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Putin contro il Sionismo globale dei Rothschild

Ultimo Aggiornamento: 16/04/2024 17:58
24/03/2018 04:33
 
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Quattro giorni per dichiarare una Guerra Fredda
La settimana appena trascorsa è stata eccezionalmente ricca di avvenimenti. Nessun media ne ha fornito un quadro complessivo perché tutti hanno deliberatamente mascherato alcuni fatti per non smentire la narrazione dei propri governi. Londra ha tentato di provocare un grave conflitto, ma ha gettato la spugna davanti alla Russia, al Presidente Trump e alla Siria

Il governo britannico e alcuni alleati, fra cui il Segretario di Stato Rex Tillerson, hanno tentato di scatenare una guerra fredda contro la Russia. Il piano prevedeva, da un lato, la messinscena di un attentato contro un ex agente doppiogiochista a Salisbury; dall’altro, un attacco chimico nel Ghouta contro i “ribelli moderati”. I cospiratori volevano approfittare dello sforzo della Siria per liberare la periferia della capitale e della disorganizzazione della Russia per le elezioni presidenziali. Al termine delle manovre il Regno Unito avrebbe indotto gli USA a bombardare Damasco e il palazzo presidenziale, e chiesto all’Assemblea Generale dell’ONU di escludere la Russia dal Consiglio di Sicurezza. Tuttavia, i servizi segreti siriani e russi sono venuti a conoscenza di quel che si stava tramando. Hanno acquisito la certezza che gli agenti statunitensi, che stavano preparando proprio dal Ghouta un attacco chimico contro il Ghouta, non dipendevano dal Pentagono, bensì da altra agenzia USA. A Damasco, il viceministro degli Esteri, Fayçal Miqdal, il 10 marzo ha convocato d’urgenza una conferenza stampa per allertare i siriani. Da parte sua, Mosca ha dapprima tentato di entrare in contatto con Washington per via diplomatica. Ma, sapendo che l’ambasciatore statunitense, Jon Huntsman Jr., è amministratore di Caterpillar, che ha fornito agli jihadisti traforatrici per costruire le fortificazioni sotterranee, Mosca ha cercato di aggirare la via diplomatica normale. Ecco la concatenazione degli avvenimenti.

12 marzo 2018
L’Esercito Siriano sequestra due laboratori di armi chimiche, uno il 12 marzo ad Aftris, un secondo il giorno successivo, a Chifonya. Nel frattempo, la diplomazia russa spinge l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) a entrare nell’inchiesta di Salisbury. Alla Camera dei Comuni, il Primo Ministro britannico, Theresa May, accusa in modo violento la Russia di essere il mandante dell’attentato di Salisbury. Secondo May, l’ex agente doppiogiochista Serguej Skripal e la figlia sarebbero stati avvelenati con una sostanza nervina di uso militare, del tipo «sviluppato dalla Russia» sotto il nome di «novitchok». Poiché il Cremlino considera i disertori russi bersagli legittimi, May ne trae la conclusione che è altamente probabile che l’atto criminale sia stato voluto da Mosca. Il novitchok è conosciuto grazie alle rivelazioni di due personaggi sovietici, Lev Fyodorov e Vil Mirzayanov. Nel 1992 lo scienziato Fyodorov pubblicò sul settimanale russo “Top Secret” (Совершенно секретно) un articolo in cui metteva in guardia sull’estrema pericolosità del prodotto e lanciava l’allarme sul possibile uso da parte degli occidentali delle vecchie armi sovietiche per distruggere l’ambiente e rendere la Russia invivibile. Nell'ottobre del 1992 Fyodorov e un responsabile del controspionaggio, Mirzayanov, pubblicarono su “Notizie da Mosca” (Московские новости) un secondo articolo in cui denunciavano la corruzione di alcuni generali e il traffico di novitchok da loro gestito, ignorando però a chi potessero venderlo. Mirzayanov fu arrestato per alto tradimento e poi rilasciato. Fyodorov è morto in Russia lo scorso agosto, Mirzayanov vive in esilio negli Stati Uniti, dove collabora con il Dipartimento della Difesa.

Il novitchok era fabbricato in un laboratorio sovietico a Nurus, nell’attuale Uzbekistan. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica fu distrutto da specialisti statunitensi. L’Uzbekistan e gli Stati Uniti sono quindi inevitabilmente entrati in possesso di campioni della sostanza e li hanno studiati. Entrambi i Paesi sono in grado di produrre il novitchok. Dopo un colloquio telefonico con il Ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, il Segretario di Stato, Rex Tillerson, a sua volta condanna la Russia per l’attentato di Salisbury. Nel frattempo, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU si discute della situazione del Ghouta. La rappresentante permanente degli Stati Uniti, Nikki Haley, dichiara:«È passato quasi un anno dall’attacco al gas sarin del regime siriano a Khan Shaykhun; gli Stati Uniti avevano messo in guardia il Consiglio. Avevamo detto che, di fronte all’inazione sistematica della comunità internazionale, gli Stati Uniti sono talvolta costretti ad agire da soli. Non c’è stata reazione da parte del Consiglio, quindi gli Stati Uniti hanno colpito la base aerea dalla quale Al Assad aveva sferrato l’attacco con armi chimiche. Oggi rinnoviamo l’avvertimento». I servizi dell’Intelligence russa fanno circolare documenti dello Stato Maggiore statunitense da cui risulta che il Pentagono è pronto a bombardare il palazzo presidenziale e i ministeri siriani, sul modello di quanto fatto per conquistare Baghdad (dal 3 al 12 aprile 2003). Commentando la dichiarazione di Nikki Haley, il Ministero russo degli Esteri, che ha sempre bollato l’affare di Khan Shaykhun come «manipolazione dell’Occidente», rivela che le false informazioni che hanno indotto in errore la Casa Bianca, spingendola a bombardare la base di Al-Shayrat, provenivano da un laboratorio britannico che non ha mai rivelato come si era procurato i campioni.

13 marzo 2018
Il Ministero russo degli Esteri pubblica un comunicato che condanna un possibile intervento militare degli Stati Uniti e annuncia che, qualora cittadini russi fossero colpiti a Damasco, Mosca non mancherebbe di rispondere in misura proporzionata, dal momento che il Presidente russo è costituzionalmente responsabile della sicurezza dei suoi concittadini. Aggirando la via diplomatica ufficiale, il Capo di Stato Maggiore russo, il Generale Valery Gerasimov, contatta l’omologo USA, il Generale Joseph Dunford, per informarlo dei timori di un attacco chimico sotto falsa bandiera nel Ghouta. Dunford prende la cosa molto seriamente e allerta il Segretario della Difesa, il Generale Jim Mattis, che a sua volta riferisce al Presidente Donald Trump. Vista la sicurezza con cui i russi sostengono che il tiro mancino sarebbe preparato all’insaputa del Pentagono, la Casa Bianca chiede al direttore della CIA, Mike Pompeo, di scovare i responsabili del complotto. Non conosciamo gli esiti dell’inchiesta interna, ma il Presidente Trump si convince che il Segretario di Stato, Rex Tillerson, è implicato. Tillerson è immediatamente invitato a interrompere il viaggio ufficiale in Africa e a rientrare a Washington. Theresa May scrive al Segretario Generale dell’ONU, accusando la Russia di aver ordinato l’attentato di Salisbury e chiede la convocazione di una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza. Senza aspettare, espelle 23 diplomatici russi. Su richiesta della Presidente della Commissione dell’Interno della Camera dei Comuni, Yvette Cooper, la Ministra dell’Interno, Amber Rudd, annuncia che l’MI5 (servizi segreti militari interni) sta per riaprire 14 inchieste su morti che, secondo fonti USA, sarebbero state ordinate dal Cremlino. Così facendo, il governo britannico sposa le teorie della professoressa Amy Knight, una sovietologa americana che, il 22 gennaio 2018, aveva pubblicato uno strano saggio, “Ordini di uccidere: il regime di Putin e l’assassinio politico”. L’autrice, che è “la” specialista dell’ex KGB, tenta di dimostrare che Vladimir Putin è un assassino seriale, responsabile di dozzine di uccisioni politiche, dagli attentati di Mosca del 1999 a quello della Maratona di Boston del 2013, passando per l’esecuzione a Londra nel 2006 di Alexandre Litvinenko e per quella a Mosca nel 2015 di Boris Nemtsov. L’autrice stessa però confessa di non avere alcuna prova di quanto sostiene.

I liberali europei entrano in azione. L’ex Primo Ministro belga, Guy Verhofstadt, Presidente del gruppo dei liberali al Parlamento Europeo, invita l’Unione Europea ad adottare sanzioni contro la Russia. Il suo omologo a capo del partito liberale britannico, Sir Vince Cable, propone il boicottaggio europeo della Coppa del Mondo di calcio. Immediatamente, Buckingham Palace annuncia l’annullamento del viaggio in Russia della famiglia reale. L’autorità di controllo britannica, l’OFCOM [Office of Communications, ndt], annuncia che per ritorsione potrebbe oscurare “Russia Today”, benché la rete televisiva non abbia violato in alcun modo le leggi britanniche. Il Ministero russo degli Esteri convoca l’ambasciatore britannico a Mosca per informarlo che misure a titolo di reciprocità gli saranno indicate da lì a poco, in ritorsione dell’espulsione da parte di Londra dei diplomatici russi. Ancor prima di averlo comunicato all’interessato, il Presidente Trump annuncia su Twitter di aver destituito il Segretario di Stato. Tillerson viene sostituito da Mike Pompeo, ex Direttore della CIA, che il giorno prima aveva confermato l’autenticità delle informazioni trasmesse dal Generale russo a Dunford. Arrivato a Washington, Tillerson ottiene conferma della propria destituzione dal Segretario Generale della Casa Bianca, il Generale John Kelly. L’ex Segretario di Stato, Rex Tillerson, proviene dalla borghesia texana. Lui e la sua famiglia si sono impegnati negli scout statunitensi, di cui divenne il Presidente nazionale (2010-2012). Culturalmente vicino all’Inghilterra, quando divenne Presidente della mega multinazionale Exxon Mobil (2006-2016), non esitò sia a condurre una campagna politicamente corretta perché i giovani gay fossero ammessi negli scout, sia a reclutare mercenari nella Guyana britannica. Sarebbe membro della Pilgrims Society, il più prestigioso club anglo-statunitense, presieduto dalla regina Elisabetta II, di cui numerosi membri fecero parte dell’Amministrazione Obama. Nelle funzioni di Segretario di Stato, la sua buona educazione ha rappresentato una guarentigia per Donald Trump, reputato dall’alta società statunitense un istrione. Tillerson è entrato in conflitto con il Presidente su tre questioni di primaria importanza, che ci permettono di tracciare l’ideologia dei cospiratori:

- Come Londra e lo Stato Profondo USA, Tillerson riteneva utile demonizzare la Russia per consolidare il potere degli anglosassoni nel campo occidentale

- Come Londra, Tillerson pensava che per salvaguardare il colonialismo occidentale in Medio Oriente occorreva favorire il Presidente iracheno, lo sceicco Rouhani, contro la Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Khamenei. Sosteneva quindi l’accordo 5+1

- Come lo Stato Profondo USA, Tillerson riteneva che l’oscillazione della Corea del Nord verso gli Stati Uniti doveva rimanere segreta ed essere sfruttata per giustificare un dispiegamento militare, diretto in realtà contro la Cina Popolare. Era dunque favorevole a colloqui ufficiali con Pyongyang, ma si opponeva a un incontro tra i due Capi di Stato

14 marzo 2018
Mentre Washington è ancora sotto shock, Theresa May interviene di nuovo alla Camera dei Comuni per sviluppare le proprie accuse. Che vengono ribadite dai diplomatici britannici in numerose organizzazioni intergovernative di tutto il mondo. Rispondendo al Primo Ministro, il deputato blairista Chris Leslie definisce la Russia uno Stato-canaglia e chiede venga cacciata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Theresa May s’impegna a esaminare la questione rimarcando che tale cacciata non potrà che essere decisa dall’Assemblea Generale, per poter così aggirare il veto russo. Il Consiglio del Nord-Atlantico, cioè la NATO, si riunisce a Bruxelles su richiesta della Gran Bretagna. I 29 Stati membri stabiliscono un nesso tra il ricorso alle armi chimiche in Siria e l’attentato di Salisbury. Tutti considerano la Russia come «probabilmente» responsabile di entrambi questi eventi. A New York, il rappresentante permanente della Russia, Vasily Nebenzya, propone ai membri del Consiglio di Sicurezza di adottare una dichiarazione comprovante la volontà condivisa di far luce sull’attentato di Salisbury, affidando l’inchiesta all’OPAC, nel rispetto delle procedure internazionali. Ma la Gran Bretagna si oppone a ogni testo che non contenga l’affermazione secondo cui la Russia sarebbe «probabilmente responsabile» dell’attacco. Durante il dibattito che segue, la Gran Bretagna è rappresentata dal proprio incaricato d’affari, Johathan Allen. È un agente del MI6 [spionaggio per l’estero], che ha creato il servizio di propaganda bellica del Regno Unito e ha attivamente sostenuto gli jihadisti in Siria.

Allen dichiara:«La Russia ha già interferito negli affari di altri Paesi; si è già fatta beffe del diritto internazionale in Ucraina; disprezza la convivenza civile, come mostra l’attacco a un aereo commerciale sui cieli dell’Ucraina da parte di mercenari russi; ancora, la Russia difende l’uso da parte di Assad di armi chimiche (…). Lo Stato russo è responsabile di questo tentativo di assassinio». Il rappresentante permanente della Francia è François Delattre, che grazie a un decreto derogatorio del Presidente Nicolas Sarkozy fu formato dal Dipartimento di Stato degli USA. Delattre interviene per ricordare come il proprio Paese si sia fatto promotore di un’iniziativa per mettere fine all’impunità di coloro che usano armi chimiche. Lascia intendere che tale iniziativa, diretta contro la Siria, potrebbe rivolgersi anche contro la Russia. L’ambasciatore russo, Vasily Nebenzya, ricorda che la seduta è stata convocata su richiesta di Londra, ma che è la Russia a volerla pubblica. Osserva che la Gran Bretagna viola il diritto internazionale giacché evoca questa vicenda al Consiglio di Sicurezza mentre tiene l’OPAC al di fuori dell’inchiesta. Rimarca che, se Londra ha potuto identificare il novitchok, è perché ne possiede la formula e può dunque fabbricarne direttamente. Ricorda ancora il desiderio della Russia di collaborare con l’OPAC, nell’ambito delle procedure internazionali.

15 marzo 2018
La Gran Bretagna diffonde una dichiarazione comune, firmata la vigilia insieme alla Francia, alla Germania, nonché a Rex Tillerson, all’epoca ancora Segretario di Stato degli USA. Il testo fa suo proprio il sospetto britannico: denuncia l’uso «di una sostanza neurotossica di qualità militare, di un genere sviluppato dalla Russia». Afferma che è «altamente probabile che la Russia sia responsabile dell’attacco». Il Washington Post pubblica un articolo d’opinione firmato da Boris Johnson, mentre il Segretario statunitense al Tesoro, Steven Mnuchin, adotta nuove sanzioni contro la Russia. Queste non sono legate alla vicenda in corso, ma alle accuse di ingerenza nella vita pubblica degli Stati Uniti. Il decreto sanzionatorio fa tuttavia riferimento all’attentato di Salisbury, assunto a conferma dei comportamenti subdoli della Russia. Il Ministro britannico della Difesa, il giovane Gavin Williamson, dichiara che la Russia, alla luce dell’espulsione dei suoi diplomatici, dovrebbe «smetterla» (sic). Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è la prima volta che il dirigente d’uno Stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza ricorre a simili termini nei confronti di un altro membro del Consiglio. Sergei Lavrov, Ministro degli Esteri russo, commenta:«È un giovanotto affascinante che vuole sicuramente conquistare un posto nella Storia facendo dichiarazioni shock. [...] Ma forse gli difetta l’educazione».

Conclusioni

In soli quattro giorni la Gran Bretagna e i suoi alleati hanno creato le premesse di una nuova divisione del mondo, cioè d’una guerra fredda. Ma è un fatto che la Siria non è l’Iraq e l’ONU non è il G8, dal quale peraltro la Russia è stata esclusa in seguito all’adesione della Crimea alla sua Federazione e al proprio sostegno alla Siria. Gli Stati Uniti non vogliono distruggere Damasco e la Russia non sarà esclusa dal Consiglio di Sicurezza. La Gran Bretagna, dopo essersi ritirata dall’Unione Europea e aver rifiutato di firmare la dichiarazione cinese sulla via della seta, pensava così di accrescere la propria statura politica eliminando un concorrente. Un colpo basso con il quale s’illudeva di conquistare una nuova dimensione, diventando la Global Britain annunciata da Theresa May. Ma, così facendo, la Gran Bretagna ha soltanto distrutto la propria credibilità.

Thierry Meyssan
20 marzo 2018
Traduzione: Rachele Marmetti
www.voltairenet.org/article200234.html
08/04/2018 23:42
 
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Skripal e il Tweet sparito: l’Occidente delle fake news

1, 2, 3… E il Tweet più non c'è
È sparito un tweet. L’hanno cancellato dopo averlo scritto. Hanno eliminato le prove di un errore. Tutto sommato una cosa che succede migliaia di volte ogni giorno su Twitter. Quindi cosa c’è di strano? C’è di strano innanzitutto che il Tweet lo ha cancellato il Foreign Office dal proprio account. C’è di strano che non era un Tweet qualunque ma parlava del caso Skripal e attribuiva in maniera incontrovertibile a Mosca la responsabilità dell’accaduto:“Un’analisi condotta da esperti di fama mondiale presso il Laboratorio di Scienza e Tecnologia di Porton Down ha chiarito che si è trattato di un agente nervino di livello militare prodotto in Russia”. C’è di strano che il Tweet è stato scritto il 22 marzo e cancellato il 4 aprile, cioè oltre 10 giorni dopo essere stato pubblicato. La cosa sta scatenando una tempesta addosso a Boris Johnson, il Ministro degli Esteri di Londra, l’uomo in prima linea nell’accusare il Cremlino di essere il mandante dell’avvelenamento della ex spia russa e di sua figlia in territorio inglese. Il Tweet è stato riportato alla luce, attraverso i feed, da quei furboni dell’Ambasciata Russa a Londra, che in questa maniera hanno messo in gravissimo imbarazzo il governo inglese:

twitter.com/RussianEmbassy/status/981495510753300486/photo/1?ref_src=twsrc%5Etfw&ref_url=http%3A%2F%2Fblog.ilgiornale.it%2Frossi%2F2018%2F04%2F05%2Fskipral-e-il-tweet-sparito-loccidente-delle-fake...

Perché il Tweet è stato cancellato? Semplice, perché quello che c’era scritto si è dimostrato una colossale bugia; una gigantesca manipolazione, per ora limitata al Ministro degli Esteri britannico, ma che potrebbe mostrare l’infondatezza dell’intero apparato accusatorio che Londra ha costruito contro la Russia. Tre giorni fa Gary Aitkenhead, il Direttore del DSTL (il Laboratorio di Scienze e Tecnologia della Difesa britannica) ha confermato che la sostanza usata per avvelenare l’ex spia russa e sua figlia “è un agente nervino di tipo militare, che richiede metodi estremamente sofisticati per crearlo, cosa che è probabilmente solo nelle capacità di uno Stato”. Ma ha aggiunto che gli scienziati britannici non sono in grado di affermare che sia stato fabbricato in Russia. In realtà non sanno da dove provenga. Esattamente l’opposto di quanto scriveva il Foreign Office, che attribuiva proprio a quegli stessi scienziati la certezza che la sostanza chimica provenisse dalla Russia. Aitkenhead è stato chiaro: noi “abbiamo fornito le informazioni scientifiche al governo, che ha poi utilizzato un certo numero di altre fonti per mettere insieme le conclusioni a cui sono giunti”; cioè che ci fosse la Russia dietro l’avvelenamento della ex spia.

La bugia di Boris Johnson
Non c’è solo il Tweet goffamente cancellato a confermare la bugia del Ministero degli Esteri. Il 25 marzo scorso Boris Johnson ha rilasciato un’intervista video all’emittente tedesca Deutsche Welle in cui ha ribadito quello che era scritto nel Tweet del suo Ministero tre giorni prima: e cioè che erano stati gli scienziati inglesi a scoprire non solo la natura della sostanza ma la sua origine russa. Alla domanda precisa dell’intervistatrice sulla responsabilità della Russia:“Come avete fatto a scoprire tutto così in fretta?”, il Ministro risponde netto:“Quelli che lavorano a Porton Down (il laboratorio) sono stati assolutamente categorici. Io stesso ho chiesto:«Siete sicuri?». E mi hanno risposto:«Non c’è alcun dubbio”» (https://www.youtube.com/watch?v=D89rfg-kQuQ). Ora sappiamo che Boris Johnson ha mentito. Spudoratamente. Gli scienziati non hanno mai parlato al governo inglese dell’origine russa del “veleno”. D’altro canto fin dall’inizio il caso Skripal si è mostrato una grande costruzione mediatica priva di elementi oggettivi. In tempi non sospetti noi ponemmo dei dubbi concreti su tutta la questione (http://blog.ilgiornale.it/rossi/2018/03/17/colpire-putin-per-educarne-100/); dubbi che qualsiasi analisi onesta avrebbe fatto emergere; dubbi che sono ancora tutti lì, insoluti. Ancora oggi le autorità inglesi non sanno il movente per cui una ex spia sovietica, che i russi stessi consegnarono agli inglesi dieci anni fa e che è stata in prigione in Russia per anni, venga avvelenata su ordine di Putin a Londra quindici giorni prima delle elezioni cha avrebbero sancito l’ennesima vittoria del Presidente russo. Ancora oggi non è chiara la dinamica dell’avvelenamento: dove Skripal e sua figlia abbiano contratto il veleno (a casa, in aeroporto, in auto, in un parco, in un locale pubblico). E non è chiaro come la sostanza chimica sia entrata in Inghilterra (semmai è entrata). Eppure dopo pochi giorni dall’accaduto il governo inglese e l’Intelligence di Sua Maestà già sapevano che erano stati i russi su ordine diretto del Cremlino. E su questa base hanno scatenato una guerra diplomatica trascinando tutto l’Occidente in un atto di ostilità aperta contro la Russia, espellendo decine di diplomatici da Europa e Stati Uniti, coinvolgendo l’UE e addirittura la NATO e facendo salire alle stelle la tensione con Mosca. Il caso Skripal può passare alla storia come l’ennesima fake news partorita dall’Occidente e dai suoi media

Qualcuno si vergogni
Kanwal Sibal, ex Segretario agli Esteri dell’India, politico ed analista influente e soprattutto fuori dai giochi di parte, in un articolo su The Wire, con il linguaggio felpato tipico dei diplomatici, ha scritto:“C’è una forte disparità tra il tumulto internazionale che il governo britannico ha creato sul caso, le azioni punitive collettive senza precedenti mosse contro la Russia e la conclusione non definitiva che il governo britannico ha raggiunto sulla colpevolezza russa quando Theresa May non è riuscita ad andare oltre l’affermazione che è “altamente probabile” che la Russia sia dietro l’incidente". Un modo soft per dire: ma cosa state combinando? Il caso Skripal potrebbe passare alla storia come l’ennesima fake news partorita dai governi occidentali e alimentata dal sistema dei media. Una crisi internazionale che ha visto Europa e Stati Uniti aggredire con violenza inusuale la Russia di Putin, generando un conflitto diplomatico senza precedenti, dietro un’accusa che oggi è tutta da dimostrare. Il giornalismo democratico ha deciso di vendere la propria coscienza per l’ennesima volta appiattendosi sulle veline partorite nelle stanze del MI6 e dei servizi d’Intelligence. I menestrelli dell’atlantismo militante dovrebbero iniziare a vergognarsi un pò di aver trasformato i nostri Paesi democratici in produttori di menzogne e manipolazioni.

Giampaolo Rossi
5 aprile 2018
blog.ilgiornale.it/rossi/2018/04/05/skipral-e-il-tweet-sparito-loccidente-delle-fa...
[Modificato da wheaton80 08/04/2018 23:49]
07/06/2018 23:34
 
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Putin firma la legge sulle contro-sanzioni

Il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato la legge "Sulle misure di influenza alle azioni ostili degli Stati Uniti e di altri Stati esteri". Il documento corrispondente è pubblicato sul portale ufficiale delle leggi dello Stato russo. La legge entra in vigore a partire da oggi, giorno di pubblicazione. Il documento, iniziato da un gruppo di deputati guidato dal Presidente della Duma Vyacheslav Volodin, prevede la possibilità di introdurre contro-sanzioni in risposta alle misure ostili intraprese dagli Stati Uniti e dai Paesi che le appoggiano. Su decisione del Presidente, il governo ha il diritto di introdurre varie misure, ma non devono essere applicate su beni essenziali o prodotti che non sono prodotti in Russia e in altri Paesi, così come per le merci importate da persone fisiche per uso personale. Le corrispondenti decisioni possono essere inoltre prese dal Presidente sulla base delle proposte del Consiglio di Sicurezza. Le contro-sanzioni possono essere applicate contro gli Stati Uniti e gli altri Stati stranieri che intraprendono azioni ostili contro la Federazione Russa, le persone fisiche e giuridiche. Le misure di ritorsione possono essere prese anche contro le organizzazioni sotto la giurisdizione di Paesi ostili, direttamente o indirettamente controllate dagli Stati o dalle persone affiliate, siano funzionari e cittadini di quei Paesi coinvolti nelle sanzioni contro la Russia.

Contro questi Paesi e soggetti la legge consente la cessazione o la sospensione della cooperazione internazionale in conformità con la decisione del Presidente, una limitazione all'importazione o all'esportazione di prodotti e materie prime, limiti alla partecipazione agli appalti pubblici, alla privatizzazione delle proprietà statali e comunali e all'organizzazione delle operazioni di privatizzazione per conto dello Stato russo. Le liste di prodotti e materie prime, le cui importazioni o esportazioni saranno vietate o limitate, così come i servizi e le attività sospese, saranno determinate dal governo. Allo stesso tempo la legge autorizza l'introduzione di altre misure in conformità con la decisione del Presidente per poter reagire rapidamente alla situazione in evoluzione. Nel caso Stati stranieri compiano azioni ostili contro la Russia in ambiti regolati da accordi intergovernativi o dal diritto internazionale (espulsione di diplomatici, confisca di beni diplomatici), il Presidente russo ha il diritto di decidere di introdurre misure analoghe e simmetriche.

04.06.2018
it.sputniknews.com/politica/201806046084164-Russia-USA-UE-Oc...
26/08/2018 00:38
 
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Putin frustra i sogni di Netanyahu - La Russia continua a supportare totalmente Iran e Siria

Dopo i difficili colloqui di oggi in un incontro tra le delegazioni russa e statunitense per discutere della Siria a Ginevra, in Svizzera, le dichiarazioni di Ryabkov rispecchiano quelle del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e della portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Le loro precedenti dichiarazioni riflettono l'attuale politica ufficiale della Russia su Iran e Siria. Le dichiarazioni di oggi chiariscono qualsiasi osservazione vaga fatta nei mesi passati. I funzionari israeliani devono ancora commentare, ma ci saranno senza dubbio grandi risonanze per le dichiarazioni di oggi, che chiariscono qualsiasi dubbio errato diffuso, anche sui media alternativi e nelle sfere analitiche filo-russe. Tuttavia, la diffusione di queste importanti “idee errate” è stata fondamentale nella guerra delle informazioni e solo analisti di alto livello con collegamenti a Mosca hanno compreso la natura del discorso sulla guerra delle informazioni in cui erano coinvolti. In questo senso, questi giornalisti e analisti erano coinvolti in un aspetto importante della strategia russa, nel contesto di un 4th Generation Warfare, in termini di lavoro nella creazione di un simulacro di iper-realtà. Nel pezzo di FRN di due settimane fa (https://www.fort-russ.com/2018/08/israels-strategic-collapse-how-putin-sandbagged-netanyahu/) si spiega come la creazione da parte della Russia di una serie di (8) avamposti smilitarizzati siano a protezione della Siria e degli alleati iraniani dagli attacchi israeliani e dai finanziamenti dei gruppi terroristici islamici che invadono la Siria con l'aiuto dello Stato sionista. Putin ha efficacemente inseguito Netanyahu: lo stratagemma brillantemente coordinato ha effettivamente lasciato Netanyahu e lo Stato sionista disarmati diplomaticamente.

In una classica manovra da “Game of Thrones”, Putin ha complottato contro Netanyahu mentre i due camminavano “fianco a fianco” per onorare il Giorno della Vittoria a Mosca, proprio nella Piazza Rossa. In effetti, le dichiarazioni di Ryabkov oggi chiariscono che la Russia rispetta la presenza dell'Iran in Siria, che ha descritto essere legale. Ciò che dà ulteriore credito alla visione avanzata dalla FRN sono numerosi rapporti secondo cui gli Stati Uniti facevano pressione su Mosca per il ruolo di Teheran nel Paese arabo. Quindi, qualsiasi dichiarazione precedente meno chiara fatta da Mosca che ha dato credito alla teoria che potrebbe essere coinvolta nel “bilanciare” gli interessi di Israele contro l'Iran, è stata una parte aggiuntiva di questo simulacro generato, in cui le azioni sul campo sono state interpretate in modi diversi, da vari attori. Chiarendo la posizione della Russia oggi, Ryabkov ha confermato che l'Iran è intervenuto in Siria, legalmente, su richiesta ufficiale del Governo Siriano per aiutare il Paese a combattere il terrorismo. Anche l'agenzia di stampa Tass ha riportato questi commenti venerdì. Ryabkov ha detto:“Trattiamo con grande rispetto i passi dell'Iran nel fornire sicurezza e azioni alla Siria su invito del governo legittimo di questo Paese […]. Abbiamo molte incongruenze con gli americani in quest'area […]. Gli approcci sono diametralmente opposti in alcuni casi, ma anche qui è importante che vi sono motivi per continuare il dialogo sulla Siria […]. Sochi e Astana non possono sostituire Ginevra; questi sono luoghi indipendenti, e tutte queste strade si completano a vicenda. Presumiamo che Teheran abbia punti di vista simili al riguardo […]. Nel prossimo futuro si terranno nuovi contatti, anche sulla piattaforma di Ginevra, che consideriamo una componente importante di un lavoro più esteso”.

Ryabkov ha ribadito che la Russia ha avuto molti disaccordi con gli Stati Uniti su questioni riguardanti la Siria, aggiungendo che Mosca era comunque pronta a negoziare con Washington la situazione nel Paese. Ma l'ostinazione degli Stati Uniti, per ironia della sorte, spinta dagli interessi israeliani nello stesso Congresso degli Stati Uniti, ha portato la Russia a porre fine alla farsa secondo cui quest'ultima fosse ad ogni costo interessata a spingere l'Iran a ridurre il proprio ruolo nella guerra anglo-islamico-sionista nella Siria sovrana. Il funzionario russo ha detto che la Russia non ha intenzione di minare i colloqui diretti dall'ONU sulla Siria a Ginevra, sottolineando che le discussioni diplomatiche a Sochi e Astana dovevano essere considerate come un complemento dei colloqui di Ginevra, una posizione che è stata condivisa da Mosca e Teheran. Ryabkov ha ribadito che la Russia continuerà a lavorare con l'Iran sulla Siria in base ad Astana. L'Iran è andato in Siria con una discreta capacità militare da quando il conflitto è scoppiato nel Paese nel 2011. Questo è un modo diverso di dire che le unità di combattimento iraniane stanno combattendo in Siria, ma hanno ruoli specifici nella formazione, nella ricognizione e nella guida delle Unità Siriane e attraverso lo schieramento di unità da combattimento di forze speciali. FRN ricorda ai lettori che la Russia ha aderito alla guerra alla fine del 2015. I due Paesi sono intervenuti in Siria su richiesta ufficiale del Governo Siriano. Washington, oltrepassando il proprio ruolo finanziando i mercenari, ha invaso la Siria nel 2014, nonostante le ripetute critiche fatte da Damasco ai più alti livelli della diplomazia e alle Nazioni Unite, considerandolo un crimine di guerra. Di conseguenza, numerosi reati contro l'umanità sono stati perpetrati dal regime di Washington. Israele e Washington sono stati critici nei confronti del ruolo iraniano e russo nel Paese, e questa è la cornice per comprendere la grande manovra che Putin è stato in grado di portare avanti contro Netanyahu. La Russia ha ribadito che sarà pronta a discutere il ritiro delle forze straniere dalla Siria quando gli Stati Uniti inizieranno a ritirare fuori [dai confini siriani] le proprie forze armate. L'unico ostacolo alla vittoria finale in questo conflitto contro gli invasori salafiti sostenuti dagli Stati Uniti e da Israele è che gli Stati Uniti armano e assistono l'ISIS.

Qualsiasi mappa del teatro di guerra si riferisce alle basi dell'ISIS come o all'interno o adiacenti a quelle aree occupate illegalmente dalle forze armate statunitensi in Siria e, prima ancora, in Iraq. Affermando che questa è anche la visione ufficiale della Russia, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha detto oggi che Washington stava mantenendo una presenza militare “illegale” in Siria. Rispondendo a una domanda dell'agenzia ufficiale iraniana Irna in merito alla pressione degli Stati Uniti per il ritiro dell'Iran dalla Siria, Zakharova ha detto:“Gli Stati Uniti dovrebbero prima uscire fuori [dalla Siria] con le proprie forze armate, se vogliono discutere il destino delle forze armate straniere in Siria”. Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha anche detto oggi che tutte le forze straniere che rimangono in Siria senza il consenso legale del Governo Siriano dovrebbero lasciare il Paese. “Tutte le forze straniere che rimangono lì senza l'invito del Governo Siriano devono essere ritirate”, ha detto Lavrov in una conferenza stampa. L'annuncio principale di oggi, nonché la serie di annunci fatti mercoledì da Lavrov e giovedì da Zakharova che portano alla riunione di oggi a Ginevra e alla successiva dichiarazione di Ryabkov, confermano la valutazione di FRN di questi eventi. Putin ha effettivamente superato in astuzia Netanyahu, e tutto ciò si è rivelato uno storico ed iperrealistico complotto.

Joaquin Flores
25 agosto 2018

Fonte: www.fort-russ.com/2018/08/major-putin-smashes-netanyahus-dreams-russia-reveals-its-total-support-for-iran-i...

Traduzione: Sa Defenza (rivista da Wheaton80)
sadefenza.blogspot.com/2018/08/putin-frustra-i-sogni-di-netanyahu...
29/12/2018 11:27
 
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Il commercio tra la Russia e l'UE cresce quasi del 22% nonostante le sanzioni anti-russe provenienti dall'Occidente

Il volume degli scambi bilaterali ha già superato i valori del 2014, anno in cui sono state introdotte misure punitive contro Mosca. Nonostante le sanzioni economiche che entrambe le parti applicano a vicenda da quasi cinque anni, il volume degli scambi commerciali tra la Russia e l'Unione Europea (UE) è in costante crescita dall'inizio dello scorso anno, ha riferito il rappresentante permanente della Russia presso l'Unione Europea, Vladimir Chizhov, in un'intervista pubblicata su Izvestia, ieri. "Dall'inizio del 2017, gli scambi bilaterali tra la Russia e i Paesi dell'UE hanno mostrato una tendenza verso una crescita dinamica", che "è stata anche consolidata quest'anno", ha affermato il diplomatico. E ha precisato che, secondo le statistiche, il volume degli scambi tra le due parti è aumentato del 21,5% durante i primi tre trimestri del 2018, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Pertanto, le esportazioni russe verso il blocco continentale sono cresciute di quasi il 29%, mentre il volume importato dal Paese slavo dall'UE è aumentato del 7,4%. In questo modo, l'attuale dimensione del commercio ha già superato i valori del 2014, anno in cui le sanzioni anti-russe sono state introdotte dall'Occidente. Anche così, e nonostante la ripresa, tali dati non raggiungono ancora i valori che hanno segnato un record nel 2012, quando quella borsa commerciale era vicina a un miliardo di euro al giorno (circa 1,14 miliardi di dollari). Tuttavia, il commercio attuale della Russia con alcuni dei Paesi del blocco, come Portogallo, Belgio, Irlanda, Cipro, Danimarca e Romania, ha già superato gli importi di quell'anno, ha spiegato Chizhov. Tra i principali fattori che hanno reso possibile questa crescita, il diplomatico ha menzionato l'apprezzamento dei prodotti di base del settore energetico, che continuano a costituire la base delle esportazioni russe, nonché le fluttuazioni delle valute. "Tuttavia, il prerequisito principale" nelle relazioni bilaterali "è un ritorno naturale del commercio tra la Russia e l'UE ai livelli corrispondenti al grado di compenetrazione delle nostre economie", seguendo "la normale logica commerciale" e contraria alle "misure antirusse attuate dall'Occidente", ha concluso Chizhov. La Russia è attualmente il terzo maggiore esportatore nell'UE e il quinto principale importatore di prodotti del blocco europeo.

28/12/2018
Fonte: iz.ru/828414/2018-12-27/tovarooborot-mezhdu-rossiei-i-es-uvelichilsi...

www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_commercio_tra_la_russia_e_lue_cresce_quasi_del_22_nonostante_le_sanzioni_antirusse_provenienti_dalloccidente/8...
[Modificato da wheaton80 29/12/2018 11:39]
26/02/2019 23:47
 
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Gazprom da record in Europa: il 36,7% del mercato parla russo

Nel 2018 la quota di mercato europeo del gigante russo dell’energia Gazprom ha raggiunto la cifra record del 36,7%, in aumento di oltre il 2% rispetto al 34,2% registrato nell’anno precedente. È quanto ha dichiarato il Direttore generale di Gazprom Export Elena Burmistrova parlando nel corso dell’Investor Day Presentation in corso a Hong e Singapore.

Nessun problema per i produttori di GNL

“Nel 2018, secondo i dati preliminari, la quota delle forniture di gas di Gazprom ai paesi dell’UE e alla Turchia ha raggiunto il massimo storico e ha raggiunto il 36,7%”, ha detto Burmistrova parlando durante l’Investor Day. Oleg Aksyutin, membro del Comitato Direttivo di Gazprom, ha aggiunto che non sussiste alcuna minaccia da parte dei produttori globali di gas naturale liquefatto (GNL), compresi gli Stati Uniti, alla posizione dell’azienda nel mercato europeo. Secondo Aksyutin, nel 2018, le esportazioni di gas di Gazprom in Europa hanno raggiunto i 201,8 miliardi di metri cubi, una cifra tre volte superiore alla quantità di GNL fornito all’Europa da tutti i produttori globali messi insieme. “Si può prevedere che la domanda europea di gas aumenterà e, entro il 2035, salirà ad almeno 85 miliardi di metri cubi. C’è anche una previsione più ottimistica, che mostra come la domanda europea possa crescere fino a 130 miliardi di metri cubi”, ha sottolineato Aksyutin.

Export oltre i Paesi CSI ha raggiunto i 201 miliardi di metri cubi

Le esportazioni di gas dell’azienda verso Paesi al di fuori della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) sono state, invece, pari a 201,8 miliardi di metri cubi lo scorso anno. Gazprom prevede di aumentare l’export di gas verso i Paesi al di fuori della CSI di ben il 20 per cento rispetto ai livelli attuali entro il 2025, ha riferito il vicepresidente del comitato di gestione di Gazprom Andrey Kruglov.

Gazprom punta a coprire il 25% del mercato cinese entro il 2035

In questo senso Gazprom intende fornire oltre il 25 per cento delle importazioni di gas della Cina entro il 2035. “Entro il 2035, la domanda di gas in Cina raddoppierà. Il futuro poco chiaro dello sfruttamento di riserve di gas non convenzionali crea un enorme potenziale per ulteriori importazioni”, ha sottolineato l’azienda nel corso della kermesse. La quota di Gazprom nel consumo complessivo cinese raggiungerà il 13 per cento anche grazie a Power of Siberia, il gasdotto che dovrebbe raggiungere la capacità prevista di 38 miliardi di metri cubi all’anno proprio entro il 2025.

Sebastiano Torrini
26 Febbraio 2019
energiaoltre.it/gazprom-da-record-in-europa-il-367-del-mercato-parl...
26/04/2019 19:48
 
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Kim e Vladimir: scacco matto agli USA (soprattutto Bolton e Pompeo)

Bolton e Pompeo sono stati attivi nel sabotare l’ultimo vertice Trump - Kim Jong-un in Vietnam, conclusosi con un nulla di fatto. Forse i due membri del governo a stelle e strisce pensavano di aver messo nell’angolo il dittatore nordcoreano, ma hanno dimenticato il famoso detto che chiusa una porta si apre un portone. Kim trattava su invito di Russia e Cina che, quando hanno visto l’impossibilità di un accordo con gli USA, hanno organizzato degli incontri iniziati proprio il 25 aprile con il meeting Putin-Kim e che proseguiranno con un meeting Putin-Xi. L’approccio americano con Kim Jong-un è stato “Tutto o niente”: Kim avrebbe dovuto prima disarmare completamente e poi gli USA avrebbero concesso il disarmo delle sanzioni. Questa posizione è inaccettabile per Kim, che voleva l’esatto opposto, cioè che prima finissero le sanzioni e poi iniziasse il disarmo, o che almeno si discutesse sulle modalità di completamento del processo. Ora, a Vladivostock, da un lato Putin si è fatto latore verso Washington della posizione di Kim, dall’altro lato ha messo bene in chiaro che il disarmo sarà possibile solo quando la sicurezza della Corea del Nord sarà garantita, e questo apre alla possibilità che la garanzia sia fornita da Mosca e Pechino. La soluzione al problema della Corea del Nord era importante perché collegato a quello dell’Iran: se la strategia in Estremo Oriente avesse funzionato, allora voleva dire che anche quella in Medio Oriente, creata a tutela di Israele, sarebbe stata efficace. Invece si sta creando un grande boomerang: le nucleari di Kim diventano perfettamente secondarie se la garanzia è fornita da una delle altre superpotenze. Allo stesso modo per Mosca e Pechino è facile fornire prospettive economiche alla Corea del Sud affinché si distacchi da Washington e tratti con Pyongyang. Il fallimento della durezza eccessiva in Estremo Oriente trova un parallelo in Medio Oriente, dove in Siria la politica USA è stata un insuccesso e l’Iran è ancora, militarmente e politicamente, solido. Insomma la rigidità non funziona in un mondo multipolare. Trump ha avuto successo sino a quando era il negoziatore che voleva cambiare le regole della politica internazionale. Quando si è messo al rimorchio dell’ala dura non ha più ottenuto nessun risultato. Forse è tempo di ripensare la strategia almeno in vista delle prossime elezioni del 2020.

Guido da Landriano
26 aprile 2019
scenarieconomici.it/kim-e-vladimir-scacco-matto-agli-usa-soprattutto-bolton-e-pompeo/?fbclid=IwAR09txkgJZyQzny5LuoAMgrua24ECk8bABrJ1dibxCoapnbDcee...
23/05/2019 16:24
 
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Consiglio d'Europa, il ritorno della Russia

Dopo l’allontanamento degli ultimi anni successivi alla crisi ucraina, la Federazione Russa ritorna ad essere parte attiva del Consiglio d’Europa. Da quanto trapelato da Strasburgo, le due parti sarebbero arrivate ad un accordo in seguito al mancato pagamento delle rate di iscrizione da parte di Mosca, manovra annunciata già qualche mese fa dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. La Russia, infatti, adottò questo provvedimento dopo che, a seguito delle vicende crimeane, si vide sanzionata perdendo il diritto di intervenire nelle sedute del Consiglio. Proprio le dichiarazioni del Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas hanno annunciato l’esito della votazione favorevole dei suoi 47 omologhi, i quali si sono espressi favorevolmente alla riammissione dei diritti russi in seno all’emiciclo: la Russia “rimanga nel Consiglio d'Europa con tutti i suoi diritti e doveri”, ha affermato il portavoce di Berlino, aggiungendo che “è una buona notizia l’esistenza di un’unione di intenti sul fatto che la Russia debba rimanere nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, soprattutto perché ciò preserva il diritto di milioni di russi di appellarsi alla Corte Europea dei Diritti Umani”.

Un primo passo
La riammissione russa, però, risponde anche ad esigenze meno “umanitarie”: già da qualche anno, infatti, Mosca aveva smesso di contribuire al bilancio dell’ente, sul quale incide per una percentuale pari al 7%, creando un buco di bilancio che il resto del Parlamento ha preferito evitare. Il regolamento prevede l’esclusione automatica per i membri inadempienti, scenario che diverse potenze europee hanno preferito evitare: Francia e Germania, in maniera particolare, hanno sponsorizzato il riavvicinamento della Russia, decisione osteggiata da Kiev, ma anche dalle rappresentanze di Regno Unito, Polonia, Georgia, Estonia, Lettonia e Lituania, le quali si sono dichiarate contrarie all’esito delle votazioni. Seppur piccolo, il ripristino della voce di Mosca nel Consiglio d’Europa rappresenta il primo passo che viene compiuto dal 2014 per tentare di risanare le ormai deteriorate relazioni diplomatiche russo-europee.

Giannicola Saldutti
19 maggio 2019
www.interris.it/esteri/consiglio-d-europa--il-ritorno-dell...
02/07/2019 15:31
 
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La Russia “spegne” il segnale GPS sopra il Medio Oriente

Il segnale GPS degli aerei civili in arrivo e partenza dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv sta subendo dei disturbi continuativi che provengono dalla base aerea russa di Khmeimim in Siria. A dimostrarlo è stato un ricercatore universitario americano. Todd Humphreys, professore e ricercatore presso l’Università dal Texas, ha pubblicato un rapporto dettagliato, richiesto anche dalle autorità aeroportuali di Tel Aviv, che evidenzia come al di sopra dello spazio aereo israeliano, e di buona parte di quell’area del Medio Oriente, il segnale di posizionamento globale satellitare, il ben noto GPS, sia disturbato, risultando addirittura non funzionante in alcuni casi. La fonte del disturbo, secondo il ricercatore, sarebbe la base di Khmeimim, sede del contingente militare russo che, come noto, ha affiancato e sta affiancando l’Esercito Siriano nella lotta contro le milizie dello Stato Islamico.

Il GPS viene “spento”
Il segnale satellitare che permette di determinare il posizionamento sulla superficie terrestre, e quindi la navigazione di precisione, risulta disturbato almeno a partire dalla primavera scorsa: spesso e volentieri i velivoli civili che si sono trovati a passare nello spazio aereo di Israele o comunque in prossimità di quello siriano hanno dovuto effettuare le manovre di atterraggio “strumentali”, ovvero in ILS (Instrument Landing System), in quanto il GPS risultava fornire dati erronei. Addirittura il disturbo, con anche, come detto, lo “spegnimento” del sistema, è diventato talmente persistente e continuo nelle ultime settimane che ormai i piloti in arrivo al Ben Gurion di Tel Aviv si sono abituati a questo inconveniente, come anche riportato dal Times of Israel:

www.timesofisrael.com/gps-jamming-affecting-israel-comes-from-russian-base-in-syria-us-res...

Il professor Humphreys ha rilevato che l’interruzione del segnale è talmente forte da interessare anche l’ISS, la stazione spaziale internazionale, e infatti proprio a partire dalle analisi del disturbo rilevato nello spazio il ricercatore è giunto ad individuarne l’origine. Gli stessi disturbi, con più o meno lo stesso raggio di estensione, sono stati individuati anche sul Baltico e lungo i confini russi con la Norvegia e la Finlandia. Questa è la dimostrazione che si tratta di jamming effettuato dai ben noti sistemi di guerra elettronica russa che fanno parte delle bolle difensive che utilizzano tutta la serie di armamenti antiaerei e missilistici da attacco a breve raggio che Mosca ha piazzato nei suoi punti strategici come la Siria o l’exclave di Kaliningrad.

I sistemi impiegati
Secondo i dati raccolti dal ricercatore il segnale viene disturbato, facendogli fornire false informazioni, oppure spento. Questi due metodi si chiamano in gergo spoofing e jamming, ed è proprio il modus operandi dei sistemi russi come il Richag-AV ed il Krashuka-4. Il Richag-AV è un rivoluzionario jammer, ovvero disturbatore di frequenze, valido sia per radar che per sonar. Il sistema può essere adottato da velivoli ad ala fissa o rotante e per essere imbarcato su natanti oltre che altre piattaforme terrestri ed è progettato per bloccare i segnali radar, sonar ed altre forme di rilevamento nemiche allo scopo di proteggere aerei, elicotteri, droni, forze terrestri e navali e siti puntiformi contro i sistemi aria-aria e terra-aria entro i 400 km ma con un raggio efficace compreso tra i 50 ed i 200 per le minacce terrestri, che salgono a 300 per quelle aeree, oltre ad essere in grado di ingaggiare sino a 8 bersagli simultaneamente. Il Krashuka-4 può bloccare i sistemi di comunicazione, disabilitare i missili e gli aerei guidati e neutralizzare i satelliti e i radar di orbita della Low-Earth Orbit (AWACS) a distanze di 150-300 km. Entrambi i sistemi, se attivati contemporaneamente, forniscono uno “scudo” elettromagnetico che copre quasi tutte le frequenze (dai radar ai segnali satellitari) su una distanza che può arrivare sino ai 300/400 chilometri. Questo dato spiega, in particolare, perché il segnale GPS nei pressi di Tel Aviv viene disturbato solo in aria e non a terra: la fonte del segnale è sufficientemente lontana da non interessare gli apparecchi al suolo per via della curvatura terrestre.

La pistola fumante
Quanto scoperto dal ricercatore americano e subito acquisito dalle autorità israeliane ci porta a fare una considerazione sui recenti attacchi americani e della coalizione in Siria: la Russia ha, scientemente, utilizzato i suoi sistemi di guerra elettronica per mettere fuori rotta i missili da crociera utilizzati. Già nel 2017, in occasione del primo attacco, su 59 missili Tomahawk lanciati dagli Stati Uniti solo 23 colpirono i propri bersagli: i restanti andarono fuori bersaglio. Lo stesso scenario si ripeté l’anno scorso, quando un buon numero dei 100 missili lanciati durante l’attacco della coalizione ebbe la stessa sorte. Risulta pertanto evidente che, piuttosto che per merito dell’attività dell’obsoleta contraerea siriana, che solo recentemente ha visto l’arrivo dei più moderni sistemi S-300, “l’abbattimento” dei Tomahawk e degli altri missili da crociera utilizzati in entrambi gli attacchi sia pertanto da attribuire ai sistemi di jamming russi della base di Khmeimim, sicuramente anche con la motivazione di mettersi al riparo da possibili “errori” degli attaccanti. Non abbiamo idea di quanti missili da crociera di nuova generazione, come gli Storm Shadow britannici, siano stati neutralizzati dai sistemi di guerra elettronica russi, risulta però, anche dalle immagini rilasciate dai siriani, che la maggior parte di quelli messi fuori rotta o abbattuti sia del tipo Tomahawk, e non ci stupisce: il sistema, nonostante gli aggiornamenti, risulta il più vetusto e conosciuto.

La silenziosa guerra delle onde elettromagnetiche
Quanto sta avvenendo in Medio Oriente, o nel Baltico, ci porta a fare due considerazioni di natura diversa. La prima, più militare, riguarda la capacità russa di essere all’avanguardia in un settore, quello della guerra elettronica, chiamata Electronic Warfare (EW), che è diventato sempre più fondamentale e vitale con il progredire degli strumenti bellici. In questo senso Mosca, anche storicamente dai tempi dell’Unione Sovietica, ha posto più attenzione alla progettazione di sistemi innovativi in grado di effettuare il jamming delle frequenze dell’avversario, siano essi radar, comunicazioni, o segnali satellitari: dall’Ucraina, infatti, ci giungono notizie che non esiste una sola radio da campo che non sia fortemente disturbata dai russi, ad esempio. Questo non significa che l’Occidente sia rimasto al palo: abbiamo già avuto modo di dire, in occasione di una recente esercitazione dell’Us Navy in Atlantico, che sistemi simili siano in dotazione anche agli Stati Uniti ed ai suoi alleati, ma la dottrina di impiego e la stessa attenzione che vi è rivolta è diversa rispetto alla Russia, che utilizza i propri asset EW in funzione di Area Denial proattiva, come fa appunto in Siria, sul Baltico o in Crimea. Intendiamo anche sottolineare, a margine, come la Russia utilizzi il proprio sistema satellitare Glonass per la navigazione, che lavora su frequenze diverse rispetto al GPS, e pertanto in caso di emissione di segnali di disturbo non ne è affetto, ma questo non significa che i sistemi russi, solo per questo, siano al riparo: è evidente che gli Stati Uniti, ad esempio, siano in grado di disturbare non solo il sistema GPS ma anche quello utilizzato dalla Russia. La seconda considerazione risulta più strategica e riprende quando già accennato poco sopra: la Russia, tramite le sue bolle di Area Denial, sta di fatto operando una politica di difesa attiva non più limitata al suo territorio nazionale (Kaliningrad, Crimea, ecc...) ma di più ampio respiro verso quei Paesi che considera di interesse in una strategia di contenimento e incrinatura dell’espansionismo americano: come la Siria. Da questo punto di vista non ci stupiremmo se, in Venezuela, dovessimo vedere nell’immediato futuro la presenza di asset da guerra elettronica simili a quelli schierati a Khmeimim. La stessa presenza di questi sistemi palesemente attivi lungo i confini russi è indice della tensione che intercorre tra la Russia e l’Occidente, che ricorda molto quella che si respirava ai tempi della Guerra Fredda: del resto le intercettazioni reciproche di velivoli di pattuglia lungo i rispettivi spazi aerei sono praticamente all’ordine del giorno.

Paolo Mauri
1 luglio 2019
it.insideover.com/guerra/la-russia-spegne-il-segnale-gps-sopra-il-medio-oriente.html?fbclid=IwAR2-zUyrSKsf5hauAX5Iij6aUwxRcqyD2_PpIsKSXJwOB0sMQT2...
04/01/2020 00:35
 
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Putin: un fine anno con i fuochi d'artificio

Putin finisce l’anno con i fuochi d’artificio, con mosse che evidenziano un attivismo nuovo. Ma andiamo per ordine. In una conversazione telefonica con la Merkel ha concordato la prosecuzione dei lavori del Nord Stream 2 fino al suo completamento. Il gasdotto, che porterà gas russo in Germania, è un’asse portante della geopolitica globale, dato che collegherà le risorse energetiche russe alle industrie tedesche. Da qui il contrasto di Washington, che paventa un collegamento non più reversibile tra i due Paesi, a dispetto delle sanzioni contro Mosca, che ultimamente miravano ad allontanare la Russia dall’Europa.

"Il Nord Stream 2 e Trump"
Un contrasto concretizzato attraverso recenti sanzioni contro quanti lavorano al gasdotto, dopo reiterati, quanto vani, moniti alla Germania perché desistesse. Da qui l’importanza della telefonata Putin-Merkel, nella quale la Merkel si è impegnata ad andare avanti. Un’insubordinazione in piena regola, che certo risulterà indigesta a Washington. Peraltro, oltre al danno geopolitico, gli USA subiscono un danno economico, dato che avevano chiesto a Berlino, come al resto dell’Europa, di preferire il gas americano, anche se più costoso, a quello russo. Certo, le nuove sanzioni allungheranno i tempi, ma non più di tanto; russi e tedeschi hanno fretta di chiudere per mettere Washington di fronte al fatto compiuto. Negli stessi giorni, Putin ha telefonato a Trump, ringraziandolo per la “soffiata” dei servizi segreti americani che ha impedito attentati a San Pietroburgo. Ne abbiamo scritto in altra nota, accennando come la chiamata abbia rilanciato il tacito legame tra i due. Questo il Twitt di Trump a commento:“Sono stati in grado di catturare rapidamente i sospetti, molte vite salvate. Grande e importante coordinamento [con Mosca]!”.

"La telefonata con Zelensky"
Se abbiamo accennato alla telefonata Trump-Putin è anche perché il 31 dicembre il Presidente ucraino Volodimir Zelensky ha telefonato al suo omologo russo: un passo distensivo dopo il conflitto che ha opposto Kiev alle repubbliche del Donbass sostenute da Mosca. L’iniziativa dà seguito al vertice “formato Normandia” che si è svolto recentemente a Parigi (presenti, oltre a Putin e Zelensky, Macron e la Merkel), per ravvivare gli accordi di Minsk che avevano chiuso la guerra ucraina. Da notare che in questo momento l’Ucraina è al centro del vortice che cerca di risucchiare il Presidente americano nell’abisso, dato che proprio su una telefonata tra il Presidente USA e quello ucraino si sta giocando l’impeachement contro Trump. L’accesa controversia ha impedito a Trump di proseguire l’opera di mediazione tra Russia e Ucraina, sulla quale si era speso pubblicamente. Se Zelensky ha telefonato a Putin è evidente che sa che l’iniziativa non comporta la fine dei suoi rapporti con gli USA. Nonostante tanti in America siano contrari alla distensione tra i due Paesi, sa di poter contare sull’implicito sostegno di Trump. Il triangolo Trump-Putin-Zelensky continua così a macinare, anche se sottotraccia. Nel report del Cremlino, in cui si legge che Putin ha rassicurato Zelensky sulla fornitura di gas russo a Kiev, vitale per quest’ultima, si accenna che la telefonata “crea uno scenario favorevole per la risoluzione di altri problemi bilaterali”, relativi alla dialettica tra Kiev e il Donbass. Un passo avanti, insomma.

"Putin in Corea del Nord"
Si segnala, infine, che il Cremlino ha reso pubbliche alcune fotografie inedite di Putin. Solo pubbliche relazioni, certo, volte a mostrare un volto meno compassato del presidente russo. E però tra queste foto ce n’è una che sembra avere un significato più profondo. Immortala Putin in una visita in Corea del Nord del 2000, mentre stringe mani alla folla. Si tenga conto che Trump ritiene che la pace con Pyongyang sia importante, un successo che vuole ostentare agli elettori in vista delle presidenziali del 2020. Un’idea contrastata, come evidenzia la critica dell’ex Consigliere alla Sicurezza Nazionale USA John Bolton, che vede la crisi coreana risolvibile solo a suon di bombe. La critica di Bolton è arrivata il 23 dicembre, probabilmente in previsione del “regalo di Natale” promesso dai nordcoreani, cioè il lancio di un missile intercontinentale; un’iniziativa che avrebbe confermato la sua tesi che non c’è possibilità di mediazione con Pyongyang. Un “regalo di Natale” temuto da Trump, dato che avrebbe posto fine alle sue speranze, tanto che ha eluso le domande sul punto. Il “regalo” è stato evitato grazie al pressing convergente di Russia e Cina su Pyongyang e sulle Nazioni Unite, volto a far revocare le sanzioni imposte alla Corea del Nord. La foto di Putin che stringe le mani ai nordcoreani non sembra allora una scelta casuale. Pare infatti alludere sia al recente passato (lo scampato pericolo) sia al prossimo futuro. Vuole cioè ribadire che Mosca può giocare un ruolo nella controversia nordcoreana. D’altronde Trump lo sa perfettamente, tanto che aveva chiesto aiuto a Putin per risolverla. Né è casuale che alla celebrazione per la vittoria sul nazismo (9 maggio 2020) Putin abbia invitato sia Trump che il Presidente nordcoreano Kim Jong-un…

31 dicembre 2019
piccolenote.ilgiornale.it/43488/putin-fine-anno-fuochi-a...
17/01/2020 03:50
 
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Russia. Putin si garantisce il futuro: riforma costituzionale e Mishustin a capo del governo

Il Presidente russo Vladimir Putin ha introdotto nel quadro di una riforma costituzionale maggiori poteri al parlamento e soprattutto al governo, togliendoli al Presidente. Non si tratta di una rinuncia a parte delle proprie prerogative, ma dal momento che sono stati fissati due mandati per la carica di Presidente, Putin ha pensato di garantire la propria centralità quando nel 2024 scadrà il suo secondo mandato. Ricordiamo che Putin è stato Presidente dal 1999 al 2008, quindi per due legislature, poi Premier dal 2008 al 2012, e da allora per altre due legislature, di cui una in corso, di nuovo Presidente. Con un decreto annunciato all’Assemblea Federale, ovvero le Camere riunite più il gotha dell’amministrazione statale, Putin ha creato appositamente per l’attuale Premier e suo fedelissimo Dmitrij Medvedev il ruolo di vice capo del Consiglio di Sicurezza russo, e a capo del governo ha messo Mikhail Mishustin, approvato dalla Duma con 383 voti a favore, 41 astenuti e 0 contrari. Mishustin è stato fino ad oggi a capo del servizio fiscale federale russo, e la scelta su di lui è caduta per la lontananza dagli apparati politici, notoriamente invisi allo “zar di tutte le Russie”.

16 gennaio 2020
www.notiziegeopolitiche.net/russia-putin-si-garantisce-il-futuro-riforma-costituzionale-e-mishustin-a-capo-del-governo/?fbclid=IwAR2pNKdqrF8-v6hPLRrgyp_cWF9T4N2SC7FIKpGMalAC4UTB5Xn...
10/03/2020 22:31
 
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Putin azzanna l’America

Lo schiaffo di Putin è arrivato con scatto felino, improvviso, come al solito stupendo tutti. Anzi, è drammatico notare come in Occidente, anche ai piani alti, molti non se ne siano ancora accorti. Ci aspettavamo la reazione del Capo del Cremlino alle continue provocazioni occidentali, ma forse pochi immaginavano che arrivasse in questo modo e così violenta. Solo gli stolti pensano infatti che i russi siano in grado di reagire alle provocazioni del resto del mondo occidentale con armi convenzionali di deterrenza, magari sparando qualche drone in Asia minore. Ho dedicato un libro intero alla strategia di Putin, ed uno dei focus dello studio si concentra sul comportamento “orientaleggiante” di Putin in campo geopolitico. Per farla breve, come Sun Tzu sostiene nell’arte della guerra:“Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento, bensì sottomettere il nemico senza combattere”. Oppure, se preferite:“I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra. I guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere”. Putin viene dal mondo dell’Intelligence, ove ha fatto tesoro di strategie e tattiche, ed ogni mossa e contromossa poste in essere dal Presidente russo in questi anni mi confermano che la via orientale è quella che lui privilegia (anche se solo perché costretto dalle circostanze e dai rapporti di forza tra le potenze). In questa fase europei e americani, cioè i tradizionali aggressori della Russia, sono sorprendentemente deboli.

E lo sono non certo da un punto di vista militare, dove anzi primeggiano per investimenti e deterrenza, ma in campo economico. Per la prima volta dopo tanti anni, infatti, si trovano in una situazione emergenziale e sono impegnati ad organizzare il da farsi. Contrariamente a quanto di solito vien detto, la cosa non vale per la Russia, che non vive quasi esclusivamente sull’export di manufatti o sul potere della moneta, ma su quello di materie prime, petrolio in primis. Il 6 marzo, i maggiori Paesi produttori di petrolio con l’eccezione degli USA si sono riuniti a Vienna per sostenere il prezzo del petrolio che da inizio anno soffre a causa dell’epidemia in Cina. L’effetto ottenuto è stato esattamente l’opposto, perché la Russia ha fatto saltare il banco. I russi, secondi produttori al mondo, si sono messi di traverso ai tagli alla produzione, cosa che ha scatenato il mercato al ribasso, ed ora c’è chi vede un prezzo a 20 dollari al barile. Nell’attesa, la quotazione è arrivata a 31 dollari al barile, e non si vedeva dal 1991. Spiegato in modo più semplice, Putin non ha voluto accordarsi con i sauditi (maggioritari dell’OPEC) per ridurre la produzione di greggio. Questo taglio, infatti, avrebbe fatto salire il valore del greggio in commercio, e dunque il prezzo. Più alta la quotazione, più soldi entrano nelle casse dei Paesi produttori, russi e arabi in testa. Quel che non entra nella testa di chi legge le news in modo superificiale è che questa mossa della Russia fa parte di una precisa strategia rivolta a danneggiare il mercato americano.

E’ senz’altro vero che in passato, durante la crisi ucraina, Putin dichiarava che 70 dollari al barile fossero il prezzo giusto per l’oil, ma i tempi sono appunto molto cambiati, e soprattutto per le compagnie americane che ruotano attorno a questo gigantesco business. Detto in altro modo, per stare a galla in modo dignitoso ora i russi possono permettersi di vendere il petrolio a 50 dollari al barile, perché hanno un rublo debole che li favorisce nell’export e, soprattutto, hanno un fondo sovrano pieno zeppo di riserve valutarie. I sauditi, invece, hanno bisogno di venderlo a 90 per reggere. Ma la vera botta è per le società degli States, legate al mercato petrolifero shale che richiede altissimi costi di estrazione. In altre parole, gli americani necessitano di un prezzo alto del petrolio. Con la mossa di far saltare il prezzo, dunque, a rimetterci saranno Riad e Washington, mentre Mosca può reggere i 25/30 dollari al barile per almeno 6 anni. Putin si sta comportando come Jeff Bezos con Amazon. Non vogliono essere competitivi nel mercato, ma vogliono essere «il» mercato. La Russia può resistere a lungo alla sofferenza, come ha dimostrato anche durante la seconda guerra mondiale, mentre americani e arabi no. Se il mercato del petrolio dovesse davvero saltare, ne rimarrà solo uno. E questa volta l’Highlander non sarà scozzese, ma russo.

Massimo Bordin
09/03/2020
micidial.it/2020/03/putin-azzanna-lamerica/?fbclid=IwAR0RPNtu0FhmbawnKv9JrOKUbuTraZw8DfZgc8_E7VCxYmrcVYJ...
01/06/2020 13:08
 
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Putin mette al bando Microsoft e Bill Gates

Il Presidente russo Vladimir Putin mette al bando il colosso Microsoft. Sia la società informatica che il suo proprietario, Bill Gates, sono stati inseriti in un elenco di controllo del Servizio di Sicurezza Federale a causa di “preoccupazioni per la sicurezza e l’affidabilità”. La clamorosa notizia è stata appena diffusa da un giornalista americano d’inchiesta, Michael Walsh, autore di best seller su affari e poteri, diffusi in tutto il mondo. Scrive Walsh:“La rimozione di tutto il software Microsoft è ora iniziata in Russia con effetto immediato. Il portavoce del governo Sergei Zheleznyak ha spiegato che Microsoft è stata sorpresa a svolgere una sorveglianza minuto per minuto su milioni di cittadini russi e su cittadini di altri Paesi”. “Il rapporto mette in evidenza le preoccupazioni della Russia. Gli Stati Uniti, che si presentano come un bastione della democrazia, hanno infatti condotto una sorveglianza costante su decine di milioni di persone”. “Tutte le principali società Internet che si sono formate negli Stati Uniti sono coinvolte in questa brutta storia e queste società operano sul territorio del nostro Paese”, ha detto il portavoce del Cremlino. “Anche il fondatore di Microsoft Bill Gates, che è stato inserito in una lista di controllo dei Servizi di Sicurezza Federale (FSB), è indagato per una revisione delle sue attività, in attesa di ulteriori indagini, con le aspettative al Cremlino che questo individuo sarà associato a George Soros e a Jacob Rothschild nella lista nera creata dalla Federazione Russa”. Continua la ricostruzione effettuata da Michael Walsh:“Bloomberg ha riferito che Artem Ermolaev, responsabile della tecnologia informatica di Mosca, e il Ministro delle Comunicazioni russo Nikolay Nikiforov, hanno dichiarato che Mosca sostituirà inizialmente la Microsoft Exchange Server e Outlook su migliaia di computer con un sistema di posta elettronica sviluppato dalla società russa Rostelcom PJSC”. “L’anno prossimo in Russia si installerà un software sviluppato da ‘New Cloud Technologies’, un altro fornitore di software russo, su milioni di sistemi. Anche Microsoft Office e Windows saranno sostituiti con versioni di produzione propria, afferma Ermolaev”. "Vogliamo che i soldi dei nostri contribuenti e delle imprese statali vengano spesi principalmente in software di produzione locale", sostiene Nikiforov, aggiungendo che a partire dal prossimo anno i funzionari ‘rafforzeranno la loro presa’ sulle istituzioni statali che non optano per alternative domestiche”. Ecco il commento finale di Walsh:“La Russia sta smascherando il sistema di spionaggio e di controllo creato dagli USA che utilizza società tecnologiche come Microsoft, Google, Facebook e altre consimili per estendere la sua rete di manipolazione e sorveglianza di massa su vari Paesi”.

Paolo Spiga
19 maggio 2020
www.lavocedellevoci.it/2020/05/19/putin-mette-al-bando-microsoft-e-bil...
04/07/2020 17:05
 
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Altro che “brogli”: ecco perché in Russia c’è stato un plebiscito per Putin

Con oltre 57 milioni di consensi, pari al 77,92 % dei votanti, il risultato del referendum sulla riforma della costituzione russa si rivela un plebiscito per il Presidente Vladimir Putin. “Lo consideriamo certamente un trionfo”, commenta il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. “E' stato di fatto un referendum trionfale sulla fiducia al Presidente Putin”. Come dargli torto? Effettivamente tutta la campagna elettorale è stata incentrata sulla figura del Presidente russo, in virtù anche del fatto che l’azzeramento nel calcolo dei mandati presidenziali gli consentirebbe di essere rieletto per altre due volte.

Putin forever?
“Dovremmo eleggere Putin Presidente a vita, nessuno può rimpiazzarlo”, queste le significative parole di Ramzan Kadyrov, uomo forte di Putin in Cecenia. E’ proprio la sua capacità di garantire stabilità a una Nazione estremamente difficile da governare, anche solo per la sua enorme estensione territoriale, il principale pregio che viene riconosciuto a Putin. Inoltre la mancanza attuale di un erede designato contribuisce ad alimentare il timore verso una transizione ‘al buio’ che rischierebbe di riportare la Federazione Russa in uno scenario di caos stile anni '90. Per questo il risultato del referendum non sorprende certo chiunque conosca la politica russa. Come spesso accaduto, anche nel recente passato, la propaganda propinata dai media progressisti sul ‘Putin in crisi di consensi che rischia di perdere le elezioni’ si scontra con una realtà dei fatti ben diversa. A far presa sugli elettori sono state anche le riforme sociali introdotte dal nuovo ordinamento costituzionale, ovvero l’aumento periodico delle pensioni in base alla crescita dell’inflazione e la garanzia di un salario minimo in linea con il costo medio della vita.

Opposizioni nettamente sconfitte
Nuovamente perdente l’opposizione interna di matrice liberale e filo-americana (alla quale in occasione di questo referendum si sono accodati anche i comunisti) guidata dal discusso blogger Alexei Navalny che, a dispetto delle dimensioni nette della sua sconfitta (oltre 4 milioni di voti in più per i favorevoli alla riforma rispetto ai contrari), piagnucola su presunti brogli, senza però fornire nessuna informazione concreta a riguardo. A fare da cassa di risonanza a queste accuse è il Dipartimento di Stato americano, che accusa in modo generico il governo russo di “sforzi per manipolare i risultati dei recenti voti sugli emendamenti costituzionali”.

Affluenza alta, plebiscito in Cecenia e Crimea
A suggellare la vittoria dei ‘Sì’ vi è anche l’alta partecipazione popolare registrata, con il 67,97 % degli aventi diritto che si è recato al voto. I risultati più netti si sono verificati in Cecenia, con il 98 % dei favorevoli ed un’affluenza record al 95 %, ed in Crimea, dove i ‘Sì’ sono arrivati al 90,5 %. Anche a Mosca e San Pietroburgo, le città dove tradizionalmente l’opposizione liberale è più forte, i risultati sono stati schiaccianti: contrari fermi rispettivamente al 33% e al 21%. Le uniche due eccezioni in cui hanno prevalso i ‘No’ sono il Circondario Autonomo dei Nenec, regione scarsamente popolata vicina al Circolo Polare Artico da tempo in conflitto con il governo centrale per ragioni autonomiste, e i cittadini russi residenti negli Stati Uniti, che hanno potuto votare tramite internet.

Lorenzo Berti
03 luglio 2020
www.ilprimatonazionale.it/esteri/altro-che-brogli-ecco-perche-in-russia-ce-stato-un-plebiscito-per-putin-161852/?fbclid=IwAR09YPY_pVfZa5GWN6mSRz3mc1p2QdPLbmdS7QVFlUKURvvPd_W...
14/09/2020 13:47
 
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Russia, nessun ‘effetto Navalny’: Putin stravince anche le elezioni amministrative

Sono stati quasi 35 milioni i russi chiamati al voto nella tornata amministrativa che si è conclusa nella serata di ieri. In ballo l’elezione di 18 governatori e 11 parlamenti regionali oltre ad altri enti locali e alcuni deputati in consultazioni suppletive per la Duma. Al di là dei numeri, il voto assumeva un forte carattere simbolico viste le polemiche in seguito al presunto avvelenamento di Alexei Navalny, vicenda ancora poco chiara ma sfruttata dagli avversari esterni e dagli oppositori interni per cercare di screditare il Presidente russo Valdimir Putin. Anche stavolta però, come già in altre occasioni, la narrativa dei media progressisti si è scontrata con la realtà dei fatti, che ha visto i candidati del partito putiniano Russia Unita uscire vincitori in praticamente tutte le consultazioni.

"Putin vince ovunque"
Non solo in zone tradizionalmente favorevoli, come la Crimea (dove il sindaco di Sebastopoli, Mikhail Razvozhaev, si conferma con oltre l’80%) o il Tatarstan (con il Presidente della Repubblica, Rustam Minnikhanov, che sfiora il 90% dei consensi, nonostante l’attacco ricevuto a pochi giorni dal voto dalla ‘Fondazione anticorruzione’ di Navalny su presunte ricchezze di famiglia nascoste all’estero), ma anche in alcune sfide considerate alla vigilia come ostiche per i candidati filo-governativi. Nella regione nord-occidentale di Arkhangelsk vi sono state forti proteste popolari in seguito alla decisione di costruire una discarica dove stoccare rifiuti provenienti da Mosca, ma nonostante questo il candidato di Russia Unita, Alexander Tsibulskiy, ha trionfato con il 70% dei voti. Nella regione di Irkutsk, Siberia sud-orientale, il candidato sostenuto dal Cremlino, Igor Kobzev, si trovava a dover affrontare la forte concorrenza del comunista Mikhail Shchapov, molto radicato sul territorio in virtù delle sue battaglie sociali e ambientaliste, che però si è fermato al 26% contro il 60% del candidato di Russia Unita.

"E anche le “roccaforti” di Navalny…"
I candidati filo-governativi si impongono senza problemi con percentuali oltre il 70% nelle regioni di Rostov, Krasnodar, Kostroma, Bryansk, Leningrado, Chuvashia, Penza, Tambov, Kamchatka, Voronezh, Perm e Komi. Anche nei due distretti di Mosca dove si è andati al voto in elezioni suppletive per la Duma a spuntarla sono stati i candidati di Russia Unita. Ma arriviamo ai due appuntamenti più importanti per l’opposizione liberale, quelli nelle città di Novosibirsk e Tomsk, dove Navalny e i suoi sostenitori avevano concentrato tutti i loro sforzi in campagna elettorale. Novosibirsk è una città tradizionalmente incline alla protesta politica e dove l’apparato amministrativo locale non gode di grande consenso, essendo stato recentemente accusato di speculazioni per favorire alcuni costruttori locali. Tomsk è una città universitaria e storica ‘roccaforte’ degli attivisti di Navalny. Nonostante ciò in entrambe le città Russia Unita s’impone come primo partito, a Novosibirsk con il 38% dei consensi e a Tomsk con il 24,5%. Da registrare in quest’ultima città l’elezione in due collegi municipali dei coordinatori locali del movimento di Navalny. Piuttosto magro come bottino complessivo.

"Altro che “smart voting”"
Ricordiamo che la tattica elettorale utilizzata dal blogger, personalmente incandidabile in quanto condannato per frode e appropriazione indebita, è quella del cosiddetto ‘smart voting’, ovvero dare indicazione di voto a favore del candidato di opposizione considerato più forte, indipendentemente dalle sue idee e dal partito di appartenenza. Una strategia che però fino ad oggi non ha conseguito grandi risultati. Nonostante le speranze dei globalisti quindi nessun ‘effetto Navalny’, ma una ennesima conferma della tenuta di consenso di Putin e del suo partito Russia Unita.

Lorenzo Berti
14 settembre 2020
www.ilprimatonazionale.it/esteri/russia-nessun-effetto-navalny-putin-stravince-elezioni-amministrative-167740/?fbclid=IwAR1CE37nFL832AN-fhIUkY3sxq_qgTlu_d2PMmSWwWlk9mlLApq...
23/09/2020 22:00
 
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Discorso di Lukashenko al popolo:“Siamo gli unici ad aver sconfitto una rivoluzione colorata”

Secondo i media occidentali ieri il Premier bielorusso Lukashenko avrebbe prestato giuramento come Presidente in modo inaspettato e in gran segreto. Come saranno arrivate allora alla cerimonia centinaia di persone, le telecamere ed i fotografi? Telepatia? Sedute spiritiche? Una microspia nella tana di Lukashenko? Proprietà divinatorie dell’opposizione? Un affascinante mistero che lasciamo volentieri agli sceneggiatori di Hollywood per un prossimo film sui segreti di Minsk. Nell’attesa, ascoltiamo cosa ha detto Lukashenko in occasione della solenne cerimonia a cui hanno partecipato anche diversi intellettuali del Paese, sportivi e giornalisti:

«Sono molto orgoglioso dei bielorussi, che con onore hanno superato la prova di forza delle loro convinzioni. Il giorno dell’assunzione della carica di Presidente, il giorno del giuramento, è il giorno della nostra Vittoria con voi: convincente e fatidica. Non abbiamo solo eletto il Presidente del Paese, abbiamo difeso i nostri valori, la nostra vita pacifica, la nostra sovranità e la nostra indipendenza. A questo proposito, abbiamo ancora molta strada da fare. Il nostro Stato ha dovuto affrontare una sfida senza precedenti. La sfida di tecnologie mediatiche devastanti e ripetutamente testate per la distruzione di Stati indipendenti. Ma siamo tra i pochissimi, anzi, forse siamo gli unici, dove la “rivoluzione colorata” è fallita. E questa è la scelta dei bielorussi, che non vogliono in alcun modo perdere il nostro Paese. Siamo convinti che la stragrande maggioranza dei nostri cittadini ami la loro terra, e auguro loro pace, tranquillità e prosperità. Nonostante le spinte diabolicamente perverse che provengono dall’esterno, i cittadini bielorussi hanno mantenuto il rispetto reciproco. Un tempo, per la provvidenza di Dio, il popolo della Bielorussia ottenne facilmente e, francamente, improvvisamente la propria indipendenza. E lo abbiamo dato per scontato per molto tempo. A volte non abbiamo apprezzato questa indipendenza. Oggi, dopo aver realizzato questa vittoria, siamo saliti a un nuovo livello di autocoscienza. Rinfrescandoci dal calore delle battaglie, abbiamo visto come sta crescendo tutta la nostra Nazione. Ed è vero che la Bielorussia è uno stato indipendente molto giovane per gli standard mondiali, ma i bielorussi come Nazione non sono più bambini. Noi siamo la gente». A seguito del giuramento, diversi Paesi si sono affrettati a non riconoscere per l’ennesima volta Lukashenko come Presidente. Cosa accadrà quando la Bielorussia entrerà a far parte della Federazione Russa? E se fosse la Russia, un giorno, a non riconoscere i leader europei preferendo relazionarsi esclusivamente con India e Cina?

Massimo Bordin
23/09/2020
micidial.it/2020/09/discorso-di-lukashenko-al-popolo-siamo-gli-unici-ad-aver-sconfitto-una-rivoluzione-colorata/?fbclid=IwAR3dWQtK5giB3kDfEhqM4NEexw_QvLn_IC1aAYxFDFU1X_qh2Bt3ZzUIttg#.X2uZb9is5lM....
11/11/2020 07:00
 
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Nagorno Karabakh - Raggiunto accordo per la cessazione delle ostilità

Terminano gli scontri dopo 44 giorni di guerra. Gli azeri manterranno il controllo di ciò che hanno conquistato in questa guerra e gli armeni dovranno ritirarsi da alcune regioni. I russi dovrebbero entrare in Nagorno Karabakh come peacekeepers. Sembra che l'abbattimento dell'elicottero abbia dato uno scossone alle trattative. La prima impressione è che il vero sconfitto sia il Presidente armeno e la sua "rivoluzione colorata". I russi salvano Stepanakert ma umiliano Pashynia, salvando il rapporto con gli azeri.

Aggiornamento
I vertici militari armeni in Nagorno Karabakh hanno sostanzialmente dichiarato che gli azeri avevano ormai preso il pieno controllo di Shushi e di altre aree strategiche. Continuare gli scontri sarebbe stato completamente inutile, anche perché i droni turco-azeri armati e suicidi avevano distrutto quasi interamente il potenziale bellico armeno nella regione. Inoltre, molti dei militari armeni in Nagorno Karabakh erano al fronte da settimane senza cambi e afflitti da privazioni e malattie, tra cui il covid. La decisione di accettare la resa è legata al mantenimento del controllo su diverse aree popolose come Stepanakert (con la protezione russa). Questo eviterà (dovrebbe evitare) gli scontri etnico-religiosi che sarebbero seguiti e favorisce il ritorno a casa di buona parte dei profughi. Detto questo, ieri sera qualcosa dietro le quinte è accaduto, perché gli azeri avrebbero potuto continuare ad avanzare e finire la partita in 2 settimane. Molto probabilmente non conosceremo mai i retroscena di questo cessate il fuoco. È comunque certo come gli armeni non fossero più in grado di contrastare gli azeri. Le perdite delle prime 2/3 settimane erano onestamente insostenibili. Mosca "salva" (per ora) gli armeni dalla pulizia etnica, umilia il Presidente colorato Pashynia, e accontenta l'Azerbajan, congelando un conflitto che non avrebbe voluto digerire. Ricordo come sia in Donbass che in Siria e Libia, i russi devono controllare almeno 3 fronti caldi e un quarto (che avrebbe comportato altre beghe economiche e forse problemi di ordine pubblico in alcune zone della Russia al confine con l'Azerbajan) non era all'ordine del giorno. Inoltre, negli ultimi mesi gli ucraini sponsorizzati dagli USA sembrano voler tornare a far la guerra in quel del Donbass e i russi dovranno gestire un altro fronte molto caldo. Non sono poi da dimenticare i rapporti con la Turchia, fondamentale per la stabilità in Siria, e che oggi ha iniziato ad abbandonare i suoi punti di osservazione nei territori controllati da Assad, "riconoscendo" la sovranità di Damasco su quei territori. Come sempre il concetto di giusto o sbagliato va ad inserirsi in un complesso vortice di necessità geopolitiche che travalica gli interessi regionali, soprattutto di Paesi poveri come l'Armenia. Il Presidente armeno ha cercato di trovare una sponda politica in Europa, ma al di là di alcune parole di Macron, non ha ottenuto nulla. Gli europei non hanno voluto abbandonare il petrolio azero.

Aggiornamento 2
Mappa di quello che dovrebbe il nuovo Nagorno Karabakh con ampie concessioni territoriali agli azeri. Gli armeni continueranno ad amministrare la regione storicamente più armena intorno a Stepanakert, che sarà collegata all'Armenia dal corridoio di Lachin smilitarizzato e sorvegliato da peacekeepers russi. Gli azeri avranno anche l'autorizzazione a far passare la loro merce verso la loro enclave incastonata tra Armenia e Turchia, su una nuova strada che verrà costruita nell'Armenia meridionale. In questo modo si mantiene l'integrità territoriale armena, si crea una enclave protetta armena in Nagorno Karabakh e gli azeri ottengono buona parte di quello che volevano. Sicuramente non è un accordo che può far piacere agli armeni, ma se fosse continuata la guerra non ci sarebbe stato esito diverso. Forse peggiore.



10 novembre 2020
www.facebook.com/newsbattagliemondo/
29/01/2021 15:09
 
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Russia - Un graduale ritorno alla normalità

Mentre il mondo occidentale viaggia a tutto lockdown, ammazzando economia, vita sociale e quel che resta della salute (visti i macroscopici incrementi dei decessi per altre patologie, da quelle cardiache fino ai suicidi), in Russia si volta pagina. Per niente turbato dalle sceneggiate del clown Alexei Navalny, il Presidente russo Vladimir Putin annuncia il ritorno alla normalità. Ecco le sue parole, pronunciate il 26 gennaio:“In Russia la situazione con il coronavirus si sta stabilizzando, le restrizioni imposte in relazione alla pandemia possono essere gradualmente eliminate. La situazione epidemiologica del Paese si va stabilizzando. Il numero di persone infette sta progressivamente diminuendo. Ciò consente di rimuovere con attenzione le restrizioni imposte”. Scrive il reporter russo Boris Karpov:“Attualmente nella maggior parte delle regioni della Federazione Russa ci sono già pochissime restrizioni dalla scorsa estate, rispetto ai Paesi occidentali: tutti i servizi e i negozi funzionano. Le uniche limitazioni sono l’obbligo, molto teorico, della mascherina nei trasporti e nei negozi e la limitazione al 50 per cento del tasso di occupazione di cinema, teatri, musei. Inoltre, la popolazione per la maggior parte segue poco le istruzioni stupide: la mascherina viene indossata raramente, o sotto il mento. Quanto al distanziamento sociale, basta vedere le ultime foto scattate pochi giorni fa alla metropolitana di Mosca”. Una folla quasi natalizia. Il sindaco della capitale russa, un avversario politico di Putin, è contrario a tutto ciò: vuole anzi rafforzare quelle misure. A metà gennaio è stato Putin in persona ad ordinare al sindaco moscovita di sospendere “l’educazione a distanza” introdotta a metà ottobre. Braccio di ferro in vista?

Mario Avena
28 gennaio 2021
www.lavocedellevoci.it/2021/01/28/russia-un-graduale-ritorno-alla-no...
26/05/2021 15:11
 
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Putin firma una legge per contrastare la censura di Facebook, Twitter e YouTube contro i media russi

Il 30 dicembre Vladimir Putin ha firmato una legge sulle sanzioni di ritorsione per contrastare la censura contro i media russi. Secondo il documento, i social network e le piattaforme informatiche straniere rischiano ora di essere penalizzati per aver limitato l'accesso alle informazioni per motivi di nazionalità, lingua e origine. La legge prevede la possibilità di bloccare, rallentare il traffico e imporre sanzioni amministrative. Gli autori del testo avevano precedentemente indicato che la legge poteva essere utilizzata contro servizi stranieri, come Twitter, Facebook e YouTube, perché questi ultimi hanno discriminato i media russi nel 2020.

Una politica criticata
La politica di alcune società Internet straniere è stata ripetutamente denunciata dalla Russia. Il 27 ottobre il servizio di supervisione dei media russi ha accusato le società Internet statunitensi di censurare i media russi. Secondo lui, venti media russi sono censurati da Google (YouTube), Facebook e Twitter.

Account Sputnik e RT bloccati
Il 1° settembre, Facebook ha annunciato di aver rimosso un gruppo di 13 account e due pagine collegate alla Russia per aver violato le sue regole sulla prevenzione delle interferenze straniere. Alla fine di settembre, Twitter ha escluso l'account di RIA Novosti dai risultati di ricerca. Gli utenti di Internet che non si iscrivono non possono più trovare la pagina dell'agenzia né in Russia né altrove. In precedenza, Twitter ha bloccato in modo simile gli account di Sputnik e RT.

Irina Tarassova
30 dicembre 2020

Traduzione: Wheaton80
fr.sputniknews.com/amp/russie/202012301045004141-poutine-signe-une-loi-pour-contrer-la-censure-de-facebook-twitter-et-youtube-contre-les-medias/?__twitter_impress...
02/06/2021 16:12
 
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Putin stana Soros e le sue manovre contro gli Stati: arrestato il Direttore di Open Russia mentre fugge



Putin stana il miliardario George Soros e le sue manovre antinazionali condotte, con finanziamenti sottobanco, attraverso la sua Open Society Foundation. Andrei Pivovarov, Direttore della ONG Open Russia, una delle organizzazioni satelliti della galassia legata a Soros, è stato arrestato all’aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo qualche giorno dopo che l’organizzazione, fondata dall’ex-oligarca Mikhail Khodorkovsky, ha annunciato il suo scioglimento. È stato il legale di Pivovarov, Elena Borodina, a svelare l’arresto avvenuto ieri all’aeroporto russo, dove il Direttore della ONG legata a Soros è stato costretto a scendere dall’aereo sul quale si era imbarcato e che era già pronto al decollo. Nei giorni scorsi, lo stesso Pivarov, dopo l’entrata in vigore della legge che impedisce la candidatura alle elezioni di chiunque abbia lavorato o sostenuto organizzazioni considerate come estremiste e dell’inasprimento delle pene per chi collabora con le organizzazioni “indesiderabili”, aveva annunciato “l’annullamento dell’appartenenza di tutti i membri a Open Russia per evitare possibili persecuzioni”, nonostante il Cremlino avesse assicurato che la chiusura di Open Russia non è il risultato di “un’epurazione politica“. Già nel 2017 la Procura Generale aveva dichiarato “indesiderabili” tre organizzazioni legate al miliardario George Soros e a Open Russia: Otkrytaya Rossia, Open Russia Civic Movement e Institute of Modern Russia. Tutte associazioni che ricevevano finanziamenti stranieri (quindi anche quelle legate a Soros) e che, secondo le accuse, hanno l’obiettivo di “istigare le proteste e destabilizzare la situazione politica interna in Russia, minacciando le basi costituzionali e la sua sicurezza”. Il modello adottato da Soros, con finanziamenti miliardari elargiti sottobanco alla intricata rete di associazioni legate alla sua Open Society, un modello replicato all’infinito, è quello di minare gli Stati dall’interno attraverso una serie di azioni e di strategie organizzate sotto un’unica regia, come nel caso delle ONG che vanno a cercare i clandestini di fronte alle coste libiche per poi rovesciarli in Italia mettendo in crisi l’economia italiana. D’altra parte è lo stesso Soros che, nel 1992, mise in ginocchio l’Italia con una manovra speculativa che costò alla lira una svalutazione del 30 per cento e che costrinse la Banca d’Italia a vendere 48 miliardi di dollari delle sue riserve per reggere lo spregiudicato attacco di Soros. Che, tre anni fa, ha rivendicato con orgoglio il gesto:“Lo considero un mio successo”.

Paolo Lami
01 giugno 2021
www.secoloditalia.it/2021/06/putin-stana-soros-e-le-sue-manovre-contro-gli-stati-arrestato-il-direttore-di-open-russia-mentr...
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