uno dei più popolari del Paese e di stampo patriottico, segue da tempo i processi politici nelle regioni del nord Italia in maniera dettagliata. Sulle sue pagine compaiono abbastanza spesso i nomi dei rappresentanti della Lega Nord, per cui le pubblicazioni del giornale possono sembrare avere un tono ideologico. Non è la prima volta che il quotidiano russo cita deputati della Lega Nord per le regioni del nord Italia. Tra questi, cita il deputato Paolo Grimoldi per la Lombardia:“La Lombardia è la regione economicamente più prospera dell’Italia, e di conseguenza ha sofferto l’embargo commerciale più di altre. L’adozione di una risoluzione da parte del Consiglio Regionale della Lombardia indica un cambiamento nel panorama politico nel Paese. Si scopre che quasi tutta la zona industriale dell’Italia, che si trova al nord, è contro la linea ufficiale del governo. Insieme ai colleghi del Veneto e della Liguria, abbiamo intenzione di condurre una revisione della risoluzione alla Camera dei Deputati”. Un altro popolare giornale russo, RIA Novosti, ha intervistato Grimoldi e lo cita:“Queste assurde sanzioni economiche dell’UE comportano un embargo di generi alimentari nei confronti di Mosca che costa alle nostre esportazioni più di 3,5 miliardi di euro” – ha detto Grimoldi al RIA Novosti.

“La risoluzione è stata adottata e siamo molto soddisfatti, perché è un passo politico importante che sottolinea ancora una volta l’assurdità di tali misure”, ha aggiunto il deputato della Lega Nord. A giudicare dalle pubblicazioni del TASS, un altro giornale russo, la Russia è consapevole della differenza di approcci esistente in Italia riguardo alla questione delle sanzioni e della Crimea tra il PD ed i partiti di opposizione Lega Nord e Movimento 5 Stelle. Una volta che i risultati della votazione del Consiglio Regionale della Lombardia sono stati annunciati, i media russi hanno cominciato a prevedere l’esito del voto in Toscana, come ha fatto un noto canale televisivo, Russia Today. E nuovamente il TASS:“Se la Toscana, che appartiene tradizionalmente alla maggioranza di centro-sinistra che sostiene il governo, votasse contro le sanzioni, sarebbe un importante segnale per il partito al governo”. Facendo riferimento alle spiegazioni ricevute dalla segreteria del TASS, la Lega Nord in Toscana, al fine di ottenere il sostegno della maggioranza, ha rimosso dal testo della risoluzione il paragrafo sul riconoscimento dello status di Crimea e la velata critica al governo. I rappresentanti della Lega Nord, secondo quanto riportato dal giornale, programmerebbero di attenersi a questa strategia anche in altre regioni italiane in cui non costituiscono la maggioranza nei Consigli locali. RIA Novosti, citando il capo del gruppo di consulenti della Lega Nord della Toscana, Manuel Vescovi, riporta che queste decisioni riguardo al testo della risoluzione sono state prese su richiesta dei consiglieri del PD.

I media russi citano frequentemente i politici dei partiti di opposizione italiani e le perdite subite dall’economia italiana per via delle sanzioni. Tutte le pubblicazioni più importanti hanno parlato della dimostrazione di protesta contro le sanzioni degli agricoltori, che ha avuto luogo il 30 giugno a Verona. Secondo quanto riportato dal TASS, l’azione è stata organizzata dalla Associazione Nazionale dei Produttori Agricoli Coldiretti, e il giornale cita il Presidente dell’Associazione Roberto Moncalvo:“L’Italia non può permettersi una guerra commerciale con la Russia”. Numerose pubblicazioni dei principali giornali russi mostrano che la Russia sta guadagnando popolarità nella Lega Nord e nel Movimento 5 Stelle, meno noto nel Paese. Un’altra conclusione che si può trarre dagli articoli della stampa russa è che Roma, di posizione razionale ed equilibrata sulla questione delle sanzioni, si oppone alla posizione inflessibile di Bruxelles. I media russi annunciano che la posizione ufficiale del governo di Roma in merito alle sanzioni si è notevolmente ammorbidita. Il Primo Ministro italiano Matteo Renzi, che ha partecipato al Foro Economico di San Pietroburgo, ha detto che Roma è contraria alla proroga automatica delle sanzioni, e che insiste per l’inizio di un dibattito politico su questo tema. Le fonti russe riportano anche che, agli occhi del Paese, nonostante Renzi non raggiunga i livelli della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle per contrastare la politica anti-russa di Bruxelles, la sua posizione è un motivo ragionevole per i negoziati.

Silvia Vittoria Missotti
6 luglio 2016
www.opinione-pubblica.com/la-regioni-in-lotta-contro-le-sanzioni-a-mosca-e-la-notizia-fa-il-giro-della...
18/07/2016 02:10
 
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Mosca mantiene la sua promessa: una sorpresa speciale aspetta la NATO ai confini con la Russia

Mosca mantiene la sua parola e realizza le sue promesse: una sorpresa speciale attende la NATO nei confini con la Russia, in particolare in una regione di importanza strategica per il Cremlino: la Crimea. Lo segnala il quotidiano russo “Vzglyad”, riferendosi al “Washington Times”. Già lo scorso maggio Alexander Grushko, il rappresentante permanente della Russia presso la NATO, aveva pubblicamente dichiarato che Mosca avrebbe preso tutte le misure necessarie per difendere il suo nuovo territorio". "Oggi la NATO sta cercando di spostare il suo schema conflittuale sul Mar Nero. I rappresentanti dell'Alleanza Atlantica comprendono perfettamente che non diventerà mai un "lago della NATO". Prenderemo tutte le misure necessarie per neutralizzare le minacce e i tentativi di mettere pressione alla Russia da sud", il "Washington Times" cita Grushko. La Federazione Russa schiererà su base permanente in Crimea i nuovi sistemi missilistici S-400, che di fatto chiuderanno i cieli sopra la penisola e preverranno ogni provocazione aerea, difendendo il Paese e la penisola dalle "scorribande aeree" della NATO, il giornale "Vzglyad" cita il "Washington Times". I nuovi armamenti sono in grado di colpire bersagli aerei in movimento in un raggio di 400 chilometri. Secondo Ruslan Balbek, il vice Premier del governo della Crimea, lo schieramento dei sistemi di difesa aerea permetterà di chiudere i cieli della penisola da eventuali attacchi o provocazioni aeree e sarà un potente deterrente contro i velivoli dell'Alleanza Atlantica. "Coloro che cercheranno di sorvolare o violare lo spazio aereo della Crimea di fatto compieranno un'azione suicida. Non c'è alcun dubbio sull'esistenza di piloti coraggiosi della NATO, tuttavia non ci sono kamikaze", il "Washington Times" cita Balbek. Inoltre, come riportato in precedenza, per controbilanciare l'aumento delle attività della NATO, la Russia schiererà nel Mar Baltico e nel Mar Nero 2 stazioni radar in grado di controllare una zona costiera di circa 200 miglia.

17.07.2016
it.sputniknews.com/mondo/20160717/3138602/Crimea-Baltico-sicurezza-geopolitica-difesa.html?utm_source=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com&utm_medium=short_url&utm_content=bGrG&utm_campaign=URL_sh...
[Modificato da wheaton80 18/07/2016 02:11]
03/08/2016 04:29
 
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Il Nuovo Medio Oriente: esce l’America ed entra la Russia

Il genio è finalmente uscito dalla lampada?
Una miriade di eventi apparentemente non collegati e una quantità di fili sciolti convergono a indicare che la Russia sta ottenendo un’enorme vittoria diplomatica nel Medio Oriente. Per comprendere meglio lo scenario che si sta definendo bisogna solo unire i puntini. Ma quali puntini, si chiede qualcuno? Henry Kissinger fece della protezione di Israele un caposaldo della politica estera americana. Nei suoi tanti viaggi diplomatici che hanno portato all’accordo di Camp David, Kissinger è fondamentalmente riuscito a togliere di mezzo l’Unione Sovietica, come superpotenza e come partner privilegiato, dal tavolo di trattative tra Israele e gli arabi, riducendone il ruolo a nulla. Il successivo smantellamento dell’Unione Sovietica e l’emergere del cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale” hanno implicato che Israele mantenesse il proprio ruolo di superiorità militare. Tuttavia, con l’emergere dell’asse di resistenza in generale, e di Hezbollah in particolare, la potenza tecnica militare di Israele si è dimostrata incapace di assicurarle una vera sicurezza. I fatti anzi sembrano mostrare l’esatto opposto. Israele non si è mai trovata in un tale stato di minaccia esistenziale come ora, con una quantità stimata di centinaia di migliaia di missili di Hezbollah, se non di più, pronti a colpire obiettivi israeliani fino a Eilat. E, dato che l’America è stata così a lungo un sostenitore di parte per Israele, ha finito per perdere credibilità come possibile arbitro e mediatore in quella zona. Quindi, in realtà, sebbene l’America abbia tentato così fortemente di dare a Israele il potere di imporre le proprie condizioni di pace ai propri termini, in pratica non è riuscita a fornire a Israele nessun tipo di pace, secondo gli accordi di nessuno.

Intanto, in Siria…

La Siria si trova bloccata in uno stato di guerra da più di cinque anni. L’intervento russo iniziato a fine settembre 2015 ha finalmente dato un vantaggio decisivo al governo siriano e ai suoi alleati, che ora stanno avendo il sopravvento nel conflitto. Poi, al culmine delle operazioni militari e apparentemente poco prima di ottenere una completa vittoria, la Russia si è improvvisamente tirata indietro e ha dichiarato un cessate il fuoco. Su questo si sono sollevate molte questioni, e perfino un alleato leale e convinto della Russia come Hezbollah, nella persona del suo capo Nasrallah, ha chiesto pubblicamente, in un recente discorso, quale fosse la motivazione della scelta russa di fermarsi. Ha chiesto:“Chi è che ha beneficiato del cessate il fuoco?”. Nasrallah ovviamente si riferiva al fatto che il Fronte Al-Nusra e altri gruppi hanno tratto vantaggio dal cessate il fuoco per rafforzare le proprie posizioni e talora anche per riguadagnare territori in alcune regioni. In quanto all’intervento russo, per la sua rapidità, precisione ed efficacia, ha sbalordito il mondo e specialmente la NATO, tanto quanto il successivo rapido ritiro e il cessate il fuoco. Il perché il Presidente Putin abbia deciso così improvvisamente di ridurre l’offensiva militare è la domanda che tanti analisti si pongono e sulla quale molto si è speculato. Gli analisti di brevi vedute, specialmente quelli ai quali piace detestare la Russia, hanno trovato questa una ghiotta occasione per sferzare la Russia e accusare Putin di aver fatto marcia indietro lasciando collassare la Siria. Ma davvero Putin si potrebbe ritirare dopo aver messo in campo la propria reputazione politica globale? Si aspettava veramente che gli americani sarebbero arrivati a collaborare lealmente con lui sul terreno siriano? Potrebbe davvero retrocedere dopo che alcune vite russe sono state perdute sul campo siriano e dopo la tragedia aerea sul Sinai, e dopo quello che è stato fatto come rappresaglia per l’azione militare russa in Siria? Davvero Putin potrebbe mettere a rischio la propria reputazione presso l’opinione pubblica subito dopo aver raggiunto il ruolo di salvatore ed eroe? Da ultimo, Putin potrebbe davvero lasciare la Turchia, e specialmente Erdogan, “impunito” dopo che le forze militari di quest’ultimo hanno deliberatamente abbattuto un caccia russo e ucciso il pilota? La risposta a tutte le domande di cui sopra è un NO categorico. Quindi perché Putin lo ha fatto? Non sembra esserci comunque una risposta chiara. Almeno non per adesso.

E naturalmente non possiamo menzionare la Turchia senza un’analisi più approfondita. Nella mia analisi sul fallimento della “guerra in Siria” – che ha effettivamente iniziato a prendere forma negli ultimi due anni e specialmente dopo l’emergenza ISIS – ho sottolineato che diversi elementi anti-siriani, uniti solo dal loro odio verso la Siria e il suo Presidente, si sono resi conto che il loro sogno non si sarebbe materializzato. Si sono quindi rassegnati a perseguire i singoli obiettivi individuali e/o a implementare certi piani contingenti. In questo contesto, e tra le altre cose, l’ISIS si è ammutinata contro i suoi ex-alleati e ha catturato alcuni pozzi di petrolio per autofinanziamento. Quando Erdogan guarda l’ISIS vede una spada a doppio taglio. Indipendentemente dalla politica, l’ideologia fondamentalista di Erdogan non è molto diversa da quella dello Stato Islamico, e secondo questa dottrina, mettendo da parte tutto il resto, i miliziani dell’ISIS sono visti come dei confratelli. Inoltre, il fatto che l’ISIS e i curdi fossero in guerra tra loro è qualcosa che Erdogan non poteva ignorare. La paura che Erdogan ha del fattore curdo è notevole, e il fatto che l’America stesse aiutando alcune fazioni curde ha mandato Erdogan fuori di sé. L’America non può essere amica della Turchia e dei curdi allo stesso tempo, ha detto Erdogan più volte, sia direttamente che indirettamente. Al tempo stesso l’America si è trovata sempre più in difficoltà a trattare con Erdogan, e a sua volta ha condotto il proprio gioco del gatto col topo nel triangolo ISIS-curdi-Turchia: ha favorito di volta in volta ciascuna delle tre fazioni, a seconda delle convenienze e dei propri programmi. Ma per Erdogan questa questione stava diventando sempre più critica.

La Turchia è ora sotto attacco da una serie di esplosioni qui e là, alcune delle quali pare siano perpetrate dai curdi e altre dallo stesso ISIS. Non solo il gioco di Erdogan in Siria è fallito, ma si è pure portato il conflitto in casa. Infine, il boom economico e la politica dei “problemi zero” che hanno contrassegnato i suoi primi anni al potere si sono tutti erosi nel pantano in cui si sta trovando Erdogan adesso. A peggiorare la situazione per Erdogan, dopo l’atterramento del caccia Russo Su-24 nel novembre 2015, il Premier turco si aspettava il supporto della NATO, ma la reazione NATO è stata breve e concisa. Gli fu detto che doveva vedersela da solo per i suoi problemi con la Russia. Ha poi provato a usare la carta dei rifugiati come asso nella manica, ma non è andato molto distante. A parte alcuni miliardi di dollari ricevuti dall’Unione Europea, che in un certo senso sono solo una piccola tangente, Erdogan non è assolutamente riuscito a concludere l’accordo che realizzasse l’aspirazione della Turchia di diventare membro dell’Unione Europea. Erdogan si è trovato all’angolo, abbandonato, sotto attacco, con gravi sanzioni economiche dalla Russia e con un’economia in declino. Aveva bisogno di una strategia di uscita. Un’uscita da tempi difficili e per aprire un’epoca nuova. Nel frattempo il Premier israeliano Netanyahu ha fatto una quantità senza precedenti di viaggi a Mosca. Ma perché, si chiedono molti? La polvere non si è ancora depositata a terra che molte evidenze indicano che vedremo un ampio cambiamento nelle politiche, nei conflitti e nelle alleanze in Medio Oriente.

Stiamo ora assistendo ad accuse formali, da parte della Turchia, rivolte agli Stati Uniti, secondo le quali sarebbero stati questi ultimi a tramare nel recente colpo di stato fallito. La Turchia ha anche imposto un blocco alla base aerea a Incirlik, una base NATO, nella quale gli Stati Uniti ammassavano armi nucleari, e ha perfino tagliato le linee di rifornimento energetico verso quella base. Ciò equivale a dichiarare ammutinamento contro la NATO. Quando Erdogan ha detto che il tentato colpo di stato si è rivelato un “dono di Dio” per ripulire l’esercito, avrebbe anche potuto dire che era un dono di Dio per mostrare il proprio risentimento verso gli Stati Uniti. Ci sono anche voci che affermano che Erdogan stesso avrebbe messo in scena il colpo di stato fallito per eliminare dall’esercito gli elementi che non gli erano del tutto leali. Sebbene questo scenario non possa essere né confermato né disconfermato, Erdogan non sta certo usando parole o azioni gentili verso la NATO e gli Stati Uniti. È importante notare che nelle scorse settimane Erdogan e Netanyahu si sono riappacificati, e che anche le relazioni russo-turche si sono normalizzate. Erdogan sembra avere decisamente sterzato, quasi a fare una inversione a “U” nelle sue politiche verso la Siria. Ma perché? Per chiunque voglia ottenere una vittoria decisiva in Siria, controllare la città di Aleppo è fondamentale. Chi detiene il pieno controllo di Aleppo vince la guerra. La coalizione russo-siriana ha preso il sopravvento e ha vinto la battaglia di Aleppo. Ma a quale costo in termini di vite civili? L’altro modo di vincere era quello di mettere in ginocchio Erdogan. Questo sembra in qualche modo essere successo. Se Erdogan è costretto a chiudere il confine siriano, per i terroristi è finita. Se colleghiamo tutti i puntini descritti sopra, anche ignorando altri fatti minori, vediamo svolgersi un piano magistrale della Russia in Medio Oriente.

Ciò che mette la Russia in posizione di condurre un tale piano è il fatto che questo Paese è fortemente rispettato ed è in rapporti ragionevolmente positivi con tutte le fazioni principali. Dopo aver sistemato le proprie relazioni con la Turchia, la Russia è in buoni rapporti non solo con la Turchia, ma anche con la Siria, Israele e l’Iran. L’avventato piano americano di politica estera nel Medio Oriente ha reso l’America una potenza che non ispira più la fiducia dei propri alleati. Putin è inflessibile nella lotta al terrorismo. Se riesca infine a batterlo oppure no è un’altra storia, ma dal punto di vista strategico sa benissimo che una vittoria militare contro il terrorismo è impossibile da ottenere se le altre fazioni nella regione si trovano in uno stato di conflitto. Secondo questa analisi siamo sul punto di vedere il pieno dispiegarsi del piano russo, un piano che non solo getta la basi per la fine della “guerra in Siria”, ma che punta anche a risolvere il conflitto arabo-israeliano. Il piano si dovrà basare su una situazione di mutuo vantaggio per tutte le fazioni coinvolte. L’Arabia Saudita (o il Qatar) sarà il solo perdente. Saranno probabilmente lasciati da parte. Nessuno avrà più bisogno di compiacerli. La loro influenza è in declino così come le loro risorse. La guerra al terrore, se sarà condotta e se avverrà sotto l’egida della Russia, dovrà probabilmente opporsi al sostegno che l’Arabia Saudita dà alla diffusione del radicalismo religioso. La valanga degli eventi è appena iniziata, e l’America si vede indicare la porta d’uscita dai suoi stessi più stretti alleati; la Russia si sta approssimando come unica potenza capace di risolvere i lunghi conflitti che funestano il Medio Oriente e di rimettere ordine nel caos americano.

Ghassan Kadi
Fonte: thesaker.is/the-new-middle-east-exit-america-enter-russia/
18 luglio 2016

vocidallestero.it/2016/07/22/il-nuovo-medio-oriente-esce-lamerica-ed-entra-la...
20/08/2016 23:21
 
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La base russa in Iran: un cambiamento fondamentale degli equilibri di potere nella regione


Bombardieri russi Tu-22 in Iran

La Russia, per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ha annunciato una sua presenza militare in Iran. Il 16 agosto 2016, i bombardieri strategici a lungo raggio russi Tu-22M3 hanno fatto i primi voli e le prime missioni di guerra partendo dalla base di Hamedan, nell’Iran occidentale. Gli aerei hanno colpito i bersagli dei gruppi terroristi dello “Stato Islamico”, di Al Nusra e di altri gruppi in Siria. In precedenza, l’aviazione strategica russa aveva effettuato le missioni di combattimento dalla base di Mozdok in Ossezia del Nord. Ora la distanza rispetto agli obiettivi in Siria è ridotta del 60%. Per la campagna bellica siriana questo significa che i bombardieri supersonici russi saranno in grado di avere più carico (bombe e missili) e, allo stesso tempo, di effettuare un numero crescente di attacchi. Di conseguenza, l’intensità e l’efficacia delle operazioni dell’aviazione russa aumenterà in modo significativo. La base aerea di Hmeymim a Latakia (ex aeroporto civile) non era adatta per tali bombardieri pesanti.

Il Medio Oriente sotto totale controllo

Le agenzie di stampa hanno diffuso l’informazione secondo cui la Russia e l’Iran hanno concordato il dispiegamento a lungo termine dei bombardieri strategici russi presso la base aerea di Hamedan. Questa informazione è stata confermata dai funzionari iraniani. Il Presidente del Consiglio di Sicurezza dell’Iran, Ali Shamkhani, ha affermato che la parte iraniana fornirà la propria infrastruttura per la Russia al fine di combattere il terrorismo. I bombardieri russi strategici in Iran cambieranno radicalmente la situazione geopolitica nel Medio Oriente. La gamma dell’aereo Tu-22M3 a velocità supersonica è di 1.850 km. Questo permette di coprire tutto il Medio Oriente. In questa vasta area adesso controllata dalle forze dell’aeronautica russa sono ora compresi Israele, la Palestina, la Giordania, il Libano, la Siria, l’Egitto, la Turchia, l’Arabia Saudita, l’Oman, il Qatar, il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti, lo Yemen, l’Iran e le acque del Golfo Persico. All’interno del raggio di volo dell’aviazione russa ci sono le basi militari americane, tutti i luoghi strategici delle monarchie wahabite del Golfo Persico e le infrastrutture terroristiche nella regione. Il tempo di volo fino a Riyadh per gli aerei russi è di meno di mezz’ora. Il Tu-22M3 è un aereo che è stato progettato per distruggere grandi obiettivi militari-industriali del nemico, unità di controllo e di comunicazioni, obiettivi nemici e unità situate in profondità nelle linee nemiche. Gli aerei possono condurre in modo efficace ricognizioni aeree e impegnarsi nella guerra elettronica. Il Tu-22M3 è in grado di trasportare sia armi convenzionali che nucleari. Il carico massimo è di 24.000 kg.


Mappa delle basi russe in Iran

Allo stesso tempo, la Russia, nel caso di necessità militare, potrà posizionare in Iran nuovi e migliori armi, per esempio i traportatori di missili strategici Tu-160, che sono armati con bombe atomiche e missili con testate nucleari. Il loro raggio di combattimento di 7.500 km.

L’asse Mosca-Teheran-Damasco
La disponibilità dell’Iran nel fornire alla Russia l’utilizzo della base militare di Hamedan è un evento unico ed indica la stretta alleanza strategica costituitasi tra i due Paesi. Questo passaggio dimostra, fuori da ogni dubbio, che gli interessi geopolitici della Russia nella regione coincidono con quelli dell’Iran. Non ci sono i dubbi che le forze spaziali militari russe proteggeranno tanto gli interessi e la sicurezza della Russia quanto quelli dell’Iran. Questo di conseguenza fa aumentare significativamente la protezione dell’Iran contro le minacce conclamate dei suoi avversari, gli Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, grazie alla presenza militare russa (da notare che Hillary Clinton, non molto tempo fa, aveva manifestato l’intenzione di attaccare l’Iran, qualora eletta alla Presidenza).


Mappa raggio d’azione Jet russi

Con questa mossa, allo stesso tempo, la Russia si difende a distanza dai propri confini, portando il confronto con gli Stati Uniti e con la NATO dalle proprie aree di confine a quelle nelle vicinanze della zona costiera (Rimland), quella eurasiatica che si trova direttamente adiacente alle più importanti basi degli Stati Uniti, del Regno Unito e del Golfo Persico (Bahrain, Oman, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti). Un’avanzata strategica effettuata da Putin che segna un punto fondamentale nella strategia russa.

La rottura del blocco atlantista NATO
Per la Russia questo evento è di fondamentale importanza. “La svolta verso i mari caldi”, verso l’Iran e l’India, l’espansione geopolitica verso il sud, è stato questo un grande imperativo strategico della geopolitica russa dal XVIII secolo e il significato fondamentale del “Grande Gioco” da parte russa. Questo avviene in contrasto con la strategia delle potenze atlantiste, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che stavano cercando in qualsiasi modo di evitare il pieno accesso russo nel Medio Oriente e nel Golfo Persico. I bombardieri strategici russi a Hamedan, in Iran, significano la svolta in questa parte del Rimland. La Russia ora riceve un accesso immediato alla regione e dispone della possibilità di cooperare militarmente in quest’area, per proteggere sia i propri interessi che quelli degli alleati.

Fonte: www.elespiadigital.com/index.php/noticias/historico-de-noticias/14426-una-base-rusa-en-iran-un-cambio-fundamental-en-el-equilibrio-de-poder-en-l...
Traduzione: Manuel De Silva

20 agosto 2016
www.controinformazione.info/la-base-russa-in-iran-un-cambiamento-fondamentale-degli-equilibri-di-potere-nella-...
03/09/2016 15:30
 
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Putin: 'NIET' ai neoliberali, 'DA' allo sviluppo nazionale

Dopo più di due anni di peggioramenti dell’economia e con un tasso di interesse della banca centrale del 10.5%, che rende virtualmente impossibile lo stimolo alla crescita tramite la richiesta di nuovo credito, il Presidente russo Vladimir Putin ha finalmente sciolto una situazione bloccata tra due fazioni interne. Il 25 luglio ha dato il mandato al gruppo di economisti chiamato Club Stolypin di preparare una loro proposta di crescita economica che verrà presentata al governo entro il Quarto Trimestre di quest'anno. Con questa decisione, Putin ha rigettato due fazioni economiche di stampo neo-liberal che avevano portato la Russia verso una recessione sia politica che economica con le loro dottrine occidentali del libero mercato. Questa è una mossa importantissima, che mi aspettavo già da quando ho avuto la possibilità di avere alcuni scambi di vedute durante il Forum Economico Internazionale a San Pietroburgo. Senza grandi squilli di trombe, la stampa russa ha riportato una nota, alcuni giorni fa, che può avere profonde conseguenze per il futuro dell'economia interna russa.

Il blog russo, Katheon, riportava questa breve notizia:“Il Presidente russo Vladimir Putin ha dato mandato al gruppo Stolypin di finalizzare il documento del Club Stolypin e, sulla base delle sue raccomandazioni, preparare il nuovo programma di sviluppo economico alternativo al piano Kudrin. Il programma stesso dovrebbe essere dato al Bureau del Consiglio Economico entro il quarto trimestre del 2016”. Nel suo commento, Katheon dà grande risalto alla decisione di abbandonare gli approcci neo-liberal e chiaramente distruttivi dell'ex Ministro delle Finanze Alexei Kudrin, favorevole alle dottrine di libero mercato. “Il rapporto del Club Stolypin consiglia un aumento degli investimenti interni, pompando l'economia con denaro preso dai fondi statali e stampato dalla Banca di Russia. Al contrario, il concetto propugnato dal Centro di Ricerche Strategiche di Kudrin suggeriva che gli investimenti dovessero essere di natura privata mentre al governo era dato il compito di assicurare la stabilità macroeconomica, bassa inflazione e la riduzione del deficit”.

Kudrin ha fallito

Data la situazione presente di continue sanzioni occidentali (sia economiche che finanziarie) contro la Russia, i flussi di investimenti privati nell'economia (descritte dal gruppo Kudrin) sono rari, per dirla in maniera gentile. Ulteriori tagli al già minimo deficit pubblico non fa altro che aumentare la disoccupazione e peggiorare la situazione. Il Presidente Putin ha preso atto che “l'esperimento neo-liberale” ha fallito. O forse, con più probabilità, è stato costretto a far sì che questa realtà economica, durante il dominio dei liberal, venisse portata avanti fino al punto in cui risultasse chiaro a tutte le fazioni economiche interne che si doveva attuare una soluzione alternativa. La Russia, come ogni altro Paese, ha gruppi di interesse spesso in contrasto tra loro; adesso è chiaro che la dottrina dei neo-liberal è stata confutata dai risultati scadenti del gruppo di Kudrin, abbastanza da dare al Presidente Putin la possibilità di muoversi in maniera decisa. In ogni caso, gli sviluppi attorno al gruppo Stolypin avrà effetti benefici per la Russia. Radunando un nuovo meeting del Presidio del Consiglio Economico il 25 maggio (dopo un'interruzione di due anni), il Presidente Putin, facendo notare come l'assemblea avesse opinioni contrastanti, disse:“Propongo che si cominci con le fonti di crescita per l'economia russa dei prossimi dieci anni... Le dinamiche attuali mostrano che le riserve e risorse che hanno fatto da perno alla crescita economica dagli anni 2000 in poi non producono più gli stessi effetti di un tempo.

L'ho detto in passato e voglio ripetere questo punto di nuovo oggi: la crescita non continua più con le attuali premesse economiche. Se non troviamo nuove fonti di crescita, avremo a breve un PIL vicino allo zero, e quindi tutte le nostre opportunità nel settore sociale, nella sicurezza e nella difesa nazionale e in altre aree saranno considerevolmente più basse di ciò di cui abbiamo bisogno per sviluppare il nostro Paese e fare progressi concreti”. Oggi, dopo solo due mesi da quel giorno, Putin ha deciso. Chiaramente ha un occhio che guarda alle elezioni presidenziali del 2018. Con questa decisione, ha selezionato il gruppo dei tre facenti parte del Consiglio Economico che crede che lo Stato abbia un ruolo positivo nello sviluppo dell'economia nazionale. In qualche modo, il gruppo Stolypin prende a modello la genialità del “miracolo economico” della Germania del 1871, le cui idee hanno creato la più straordinaria crescita economica da una situazione di arretratezza che l'Europa abbia mai visto, in soli trent'anni. Le nazioni che hanno avuto un simile rapido sviluppo sono state l'America del 1865 e la Repubblica Popolare Cinese del 1979, con la formula di Deng Xiaoping “Socialismo dalle Caratteristiche Cinesi”. Il modello di sviluppo nazionale si basa sul lavoro dell'economista tedesco del 19mo secolo Friedrich List.

Tre campi
Durante la “Terapia Shock” degli anni ‘90 di Boris Yeltsin, economisti della scuola di Harvard come Jeffrey Sachs, finanziati dal meta-saccheggiatore George Soros, erano consulenti di Yeltsin. Le disastrose politiche economiche implementate dal team di economisti di Yeltsin, a quel tempo guidato da Yegor Gaidar, hanno implementato la svendita e privatizzazione degli asset dello Stato a prezzi stracciati per il beneficio di investitori occidentali come Soros. Hanno fatto drastici tagli al debito pubblico, riducendo gli standard di vita ed eliminando le pensioni pubbliche per gran parte della popolazione. Tutto fatto in nome delle riforne del mercato libero. Dopo quel trauma, e con l'inizio della prima presidenza Putin nel 1999, la Russia comincia una dolorosa ripresa, non grazie a quella terapia shock, ma piuttosto malgrado quella. Un tributo alla determinazione del popolo russo. Per quanto possa sembrare scioccante, questi ideologi del mercato libero, seguaci di Gaidar, hanno fino ad ora mantenuto un monopolio virtuale sulle politiche economiche e finanziarie della Russia. Sono stati supportati da leader di fazioni simili ma ugualmente distruttive: i monetaristi come Elvira Nabiullina, governatore della Banca Centrale russa, la quale sembra essere ossessionata solo dal controllo dell'inflazione e dalla stabilizzazione del rublo. Lo scorso maggio, Putin ha dato i primi segnali di essere aperto all'idea che i sempre rassicuranti rapporti dei suoi Ministri economici e finanziari su una “ripresa dietro l'angolo” (come disse anche Hoover all'inizio della Grande Crisi del 1930) erano sbagliati.

Il Presidente russo ha quindi riunito il sopra citato Presidio con l'intento di redigere un piano per la risoluzione dei problemi economici del Paese. Il Presidio è formato da 35 membri presi dalle tre fazioni economiche più importanti. L'ex Ministro delle Finanze neo-liberal Alexei Kudrin è a capo di uno di questi gruppi, supportato dal Ministro delle Finanze Anton Siluanov e dal Ministro per l'Economia Alexey Ilyukayev. Questo gruppo si fa promotore del solito mantra occidentale sul potere del mercato di auto-regolarsi e sulla riduzione del ruolo dello Stato attraverso la privatizzazione delle ferrovie, delle compagnie energetiche come Gazprom e di altri asset di valore. Kudrin era anche stato nominato da Putin a presiedere il Consiglio dei 35 a maggio. Molti degli economisti nazionali temevano il peggio da questa nomina, praticamente un revival della terapia shock in stile Gaidar, Mach II. Ovviamente questo adesso non succederà. Kudrin e il suo approccio sono stati ripudiati come inefficaci. Il secondo gruppo è rappresentato da Elvira Nabiullina. Sono i più conservatori, dichiarando il fatto che non sono necessarie né riforme né stimoli economici. Basta mantenere il presente corso economico con un tasso di interesse a due cifre e questo in qualche modo ucciderà l'inflazione e stabilizzerà il rublo. Come se tutto questo fosse la chiave per aprire ad un potenziale di crescita economica. Al contrario, è stata la chiave per uccidere l'economia e aumentare l'inflazione.

Il gruppo Stolypin
Il terzo gruppo rappresentato nel Presidio è quello più dileggiato dagli osservatori occidentali. Ad esempio, lo Stratfor (legato al Pentagono) si riferisce a questo gruppo come ad uno “strano collettivo”. Ho personalmente incontrato e parlato con alcuni di loro e posso dire che non sono per niente strani per coloro che abbiano un minimo di senso morale. Questo è quindi il gruppo che è emerso e a cui è stato dato il mandato di porre le basi della futura crescita economica russa direttamente da Putin. Il gruppo si ispira essenzialmente a ciò che Friedrich List, economista oggi pressoché dimenticato, chiamerebbe “economia nazionale”. La dottrina dell'economia nazionale, fondata su un approccio storico, era in diretta contrapposizione con l'ideologia dominante di quel tempo del libero mercato di Adam Smith. Le idee di List vennero integrate nelle strategie economiche del Reich tedesco, cominciando dal Zollverein o dall'Unione Tedesca degli Scambi (German Customs Union), che unificò il mercato interno domestico. Creò le basi nel 1870 per la più colossale crescita della Germania come rivale economico superando la Gran Bretagna in ogni area nel 1914. Il gruppo Stolypin include personaggi come Sergei Glazyev, Boris Titov, dal 2012 co-presidente di Business Russia, l'organo di vigilanza e controllo sui business russi. Sia Titov che Glazyev, consulente di Putin sull'Ucraina e su altri affari, sono soci fondatori del Club Stolypin. Nel 2012 Glazyev fu nominato da Putin, allora Primo Ministro, per coordinare i lavori delle agenzie federali per lo sviluppo di un'Unione di Scambi tra Bielorussia, Khazakistan e Russia; quella che oggi è l'Unione Economica Eurasiatica. Titov, che è anche il leader del partito Giusta Causa (Right Cause), è un imprenditore di successo, il quale, negli ultimi anni, si è dedicato all'avanzamento di politiche economiche all'interno del governo, spesso in aperto contrasto con le idee liberali di Kudrin sul mercato libero.

Infine, Titov presiede il Consiglio Economico russo-cinese. Una indicazione generale del tipo di proposte che verranno avanzate dal gruppo Stolypin sta, ad esempio, nel risolvere il deficit di infrastrutture che frena l'impresa produttiva; già Glazyev aveva esposto queste soluzioni durante il Consiglio di Sicurezza russo del settembre 2015. In quel consesso, Glazyev propose una “roadmap” di 5 anni per portare la Russia alla sovranità economica e alla crescita a lungo termine. Lo scopo è quello di rafforzare l'immunità del Paese a shock esterni e a influenze straniere, e in ultima analisi a portare la Russia fuori dalla periferia e verso il centro del sistema economico globale. Tra gli obiettivi, la crescita della produzione industriale del 30-35% su 5 anni, la creazione di una “economia del sapere” tramite il trasferimento di risorse economiche verso istruzione, sanità e sfere sociali, la formazione di strumenti atti a favorire il risparmio come parte del PIL e altre iniziative, inclusa una transizione verso una politica di sovranità monetaria. Nel 1990, la priorità di Washington e dell’FMI era quella di mettere sotto pressione Yeltsin e la Duma per privatizzare la Banca di Stato Russa tramite la revisione della Costituzione verso una Banca Centrale che, similmente alla FED americana e alla BCE, fosse un'entità puramente monetarista, il cui mandato fosse solo il controllo dell'inflazione e stabilizzazione del rublo. A tutti gli effetti, il controllo sulla creazione del denaro venne rimosso dalla sovranità dello Stato e venne legato al dollaro. Il piano di Glazyev del 2015 comprende anche l'uso delle risorse della Banca Centrale per fornire prestiti a specifici business e a industrie ad un tasso ridotto e variabile tra l'1% e il 4%, rendendo possibile una forma di allentamento quantitativo in misura di 20 triliardi di rubli nell'arco di 5 anni.

Il programma suggerisce inoltre che lo Stato supporti il business privato attraverso la creazione di “obbligazioni reciproche” per l'acquisto di prodotti e servizi a prezzi fissati. Infine, Glazyev propone che il rublo si rafforzi come alternativa al dollaro tramite l'acquisto di oro per il sostegno alla moneta. Si propone di dare mandato alla Banca Centrale di acquistare tutta la produzione interna di oro ad un prezzo fissato in modo da aumentare la convertibilità del rublo. Oggi la Russia è il secondo produttore mondiale di oro. Ovviamente il Presidente russo ha realizzato che i passi in avanti che la Russia fa nelle politiche estere, per quanto significativi, possano essere facilmente vanificati da una fragile economia interna. Con l'annuncio del 25 luglio di Putin, c'è l'opportunità di cambiare il corso dell'economia, se il programma verrà adottato con risolutezza, ad ogni livello. Il Presidente ha la responsabilità di offrire una chiara strategia quinquennale, un lasso di tempo utile per essere in grado di giudicarne i risultati. Cinque anni adesso sono ben diversi dai piani quinquennali del vecchio Soviet. Dando alla popolazione una chiara visione del futuro, può fare affidamento sul potenziale umano del suo Paese per riuscire nell'impossibile impresa di rivoluzionare l'economia in una che abbia basi più solide di quelle fin qui implementate dai monetaristi occidentali del “libero mercato”, che è ormai di fatto in bancarotta.

William Engdahl
Fonte: journal-neo.org/2016/08/02/putin-nyet-to-neo-liberals-da-to-national-deve...
2.08.2016

Traduzione: Colosseum
www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&...
06/10/2016 20:42
 
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Russia, Lavrov: La sospensione dell'accordo sul plutonio è un segnale a Washington

Washington non potrà parlare con Mosca da una posizione di forza e allo stesso tempo tenere in piedi una cooperazione selettiva, ha dichiarato il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, commentando la sospensione dell'accordo con gli Stati Uniti sullo smaltimento del plutonio. In precedenza era stato riferito che il Presidente russo Vladimir Putin aveva presentato alla Duma una proposta di legge per sospendere l'accordo con gli Stati Uniti sullo smaltimento del plutonio. La Russia può riattivare l'accordo in caso di riduzione delle infrastrutture belliche e del numero del contingente militare statunitense presente nei Paesi della NATO che sono entrati all'Alleanza Atlantica dopo il 2000, così come con la revoca delle sanzioni e della legge Magnitsky. Secondo Lavrov, la sospensione dell'accordo è stata una misura necessaria. "Purtroppo negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno adottato una serie di azioni ostili nei confronti della Russia: in particolare, con motivazioni pretestuose, Washington ha introdotto le sanzioni economiche ed altre misure afflittive su larga scala contro Mosca", si legge nel commento di Lavrov pubblicato sul sito del dicastero della diplomazia russa. Ha ricordato che il numero delle truppe americane al confine con la Russia è in costante aumento e gli Stati Uniti insieme ai loro alleati "non hanno esitato nell'annunciare il passaggio verso una politica di "contenimento" nei confronti della Russia, anche minacciando di attentati terroristici nelle città russe". "La nostra decisione è un segnale a Washington: non funziona cercare di parlare con la Russia da una posizione di forza, col linguaggio delle sanzioni e gli ultimatum e conservare una cooperazione selettiva con il nostro Paese solo in quegli ambiti in cui è vantaggioso per gli Stati Uniti", ha sottolineato Lavrov. Il Ministro ha osservato che le azioni ostili portano ad un cambiamento del contesto geopolitico e della stabilità strategica. Il capo della diplomazia russa ha constatato che questo limita le possibilità della cooperazione russo-americana in materia di riduzione delle armi nucleari. Allo stesso tempo Lavrov ha detto che Mosca non rinuncerà ai suoi impegni. Secondo lui, la riduzione della quantità di materiale nucleare nei programmi per gli armamenti continuerà e il plutonio russo non verrà utilizzato. Lavrov ha rilevato che la decisione di sospendere l'accordo sul plutonio non è orientata ad aggravare i rapporti con gli Stati Uniti. Secondo il capo della diplomazia russa, se Washington correggerà la sua linea politica, Mosca sarà pronta a riprendere l'accordo sul plutonio. A tal fine Washington dovrebbe eliminare le circostanze createsi per propria colpa, che hanno portato al cambiamento dell'equilibrio geopolitico, militare ed economico nel mondo, ha sottolineato Lavrov.

04.10.2016
it.sputniknews.com/politica/20161004/3436895/USA-geopolitica-sanzioni-diplomazia-sicurezza-nucleare-difesa-N...
09/10/2016 01:53
 
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Putin mette al bando Microsoft: Mosca elimina prodotti informatici USA e scommette su software locali

In Russia non si userà più Microsoft ma “Moi Ofis Pochta“, non ci sarà più “cloud” ma “oblako“. Mosca ha deciso di eliminare i prodotti informatici statunitensi per favorire i software locali. Il Ministro delle Comunicazioni Nikolay Nikiforov ha spiegato la decisione al sito Bloomberg:“Vogliamo che i soldi dei contribuenti e delle imprese statali vengano spesi principalmente in software locali”. La “rivoluzione” informatica partirà da Mosca con la rimozione dei programmi Microsoft da circa 6 mila PC. Tutti i programmi e le soluzioni dell’azienda di Bill Gates utilizzati dall’amministrazione, da Exchange Server ad Outlook, verranno sostituiti con un software nazionale. La realizzazione del progetto, rivela Il Sole 24 Ore, sarà affidata a Rostelecom, un operatore statale, mentre a sviluppare il nuovo software sarà la compagnia New Cloud Technologies. Adottando sistemi informatici locali il governo di Putin potrà risparmiare sul bilancio. Secondo il sito Bloomberg la Russia ogni anno spende circa 20 miliardi di rubli (295 milioni di dollari) per l’adozione di programmi stranieri. Mosca in passato ha già abbandonato il sistema di sorveglianza americano Cisco per un software locale.

F. Q.
29 settembre 2016
www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/29/putin-mette-al-bando-microsoft-mosca-elimina-prodotti-informatici-statunitensi-e-scommette-su-software-locali/...
13/11/2016 23:45
 
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Bulgaria e Moldavia, schiaffo all'Occidente: vincono i candidati filorussi

BERLINO - Terremoto balcanico negli equilibri tra Occidente e Russia, schiaffo orientale all’Occidente pochi giorni dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane. In Bulgaria il 53enne dinamico candidato filorusso del partito socialista d’opposizione, Generale Rumen Radev, ex capo dell’aeronautica militare, ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali con un confortevole 58 per cento secondo gli exit polls. Immediata reazione, cioè dimissioni, del Premier di centrodestra Bojko Borissov, che sosteneva la candidata sconfitta del suo partito (Gerb) Tseska Tsaceva. Analoga situazione in Moldavia, ex repubblica sovietica, il più povero Paese del continente in assoluto, tenuto in piedi in buona parte dagli aiuti della vicina Romania, membro di UE e Alleanza Atlantica, anche là al ballottaggio per l’elezione a suffragio universale diretto del Capo dello Stato: Igor Dodon, candidato filorusso ed esponente della minoranza russa difesa da un importante contingente dell’Armata di Putin, secondo i primi dati vince con il 57,27 per cento contro la rivale filo-occidentale governativa e filo-romena Maia Sandu, ferma al 42,75 per cento. In entrambi i casi, la stanchezza popolare per i devastanti effetti di corruzione e miseria diffusa fa volare i due leader dichiaratamente filorussi e amici di Putin. Vittorie a distanza per il Cremlino contro l’Occidente, che ha appena cambiato leader di fatto. Scosse pesanti per UE e NATO e per l’Occidente intero. Per la prima volta dalla caduta dell’Impero sovietico nel 1989 il mondo libero, che ora ha in Donald Trump il suo dubbio futuro leader, affronta la vittoria di leader russofili nei suoi ranghi. Nella capitale Sofia il Premier e leader di Gerb, Bojko Borissov, ha già presentato le dimissioni. Non è chiaro se si arriverà a una nuova maggioranza con accordi parlamentari o piuttosto con nuove elezioni legislative. “Con la mia vittoria la democrazia ha vinto contro apatia e paura e nonostante le minacce di caos evocate dal governo, la mia vittoria è l’inizio della missione più importante della mia vita, lavorare per una Bulgaria stabile e prospera”, ha detto a caldo l’ex Generale Radev, acclamato dai suoi sostenitori in trionfo. Si apre dunque una crisi di governo, la prima del genere per Unione Europea e Alleanza Atlantica.

Sebbene il Presidente bulgaro abbia incarichi rappresentativi e i poteri reali siano in mano al Premier, il terremoto politico è pesante. Il voto di sfiducia popolare del governo si annuncia impossibile da ignorare. Corruzione, miseria, e anche peso delle sanzioni occidentali contro la Russia, decretate dopo l’annessione della Crimea, pesano sulla vita quotidiana in Bulgaria, che storicamente ha avuto nella principale potenza slava il Paese amico e protettore, da quando l’esercito zarista, nel 19mo secolo accolto da salvatore dal popolo in festa, liberò i bulgari dal giogo ottomano. Mentre l’enorme squadra navale della Voyenno-Morskoj Flot guidata dalla portaerei Kuznetsov si avvicina alle coste siriane, mentre si segnalano scambi di sorrisi tra Putin e Trump, l’Unione Europea e la NATO affrontano un problema in più nei loro ranghi (Bulgaria) o nel caso moldavo ai loro confini, con un Paese UE e NATO (Romania) in prima linea, e truppe scelte russe già presenti da tempo in Moldavia. Situazione complessa appunto nella piccola, poverissima Moldavia, ex repubblica sovietica a maggioranza di popolazione di lingua romena ma con una cospicua minoranza russa difesa sul terreno da forti contingenti di truppe scelte dell’Armata del Cremlino. Anche là, nella capitale Chisinau, il candidato filorusso e membro della cospicua minoranza russa, Igor Dodon, apparentemente ha vinto. Il suo primo viaggio all’estero da Capo dello Stato sarà a Mosca. Dodon ha svolto la sua campagna con la proposta prioritaria di un riavvicinamento alla Russia. Maia Sandu, ex alto funzionario della Banca Mondiale, ha esortato a votare per lei in nome della lotta alla corruzione, ma ha perso. Con Trump sorridente ambiguo e inesperto alla Casa Bianca, dicono fonti NATO, Putin sente odore di nuovi spazi d’espansione in Europa, nei territori occupati da Stalin e poi perduti dal 1989 dall’Impero russo-sovietico.

Andrea Tarquini
13 novembre 2016
www.repubblica.it/esteri/2016/11/13/news/elezioni_bulgaria_moldavia_occidente_russia-15...
18/11/2016 02:41
 
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Putin e l’arresto del Ministro dello Sviluppo russo



Arrestato nel cuore della notte a Mosca Aleksej Uljukaiev, Ministro dello Sviluppo Economico russo, colto in flagrante mentre prendeva una tangente di due milioni. “Mai un politico di così alto rango era stato arrestato in Russia dopo il collasso dell’URSS nel ’91”, scrive Francesco Mimmo sulla Repubblica del 16 novembre. “L’operazione finita sotto inchiesta è la cessione […] della Bashneft a Rosfnet”, dettaglia Mimmo. L’accordo si è chiuso il 6 ottobre, ma non erano mancati i dubbi. Da parte di Putin, in primis, che però non si era mai formalmente opposto, e da parte dello stesso Ministro aveva dato inizialmente parere negativo”. “Uljukaiev – spiega il cronista – è un politico “liberal”, in passato considerato più vicino all’attuale Premier Medvedev (che lo aveva nominato Ministro nel 2013) che a Putin. Già vice della Banca Centrale Russa, era stato uno degli artefici del primo pacchetto di riforme economiche della Russia postcomunista. Ironia della sorte, proprio ieri si festeggiava il 25esimo anniversario di quelle misure”. Pare che il Ministro avesse inoltre spinto per privatizzare alcuni asset pubblici per far fronte all’attuale crisi causata dalle sanzioni, ma che avesse trovato opposizione nei circoli più vicini al Presidente russo.

Nota a margine
Arresto più che simbolico. A quanto pare, dopo la vittoria di Trump, Putin si sta levando alcuni sassolini dalla scarpa, togliendo potere a quel mondo liberal che pure era, ed è, necessario per la tenuta economico-finanziaria della Russia, grazie ai suoi rapporti con il mondo occidentale. Anche la convivenza tra Putin e Medvedev è parte di questo compromesso necessario, stante che il secondo ha solidi legami con tali ambiti, alquanto distanti dal Presidente. Una diarchia, quella tra Putin e Medvedev, meno salda di quanto appare. Basti pensare alla guerra scatenata da Sarkozy e dalla NATO in Libia, alla quale l’allora Presidente Medvedev oppose una debole resistenza, al contrario della ferma opposizione di Putin, che, allora Primo Ministro e depauperato dei suoi poteri, dovette assistervi quasi impotente. Da vedere se l’arresto di questi giorni resterà episodio isolato e solamente simbolico, monito a futura memoria, oppure se indica l’inizio di un rimescolamento all’interno del potere russo.

16 novembre 2016
piccolenote.ilgiornale.it/30284/putin-e-larresto-del-ministro-dello-svilup...
06/12/2016 01:02
 
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Russia - Ucciso in Daghestan il terrorista super ricercato “l'emiro Kadarsky”



L'organizzatore degli attentati terroristici di Volgograd e Pyatigorsk, il responsabile delle uccisioni di poliziotti e imam, è rimasto ucciso insieme a quattro suoi miliziani durante una retata delle forze speciali russe nel villaggio di Talgi, in Daghestan. Rustam Asildarov, meglio conosciuto come “l'emiro Kadarsky”, leader dell'Organizzazione “Emirato del Caucaso, Vilayat Daghestan”, era entrato da circa dieci anni nelle liste dei ricercati internazionali per terrorismo. Le informazioni su dove si nascondesse sono state fornite da alcuni militanti della sua organizzazione arrestati in precedenza dalla polizia russa. La casa nel villaggio di Talgi, nella regione del Daghestan, è stata circondata dalle prime ore della mattina e dopo aver evacuato il vicinato sono iniziati i negoziati per cercare di far venir fuori i terroristi che intanto si erano barricati nell'abitazione. Alla proposta di deporre le armi ed arrendersi i militanti dell'organizzazione terroristica hanno risposto con il fuoco sulla polizia, cosa che ha scatenato l'assalto delle forze speciali anti terrorismo culminato in serata con l'uccisione di Rustam Asildarov e dei suoi più stretti collaboratori. Asildarov nel 2014 aveva giurato fedeltà allo “Stato Islamico”, ma era entrato nelle attenzioni dell'antiterrorismo già da molto prima. Nel 2007 si era reso protagonista dell'organizzazione di decine di attacchi terroristici, tra cui un attentato a Volgograd dove rimasero uccise 34 persone e ferite 70, un attentato davanti la stazione di polizia di Pyatigorsk nel 2013, e un attacco al posto di polizia di Makhachkala. L'emiro Kadarsky, secondo l'Intelligence russa, sarebbe stato a capo anche dell'organizzazione dell'attentato nella Piazza Rossa di Mosca durante i festeggiamenti del Capodanno 2010, attentato scongiurato dai servizi segreti russi prima che fosse messo in atto. Al termine dell'operazione, gli agenti di polizia hanno rinvenuto nella casa in cui si nascondevano i terroristi una ingente quantità di esplosivi ed armi. Continuano dunque le operazioni antiterrorismo dell'intelligence russa al fine di evitare ulteriori spargimenti di sangue nel territorio della Federazione. Oltre alle grandi città, dove il fenomeno potrebbe avere terreno fertile, ad esser sott'occhio maggiormente è la regione del Daghestan, nel Caucaso Settentrionale, che sembra abbia concentrato tutta l'attenzione per quanto riguarda il terrorismo, togliendo il “triste primato” alla Cecenia pacificata (almeno teoricamente e politicamente).

Danilo della Valle
05/12/2016
www.lantidiplomatico.it/dettnewsrussia_ucciso_in_daghestan_il_terrorista_super_ricercato_lemiro_kadarsky/1...
01/04/2017 00:19
 
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La Russia di Putin si rende indipendente dal sistema bancario internazionale

Detto fatto. Nel 2014 Vladimir Putin rispondeva alle sanzioni occidentali annunciando che la Russia stava lavorando ad un suo sistema di pagamento indipendente dal circuito SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), ovvero il sistema di scambio che gestisce e rende possibili tutte le transazioni bancarie internazionali. A 3 anni “dall’aggressione finanziaria” occidentale la Russia raggiunge l’obiettivo: la governatrice della Banca Centrale, Elvira Nabiullina, ha infatti annunciato che semmai lo SWIFT dovesse tagliare fuori la Russia, il sistema “sovrano” d’interscambio SPFS eviterebbe il collasso delle banche garantendo l’interascambio. Con questa mossa strategica Putin fa segnare un enorme passo verso l’indipendenza della sua Nazione dalla finanza internazionale. Già, perché dotare la Russia di un sistema d’interscambio indipendente dal circuito che fa capo alle centrali finanziarie Clearstream ed Euroclear (delle sottospecie di camere di compensazione con sede in Lussemburgo che di fatto fagocitano tutta la moneta creata dal nulla dalle banche centrali, verificandone i bilanci e compensando debiti e crediti scaturiti dalla moneta scritturale) significa rendersi autonomi in un circuito vitale per ogni Nazione.

Mentre in Italia impazzano slogan sulla sovranità (spesso fini a se stessi perché privi di contenuto reale), in Russia si compiono passi da gigante verso l’indipendenza dal giogo dell’Usura Planetaria. Nel comunicato della Governatrice Nabiullina si legge che il 90% dei bancomat russi (no dico, avete presente quanto è grande la Russia???) è pronto a fare anche a meno, qualora se ne palesasse la necessità, dei circuiti Visa e Mastercard, grazie al sistema autoctono MIR. La sovranità dei popoli contro il sistema finanziario è indubbiamente la grande sfida del nostro tempo; la Russia di Vladimir Putin, spesso demonizzata e attaccata dalla propaganda occidentalista controllata da mondialisti come George Soros, rappresenta di sicuro un modello di riferimento con cui occorrerebbe cercare una collaborazione sostanziale per avviarsi verso la strada dell’indipendenza. Ma per far questo occorre esortare ogni persona impegnata in politica ad emanciparsi culturalmente, capire cos’è davvero la Sovranità, con quali strumenti si può raggiungere, abbandonando idioti pregiudizi, prese di posizione blande e cerchiobottiste, segno evidente di paura e insicurezza: sentimenti deboli che non rispondono ai requisiti che la Storia esige dai popoli europei.

Francesco Filini
28 marzo 2017
www.rapportoaureo.it/la-russia-di-putinsirendeindipendentedalsistemabancariointerna...
03/04/2017 16:49
 
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Il Maidan bielorusso: un fiasco

L'opposizione “democratica” bielorussa e i suoi padroni occidentali hanno subito l'ennesimo fiasco. Il 25 marzo avevano programmato un'azione di massa “contro il regime di Lukashenko”. La data prescelta spiega il significato dell'iniziativa. Esattamente 99 anni fa un gruppo di “democratici” aveva dichiarato la fantomatica Repubblica Popolare Bielorussa (BNR), la cui Rada aveva approvato documenti che sancivano la rottura con la Russia e si era rivolta al Kaiser “con parole di profonda gratitudine per la liberazione della Bielorussia da parte delle truppe tedesche”, assicurando che “solo sotto la protezione dell'impero germanico il Paese avrebbe visto un futuro migliore”. I capi della BNR, che in seguito si sarebbero messi al servizio di Hitler, inondarono di sangue la terra bielorussa. Proprio il 25 marzo, proclamato dai democratici la “giornata della libertà”, è stato scelto per organizzare il Maidan a Minsk. Un intero arsenale di armi – granate, bombe lacrimogene, fucili automatici, carabine – e anche una bandiera rosso-nera (il vessillo delle organizzazioni naziste ucraine, NdT), portata dall'Ucraina, e simboli del battaglione “Azov” sono stati trovati nell'appartamento di un attivista dell'organizzazione illegale estremista “Legione Bianca”, a cui nome sono stati diffusi gli appelli a partecipare ai disordini. Su uno dei quadri appesi nella stanza, era ritratto un combattente coperto da un passamontagna accanto a un blindato con una bandiera bianco-rosso-bianca (dei nazionalisti bielorussi), sullo sfondo del Palazzo del governo bielorusso, coperto di sangue. Nel corso delle perquisizioni effettuate agli attivisti della “Legione Bianca” e delle altre organizzazioni nazionaliste sono stati sequestrati, oltre alle armi da fuoco e le granate, bastoni, coltelli e asce, giubbotti antiproiettile, caschi, kit medici in dotazione alla NATO e anche manuali con istruzioni sulle operazioni di combattimento nelle città. Le autorità di polizia hanno raccolto informazioni circa l'intenzione dei “legionari” di coinvolgere nelle “azioni radicali” gli attivisti del “Fronte Giovanile”.

Era previsto l'arrivo di combattenti di UNA-UNSO (gli eredi dei collaborazionisti di Hitler in Ucraina), con cui la “Legione Bianca” collabora fin dagli anni ‘90, e di loro sodali provenienti dall'Ucraina orientale, come pure la partecipazione all' “azione di protesta” di gruppi di giovani estremisti stranieri. Le misure preventive, adottate dagli organi di sicurezza, hanno scongiurato i piani degli organizzatori del raduno non autorizzato. I partecipanti ai “reparti di assalto” sono stati neutralizzati. Gli agenti del KGB hanno scoperto in un parcheggio nei pressi dell'Accademia delle Scienze, da dove sarebbero dovuti iniziare i disordini, un'automobile piena di scatole contenenti bottiglie Molotov. Tra i fermati sulla strada che conduce a Minsk ci sono anche due cittadini della Russia, che trasportavano armi. Una piccola folla, che cercava di organizzare la marcia nel centro della città, è stata dispersa dalla polizia senza fare uso di cannoni d'acqua e gas lacrimogeni e i promotori dei disordini sono stati fermalti. Come previsto, il fallimento degli organizzatori del Maidan a Minsk ha provocato la reazione stizzita dei loro burattinai. Profonda preoccupazione “per come le autorità bielorusse hanno fronteggiato le pacifiche (!) azioni in occasione della celebrazione della giornata della libertà” è stata espressa da Washington. La dirigenza degli Stati Uniti ha chiesto “l'immediato rilascio di tutti i pacifici dimostranti arrestati”. Dichiarazioni simili sono state rilasciate dall'Unione Europea e da alcuni suoi Paesi membri, che accusano il governo della Bielorussia di violazione dei diritti dell'uomo. Insomma, l'Occidente ancora una volta ha mostrato il suo vero volto.

Oleg Stepanenko
Fonte: kprf.ru/international/ussr/163691.html
02/04/2017

Traduzione: Mauro Gemma
www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_maidan_bielorusso_un_fiasco/549...
04/05/2017 00:07
 
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Mosca cancella il 100% del debito del Kirghizistan

Il Primo Ministro russo Dmitry Medvedev ha approvato l'accordo sulla cancellazione dei debiti finanziari del Kirghizistan. Lo riferiscono i media. Al 30 marzo 2017 l'ammontare del debito del Kirghizistan nei confronti della Russia ammonta a 240 milioni di dollari. Il 100% del debito sarà cancellato. Tale manovra rientra nel progetto di aiuto allo sviluppo del Kirghizistan da parte di Mosca.

03.05.2017
it.sputniknews.com/mondo/201705034444801-russia-cancella-debito-kirgh...
02/10/2017 02:58
 
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Russia: distrutte tutte le armi chimiche e condonati 20 miliardi di debiti africani

Sono due notizie “hard” di notevole rilevanza politica mondiale e provengono da Mosca. In sé meriterebbero un’attenzione cospicua, ma il modo di operare del sistema informativo dominante è così impermeabile alle notizie vere sulla Russia, che anche gli eventi suscettibili di grande peso simbolico e politico in campo militare ed economico passano praticamente inosservati. Così siamo informati fino all’ultimo tweet sulla lite fra Donald Trump e i giocatori di football, ma non ci viene detto con bastevole attenzione che il più formidabile arsenale chimico della storia, capace di distruggere diverse volte l’intera vita sul pianeta, ha concluso la sua esistenza il 27 settembre 2017. Né ci viene detto che – sempre in quella data - la Russia ha deciso unilateralmente di cancellare il grosso dei suoi crediti che gravavano sui Paesi africani più indebitati. Dunque, i fatti.

La fine delle armi chimiche russe
Con tre anni di anticipo sulla tabella di marcia, Mosca ha adempiuto in toto alla Convenzione sulle Armi Chimiche ratificata 20 anni fa, nel 1997, quando ancora possedeva ben 40mila tonnellate fra gas nervini e sostanze vescicanti. Il Presidente Vladimir Putin ha riservato a questo fatto una notevole solennità, come quando si posa la prima pietra di una grande manifattura. Solo che in questo caso la cerimonia è stata invece riservata al mettere fine all’ultimo chilogrammo rimasto degli ultimi due ordigni. Il quantitativo terminale è stato definitivamente distrutto con un ordine impartito da Putin in persona, in videoconferenza con i funzionari inviati presso il villaggio di Kizner, dove si trovava l’ultima goccia dell’arsenale chimico che Mosca ha ereditato dall’URSS. Putin lo ha definito «un enorme passo verso un maggiore equilibrio e sicurezza nel mondo di oggi.» Ha ricordato che per adempiere al trattato internazionale il suo Paese ha speso tanto e ha investito in imprese high-tech in grado di neutralizzare l’intero arsenale. Ha poi ricordato che gli Stati Uniti stanno opponendo ogni tipo di scusa economica e finanziaria per giustificare i continui rinvii sulla completa distruzione del proprio arsenale. «Onestamente, questa storia della mancanza di fondi mi suona proprio strana», ha ironizzato Putin.

La Russia in questi anni ha padroneggiato strategicamente il tema dell’eliminazione delle armi chimiche, al punto da ottenere grandi dividendi politici nelle negoziazioni internazionali: nel 2013 Mosca impedì l’aggressione diretta delle forze armate occidentali alla Siria mettendo sul piatto della bilancia la completa eliminazione dell’arsenale chimico siriano (che a suo tempo Damasco aveva costruito come deterrente opposto alle decine di bombe atomiche detenute da Israele). Fu una tappa diplomatica fondamentale per rovesciare poi le sorti del conflitto siriano a sfavore della galassia jihadista. E ora arriva quella che il turco Ahmet Üzümcü - direttore dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche – definisce come una «grande pietra miliare» per il disarmo chimico mondiale. Ovviamente questa non è ancora la fine delle armi di distruzione di massa, visto che tutte le potenze nucleari continuano a testare nuovi armamenti sempre più micidiali e sofisticati. In proposito, nel suo discorso in videoconferenza, Putin ha sottolineato di avere piena consapevolezza «dei pericoli potenziali e dei rischi associati alla ripresa della corsa agli armamenti e ai tentativi di sconvolgere la parità strategica». Ha sottolineato che la sicurezza globale richiede il dialogo e il «rafforzamento delle misure per la creazione di fiducia». Il disarmo chimico è un passo politico importante e dimostra in modo pratico che grandi misure strategiche di disarmo sono possibili e governabili, magari un domani anche nel campo degli armamenti nucleari.

Il condono del debito africano

Lo ricorda il sito Sputnik (https://it.sputniknews.com/mondo/201709285080208-putin-condono-debiti-africa/): il Presidente Putin ha annunciato la decisione di cancellare «oltre 20 miliardi di dollari di debiti ai Paesi dell'Africa», il tutto nell'ambito delle «iniziative per aiutare i Paesi poveri fortemente indebitati». Molte partite geopolitiche si stanno giocando ora nel continente africano, e avranno tutte enormi conseguenze sull’energia, le materie prime, le basi militari e i grandi flussi migratori. Il Cremlino cala sul campo una carta che può cambiare lo scenario, con un maggior peso della Russia. L’annuncio del Presidente russo è stato fatto in occasione del suo incontro con Alpha Condé, che è sì il Presidente della Guinea, un Paese di meno di 11 milioni di abitanti, ma è soprattutto il Presidente dell’Unione Africana, che ricomprende tutti i 54 Stati dell’Africa (1,1 miliardi di abitanti).

Pino Cabras
29 settembre 2017
megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/articolo/2012265/russia-distrutte-tutte-le-armi-chimiche-e-condonati-20-miliardi-di-debiti-afric...
02/10/2017 22:36
 
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Turkmenistan-Russia: Presidenti firmano un accordo di partnership strategica

I Presidenti della Russia e del Turkmenistan, Vladimir Putin e Gurbanguly Berdimuhamedov, hanno firmato un accordo sul partenariato strategico tra i due Paesi. Come risultato dei colloqui dei due Presidenti, sono stati firmati 14 documenti. In particolare, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa russa "Tass", i Ministri dell'Agricoltura dei due Paesi hanno firmato un accordo intergovernativo sulla cooperazione nel complesso agro-industriale. I vertici dei Ministeri dell'Industria hanno firmato un accordo intergovernativo sulla cooperazione nel relativo settore. Tra i documenti firmati, anche un accordo sulla creazione nelle reciproche sedi di uffici di rappresentanza delle autorità competenti in materia di immigrazione, così come un accordo sulla cooperazione nella lotta al traffico illecito di stupefacenti. I Ministeri dei Trasporti hanno firmato un protocollo di modifica al trattato intergovernativo nel settore del traffico marittimo del 2013. Ai massimi livelli ministeriali è stato sottoscritto anche un accordo intergovernativo sulla cooperazione nel settore dello sport ed uno sulla cooperazione nel settore del turismo. Le autorità competenti dei due Paesi hanno firmato un accordo di cooperazione nel campo della sanità.

02 ottobre 2017
www.agenzianova.com/a/59d24e0eead306.69347388/1653395/2017-10-02/turkmenistan-russia-presidenti-firmano-un-accordo-di-partnership-st...
06/10/2017 01:09
 
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Scacco matto di Putin ai sauditi: si ritirano dalla guerra in Siria

Avevamo scritto ieri dell’incontro tra Vladimir Putin e il re saudita Salman bin Abdulaziz (http://www.occhidellaguerra.it/re-saudita-vola-putin-sciogliere-nodi-del-medio-oriente/). Un incontro epocale, perché è la prima volta che un sovrano di Casa Saud vola in Russia e poi perché sul tavolo della diplomazia tra Mosca e Riyad ci sono le sorti del Medio Oriente (e non solo). Le (poche) agenzie che fanno un resoconto dell’incontro ci dicono qualcosa di interessante. L’Arabia Saudita sta facendo un passo indietro nella sua folle politica di destabilizzazione. Come è noto – e su queste pagine è stato scritto in lungo e in largo – Casa Saud ha investito parecchi milioni di dollari per esportare l’ideologia wahabita in Europa e in Medio Oriente. I risultati sono stati catastrofici. Molenbeek è diventato la Mecca del terrorismo europeo ed internazionale. La Siria è stata distrutta sotto i colpi di mercenari pagati anche dalla casa regnante. Ma ora il re fa marcia indietro e dice:“L’integrità territoriale dell’Iraq deve essere difesa così come quella siriana e per questo serve una soluzione alla guerra che lo consenta”. In Siria i sauditi hanno perso la partita. Assad ha ormai vinto. I terroristi sono asserragliati in poche sacche di resistenza e lo Stato Islamico controlla ormai solamente la parte orientale del Paese. Anche i curdi, che pure parlano di indipendenza, sanno che dovranno trattare con Damasco e che, per il momento, potranno avere solamente più autonomia. I rapporti con Mosca per Riyad sono fondamentali e, per questo motivo, casa Saud ha iniziato un percorso di riavvicinamento a Putin. Secondo quanto ha diffuso l’agenzia di stampa russa Tass (http://tass.com/pressreview/955735), ripresa da Gli Occhi della Guerra (http://www.occhidellaguerra.it/larabia-vuole-le-armi-dalla-russia-ma-a-condizione-che-faccia-fuori-liran/), a luglio i due Paesi “avrebbero concluso un accordo sulla vendita di armi e materiali bellici per una cifra intorno ai tre miliardi e mezzo di dollari. L’accordo non sarebbe soltanto di tipo commerciale, ma anche tecnico, in quanto Riyad ha interesse nella crescita del know-how sulla fabbricazione delle armi nel settore dell’industria bellica”.

Uno scenario inedito

L’incontro tra Putin e Salman apre nuovi scenari, come spiega all’AGI Gabriele Iacovino, presidente del Ce.S.i:“In un periodo in cui gli equilibri che lo hanno governato negli ultimi 15-20 anni si stanno modificando, un dialogo tra Russia e Arabia Saudita, che è qualcosa di totalmente nuovo e poco prevedibile, rientra in questo riequilibrio”. Per l’esperto, non si tratta solo di “un dialogo politico-economico, ma anche fattuale. Sono stati firmati degli accordi, ci sono molti soldi in ballo ed è ‘paradossale’, perché parliamo di due economie molto simili e monocolore che sono basate solo ed esclusivamente sullo sfruttamento delle risorse idrocarburiche”. Secondo Iacovino, in questa fase “l’Arabia Saudita supporta attraverso la propria ricchezza finanziaria l’economia russa” e quindi parallelamente “ci si può aspettare un riequilibrio delle posizioni russe sullo scacchiere mediorientale, che finora erano andate quasi esclusivamente ad appannaggio del ramo sciita”, ovvero dell’Iran. La politica estera di Putin in Medio Oriente, in effetti, è stata molto duttile e pragmatica, capace di barcamenarsi tra Israele e l’Iran. E ha avuto successo, come testimonia il fatto che, almeno per il momento, Casa Saud ha messo da parte la questione siriana. Per il momento, però. La politica mediorientale corre veloce. A volte anche troppo.

5 ottobre 2017
Matteo Carnieletto
www.occhidellaguerra.it/scacco-matto-putin-ai-sauditi-si-ritirano-dalla-guerr...
10/11/2017 19:15
 
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La Russia ha condonato al Mozambico un debito di 40 milioni di dollari

Il Direttore Esecutivo del Programma Alimentare Mondiale (WFP) David Beasley ha detto che la decisione di Mosca di condonare 40 milioni di dollari di debito al Mozambico è la più significativa nella storia del WFP. Lo riporta il sito web dell'organizzazione. "Il passo innovativo di conversione del debito della Russia contribuirà all'alimentazione di una generazione di scolari in Mozambico. Siamo grati alla Russia e al Mozambico per la prontezza ad adottare nuovi metodi di finanziamento, ed esortiamo gli altri partner donatori a considerare questi nuovi metodi", ha detto Beasley. Egli ha spiegato che il condono di questo debito consentirà di fornire cibo a 150mila studenti in Mozambico per cinque anni.

08.11.2017
it.sputniknews.com/mondo/201711085256080-russia-condono-debito-mo...
15/12/2017 02:01
 
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Gerusalemme capitale di Israele? È il trionfo diplomatico di Putin

Il clamore non si placa. La decisione del Presidente USA Trump di spostare l’ambasciata USA a Gerusalemme continua a tenere banco per i suoi risvolti provocatori, a cui sono seguite interpretazioni e deduzioni spesso monodirezionali. Tutto ruota intorno all’idea che finita (quasi) la guerra in Siria con l’ormai indiscutibile vittoria di Assad, il fronte pro sunnita abbia bisogno di un nuovo focolaio di crisi e insorgenza, così da evitare una stabilizzazione dell’area sotto l’egida del deus ex machina Iran e della sua alleata Mosca. L’interpretazione è difficile da confutare, ma probabilmente non esaustiva. Se pensiamo a Trump come lo sceriffo in stile Bush, pronto a scaricare bombe e tensione là dove capiti, il discorso fila: gli USA cercano di riprendersi dalla brutta figura in Siria e, facendo pressione sul mondo arabo e sui palestinesi in particolare, provano a rilanciare il ruolo di una malconcia Arabia Saudita, potenziale mediatore di futuri accordi fra Stato ebraico e Palestina.

L’argomento reggerebbe soprattutto se si continuasse a considerare Trump come un decisore estemporaneo, ostaggio di umori oscillanti, diversi a seconda del tempo e delle stagioni. In realtà il Presidente USA dispone di una coperta corta e deve gestire con estrema cautela i disequilibri lasciati in eredità dall’era Obama, non più supportati da un mandato presidenziale ad essi coerente. Per chiarire basta pensare al controverso attacco missilistico in Siria del 7 aprile, con cui Trump ha fatto intendere il ritornello che avrebbe caratterizzato il suo mandato: una cosa sono gli accordi strategici con la Russia stipulati sotto banco; altra sono le mosse di facciata, necessarie per cautelarsi dagli attacchi di chi lo vuole asservito alla causa russa ed eccessivamente sensibile al carisma di Putin. Con questa premessa, la decisione di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele assume un valore diverso. Proprio nel giorno in cui Washington dichiara l’azzardo, Putin, a seguito di una visita lampo in Siria, annuncia il ritiro delle truppe russe dal Paese arabo.

Il cerchio si chiude: da una parte i russi annunciano l’incontestabile vittoria militare e politica in Siria; dall’altra viene posta da Washington l’ultima e più delicata tessera del mosaico mediorientale, cioè la soddisfazione, per quanto simbolica, di Israele. Nel settembre del 2015, con l’intervento russo in Siria già in corso, Netanyahu aveva immaginato un piano strategico direttamente con Mosca, scavalcando l’infido Obama (che gli aveva remato contro alle elezioni politiche del marzo 2015, sponsorizzando i laburisti di Herzog, ndr). In sostanza Israele chiedeva garanzie in cambio della permanenza al potere di Assad e in particolare la messa sotto controllo di Hezbollah e delle milizie oltranziste sciite filoiraniane, uniche vere nemiche dello Stato ebraico. Nonostante l’impegno di Mosca, le evoluzioni della guerra in Siria non hanno soddisfatto Israele. L’ossessione per il nuovo asse sciita sorto fra Libano e Iran (via Damasco e Baghdad), unito al peggioramento dei rapporti con la Turchia e al riposizionamento dell’Egitto, hanno messo in agitazione Tel Aviv, sempre più bisognosa di un segnale forte dagli alleati storici. Niente di meglio che l’annuncio di Trump su Gerusalemme, pensato da tempo e capitato giusto nel momento della quadratura del cerchio. Ben oltre la provocazione, l’azzardo del Presidente USA rientra in una logica calcolata, che comporta rischi reali, ma punta al tempo stesso su risultati immediati. Facendo i conti, Trump, riconoscendo Gerusalemme come capitale di Israele ottiene:

- Il rafforzamento dell’alleanza con lo Stato ebraico, che rassicura una lobby necessaria e sempre decisiva negli equilibri della politica americana

- Rassicura Israele, come già detto, turbato oltre le aspettative dalla deriva sciita e dall’aumentato potere dell’Iran seguito alla vittoria di Assad in Siria

- Allontana i gossip sulle sue posizioni filorusse, soprattutto in virtù delle dichiarazioni ufficiali di Putin seguite all’annuncio

A questo proposito, è abbastanza probabile che nel fugace incontro di novembre a Danang in Vietnam, Putin e Trump si siano capiti su quella che sarebbe stata la prossima mossa americana in Medio Oriente. Stando all’intesa galeotta e clandestina di cui tanto si vocifera, potrebbe essere bastato un cenno. Il gesto di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale, in effetti, non fa altro che portare acqua al mulino del Presidente russo, ormai conclamato demiurgo dei nuovi assetti in Medio Oriente e a questo punto protagonista di un vero trionfo diplomatico. La mossa di Washington, in prospettive concrete, comporta:

- Un ulteriore allontanamento degli USA dall’Unione Europea, ben contenta di trovare un’occasione per contraddire il tycoon newyorchese

- Una vittoria simbolica per Israele, che al di là delle dichiarazioni ufficiali di Putin, conviene anche alla Russia, quanto meno per scongiurare iniziative unilaterali di Netanyahu in Siria in grado di compromettere i risultati ottenuti dai russi in due anni di guerra

- Il consolidamento dell’antistorico asse fra Russia e Turchia, da considerare forse il più grande colpo dell’era Putin. Le dichiarazioni bollenti di Erdogan su Gerusalemme capitale gelano i già raffreddati rapporti fra Ankara e Tel Aviv e assestano un altro colpo all’attuale debole feeling fra America e Turchia

- Un rialzo della temperatura nel mondo arabo, sempre più orientato a rinverdire gli storici legami con Mosca

- Un credito enorme per il Presidente russo che, mentre agli occhi dell’opinione pubblica mondiale appare come uomo di mediazione e di pace, lascia recitare il ruolo del provocatore guerrafondaio al Presidente americano

Putin incassa anche l’imbarazzo delle cerchie progressiste legate all’establishment europeista che, al cospetto dell’ennesima “trumpata”, sono costrette a mettere in secondo piano le riserve ideologiche su di lui e sul suo sistema di potere. Le dichiarazioni abuliche della Mogherini, responsabile di un’inesistente politica estera europea, non fanno altro che confermarlo indirettamente. In concreto, la mossa di Trump su Gerusalemme capitale non sortirà effetti concreti e non cambierà gli equilibri, rinnovati dai risvolti della guerra siriana. Il clamore probabilmente continuerà e avrà un’eco lunga, ma appare sempre più chiaro che i frutti della lungimiranza di Mosca e degli errori fatti da Washington negli ultimi quindici anni di politica mediorientale siano ormai maturi.

Giampiero Venturi
13 dicembre 2017
www.occhidellaguerra.it/38337-2/
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